Wikibooks itwikibooks https://it.wikibooks.org/wiki/Pagina_principale MediaWiki 1.45.0-wmf.4 first-letter Media Speciale Discussione Utente Discussioni utente Wikibooks Discussioni Wikibooks File Discussioni file MediaWiki Discussioni MediaWiki Template Discussioni template Aiuto Discussioni aiuto Categoria Discussioni categoria Progetto Discussioni progetto Ripiano Discussioni ripiano TimedText TimedText talk Modulo Discussioni modulo Russo/Preposizioni 0 24582 477360 420777 2025-06-05T09:32:40Z 151.81.118.99 477360 wikitext text/x-wiki {{russo}} ==Preposizioni== {| width="auto" | width="50%" | ===Accusativo=== * в/вo - in o dentro (moto a luogo); * за - dietro a (moto a luogo); * на - in o sopra (moto a luogo); * про - circa (argomento); * сквозь - attraverso; * через - tra (temporale); ===Genitivo=== * без - senza; * вне - fuori di; * вместо - invece di; * вокруг, около - intorno; * до - fino a; * для - per; * из - da, all'esterno di; * из-за - dietro, a causa di; * из-под - da sotto; * кроме - eccetto * мимо - passare accanto, superare; * от - da; * после - dopo; * c - di * среди - tra più cose o persone; * у - presso, vicino a; * против - contro; | valign="top" | ===Dativo=== * к/ко - verso (persone); * благодаря - grazie a * к/ко - per / entro (tempo); * по - vari significati ===Strumentale=== * за - dietro; * над - sopra a (senza contatto); * перед - davanti a, prima di; * между - tra; * c - con. * под - sotto * рядом с - accanto ===Prepositivo=== * в/вo - in o dentro (stato in luogo); * на - in o sopra (stato in luogo); * о/об - riguardo a, in merito a (introduce il complemento di argomento); * при - ai tempi di, in presenza di, al momento di. |} [[Categoria:Russo|Preposizioni]] {{Avanzamento|50%}} 3323vqmrgnea31sz7s6vauo7oy80u29 Template:Libro vetrina/Storia delle Forze armate tedesche dal 1945 10 39724 477351 477320 2025-06-04T21:23:02Z Monozigote 19063 Annullata la modifica di [[Special:Contributions/2804:2084:411:9601:D1B0:E89A:7B54:888D|2804:2084:411:9601:D1B0:E89A:7B54:888D]] ([[User talk:2804:2084:411:9601:D1B0:E89A:7B54:888D|discussione]]), riportata alla versione precedente di [[User:Hippias|Hippias]] 457569 wikitext text/x-wiki {{libro vetrina |titolo=Storia delle Forze armate tedesche dal 1945 |copertina=Phantom 3716 2.jpg |pdf=Storia delle Forze armate tedesche dal 1945 |contenuto=Questo libro affronta la storia postbellica e recente delle Forze armate della Germania, che per decenni sono state al centro del confronto militare durante la Guerra fredda.}}<noinclude>[[Categoria:Template libro vetrina|Storia delle Forze armate tedesche dal 1945]]</noinclude> oglcq4r02ek835r8fqwln2lriaqhops Utente:Monozigote/sandbox5 2 43950 477340 477329 2025-06-04T17:27:54Z Monozigote 19063 nowk 477340 wikitext text/x-wiki modello di base <!--- solo matrice --- <nowiki> {{Ambox | immagine = [[File:Crystal Savoir-Faire.png|40px]] | immaginedestra= [[File:Wikilibraio.svg|60px|Wikilibraio]] | testo = '''LAVORI IN CORSO! - WORK IN PROGRESS!''' <br/>Testo in preparazione e di prossimo svolgimento — '''[[Utente:Monozigote|Monozigote]]''' ([[Discussioni utente:Monozigote|discussione]]) se ne sta occupando, ma è attualmente impegnato nello studio analitico del relativo materiale; non apportare modifiche, grazie. }}<noinclude>[[Categoria:Template di avviso|WIP]]</noinclude><includeonly>[[Categoria:WIP]]</includeonly> {{-}} <div style="text-align:center"> [[File:Wikibooks-logo.svg|40px|Wikibook]]<br/> ''Benvenuta/o nel wikibook:'' </div> <div style="text-align:center"><span style="font-size: 1.8em;">'''CONNESSIONI'''</span> <span style="font-size: 1.0em;">'''''EBRAISMO, ANTISEMITISMO E SHOAH'''''</span> <br/> {{-}} ''[[Serie delle interpretazioni|Nr. 28 della Serie delle interpretazioni]]'' {{-}} <span style="font-size: 1.25em;">''Autore:'' '''[[Utente:Monozigote|Monozigote]] 2025'''</span> {{-}} <br/> [[File:Leningrad Codex Folio 474a.jpg|600px|center|Leningrad Codex Folio 474a]] </div> == Indice == [[File:V08p532001 Mezuzah.jpg|150px|left|Connessioni]] [[File:V08p532001 Mezuzah.jpg|150px|right|Connessioni]] '''{{Modulo|Connessioni/Copertina|Copertina}}'''<br/> :☆ — {{Modulo|Connessioni/Introduzione|Introduzione: Chiarire le connessioni}} :;PARTE I – EBRAISMO :☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 1|Capitolo 1: Cosa fa dell'ebreo un ebreo?}} :☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 2|Capitolo 2: Lo straniero, mio ​​fratello}} :☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 3|Capitolo 3: L'esilio e il movimento del ritorno}} :☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 4|Capitolo 4: Una riflessione sul Messia}} :;PARTE II – ANTISEMITISMO :☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 5|Capitolo 5: Il perché dell'antisemitismo}} :☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 6|Capitolo 6: Parola, Sangue, Redenzione: l'essenza dell'antisemitismo}} :☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 7|Capitolo 7: Antisionismo: un antisemitismo moralmente richiesto}} :☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 8|Capitolo 8: Jihadismo islamico: l'eredità dell'antisemitismo nazista}} :;PARTE III – SHOAH :☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 9|Capitolo 9: Il fondamento filosofico dell'Olocausto}} :☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 10|Capitolo 10: Uccidere Dio}} :☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 11|Capitolo 11: La rielaborazione nazista dell'immagine e della somiglianza: il ''Muselmann''}} :☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 12|Capitolo 12: Il recupero di un nome dopo l'aggressione al Nome: la testimonianza di diari e memorie}} '''{{Modulo|Connessioni/Bibliografia|Bibliografia scelta}}''' {{-}} == PREFAZIONE == Sebbene questo mio libro si basi su molti anni di ricerca su [[w:ebraismo|ebraismo]], [[w:antisemitismo|antisemitismo]] e [[Shoah|Olocausto]], si tratta, come suggerisce il titolo, più di una riflessione filosofica e religiosa che di un'indagine accademica, almeno nel senso comune del termine. Se l'integrazione di centinaia di testi e prove in un'analisi è il segno distintivo di ciò che potrebbe essere considerato "accademico", allora si tratta, a tutti gli effetti, di un'opera accademica. Ha un approccio interdisciplinare, che attinge a storia, religione, letteratura e filosofia. È, in un certo senso, il prodotto di una certa frustrazione, ovvero l'assenza di un serio impegno con l'ebraismo nello studio dell'antisemitismo e dell'Olocausto, quando è proprio l'ebraismo a definire chi sono gli ebrei. Nel mio lavoro, sia nello studio dell'antisemitismo che in quello della [[Olocausto]], sono sempre partito da una premessa che prende sul serio l'ebraismo. Anzi, alcuni lettori mi accusano di prenderlo un po' troppo sul serio. Ho scoperto che non solo esiste una forma di studi sull'Olocausto ''Judenrein'' – quelli che chiamo studi sull'Olocausto senza l'Olocausto – ma esiste anche il fenomeno degli studi sull'antisemitismo senza gli ebrei. Si tratta di studi che ridurrebbero l'antisemitismo a un altro caso di razzismo o bigottismo, offrendo spiegazioni sociologiche, storiche, culturali o psicologiche, tutte cose che, a mio avviso, ignorano l'Eterno nell'Eterno Ebreo, quelle che chiamo le origini metafisiche dell'antisemitismo, radicate nell'ebraismo. Per ebraismo non mi riferisco alla causa, ma al bersaglio, ovvero l'insegnamento e la testimonianza millenari del popolo ebraico che l'antisemita vorrebbe eliminare dal mondo. Questo, credo, contribuisce a spiegare l'assenza di sovrapposizione tra gli studiosi che si occupano dei due campi di studio, minimizzando l'ebraismo, la [[Torah]], che definisce gli ebrei. In ogni caso, molti di noi rifuggono dagli insegnamenti della Torah che ci impongono un giudizio. Da qui, a mio avviso, la necessità di queste riflessioni sulle connessioni. Una caratteristica importante del wikilibro, che lo distingue dagli altri, risiede nella matrice di interconnessioni tra i Capitoli. I quattro Capitoli di ciascuna delle tre Sezioni/Parti del testo sono disposti in una sequenza parallela, che va dalle origini metafisiche alle caratteristiche distintive, quindi dalle sfide fondamentali ai risultati finali. Ciò è visibile nello schema seguente, che scorre i Capitoli in ordine verticale, dall'1 al 4, dal 5 all'8 e dal 9 al 12. Poiché i Capitoli di ciascuna Sezione sono disposti in modo parallelo, possono anche essere letti orizzontalmente, procedendo da sinistra a destra: <center> {| class="wikitable" |- | 1: Cosa fa dell'ebreo un ebreo? || 5: Il perché dell'antisemitismo || 9: Filosofia e Olocausto |- | 2: Lo straniero, mio ​​fratello || 6: Parola, Sangue, Redenzione || 10: Assalto a Dio |- | 3: Esilio e ritorno || 7: Antisionismo || 11: Il ''Muselmann'' |- | 4: Il Messia || 8: Antisemitismo jihadista || 12: Il recupero del Nome |} </center> La questione di cosa renda gli ebrei ebrei è legata al perché dell'antisemitismo, che a sua volta è legato alle categorie filosofiche di pensiero che hanno contribuito all'Olocausto. Lo status dello straniero è connesso all'appropriazione della Parola Sacra e alla purezza del sangue che caratterizza l'antisemitismo; l'attacco allo straniero e alla parola si manifesta nell'Olocausto stesso come un attacco al Santo. La condizione dell'esilio e il ritorno a Sion costituiscono il contesto dell'antisionismo; poiché il ritorno a Sion è un ritorno alla Torah che "uscirà da Sion" ({{passo biblico2|Isaia|2:3}}), esso è un'affermazione della dignità dell'essere umano, che è stata sottoposta a un attacco radicale nella creazione del ''[[w:Muselmann|Muselmann]]''. E la venuta del Messia è parallela alla visione escatologica dei [[w:jihādismo|jihadisti]], poiché il popolo ebraico si trova di fronte a un recupero dell'identità ebraica e del Santo Nome all'indomani della [[Shoah]]. Pertanto, questo mio libro può essere letto sia verticalmente che orizzontalmente, come indicato nella succitata matrice. Ancora una volta, lo studio è caratterizzato tanto dalla riflessione e dall'esplorazione quanto dalla risoluzione e dall'argomentazione, tanto dalla ricerca e dalle domande quanto dalle spiegazioni e dalle risposte. Se posso rivolgermi anche qui all'ebraismo, abbiamo un insegnamento secondo cui Dio dimora nell’''el'' della ''shelah'' (שֶׁלַח), della "domanda", e non nelle formule fisse o nelle risposte pronte che potrebbero risolvere le cose. Non c'è alcun ''[[w:Come volevasi dimostrare|QED]]'' qui, nessun ''quod erat demonstrandum''. Formule fisse e risposte pronte caratterizzano il discorso dell'antisemitismo che appartiene agli assoluti del pensiero jihadista e che trova la sua Soluzione Finale nell'Olocausto. Pertanto, in linea con questo insegnamento della tradizione, la mia speranza è che queste riflessioni siano più inquietanti che rassicuranti. Perché non c'è incontro con la Verità che non si traduca in un turbamento del testimone. {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo}} {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 100% |titolo = [[Image:PD-icon.svg|20px|Public domain]] Sotto lo pseudonimo [[Utente:Monozigote|Monozigote]] rilascia in dominio pubblico tutti i suoi scritti su Wikibooks [[File:Wikibooks-logo-it.svg|20px|Wikibooks]] |contenuto = Si consiglia questo ''wikilibro'' a lettori con buona conoscenza dell'[[w:ebraismo|ebraismo]] e delle lingue {{Lingue|de|el|en|es|fr|he|la|yi}}. Le citazioni estese in queste lingue sono lasciate nell'originale — nel caso di problemi nella visualizzazione dei caratteri nel testo, si consulti la pagina [[Aiuto:Unicode|Unicode]]. }} [[Categoria:Connessioni]] [[Categoria:Serie delle interpretazioni]] [[Categoria:Serie misticismo ebraico]] [[Categoria:Filosofia]] [[Categoria:Religione]] [[Categoria:Sociologia]] [[Categoria:Storia]] [[Categoria:Dewey 120]] [[Categoria:Dewey 188]] [[Categoria:Dewey 296]] [[Categoria:Dewey 390]] {{alfabetico|C}} {{Avanzamento|25%|3 giugno 2025}} {{-}} {{clear}} {{copertina |titolo=Connessioni |sottotitolo=Ebraismo, antisemitismo e Shoah |categoria=Connessioni |autore=Monozigote |immagine=Daina Skadmane 3.png |px=500 |alt= Daina Skadmane art work - "Look", Riga ghetto. 1941. }} {{clear}} {{Sommario V |titolo= Connessioni |immagine= Das allerheiligste.jpg |immaginepx= |contenuto=<div style="text-align:center; padding-left:15px; padding-right:15px; font-size:0.9em;">''([[Serie delle interpretazioni|Nr. 28 della Serie delle interpretazioni]])''</div> * {{Modulo|Connessioni/Introduzione|Introduzione: Chiarire le connessioni}} PARTE I – EBRAISMO * {{Modulo|Connessioni/Capitolo 1|Capitolo 1: Cosa fa dell'ebreo un ebreo?}} * {{Modulo|Connessioni/Capitolo 2|Capitolo 2: Lo straniero, mio ​​fratello}} * {{Modulo|Connessioni/Capitolo 3|Capitolo 3: L'esilio e il movimento del ritorno}} * {{Modulo|Connessioni/Capitolo 4|Capitolo 4: Una riflessione sul Messia}} PARTE II – ANTISEMITISMO * {{Modulo|Connessioni/Capitolo 5|Capitolo 5: Il perché dell'antisemitismo}} * {{Modulo|Connessioni/Capitolo 6|Capitolo 6: Parola, Sangue, Redenzione: l'essenza dell'antisemitismo}} * {{Modulo|Connessioni/Capitolo 7|Capitolo 7: Antisionismo: un antisemitismo moralmente richiesto}} * {{Modulo|Connessioni/Capitolo 8|Capitolo 8: Jihadismo islamico: l'eredità dell'antisemitismo nazista}} PARTE III – SHOAH * {{Modulo|Connessioni/Capitolo 9|Capitolo 9: Il fondamento filosofico dell'Olocausto}} * {{Modulo|Connessioni/Capitolo 10|Capitolo 10: Uccidere Dio}} * {{Modulo|Connessioni/Capitolo 11|Capitolo 11: La rielaborazione nazista dell'immagine e della somiglianza: il ''Muselmann''}} * {{Modulo|Connessioni/Capitolo 12|Capitolo 12: Il recupero di un nome dopo l'aggressione al Nome: la testimonianza di diari e memorie}} }} <noinclude>[[categoria:Template sommario|Connessioni]] [[Categoria:Connessioni| ]]</noinclude> </nowiki> ---> o45vfbemff7e1tz8numy16i3maaz6zg Wikibooks:GUS2Wiki 4 51801 477373 476741 2025-06-05T11:49:40Z Alexis Jazz 37143 Updating gadget usage statistics from [[Special:GadgetUsage]] ([[phab:T121049]]) 477373 wikitext text/x-wiki {{#ifexist:Project:GUS2Wiki/top|{{/top}}|This page provides a historical record of [[Special:GadgetUsage]] through its page history. To get the data in CSV format, see wikitext. To customize this message or add categories, create [[/top]].}} I dati che seguono sono estratti da una copia ''cache'' del database, il cui ultimo aggiornamento risale al 2025-06-04T07:59:25Z. Un massimo di {{PLURAL:5000|un risultato è disponibile|5000 risultati è disponibile}} in cache. {| class="sortable wikitable" ! 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Tirocinio esterno con l'attribuzione di 6/8 CFU, per un totale di 150/200 ore indirizzato alle studentesse e studenti delle lauree magistrali in ''Informazione, Editoria e Giornalismo (LM19)'' e ''E-Learning e media education (LM93)'' dell'Università di Roma Tre. * '''Durata''': Dal 3 febbraio al 29 giugno 2025. * '''Progetti wiki''': Il corso su Wikibooks fa parte del tirocinio curriculare '''[https://drive.google.com/file/d/1SqDD4hIqOxfti2hCJJC30BQ1b28iwp5o/view?usp=drive_link Piattaforme Wikimedia per un'educazione aperta e una cultura inclusiva!]''', che coinvolge anche altri progetti Wikimedia (Wikipedia, Commons, Wikidata). Il tirocinio si svolgerà in concomittanza su [[:w:Progetto:Coordinamento/Università/UNIROMA3/LM/Storia del femminismo italiano 2025|'''Wikipedia''']] e Wikibooks, dove è prevista l'integrazione della voce in Wikipedia con il wikibook contenente le biografie delle esponenti di spicco del feminismo in Italia. ===Scopo=== Scrittura su Wikipedia e altre piattaforme Wikimedia, come strumento di didattica aperta, cultura inclusiva e mezzo per ridurre il divario di genere. * Sviluppare competenze nella ricerca e scrittura collaborativa su piattaforme wiki. * Promuovere la consapevolezza delle questioni di genere e della rappresentazione delle donne nella storia e nella cultura. * Favorire l'uso di strumenti digitali, licenze libere e risorse educative aperte. ===Competenze acquisite=== * Competenze nelle piattaforme wiki: Apprendere come utilizzare e contribuire a piattaforme come Wikipedia, Wikibooks, Commons, Wikidata, e altre piattaforme Wikimedia. * Ricerca e raccolta dati: Diventare abili nella ricerca e nella raccolta di informazioni da fonti affidabili, sviluppando competenze analitiche e critiche. * Scrittura e redazione: Migliorare le abilità di scrittura e redazione, imparando a creare contenuti chiari, concisi e ben strutturati. * Collaborazione e lavoro di squadra: Avere l'opportunità di lavorare in team, migliorando le capacità di comunicazione e collaborazione. * Educazione aperta: Capire i principi dell'educazione aperta e come applicarli nella creazione e condivisione di conoscenza. * Cultura inclusiva: Acquisire una maggiore consapevolezza e sensibilità verso temi di inclusività e rappresentazione di genere. * Gestione del progetto: Imparare a gestire progetti, organizzare attività, e rispettare scadenze. * Competenze digitali: Migliorare le competenze digitali, imparando a utilizzare vari strumenti e tecnologie. ===Programma=== Programma di tirocinio - 200 ore. Orario: dal lunedì alla domenica, ore 9:00-20:30, impegno: 10 ore/settimanali. '''Struttura del tirocinio''': '''1. Introduzione (10 ore)'''. Settimana 3-9 febbraio 2025 (Camelia). * Orientamento e presentazione dei progetti collaborativi Wikimedia e di WikiDonne (1 ora). * Sessioni introduttive su questioni di genere e rappresentazione nei progetti Wikimedia (1 ora). * Comprendere e utilizzare le licenze aperte (3 ore). * Formazione sul funzionamento di Wikipedia, Wikibooks, Commons e Wikidata (5 ore). '''2. Ricerca e raccolta dati (20 ore)'''. Settimana 10-16 e 17-23 febbraio 2025 (Loretta). * Identificazione di temi e biografie di donne rilevanti (3 ore). * Raccolta di fonti e materiale bibliografico (4 ore). * Collaborazione con tutor e supervisori per la valutazione delle fonti (3 ore). '''3. Scrittura e revisione (100 ore)''' * Redazione di voci biografiche su Wikipedia e Wikibooks (70 ore). * Applicazione delle linee guida di scrittura collaborativa: struttura voce, formattazione, template ecc. (10 ore). * Revisione e miglioramento delle voci create, con feedback dei supervisori (20 ore). '''4. Progetti speciali (40 ore)''' * Partecipazione a campagne e contest correlati (Donne in STEM, BBC 100 Women, Art + Feminism, Donne e cambiamento climatico ecc.) e alle pagine di discussione comunitarie (5 ore) * Creazione di contenuti multimediali (foto, video, ecc.) per arricchire le voci (15 ore). * Creazione di materiale di comunicazione (newsletter, articoli sul blog, post sui social media ecc.) per fare conoscere il lavoro fatto (15 ore). * Collaborazione con altri affiliati Wikimedia (progetti multilingue) (5 ore). '''5. Formazione e workshop (20 ore)''' * Partecipazione a workshop su tool Wikimedia, strumenti digitali e metodologie educative aperte (10 ore). * Incontri con ospiti su temi specifici di interesse (es. diritti delle donne, educazione inclusiva) (10 ore). '''6. Valutazione e conclusione (10 ore)''' * Presentazione del lavoro svolto e discussione dei risultati raggiunti (4 ore). * Valutazione del tirocinio da parte dei supervisori e dei partecipanti (3 ore). * Riflessione finale e suggerimenti per progetti futuri (3 ore). }} ==Docenti e tutor== * [[Utente:Camelia.boban|Camelia]] * [[Utente:LorManLor|LorManLor]] ==Partecipanti== Le studentesse sono pregate di [[Aiuto:Come registrarsi|registrare individualmente un account]] e di aggiungere la propria firma usando '''solo''' la wikisintassi prevista ([[Aiuto:Firma]]) qui sotto. ; primo gruppo # [[Utente:Deborahpiperno|Deborahpiperno]] ([[Utente:Deborahpiperno/Sandbox|sandbox]], cap. 7) # [[Utente:Ale.Amodeo5|Ale.Amodeo5]] ([[Utente:Ale.Amodeo5/Sandbox|sandbox]], cap. 6) # [[Utente:Giafia|Giafia]] ([[Utente:Giafia/Sandbox|sandbox]], capp. 4 e 5) # [[Utente:Il chiaroscuro|Ilaria Lorenzini]] ([[Utente:Il chiaroscuro/Sandbox|sandbox]], cap. 1 e 2) # [[Utente:NoemiMcc|NoemiMcc]] ([[Utente:NoemiMcc/Sandbox|sandbox]], cap. 5) # [[Utente:Eleonora Presciuttini|Eleonora Presciuttini]] ([[Utente:Eleonora Presciuttini/Sandbox|sandbox]], capp. 2 e 3) # [[Utente:Chi.carlon|Chi.carlon]] ([[Utente:Chi.carlon/Sandbox|sandbox]], cap. 8) # [[Utente:Maruyari|Maruyari]] ([[Utente:Maruyari/Sandbox|sandbox]]) ; secondo gruppo (Moodle) # [[Utente:Eleonorapanunzi|Eleonora]] ([[Utente:Eleonorapanunzi/Sandbox|sandbox modulo 2]]) # [[Utente:Alessia Crescenzo|Alessia Crescenzo]] ([[Utente:Alessia Crescenzo/Sandbox|sandbox modulo 4]]) # [[Utente:Natalea02|Antonella]] ([[Utente:Natalea02/Sandbox|sandbox modulo 1]]) # [[Utente:Camelia.boban|Camelia]] ([[Utente:Camelia.boban/Modulo 3 (MOOC)|sandbox modulo 3]]) ==Wikibook da scrivere== * [[Storia del femminismo italiano]] * {{Vedi anche|Progetto:WikiDonne/Tirocinio Roma Tre 2025/Struttura wikibook}} === Divisione del lavoro === * '''Obiettivi''' {{doing|Camelia}} * '''1. Prima ondata femminista: radici del femminismo in Italia''' ** ''[[Utente:Il_chiaroscuro/Sandbox#1.0._Introduzione|1.0]] Introduzione'' *** Femminismo. Definizioni <span style="color:green;">{{doing|Eleonora e Ilaria}}</span> *** [[Utente:Il_chiaroscuro/Sandbox#1.0.1._La_Querelle_des_Femmes:_fondamenta_del_pensiero_proto-femminista_(XIV-XVIII_secolo)|1.0.1]] Querelle des femmes <span style="color:green;">{{doing|Eleonora e Ilaria}}</span> *** [[Utente:Il_chiaroscuro/Sandbox#1.0.2._L'illuminismo_e_i_diritti_delle_donne|1.0.2]] Illuminismo e Rivoluzione francese <span style="color:green;">{{doing|Eleonora e Ilaria}}</span> ** ''[[Utente:Eleonora_Presciuttini/Sandbox#1.1._Il_XIX_secolo|1.1]] Il XIX secolo'' *** [[Utente:Eleonora_Presciuttini/Sandbox#1.1.1_Donne_e_Risorgimento|1.1.1]] Il '48 <span style="color:green;">{{doing|Eleonora e Ilaria}}</span> *** [[Utente:Giafia/Sandbox#1.1.2._Condizione_femminile_nel_periodo_post-unitario|1.1.2]] Risorgimento, Italia post-unitaria e questione femminile <span style="color:orange;">{{doing|Giada}}</span> *** [[Utente:Giafia/Sandbox#1.1.3._La_stampa_delle_donne|1.1.3]] La stampa delle donne <span style="color:orange;">{{doing|Giada}}</span> *** [[Utente:NoemiMcc/Sandbox#1.1.4._La_nascita_del_femminismo_come_movimento_politico_e_l'associazionismo_femminile|1.1.4]] L'associazionismo femminile <span style="color:blue;">{{doing|Noemi}}</span> *** 1.1.5 Il movimento suffragista <span style="color:blue;">{{doing|Noemi}}</span> ** ''[[Utente:Ale.Amodeo5/Sandbox#1.2._Dal_primo_Novecento_alla_Prima_guerra_mondiale|1.2]] Dal primo Novecento alla prima guerra mondiale'' *** [[Utente:Ale.Amodeo5/Sandbox#1.2.1_Il_movimento_delle_donne_nei_primi_decenni_del_Novecento|1.2.1]] Colonialismo, nazionalismo, femminismo, pacifismo <span style="color:magenta;">{{doing|Alessia}}</span> *** [[Utente:Ale.Amodeo5/Sandbox#1.2.2._La_stampa_femminile_socialista|1.2.2]] I periodici <span style="color:magenta;">{{doing|Alessia}}</span> *** [[Utente:Ale.Amodeo5/Sandbox#1.2.3._La_Prima_guerra_mondiale|1.2.3]] La Prima guerra mondiale <span style="color:magenta;">{{doing|Alessia}}</span> ** ''[[Utente:Deborahpiperno/Sandbox#1.3._Il_regime_fascista|1.3]] Il regime fascista'' *** [[Utente:Deborahpiperno/Sandbox#1.3.1._Istruzione,_lavoro,_diritti,_politica_demografica|1.3.1]] Fascismo e i ruoli delle donne (1922-1945) <span style="color:purple;">{{doing|Deborah}}</span> *** [[Utente:Deborahpiperno/Sandbox#1.3.2_La_stampa_femminile_fascista|1.3.2]] I periodici <span style="color:purple;">{{doing|Deborah}}</span> *** [[Utente:Deborahpiperno/Sandbox#1.3.3_Organizzazioni_femminili_fasciste|1.3.2]] Organizzazioni femminili fasciste e antifasciste <span style="color:purple;">{{doing|Deborah}}</span> ** ''[[Utente:Chi.carlon/Sandbox#1.4_La_Resistenza_e_il_Dopoguerra|1.4]] La Resistenza e il dopoguerra'' *** [[Utente:Chi.carlon/Sandbox#1.4.1_Resistenza_e_partecipazione_femminile|1.4.1]] Resistenza e partecipazione femminile <span style="color:red;">{{doing|Chiara}}</span> *** [[Utente:Chi.carlon/Sandbox#1.4.2_Femminismo_tra_Resistenza_e_Repubblica_.281945-1968.29|1.4.2]] Femminismo tra Resistenza e Repubblica (1945-1968) <span style="color:red;">{{doing|Chiara}}</span> ===Esempio template testo tratto da Wikipedia=== <code><nowiki>{{spostamento|1=https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Anna_Kuliscioff&oldid=143886689}}</nowiki></code> {{spostamento|1=https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Anna_Kuliscioff&oldid=143886689}} ==Dashboard== [https://outreachdashboard.wmflabs.org/courses/UNIROMA3/WDG_-_Tirocinio_curriculare_2025 Metriche], tool Dashboard. ==Risorse== * [[:w:Progetto:WikiDonne/Aiuto]] (pagina di aiuto WikiDonne) * [[:File:Registrarsi, creare la pagina utente WD 2022.pdf|Registrarsi, creare la pagina utente]] * [[:File:WDG - WikiDonne. Tradurre voci con Content Translator.pdf|Tradurre voci con Content Translator]] * [[Aiuto:Come registrarsi]] (come registrare un account) * [[Aiuto:Firma]] (come, dove e quando firmare) * [[:w:Wikipedia:Copyright]] (approfondimenti sul Copyright e sul Diritto d'autore) * [[Aiuto:Wikificare]] e [[Aiuto:Manuale di stile]] (linee guida formatazione wiki e manuale di stile) * [[:w:Wikipedia:VisualEditor/Manuale]] (l'uso di Visual Editor) * [[Wikipedia:Uso delle fonti]] (come utilizzare le fonti) * [[:w:Aiuto:Copyright immagini/Percorso guidato/6]] (percorso guidato su come utilizzare l'immagine da Wikipedia in altra lingua) * [[:w:Aiuto:Carica un file]] (percorso guidato sul caricamento di un file) ==Bibliografia== * Liviana Gazzetta, ''Orizzonti nuovi: Storia del primo femminismo in Italia (1865-1925)'', editore Viella, Roma (2018), ISBN 9788867289776. * [https://societadellestoriche.it/categoria/pubblicazioni/agenda-1990-1999/ Agenda (1990-1999)], Società Italiana delle Storiche (SIS) * [https://www.viella.it/catalogo/collana/47 Storia delle donne e di genere], SIS e Viella, collana * Sergio D'Errico, [https://www.storiacostituzionaledelrisorgimento.it/wp-content/uploads/2021/02/ILRUOLODELLEDONNENELRISORGIMENTODISERGIODERRICO.pdf Il Ruolo delle Donne nel Risorgimento], Storia costituzionale del Risorgimento * Giovanni Maria Flick, [https://www.apertacontrada.it/2012/07/07/la-questione-femminile-a-150-anni-e-oltre-dallunita-ditalia/2/ La questione femminile a 150 anni e oltre dall'Unità d'Italia], Aperta contrada, 7 Luglio 2012 * [https://www.storiauniversale.it/1-LA-STORIA-DELLE-DONNE-E-DEL-FEMMINISMO.htm La storia delle donne e del femminismo], Storia universale * [https://www.storiauniversale.it/11-IL-REGNO-MILLENARIO-DEL-PATRIARCATO.htm 1.1. Il regno millenario del patriarcato] * [https://www.storiauniversale.it/12-LA-MISOGINIA-DEL-CRISTIANESIMO-PAOLINO.htm 1.2. La misoginia del cristianesimo paolino] ** [https://www.storiauniversale.it/13-LE-PRIME-EROINE-MODERNE-DEL-PROTO-FEMMINISMO.htm 1.3. Le prime eroine moderne del proto-femminismo] ** [https://www.storiauniversale.it/15-IL-FEMMINISMO-BORGHESE-DELLE-SUFFRAGETTE.htm 1.5. Il femminismo borghese delle suffragette] ** [https://www.storiauniversale.it/2-IL-MARXISMO-E-LA-QUESTIONE-DELLEMANCIPAZIONE-DELLA-DONNA.htm 2. Il marxismo e la questione dell’emancipazione della donna] ** [https://www.storiauniversale.it/4-I-DIRITTI-DELLE-DONNE-CONQUISTATI-DALLA-RIVOLUZIONE-BOLSCEVICA.htm 4. i diritti delle donne conquistati dalla rivoluzione bolscevica] ** [https://www.storiauniversale.it/53-LA-LIBERAZIONE-DELLE-DONNE-DAL-PATRIARCATO-MILLENARIO.htm 5.3. La liberazione delle donne dal patriarcato millenario] * Simonetta Soldani, [https://www.treccani.it/enciclopedia/l-italia-al-femminile_(L'Unificazione)/ L'Italia al femminile. L'Unificazione (2011)], Treccani * Florindo Di Monaco, [https://vitaminevaganti.com/2022/06/25/la-donna-nel-settecento-socialita-mondanita-parita/ La donna nel Settecento. Socialità, mondanità, parità], Vitamine vaganti, 25 giugno 2022. * [https://cristories.com/2015/03/10/condizione-sociale-della-donna-nel-xviii-secolo/ Condizione sociale della donna nel XVIII secolo], 10 marzo 2015. * Tiziana Bernardi, [https://www.treccani.it/enciclopedia/le-donne-nella-societa-dei-lumi_(Storia-della-civilt%C3%A0-europea-a-cura-di-Umberto-Eco)/ Le donne nella società dei Lumi], Treccani. * Simona Salustri, [https://www.fondazionealtobelli.it/sindacatoi-nel-ventennio-fascista-di-simona-salustri/ Sindacato/i nel Ventennio fascista: il ruolo delle donne (1919-1945)], Fondazione Altobelli * [https://museonazionaleresistenza.it/story/storie-di-donne-antifascismo-e-resistenza/ Storie di donne, antifascismo e Resistenza (1933-1945)], Museo Nazionale della Resistenza * Sandra Plastina, [https://www.carocci.it/prodotto/filosofe-della-modernita Filosofe della modernità. Il pensiero delle donne dal Rinascimento all'Illuminismo], Carocci editore (Roma, 2011), ISBN 9788843049622. * [https://www.unive.it/pag/31211/ N. 31, 07/2016 - Le donne italiane nel I conflitto mondiale DEP] - Deportate, esuli, profughe * [https://tesi.luiss.it/28472/1/085822_MARSALA_ISABELLA.pdf Origini e storia del movimento femminista italiano ], tesi di Isabella Marsala, LUISS, Anno Accademico 2020/2021 ==Collegamenti esterni== * [http://digiteca.bsmc.it/# Digiteca], Biblioteca di storia moderna e contemporanea, Roma * [https://www.casainternazionaledelledonne.org/associazioni/archivia/ Archivia], Casa Internazionale delle Donne, Roma * [https://www.viella.it/riviste/testata/6 Genesis], rivista della Società Italiana delle Storiche ** [https://www.viella.it/rivista/9791254698952 Genesis. XXIII / 1, 2024. Sguardi femministi sulla storiografia], Genesis, 2024 ** [https://www.viella.it/rivista/9791254693193 Genesis. XXI / 2, 2022. Disuguaglianze. Il valore delle donne], Genesis, 2022 * [https://cloud.sbn.it/opac2/IEI/02/ricercaSemplice Polo IEI], Biblioteca di storia moderna e contemporanea * [https://acnpsearch.unibo.it/# ACNP], Catalogo italiano dei periodici, UNIBO * [https://opac.sbn.it/home OPAC SBN], Catalogo collettivo delle biblioteche del Servizio Bibliotecario Nazionale * [https://manus.iccu.sbn.it/web/manus Manus Online (MOL)], database ICCU * [https://www.novecento.org/notiziario/risorse-tematiche-per-la-didattica-anche-a-distanza-6417/#genere Soria di genere], Novecento [[Categoria:WikiDonne]] hjgkr84lrrh2e4zyx9iros13tcrm12o 477357 477348 2025-06-05T06:17:01Z Camelia.boban 25520 /* Partecipanti */ 477357 wikitext text/x-wiki [[File:Roma Tre nuovo logo.png|thumb|300px|destra]] [[File:WDG - Locandina tirocinio Roma Tre 2025.png|thumb|300px]] Dal 20 gennaio al 30 giugno 2024, [[:m:WikiDonne|WikiDonne]] in collaborazione con l'[[w:Università degli Studi Roma Tre|Università degli Studi Roma Tre]], svolge il tirocinio curriculare online sulla '''[[Storia del femminismo italiano]]''' in Wikibooks e [[:w:Progetto:Coordinamento/Università/UNIROMA3/LM/Storia del femminismo italiano 2025|Wikipedia]]. {{cassetto |titolo = Dettaglio tirocinio |colore = violet |testo = ===Info=== * '''Titolo'': '''Tirocinio WikiDonne: Piattaforme wiki per un'educazione aperta e una cultura inclusiva!'' Tirocinio esterno con l'attribuzione di 6/8 CFU, per un totale di 150/200 ore indirizzato alle studentesse e studenti delle lauree magistrali in ''Informazione, Editoria e Giornalismo (LM19)'' e ''E-Learning e media education (LM93)'' dell'Università di Roma Tre. * '''Durata''': Dal 3 febbraio al 29 giugno 2025. * '''Progetti wiki''': Il corso su Wikibooks fa parte del tirocinio curriculare '''[https://drive.google.com/file/d/1SqDD4hIqOxfti2hCJJC30BQ1b28iwp5o/view?usp=drive_link Piattaforme Wikimedia per un'educazione aperta e una cultura inclusiva!]''', che coinvolge anche altri progetti Wikimedia (Wikipedia, Commons, Wikidata). Il tirocinio si svolgerà in concomittanza su [[:w:Progetto:Coordinamento/Università/UNIROMA3/LM/Storia del femminismo italiano 2025|'''Wikipedia''']] e Wikibooks, dove è prevista l'integrazione della voce in Wikipedia con il wikibook contenente le biografie delle esponenti di spicco del feminismo in Italia. ===Scopo=== Scrittura su Wikipedia e altre piattaforme Wikimedia, come strumento di didattica aperta, cultura inclusiva e mezzo per ridurre il divario di genere. * Sviluppare competenze nella ricerca e scrittura collaborativa su piattaforme wiki. * Promuovere la consapevolezza delle questioni di genere e della rappresentazione delle donne nella storia e nella cultura. * Favorire l'uso di strumenti digitali, licenze libere e risorse educative aperte. ===Competenze acquisite=== * Competenze nelle piattaforme wiki: Apprendere come utilizzare e contribuire a piattaforme come Wikipedia, Wikibooks, Commons, Wikidata, e altre piattaforme Wikimedia. * Ricerca e raccolta dati: Diventare abili nella ricerca e nella raccolta di informazioni da fonti affidabili, sviluppando competenze analitiche e critiche. * Scrittura e redazione: Migliorare le abilità di scrittura e redazione, imparando a creare contenuti chiari, concisi e ben strutturati. * Collaborazione e lavoro di squadra: Avere l'opportunità di lavorare in team, migliorando le capacità di comunicazione e collaborazione. * Educazione aperta: Capire i principi dell'educazione aperta e come applicarli nella creazione e condivisione di conoscenza. * Cultura inclusiva: Acquisire una maggiore consapevolezza e sensibilità verso temi di inclusività e rappresentazione di genere. * Gestione del progetto: Imparare a gestire progetti, organizzare attività, e rispettare scadenze. * Competenze digitali: Migliorare le competenze digitali, imparando a utilizzare vari strumenti e tecnologie. ===Programma=== Programma di tirocinio - 200 ore. Orario: dal lunedì alla domenica, ore 9:00-20:30, impegno: 10 ore/settimanali. '''Struttura del tirocinio''': '''1. Introduzione (10 ore)'''. Settimana 3-9 febbraio 2025 (Camelia). * Orientamento e presentazione dei progetti collaborativi Wikimedia e di WikiDonne (1 ora). * Sessioni introduttive su questioni di genere e rappresentazione nei progetti Wikimedia (1 ora). * Comprendere e utilizzare le licenze aperte (3 ore). * Formazione sul funzionamento di Wikipedia, Wikibooks, Commons e Wikidata (5 ore). '''2. Ricerca e raccolta dati (20 ore)'''. Settimana 10-16 e 17-23 febbraio 2025 (Loretta). * Identificazione di temi e biografie di donne rilevanti (3 ore). * Raccolta di fonti e materiale bibliografico (4 ore). * Collaborazione con tutor e supervisori per la valutazione delle fonti (3 ore). '''3. Scrittura e revisione (100 ore)''' * Redazione di voci biografiche su Wikipedia e Wikibooks (70 ore). * Applicazione delle linee guida di scrittura collaborativa: struttura voce, formattazione, template ecc. (10 ore). * Revisione e miglioramento delle voci create, con feedback dei supervisori (20 ore). '''4. Progetti speciali (40 ore)''' * Partecipazione a campagne e contest correlati (Donne in STEM, BBC 100 Women, Art + Feminism, Donne e cambiamento climatico ecc.) e alle pagine di discussione comunitarie (5 ore) * Creazione di contenuti multimediali (foto, video, ecc.) per arricchire le voci (15 ore). * Creazione di materiale di comunicazione (newsletter, articoli sul blog, post sui social media ecc.) per fare conoscere il lavoro fatto (15 ore). * Collaborazione con altri affiliati Wikimedia (progetti multilingue) (5 ore). '''5. Formazione e workshop (20 ore)''' * Partecipazione a workshop su tool Wikimedia, strumenti digitali e metodologie educative aperte (10 ore). * Incontri con ospiti su temi specifici di interesse (es. diritti delle donne, educazione inclusiva) (10 ore). '''6. Valutazione e conclusione (10 ore)''' * Presentazione del lavoro svolto e discussione dei risultati raggiunti (4 ore). * Valutazione del tirocinio da parte dei supervisori e dei partecipanti (3 ore). * Riflessione finale e suggerimenti per progetti futuri (3 ore). }} ==Docenti e tutor== * [[Utente:Camelia.boban|Camelia]] * [[Utente:LorManLor|LorManLor]] ==Partecipanti== Le studentesse sono pregate di [[Aiuto:Come registrarsi|registrare individualmente un account]] e di aggiungere la propria firma usando '''solo''' la wikisintassi prevista ([[Aiuto:Firma]]) qui sotto. ; primo gruppo # [[Utente:Deborahpiperno|Deborahpiperno]] ([[Utente:Deborahpiperno/Sandbox|sandbox]], cap. 7) # [[Utente:Ale.Amodeo5|Ale.Amodeo5]] ([[Utente:Ale.Amodeo5/Sandbox|sandbox]], cap. 6) # [[Utente:Giafia|Giafia]] ([[Utente:Giafia/Sandbox|sandbox]], cap. 4 e 5) # [[Utente:Il chiaroscuro|Ilaria Lorenzini]] ([[Utente:Il chiaroscuro/Sandbox|sandbox]], cap. 1 e 2) # [[Utente:NoemiMcc|NoemiMcc]] ([[Utente:NoemiMcc/Sandbox|sandbox]], cap. 5) # [[Utente:Eleonora Presciuttini|Eleonora Presciuttini]] ([[Utente:Eleonora Presciuttini/Sandbox|sandbox]], cap. 2 e 3) # [[Utente:Chi.carlon|Chi.carlon]] ([[Utente:Chi.carlon/Sandbox|sandbox]], cap. 8) # [[Utente:Maruyari|Maruyari]] ([[Utente:Maruyari/Sandbox|sandbox]]) ; secondo gruppo (Moodle) # [[Utente:Eleonorapanunzi|Eleonora]] ([[Utente:Eleonorapanunzi/Sandbox|sandbox, modulo 2]]) # [[Utente:Alessia Crescenzo|Alessia Crescenzo]] ([[Utente:Alessia Crescenzo/Sandbox|sandbox, modulo 4]]) # [[Utente:Natalea02|Antonella]] ([[Utente:Natalea02/Sandbox|sandbox, modulo 1]]) # [[Utente:Camelia.boban|Camelia]] ([[Utente:Camelia.boban/Modulo 3 (MOOC)|sandbox, modulo 3]]) ==Wikibook da scrivere== * [[Storia del femminismo italiano]] * {{Vedi anche|Progetto:WikiDonne/Tirocinio Roma Tre 2025/Struttura wikibook}} === Divisione del lavoro === * '''Obiettivi''' {{doing|Camelia}} * '''1. Prima ondata femminista: radici del femminismo in Italia''' ** ''[[Utente:Il_chiaroscuro/Sandbox#1.0._Introduzione|1.0]] Introduzione'' *** Femminismo. Definizioni <span style="color:green;">{{doing|Eleonora e Ilaria}}</span> *** [[Utente:Il_chiaroscuro/Sandbox#1.0.1._La_Querelle_des_Femmes:_fondamenta_del_pensiero_proto-femminista_(XIV-XVIII_secolo)|1.0.1]] Querelle des femmes <span style="color:green;">{{doing|Eleonora e Ilaria}}</span> *** [[Utente:Il_chiaroscuro/Sandbox#1.0.2._L'illuminismo_e_i_diritti_delle_donne|1.0.2]] Illuminismo e Rivoluzione francese <span style="color:green;">{{doing|Eleonora e Ilaria}}</span> ** ''[[Utente:Eleonora_Presciuttini/Sandbox#1.1._Il_XIX_secolo|1.1]] Il XIX secolo'' *** [[Utente:Eleonora_Presciuttini/Sandbox#1.1.1_Donne_e_Risorgimento|1.1.1]] Il '48 <span style="color:green;">{{doing|Eleonora e Ilaria}}</span> *** [[Utente:Giafia/Sandbox#1.1.2._Condizione_femminile_nel_periodo_post-unitario|1.1.2]] Risorgimento, Italia post-unitaria e questione femminile <span style="color:orange;">{{doing|Giada}}</span> *** [[Utente:Giafia/Sandbox#1.1.3._La_stampa_delle_donne|1.1.3]] La stampa delle donne <span style="color:orange;">{{doing|Giada}}</span> *** [[Utente:NoemiMcc/Sandbox#1.1.4._La_nascita_del_femminismo_come_movimento_politico_e_l'associazionismo_femminile|1.1.4]] L'associazionismo femminile <span style="color:blue;">{{doing|Noemi}}</span> *** 1.1.5 Il movimento suffragista <span style="color:blue;">{{doing|Noemi}}</span> ** ''[[Utente:Ale.Amodeo5/Sandbox#1.2._Dal_primo_Novecento_alla_Prima_guerra_mondiale|1.2]] Dal primo Novecento alla prima guerra mondiale'' *** [[Utente:Ale.Amodeo5/Sandbox#1.2.1_Il_movimento_delle_donne_nei_primi_decenni_del_Novecento|1.2.1]] Colonialismo, nazionalismo, femminismo, pacifismo <span style="color:magenta;">{{doing|Alessia}}</span> *** [[Utente:Ale.Amodeo5/Sandbox#1.2.2._La_stampa_femminile_socialista|1.2.2]] I periodici <span style="color:magenta;">{{doing|Alessia}}</span> *** [[Utente:Ale.Amodeo5/Sandbox#1.2.3._La_Prima_guerra_mondiale|1.2.3]] La Prima guerra mondiale <span style="color:magenta;">{{doing|Alessia}}</span> ** ''[[Utente:Deborahpiperno/Sandbox#1.3._Il_regime_fascista|1.3]] Il regime fascista'' *** [[Utente:Deborahpiperno/Sandbox#1.3.1._Istruzione,_lavoro,_diritti,_politica_demografica|1.3.1]] Fascismo e i ruoli delle donne (1922-1945) <span style="color:purple;">{{doing|Deborah}}</span> *** [[Utente:Deborahpiperno/Sandbox#1.3.2_La_stampa_femminile_fascista|1.3.2]] I periodici <span style="color:purple;">{{doing|Deborah}}</span> *** [[Utente:Deborahpiperno/Sandbox#1.3.3_Organizzazioni_femminili_fasciste|1.3.2]] Organizzazioni femminili fasciste e antifasciste <span style="color:purple;">{{doing|Deborah}}</span> ** ''[[Utente:Chi.carlon/Sandbox#1.4_La_Resistenza_e_il_Dopoguerra|1.4]] La Resistenza e il dopoguerra'' *** [[Utente:Chi.carlon/Sandbox#1.4.1_Resistenza_e_partecipazione_femminile|1.4.1]] Resistenza e partecipazione femminile <span style="color:red;">{{doing|Chiara}}</span> *** [[Utente:Chi.carlon/Sandbox#1.4.2_Femminismo_tra_Resistenza_e_Repubblica_.281945-1968.29|1.4.2]] Femminismo tra Resistenza e Repubblica (1945-1968) <span style="color:red;">{{doing|Chiara}}</span> ===Esempio template testo tratto da Wikipedia=== <code><nowiki>{{spostamento|1=https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Anna_Kuliscioff&oldid=143886689}}</nowiki></code> {{spostamento|1=https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Anna_Kuliscioff&oldid=143886689}} ==Dashboard== [https://outreachdashboard.wmflabs.org/courses/UNIROMA3/WDG_-_Tirocinio_curriculare_2025 Metriche], tool Dashboard. ==Risorse== * [[:w:Progetto:WikiDonne/Aiuto]] (pagina di aiuto WikiDonne) * [[:File:Registrarsi, creare la pagina utente WD 2022.pdf|Registrarsi, creare la pagina utente]] * [[:File:WDG - WikiDonne. Tradurre voci con Content Translator.pdf|Tradurre voci con Content Translator]] * [[Aiuto:Come registrarsi]] (come registrare un account) * [[Aiuto:Firma]] (come, dove e quando firmare) * [[:w:Wikipedia:Copyright]] (approfondimenti sul Copyright e sul Diritto d'autore) * [[Aiuto:Wikificare]] e [[Aiuto:Manuale di stile]] (linee guida formatazione wiki e manuale di stile) * [[:w:Wikipedia:VisualEditor/Manuale]] (l'uso di Visual Editor) * [[Wikipedia:Uso delle fonti]] (come utilizzare le fonti) * [[:w:Aiuto:Copyright immagini/Percorso guidato/6]] (percorso guidato su come utilizzare l'immagine da Wikipedia in altra lingua) * [[:w:Aiuto:Carica un file]] (percorso guidato sul caricamento di un file) ==Bibliografia== * Liviana Gazzetta, ''Orizzonti nuovi: Storia del primo femminismo in Italia (1865-1925)'', editore Viella, Roma (2018), ISBN 9788867289776. * [https://societadellestoriche.it/categoria/pubblicazioni/agenda-1990-1999/ Agenda (1990-1999)], Società Italiana delle Storiche (SIS) * [https://www.viella.it/catalogo/collana/47 Storia delle donne e di genere], SIS e Viella, collana * Sergio D'Errico, [https://www.storiacostituzionaledelrisorgimento.it/wp-content/uploads/2021/02/ILRUOLODELLEDONNENELRISORGIMENTODISERGIODERRICO.pdf Il Ruolo delle Donne nel Risorgimento], Storia costituzionale del Risorgimento * Giovanni Maria Flick, [https://www.apertacontrada.it/2012/07/07/la-questione-femminile-a-150-anni-e-oltre-dallunita-ditalia/2/ La questione femminile a 150 anni e oltre dall'Unità d'Italia], Aperta contrada, 7 Luglio 2012 * [https://www.storiauniversale.it/1-LA-STORIA-DELLE-DONNE-E-DEL-FEMMINISMO.htm La storia delle donne e del femminismo], Storia universale * [https://www.storiauniversale.it/11-IL-REGNO-MILLENARIO-DEL-PATRIARCATO.htm 1.1. Il regno millenario del patriarcato] * [https://www.storiauniversale.it/12-LA-MISOGINIA-DEL-CRISTIANESIMO-PAOLINO.htm 1.2. La misoginia del cristianesimo paolino] ** [https://www.storiauniversale.it/13-LE-PRIME-EROINE-MODERNE-DEL-PROTO-FEMMINISMO.htm 1.3. Le prime eroine moderne del proto-femminismo] ** [https://www.storiauniversale.it/15-IL-FEMMINISMO-BORGHESE-DELLE-SUFFRAGETTE.htm 1.5. Il femminismo borghese delle suffragette] ** [https://www.storiauniversale.it/2-IL-MARXISMO-E-LA-QUESTIONE-DELLEMANCIPAZIONE-DELLA-DONNA.htm 2. Il marxismo e la questione dell’emancipazione della donna] ** [https://www.storiauniversale.it/4-I-DIRITTI-DELLE-DONNE-CONQUISTATI-DALLA-RIVOLUZIONE-BOLSCEVICA.htm 4. i diritti delle donne conquistati dalla rivoluzione bolscevica] ** [https://www.storiauniversale.it/53-LA-LIBERAZIONE-DELLE-DONNE-DAL-PATRIARCATO-MILLENARIO.htm 5.3. La liberazione delle donne dal patriarcato millenario] * Simonetta Soldani, [https://www.treccani.it/enciclopedia/l-italia-al-femminile_(L'Unificazione)/ L'Italia al femminile. L'Unificazione (2011)], Treccani * Florindo Di Monaco, [https://vitaminevaganti.com/2022/06/25/la-donna-nel-settecento-socialita-mondanita-parita/ La donna nel Settecento. Socialità, mondanità, parità], Vitamine vaganti, 25 giugno 2022. * [https://cristories.com/2015/03/10/condizione-sociale-della-donna-nel-xviii-secolo/ Condizione sociale della donna nel XVIII secolo], 10 marzo 2015. * Tiziana Bernardi, [https://www.treccani.it/enciclopedia/le-donne-nella-societa-dei-lumi_(Storia-della-civilt%C3%A0-europea-a-cura-di-Umberto-Eco)/ Le donne nella società dei Lumi], Treccani. * Simona Salustri, [https://www.fondazionealtobelli.it/sindacatoi-nel-ventennio-fascista-di-simona-salustri/ Sindacato/i nel Ventennio fascista: il ruolo delle donne (1919-1945)], Fondazione Altobelli * [https://museonazionaleresistenza.it/story/storie-di-donne-antifascismo-e-resistenza/ Storie di donne, antifascismo e Resistenza (1933-1945)], Museo Nazionale della Resistenza * Sandra Plastina, [https://www.carocci.it/prodotto/filosofe-della-modernita Filosofe della modernità. Il pensiero delle donne dal Rinascimento all'Illuminismo], Carocci editore (Roma, 2011), ISBN 9788843049622. * [https://www.unive.it/pag/31211/ N. 31, 07/2016 - Le donne italiane nel I conflitto mondiale DEP] - Deportate, esuli, profughe * [https://tesi.luiss.it/28472/1/085822_MARSALA_ISABELLA.pdf Origini e storia del movimento femminista italiano ], tesi di Isabella Marsala, LUISS, Anno Accademico 2020/2021 ==Collegamenti esterni== * [http://digiteca.bsmc.it/# Digiteca], Biblioteca di storia moderna e contemporanea, Roma * [https://www.casainternazionaledelledonne.org/associazioni/archivia/ Archivia], Casa Internazionale delle Donne, Roma * [https://www.viella.it/riviste/testata/6 Genesis], rivista della Società Italiana delle Storiche ** [https://www.viella.it/rivista/9791254698952 Genesis. XXIII / 1, 2024. Sguardi femministi sulla storiografia], Genesis, 2024 ** [https://www.viella.it/rivista/9791254693193 Genesis. XXI / 2, 2022. Disuguaglianze. Il valore delle donne], Genesis, 2022 * [https://cloud.sbn.it/opac2/IEI/02/ricercaSemplice Polo IEI], Biblioteca di storia moderna e contemporanea * [https://acnpsearch.unibo.it/# ACNP], Catalogo italiano dei periodici, UNIBO * [https://opac.sbn.it/home OPAC SBN], Catalogo collettivo delle biblioteche del Servizio Bibliotecario Nazionale * [https://manus.iccu.sbn.it/web/manus Manus Online (MOL)], database ICCU * [https://www.novecento.org/notiziario/risorse-tematiche-per-la-didattica-anche-a-distanza-6417/#genere Soria di genere], Novecento [[Categoria:WikiDonne]] 7smawedpw6cg46tne7hbxpvjkfo2oez Utente:Il chiaroscuro/Sandbox 2 56815 477361 477030 2025-06-05T09:45:51Z LorManLor 24993 Aggiunto Bibliografia 477361 wikitext text/x-wiki == 1. Origini del termine "femminismo" e questioni storiografiche == === 1.1 Concetto ed etimologia del termine "femminismo" === Il [[w:Femminismo|femminismo]] è un insieme articolato di idee, teorie, analisi critiche e pratiche, sia individuali che collettive, sviluppatesi nel corso della storia con l'obbiettivo di identificare, denunciare e superare le disuguaglianze e le ingiustizie basate sul [[w:Genere_(scienze_sociali)|genere]]. Si fonda sulla critica alle strutture di potere e alle costruzioni culturali che, storicamente e socialmente, hanno relegato le donne in una posizione di subordinazione rispetto agli uomini. Nel contesto occidentale, i termini “femminismo” e “femminista” sono utilizzati per descrivere sia le teorie che promuovono l'uguaglianza e/o la valorizzazione delle differenze e dell’autonomia delle donne, sia le organizzazioni che si mobilitano per il conseguimento di tali obiettivi, sia i soggetti che si identificano con questi principi e azioni.<ref>{{Cita|Offen|p. 492}}</ref> ==== 1.1.1. Origine e sviluppo del termine ==== Dal punto di vista etimologico, la genesi del termine presenta una progressione [[w:Semantica|semantica]] significativa. Nella lingua inglese, il termine ''feminism'' presente nell'''Appendice'' della revised edition del ''Webster's American Dictionary of the English Language'' del 1841, indica le qualità associate al genere femminile in senso descrittivo e biologico (''the qualities of females''), un significato ripreso anche nell'edizione del 1857 de ''A New English and Italian Pronouncing and Explanatory Dictionary'' di John Millhouse.<ref>{{Cita libro|titolo=Feminism|anno=1841|p=963|opera=Webster's American Dictionary of the English Language (revised edition)|lingua=en|url=https://books.google.it/books?redir_esc=y&hl=it&id=EohAAAAAYAAJ&q=feminism#v=onepage&q=963&f=false}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=John Millhouse, Ferdinando Bracciforti|titolo=New English and Italian pronouncing and explanatory dictionary|anno=1857|editore=J. Millhouse, Trübner|città=London|lingua=en, it|edizione=2}}</ref> [[File:Charles Gallot - Hubertine Auclert, Suffrage des femmes.jpg|miniatura|Hubertine Auclert in un ritratto di Ritratto di Charles Gallot]] A partire dal 1875 il termine viene utilizzato nel linguaggio medico per descrivere la comparsa di [[w:Sesso_(biologia)|caratteri sessuali]] secondari femminili in individui di sesso maschile. In Francia, nella tesi medica di Ferdinand-Valère Fanneau de La Cour, ''Du féminisme et de l’infantilisme chez les tuberculeux'', si riferisce al processo di [[w:Femminilizzazione_(biologia)|femminilizzazione]] osservabile nei corpi di uomini affetti da [[w:Tubercolosi|tubercolosi]].<ref>{{Cita|Fayolle|p. 2}}</ref> Nel 1872 [[w:Alexandre_Dumas_figlio|Alexandre Dumas figlio]] utilizza il termine ''féministes'' in senso dispregiativo nel suo pamphlet ''L’homme-femme: réponse à M. Henri d’Ideville'', riferendosi agli uomini che sostenevano i [[w:Diritti_delle_donne|diritti delle donne]], attribuendo loro una connotazione di scarsa virilità.<ref>{{Cita|Offen|p. 494}}</ref> Dieci anni dopo, nel 1882, [[w:Hubertine_Auclert|Hubertine Auclert]], sostenitrice del [[w:Suffragio_femminile|suffragio femminile]] (1848-1914) e fondatrice nel 1876 della società ''Le droit des femmes'', in una lettera di pretesta inviata al prefetto usa il termine ''féministes'' per indicare "i sostenitori dell'[[w:Emancipazione|emancipazione]] delle donne", tra i quali si annovera. Karen Offen nei suoi studi sull'origine di "''féminism''e" e "''féministe''" evidenzia come, a partire dal 1892, questi termini entrino nell'uso comune in Francia, Svizzera e Belgio, in concomitanza con l'emergere dei [[w:Suffragio_femminile|movimenti suffragisti]], acquistando un significato politico-sociale.<ref>{{Cita|Offen|p. 495}}</ref> Nel contesto italiano, fino agli anni novanta dell'Ottocento ''"''emancipazionismo''"'' risulta essere il termine predominante.<ref name=":2">{{Cita|Willson|p. 212}}</ref> "Femminismo" comincia a diffondersi a partire dal 1896, per poi affermarsi nei primi anni del Novecento, utilizzato da molte delle stesse attiviste per autodefinirsi.<ref>{{Cita|Willson|p. 211}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Emma Scaramuzza|titolo=Di madri, di figlie e di sorelle: amicizia e impegno politico in Lombardia nel “lungo Ottocento”|anno=2010|editore=Franco Angeli|città=Milano|p=88 n.|opera=Politica e Amicizia. Relazioni, conflitti e differenze di genere (1860-1915)}}</ref> Nel 1897 l'articolo di [[w:Anna_Kuliscioff|Anna Kuliscioff]], ''Il feminismo'', pubblicato nella rivista ''[[w:Critica_sociale|Critica sociale]]'', evidenzia come negli ambienti e soprattutto nella stampa socialista, esso sia già diventato motivo di differenziazione politica, in quanto ritenuto un fenomeno "borghese" estraneo alla [[w:Lotta_di_classe|lotta di classe]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Anna Kuliscioff|data=16 giugno 1897|titolo=Il feminismo|rivista=Critica sociale|pp=185-187|url=https://www.bibliotecaginobianco.it/flip/CSO/CSO07-1200}}</ref> La lotta per i diritti civili e politici delle donne, e in particolare la questione della parità salariale e della tutela delle lavoratrici, sono definiti "questione femminile", che potrà essere risolta solo con l'abbattimento del [[w:Capitalismo|capitalismo]].<ref>{{Cita|Willson|pp. 213-215}}</ref> ==== 1.1.2. Il termine come stigma ==== Carolyne Fayolle nel suo studio ''Des corps “monstres”. Historique du stigmate féministe. Rhétoriques antiféministes'', ha sostenuto che la "minaccia della confusione di genere e la sua dimensione patologica" sarebbero al centro della nascita del termine "femminismo", come anche evidenziato dal suo uso in contesto medico. Fin dalla [[w:Rivoluzione_francese|Rivoluzione francese]], nota la studiosa, sarebbero state oggetto di stigma le donne - come [[w:Olympe_de_Gouges|Olympe de Gouges]] - che non si adeguavano ai ruoli di genere socialmente assegnati e coloro che sostenevano i diritti femminili, associati a una condizione di anormalità, "mostro metà uomo e metà donna", o patologicizzati in forme di disturbo fisico o psicologico.<ref>{{Cita|Fayolle|pp. 1-5}}</ref> === 1.2. "Femminismo" ed "emancipazionismo" nella storiografia italiana === Numerose studiose che si sono occupate della storia del primo movimento per i diritti delle donne in Italia hanno distinto i termini "femminismo" ed "emancipazionismo", attribuendo loro significati, valenze e collocazioni storiche differenti.<ref>{{Cita|Willson|pp. 210, 223-224}}</ref> [[w:Franca_Pieroni_Bortolotti|Franca Pieroni Bortolotti]], pioniera della storia delle donne in Italia e attenta al rapporto tra emancipazione femminile e storia politica generale, ai legami tra movimento delle donne e partiti politici, ha operato una distinzione tra l'emancipazionismo ottocentesco, fondato su istanze egualitarie di matrice mazziniana, repubblicana e radicale prima, operaista e socialista poi, e il femminismo del primo Novecento, da lei interpretato come una forma di regressione per l'abbandono delle rivendicazioni paritarie.<ref>{{Cita libro|autore=Franca Pieroni Bortolotti|titolo=Alle origini del movimento femminile in Italia, 1848-1892|anno=1975|editore=Einaudi|città=Torino|pp=17-18}}</ref><ref>{{Cita|Gagliani, pp. 64-65}}</ref> [[w:Annarita_Buttafuoco|Annarita Buttafuoco]], concentrata maggiormente sulla storia interna delle associazioni femminili, sui loro rapporti, sull'autonomia organizzativa e sui progetti politici, ha invece evidenziato la portata innovativa della nascita di un vero e proprio movimento delle donne, visibile e strutturato nel contesto politico italiano. A differenza di Pieroni Bortolotti, non ha letto in chiave involutiva il passaggio tra Ottocento e Novecento, sottolineando piuttosto una cesura significativa nei momenti bellici, in particolare con la guerra di Libia e la prima guerra mondiale.<ref>{{Cita|Gagliani, p. 65}}</ref> Quanto alla terminologia, Buttafuoco ha tuttavia preferito il termine “emancipazionismo” per designare il movimento a cavallo dei due secoli, riservando "femminismo" a quello maturato negli anni settanta del Novecento.<ref>{{Cita|Willson|p. 218}}</ref> [[File:Franca Pieroni Bortolotti.png|sinistra|miniatura|Franca Pieroni Bortolotti, pioniera degli studi sul primo femminismo in Italia]] Perry Willson ha osservato come questa "confusione terminologica" che connota la [[w:Storiografia|storiografia]] italiana si accompagni spesso ad un giudizio di valore negativo nei confronti del movimento delle donne dell'età liberale, definito prevalentemente con il termine "emancipazionismo" o "associazionismo femminile", anche se "femminismo" era un termine già in voga all'inizio del Novecento, come testimoniano autorevoli fonti dell'epoca. Ricorda ad esempio come [[w:Carmela_Baricelli|Carmela Baricelli]], direttrice de ''L'Alleanza,'' uno dei settimanali più radicali del periodo, nel 1908 definisse il suo giornale "femminile e femminista", così come l'Unione femminile chiamasse il proprio "femminismo pratico" e le cattoliche "femminismo cristiano".<ref>{{Cita|Willson|pp. 212-213}}</ref> Secondo Willson, la reticenza nell’uso del termine ''femminismo'' per il periodo prebellico si spiega con la sua progressiva impopolarità nella storia italiana: osteggiato dal [[w:Fascismo|fascismo]] - che però nella fase iniziale vide l’adesione di numerose militanti del movimento - il femminismo fu stigmatizzato anche dalla sinistra, sia nei primi decenni del Novecento che nel [[w:Secondo_dopoguerra_in_Italia|secondo dopoguerra]], come "femminismo borghese". Nel periodo del [[w:Femminismo_in_Italia|neofemminismo degli anni settanta]], le nuove generazioni di donne contrapposero il termine "liberazione" a quello di "emancipazione", associato alle organizzazioni femminili di massa del dopoguerra, come l'[[w:Unione_donne_in_Italia|UDI]] e [[w:Centro_italiano_femminile|il CiF]], da cui intendevano prendere le distanze.<ref>{{Cita|Willson|pp. 216-217, 221}}</ref> Willson segnala tuttavia come nel corso del secondo decennio del XXI secolo si sia registrata una crescente preferenza, da parte della storiografia, per il termine "femminismo", in particolare negli studi sul movimento delle donne durante la [[w:Prima_guerra_mondiale|prima guerra mondiale]] e in relazione a contesti internazionali. La questione terminologica, tuttavia, rimane a suo parere una questione aperta e oggetto di riflessione nel dibattito storiografico italiano.<ref>{{Cita|Willson|pp. 221-228}}</ref> == 2. Premesse storiche del femminismo: dalla ''Querelle des femmes'' all’età dei Lumi == === 2.1. La ''querelle des femmes'' === La consapevolezza delle asimmetrie di potere tra donne e uomini e la messa in discussione della cultura patriarcale si manifestarono in forme diverse e con livelli variabili di articolazione ben prima dell’emergere del femminismo come movimento politico strutturato nel XIX secolo e della stessa coniazione del termine “femminismo”. Uno dei primi ambiti in cui si sviluppò una riflessione sistematica sulla condizione femminile fu la cosiddetta ''[[w:Querelle_des_femmes|Querelle des femmes]]'' (lett.: ''disputa sulle donne''), una lunga controversia culturale che attraversò l’Europa tra la fine del XIV e il XVIII secolo. In questo contesto, intellettuali di entrambi i sessi si confrontarono in un dibattito che anticipò molti temi ripresi in seguito dal pensiero femminista moderno, come l’eguaglianza dei sessi, il diritto all’istruzione, la critica degli stereotipi misogini e la valorizzazione dell’esperienza storica femminile.[[Immagine:Meister der 'Cité des Dames' 002.jpg|350px|Le Livre de la Cité des dames|destra]]Una delle prime espressioni compiute di questa disputa si trova nell’opera di [[w:Christine_de_Pisan|Christine de Pisan]], che nella sua ''[[w:La_città_delle_dame|La città delle dame]]'' (1405) immagina una città ideale costruita e abitata da donne illustri del passato. L’autrice costruisce una narrazione alternativa alla tradizione misogina della letteratura medievale, confutando sistematicamente i pregiudizi maschili sulla natura femminile e rivendicando la dignità, l’intelligenza e la capacità morale delle donne.<ref>{{Cita|Kelly|p. 4}}</ref> La ''querelle'' diede luogo a una vasta produzione letteraria e filosofica, articolata in due principali filoni: da un lato, gli scritti [[w:misoginia|misogini]], che reiteravano la rappresentazione della donna come essere inferiore, irrazionale e pericoloso; dall’altro, gli scritti “in difesa delle donne” (''pro femina''), che ne esaltavano le virtù, ne difendevano le capacità intellettuali e morali, e ne rivendicavano la piena umanità.<ref>{{Cita|Kelly|p. 6}}</ref> Nel corpus misogino, ricorrevano argomentazioni che riflettevano i principali stereotipi culturali dell’epoca: la [[w:Lussuria|lussuria]], contrapposta all’ideale della castità femminile; il desiderio di potere, visto come trasgressione dei ruoli sociali prescritti; la condanna della parola femminile, vista come perniciosa loquacità o strumento di [[w:Seduzione|seduzione]], con riferimenti al mito di [[w:Eva|Eva]]; il corpo, considerato strumento di seduzione e vanità; e infine la conoscenza, bollata come indice di superbia e disordine quando perseguita dalle donne.<ref>{{Cita libro|autore=Margaret L. King, Albert Rabil|titolo=The other Voice in Early Modern Europe: Introduction to the series|anno=2005|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|cid=|OCLC=|lingua=en|pp=xxiv-xxix|curatore=Rebecca Messbarger, Paula Findlen|opera=The contest for knowledge : debates over women's learning in Eighteenth-century Italy}}</ref> Durante il [[w:Rinascimento|Rinascimento]], alle donne colte veniva spesso attribuito lo status di ''[[w:virago|virago]]'', termine che designava eccezioni alla presunta inferiorità del sesso femminile. Tali eccezioni, paradossalmente, servivano a confermare la regola: le qualità intellettuali erano ammesse solo in quanto considerate “maschili” e quindi incompatibili con la femminilità “naturale”.<ref>{{Cita|Kelly|p. 8}}</ref> ==== 2.1.1. Contributi delle autrici italiane tra XVI e XVII secolo ==== Tra XVI e XVII secolo, il dibattito sulla condizione femminile conobbe in Italia un notevole sviluppo grazie al contributo di intellettuali che elaborarono risposte articolate alla tradizione misogina. [[w:Lucrezia_Marinella|Lucrezia Marinella]] con ''La nobiltà et l'eccellenza delle donne'' (1600), [[w:Moderata_Fonte|Moderata Fonte]] con ''Il merito delle donne'' (1600) e [[w:Arcangela_Tarabotti|Arcangela Tarabotti]] con ''Che le donne siano della spetie degli'' ''huomini"'' (1651), intervennero nel dibattito per affermare le capacità intellettuali, la dignità morale e la piena umanità delle donne.<ref>{{Cita|Messbarger|pp. 2-7}}</ref><ref>{{Cita libro|cognome=|nome=|curatore=|titolo=Encyclopedia of Women in the Renaissance: Italy, France, and England|editore=ABC-CLIO|anno=2007|isbn=|pagina=|autore=Diana Maury Robin|p=|ISBN=9781851097722|lingua=en|pp=213-216}}</ref> Queste autrici operavano spesso da posizioni di marginalità culturale e sociale, come nel caso Tarabotti che scriveva dal convento in cui era stata forzatamente rinchiusa. Tale condizione di isolamento rese i loro scritti particolarmente significativi, trasformando i luoghi di reclusione in spazi di riflessione e produzione intellettuale.<ref name=":1">{{Cita|Messbarger|p. 7}}</ref><ref>{{Cita libro|cognome=|nome=|curatore=Meredith Kennedy Ray, Lynn Lara Westwater|titolo=Introduzione|autore=Gabriella Zarri|editore=Rosenberg & Sellier|anno=2005|luogo=|isbn=|capitolo=Introduzione|città=Torino|autore2=Arcangela Tarabotti|opera=Lettere familiari e di complimento|ISBN=9788870118988}}</ref> La storica Margaret King ha definito questo contesto come una ''"cella foderata di libri''" ("''book-lined cell''"), evidenziando come queste donne fossero capaci di sovvertire i limiti imposti, trasformando la clausura in una forma alternativa di autorità intellettuale.<ref>{{Cita libro|autore=Margaret L. King|titolo=Book-Lined Cells: Women and Humanism in the Early Italian Renaissance|anno=1988|editore=University of Pennsylvania Press|città=Philadelphia|pp=434-454|opera=Renaissance Humanism, Volume 1: Foundations, Forms, and Legacy|curatore=Albert Rabil Jr.|lingua=en}}</ref> === 2.2. Illuminismo e diritti delle donne === [[File:Olympe gouges.jpg|sinistra|miniatura|Esecuzione di [[w:Olympe_de_Gouges|Olympe de Gouges]].]] Nel XVIII secolo l'affermazione dell'[[w:Illuminismo|Illuminismo]] e dei suoi ideali di ragione, uguaglianza e diritti naturali, offrì un terreno fertile per nuove rivendicazioni femminili. L'enfasi illuminista sulla razionalità e sull'universalità dei diritti fornì inedite basi teoriche per contestare la subordinazione femminile. Tuttavia l'applicazione concreta di questi principi restò contraddittoria: molti pensatori illuministi, pur proclamando l'uguaglianza, continuarono a sostenere l'inferiorità del sesso femminile, spesso appellandosi alla natura "emotiva" femminile, e negarono alle donne pari accesso all'educazione, alla cittadinanza e ai diritti politici.<ref>{{Cita web|autore=Tiziana Bernardi|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/le-donne-nella-societa-dei-lumi_(Storia-della-civilt%C3%A0-europea-a-cura-di-Umberto-Eco)/|titolo=Le donne nella società dei Lumi|accesso=5 maggio 2025|volume=Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco (2014)}}</ref> Un esempio emblematico di questa ambiguità è rappresentato da [[w:Jean-Jacques Rousseau|Jean-Jacques Rousseau]] che nel suo ''[[w:Emilio_o_dell'educazione|Émile]]'' (1762), pur proponendo innovazioni pedagogiche, affermò che l'educazione femminile dovesse essere finalizzata alla subordinazione domestica, preparando le donne a essere compagne e madri, non soggetti autonomi. Durante la [[w:Rivoluzione_francese|Rivoluzione francese]] [[w:Olympe de Gouges|Olympe de Gouges]] redasse la ''[[w:Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina|Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne]]'' (1791), nella quale rivendicò l'estensione dei diritti civili e politici alle donne. Tuttavia, la [[w:Convenzione_nazionale|Convenzione]] rigettò le sue proposte nell'aprile 1793, negando alle donne lo status di cittadine.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Joan Wallach Scott|anno=1989|titolo=French Feminists and the Rights of 'Man': Olympe de Gouges's Declarations|rivista=History Workshop|volume=28|pp=1-21|lingua=inglese|url=https://www.jstor.org/stable/4288921}}</ref> Nonostante le resistenze alcune intellettuali svilupparono una critica radicale alla discriminazione di genere. [[w:Mary Wollstonecraft|Mary Wollstonecraft]], nella ''[[w:Rivendicazione dei diritti della donna|Vindication of the Rights of Woman]]'' (1792), offrì una delle prime e più radicali difese dell'uguaglianza intellettuale tra i sessi e rivendicò l'importanza dell'educazione come strumento di emancipazione femminile.<ref name=":0">{{Cita libro|autore=Karen M. Offen|titolo=European feminisms, 1700-1950 : a political history|anno=2000|editore=Stanford University Press, Stanford, CA, ©2000|lingua=inglese|OCLC=43167893}}</ref> === 2.3. Il dibattito sull'istruzione femminile === [[File:Elena Piscopia portrait.jpg|miniatura|[[w:Elena Lucrezia Corner|Elena Cornaro Piscopia]]]] In Italia il dibattito sull'istruzione femminile registrò posizioni diversificate. Mentre nel 1723 [[w:Giovanni_Antonio_Volpi|Giovanni Antonio Volpi]] si espresse contro l'ammissione delle donne nell'[[w:Accademia_galileiana_di_scienze,_lettere_ed_arti|Accademia dei Ricovrati di Padova]], Giovanni Niccolò Bandiera, nel suo ''Trattato degli studi delle donne'' (1740), sostenne l'uguaglianza spirituale tra i sessi. Rispetto alla Francia e alla Gran Bretagna, l'Italia offrì in alcuni contesti maggiori spazi di riconoscimento alle donne colte: le accademie letterarie come l'[[w:Accademia_dell'Arcadia|Arcadia]], ammisero diverse donne tra i propri membri e ne favorirono la partecipazione al dibattito intellettuale. [[w:Madame de Staël|Germaine de Staël]], nel suo romanzo ''[[w:Corinne_ou_l'Italie|Corinne ou l'Italie]]'' (1807), celebrò la poetessa arcadica [[w:Maria_Maddalena_Morelli|Corilla Olimpica]] come emblema di un'Italia femminile e colta.<ref>{{Cita|Green|pp. 90-91}}</ref> In ambito accademico si registrarono esempi di eccellenza femminile: nel 1678 [[w:Elena Lucrezia Corner|Elena Cornaro Piscopia]] fu la prima donna conseguì una laurea presso l'Università di Padova, considerata la prima laurea al mondo attribuita ad una donna. Pochi decenni più tardi, nel 1732, [[w:Laura Bassi|Laura Bassi]] divenne docente di [[w:Fisica_classica|fisica newtoniana]] presso l'Università di Bologna.<ref>{{Cita|Green|p. 91}}</ref> Accanto alla presenza femminile nelle accademie, i [[w:Salotto_letterario|salotti letterari]] si affermarono come spazi fondamentali per la circolazione delle idee illuministe e per l'affermazione di una cultura femminile. In questi ambienti le donne partecipavano attivamente a discussioni filosofiche, scientifiche e letterarie, contribuendo alla formazione di un'opinione pubblica più ampia. === 2.4. Pioniere del giornalismo femminile === Negli ultimi decenni del Settecento nacquero in Italia i primi periodici rivolti al pubblico femminile o redatti da donne, come ''[[w:Il Giornale delle dame e delle mode di Francia|Il Giornale delle dame e delle mode di Francia]]'' pubblicato a Milano dal 1786 al 1794 e il quindicinale ''La donna galante ed erudita'' (1786-1788), stampato a Venezia sotto la direzione di Gioseffa Cornoldi.<ref>{{Cita libro|autore=Gioseffa Cornoldi Caminer|titolo=« La donna galante ed erudita ». Giornale dedicato al bel sesso|anno=1983|editore=Marsilio|città=Venezia|curatore=Cesare De Michelis}}</ref> Figura centrale fu [[w:Elisabetta Caminer|Elisabetta Caminer]] che intraprese la carriera di editrice, diventando una delle prime donne a dirigere una rivista in Italia. Dopo una prima fase di collaborazione con il padre, assunse la direzione autonoma del ''Giornale Enciclopedico'' (1773), considerato uno dei periodici più innovativi e aggiornati della cultura settecentesca.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Cesare De Michelis|titolo=Caminer, Elisabetta|rivista=Dizionario Biografico degli Italiani|editore=Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani|volume=17|lingua=|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/elisabetta-caminer_(Dizionario-Biografico)/}}</ref> [[File:Eleonora_Fonseca_Pimentel.jpg|miniatura|184x184px|Ritratto immaginario di Eleonora de Fonseca Pimentel]] === 2.5. La Repubblica napoletana del 1799 e il protagonismo femminile === L’esperienza della [[w:Repubblica Napoletana (1799)|Repubblica Napoletana]] del 1799, ispirata ai principi dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese, vide la partecipazione attiva di diverse figure femminili. La più nota fu [[w:Eleonora de Fonseca Pimentel|Eleonora de Fonseca Pimentel]], giornalista e intellettuale, che utilizzò il ''Monitore Napoletano'' per promuovere i valori repubblicani di libertà e uguaglianza.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Annarita Buttafuoco|anno=1977|titolo=Eleonora Fonseca Pimentel: una donna nella Rivoluzione|rivista=DWF|numero=3|pp=51-92}}</ref> La sua impiccagione nella piazza del mercato di Napoli il 20 agosto 1799, insieme ad altri rivoluzionari, segnò la fine della breve esperienza repubblicana e rappresentò uno dei momenti più simbolici del coinvolgimento politico femminile nell’età delle rivoluzioni.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Maria Rosaria Pelizzari|anno=2008|titolo=Eleonora de Fonseca Pimentel: morire per la rivoluzione|rivista=Storia delle donne: concepire, generare, nascere|editore=Firenze University Press|volume=|numero=4|pp=103-121|lingua=|url=https://oaj.fupress.net/index.php/sdd/article/download/2465/2465/2441}}</ref> Nonostante i limiti sociali e l’esclusione politica, queste figure incarnarono un nuovo protagonismo femminile nello spazio pubblico, anticipando molte delle tematiche e delle forme di partecipazione che sarebbero diventate centrali nel lungo Ottocento e nei movimenti risorgimentali. ==Note== <references/> == Bibliografia == * {{Cita pubblicazione|autore=Caroline Fayolle|anno=2018|titolo=Des corps « monstres ». Historique du stigmate féministe|rivista=Glad! Revue sur le langage, le genre, les sexualités|numero=4|pp=1-5|lingua=fr|doi=10.4000/glad.1034|cid=Fayolle}} * {{Cita libro|autore=Dianella Gagliani|titolo=Itinerari della ricerca storica. Questioni di cittadinanza e di politica|anno=2001|editore=Jouvence|città=Roma|pp=55-76|opera=Annarita Buttafuoco. Ritratto di una storica|curatore=Anna Rossi-Doria|cid=Gagliani}} * {{Cita libro|autore=Karen Green|titolo=A History of Women’s Political Thought in Europe, 1700–1800|anno=2014|editore=Cambridge University Press|città=Cambridge|lingua=en|OCLC=917154498|cid=Green}} * {{Cita pubblicazione|autore=Joan Kelly|anno=1982|titolo=Early Feminist Theory and the "Querelle des Femmes", 1400-1789|rivista=The University of Chicago Press|volume=8|numero=1|pp=4-28|lingua=en|cid=Kelly}} * {{Cita libro|autore=Rebecca Messbarger|titolo=The Italian Enlightenment Reform of the Querelle des Femmes|anno=2005|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|cid=Messbarger|OCLC=55887354|lingua=en|pp=1-22|curatore=Rebecca Messbarger, Paula Findlen|opera=The contest for knowledge : debates over women's learning in Eighteenth-century Italy}} * {{Cita pubblicazione|autore=Karen Offen|anno=1987|titolo=Sur l'origine des mots "féminisme" et "féministe"|rivista=Revue d'histoire moderne et contemporaine|volume=34|numero=3|pp=492-496|lingua=fr|cid=Offen}} * {{Cita pubblicazione|autore=Perry Willson|anno=2019|titolo=Confusione terminologica: "femminismo” ed “emancipazionismo” nell’Italia liberale|rivista=Italia Contemporanea|editore=|numero=290|pp=209-229|cid=Willson}} 0om25yxwla7kgay1x202f4n0q8uii88 Utente:Natalea02/Sandbox 2 57558 477339 476748 2025-06-04T16:51:07Z Natalea02 52631 Ho inserito il modulo del progetto Moodle di cui mi sto occupando 477339 wikitext text/x-wiki '''Mi chiamo Antonella e sono una studentessa del secondo anno di e-learning and media education''' Attualmente mi sto occupando della stesura del progetto testuale del primo modulo del corso Moodle. 86ekk4i5ddl9jode7y2xqp31kom0xqj Storia del femminismo italiano/3. Il Risorgimento: partecipazione femminile e questioni di cittadinanza 0 57611 477367 477223 2025-06-05T10:22:35Z LorManLor 24993 Note 477367 wikitext text/x-wiki {{Storia del femminismo italiano}} {{Storia del femminismo italiano 1}} == 3. Il Risorgimento: partecipazione femminile e questioni di cittadinanza == === 3.1. Le donne nel contesto della mobilitazione risorgimentale === Sebbene la storiografia tradizionale si sia concentrata prevalentemente sulle figure maschili, durante il periodo risorgimentale molte donne svolsero un ruolo attivo nella vita politica, culturale e sociale del tempo, contribuendo in vario modo al processo di costruzione nazionale.<ref>{{Cita web|autore=Nadia Filippini|url=https://ilmanifesto.it/archivio/2003193546|titolo=Nuove genealogie per il Risorgimento|accesso=28 maggio 2025|data=11 febbraio 2012}}</ref> Nei salotti e nei circoli intellettuali, spesso frequentati da esponenti dell’aristocrazia e dell’alta borghesia, alcune donne influenti - come la contessa bergamasca [[:w:Clara Maffei|Clara Maffei]] e la fiorentina [[:w:Amelia Sarteschi Calani Carletti|Amelia Sarteschi Calani Carletti]] - favorirono la diffusione delle idee patriottiche e liberali, la circolazione clandestina di pubblicazioni proibite, la discussione politica e la creazione di reti di relazioni tra patrioti.<ref>{{Cita web|autore=Amedeo Benedetti|url=https://www.enciclopedialunigianese.it/biografie/calani-amelia/|titolo=Sarteschi Calani Carletti, Amelia|accesso=5 maggio 2025|data=13 maggio 2018}}</ref> Molte donne offrirono un supporto logistico e finanziario, o presero parte direttamente alle attività cospirative, come accadde con le aderenti alla [[:w:Società delle Giardiniere|Società delle Giardiniere]], affiliate alla [[w:Carboneria|Carboneria]], tra le quali vi furono la pittrice [[:w:Bianca Milesi |Bianca Milesi Mojon]] e [[:w:Teresa Casati |Teresa Casati Confalonieri]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Cilloni, Giulia|anno=2013|titolo=La partecipazione delle donne al movimento cospiratorio risorgimentale|rivista=Kwartalnik Neofilologiczny|volume=60|numero=2|pp=225-237|lingua=|url=http://cejsh.icm.edu.pl/cejsh/element/bwmeta1.element.ojs-issn-0023-5911-year-2013-issue-2-article-bff516b5-c8dc-321c-b531-a4ff73f933ae}}</ref>[[File:Francesco Hayez - Cristina Trivulzio Belgiojoso.jpg|thumb|150px|Ritratto di ''Cristina Trivulzio di Belgiojoso.'' di [https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco%20Hayez Francesco Hayez], 1832, Collezione privata, Firenze]]Un altro ambito di partecipazione femminile fu quello della scrittura e del giornalismo. [[:w:Giuseppina Turrisi Colonna|Giuseppina Turrisi Colonna]], poetessa palermitana, utilizzò la poesia come strumento di espressione politica.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Chiara Natoli|anno=2023|titolo=Giuseppina Turrisi Colonna (Palermo 1822 - Palermo 1848)|rivista=Atlante|volume=18|lingua=|url=https://journals.openedition.org/atlante/29383}}</ref> [[:w:Cristina Trivulzio Belgiojoso|Cristina Trivulzio Belgiojoso]] (1808-1871), figura di primo piano del movimento risorgimentale, partecipò attivamente ai moti del 1848, organizzò ospedali da campo, e fondò e diresse testate giornalistiche come la ''[[w:Gazzetta_Italiana|Gazzetta Italiana]]'' e ''Ausonio''.<ref>{{Cita libro|autore=Silvia Cavicchioli|titolo=Donne e politica nel 1848 italiano, tra partecipazione, cittadinanza e nazione|anno=2019|editore=Accademia University Press|pp=62-76|capitolo=|OCLC=1142951344|url=https://boa.unimib.it/retrieve/e39773b6-55d2-35a3-e053-3a05fe0aac26/Forme%20e%20metamorfosi%20della%20rappresentanza%20politica.pdf|curatore=Pietro Adamo, Antonio Chiavistelli, Paolo Soddu|opera=Forme e metamorfosi della rappresentanza politica: 1848 1948 1968}}</ref> === 3.2. La presenza femminile nei moti del 1848 === Durante i [[w:Moti_del_1848|moti rivoluzionari del 1848]], la partecipazione femminile assunse forme sempre più visibili e dirette. In molte città italiane le donne presero parte a manifestazioni, insurrezioni, proteste e attività di soccorso ai combattenti, offrendo assistenza ai feriti, ospitando patrioti e contribuendo logisticamente alle operazioni militari. Alcune parteciparono attivamente agli scontri armati: Cristina Trivulzio di Belgiojoso, che a Napoli reclutò più di 150 volontari e noleggiò un vapore a sue spese per raggiungere Milano appena insorta, si trovò a coordinare un battaglione di volontari lombardi durante la difesa di Roma; si ha inoltre notizia di donne che, travestite da uomini, combatterono sulle barricate, come accadde a Milano e Venezia.<ref name=":0">{{Cita libro|cognome=Banti|nome=Alberto Mario|titolo=Il Risorgimento italiano|editore=Laterza|anno=2004|ISBN=9788842071747|Pagina=|p=95}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Laura Guidi|anno=2000|titolo=Patriottismo femminile e travestimenti sulla scena risorgimentale|rivista=Studi storici|volume=41|numero=2|pp=571-587}}</ref> Nel discorso pubblico e nella stampa risorgimentale, le donne vennero spesso rappresentate come custodi di un nuovo ordine morale, elevandole a garanti della coesione nazionale e del sentimento patriottico. Questa idealizzazione rafforzava tuttavia la tradizionale dicotomia tra sfera pubblica maschile e sfera privata femminile, relegando le donne a ruoli di madri e mogli virtuose, educatrici e muse ispiratrici.<ref>{{Cita|Cavicchioli|pp. 64}}</ref> In varie località, tuttavia, le donne manifestarono la volontà di superare i limiti imposti dai ruoli di genere, chiedendo un coinvolgimento più diretto nella lotta armata. A Venezia, durante l’insurrezione contro gli austriaci del 1848, Elisabetta Michiel Giustinian, Antonietta Dal Cerè e Teresel Moscon, anche a nome di altre patriote, richiesero formalmente al comandante della Guardia Civica di poter costituire un battaglione femminile. L’obiettivo era condividere con i loro padri, mariti e fratelli i rischi e l’onore della difesa nazionale<ref>{{Cita libro|cognome=Casalini|nome=Brunella|titolo=Donne, nazione e cittadinanza. Il dibattito sull’emancipazione femminile nell’Italia dell’Ottocento|editore=Carocci|anno=2001|ISBN=9788843018230|Pagina=41}}</ref>. In varie località, tuttavia, le donne manifestarono il desiderio di un coinvolgimento più diretto, mettendo in discussione i ruoli di genere codificati. A Venezia, durante l’insurrezione contro gli austriaci del 1848, Elisabetta Michiel Giustinian, Antonietta Dal Cerè e Teresel Moscon, anche a nome di altre patriote, richiesero formalmente al comandante della Guardia Civica di poter costituire un battaglione femminile, per poter condividere con i loro padri, mariti e fratelli i pericoli e l'onore della lotta per l'indipendenza nazionale.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 115}}</ref><ref>{{Cita|Zazzeri|pp. 166}}</ref> Le autorità risposero con ironia o con atteggiamenti paternalistici, autorizzando solo attività ausiliarie come la cura dei feriti o la preparazione di cartucce. Le donne armate erano viste come una minaccia all’ordine sociale e al modello di cittadinanza vigente.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 118}}</ref><ref name=":0" /> In questo contesto nacque a Venezia uno dei pochi periodici femminili del 1848, ''Il Circolo delle Donne Italiane'', in cui si affermava l’importanza del ruolo femminile nella guerra e si collegava la partecipazione patriottica alla richiesta di piena cittadinanza. Nell'articolo di apertura del primo numero, Adele Cortesi rivendicò l’emancipazione femminile, con le stesse motivazioni presenti nel testo ''La causa delle donne'', scritto durante la [[w:Repubblica_di_Venezia|Repubblica del 1797]] da un'anonima "cittadina".<ref>{{Cita|Filippini|pp. 121}}</ref> Anche a Roma, il periodico di impronta politico-pedagogica ''La donna italiana'' (aprile-novembre 1848), diretto da Cesare Bordiga, rappresentò un significativo tentativo di costruzione di uno spazio pubblico femminile. L'educazione femminile fu una tema ricorrente, con interventi che auspicavano un "giusto mezzo" per liberare le donne dall'ignoranza e dalla schiavitù familiare, pur mantenendo in qualche modo l'orizzonte delle "domestiche cure". <ref>{{Cita pubblicazione|autore=Rosanna de Longis|anno=2002|titolo=“La donna italiana”. Un giornale del 1848|rivista=Genesis|volume=1|numero=1|pp=261-266}}</ref> Ampio spazio venne dedicato alla cronaca delle azioni patriottiche compiute dalle donne, con resoconti di voci provenienti da tutta Italia, come la cronaca della partecipazione femminile alle [[w:Cinque_giornate_di_Milano|cinque giornate di Milano]]. Autrici romane e non contribuirono al giornale con appelli, articoli, rassegne e componimenti poetici. <ref>{{Cita pubblicazione|autore=Chiara Licameli|anno=2018|titolo=Voci di donne per una Italia Unita: «La donna Italiana: giornale politico-letterario»|rivista=Altrelettere|numero=7|pp=1-23|doi=0.5903/al_uzh-37}}</ref> In altre regioni alcune donne pubblicarono corrispondenze su giornali liberal-nazionali come ''[[w:Il_Risorgimento_(Torino)|Il Risorgimento]]'' di Torino e ''Il Nazionale'' di Napoli (1848), offrendo un punta di vista femminile sugli eventi politici e sociali dell’epoca.<ref>{{Cita|Soldani 2007|p. 219}}</ref> ==== 3.2.1. Le dinamiche nel Meridione ==== Nel Mezzogiorno la partecipazione delle donne al processo risorgimentale assunse tratti peculiari, legati alla complessa realtà politica del Regno delle Due Sicilie e all’intreccio tra legittimismo borbonico, moti costituzionali e aspirazioni indipendentiste.<ref name=":1">{{Cita libro|titolo=Il Risorgimento invisibile. Patriote del mezzogiorno d'Italia|anno=2011|editore=Edizioni del Comune di Napoli|città=Napoli|url=http://www.fedoa.unina.it/8452/1/PATRIOTE_DEL_MEZZOGIORNO_%28web%29.pdf|curatore=Laura Guidi, Angela Russo, Marcella Varriale}}</ref> L’apporto delle donne meridionali alla causa nazionale si manifestò sia attraverso la partecipazione attiva alle insurrezioni e alla propaganda patriottica, sia mediante una intensa attività assistenziale, informativa e organizzativa, spesso svolta all’interno delle mura domestiche o di istituzioni religiose, che fungevano da copertura alle iniziative cospirative. Un caso emblematico fu quello di [[w:Enrichetta_Caracciolo|Enrichetta Caracciolo]], badessa napoletana che, pur appartenendo a una famiglia aristocratica legata alla corte borbonica, aderì alle idee liberali e divenne una figura di riferimento dell’ambiente intellettuale napoletano postunitario. La sua opera più nota, ''Misteri del chiostro napoletano'' (1864), sebbene pubblicata dopo l’unificazione, offre una testimonianza importante sul clima culturale e sociale che precedette e accompagnò i moti risorgimentali, evidenziando le tensioni tra vocazione religiosa e costrizione sociale.<ref>{{Cita libro|cognome=Caracciolo|nome=Enrichetta|titolo=Misteri del chiostro napoletano|editore=Giunti|anno=1991|ISBN=88-09-20199-X|p=|città=Firenze}}</ref> A Napoli diverse donne parteciparono attivamente ai salotti liberali, come quello di Francesco Ricciardi, di Laura Beatrice Oliva Mancini, di Guacci Nobile, luoghi di confronto intellettuale e centri di circolazione di idee patriottiche frequentati da artisti, intellettuali ed esponenti della cultura progressista. Qui si formò il ''Circolo delle poetesse Sebezie,'' composto da autrici impegnate a utilizzare la poesia come strumento di educazione civile e politica. Nei loro componimenti patriottici includevano l'esaltazione della donna guerriera e dell’eroismo femminile. Nella primavera 1848, diretto da donne, comparve nella città partenopea il trisettimale ''Un comitato di donne'', uscito fino all'aprile dello stesso anno.<ref name=":1" /> Una figura centrale fu [[:w:Antonietta De Pace|Antonietta De Pace]] (1818-1893), patriota leccese attiva a Napoli, militante mazziniana e membro del Comitato napoletano della [[w:Giovane_Italia|Giovane Italia]]. Dopo aver supportato la spedizione dei Mille si occupò dell'organizzazione dei servizi sanitari per i feriti, dirigendo anche ospedali militari allestiti in città.<ref name=":2">{{Cita web|autore=Jolanda Leccese|url=https://donnarte.wordpress.com/2012/02/08/patriote-del-mezzogiorno-ditalia/|titolo=Patriote del Mezzogiorno d’Italia|accesso=14 maggio 2025|data=8 febbraio 2012}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://donnedinapoli.coopdedalus.org/1309/antonietta-de-pace/|titolo=Antonietta De Pace|accesso=28 maggio 2025}}</ref> A Palermo, la Legione delle Pie Sorelle, fondata nel 1848 da donne appartenenti all’associazionismo democratico, era composta da 1200 consorelle suddivise in dodici centurie, la cui attività si concentrava sul sociale, in particolare sull'educazione popolare e sulla raccolta di fondi per sostenere le vedove, gli orfani, finanziare asili per l'infanzia e una scuola popolare.<ref>{{Cita|Natoli|pp. 5-6}}</ref> Le Pie Sorelle pubblicarono anche un proprio giornale, ''La Legione delle Pie Sorelle'', che, insieme a ''La tribuna delle donne'',<ref>{{Cita|Natoli|pp. 6}}</ref> rese Palermo un centro comparabile al resto d'Italia sul fronte della stampa femminile.<ref>{{Cita|Grimaldi|pp. 23}}</ref> Tra le donne impegnate nel contesto siciliano, [[:w:Rosina Muzio Salvo|Rosina Muzio Salvo]], Concetta Ramondetta Fileti, Laura Li Greci e Cecilia Stazzone erano scrittrici e poetesse che utilizzarono la letteratura come veicolo di educazione morale e patriottica. I loro scritti celebravano le ricorrenze rivoluzionarie, commemoravano i caduti e difendevano la causa siciliana nel contesto del sentimento nazionale italiano.<ref>{{Cita|Natoli|pp. 11}}</ref> Nonostante le difficoltà, alcune si distinsero per il loro "eroico e impavido amore verso la Patria", compiendo atti di coraggio diretto: Santa Astorino sparò il primo colpo contro le truppe borboniche a Palermo il 12 gennaio 1848, [[:w:Rosa Donato|Rosa Donato]] contribuì alla difesa di Messina manovrando un cannoncino, e le donne di Siracusa costruirono un bastione chiamato "Forte delle Dame" in loro onore.<ref>{{Cita|Grimaldi|pp. 65}}</ref> La poetessa [[:w:Giuseppina Turrisi Colonna|Giuseppina Turrisi Colonna]] si distinse per una riflessione moderna sul ruolo delle donne nella società e nelle lettere, mettendo in discussione il primato maschile, e legando l’emancipazione alla crescita della nazione.<ref>{{Cita|Grimaldi|pp. 29-30}}</ref> Dopo l’Unità, alcune patriote come Antonietta De Pace e Giulia Caracciolo di Forino si dedicarono a opere di assistenza sociale, promuovendo l’istruzione popolare femminile e iniziative di emancipazione. Giulia Caracciolo fondò un opificio femminile destinato alla formazione professionale e all’indipendenza economica delle giovani indigenti, e sostenne proposte legislative per l’equiparazione giuridica tra i sessi.<ref name=":2" /> === 3.3. Dagli anni cinquanta all'unificazione: il ruolo delle donne nei contesti bellici e politici === Dopo il triennio rivoluzionario (1846–1849), gli anni cinquanta dell'Ottocento furono connotati da un contesto politico meno favorevole all'intervento diretto delle donne. La centralità dell'azione patriottica si spostò dalle mobilitazioni civili alle strategie diplomatiche, governative e parlamentari, ambiti prevalentemente maschili. Anche le insurrezioni popolari che accompagnarono la caduta dei regimi centro-settentrionali furono guidati da strategie politiche che relegarono le donne a ruoli marginali e ausiliari. Nonostante l'esclusione formale, molte donne continuarono a contribuire attivamente alla causa nazionale in diverse forme: partecipando ad attività cospirative e a organizzazioni politiche e insurrezionali, raccogliendo fondi, mettendo in atto gesti simbolici individuali, promovendo iniziative educative rivolte alla formazione delle "future italiane".<ref>{{Cita libro|autore=Simonetta Soldani|titolo=Educarsi, educare. Le «donne della nazione» dopo il Quarantotto|anno=2021|editore=Scripta edizioni|pp=498-500|opera=Pensare gli italiani 1849-1890. I. 1849-1859|curatore=Mario Allegri}}</ref>[[File:Monumento_alle_donne_di_Castiglione_delle_stiviere.JPG|miniatura|Castiglione delle Stiviere, monumento alle donne eroiche che soccorsero i feriti della battaglia di Solferino.]]A Venezia, dopo la caduta della [[w:Repubblica_di_San_Marco|Repubblica]] avvenuta nell'agosto 1849, alcune donne parteciparono alla riorganizzazione del movimento liberale, nonostante la dura repressione austriaca. Marianna Catterinetti Franco Fontana svolse un'importante ruolo di collegamento con i patrioti milanesi, attraverso il cognato, amico di [[w:Clara_Maffei|Clara Maffei]]; nel 1851 venne arrestata e condotta in prigione prima a Verona, poi a Venezia. [[w:Erminia_Fuà_Fusinato|Erminia Fuà Fusinato]] affiancò il marito e il cognato nell'attività insurrezionale, scelta che la condusse all'esilio fiorentino negli anni sessanta. Altre donne manifestarono il loro dissenso contro gli austriaci in modo simbolico, ostentando abiti a lutto, o al contrario, accessori che richiamavano il tricolore, disertando i teatri e celebrando le ricorrenze patriottiche.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 125-126}}</ref> Durante la [[w:Seconda_guerra_d'indipendenza_italiana|seconda guerra d'indipendenza]], che si concluse con la sconfitta dell'Austria e l'acquisizione della Lombardia da parte del re di Sardegna, l'impegno di figure come Serafina Donadei, Maddalena Donadoni Giudici, Adeodata Friggeri e delle donne di [[w:Monumento_alle_donne_eroiche|Castiglione delle Stiviere]], che si dedicarono a soccorrere i combattenti, fu particolarmente ricordato dopo l'episodio cruciale della [[w:Battaglia_di_Solferino_e_San_Martino|battaglia di Solferino e San Martino]] (1859).<ref>{{Cita|Soldani 2007|p. 216}}</ref> Il loro operato pose le basi per la creazione della [[w:Movimento_Internazionale_della_Croce_Rossa_e_della_Mezzaluna_Rossa|Croce Rossa Internazionale]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Elisa Zanola|anno=2016|titolo=Donne sui campi di battaglia: le vivandiere|rivista=Bollettino Società di Soferino e San Martino|numero=9|p=24|url=https://www.solferinoesanmartino.it/wp-content/uploads/pdfs/it/bollettinisociali/9_2016.pdf}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://cri.it/cosa-facciamo/principi-e-valori-umanitari/storia-croce-rossa/|titolo=Storia della Croce Rossa|accesso=8 maggio 2025}}</ref> ==== 3.3.1. La Spedizione dei Mille ==== In Lombardia Felicita Bevilacqua promosse con altre donne una sottoscrizione nazionale a sostegno dell'[[w:Spedizione_dei_Mille|impresa dei Mille]], mentre altre patriote fecero da tramite tra le diverse organizzazioni o inviarono appelli al re o a Garibaldi.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 128-130}}</ref> Nel maggio 1860 [[w:Rosalia_Montmasson|Rosalia Montmasson]] partecipò alla Spedizione, nonostante l'opposizione del compagno [[w:Francesco_Crispi|Francesco Crispi]]. Durante la campagna prestò soccorso ai feriti e nei momenti più critici, imbracciò le armi, guadagnandosi il soprannome di "Angelo dei Mille" ed "Eroina di Catalafimi". In Sicilia, si unirono all'impresa anche le patriote Antonia Masanello, la romana nota come "Marzia", la palermitana "Lia" e l'anglo-italiana [[w:Jessie_White-Mario|Jessie White-Mario]].​<ref>{{Cita web|url=https://www.difesa.it/area-storica-html/pilloledistoria/rose-montmasson-una-patriota-che-combatte-per-lunita-ditalia/34935.html|titolo=Rose Montmasson, una patriota che combatté per l’Unità d’Italia|accesso=1 maggio 2025}}</ref> [[File:Convocazione_plebiscito_1866_Treviso.jpg|miniatura|Comune di Treviso - convocazione del plebiscito di annessione del Veneto al regno d'Italia del 21-22 ottobre 1866]] === 3.4. Le rivendicazioni di inclusione politica: il dibattito sull'esclusione dai plebisciti === Nel giugno del 1866 [[w:Terza_guerra_d'indipendenza_italiana|il neonato Regno d'Italia dichiarò guerra all'Impero austriaco]], con l'obiettivo di completare l'unificazione nazionale. Le province venete furono oggetto di dura repressione da parte austriaca; in risposta molte patriote si prepararono all'impegno nelle fila garibaldine e assunsero ruoli di rilievo all'interno delle organizzazioni politiche. Dopo la firma del [[w:Trattato_di_Vienna_(1866)|trattato di pace]], la fine della sovranità austriaca fu salutata da manifestazioni di giubilo popolare. La contessa Montalban Comello fu la prima ad esporre dal balcone del proprio palazzo la bandiera tricolore italiana.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 132-133}}</ref> Nonostante l'attiva partecipazione femminile al processo risorgimentale, il [[w:Plebiscito_del_Veneto_del_1866|plebiscito per l’annessione del Veneto]] al Regno d’Italia ammise al voto solo i cittadini di sesso maschile. Le patriote venete protestarono indirizzando al re [[w:Vittorio_Emanuele_II_di_Savoia|Vittorio Emanuele II]] un documento intitolato ''Voto Femminile'', in cui lamentarono l'esclusione da un momento politico fondamentale, al quale avevano contribuito in modo determinante.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 135-136}}</ref> Anche in altre città italiane le cronache riportarono episodi di protesta da parte di donne contro l'esclusione dal voto. In alcuni casi si concesse loro di depositare simbolicamente schede apocrife in urne separate, come testimonianza della loro convinta adesione al processo di costruzione del nuovo ordine nazionale. Un'eccezione si era verificata nel 1860 nel [[w:Mezzogiorno_(Italia)|Mezzogiorno]] in occasione del [[w:Plebiscito_delle_province_napoletane_del_1860|plebiscito per l’annessione delle province napoletane]] del Regno delle Due Sicilie nel costituendo Regno d'Italia. [[w:Marianna_De_Crescenzo|Marianna De Crescenzo]] detta "la Sangiovannara", <ref>{{Cita|Fruci 2007|p. 33}}</ref> taverniera napoletana legata alla cosiddetta "camorra liberale", il [[w:Plebiscito_delle_province_siciliane_del_1860|21 ottobre 1860]] fu ammessa a votare, unica donna tra circa due milioni di votanti.<ref>{{Cita|Fruci 2007|pp. 32-34}}</ref> La sua partecipazione fu motivata dal ruolo attivo svolto nei giorni precedenti l’arrivo di [[w:Garibaldi|Garibaldi]] a Napoli. === 3.5. Costruzione della memoria risorgimentale, identità nazionale e rappresentazioni di genere === [[File:Adelaide cairoli.jpg|sinistra|miniatura|Adelaide Cairoli]] Nel processo di costruzione della memoria risorgimentale, il ruolo femminile fu progressivamente ridimensionato, nonostante l’ampia partecipazione delle donne ai moti patriottici. Le narrazioni postunitarie preferirono enfatizzare il loro contributo come sostegno morale e affettivo agli uomini, incanalando la rappresentazione femminile in una cornice idealizzata e passiva. In questa visione, la nazione stessa fu simbolicamente "femminilizzata", raffigurata come madre amorevole e sofferente, da proteggere e riscattare, mentre alle donne reali veniva assegnato il compito di incarnare virtù domestiche e sacrificio silenzioso. Tale modello si radicava in una più ampia eredità culturale, derivata dal [[w:Illuminismo|pensiero illuminista]] e dal riformismo settecentesco, che esaltava la funzione materna e pedagogica della donna, relegandola però a un ruolo subalterno nella sfera privata, esclusa dalla partecipazione politica e dalla cittadinanza attiva.<ref>{{Cita|Banti 2011|pp. 39-40}}</ref> Nel processo di costruzione dell’[[w:Identità_nazionale|identità nazionale]] italiana, si affermò così una netta distinzione tra i compiti attribuiti ai due sessi: agli uomini spettava il compito di combattere, morire, fondare lo Stato, alle donne di assisterli, sostenere, allevare e trasmettere valori morali e patriottici. La figura della madre patriottica divenne un elemento simbolico centrale della nuova Italia, uno dei miti fondanti della nazione, come esemplificano le figure di [[w:Adelaide_Cairoli|Adelaide Cairoli]] e di [[w:Caterina_Franceschi_Ferrucci|Caterina Franceschi Ferrucci]], il cui impegno educativo e familiare fu spesso narrato come parte integrante della causa nazionale. I protagonisti delle gesta risorgimentali spesso omaggiarono nelle loro memorie le proprie madri, erette a emblema di dedizione silenziosa e di virtù civili, rendendo questo tributo materno un topos della retorica patriottica postrisorgimentale.<ref>{{Cita libro|autore=Rosanna De Longis|titolo=Le donne hanno avuto un Risorgimento? Elementi per una discussione|anno=1991|editore=Rosenberg & Sellier|città=Torino|p=p. 85|cid=De Longis|OCLC=800560792|opera=Memoria : rivista di storia delle donne, n.31|pp=}}</ref><ref>{{Cita|Banti 2011|pp. 38-40}}</ref> == Note == <references /> == Bibliografia == * {{Cita libro|autore=Alberto Maria Banti|titolo=Genere e nazione, in Sublime madre nostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo|anno=2011|editore=Laterza|città=Roma-Bari|OCLC=711845035|cid=Banti 2011}} * {{Cita libro|autore=Silvia Chiavicchioli|titolo=Donne e politica nel 1848 italiano, tra partecipazione, cittadinanza e nazione|anno=2019|editore=Accademia University Press|città=Torino|pp=62-76|curatore=Pietro Adamo, Antonio Chiavistelli, Paolo Soddu|OCLC=1142951344|cid=Cavicchioli|opera=Forme e metamorfosi della rappresentanza politica : 1848, 1948, 1968}} * {{Cita libro|autore=Rosanna De Longis|titolo=Le donne hanno avuto un Risorgimento? Elementi per una discussione|anno=1981-1991|opera=Memoria : rivista di storia delle donne, n. 31|OCLC=800560792|cid=De Longis|editore=Rosenberg & Sellier|città=Torino}} * {{Cita libro|autore=Nadia Maria Filippini|titolo=Donne sulla scena pubblica: società e politica in Veneto tra Sette e Ottocento|anno=2012|editore=F. Angeli|città=Milano|pp=|OCLC=1159091459|cid=Filippini}} * {{Cita libro|autore=Gian Luca Fruci|titolo=Cittadine senza cittadinanza. La mobilitazione femminile nei plebisciti del Risorgimento (1848-1870)|anno=2007|editore=Viella|curatore=Vinzia Fiorino|opera=Genesis. V/2, 2006. Una donna, un voto|cid=Fruci 2007|OCLC=889151873}} * {{Cita pubblicazione|autore=Aurora Ornella Grimaldi|coautori=|titolo=Risorgimento e donne di Sicilia: Il canto di Giuseppina Turrisi Colonna|editore=Università di Salamanca|pp=|cid=Grimaldi}} * {{Cita pubblicazione|autore=Chiara Natoli|anno=2024|titolo=Scrittrici palermitane e rivoluzione: la ‘Strenna pel 12 gennaro 1849’|rivista=Sinestesie|volume=XIII|numero=43|pp=1-15|cid=Natoli}} * {{Cita pubblicazione|autore=Simonetta Soldani|anno=1999|titolo=Donne della nazione: presenze femminili nell'Italia del Quarantotto|rivista=Passato e presente|numero=46|pp=75-102|cid=Soldani}} * {{Cita libro|autore=Simonetta Soldani|titolo=Il Risorgimento delle donne|anno=2007|editore=Einaudi|città=Torino|p=|OCLC=860142613|opera=Il Risorgimento|curatore=Alberto Mario Banti, Paul Ginsborg|cid=Soldani 2007}} * {{Cita pubblicazione|autore=Angelica Zazzeri|coautori=|anno=2006/2007|titolo=Donne in armi: immagini e rappresentazioni nell’Italia del 1848-49|rivista=Genesis: V/2, 2006|città=Roma|volume=|pp=165-188|cid=Zazzeri}} [[Categoria:Storia del femminismo italiano]] rp7ahv3159uh7sxkcm6ijnl8wcrymbn 477368 477367 2025-06-05T10:23:27Z LorManLor 24993 /* 3.2. La presenza femminile nei moti del 1848 */ 477368 wikitext text/x-wiki {{Storia del femminismo italiano}} {{Storia del femminismo italiano 1}} == 3. Il Risorgimento: partecipazione femminile e questioni di cittadinanza == === 3.1. Le donne nel contesto della mobilitazione risorgimentale === Sebbene la storiografia tradizionale si sia concentrata prevalentemente sulle figure maschili, durante il periodo risorgimentale molte donne svolsero un ruolo attivo nella vita politica, culturale e sociale del tempo, contribuendo in vario modo al processo di costruzione nazionale.<ref>{{Cita web|autore=Nadia Filippini|url=https://ilmanifesto.it/archivio/2003193546|titolo=Nuove genealogie per il Risorgimento|accesso=28 maggio 2025|data=11 febbraio 2012}}</ref> Nei salotti e nei circoli intellettuali, spesso frequentati da esponenti dell’aristocrazia e dell’alta borghesia, alcune donne influenti - come la contessa bergamasca [[:w:Clara Maffei|Clara Maffei]] e la fiorentina [[:w:Amelia Sarteschi Calani Carletti|Amelia Sarteschi Calani Carletti]] - favorirono la diffusione delle idee patriottiche e liberali, la circolazione clandestina di pubblicazioni proibite, la discussione politica e la creazione di reti di relazioni tra patrioti.<ref>{{Cita web|autore=Amedeo Benedetti|url=https://www.enciclopedialunigianese.it/biografie/calani-amelia/|titolo=Sarteschi Calani Carletti, Amelia|accesso=5 maggio 2025|data=13 maggio 2018}}</ref> Molte donne offrirono un supporto logistico e finanziario, o presero parte direttamente alle attività cospirative, come accadde con le aderenti alla [[:w:Società delle Giardiniere|Società delle Giardiniere]], affiliate alla [[w:Carboneria|Carboneria]], tra le quali vi furono la pittrice [[:w:Bianca Milesi |Bianca Milesi Mojon]] e [[:w:Teresa Casati |Teresa Casati Confalonieri]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Cilloni, Giulia|anno=2013|titolo=La partecipazione delle donne al movimento cospiratorio risorgimentale|rivista=Kwartalnik Neofilologiczny|volume=60|numero=2|pp=225-237|lingua=|url=http://cejsh.icm.edu.pl/cejsh/element/bwmeta1.element.ojs-issn-0023-5911-year-2013-issue-2-article-bff516b5-c8dc-321c-b531-a4ff73f933ae}}</ref>[[File:Francesco Hayez - Cristina Trivulzio Belgiojoso.jpg|thumb|150px|Ritratto di ''Cristina Trivulzio di Belgiojoso.'' di [https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco%20Hayez Francesco Hayez], 1832, Collezione privata, Firenze]]Un altro ambito di partecipazione femminile fu quello della scrittura e del giornalismo. [[:w:Giuseppina Turrisi Colonna|Giuseppina Turrisi Colonna]], poetessa palermitana, utilizzò la poesia come strumento di espressione politica.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Chiara Natoli|anno=2023|titolo=Giuseppina Turrisi Colonna (Palermo 1822 - Palermo 1848)|rivista=Atlante|volume=18|lingua=|url=https://journals.openedition.org/atlante/29383}}</ref> [[:w:Cristina Trivulzio Belgiojoso|Cristina Trivulzio Belgiojoso]] (1808-1871), figura di primo piano del movimento risorgimentale, partecipò attivamente ai moti del 1848, organizzò ospedali da campo, e fondò e diresse testate giornalistiche come la ''[[w:Gazzetta_Italiana|Gazzetta Italiana]]'' e ''Ausonio''.<ref>{{Cita libro|autore=Silvia Cavicchioli|titolo=Donne e politica nel 1848 italiano, tra partecipazione, cittadinanza e nazione|anno=2019|editore=Accademia University Press|pp=62-76|capitolo=|OCLC=1142951344|url=https://boa.unimib.it/retrieve/e39773b6-55d2-35a3-e053-3a05fe0aac26/Forme%20e%20metamorfosi%20della%20rappresentanza%20politica.pdf|curatore=Pietro Adamo, Antonio Chiavistelli, Paolo Soddu|opera=Forme e metamorfosi della rappresentanza politica: 1848 1948 1968}}</ref> === 3.2. La presenza femminile nei moti del 1848 === Durante i [[w:Moti_del_1848|moti rivoluzionari del 1848]], la partecipazione femminile assunse forme sempre più visibili e dirette. In molte città italiane le donne presero parte a manifestazioni, insurrezioni, proteste e attività di soccorso ai combattenti, offrendo assistenza ai feriti, ospitando patrioti e contribuendo logisticamente alle operazioni militari. Alcune parteciparono attivamente agli scontri armati: Cristina Trivulzio di Belgiojoso, che a Napoli reclutò più di 150 volontari e noleggiò un vapore a sue spese per raggiungere Milano appena insorta, si trovò a coordinare un battaglione di volontari lombardi durante la difesa di Roma; si ha inoltre notizia di donne che, travestite da uomini, combatterono sulle barricate, come accadde a Milano e Venezia.<ref name=":0">{{Cita libro|cognome=Banti|nome=Alberto Mario|titolo=Il Risorgimento italiano|editore=Laterza|anno=2004|ISBN=9788842071747|Pagina=|p=95}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Laura Guidi|anno=2000|titolo=Patriottismo femminile e travestimenti sulla scena risorgimentale|rivista=Studi storici|volume=41|numero=2|pp=571-587}}</ref> Nel discorso pubblico e nella stampa risorgimentale, le donne vennero spesso rappresentate come custodi di un nuovo ordine morale, elevandole a garanti della coesione nazionale e del sentimento patriottico. Questa idealizzazione rafforzava tuttavia la tradizionale dicotomia tra sfera pubblica maschile e sfera privata femminile, relegando le donne a ruoli di madri e mogli virtuose, educatrici e muse ispiratrici.<ref>{{Cita|Cavicchioli|pp. 64}}</ref> In varie località, tuttavia, le donne manifestarono la volontà di superare i limiti imposti dai ruoli di genere, chiedendo un coinvolgimento più diretto nella lotta armata. A Venezia, durante l’insurrezione contro gli austriaci del 1848, Elisabetta Michiel Giustinian, Antonietta Dal Cerè e Teresel Moscon, anche a nome di altre patriote, richiesero formalmente al comandante della Guardia Civica di poter costituire un battaglione femminile. L’obiettivo era condividere con i loro padri, mariti e fratelli i rischi e l’onore della difesa nazionale. In varie località, tuttavia, le donne manifestarono il desiderio di un coinvolgimento più diretto, mettendo in discussione i ruoli di genere codificati. A Venezia, durante l’insurrezione contro gli austriaci del 1848, Elisabetta Michiel Giustinian, Antonietta Dal Cerè e Teresel Moscon, anche a nome di altre patriote, richiesero formalmente al comandante della Guardia Civica di poter costituire un battaglione femminile, per poter condividere con i loro padri, mariti e fratelli i pericoli e l'onore della lotta per l'indipendenza nazionale.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 115}}</ref><ref>{{Cita|Zazzeri|pp. 166}}</ref> Le autorità risposero con ironia o con atteggiamenti paternalistici, autorizzando solo attività ausiliarie come la cura dei feriti o la preparazione di cartucce. Le donne armate erano viste come una minaccia all’ordine sociale e al modello di cittadinanza vigente.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 118}}</ref><ref name=":0" /> In questo contesto nacque a Venezia uno dei pochi periodici femminili del 1848, ''Il Circolo delle Donne Italiane'', in cui si affermava l’importanza del ruolo femminile nella guerra e si collegava la partecipazione patriottica alla richiesta di piena cittadinanza. Nell'articolo di apertura del primo numero, Adele Cortesi rivendicò l’emancipazione femminile, con le stesse motivazioni presenti nel testo ''La causa delle donne'', scritto durante la [[w:Repubblica_di_Venezia|Repubblica del 1797]] da un'anonima "cittadina".<ref>{{Cita|Filippini|pp. 121}}</ref> Anche a Roma, il periodico di impronta politico-pedagogica ''La donna italiana'' (aprile-novembre 1848), diretto da Cesare Bordiga, rappresentò un significativo tentativo di costruzione di uno spazio pubblico femminile. L'educazione femminile fu una tema ricorrente, con interventi che auspicavano un "giusto mezzo" per liberare le donne dall'ignoranza e dalla schiavitù familiare, pur mantenendo in qualche modo l'orizzonte delle "domestiche cure". <ref>{{Cita pubblicazione|autore=Rosanna de Longis|anno=2002|titolo=“La donna italiana”. Un giornale del 1848|rivista=Genesis|volume=1|numero=1|pp=261-266}}</ref> Ampio spazio venne dedicato alla cronaca delle azioni patriottiche compiute dalle donne, con resoconti di voci provenienti da tutta Italia, come la cronaca della partecipazione femminile alle [[w:Cinque_giornate_di_Milano|cinque giornate di Milano]]. Autrici romane e non contribuirono al giornale con appelli, articoli, rassegne e componimenti poetici. <ref>{{Cita pubblicazione|autore=Chiara Licameli|anno=2018|titolo=Voci di donne per una Italia Unita: «La donna Italiana: giornale politico-letterario»|rivista=Altrelettere|numero=7|pp=1-23|doi=0.5903/al_uzh-37}}</ref> In altre regioni alcune donne pubblicarono corrispondenze su giornali liberal-nazionali come ''[[w:Il_Risorgimento_(Torino)|Il Risorgimento]]'' di Torino e ''Il Nazionale'' di Napoli (1848), offrendo un punta di vista femminile sugli eventi politici e sociali dell’epoca.<ref>{{Cita|Soldani 2007|p. 219}}</ref> ==== 3.2.1. Le dinamiche nel Meridione ==== Nel Mezzogiorno la partecipazione delle donne al processo risorgimentale assunse tratti peculiari, legati alla complessa realtà politica del Regno delle Due Sicilie e all’intreccio tra legittimismo borbonico, moti costituzionali e aspirazioni indipendentiste.<ref name=":1">{{Cita libro|titolo=Il Risorgimento invisibile. Patriote del mezzogiorno d'Italia|anno=2011|editore=Edizioni del Comune di Napoli|città=Napoli|url=http://www.fedoa.unina.it/8452/1/PATRIOTE_DEL_MEZZOGIORNO_%28web%29.pdf|curatore=Laura Guidi, Angela Russo, Marcella Varriale}}</ref> L’apporto delle donne meridionali alla causa nazionale si manifestò sia attraverso la partecipazione attiva alle insurrezioni e alla propaganda patriottica, sia mediante una intensa attività assistenziale, informativa e organizzativa, spesso svolta all’interno delle mura domestiche o di istituzioni religiose, che fungevano da copertura alle iniziative cospirative. Un caso emblematico fu quello di [[w:Enrichetta_Caracciolo|Enrichetta Caracciolo]], badessa napoletana che, pur appartenendo a una famiglia aristocratica legata alla corte borbonica, aderì alle idee liberali e divenne una figura di riferimento dell’ambiente intellettuale napoletano postunitario. La sua opera più nota, ''Misteri del chiostro napoletano'' (1864), sebbene pubblicata dopo l’unificazione, offre una testimonianza importante sul clima culturale e sociale che precedette e accompagnò i moti risorgimentali, evidenziando le tensioni tra vocazione religiosa e costrizione sociale.<ref>{{Cita libro|cognome=Caracciolo|nome=Enrichetta|titolo=Misteri del chiostro napoletano|editore=Giunti|anno=1991|ISBN=88-09-20199-X|p=|città=Firenze}}</ref> A Napoli diverse donne parteciparono attivamente ai salotti liberali, come quello di Francesco Ricciardi, di Laura Beatrice Oliva Mancini, di Guacci Nobile, luoghi di confronto intellettuale e centri di circolazione di idee patriottiche frequentati da artisti, intellettuali ed esponenti della cultura progressista. Qui si formò il ''Circolo delle poetesse Sebezie,'' composto da autrici impegnate a utilizzare la poesia come strumento di educazione civile e politica. Nei loro componimenti patriottici includevano l'esaltazione della donna guerriera e dell’eroismo femminile. Nella primavera 1848, diretto da donne, comparve nella città partenopea il trisettimale ''Un comitato di donne'', uscito fino all'aprile dello stesso anno.<ref name=":1" /> Una figura centrale fu [[:w:Antonietta De Pace|Antonietta De Pace]] (1818-1893), patriota leccese attiva a Napoli, militante mazziniana e membro del Comitato napoletano della [[w:Giovane_Italia|Giovane Italia]]. Dopo aver supportato la spedizione dei Mille si occupò dell'organizzazione dei servizi sanitari per i feriti, dirigendo anche ospedali militari allestiti in città.<ref name=":2">{{Cita web|autore=Jolanda Leccese|url=https://donnarte.wordpress.com/2012/02/08/patriote-del-mezzogiorno-ditalia/|titolo=Patriote del Mezzogiorno d’Italia|accesso=14 maggio 2025|data=8 febbraio 2012}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://donnedinapoli.coopdedalus.org/1309/antonietta-de-pace/|titolo=Antonietta De Pace|accesso=28 maggio 2025}}</ref> A Palermo, la Legione delle Pie Sorelle, fondata nel 1848 da donne appartenenti all’associazionismo democratico, era composta da 1200 consorelle suddivise in dodici centurie, la cui attività si concentrava sul sociale, in particolare sull'educazione popolare e sulla raccolta di fondi per sostenere le vedove, gli orfani, finanziare asili per l'infanzia e una scuola popolare.<ref>{{Cita|Natoli|pp. 5-6}}</ref> Le Pie Sorelle pubblicarono anche un proprio giornale, ''La Legione delle Pie Sorelle'', che, insieme a ''La tribuna delle donne'',<ref>{{Cita|Natoli|pp. 6}}</ref> rese Palermo un centro comparabile al resto d'Italia sul fronte della stampa femminile.<ref>{{Cita|Grimaldi|pp. 23}}</ref> Tra le donne impegnate nel contesto siciliano, [[:w:Rosina Muzio Salvo|Rosina Muzio Salvo]], Concetta Ramondetta Fileti, Laura Li Greci e Cecilia Stazzone erano scrittrici e poetesse che utilizzarono la letteratura come veicolo di educazione morale e patriottica. I loro scritti celebravano le ricorrenze rivoluzionarie, commemoravano i caduti e difendevano la causa siciliana nel contesto del sentimento nazionale italiano.<ref>{{Cita|Natoli|pp. 11}}</ref> Nonostante le difficoltà, alcune si distinsero per il loro "eroico e impavido amore verso la Patria", compiendo atti di coraggio diretto: Santa Astorino sparò il primo colpo contro le truppe borboniche a Palermo il 12 gennaio 1848, [[:w:Rosa Donato|Rosa Donato]] contribuì alla difesa di Messina manovrando un cannoncino, e le donne di Siracusa costruirono un bastione chiamato "Forte delle Dame" in loro onore.<ref>{{Cita|Grimaldi|pp. 65}}</ref> La poetessa [[:w:Giuseppina Turrisi Colonna|Giuseppina Turrisi Colonna]] si distinse per una riflessione moderna sul ruolo delle donne nella società e nelle lettere, mettendo in discussione il primato maschile, e legando l’emancipazione alla crescita della nazione.<ref>{{Cita|Grimaldi|pp. 29-30}}</ref> Dopo l’Unità, alcune patriote come Antonietta De Pace e Giulia Caracciolo di Forino si dedicarono a opere di assistenza sociale, promuovendo l’istruzione popolare femminile e iniziative di emancipazione. Giulia Caracciolo fondò un opificio femminile destinato alla formazione professionale e all’indipendenza economica delle giovani indigenti, e sostenne proposte legislative per l’equiparazione giuridica tra i sessi.<ref name=":2" /> === 3.3. Dagli anni cinquanta all'unificazione: il ruolo delle donne nei contesti bellici e politici === Dopo il triennio rivoluzionario (1846–1849), gli anni cinquanta dell'Ottocento furono connotati da un contesto politico meno favorevole all'intervento diretto delle donne. La centralità dell'azione patriottica si spostò dalle mobilitazioni civili alle strategie diplomatiche, governative e parlamentari, ambiti prevalentemente maschili. Anche le insurrezioni popolari che accompagnarono la caduta dei regimi centro-settentrionali furono guidati da strategie politiche che relegarono le donne a ruoli marginali e ausiliari. Nonostante l'esclusione formale, molte donne continuarono a contribuire attivamente alla causa nazionale in diverse forme: partecipando ad attività cospirative e a organizzazioni politiche e insurrezionali, raccogliendo fondi, mettendo in atto gesti simbolici individuali, promovendo iniziative educative rivolte alla formazione delle "future italiane".<ref>{{Cita libro|autore=Simonetta Soldani|titolo=Educarsi, educare. Le «donne della nazione» dopo il Quarantotto|anno=2021|editore=Scripta edizioni|pp=498-500|opera=Pensare gli italiani 1849-1890. I. 1849-1859|curatore=Mario Allegri}}</ref>[[File:Monumento_alle_donne_di_Castiglione_delle_stiviere.JPG|miniatura|Castiglione delle Stiviere, monumento alle donne eroiche che soccorsero i feriti della battaglia di Solferino.]]A Venezia, dopo la caduta della [[w:Repubblica_di_San_Marco|Repubblica]] avvenuta nell'agosto 1849, alcune donne parteciparono alla riorganizzazione del movimento liberale, nonostante la dura repressione austriaca. Marianna Catterinetti Franco Fontana svolse un'importante ruolo di collegamento con i patrioti milanesi, attraverso il cognato, amico di [[w:Clara_Maffei|Clara Maffei]]; nel 1851 venne arrestata e condotta in prigione prima a Verona, poi a Venezia. [[w:Erminia_Fuà_Fusinato|Erminia Fuà Fusinato]] affiancò il marito e il cognato nell'attività insurrezionale, scelta che la condusse all'esilio fiorentino negli anni sessanta. Altre donne manifestarono il loro dissenso contro gli austriaci in modo simbolico, ostentando abiti a lutto, o al contrario, accessori che richiamavano il tricolore, disertando i teatri e celebrando le ricorrenze patriottiche.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 125-126}}</ref> Durante la [[w:Seconda_guerra_d'indipendenza_italiana|seconda guerra d'indipendenza]], che si concluse con la sconfitta dell'Austria e l'acquisizione della Lombardia da parte del re di Sardegna, l'impegno di figure come Serafina Donadei, Maddalena Donadoni Giudici, Adeodata Friggeri e delle donne di [[w:Monumento_alle_donne_eroiche|Castiglione delle Stiviere]], che si dedicarono a soccorrere i combattenti, fu particolarmente ricordato dopo l'episodio cruciale della [[w:Battaglia_di_Solferino_e_San_Martino|battaglia di Solferino e San Martino]] (1859).<ref>{{Cita|Soldani 2007|p. 216}}</ref> Il loro operato pose le basi per la creazione della [[w:Movimento_Internazionale_della_Croce_Rossa_e_della_Mezzaluna_Rossa|Croce Rossa Internazionale]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Elisa Zanola|anno=2016|titolo=Donne sui campi di battaglia: le vivandiere|rivista=Bollettino Società di Soferino e San Martino|numero=9|p=24|url=https://www.solferinoesanmartino.it/wp-content/uploads/pdfs/it/bollettinisociali/9_2016.pdf}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://cri.it/cosa-facciamo/principi-e-valori-umanitari/storia-croce-rossa/|titolo=Storia della Croce Rossa|accesso=8 maggio 2025}}</ref> ==== 3.3.1. La Spedizione dei Mille ==== In Lombardia Felicita Bevilacqua promosse con altre donne una sottoscrizione nazionale a sostegno dell'[[w:Spedizione_dei_Mille|impresa dei Mille]], mentre altre patriote fecero da tramite tra le diverse organizzazioni o inviarono appelli al re o a Garibaldi.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 128-130}}</ref> Nel maggio 1860 [[w:Rosalia_Montmasson|Rosalia Montmasson]] partecipò alla Spedizione, nonostante l'opposizione del compagno [[w:Francesco_Crispi|Francesco Crispi]]. Durante la campagna prestò soccorso ai feriti e nei momenti più critici, imbracciò le armi, guadagnandosi il soprannome di "Angelo dei Mille" ed "Eroina di Catalafimi". In Sicilia, si unirono all'impresa anche le patriote Antonia Masanello, la romana nota come "Marzia", la palermitana "Lia" e l'anglo-italiana [[w:Jessie_White-Mario|Jessie White-Mario]].​<ref>{{Cita web|url=https://www.difesa.it/area-storica-html/pilloledistoria/rose-montmasson-una-patriota-che-combatte-per-lunita-ditalia/34935.html|titolo=Rose Montmasson, una patriota che combatté per l’Unità d’Italia|accesso=1 maggio 2025}}</ref> [[File:Convocazione_plebiscito_1866_Treviso.jpg|miniatura|Comune di Treviso - convocazione del plebiscito di annessione del Veneto al regno d'Italia del 21-22 ottobre 1866]] === 3.4. Le rivendicazioni di inclusione politica: il dibattito sull'esclusione dai plebisciti === Nel giugno del 1866 [[w:Terza_guerra_d'indipendenza_italiana|il neonato Regno d'Italia dichiarò guerra all'Impero austriaco]], con l'obiettivo di completare l'unificazione nazionale. Le province venete furono oggetto di dura repressione da parte austriaca; in risposta molte patriote si prepararono all'impegno nelle fila garibaldine e assunsero ruoli di rilievo all'interno delle organizzazioni politiche. Dopo la firma del [[w:Trattato_di_Vienna_(1866)|trattato di pace]], la fine della sovranità austriaca fu salutata da manifestazioni di giubilo popolare. La contessa Montalban Comello fu la prima ad esporre dal balcone del proprio palazzo la bandiera tricolore italiana.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 132-133}}</ref> Nonostante l'attiva partecipazione femminile al processo risorgimentale, il [[w:Plebiscito_del_Veneto_del_1866|plebiscito per l’annessione del Veneto]] al Regno d’Italia ammise al voto solo i cittadini di sesso maschile. Le patriote venete protestarono indirizzando al re [[w:Vittorio_Emanuele_II_di_Savoia|Vittorio Emanuele II]] un documento intitolato ''Voto Femminile'', in cui lamentarono l'esclusione da un momento politico fondamentale, al quale avevano contribuito in modo determinante.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 135-136}}</ref> Anche in altre città italiane le cronache riportarono episodi di protesta da parte di donne contro l'esclusione dal voto. In alcuni casi si concesse loro di depositare simbolicamente schede apocrife in urne separate, come testimonianza della loro convinta adesione al processo di costruzione del nuovo ordine nazionale. Un'eccezione si era verificata nel 1860 nel [[w:Mezzogiorno_(Italia)|Mezzogiorno]] in occasione del [[w:Plebiscito_delle_province_napoletane_del_1860|plebiscito per l’annessione delle province napoletane]] del Regno delle Due Sicilie nel costituendo Regno d'Italia. [[w:Marianna_De_Crescenzo|Marianna De Crescenzo]] detta "la Sangiovannara", <ref>{{Cita|Fruci 2007|p. 33}}</ref> taverniera napoletana legata alla cosiddetta "camorra liberale", il [[w:Plebiscito_delle_province_siciliane_del_1860|21 ottobre 1860]] fu ammessa a votare, unica donna tra circa due milioni di votanti.<ref>{{Cita|Fruci 2007|pp. 32-34}}</ref> La sua partecipazione fu motivata dal ruolo attivo svolto nei giorni precedenti l’arrivo di [[w:Garibaldi|Garibaldi]] a Napoli. === 3.5. Costruzione della memoria risorgimentale, identità nazionale e rappresentazioni di genere === [[File:Adelaide cairoli.jpg|sinistra|miniatura|Adelaide Cairoli]] Nel processo di costruzione della memoria risorgimentale, il ruolo femminile fu progressivamente ridimensionato, nonostante l’ampia partecipazione delle donne ai moti patriottici. Le narrazioni postunitarie preferirono enfatizzare il loro contributo come sostegno morale e affettivo agli uomini, incanalando la rappresentazione femminile in una cornice idealizzata e passiva. In questa visione, la nazione stessa fu simbolicamente "femminilizzata", raffigurata come madre amorevole e sofferente, da proteggere e riscattare, mentre alle donne reali veniva assegnato il compito di incarnare virtù domestiche e sacrificio silenzioso. Tale modello si radicava in una più ampia eredità culturale, derivata dal [[w:Illuminismo|pensiero illuminista]] e dal riformismo settecentesco, che esaltava la funzione materna e pedagogica della donna, relegandola però a un ruolo subalterno nella sfera privata, esclusa dalla partecipazione politica e dalla cittadinanza attiva.<ref>{{Cita|Banti 2011|pp. 39-40}}</ref> Nel processo di costruzione dell’[[w:Identità_nazionale|identità nazionale]] italiana, si affermò così una netta distinzione tra i compiti attribuiti ai due sessi: agli uomini spettava il compito di combattere, morire, fondare lo Stato, alle donne di assisterli, sostenere, allevare e trasmettere valori morali e patriottici. La figura della madre patriottica divenne un elemento simbolico centrale della nuova Italia, uno dei miti fondanti della nazione, come esemplificano le figure di [[w:Adelaide_Cairoli|Adelaide Cairoli]] e di [[w:Caterina_Franceschi_Ferrucci|Caterina Franceschi Ferrucci]], il cui impegno educativo e familiare fu spesso narrato come parte integrante della causa nazionale. I protagonisti delle gesta risorgimentali spesso omaggiarono nelle loro memorie le proprie madri, erette a emblema di dedizione silenziosa e di virtù civili, rendendo questo tributo materno un topos della retorica patriottica postrisorgimentale.<ref>{{Cita libro|autore=Rosanna De Longis|titolo=Le donne hanno avuto un Risorgimento? Elementi per una discussione|anno=1991|editore=Rosenberg & Sellier|città=Torino|p=p. 85|cid=De Longis|OCLC=800560792|opera=Memoria : rivista di storia delle donne, n.31|pp=}}</ref><ref>{{Cita|Banti 2011|pp. 38-40}}</ref> == Note == <references /> == Bibliografia == * {{Cita libro|autore=Alberto Maria Banti|titolo=Genere e nazione, in Sublime madre nostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo|anno=2011|editore=Laterza|città=Roma-Bari|OCLC=711845035|cid=Banti 2011}} * {{Cita libro|autore=Silvia Chiavicchioli|titolo=Donne e politica nel 1848 italiano, tra partecipazione, cittadinanza e nazione|anno=2019|editore=Accademia University Press|città=Torino|pp=62-76|curatore=Pietro Adamo, Antonio Chiavistelli, Paolo Soddu|OCLC=1142951344|cid=Cavicchioli|opera=Forme e metamorfosi della rappresentanza politica : 1848, 1948, 1968}} * {{Cita libro|autore=Rosanna De Longis|titolo=Le donne hanno avuto un Risorgimento? Elementi per una discussione|anno=1981-1991|opera=Memoria : rivista di storia delle donne, n. 31|OCLC=800560792|cid=De Longis|editore=Rosenberg & Sellier|città=Torino}} * {{Cita libro|autore=Nadia Maria Filippini|titolo=Donne sulla scena pubblica: società e politica in Veneto tra Sette e Ottocento|anno=2012|editore=F. Angeli|città=Milano|pp=|OCLC=1159091459|cid=Filippini}} * {{Cita libro|autore=Gian Luca Fruci|titolo=Cittadine senza cittadinanza. La mobilitazione femminile nei plebisciti del Risorgimento (1848-1870)|anno=2007|editore=Viella|curatore=Vinzia Fiorino|opera=Genesis. V/2, 2006. Una donna, un voto|cid=Fruci 2007|OCLC=889151873}} * {{Cita pubblicazione|autore=Aurora Ornella Grimaldi|coautori=|titolo=Risorgimento e donne di Sicilia: Il canto di Giuseppina Turrisi Colonna|editore=Università di Salamanca|pp=|cid=Grimaldi}} * {{Cita pubblicazione|autore=Chiara Natoli|anno=2024|titolo=Scrittrici palermitane e rivoluzione: la ‘Strenna pel 12 gennaro 1849’|rivista=Sinestesie|volume=XIII|numero=43|pp=1-15|cid=Natoli}} * {{Cita pubblicazione|autore=Simonetta Soldani|anno=1999|titolo=Donne della nazione: presenze femminili nell'Italia del Quarantotto|rivista=Passato e presente|numero=46|pp=75-102|cid=Soldani}} * {{Cita libro|autore=Simonetta Soldani|titolo=Il Risorgimento delle donne|anno=2007|editore=Einaudi|città=Torino|p=|OCLC=860142613|opera=Il Risorgimento|curatore=Alberto Mario Banti, Paul Ginsborg|cid=Soldani 2007}} * {{Cita pubblicazione|autore=Angelica Zazzeri|coautori=|anno=2006/2007|titolo=Donne in armi: immagini e rappresentazioni nell’Italia del 1848-49|rivista=Genesis: V/2, 2006|città=Roma|volume=|pp=165-188|cid=Zazzeri}} [[Categoria:Storia del femminismo italiano]] i594ogdydr9tuqutqebu93gol2059gp 477369 477368 2025-06-05T10:24:06Z LorManLor 24993 /* 3.2. La presenza femminile nei moti del 1848 */ 477369 wikitext text/x-wiki {{Storia del femminismo italiano}} {{Storia del femminismo italiano 1}} == 3. Il Risorgimento: partecipazione femminile e questioni di cittadinanza == === 3.1. Le donne nel contesto della mobilitazione risorgimentale === Sebbene la storiografia tradizionale si sia concentrata prevalentemente sulle figure maschili, durante il periodo risorgimentale molte donne svolsero un ruolo attivo nella vita politica, culturale e sociale del tempo, contribuendo in vario modo al processo di costruzione nazionale.<ref>{{Cita web|autore=Nadia Filippini|url=https://ilmanifesto.it/archivio/2003193546|titolo=Nuove genealogie per il Risorgimento|accesso=28 maggio 2025|data=11 febbraio 2012}}</ref> Nei salotti e nei circoli intellettuali, spesso frequentati da esponenti dell’aristocrazia e dell’alta borghesia, alcune donne influenti - come la contessa bergamasca [[:w:Clara Maffei|Clara Maffei]] e la fiorentina [[:w:Amelia Sarteschi Calani Carletti|Amelia Sarteschi Calani Carletti]] - favorirono la diffusione delle idee patriottiche e liberali, la circolazione clandestina di pubblicazioni proibite, la discussione politica e la creazione di reti di relazioni tra patrioti.<ref>{{Cita web|autore=Amedeo Benedetti|url=https://www.enciclopedialunigianese.it/biografie/calani-amelia/|titolo=Sarteschi Calani Carletti, Amelia|accesso=5 maggio 2025|data=13 maggio 2018}}</ref> Molte donne offrirono un supporto logistico e finanziario, o presero parte direttamente alle attività cospirative, come accadde con le aderenti alla [[:w:Società delle Giardiniere|Società delle Giardiniere]], affiliate alla [[w:Carboneria|Carboneria]], tra le quali vi furono la pittrice [[:w:Bianca Milesi |Bianca Milesi Mojon]] e [[:w:Teresa Casati |Teresa Casati Confalonieri]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Cilloni, Giulia|anno=2013|titolo=La partecipazione delle donne al movimento cospiratorio risorgimentale|rivista=Kwartalnik Neofilologiczny|volume=60|numero=2|pp=225-237|lingua=|url=http://cejsh.icm.edu.pl/cejsh/element/bwmeta1.element.ojs-issn-0023-5911-year-2013-issue-2-article-bff516b5-c8dc-321c-b531-a4ff73f933ae}}</ref>[[File:Francesco Hayez - Cristina Trivulzio Belgiojoso.jpg|thumb|150px|Ritratto di ''Cristina Trivulzio di Belgiojoso.'' di [https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco%20Hayez Francesco Hayez], 1832, Collezione privata, Firenze]]Un altro ambito di partecipazione femminile fu quello della scrittura e del giornalismo. [[:w:Giuseppina Turrisi Colonna|Giuseppina Turrisi Colonna]], poetessa palermitana, utilizzò la poesia come strumento di espressione politica.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Chiara Natoli|anno=2023|titolo=Giuseppina Turrisi Colonna (Palermo 1822 - Palermo 1848)|rivista=Atlante|volume=18|lingua=|url=https://journals.openedition.org/atlante/29383}}</ref> [[:w:Cristina Trivulzio Belgiojoso|Cristina Trivulzio Belgiojoso]] (1808-1871), figura di primo piano del movimento risorgimentale, partecipò attivamente ai moti del 1848, organizzò ospedali da campo, e fondò e diresse testate giornalistiche come la ''[[w:Gazzetta_Italiana|Gazzetta Italiana]]'' e ''Ausonio''.<ref>{{Cita libro|autore=Silvia Cavicchioli|titolo=Donne e politica nel 1848 italiano, tra partecipazione, cittadinanza e nazione|anno=2019|editore=Accademia University Press|pp=62-76|capitolo=|OCLC=1142951344|url=https://boa.unimib.it/retrieve/e39773b6-55d2-35a3-e053-3a05fe0aac26/Forme%20e%20metamorfosi%20della%20rappresentanza%20politica.pdf|curatore=Pietro Adamo, Antonio Chiavistelli, Paolo Soddu|opera=Forme e metamorfosi della rappresentanza politica: 1848 1948 1968}}</ref> === 3.2. La presenza femminile nei moti del 1848 === Durante i [[w:Moti_del_1848|moti rivoluzionari del 1848]], la partecipazione femminile assunse forme sempre più visibili e dirette. In molte città italiane le donne presero parte a manifestazioni, insurrezioni, proteste e attività di soccorso ai combattenti, offrendo assistenza ai feriti, ospitando patrioti e contribuendo logisticamente alle operazioni militari. Alcune parteciparono attivamente agli scontri armati: Cristina Trivulzio di Belgiojoso, che a Napoli reclutò più di 150 volontari e noleggiò un vapore a sue spese per raggiungere Milano appena insorta, si trovò a coordinare un battaglione di volontari lombardi durante la difesa di Roma; si ha inoltre notizia di donne che, travestite da uomini, combatterono sulle barricate, come accadde a Milano e Venezia.<ref name=":0">{{Cita libro|cognome=Banti|nome=Alberto Mario|titolo=Il Risorgimento italiano|editore=Laterza|anno=2004|ISBN=9788842071747|Pagina=|p=95}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Laura Guidi|anno=2000|titolo=Patriottismo femminile e travestimenti sulla scena risorgimentale|rivista=Studi storici|volume=41|numero=2|pp=571-587}}</ref> Nel discorso pubblico e nella stampa risorgimentale, le donne vennero spesso rappresentate come custodi di un nuovo ordine morale, elevandole a garanti della coesione nazionale e del sentimento patriottico. Questa idealizzazione rafforzava tuttavia la tradizionale dicotomia tra sfera pubblica maschile e sfera privata femminile, relegando le donne a ruoli di madri e mogli virtuose, educatrici e muse ispiratrici.<ref>{{Cita|Cavicchioli|pp. 64}}</ref> In varie località, tuttavia, le donne manifestarono il desiderio di un coinvolgimento più diretto, mettendo in discussione i ruoli di genere codificati. A Venezia, durante l’insurrezione contro gli austriaci del 1848, Elisabetta Michiel Giustinian, Antonietta Dal Cerè e Teresel Moscon, anche a nome di altre patriote, richiesero formalmente al comandante della Guardia Civica di poter costituire un battaglione femminile, per poter condividere con i loro padri, mariti e fratelli i pericoli e l'onore della lotta per l'indipendenza nazionale.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 115}}</ref><ref>{{Cita|Zazzeri|pp. 166}}</ref> Le autorità risposero con ironia o con atteggiamenti paternalistici, autorizzando solo attività ausiliarie come la cura dei feriti o la preparazione di cartucce. Le donne armate erano viste come una minaccia all’ordine sociale e al modello di cittadinanza vigente.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 118}}</ref><ref name=":0" /> In questo contesto nacque a Venezia uno dei pochi periodici femminili del 1848, ''Il Circolo delle Donne Italiane'', in cui si affermava l’importanza del ruolo femminile nella guerra e si collegava la partecipazione patriottica alla richiesta di piena cittadinanza. Nell'articolo di apertura del primo numero, Adele Cortesi rivendicò l’emancipazione femminile, con le stesse motivazioni presenti nel testo ''La causa delle donne'', scritto durante la [[w:Repubblica_di_Venezia|Repubblica del 1797]] da un'anonima "cittadina".<ref>{{Cita|Filippini|pp. 121}}</ref> Anche a Roma, il periodico di impronta politico-pedagogica ''La donna italiana'' (aprile-novembre 1848), diretto da Cesare Bordiga, rappresentò un significativo tentativo di costruzione di uno spazio pubblico femminile. L'educazione femminile fu una tema ricorrente, con interventi che auspicavano un "giusto mezzo" per liberare le donne dall'ignoranza e dalla schiavitù familiare, pur mantenendo in qualche modo l'orizzonte delle "domestiche cure". <ref>{{Cita pubblicazione|autore=Rosanna de Longis|anno=2002|titolo=“La donna italiana”. Un giornale del 1848|rivista=Genesis|volume=1|numero=1|pp=261-266}}</ref> Ampio spazio venne dedicato alla cronaca delle azioni patriottiche compiute dalle donne, con resoconti di voci provenienti da tutta Italia, come la cronaca della partecipazione femminile alle [[w:Cinque_giornate_di_Milano|cinque giornate di Milano]]. Autrici romane e non contribuirono al giornale con appelli, articoli, rassegne e componimenti poetici. <ref>{{Cita pubblicazione|autore=Chiara Licameli|anno=2018|titolo=Voci di donne per una Italia Unita: «La donna Italiana: giornale politico-letterario»|rivista=Altrelettere|numero=7|pp=1-23|doi=0.5903/al_uzh-37}}</ref> In altre regioni alcune donne pubblicarono corrispondenze su giornali liberal-nazionali come ''[[w:Il_Risorgimento_(Torino)|Il Risorgimento]]'' di Torino e ''Il Nazionale'' di Napoli (1848), offrendo un punta di vista femminile sugli eventi politici e sociali dell’epoca.<ref>{{Cita|Soldani 2007|p. 219}}</ref> ==== 3.2.1. Le dinamiche nel Meridione ==== Nel Mezzogiorno la partecipazione delle donne al processo risorgimentale assunse tratti peculiari, legati alla complessa realtà politica del Regno delle Due Sicilie e all’intreccio tra legittimismo borbonico, moti costituzionali e aspirazioni indipendentiste.<ref name=":1">{{Cita libro|titolo=Il Risorgimento invisibile. Patriote del mezzogiorno d'Italia|anno=2011|editore=Edizioni del Comune di Napoli|città=Napoli|url=http://www.fedoa.unina.it/8452/1/PATRIOTE_DEL_MEZZOGIORNO_%28web%29.pdf|curatore=Laura Guidi, Angela Russo, Marcella Varriale}}</ref> L’apporto delle donne meridionali alla causa nazionale si manifestò sia attraverso la partecipazione attiva alle insurrezioni e alla propaganda patriottica, sia mediante una intensa attività assistenziale, informativa e organizzativa, spesso svolta all’interno delle mura domestiche o di istituzioni religiose, che fungevano da copertura alle iniziative cospirative. Un caso emblematico fu quello di [[w:Enrichetta_Caracciolo|Enrichetta Caracciolo]], badessa napoletana che, pur appartenendo a una famiglia aristocratica legata alla corte borbonica, aderì alle idee liberali e divenne una figura di riferimento dell’ambiente intellettuale napoletano postunitario. La sua opera più nota, ''Misteri del chiostro napoletano'' (1864), sebbene pubblicata dopo l’unificazione, offre una testimonianza importante sul clima culturale e sociale che precedette e accompagnò i moti risorgimentali, evidenziando le tensioni tra vocazione religiosa e costrizione sociale.<ref>{{Cita libro|cognome=Caracciolo|nome=Enrichetta|titolo=Misteri del chiostro napoletano|editore=Giunti|anno=1991|ISBN=88-09-20199-X|p=|città=Firenze}}</ref> A Napoli diverse donne parteciparono attivamente ai salotti liberali, come quello di Francesco Ricciardi, di Laura Beatrice Oliva Mancini, di Guacci Nobile, luoghi di confronto intellettuale e centri di circolazione di idee patriottiche frequentati da artisti, intellettuali ed esponenti della cultura progressista. Qui si formò il ''Circolo delle poetesse Sebezie,'' composto da autrici impegnate a utilizzare la poesia come strumento di educazione civile e politica. Nei loro componimenti patriottici includevano l'esaltazione della donna guerriera e dell’eroismo femminile. Nella primavera 1848, diretto da donne, comparve nella città partenopea il trisettimale ''Un comitato di donne'', uscito fino all'aprile dello stesso anno.<ref name=":1" /> Una figura centrale fu [[:w:Antonietta De Pace|Antonietta De Pace]] (1818-1893), patriota leccese attiva a Napoli, militante mazziniana e membro del Comitato napoletano della [[w:Giovane_Italia|Giovane Italia]]. Dopo aver supportato la spedizione dei Mille si occupò dell'organizzazione dei servizi sanitari per i feriti, dirigendo anche ospedali militari allestiti in città.<ref name=":2">{{Cita web|autore=Jolanda Leccese|url=https://donnarte.wordpress.com/2012/02/08/patriote-del-mezzogiorno-ditalia/|titolo=Patriote del Mezzogiorno d’Italia|accesso=14 maggio 2025|data=8 febbraio 2012}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://donnedinapoli.coopdedalus.org/1309/antonietta-de-pace/|titolo=Antonietta De Pace|accesso=28 maggio 2025}}</ref> A Palermo, la Legione delle Pie Sorelle, fondata nel 1848 da donne appartenenti all’associazionismo democratico, era composta da 1200 consorelle suddivise in dodici centurie, la cui attività si concentrava sul sociale, in particolare sull'educazione popolare e sulla raccolta di fondi per sostenere le vedove, gli orfani, finanziare asili per l'infanzia e una scuola popolare.<ref>{{Cita|Natoli|pp. 5-6}}</ref> Le Pie Sorelle pubblicarono anche un proprio giornale, ''La Legione delle Pie Sorelle'', che, insieme a ''La tribuna delle donne'',<ref>{{Cita|Natoli|pp. 6}}</ref> rese Palermo un centro comparabile al resto d'Italia sul fronte della stampa femminile.<ref>{{Cita|Grimaldi|pp. 23}}</ref> Tra le donne impegnate nel contesto siciliano, [[:w:Rosina Muzio Salvo|Rosina Muzio Salvo]], Concetta Ramondetta Fileti, Laura Li Greci e Cecilia Stazzone erano scrittrici e poetesse che utilizzarono la letteratura come veicolo di educazione morale e patriottica. I loro scritti celebravano le ricorrenze rivoluzionarie, commemoravano i caduti e difendevano la causa siciliana nel contesto del sentimento nazionale italiano.<ref>{{Cita|Natoli|pp. 11}}</ref> Nonostante le difficoltà, alcune si distinsero per il loro "eroico e impavido amore verso la Patria", compiendo atti di coraggio diretto: Santa Astorino sparò il primo colpo contro le truppe borboniche a Palermo il 12 gennaio 1848, [[:w:Rosa Donato|Rosa Donato]] contribuì alla difesa di Messina manovrando un cannoncino, e le donne di Siracusa costruirono un bastione chiamato "Forte delle Dame" in loro onore.<ref>{{Cita|Grimaldi|pp. 65}}</ref> La poetessa [[:w:Giuseppina Turrisi Colonna|Giuseppina Turrisi Colonna]] si distinse per una riflessione moderna sul ruolo delle donne nella società e nelle lettere, mettendo in discussione il primato maschile, e legando l’emancipazione alla crescita della nazione.<ref>{{Cita|Grimaldi|pp. 29-30}}</ref> Dopo l’Unità, alcune patriote come Antonietta De Pace e Giulia Caracciolo di Forino si dedicarono a opere di assistenza sociale, promuovendo l’istruzione popolare femminile e iniziative di emancipazione. Giulia Caracciolo fondò un opificio femminile destinato alla formazione professionale e all’indipendenza economica delle giovani indigenti, e sostenne proposte legislative per l’equiparazione giuridica tra i sessi.<ref name=":2" /> === 3.3. Dagli anni cinquanta all'unificazione: il ruolo delle donne nei contesti bellici e politici === Dopo il triennio rivoluzionario (1846–1849), gli anni cinquanta dell'Ottocento furono connotati da un contesto politico meno favorevole all'intervento diretto delle donne. La centralità dell'azione patriottica si spostò dalle mobilitazioni civili alle strategie diplomatiche, governative e parlamentari, ambiti prevalentemente maschili. Anche le insurrezioni popolari che accompagnarono la caduta dei regimi centro-settentrionali furono guidati da strategie politiche che relegarono le donne a ruoli marginali e ausiliari. Nonostante l'esclusione formale, molte donne continuarono a contribuire attivamente alla causa nazionale in diverse forme: partecipando ad attività cospirative e a organizzazioni politiche e insurrezionali, raccogliendo fondi, mettendo in atto gesti simbolici individuali, promovendo iniziative educative rivolte alla formazione delle "future italiane".<ref>{{Cita libro|autore=Simonetta Soldani|titolo=Educarsi, educare. Le «donne della nazione» dopo il Quarantotto|anno=2021|editore=Scripta edizioni|pp=498-500|opera=Pensare gli italiani 1849-1890. I. 1849-1859|curatore=Mario Allegri}}</ref>[[File:Monumento_alle_donne_di_Castiglione_delle_stiviere.JPG|miniatura|Castiglione delle Stiviere, monumento alle donne eroiche che soccorsero i feriti della battaglia di Solferino.]]A Venezia, dopo la caduta della [[w:Repubblica_di_San_Marco|Repubblica]] avvenuta nell'agosto 1849, alcune donne parteciparono alla riorganizzazione del movimento liberale, nonostante la dura repressione austriaca. Marianna Catterinetti Franco Fontana svolse un'importante ruolo di collegamento con i patrioti milanesi, attraverso il cognato, amico di [[w:Clara_Maffei|Clara Maffei]]; nel 1851 venne arrestata e condotta in prigione prima a Verona, poi a Venezia. [[w:Erminia_Fuà_Fusinato|Erminia Fuà Fusinato]] affiancò il marito e il cognato nell'attività insurrezionale, scelta che la condusse all'esilio fiorentino negli anni sessanta. Altre donne manifestarono il loro dissenso contro gli austriaci in modo simbolico, ostentando abiti a lutto, o al contrario, accessori che richiamavano il tricolore, disertando i teatri e celebrando le ricorrenze patriottiche.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 125-126}}</ref> Durante la [[w:Seconda_guerra_d'indipendenza_italiana|seconda guerra d'indipendenza]], che si concluse con la sconfitta dell'Austria e l'acquisizione della Lombardia da parte del re di Sardegna, l'impegno di figure come Serafina Donadei, Maddalena Donadoni Giudici, Adeodata Friggeri e delle donne di [[w:Monumento_alle_donne_eroiche|Castiglione delle Stiviere]], che si dedicarono a soccorrere i combattenti, fu particolarmente ricordato dopo l'episodio cruciale della [[w:Battaglia_di_Solferino_e_San_Martino|battaglia di Solferino e San Martino]] (1859).<ref>{{Cita|Soldani 2007|p. 216}}</ref> Il loro operato pose le basi per la creazione della [[w:Movimento_Internazionale_della_Croce_Rossa_e_della_Mezzaluna_Rossa|Croce Rossa Internazionale]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Elisa Zanola|anno=2016|titolo=Donne sui campi di battaglia: le vivandiere|rivista=Bollettino Società di Soferino e San Martino|numero=9|p=24|url=https://www.solferinoesanmartino.it/wp-content/uploads/pdfs/it/bollettinisociali/9_2016.pdf}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://cri.it/cosa-facciamo/principi-e-valori-umanitari/storia-croce-rossa/|titolo=Storia della Croce Rossa|accesso=8 maggio 2025}}</ref> ==== 3.3.1. La Spedizione dei Mille ==== In Lombardia Felicita Bevilacqua promosse con altre donne una sottoscrizione nazionale a sostegno dell'[[w:Spedizione_dei_Mille|impresa dei Mille]], mentre altre patriote fecero da tramite tra le diverse organizzazioni o inviarono appelli al re o a Garibaldi.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 128-130}}</ref> Nel maggio 1860 [[w:Rosalia_Montmasson|Rosalia Montmasson]] partecipò alla Spedizione, nonostante l'opposizione del compagno [[w:Francesco_Crispi|Francesco Crispi]]. Durante la campagna prestò soccorso ai feriti e nei momenti più critici, imbracciò le armi, guadagnandosi il soprannome di "Angelo dei Mille" ed "Eroina di Catalafimi". In Sicilia, si unirono all'impresa anche le patriote Antonia Masanello, la romana nota come "Marzia", la palermitana "Lia" e l'anglo-italiana [[w:Jessie_White-Mario|Jessie White-Mario]].​<ref>{{Cita web|url=https://www.difesa.it/area-storica-html/pilloledistoria/rose-montmasson-una-patriota-che-combatte-per-lunita-ditalia/34935.html|titolo=Rose Montmasson, una patriota che combatté per l’Unità d’Italia|accesso=1 maggio 2025}}</ref> [[File:Convocazione_plebiscito_1866_Treviso.jpg|miniatura|Comune di Treviso - convocazione del plebiscito di annessione del Veneto al regno d'Italia del 21-22 ottobre 1866]] === 3.4. Le rivendicazioni di inclusione politica: il dibattito sull'esclusione dai plebisciti === Nel giugno del 1866 [[w:Terza_guerra_d'indipendenza_italiana|il neonato Regno d'Italia dichiarò guerra all'Impero austriaco]], con l'obiettivo di completare l'unificazione nazionale. Le province venete furono oggetto di dura repressione da parte austriaca; in risposta molte patriote si prepararono all'impegno nelle fila garibaldine e assunsero ruoli di rilievo all'interno delle organizzazioni politiche. Dopo la firma del [[w:Trattato_di_Vienna_(1866)|trattato di pace]], la fine della sovranità austriaca fu salutata da manifestazioni di giubilo popolare. La contessa Montalban Comello fu la prima ad esporre dal balcone del proprio palazzo la bandiera tricolore italiana.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 132-133}}</ref> Nonostante l'attiva partecipazione femminile al processo risorgimentale, il [[w:Plebiscito_del_Veneto_del_1866|plebiscito per l’annessione del Veneto]] al Regno d’Italia ammise al voto solo i cittadini di sesso maschile. Le patriote venete protestarono indirizzando al re [[w:Vittorio_Emanuele_II_di_Savoia|Vittorio Emanuele II]] un documento intitolato ''Voto Femminile'', in cui lamentarono l'esclusione da un momento politico fondamentale, al quale avevano contribuito in modo determinante.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 135-136}}</ref> Anche in altre città italiane le cronache riportarono episodi di protesta da parte di donne contro l'esclusione dal voto. In alcuni casi si concesse loro di depositare simbolicamente schede apocrife in urne separate, come testimonianza della loro convinta adesione al processo di costruzione del nuovo ordine nazionale. Un'eccezione si era verificata nel 1860 nel [[w:Mezzogiorno_(Italia)|Mezzogiorno]] in occasione del [[w:Plebiscito_delle_province_napoletane_del_1860|plebiscito per l’annessione delle province napoletane]] del Regno delle Due Sicilie nel costituendo Regno d'Italia. [[w:Marianna_De_Crescenzo|Marianna De Crescenzo]] detta "la Sangiovannara", <ref>{{Cita|Fruci 2007|p. 33}}</ref> taverniera napoletana legata alla cosiddetta "camorra liberale", il [[w:Plebiscito_delle_province_siciliane_del_1860|21 ottobre 1860]] fu ammessa a votare, unica donna tra circa due milioni di votanti.<ref>{{Cita|Fruci 2007|pp. 32-34}}</ref> La sua partecipazione fu motivata dal ruolo attivo svolto nei giorni precedenti l’arrivo di [[w:Garibaldi|Garibaldi]] a Napoli. === 3.5. Costruzione della memoria risorgimentale, identità nazionale e rappresentazioni di genere === [[File:Adelaide cairoli.jpg|sinistra|miniatura|Adelaide Cairoli]] Nel processo di costruzione della memoria risorgimentale, il ruolo femminile fu progressivamente ridimensionato, nonostante l’ampia partecipazione delle donne ai moti patriottici. Le narrazioni postunitarie preferirono enfatizzare il loro contributo come sostegno morale e affettivo agli uomini, incanalando la rappresentazione femminile in una cornice idealizzata e passiva. In questa visione, la nazione stessa fu simbolicamente "femminilizzata", raffigurata come madre amorevole e sofferente, da proteggere e riscattare, mentre alle donne reali veniva assegnato il compito di incarnare virtù domestiche e sacrificio silenzioso. Tale modello si radicava in una più ampia eredità culturale, derivata dal [[w:Illuminismo|pensiero illuminista]] e dal riformismo settecentesco, che esaltava la funzione materna e pedagogica della donna, relegandola però a un ruolo subalterno nella sfera privata, esclusa dalla partecipazione politica e dalla cittadinanza attiva.<ref>{{Cita|Banti 2011|pp. 39-40}}</ref> Nel processo di costruzione dell’[[w:Identità_nazionale|identità nazionale]] italiana, si affermò così una netta distinzione tra i compiti attribuiti ai due sessi: agli uomini spettava il compito di combattere, morire, fondare lo Stato, alle donne di assisterli, sostenere, allevare e trasmettere valori morali e patriottici. La figura della madre patriottica divenne un elemento simbolico centrale della nuova Italia, uno dei miti fondanti della nazione, come esemplificano le figure di [[w:Adelaide_Cairoli|Adelaide Cairoli]] e di [[w:Caterina_Franceschi_Ferrucci|Caterina Franceschi Ferrucci]], il cui impegno educativo e familiare fu spesso narrato come parte integrante della causa nazionale. I protagonisti delle gesta risorgimentali spesso omaggiarono nelle loro memorie le proprie madri, erette a emblema di dedizione silenziosa e di virtù civili, rendendo questo tributo materno un topos della retorica patriottica postrisorgimentale.<ref>{{Cita libro|autore=Rosanna De Longis|titolo=Le donne hanno avuto un Risorgimento? Elementi per una discussione|anno=1991|editore=Rosenberg & Sellier|città=Torino|p=p. 85|cid=De Longis|OCLC=800560792|opera=Memoria : rivista di storia delle donne, n.31|pp=}}</ref><ref>{{Cita|Banti 2011|pp. 38-40}}</ref> == Note == <references /> == Bibliografia == * {{Cita libro|autore=Alberto Maria Banti|titolo=Genere e nazione, in Sublime madre nostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo|anno=2011|editore=Laterza|città=Roma-Bari|OCLC=711845035|cid=Banti 2011}} * {{Cita libro|autore=Silvia Chiavicchioli|titolo=Donne e politica nel 1848 italiano, tra partecipazione, cittadinanza e nazione|anno=2019|editore=Accademia University Press|città=Torino|pp=62-76|curatore=Pietro Adamo, Antonio Chiavistelli, Paolo Soddu|OCLC=1142951344|cid=Cavicchioli|opera=Forme e metamorfosi della rappresentanza politica : 1848, 1948, 1968}} * {{Cita libro|autore=Rosanna De Longis|titolo=Le donne hanno avuto un Risorgimento? Elementi per una discussione|anno=1981-1991|opera=Memoria : rivista di storia delle donne, n. 31|OCLC=800560792|cid=De Longis|editore=Rosenberg & Sellier|città=Torino}} * {{Cita libro|autore=Nadia Maria Filippini|titolo=Donne sulla scena pubblica: società e politica in Veneto tra Sette e Ottocento|anno=2012|editore=F. Angeli|città=Milano|pp=|OCLC=1159091459|cid=Filippini}} * {{Cita libro|autore=Gian Luca Fruci|titolo=Cittadine senza cittadinanza. La mobilitazione femminile nei plebisciti del Risorgimento (1848-1870)|anno=2007|editore=Viella|curatore=Vinzia Fiorino|opera=Genesis. V/2, 2006. Una donna, un voto|cid=Fruci 2007|OCLC=889151873}} * {{Cita pubblicazione|autore=Aurora Ornella Grimaldi|coautori=|titolo=Risorgimento e donne di Sicilia: Il canto di Giuseppina Turrisi Colonna|editore=Università di Salamanca|pp=|cid=Grimaldi}} * {{Cita pubblicazione|autore=Chiara Natoli|anno=2024|titolo=Scrittrici palermitane e rivoluzione: la ‘Strenna pel 12 gennaro 1849’|rivista=Sinestesie|volume=XIII|numero=43|pp=1-15|cid=Natoli}} * {{Cita pubblicazione|autore=Simonetta Soldani|anno=1999|titolo=Donne della nazione: presenze femminili nell'Italia del Quarantotto|rivista=Passato e presente|numero=46|pp=75-102|cid=Soldani}} * {{Cita libro|autore=Simonetta Soldani|titolo=Il Risorgimento delle donne|anno=2007|editore=Einaudi|città=Torino|p=|OCLC=860142613|opera=Il Risorgimento|curatore=Alberto Mario Banti, Paul Ginsborg|cid=Soldani 2007}} * {{Cita pubblicazione|autore=Angelica Zazzeri|coautori=|anno=2006/2007|titolo=Donne in armi: immagini e rappresentazioni nell’Italia del 1848-49|rivista=Genesis: V/2, 2006|città=Roma|volume=|pp=165-188|cid=Zazzeri}} [[Categoria:Storia del femminismo italiano]] mdog4x1cb1a5ls74bt6ee2was2x65hv Storia del femminismo italiano/1. Origini del termine "femminismo" e questioni storiografiche 0 57622 477356 477228 2025-06-05T06:14:07Z Camelia.boban 25520 Fix categoria 477356 wikitext text/x-wiki {{Storia del femminismo italiano}} {{Storia del femminismo italiano 1}} ==1. Origini del termine "femminismo" e questioni storiografiche== === 1.1 Concetto ed etimologia del termine "femminismo" === Il [[w:Femminismo|femminismo]] è un insieme articolato di idee, teorie, analisi critiche e pratiche, sia individuali che collettive, sviluppatesi nel corso della storia con l'obbiettivo di identificare, denunciare e superare le disuguaglianze e le ingiustizie basate sul [[w:Genere_(scienze_sociali)|genere]]. Si fonda sulla critica alle strutture di potere e alle costruzioni culturali che, storicamente e socialmente, hanno relegato le donne in una posizione di subordinazione rispetto agli uomini. Nel contesto occidentale, i termini “femminismo” e “femminista” sono utilizzati per descrivere sia le teorie che promuovono l'uguaglianza e/o la valorizzazione delle differenze e dell’autonomia delle donne, sia le organizzazioni che si mobilitano per il conseguimento di tali obiettivi, sia i soggetti che si identificano con questi principi e azioni.<ref>{{Cita|Offen|p. 492}}</ref> ==== 1.1.1. Origine e sviluppo del termine ==== Dal punto di vista etimologico, la genesi del termine presenta una progressione [[w:Semantica|semantica]] significativa. Nella lingua inglese, il termine ''feminism'' presente nell'''Appendice'' della revised edition del ''Webster's American Dictionary of the English Language'' del 1841, indica le qualità associate al genere femminile in senso descrittivo e biologico (''the qualities of females''), un significato ripreso anche nell'edizione del 1857 de ''A New English and Italian Pronouncing and Explanatory Dictionary'' di John Millhouse.<ref>{{Cita libro|titolo=Feminism|anno=1841|p=963|opera=Webster's American Dictionary of the English Language (revised edition)|lingua=en|url=https://books.google.it/books?redir_esc=y&hl=it&id=EohAAAAAYAAJ&q=feminism#v=onepage&q=963&f=false}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=John Millhouse, Ferdinando Bracciforti|titolo=New English and Italian pronouncing and explanatory dictionary|anno=1857|editore=J. Millhouse, Trübner|città=London|lingua=en, it|edizione=2}}</ref> [[File:Charles Gallot - Hubertine Auclert, Suffrage des femmes.jpg|miniatura|sinistra|Hubertine Auclert in un ritratto di Ritratto di Charles Gallot]] A partire dal 1875 il termine viene utilizzato nel linguaggio medico per descrivere la comparsa di [[w:Sesso_(biologia)|caratteri sessuali]] secondari femminili in individui di sesso maschile. In Francia, nella tesi medica di Ferdinand-Valère Fanneau de La Cour, ''Du féminisme et de l’infantilisme chez les tuberculeux'', si riferisce al processo di [[w:Femminilizzazione_(biologia)|femminilizzazione]] osservabile nei corpi di uomini affetti da [[w:Tubercolosi|tubercolosi]].<ref>{{Cita|Fayolle|p. 2}}</ref> Nel 1872 [[w:Alexandre_Dumas_figlio|Alexandre Dumas figlio]] utilizza il termine ''féministes'' in senso dispregiativo nel suo pamphlet ''L’homme-femme: réponse à M. Henri d’Ideville'', riferendosi agli uomini che sostenevano i [[w:Diritti_delle_donne|diritti delle donne]], attribuendo loro una connotazione di scarsa virilità.<ref>{{Cita|Offen|p. 494}}</ref> Dieci anni dopo, nel 1882, [[w:Hubertine_Auclert|Hubertine Auclert]], sostenitrice del [[w:Suffragio_femminile|suffragio femminile]] (1848-1914) e fondatrice nel 1876 della società ''Le droit des femmes'', in una lettera di pretesta inviata al prefetto usa il termine ''féministes'' per indicare "i sostenitori dell'[[w:Emancipazione|emancipazione]] delle donne", tra i quali si annovera. Karen Offen nei suoi studi sull'origine di "''féminism''e" e "''féministe''" evidenzia come, a partire dal 1892, questi termini entrino nell'uso comune in Francia, Svizzera e Belgio, in concomitanza con l'emergere dei [[w:Suffragio_femminile|movimenti suffragisti]], acquistando un significato politico-sociale.<ref>{{Cita|Offen|p. 495}}</ref> Nel contesto italiano, fino agli anni novanta dell'Ottocento ''"''emancipazionismo''"'' risulta essere il termine predominante.<ref name=":2">{{Cita|Willson|p. 212}}</ref> "Femminismo" comincia a diffondersi a partire dal 1896, per poi affermarsi nei primi anni del Novecento, utilizzato da molte delle stesse attiviste per autodefinirsi.<ref>{{Cita|Willson|p. 211}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Emma Scaramuzza|titolo=Di madri, di figlie e di sorelle: amicizia e impegno politico in Lombardia nel “lungo Ottocento”|anno=2010|editore=Franco Angeli|città=Milano|p=88 n.|opera=Politica e Amicizia. Relazioni, conflitti e differenze di genere (1860-1915)}}</ref> Nel 1897 l'articolo di [[w:Anna_Kuliscioff|Anna Kuliscioff]], ''Il feminismo'', pubblicato nella rivista ''[[w:Critica_sociale|Critica sociale]]'', evidenzia come negli ambienti e soprattutto nella stampa socialista, esso sia già diventato motivo di differenziazione politica, in quanto ritenuto un fenomeno "borghese" estraneo alla [[w:Lotta_di_classe|lotta di classe]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Anna Kuliscioff|data=16 giugno 1897|titolo=Il feminismo|rivista=Critica sociale|pp=185-187|url=https://www.bibliotecaginobianco.it/flip/CSO/CSO07-1200}}</ref> La lotta per i diritti civili e politici delle donne, e in particolare la questione della parità salariale e della tutela delle lavoratrici, sono definiti "questione femminile", che potrà essere risolta solo con l'abbattimento del [[w:Capitalismo|capitalismo]].<ref>{{Cita|Willson|pp. 213-215}}</ref> ==== 1.1.2. Il termine come stigma ==== Carolyne Fayolle nel suo studio ''Des corps “monstres”. Historique du stigmate féministe. Rhétoriques antiféministes'', ha sostenuto che la "minaccia della confusione di genere e la sua dimensione patologica" sarebbero al centro della nascita del termine "femminismo", come anche evidenziato dal suo uso in contesto medico. Fin dalla [[w:Rivoluzione_francese|Rivoluzione francese]], nota la studiosa, sarebbero state oggetto di stigma le donne - come [[w:Olympe_de_Gouges|Olympe de Gouges]] - che non si adeguavano ai ruoli di genere socialmente assegnati e coloro che sostenevano i diritti femminili, associati a una condizione di anormalità, "mostro metà uomo e metà donna", o patologicizzati in forme di disturbo fisico o psicologico.<ref>{{Cita|Fayolle|pp. 1-5}}</ref> === 1.2. "Femminismo" ed "emancipazionismo" nella storiografia italiana === Numerose studiose che si sono occupate della storia del primo movimento per i diritti delle donne in Italia hanno distinto i termini "femminismo" ed "emancipazionismo", attribuendo loro significati, valenze e collocazioni storiche differenti.<ref>{{Cita|Willson|pp. 210, 223-224}}</ref> [[w:Franca_Pieroni_Bortolotti|Franca Pieroni Bortolotti]], pioniera della storia delle donne in Italia e attenta al rapporto tra emancipazione femminile e storia politica generale, ai legami tra movimento delle donne e partiti politici, ha operato una distinzione tra l'emancipazionismo ottocentesco, fondato su istanze egualitarie di matrice mazziniana, repubblicana e radicale prima, operaista e socialista poi, e il femminismo del primo Novecento, da lei interpretato come una forma di regressione per l'abbandono delle rivendicazioni paritarie.<ref>{{Cita libro|autore=Franca Pieroni Bortolotti|titolo=Alle origini del movimento femminile in Italia, 1848-1892|anno=1975|editore=Einaudi|città=Torino|pp=17-18}}</ref><ref>{{Cita|Gagliani, pp. 64-65}}</ref> [[w:Annarita_Buttafuoco|Annarita Buttafuoco]], concentrata maggiormente sulla storia interna delle associazioni femminili, sui loro rapporti, sull'autonomia organizzativa e sui progetti politici, ha invece evidenziato la portata innovativa della nascita di un vero e proprio movimento delle donne, visibile e strutturato nel contesto politico italiano. A differenza di Pieroni Bortolotti, non ha letto in chiave involutiva il passaggio tra Ottocento e Novecento, sottolineando piuttosto una cesura significativa nei momenti bellici, in particolare con la guerra di Libia e la prima guerra mondiale.<ref>{{Cita|Gagliani, p. 65}}</ref> Quanto alla terminologia, Buttafuoco ha tuttavia preferito il termine “emancipazionismo” per designare il movimento a cavallo dei due secoli, riservando "femminismo" a quello maturato negli anni settanta del Novecento.<ref>{{Cita|Willson|p. 218}}</ref> [[File:Franca Pieroni Bortolotti.png|sinistra|miniatura|Franca Pieroni Bortolotti, pioniera degli studi sul primo femminismo in Italia]] Perry Willson ha osservato come questa "confusione terminologica" che connota la [[w:Storiografia|storiografia]] italiana si accompagni spesso ad un giudizio di valore negativo nei confronti del movimento delle donne dell'età liberale, definito prevalentemente con il termine "emancipazionismo" o "associazionismo femminile", anche se "femminismo" era un termine già in voga all'inizio del Novecento, come testimoniano autorevoli fonti dell'epoca. Ricorda ad esempio come [[w:Carmela_Baricelli|Carmela Baricelli]], direttrice de ''L'Alleanza,'' uno dei settimanali più radicali del periodo, nel 1908 definisse il suo giornale "femminile e femminista", così come l'Unione femminile chiamasse il proprio "femminismo pratico" e le cattoliche "femminismo cristiano".<ref>{{Cita|Willson|pp. 212-213}}</ref> Secondo Willson, la reticenza nell’uso del termine ''femminismo'' per il periodo prebellico si spiega con la sua progressiva impopolarità nella storia italiana: osteggiato dal [[w:Fascismo|fascismo]] - che però nella fase iniziale vide l’adesione di numerose militanti del movimento - il femminismo fu stigmatizzato anche dalla sinistra, sia nei primi decenni del Novecento che nel [[w:Secondo_dopoguerra_in_Italia|secondo dopoguerra]], come "femminismo borghese". Nel periodo del [[w:Femminismo_in_Italia|neofemminismo degli anni settanta]], le nuove generazioni di donne contrapposero il termine "liberazione" a quello di "emancipazione", associato alle organizzazioni femminili di massa del dopoguerra, come l'[[w:Unione_donne_in_Italia|UDI]] e [[w:Centro_italiano_femminile|il CiF]], da cui intendevano prendere le distanze.<ref>{{Cita|Willson|pp. 216-217, 221}}</ref> Willson segnala tuttavia come nel corso del secondo decennio del XXI secolo si sia registrata una crescente preferenza, da parte della storiografia, per il termine "femminismo", in particolare negli studi sul movimento delle donne durante la [[w:Prima_guerra_mondiale|prima guerra mondiale]] e in relazione a contesti internazionali. La questione terminologica, tuttavia, rimane a suo parere una questione aperta e oggetto di riflessione nel dibattito storiografico italiano.<ref>{{Cita|Willson|pp. 221-228}}</ref> ==Note== <references/> [[Categoria:Storia del femminismo italiano]] jk7irv1jpnrwdg4y07ho35mcjh56lav 477362 477356 2025-06-05T09:47:38Z LorManLor 24993 Rivisto Bibliografia 477362 wikitext text/x-wiki {{Storia del femminismo italiano}} {{Storia del femminismo italiano 1}} ==1. Origini del termine "femminismo" e questioni storiografiche== === 1.1 Concetto ed etimologia del termine "femminismo" === Il [[w:Femminismo|femminismo]] è un insieme articolato di idee, teorie, analisi critiche e pratiche, sia individuali che collettive, sviluppatesi nel corso della storia con l'obbiettivo di identificare, denunciare e superare le disuguaglianze e le ingiustizie basate sul [[w:Genere_(scienze_sociali)|genere]]. Si fonda sulla critica alle strutture di potere e alle costruzioni culturali che, storicamente e socialmente, hanno relegato le donne in una posizione di subordinazione rispetto agli uomini. Nel contesto occidentale, i termini “femminismo” e “femminista” sono utilizzati per descrivere sia le teorie che promuovono l'uguaglianza e/o la valorizzazione delle differenze e dell’autonomia delle donne, sia le organizzazioni che si mobilitano per il conseguimento di tali obiettivi, sia i soggetti che si identificano con questi principi e azioni.<ref>{{Cita|Offen|p. 492}}</ref> ==== 1.1.1. Origine e sviluppo del termine ==== Dal punto di vista etimologico, la genesi del termine presenta una progressione [[w:Semantica|semantica]] significativa. Nella lingua inglese, il termine ''feminism'' presente nell'''Appendice'' della revised edition del ''Webster's American Dictionary of the English Language'' del 1841, indica le qualità associate al genere femminile in senso descrittivo e biologico (''the qualities of females''), un significato ripreso anche nell'edizione del 1857 de ''A New English and Italian Pronouncing and Explanatory Dictionary'' di John Millhouse.<ref>{{Cita libro|titolo=Feminism|anno=1841|p=963|opera=Webster's American Dictionary of the English Language (revised edition)|lingua=en|url=https://books.google.it/books?redir_esc=y&hl=it&id=EohAAAAAYAAJ&q=feminism#v=onepage&q=963&f=false}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=John Millhouse, Ferdinando Bracciforti|titolo=New English and Italian pronouncing and explanatory dictionary|anno=1857|editore=J. Millhouse, Trübner|città=London|lingua=en, it|edizione=2}}</ref> [[File:Charles Gallot - Hubertine Auclert, Suffrage des femmes.jpg|miniatura|sinistra|Hubertine Auclert in un ritratto di Ritratto di Charles Gallot]] A partire dal 1875 il termine viene utilizzato nel linguaggio medico per descrivere la comparsa di [[w:Sesso_(biologia)|caratteri sessuali]] secondari femminili in individui di sesso maschile. In Francia, nella tesi medica di Ferdinand-Valère Fanneau de La Cour, ''Du féminisme et de l’infantilisme chez les tuberculeux'', si riferisce al processo di [[w:Femminilizzazione_(biologia)|femminilizzazione]] osservabile nei corpi di uomini affetti da [[w:Tubercolosi|tubercolosi]].<ref>{{Cita|Fayolle|p. 2}}</ref> Nel 1872 [[w:Alexandre_Dumas_figlio|Alexandre Dumas figlio]] utilizza il termine ''féministes'' in senso dispregiativo nel suo pamphlet ''L’homme-femme: réponse à M. Henri d’Ideville'', riferendosi agli uomini che sostenevano i [[w:Diritti_delle_donne|diritti delle donne]], attribuendo loro una connotazione di scarsa virilità.<ref>{{Cita|Offen|p. 494}}</ref> Dieci anni dopo, nel 1882, [[w:Hubertine_Auclert|Hubertine Auclert]], sostenitrice del [[w:Suffragio_femminile|suffragio femminile]] (1848-1914) e fondatrice nel 1876 della società ''Le droit des femmes'', in una lettera di pretesta inviata al prefetto usa il termine ''féministes'' per indicare "i sostenitori dell'[[w:Emancipazione|emancipazione]] delle donne", tra i quali si annovera. Karen Offen nei suoi studi sull'origine di "''féminism''e" e "''féministe''" evidenzia come, a partire dal 1892, questi termini entrino nell'uso comune in Francia, Svizzera e Belgio, in concomitanza con l'emergere dei [[w:Suffragio_femminile|movimenti suffragisti]], acquistando un significato politico-sociale.<ref>{{Cita|Offen|p. 495}}</ref> Nel contesto italiano, fino agli anni novanta dell'Ottocento ''"''emancipazionismo''"'' risulta essere il termine predominante.<ref name=":2">{{Cita|Willson|p. 212}}</ref> "Femminismo" comincia a diffondersi a partire dal 1896, per poi affermarsi nei primi anni del Novecento, utilizzato da molte delle stesse attiviste per autodefinirsi.<ref>{{Cita|Willson|p. 211}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Emma Scaramuzza|titolo=Di madri, di figlie e di sorelle: amicizia e impegno politico in Lombardia nel “lungo Ottocento”|anno=2010|editore=Franco Angeli|città=Milano|p=88 n.|opera=Politica e Amicizia. Relazioni, conflitti e differenze di genere (1860-1915)}}</ref> Nel 1897 l'articolo di [[w:Anna_Kuliscioff|Anna Kuliscioff]], ''Il feminismo'', pubblicato nella rivista ''[[w:Critica_sociale|Critica sociale]]'', evidenzia come negli ambienti e soprattutto nella stampa socialista, esso sia già diventato motivo di differenziazione politica, in quanto ritenuto un fenomeno "borghese" estraneo alla [[w:Lotta_di_classe|lotta di classe]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Anna Kuliscioff|data=16 giugno 1897|titolo=Il feminismo|rivista=Critica sociale|pp=185-187|url=https://www.bibliotecaginobianco.it/flip/CSO/CSO07-1200}}</ref> La lotta per i diritti civili e politici delle donne, e in particolare la questione della parità salariale e della tutela delle lavoratrici, sono definiti "questione femminile", che potrà essere risolta solo con l'abbattimento del [[w:Capitalismo|capitalismo]].<ref>{{Cita|Willson|pp. 213-215}}</ref> ==== 1.1.2. Il termine come stigma ==== Carolyne Fayolle nel suo studio ''Des corps “monstres”. Historique du stigmate féministe. Rhétoriques antiféministes'', ha sostenuto che la "minaccia della confusione di genere e la sua dimensione patologica" sarebbero al centro della nascita del termine "femminismo", come anche evidenziato dal suo uso in contesto medico. Fin dalla [[w:Rivoluzione_francese|Rivoluzione francese]], nota la studiosa, sarebbero state oggetto di stigma le donne - come [[w:Olympe_de_Gouges|Olympe de Gouges]] - che non si adeguavano ai ruoli di genere socialmente assegnati e coloro che sostenevano i diritti femminili, associati a una condizione di anormalità, "mostro metà uomo e metà donna", o patologicizzati in forme di disturbo fisico o psicologico.<ref>{{Cita|Fayolle|pp. 1-5}}</ref> === 1.2. "Femminismo" ed "emancipazionismo" nella storiografia italiana === Numerose studiose che si sono occupate della storia del primo movimento per i diritti delle donne in Italia hanno distinto i termini "femminismo" ed "emancipazionismo", attribuendo loro significati, valenze e collocazioni storiche differenti.<ref>{{Cita|Willson|pp. 210, 223-224}}</ref> [[w:Franca_Pieroni_Bortolotti|Franca Pieroni Bortolotti]], pioniera della storia delle donne in Italia e attenta al rapporto tra emancipazione femminile e storia politica generale, ai legami tra movimento delle donne e partiti politici, ha operato una distinzione tra l'emancipazionismo ottocentesco, fondato su istanze egualitarie di matrice mazziniana, repubblicana e radicale prima, operaista e socialista poi, e il femminismo del primo Novecento, da lei interpretato come una forma di regressione per l'abbandono delle rivendicazioni paritarie.<ref>{{Cita libro|autore=Franca Pieroni Bortolotti|titolo=Alle origini del movimento femminile in Italia, 1848-1892|anno=1975|editore=Einaudi|città=Torino|pp=17-18}}</ref><ref>{{Cita|Gagliani, pp. 64-65}}</ref> [[w:Annarita_Buttafuoco|Annarita Buttafuoco]], concentrata maggiormente sulla storia interna delle associazioni femminili, sui loro rapporti, sull'autonomia organizzativa e sui progetti politici, ha invece evidenziato la portata innovativa della nascita di un vero e proprio movimento delle donne, visibile e strutturato nel contesto politico italiano. A differenza di Pieroni Bortolotti, non ha letto in chiave involutiva il passaggio tra Ottocento e Novecento, sottolineando piuttosto una cesura significativa nei momenti bellici, in particolare con la guerra di Libia e la prima guerra mondiale.<ref>{{Cita|Gagliani, p. 65}}</ref> Quanto alla terminologia, Buttafuoco ha tuttavia preferito il termine “emancipazionismo” per designare il movimento a cavallo dei due secoli, riservando "femminismo" a quello maturato negli anni settanta del Novecento.<ref>{{Cita|Willson|p. 218}}</ref> [[File:Franca Pieroni Bortolotti.png|sinistra|miniatura|Franca Pieroni Bortolotti, pioniera degli studi sul primo femminismo in Italia]] Perry Willson ha osservato come questa "confusione terminologica" che connota la [[w:Storiografia|storiografia]] italiana si accompagni spesso ad un giudizio di valore negativo nei confronti del movimento delle donne dell'età liberale, definito prevalentemente con il termine "emancipazionismo" o "associazionismo femminile", anche se "femminismo" era un termine già in voga all'inizio del Novecento, come testimoniano autorevoli fonti dell'epoca. Ricorda ad esempio come [[w:Carmela_Baricelli|Carmela Baricelli]], direttrice de ''L'Alleanza,'' uno dei settimanali più radicali del periodo, nel 1908 definisse il suo giornale "femminile e femminista", così come l'Unione femminile chiamasse il proprio "femminismo pratico" e le cattoliche "femminismo cristiano".<ref>{{Cita|Willson|pp. 212-213}}</ref> Secondo Willson, la reticenza nell’uso del termine ''femminismo'' per il periodo prebellico si spiega con la sua progressiva impopolarità nella storia italiana: osteggiato dal [[w:Fascismo|fascismo]] - che però nella fase iniziale vide l’adesione di numerose militanti del movimento - il femminismo fu stigmatizzato anche dalla sinistra, sia nei primi decenni del Novecento che nel [[w:Secondo_dopoguerra_in_Italia|secondo dopoguerra]], come "femminismo borghese". Nel periodo del [[w:Femminismo_in_Italia|neofemminismo degli anni settanta]], le nuove generazioni di donne contrapposero il termine "liberazione" a quello di "emancipazione", associato alle organizzazioni femminili di massa del dopoguerra, come l'[[w:Unione_donne_in_Italia|UDI]] e [[w:Centro_italiano_femminile|il CiF]], da cui intendevano prendere le distanze.<ref>{{Cita|Willson|pp. 216-217, 221}}</ref> Willson segnala tuttavia come nel corso del secondo decennio del XXI secolo si sia registrata una crescente preferenza, da parte della storiografia, per il termine "femminismo", in particolare negli studi sul movimento delle donne durante la [[w:Prima_guerra_mondiale|prima guerra mondiale]] e in relazione a contesti internazionali. La questione terminologica, tuttavia, rimane a suo parere una questione aperta e oggetto di riflessione nel dibattito storiografico italiano.<ref>{{Cita|Willson|pp. 221-228}}</ref> == Note == <references/> == Bibliografia == * {{Cita pubblicazione|autore=Caroline Fayolle|anno=2018|titolo=Des corps « monstres ». Historique du stigmate féministe|rivista=Glad! Revue sur le langage, le genre, les sexualités|numero=4|pp=1-5|lingua=fr|doi=10.4000/glad.1034|cid=Fayolle}} * {{Cita libro|autore=Dianella Gagliani|titolo=Itinerari della ricerca storica. Questioni di cittadinanza e di politica|anno=2001|editore=Jouvence|città=Roma|pp=55-76|opera=Annarita Buttafuoco. Ritratto di una storica|curatore=Anna Rossi-Doria|cid=Gagliani}} * {{Cita libro|autore=Karen Green|titolo=A History of Women’s Political Thought in Europe, 1700–1800|anno=2014|editore=Cambridge University Press|città=Cambridge|lingua=en|OCLC=917154498|cid=Green}} * {{Cita pubblicazione|autore=Joan Kelly|anno=1982|titolo=Early Feminist Theory and the "Querelle des Femmes", 1400-1789|rivista=The University of Chicago Press|volume=8|numero=1|pp=4-28|lingua=en|cid=Kelly}} * {{Cita libro|autore=Rebecca Messbarger|titolo=The Italian Enlightenment Reform of the Querelle des Femmes|anno=2005|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|cid=Messbarger|OCLC=55887354|lingua=en|pp=1-22|curatore=Rebecca Messbarger, Paula Findlen|opera=The contest for knowledge : debates over women's learning in Eighteenth-century Italy}} * {{Cita pubblicazione|autore=Karen Offen|anno=1987|titolo=Sur l'origine des mots "féminisme" et "féministe"|rivista=Revue d'histoire moderne et contemporaine|volume=34|numero=3|pp=492-496|lingua=fr|cid=Offen}} * {{Cita pubblicazione|autore=Perry Willson|anno=2019|titolo=Confusione terminologica: "femminismo” ed “emancipazionismo” nell’Italia liberale|rivista=Italia Contemporanea|editore=|numero=290|pp=209-229|cid=Willson}} [[Categoria:Storia del femminismo italiano]] 69yv5s17er624fluirntdt5oo72zbzy 477363 477362 2025-06-05T09:53:02Z LorManLor 24993 Note 477363 wikitext text/x-wiki {{Storia del femminismo italiano}} {{Storia del femminismo italiano 1}} ==1. Origini del termine "femminismo" e questioni storiografiche== === 1.1 Concetto ed etimologia del termine "femminismo" === Il [[w:Femminismo|femminismo]] è un insieme articolato di idee, teorie, analisi critiche e pratiche, sia individuali che collettive, sviluppatesi nel corso della storia con l'obbiettivo di identificare, denunciare e superare le disuguaglianze e le ingiustizie basate sul [[w:Genere_(scienze_sociali)|genere]]. Si fonda sulla critica alle strutture di potere e alle costruzioni culturali che, storicamente e socialmente, hanno relegato le donne in una posizione di subordinazione rispetto agli uomini. Nel contesto occidentale, i termini “femminismo” e “femminista” sono utilizzati per descrivere sia le teorie che promuovono l'uguaglianza e/o la valorizzazione delle differenze e dell’autonomia delle donne, sia le organizzazioni che si mobilitano per il conseguimento di tali obiettivi, sia i soggetti che si identificano con questi principi e azioni.<ref>{{Cita|Offen|p. 492}}</ref> ==== 1.1.1. Origine e sviluppo del termine ==== Dal punto di vista etimologico, la genesi del termine presenta una progressione [[w:Semantica|semantica]] significativa. Nella lingua inglese, il termine ''feminism'' presente nell'''Appendice'' della revised edition del ''Webster's American Dictionary of the English Language'' del 1841, indica le qualità associate al genere femminile in senso descrittivo e biologico (''the qualities of females''), un significato ripreso anche nell'edizione del 1857 de ''A New English and Italian Pronouncing and Explanatory Dictionary'' di John Millhouse.<ref>{{Cita libro|titolo=Feminism|anno=1841|p=963|opera=Webster's American Dictionary of the English Language (revised edition)|lingua=en|url=https://books.google.it/books?redir_esc=y&hl=it&id=EohAAAAAYAAJ&q=feminism#v=onepage&q=963&f=false}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=John Millhouse, Ferdinando Bracciforti|titolo=New English and Italian pronouncing and explanatory dictionary|anno=1857|editore=J. Millhouse, Trübner|città=London|lingua=en, it|edizione=2}}</ref> [[File:Charles Gallot - Hubertine Auclert, Suffrage des femmes.jpg|miniatura|sinistra|Hubertine Auclert in un ritratto di Ritratto di Charles Gallot]] A partire dal 1875 il termine viene utilizzato nel linguaggio medico per descrivere la comparsa di [[w:Sesso_(biologia)|caratteri sessuali]] secondari femminili in individui di sesso maschile. In Francia, nella tesi medica di Ferdinand-Valère Fanneau de La Cour, ''Du féminisme et de l’infantilisme chez les tuberculeux'', si riferisce al processo di [[w:Femminilizzazione_(biologia)|femminilizzazione]] osservabile nei corpi di uomini affetti da [[w:Tubercolosi|tubercolosi]].<ref>{{Cita|Fayolle|p. 2}}</ref> Nel 1872 [[w:Alexandre_Dumas_figlio|Alexandre Dumas figlio]] utilizza il termine ''féministes'' in senso dispregiativo nel suo pamphlet ''L’homme-femme: réponse à M. Henri d’Ideville'', riferendosi agli uomini che sostenevano i [[w:Diritti_delle_donne|diritti delle donne]], attribuendo loro una connotazione di scarsa virilità.<ref>{{Cita|Offen|p. 494}}</ref> Dieci anni dopo, nel 1882, [[w:Hubertine_Auclert|Hubertine Auclert]], sostenitrice del [[w:Suffragio_femminile|suffragio femminile]] (1848-1914) e fondatrice nel 1876 della società ''Le droit des femmes'', in una lettera di pretesta inviata al prefetto usa il termine ''féministes'' per indicare "i sostenitori dell'[[w:Emancipazione|emancipazione]] delle donne", tra i quali si annovera. Karen Offen nei suoi studi sull'origine di "''féminism''e" e "''féministe''" evidenzia come, a partire dal 1892, questi termini entrino nell'uso comune in Francia, Svizzera e Belgio, in concomitanza con l'emergere dei [[w:Suffragio_femminile|movimenti suffragisti]], acquistando un significato politico-sociale.<ref>{{Cita|Offen|p. 495}}</ref> Nel contesto italiano, fino agli anni novanta dell'Ottocento ''"''emancipazionismo''"'' risulta essere il termine predominante.<ref name=":2">{{Cita|Willson|p. 212}}</ref> "Femminismo" comincia a diffondersi a partire dal 1896, per poi affermarsi nei primi anni del Novecento, utilizzato da molte delle stesse attiviste per autodefinirsi.<ref>{{Cita|Willson|p. 211}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Emma Scaramuzza|titolo=Di madri, di figlie e di sorelle: amicizia e impegno politico in Lombardia nel “lungo Ottocento”|anno=2010|editore=Franco Angeli|città=Milano|p=88 n.|opera=Politica e Amicizia. Relazioni, conflitti e differenze di genere (1860-1915)}}</ref> Nel 1897 l'articolo di [[w:Anna_Kuliscioff|Anna Kuliscioff]], ''Il feminismo'', pubblicato nella rivista ''[[w:Critica_sociale|Critica sociale]]'', evidenzia come negli ambienti e soprattutto nella stampa socialista, esso sia già diventato motivo di differenziazione politica, in quanto ritenuto un fenomeno "borghese" estraneo alla [[w:Lotta_di_classe|lotta di classe]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Anna Kuliscioff|data=16 giugno 1897|titolo=Il feminismo|rivista=Critica sociale|pp=185-187|url=https://www.bibliotecaginobianco.it/flip/CSO/CSO07-1200}}</ref> La lotta per i diritti civili e politici delle donne, e in particolare la questione della parità salariale e della tutela delle lavoratrici, sono definiti "questione femminile", che potrà essere risolta solo con l'abbattimento del [[w:Capitalismo|capitalismo]].<ref>{{Cita|Willson|pp. 213-215}}</ref> ==== 1.1.2. Il termine come stigma ==== Carolyne Fayolle nel suo studio ''Des corps “monstres”. Historique du stigmate féministe. Rhétoriques antiféministes'', ha sostenuto che la "minaccia della confusione di genere e la sua dimensione patologica" sarebbero al centro della nascita del termine "femminismo", come anche evidenziato dal suo uso in contesto medico. Fin dalla [[w:Rivoluzione_francese|Rivoluzione francese]], nota la studiosa, sarebbero state oggetto di stigma le donne - come [[w:Olympe_de_Gouges|Olympe de Gouges]] - che non si adeguavano ai ruoli di genere socialmente assegnati e coloro che sostenevano i diritti femminili, associati a una condizione di anormalità, "mostro metà uomo e metà donna", o patologicizzati in forme di disturbo fisico o psicologico.<ref>{{Cita|Fayolle|pp. 1-5}}</ref> === 1.2. "Femminismo" ed "emancipazionismo" nella storiografia italiana === Numerose studiose che si sono occupate della storia del primo movimento per i diritti delle donne in Italia hanno distinto i termini "femminismo" ed "emancipazionismo", attribuendo loro significati, valenze e collocazioni storiche differenti.<ref>{{Cita|Willson|pp. 210, 223-224}}</ref> [[w:Franca_Pieroni_Bortolotti|Franca Pieroni Bortolotti]], pioniera della storia delle donne in Italia e attenta al rapporto tra emancipazione femminile e storia politica generale, ai legami tra movimento delle donne e partiti politici, ha operato una distinzione tra l'emancipazionismo ottocentesco, fondato su istanze egualitarie di matrice mazziniana, repubblicana e radicale prima, operaista e socialista poi, e il femminismo del primo Novecento, da lei interpretato come una forma di regressione per l'abbandono delle rivendicazioni paritarie.<ref>{{Cita libro|autore=Franca Pieroni Bortolotti|titolo=Alle origini del movimento femminile in Italia, 1848-1892|anno=1975|editore=Einaudi|città=Torino|pp=17-18}}</ref><ref>{{Cita|Gagliani|pp. 64-65}}</ref> [[w:Annarita_Buttafuoco|Annarita Buttafuoco]], concentrata maggiormente sulla storia interna delle associazioni femminili, sui loro rapporti, sull'autonomia organizzativa e sui progetti politici, ha invece evidenziato la portata innovativa della nascita di un vero e proprio movimento delle donne, visibile e strutturato nel contesto politico italiano. A differenza di Pieroni Bortolotti, non ha letto in chiave involutiva il passaggio tra Ottocento e Novecento, sottolineando piuttosto una cesura significativa nei momenti bellici, in particolare con la guerra di Libia e la prima guerra mondiale.<ref>{{Cita|Gagliani| p. 65}}</ref> Quanto alla terminologia, Buttafuoco ha tuttavia preferito il termine “emancipazionismo” per designare il movimento a cavallo dei due secoli, riservando "femminismo" a quello maturato negli anni settanta del Novecento.<ref>{{Cita|Willson|p. 218}}</ref> [[File:Franca Pieroni Bortolotti.png|sinistra|miniatura|Franca Pieroni Bortolotti, pioniera degli studi sul primo femminismo in Italia]] Perry Willson ha osservato come questa "confusione terminologica" che connota la [[w:Storiografia|storiografia]] italiana si accompagni spesso ad un giudizio di valore negativo nei confronti del movimento delle donne dell'età liberale, definito prevalentemente con il termine "emancipazionismo" o "associazionismo femminile", anche se "femminismo" era un termine già in voga all'inizio del Novecento, come testimoniano autorevoli fonti dell'epoca. Ricorda ad esempio come [[w:Carmela_Baricelli|Carmela Baricelli]], direttrice de ''L'Alleanza,'' uno dei settimanali più radicali del periodo, nel 1908 definisse il suo giornale "femminile e femminista", così come l'Unione femminile chiamasse il proprio "femminismo pratico" e le cattoliche "femminismo cristiano".<ref>{{Cita|Willson|pp. 212-213}}</ref> Secondo Willson, la reticenza nell’uso del termine ''femminismo'' per il periodo prebellico si spiega con la sua progressiva impopolarità nella storia italiana: osteggiato dal [[w:Fascismo|fascismo]] - che però nella fase iniziale vide l’adesione di numerose militanti del movimento - il femminismo fu stigmatizzato anche dalla sinistra, sia nei primi decenni del Novecento che nel [[w:Secondo_dopoguerra_in_Italia|secondo dopoguerra]], come "femminismo borghese". Nel periodo del [[w:Femminismo_in_Italia|neofemminismo degli anni settanta]], le nuove generazioni di donne contrapposero il termine "liberazione" a quello di "emancipazione", associato alle organizzazioni femminili di massa del dopoguerra, come l'[[w:Unione_donne_in_Italia|UDI]] e [[w:Centro_italiano_femminile|il CiF]], da cui intendevano prendere le distanze.<ref>{{Cita|Willson|pp. 216-217, 221}}</ref> Willson segnala tuttavia come nel corso del secondo decennio del XXI secolo si sia registrata una crescente preferenza, da parte della storiografia, per il termine "femminismo", in particolare negli studi sul movimento delle donne durante la [[w:Prima_guerra_mondiale|prima guerra mondiale]] e in relazione a contesti internazionali. La questione terminologica, tuttavia, rimane a suo parere una questione aperta e oggetto di riflessione nel dibattito storiografico italiano.<ref>{{Cita|Willson|pp. 221-228}}</ref> == Note == <references/> == Bibliografia == * {{Cita pubblicazione|autore=Caroline Fayolle|anno=2018|titolo=Des corps « monstres ». Historique du stigmate féministe|rivista=Glad! Revue sur le langage, le genre, les sexualités|numero=4|pp=1-5|lingua=fr|doi=10.4000/glad.1034|cid=Fayolle}} * {{Cita libro|autore=Dianella Gagliani|titolo=Itinerari della ricerca storica. Questioni di cittadinanza e di politica|anno=2001|editore=Jouvence|città=Roma|pp=55-76|opera=Annarita Buttafuoco. Ritratto di una storica|curatore=Anna Rossi-Doria|cid=Gagliani}} * {{Cita libro|autore=Karen Green|titolo=A History of Women’s Political Thought in Europe, 1700–1800|anno=2014|editore=Cambridge University Press|città=Cambridge|lingua=en|OCLC=917154498|cid=Green}} * {{Cita pubblicazione|autore=Joan Kelly|anno=1982|titolo=Early Feminist Theory and the "Querelle des Femmes", 1400-1789|rivista=The University of Chicago Press|volume=8|numero=1|pp=4-28|lingua=en|cid=Kelly}} * {{Cita libro|autore=Rebecca Messbarger|titolo=The Italian Enlightenment Reform of the Querelle des Femmes|anno=2005|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|cid=Messbarger|OCLC=55887354|lingua=en|pp=1-22|curatore=Rebecca Messbarger, Paula Findlen|opera=The contest for knowledge : debates over women's learning in Eighteenth-century Italy}} * {{Cita pubblicazione|autore=Karen Offen|anno=1987|titolo=Sur l'origine des mots "féminisme" et "féministe"|rivista=Revue d'histoire moderne et contemporaine|volume=34|numero=3|pp=492-496|lingua=fr|cid=Offen}} * {{Cita pubblicazione|autore=Perry Willson|anno=2019|titolo=Confusione terminologica: "femminismo” ed “emancipazionismo” nell’Italia liberale|rivista=Italia Contemporanea|editore=|numero=290|pp=209-229|cid=Willson}} [[Categoria:Storia del femminismo italiano]] ohi40owk899gs115oneyl4zfgvv3l0a 477364 477363 2025-06-05T09:53:32Z LorManLor 24993 /* 1.2. "Femminismo" ed "emancipazionismo" nella storiografia italiana */ 477364 wikitext text/x-wiki {{Storia del femminismo italiano}} {{Storia del femminismo italiano 1}} ==1. Origini del termine "femminismo" e questioni storiografiche== === 1.1 Concetto ed etimologia del termine "femminismo" === Il [[w:Femminismo|femminismo]] è un insieme articolato di idee, teorie, analisi critiche e pratiche, sia individuali che collettive, sviluppatesi nel corso della storia con l'obbiettivo di identificare, denunciare e superare le disuguaglianze e le ingiustizie basate sul [[w:Genere_(scienze_sociali)|genere]]. Si fonda sulla critica alle strutture di potere e alle costruzioni culturali che, storicamente e socialmente, hanno relegato le donne in una posizione di subordinazione rispetto agli uomini. Nel contesto occidentale, i termini “femminismo” e “femminista” sono utilizzati per descrivere sia le teorie che promuovono l'uguaglianza e/o la valorizzazione delle differenze e dell’autonomia delle donne, sia le organizzazioni che si mobilitano per il conseguimento di tali obiettivi, sia i soggetti che si identificano con questi principi e azioni.<ref>{{Cita|Offen|p. 492}}</ref> ==== 1.1.1. Origine e sviluppo del termine ==== Dal punto di vista etimologico, la genesi del termine presenta una progressione [[w:Semantica|semantica]] significativa. Nella lingua inglese, il termine ''feminism'' presente nell'''Appendice'' della revised edition del ''Webster's American Dictionary of the English Language'' del 1841, indica le qualità associate al genere femminile in senso descrittivo e biologico (''the qualities of females''), un significato ripreso anche nell'edizione del 1857 de ''A New English and Italian Pronouncing and Explanatory Dictionary'' di John Millhouse.<ref>{{Cita libro|titolo=Feminism|anno=1841|p=963|opera=Webster's American Dictionary of the English Language (revised edition)|lingua=en|url=https://books.google.it/books?redir_esc=y&hl=it&id=EohAAAAAYAAJ&q=feminism#v=onepage&q=963&f=false}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=John Millhouse, Ferdinando Bracciforti|titolo=New English and Italian pronouncing and explanatory dictionary|anno=1857|editore=J. Millhouse, Trübner|città=London|lingua=en, it|edizione=2}}</ref> [[File:Charles Gallot - Hubertine Auclert, Suffrage des femmes.jpg|miniatura|sinistra|Hubertine Auclert in un ritratto di Ritratto di Charles Gallot]] A partire dal 1875 il termine viene utilizzato nel linguaggio medico per descrivere la comparsa di [[w:Sesso_(biologia)|caratteri sessuali]] secondari femminili in individui di sesso maschile. In Francia, nella tesi medica di Ferdinand-Valère Fanneau de La Cour, ''Du féminisme et de l’infantilisme chez les tuberculeux'', si riferisce al processo di [[w:Femminilizzazione_(biologia)|femminilizzazione]] osservabile nei corpi di uomini affetti da [[w:Tubercolosi|tubercolosi]].<ref>{{Cita|Fayolle|p. 2}}</ref> Nel 1872 [[w:Alexandre_Dumas_figlio|Alexandre Dumas figlio]] utilizza il termine ''féministes'' in senso dispregiativo nel suo pamphlet ''L’homme-femme: réponse à M. Henri d’Ideville'', riferendosi agli uomini che sostenevano i [[w:Diritti_delle_donne|diritti delle donne]], attribuendo loro una connotazione di scarsa virilità.<ref>{{Cita|Offen|p. 494}}</ref> Dieci anni dopo, nel 1882, [[w:Hubertine_Auclert|Hubertine Auclert]], sostenitrice del [[w:Suffragio_femminile|suffragio femminile]] (1848-1914) e fondatrice nel 1876 della società ''Le droit des femmes'', in una lettera di pretesta inviata al prefetto usa il termine ''féministes'' per indicare "i sostenitori dell'[[w:Emancipazione|emancipazione]] delle donne", tra i quali si annovera. Karen Offen nei suoi studi sull'origine di "''féminism''e" e "''féministe''" evidenzia come, a partire dal 1892, questi termini entrino nell'uso comune in Francia, Svizzera e Belgio, in concomitanza con l'emergere dei [[w:Suffragio_femminile|movimenti suffragisti]], acquistando un significato politico-sociale.<ref>{{Cita|Offen|p. 495}}</ref> Nel contesto italiano, fino agli anni novanta dell'Ottocento ''"''emancipazionismo''"'' risulta essere il termine predominante.<ref name=":2">{{Cita|Willson|p. 212}}</ref> "Femminismo" comincia a diffondersi a partire dal 1896, per poi affermarsi nei primi anni del Novecento, utilizzato da molte delle stesse attiviste per autodefinirsi.<ref>{{Cita|Willson|p. 211}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Emma Scaramuzza|titolo=Di madri, di figlie e di sorelle: amicizia e impegno politico in Lombardia nel “lungo Ottocento”|anno=2010|editore=Franco Angeli|città=Milano|p=88 n.|opera=Politica e Amicizia. Relazioni, conflitti e differenze di genere (1860-1915)}}</ref> Nel 1897 l'articolo di [[w:Anna_Kuliscioff|Anna Kuliscioff]], ''Il feminismo'', pubblicato nella rivista ''[[w:Critica_sociale|Critica sociale]]'', evidenzia come negli ambienti e soprattutto nella stampa socialista, esso sia già diventato motivo di differenziazione politica, in quanto ritenuto un fenomeno "borghese" estraneo alla [[w:Lotta_di_classe|lotta di classe]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Anna Kuliscioff|data=16 giugno 1897|titolo=Il feminismo|rivista=Critica sociale|pp=185-187|url=https://www.bibliotecaginobianco.it/flip/CSO/CSO07-1200}}</ref> La lotta per i diritti civili e politici delle donne, e in particolare la questione della parità salariale e della tutela delle lavoratrici, sono definiti "questione femminile", che potrà essere risolta solo con l'abbattimento del [[w:Capitalismo|capitalismo]].<ref>{{Cita|Willson|pp. 213-215}}</ref> ==== 1.1.2. Il termine come stigma ==== Carolyne Fayolle nel suo studio ''Des corps “monstres”. Historique du stigmate féministe. Rhétoriques antiféministes'', ha sostenuto che la "minaccia della confusione di genere e la sua dimensione patologica" sarebbero al centro della nascita del termine "femminismo", come anche evidenziato dal suo uso in contesto medico. Fin dalla [[w:Rivoluzione_francese|Rivoluzione francese]], nota la studiosa, sarebbero state oggetto di stigma le donne - come [[w:Olympe_de_Gouges|Olympe de Gouges]] - che non si adeguavano ai ruoli di genere socialmente assegnati e coloro che sostenevano i diritti femminili, associati a una condizione di anormalità, "mostro metà uomo e metà donna", o patologicizzati in forme di disturbo fisico o psicologico.<ref>{{Cita|Fayolle|pp. 1-5}}</ref> === 1.2. "Femminismo" ed "emancipazionismo" nella storiografia italiana === Numerose studiose che si sono occupate della storia del primo movimento per i diritti delle donne in Italia hanno distinto i termini "femminismo" ed "emancipazionismo", attribuendo loro significati, valenze e collocazioni storiche differenti.<ref>{{Cita|Willson|pp. 210, 223-224}}</ref> [[w:Franca_Pieroni_Bortolotti|Franca Pieroni Bortolotti]], pioniera della storia delle donne in Italia e attenta al rapporto tra emancipazione femminile e storia politica generale, ai legami tra movimento delle donne e partiti politici, ha operato una distinzione tra l'emancipazionismo ottocentesco, fondato su istanze egualitarie di matrice mazziniana, repubblicana e radicale prima, operaista e socialista poi, e il femminismo del primo Novecento, da lei interpretato come una forma di regressione per l'abbandono delle rivendicazioni paritarie.<ref>{{Cita libro|autore=Franca Pieroni Bortolotti|titolo=Alle origini del movimento femminile in Italia, 1848-1892|anno=1975|editore=Einaudi|città=Torino|pp=17-18}}</ref><ref>{{Cita|Gagliani|pp. 64-65}}</ref> [[w:Annarita_Buttafuoco|Annarita Buttafuoco]], concentrata maggiormente sulla storia interna delle associazioni femminili, sui loro rapporti, sull'autonomia organizzativa e sui progetti politici, ha invece evidenziato la portata innovativa della nascita di un vero e proprio movimento delle donne, visibile e strutturato nel contesto politico italiano. A differenza di Pieroni Bortolotti, non ha letto in chiave involutiva il passaggio tra Ottocento e Novecento, sottolineando piuttosto una cesura significativa nei momenti bellici, in particolare con la guerra di Libia e la prima guerra mondiale.<ref>{{Cita|Gagliani| p. 65}}</ref> Quanto alla terminologia, Buttafuoco ha tuttavia preferito il termine “emancipazionismo” per designare il movimento a cavallo dei due secoli, riservando "femminismo" a quello maturato negli anni settanta del Novecento.<ref>{{Cita|Willson|p. 218}}</ref> [[File:Franca Pieroni Bortolotti.png|sinistra|miniatura|Franca Pieroni Bortolotti, pioniera degli studi sul primo femminismo in Italia]] Perry Willson ha osservato come questa "confusione terminologica" che connota la [[w:Storiografia|storiografia]] italiana si accompagni spesso ad un giudizio di valore negativo nei confronti del movimento delle donne dell'età liberale, definito prevalentemente con il termine "emancipazionismo" o "associazionismo femminile", anche se "femminismo" era un termine già in voga all'inizio del Novecento, come testimoniano autorevoli fonti dell'epoca. Ricorda ad esempio come [[w:Carmela_Baricelli|Carmela Baricelli]], direttrice de ''L'Alleanza,'' uno dei settimanali più radicali del periodo, nel 1908 definisse il suo giornale "femminile e femminista", così come l'Unione femminile chiamasse il proprio "femminismo pratico" e le cattoliche "femminismo cristiano".<ref>{{Cita|Willson|pp. 212-213}}</ref> Secondo Willson, la reticenza nell’uso del termine ''femminismo'' per il periodo prebellico si spiega con la sua progressiva impopolarità nella storia italiana: osteggiato dal [[w:Fascismo|fascismo]] - che però nella fase iniziale vide l’adesione di numerose militanti del movimento - il femminismo fu stigmatizzato anche dalla sinistra, sia nei primi decenni del Novecento che nel [[w:Secondo_dopoguerra_in_Italia|secondo dopoguerra]], come "femminismo borghese". Nel periodo del [[w:Femminismo_in_Italia|neofemminismo degli anni settanta]], le nuove generazioni di donne contrapposero il termine "liberazione" a quello di "emancipazione", associato alle organizzazioni femminili di massa del dopoguerra, come l'[[w:Unione_donne_in_Italia|UDI]] e [[w:Centro_italiano_femminile|il CiF]], da cui intendevano prendere le distanze.<ref>{{Cita|Willson|pp. 216-217, 221}}</ref> Willson segnala tuttavia come nel corso del secondo decennio del XXI secolo si sia registrata una crescente preferenza, da parte della storiografia, per il termine "femminismo", in particolare negli studi sul movimento delle donne durante la [[w:Prima_guerra_mondiale|prima guerra mondiale]] e in relazione a contesti internazionali. La questione terminologica, tuttavia, rimane a suo parere una questione aperta e oggetto di riflessione nel dibattito storiografico italiano.<ref>{{Cita|Willson|pp. 221-228}}</ref> == Note == <references/> == Bibliografia == * {{Cita pubblicazione|autore=Caroline Fayolle|anno=2018|titolo=Des corps « monstres ». Historique du stigmate féministe|rivista=Glad! Revue sur le langage, le genre, les sexualités|numero=4|pp=1-5|lingua=fr|doi=10.4000/glad.1034|cid=Fayolle}} * {{Cita libro|autore=Dianella Gagliani|titolo=Itinerari della ricerca storica. Questioni di cittadinanza e di politica|anno=2001|editore=Jouvence|città=Roma|pp=55-76|opera=Annarita Buttafuoco. Ritratto di una storica|curatore=Anna Rossi-Doria|cid=Gagliani}} * {{Cita libro|autore=Karen Green|titolo=A History of Women’s Political Thought in Europe, 1700–1800|anno=2014|editore=Cambridge University Press|città=Cambridge|lingua=en|OCLC=917154498|cid=Green}} * {{Cita pubblicazione|autore=Joan Kelly|anno=1982|titolo=Early Feminist Theory and the "Querelle des Femmes", 1400-1789|rivista=The University of Chicago Press|volume=8|numero=1|pp=4-28|lingua=en|cid=Kelly}} * {{Cita libro|autore=Rebecca Messbarger|titolo=The Italian Enlightenment Reform of the Querelle des Femmes|anno=2005|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|cid=Messbarger|OCLC=55887354|lingua=en|pp=1-22|curatore=Rebecca Messbarger, Paula Findlen|opera=The contest for knowledge : debates over women's learning in Eighteenth-century Italy}} * {{Cita pubblicazione|autore=Karen Offen|anno=1987|titolo=Sur l'origine des mots "féminisme" et "féministe"|rivista=Revue d'histoire moderne et contemporaine|volume=34|numero=3|pp=492-496|lingua=fr|cid=Offen}} * {{Cita pubblicazione|autore=Perry Willson|anno=2019|titolo=Confusione terminologica: "femminismo” ed “emancipazionismo” nell’Italia liberale|rivista=Italia Contemporanea|editore=|numero=290|pp=209-229|cid=Willson}} [[Categoria:Storia del femminismo italiano]] efwkqrevrx95j6xxktqe7kcghoutc8b Storia del femminismo italiano/2. Premesse storiche del femminismo: dalla Querelle des femmes all'età dei Lumi 0 57623 477355 477229 2025-06-05T06:13:39Z Camelia.boban 25520 Fix categoria 477355 wikitext text/x-wiki {{Storia del femminismo italiano}} {{Storia del femminismo italiano 1}} == 2. Premesse storiche del femminismo: dalla ''Querelle des femmes'' all'età dei Lumi == === 2.1. La ''querelle des femmes'' === La consapevolezza delle asimmetrie di potere tra donne e uomini e la messa in discussione della cultura patriarcale si manifestarono in forme diverse e con livelli variabili di articolazione ben prima dell’emergere del femminismo come movimento politico strutturato nel XIX secolo e della stessa coniazione del termine “femminismo”. Uno dei primi ambiti in cui si sviluppò una riflessione sistematica sulla condizione femminile fu la cosiddetta ''[[w:Querelle_des_femmes|Querelle des femmes]]'' (lett.: ''disputa sulle donne''), una lunga controversia culturale che attraversò l’Europa tra la fine del XIV e il XVIII secolo. In questo contesto, intellettuali di entrambi i sessi si confrontarono in un dibattito che anticipò molti temi ripresi in seguito dal pensiero femminista moderno, come l’eguaglianza dei sessi, il diritto all’istruzione, la critica degli stereotipi misogini e la valorizzazione dell’esperienza storica femminile.[[Immagine:Meister der 'Cité des Dames' 002.jpg|350px|sinistra|Le Livre de la Cité des dames|destra]]Una delle prime espressioni compiute di questa disputa si trova nell’opera di [[w:Christine_de_Pisan|Christine de Pisan]], che nella sua ''[[w:La_città_delle_dame|La città delle dame]]'' (1405) immagina una città ideale costruita e abitata da donne illustri del passato. L’autrice costruisce una narrazione alternativa alla tradizione misogina della letteratura medievale, confutando sistematicamente i pregiudizi maschili sulla natura femminile e rivendicando la dignità, l’intelligenza e la capacità morale delle donne.<ref>{{Cita|Kelly|p. 4}}</ref> La ''querelle'' diede luogo a una vasta produzione letteraria e filosofica, articolata in due principali filoni: da un lato, gli scritti [[w:misoginia|misogini]], che reiteravano la rappresentazione della donna come essere inferiore, irrazionale e pericoloso; dall’altro, gli scritti “in difesa delle donne” (''pro femina''), che ne esaltavano le virtù, ne difendevano le capacità intellettuali e morali, e ne rivendicavano la piena umanità.<ref>{{Cita|Kelly|p. 6}}</ref> Nel corpus misogino, ricorrevano argomentazioni che riflettevano i principali stereotipi culturali dell’epoca: la [[w:Lussuria|lussuria]], contrapposta all’ideale della castità femminile; il desiderio di potere, visto come trasgressione dei ruoli sociali prescritti; la condanna della parola femminile, vista come perniciosa loquacità o strumento di [[w:Seduzione|seduzione]], con riferimenti al mito di [[w:Eva|Eva]]; il corpo, considerato strumento di seduzione e vanità; e infine la conoscenza, bollata come indice di superbia e disordine quando perseguita dalle donne.<ref>{{Cita libro|autore=Margaret L. King, Albert Rabil|titolo=The other Voice in Early Modern Europe: Introduction to the series|anno=2005|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|cid=|OCLC=|lingua=en|pp=xxiv-xxix|curatore=Rebecca Messbarger, Paula Findlen|opera=The contest for knowledge : debates over women's learning in Eighteenth-century Italy}}</ref> Durante il [[w:Rinascimento|Rinascimento]], alle donne colte veniva spesso attribuito lo status di ''[[w:virago|virago]]'', termine che designava eccezioni alla presunta inferiorità del sesso femminile. Tali eccezioni, paradossalmente, servivano a confermare la regola: le qualità intellettuali erano ammesse solo in quanto considerate “maschili” e quindi incompatibili con la femminilità “naturale”.<ref>{{Cita|Kelly|p. 8}}</ref> ==== 2.1.1. Contributi delle autrici italiane tra XVI e XVII secolo ==== Tra XVI e XVII secolo, il dibattito sulla condizione femminile conobbe in Italia un notevole sviluppo grazie al contributo di intellettuali che elaborarono risposte articolate alla tradizione misogina. [[w:Lucrezia_Marinella|Lucrezia Marinella]] con ''La nobiltà et l'eccellenza delle donne'' (1600), [[w:Moderata_Fonte|Moderata Fonte]] con ''Il merito delle donne'' (1600) e [[w:Arcangela_Tarabotti|Arcangela Tarabotti]] con ''Che le donne siano della spetie degli'' ''huomini"'' (1651), intervennero nel dibattito per affermare le capacità intellettuali, la dignità morale e la piena umanità delle donne.<ref>{{Cita|Messbarger|pp. 2-7}}</ref><ref>{{Cita libro|cognome=|nome=|curatore=|titolo=Encyclopedia of Women in the Renaissance: Italy, France, and England|editore=ABC-CLIO|anno=2007|isbn=|pagina=|autore=Diana Maury Robin|p=|ISBN=9781851097722|lingua=en|pp=213-216}}</ref> Queste autrici operavano spesso da posizioni di marginalità culturale e sociale, come nel caso Tarabotti che scriveva dal convento in cui era stata forzatamente rinchiusa. Tale condizione di isolamento rese i loro scritti particolarmente significativi, trasformando i luoghi di reclusione in spazi di riflessione e produzione intellettuale.<ref name=":1">{{Cita|Messbarger|p. 7}}</ref><ref>{{Cita libro|cognome=|nome=|curatore=Meredith Kennedy Ray, Lynn Lara Westwater|titolo=Introduzione|autore=Gabriella Zarri|editore=Rosenberg & Sellier|anno=2005|luogo=|isbn=|capitolo=Introduzione|città=Torino|autore2=Arcangela Tarabotti|opera=Lettere familiari e di complimento|ISBN=9788870118988}}</ref> La storica Margaret King ha definito questo contesto come una ''"cella foderata di libri''" ("''book-lined cell''"), evidenziando come queste donne fossero capaci di sovvertire i limiti imposti, trasformando la clausura in una forma alternativa di autorità intellettuale.<ref>{{Cita libro|autore=Margaret L. King|titolo=Book-Lined Cells: Women and Humanism in the Early Italian Renaissance|anno=1988|editore=University of Pennsylvania Press|città=Philadelphia|pp=434-454|opera=Renaissance Humanism, Volume 1: Foundations, Forms, and Legacy|curatore=Albert Rabil Jr.|lingua=en}}</ref> === 2.2. Illuminismo e diritti delle donne === [[File:Olympe gouges.jpg|sinistra|miniatura|Esecuzione di [[w:Olympe_de_Gouges|Olympe de Gouges]].]] Nel XVIII secolo l'affermazione dell'[[w:Illuminismo|Illuminismo]] e dei suoi ideali di ragione, uguaglianza e diritti naturali, offrì un terreno fertile per nuove rivendicazioni femminili. L'enfasi illuminista sulla razionalità e sull'universalità dei diritti fornì inedite basi teoriche per contestare la subordinazione femminile. Tuttavia l'applicazione concreta di questi principi restò contraddittoria: molti pensatori illuministi, pur proclamando l'uguaglianza, continuarono a sostenere l'inferiorità del sesso femminile, spesso appellandosi alla natura "emotiva" femminile, e negarono alle donne pari accesso all'educazione, alla cittadinanza e ai diritti politici.<ref>{{Cita web|autore=Tiziana Bernardi|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/le-donne-nella-societa-dei-lumi_(Storia-della-civilt%C3%A0-europea-a-cura-di-Umberto-Eco)/|titolo=Le donne nella società dei Lumi|accesso=5 maggio 2025|volume=Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco (2014)}}</ref> Un esempio emblematico di questa ambiguità è rappresentato da [[w:Jean-Jacques Rousseau|Jean-Jacques Rousseau]] che nel suo ''[[w:Emilio_o_dell'educazione|Émile]]'' (1762), pur proponendo innovazioni pedagogiche, affermò che l'educazione femminile dovesse essere finalizzata alla subordinazione domestica, preparando le donne a essere compagne e madri, non soggetti autonomi. Durante la [[w:Rivoluzione_francese|Rivoluzione francese]] [[w:Olympe de Gouges|Olympe de Gouges]] redasse la ''[[w:Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina|Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne]]'' (1791), nella quale rivendicò l'estensione dei diritti civili e politici alle donne. Tuttavia, la [[w:Convenzione_nazionale|Convenzione]] rigettò le sue proposte nell'aprile 1793, negando alle donne lo status di cittadine.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Joan Wallach Scott|anno=1989|titolo=French Feminists and the Rights of 'Man': Olympe de Gouges's Declarations|rivista=History Workshop|volume=28|pp=1-21|lingua=inglese|url=https://www.jstor.org/stable/4288921}}</ref> Nonostante le resistenze alcune intellettuali svilupparono una critica radicale alla discriminazione di genere. [[w:Mary Wollstonecraft|Mary Wollstonecraft]], nella ''[[w:Rivendicazione dei diritti della donna|Vindication of the Rights of Woman]]'' (1792), offrì una delle prime e più radicali difese dell'uguaglianza intellettuale tra i sessi e rivendicò l'importanza dell'educazione come strumento di emancipazione femminile.<ref name=":0">{{Cita libro|autore=Karen M. Offen|titolo=European feminisms, 1700-1950 : a political history|anno=2000|editore=Stanford University Press, Stanford, CA, ©2000|lingua=inglese|OCLC=43167893}}</ref> === 2.3. Il dibattito sull'istruzione femminile === [[File:Elena Piscopia portrait.jpg|miniatura|[[w:Elena Lucrezia Corner|Elena Cornaro Piscopia]]]] In Italia il dibattito sull'istruzione femminile registrò posizioni diversificate. Mentre nel 1723 [[w:Giovanni_Antonio_Volpi|Giovanni Antonio Volpi]] si espresse contro l'ammissione delle donne nell'[[w:Accademia_galileiana_di_scienze,_lettere_ed_arti|Accademia dei Ricovrati di Padova]], Giovanni Niccolò Bandiera, nel suo ''Trattato degli studi delle donne'' (1740), sostenne l'uguaglianza spirituale tra i sessi. Rispetto alla Francia e alla Gran Bretagna, l'Italia offrì in alcuni contesti maggiori spazi di riconoscimento alle donne colte: le accademie letterarie come l'[[w:Accademia_dell'Arcadia|Arcadia]], ammisero diverse donne tra i propri membri e ne favorirono la partecipazione al dibattito intellettuale. [[w:Madame de Staël|Germaine de Staël]], nel suo romanzo ''[[w:Corinne_ou_l'Italie|Corinne ou l'Italie]]'' (1807), celebrò la poetessa arcadica [[w:Maria_Maddalena_Morelli|Corilla Olimpica]] come emblema di un'Italia femminile e colta.<ref>{{Cita|Green|pp. 90-91}}</ref> In ambito accademico si registrarono esempi di eccellenza femminile: nel 1678 [[w:Elena Lucrezia Corner|Elena Cornaro Piscopia]] fu la prima donna conseguì una laurea presso l'Università di Padova, considerata la prima laurea al mondo attribuita ad una donna. Pochi decenni più tardi, nel 1732, [[w:Laura Bassi|Laura Bassi]] divenne docente di [[w:Fisica_classica|fisica newtoniana]] presso l'Università di Bologna.<ref>{{Cita|Green|p. 91}}</ref> Accanto alla presenza femminile nelle accademie, i [[w:Salotto_letterario|salotti letterari]] si affermarono come spazi fondamentali per la circolazione delle idee illuministe e per l'affermazione di una cultura femminile. In questi ambienti le donne partecipavano attivamente a discussioni filosofiche, scientifiche e letterarie, contribuendo alla formazione di un'opinione pubblica più ampia. === 2.4. Pioniere del giornalismo femminile === [[File:Eleonora_Fonseca_Pimentel.jpg|miniatura|184px|sinistra|Ritratto immaginario di Eleonora de Fonseca Pimentel]] Negli ultimi decenni del Settecento nacquero in Italia i primi periodici rivolti al pubblico femminile o redatti da donne, come ''[[w:Il Giornale delle dame e delle mode di Francia|Il Giornale delle dame e delle mode di Francia]]'' pubblicato a Milano dal 1786 al 1794 e il quindicinale ''La donna galante ed erudita'' (1786-1788), stampato a Venezia sotto la direzione di Gioseffa Cornoldi.<ref>{{Cita libro|autore=Gioseffa Cornoldi Caminer|titolo=« La donna galante ed erudita ». Giornale dedicato al bel sesso|anno=1983|editore=Marsilio|città=Venezia|curatore=Cesare De Michelis}}</ref> Figura centrale fu [[w:Elisabetta Caminer|Elisabetta Caminer]] che intraprese la carriera di editrice, diventando una delle prime donne a dirigere una rivista in Italia. Dopo una prima fase di collaborazione con il padre, assunse la direzione autonoma del ''Giornale Enciclopedico'' (1773), considerato uno dei periodici più innovativi e aggiornati della cultura settecentesca.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Cesare De Michelis|titolo=Caminer, Elisabetta|rivista=Dizionario Biografico degli Italiani|editore=Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani|volume=17|lingua=|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/elisabetta-caminer_(Dizionario-Biografico)/}}</ref> === 2.5. La Repubblica napoletana del 1799 e il protagonismo femminile === L’esperienza della [[w:Repubblica Napoletana (1799)|Repubblica Napoletana]] del 1799, ispirata ai principi dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese, vide la partecipazione attiva di diverse figure femminili. La più nota fu [[w:Eleonora de Fonseca Pimentel|Eleonora de Fonseca Pimentel]], giornalista e intellettuale, che utilizzò il ''Monitore Napoletano'' per promuovere i valori repubblicani di libertà e uguaglianza.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Annarita Buttafuoco|anno=1977|titolo=Eleonora Fonseca Pimentel: una donna nella Rivoluzione|rivista=DWF|numero=3|pp=51-92}}</ref> La sua impiccagione nella piazza del mercato di Napoli il 20 agosto 1799, insieme ad altri rivoluzionari, segnò la fine della breve esperienza repubblicana e rappresentò uno dei momenti più simbolici del coinvolgimento politico femminile nell’età delle rivoluzioni.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Maria Rosaria Pelizzari|anno=2008|titolo=Eleonora de Fonseca Pimentel: morire per la rivoluzione|rivista=Storia delle donne: concepire, generare, nascere|editore=Firenze University Press|volume=|numero=4|pp=103-121|lingua=|url=https://oaj.fupress.net/index.php/sdd/article/download/2465/2465/2441}}</ref> Nonostante i limiti sociali e l’esclusione politica, queste figure incarnarono un nuovo protagonismo femminile nello spazio pubblico, anticipando molte delle tematiche e delle forme di partecipazione che sarebbero diventate centrali nel lungo Ottocento e nei movimenti risorgimentali. ==Note== <references/> [[Categoria:Storia del femminismo italiano]] bshpcx98cijg4w1nytlfy8el4covx2d 477365 477355 2025-06-05T10:16:35Z LorManLor 24993 Aggiunto Bibliografia 477365 wikitext text/x-wiki {{Storia del femminismo italiano}} {{Storia del femminismo italiano 1}} == 2. Premesse storiche del femminismo: dalla ''Querelle des femmes'' all'età dei Lumi == === 2.1. La ''querelle des femmes'' === La consapevolezza delle asimmetrie di potere tra donne e uomini e la messa in discussione della cultura patriarcale si manifestarono in forme diverse e con livelli variabili di articolazione ben prima dell’emergere del femminismo come movimento politico strutturato nel XIX secolo e della stessa coniazione del termine “femminismo”. Uno dei primi ambiti in cui si sviluppò una riflessione sistematica sulla condizione femminile fu la cosiddetta ''[[w:Querelle_des_femmes|Querelle des femmes]]'' (lett.: ''disputa sulle donne''), una lunga controversia culturale che attraversò l’Europa tra la fine del XIV e il XVIII secolo. In questo contesto, intellettuali di entrambi i sessi si confrontarono in un dibattito che anticipò molti temi ripresi in seguito dal pensiero femminista moderno, come l’eguaglianza dei sessi, il diritto all’istruzione, la critica degli stereotipi misogini e la valorizzazione dell’esperienza storica femminile.[[Immagine:Meister der 'Cité des Dames' 002.jpg|350px|sinistra|Le Livre de la Cité des dames|destra]]Una delle prime espressioni compiute di questa disputa si trova nell’opera di [[w:Christine_de_Pisan|Christine de Pisan]], che nella sua ''[[w:La_città_delle_dame|La città delle dame]]'' (1405) immagina una città ideale costruita e abitata da donne illustri del passato. L’autrice costruisce una narrazione alternativa alla tradizione misogina della letteratura medievale, confutando sistematicamente i pregiudizi maschili sulla natura femminile e rivendicando la dignità, l’intelligenza e la capacità morale delle donne.<ref>{{Cita|Kelly|p. 4}}</ref> La ''querelle'' diede luogo a una vasta produzione letteraria e filosofica, articolata in due principali filoni: da un lato, gli scritti [[w:misoginia|misogini]], che reiteravano la rappresentazione della donna come essere inferiore, irrazionale e pericoloso; dall’altro, gli scritti “in difesa delle donne” (''pro femina''), che ne esaltavano le virtù, ne difendevano le capacità intellettuali e morali, e ne rivendicavano la piena umanità.<ref>{{Cita|Kelly|p. 6}}</ref> Nel corpus misogino, ricorrevano argomentazioni che riflettevano i principali stereotipi culturali dell’epoca: la [[w:Lussuria|lussuria]], contrapposta all’ideale della castità femminile; il desiderio di potere, visto come trasgressione dei ruoli sociali prescritti; la condanna della parola femminile, vista come perniciosa loquacità o strumento di [[w:Seduzione|seduzione]], con riferimenti al mito di [[w:Eva|Eva]]; il corpo, considerato strumento di seduzione e vanità; e infine la conoscenza, bollata come indice di superbia e disordine quando perseguita dalle donne.<ref>{{Cita libro|autore=Margaret L. King, Albert Rabil|titolo=The other Voice in Early Modern Europe: Introduction to the series|anno=2005|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|cid=|OCLC=|lingua=en|pp=xxiv-xxix|curatore=Rebecca Messbarger, Paula Findlen|opera=The contest for knowledge : debates over women's learning in Eighteenth-century Italy}}</ref> Durante il [[w:Rinascimento|Rinascimento]], alle donne colte veniva spesso attribuito lo status di ''[[w:virago|virago]]'', termine che designava eccezioni alla presunta inferiorità del sesso femminile. Tali eccezioni, paradossalmente, servivano a confermare la regola: le qualità intellettuali erano ammesse solo in quanto considerate “maschili” e quindi incompatibili con la femminilità “naturale”.<ref>{{Cita|Kelly|p. 8}}</ref> ==== 2.1.1. Contributi delle autrici italiane tra XVI e XVII secolo ==== Tra XVI e XVII secolo, il dibattito sulla condizione femminile conobbe in Italia un notevole sviluppo grazie al contributo di intellettuali che elaborarono risposte articolate alla tradizione misogina. [[w:Lucrezia_Marinella|Lucrezia Marinella]] con ''La nobiltà et l'eccellenza delle donne'' (1600), [[w:Moderata_Fonte|Moderata Fonte]] con ''Il merito delle donne'' (1600) e [[w:Arcangela_Tarabotti|Arcangela Tarabotti]] con ''Che le donne siano della spetie degli'' ''huomini"'' (1651), intervennero nel dibattito per affermare le capacità intellettuali, la dignità morale e la piena umanità delle donne.<ref>{{Cita|Messbarger|pp. 2-7}}</ref><ref>{{Cita libro|cognome=|nome=|curatore=|titolo=Encyclopedia of Women in the Renaissance: Italy, France, and England|editore=ABC-CLIO|anno=2007|isbn=|pagina=|autore=Diana Maury Robin|p=|ISBN=9781851097722|lingua=en|pp=213-216}}</ref> Queste autrici operavano spesso da posizioni di marginalità culturale e sociale, come nel caso Tarabotti che scriveva dal convento in cui era stata forzatamente rinchiusa. Tale condizione di isolamento rese i loro scritti particolarmente significativi, trasformando i luoghi di reclusione in spazi di riflessione e produzione intellettuale.<ref name=":1">{{Cita|Messbarger|p. 7}}</ref><ref>{{Cita libro|cognome=|nome=|curatore=Meredith Kennedy Ray, Lynn Lara Westwater|titolo=Introduzione|autore=Gabriella Zarri|editore=Rosenberg & Sellier|anno=2005|luogo=|isbn=|capitolo=Introduzione|città=Torino|autore2=Arcangela Tarabotti|opera=Lettere familiari e di complimento|ISBN=9788870118988}}</ref> La storica Margaret King ha definito questo contesto come una ''"cella foderata di libri''" ("''book-lined cell''"), evidenziando come queste donne fossero capaci di sovvertire i limiti imposti, trasformando la clausura in una forma alternativa di autorità intellettuale.<ref>{{Cita libro|autore=Margaret L. King|titolo=Book-Lined Cells: Women and Humanism in the Early Italian Renaissance|anno=1988|editore=University of Pennsylvania Press|città=Philadelphia|pp=434-454|opera=Renaissance Humanism, Volume 1: Foundations, Forms, and Legacy|curatore=Albert Rabil Jr.|lingua=en}}</ref> === 2.2. Illuminismo e diritti delle donne === [[File:Olympe gouges.jpg|sinistra|miniatura|Esecuzione di [[w:Olympe_de_Gouges|Olympe de Gouges]].]] Nel XVIII secolo l'affermazione dell'[[w:Illuminismo|Illuminismo]] e dei suoi ideali di ragione, uguaglianza e diritti naturali, offrì un terreno fertile per nuove rivendicazioni femminili. L'enfasi illuminista sulla razionalità e sull'universalità dei diritti fornì inedite basi teoriche per contestare la subordinazione femminile. Tuttavia l'applicazione concreta di questi principi restò contraddittoria: molti pensatori illuministi, pur proclamando l'uguaglianza, continuarono a sostenere l'inferiorità del sesso femminile, spesso appellandosi alla natura "emotiva" femminile, e negarono alle donne pari accesso all'educazione, alla cittadinanza e ai diritti politici.<ref>{{Cita web|autore=Tiziana Bernardi|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/le-donne-nella-societa-dei-lumi_(Storia-della-civilt%C3%A0-europea-a-cura-di-Umberto-Eco)/|titolo=Le donne nella società dei Lumi|accesso=5 maggio 2025|volume=Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco (2014)}}</ref> Un esempio emblematico di questa ambiguità è rappresentato da [[w:Jean-Jacques Rousseau|Jean-Jacques Rousseau]] che nel suo ''[[w:Emilio_o_dell'educazione|Émile]]'' (1762), pur proponendo innovazioni pedagogiche, affermò che l'educazione femminile dovesse essere finalizzata alla subordinazione domestica, preparando le donne a essere compagne e madri, non soggetti autonomi. Durante la [[w:Rivoluzione_francese|Rivoluzione francese]] [[w:Olympe de Gouges|Olympe de Gouges]] redasse la ''[[w:Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina|Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne]]'' (1791), nella quale rivendicò l'estensione dei diritti civili e politici alle donne. Tuttavia, la [[w:Convenzione_nazionale|Convenzione]] rigettò le sue proposte nell'aprile 1793, negando alle donne lo status di cittadine.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Joan Wallach Scott|anno=1989|titolo=French Feminists and the Rights of 'Man': Olympe de Gouges's Declarations|rivista=History Workshop|volume=28|pp=1-21|lingua=inglese|url=https://www.jstor.org/stable/4288921}}</ref> Nonostante le resistenze alcune intellettuali svilupparono una critica radicale alla discriminazione di genere. [[w:Mary Wollstonecraft|Mary Wollstonecraft]], nella ''[[w:Rivendicazione dei diritti della donna|Vindication of the Rights of Woman]]'' (1792), offrì una delle prime e più radicali difese dell'uguaglianza intellettuale tra i sessi e rivendicò l'importanza dell'educazione come strumento di emancipazione femminile.<ref name=":0">{{Cita libro|autore=Karen M. Offen|titolo=European feminisms, 1700-1950 : a political history|anno=2000|editore=Stanford University Press, Stanford, CA, ©2000|lingua=inglese|OCLC=43167893}}</ref> === 2.3. Il dibattito sull'istruzione femminile === [[File:Elena Piscopia portrait.jpg|miniatura|[[w:Elena Lucrezia Corner|Elena Cornaro Piscopia]]]] In Italia il dibattito sull'istruzione femminile registrò posizioni diversificate. Mentre nel 1723 [[w:Giovanni_Antonio_Volpi|Giovanni Antonio Volpi]] si espresse contro l'ammissione delle donne nell'[[w:Accademia_galileiana_di_scienze,_lettere_ed_arti|Accademia dei Ricovrati di Padova]], Giovanni Niccolò Bandiera, nel suo ''Trattato degli studi delle donne'' (1740), sostenne l'uguaglianza spirituale tra i sessi. Rispetto alla Francia e alla Gran Bretagna, l'Italia offrì in alcuni contesti maggiori spazi di riconoscimento alle donne colte: le accademie letterarie come l'[[w:Accademia_dell'Arcadia|Arcadia]], ammisero diverse donne tra i propri membri e ne favorirono la partecipazione al dibattito intellettuale. [[w:Madame de Staël|Germaine de Staël]], nel suo romanzo ''[[w:Corinne_ou_l'Italie|Corinne ou l'Italie]]'' (1807), celebrò la poetessa arcadica [[w:Maria_Maddalena_Morelli|Corilla Olimpica]] come emblema di un'Italia femminile e colta.<ref>{{Cita|Green|pp. 90-91}}</ref> In ambito accademico si registrarono esempi di eccellenza femminile: nel 1678 [[w:Elena Lucrezia Corner|Elena Cornaro Piscopia]] fu la prima donna conseguì una laurea presso l'Università di Padova, considerata la prima laurea al mondo attribuita ad una donna. Pochi decenni più tardi, nel 1732, [[w:Laura Bassi|Laura Bassi]] divenne docente di [[w:Fisica_classica|fisica newtoniana]] presso l'Università di Bologna.<ref>{{Cita|Green|p. 91}}</ref> Accanto alla presenza femminile nelle accademie, i [[w:Salotto_letterario|salotti letterari]] si affermarono come spazi fondamentali per la circolazione delle idee illuministe e per l'affermazione di una cultura femminile. In questi ambienti le donne partecipavano attivamente a discussioni filosofiche, scientifiche e letterarie, contribuendo alla formazione di un'opinione pubblica più ampia. === 2.4. Pioniere del giornalismo femminile === [[File:Eleonora_Fonseca_Pimentel.jpg|miniatura|184px|sinistra|Ritratto immaginario di Eleonora de Fonseca Pimentel]] Negli ultimi decenni del Settecento nacquero in Italia i primi periodici rivolti al pubblico femminile o redatti da donne, come ''[[w:Il Giornale delle dame e delle mode di Francia|Il Giornale delle dame e delle mode di Francia]]'' pubblicato a Milano dal 1786 al 1794 e il quindicinale ''La donna galante ed erudita'' (1786-1788), stampato a Venezia sotto la direzione di Gioseffa Cornoldi.<ref>{{Cita libro|autore=Gioseffa Cornoldi Caminer|titolo=« La donna galante ed erudita ». Giornale dedicato al bel sesso|anno=1983|editore=Marsilio|città=Venezia|curatore=Cesare De Michelis}}</ref> Figura centrale fu [[w:Elisabetta Caminer|Elisabetta Caminer]] che intraprese la carriera di editrice, diventando una delle prime donne a dirigere una rivista in Italia. Dopo una prima fase di collaborazione con il padre, assunse la direzione autonoma del ''Giornale Enciclopedico'' (1773), considerato uno dei periodici più innovativi e aggiornati della cultura settecentesca.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Cesare De Michelis|titolo=Caminer, Elisabetta|rivista=Dizionario Biografico degli Italiani|editore=Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani|volume=17|lingua=|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/elisabetta-caminer_(Dizionario-Biografico)/}}</ref> === 2.5. La Repubblica napoletana del 1799 e il protagonismo femminile === L’esperienza della [[w:Repubblica Napoletana (1799)|Repubblica Napoletana]] del 1799, ispirata ai principi dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese, vide la partecipazione attiva di diverse figure femminili. La più nota fu [[w:Eleonora de Fonseca Pimentel|Eleonora de Fonseca Pimentel]], giornalista e intellettuale, che utilizzò il ''Monitore Napoletano'' per promuovere i valori repubblicani di libertà e uguaglianza.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Annarita Buttafuoco|anno=1977|titolo=Eleonora Fonseca Pimentel: una donna nella Rivoluzione|rivista=DWF|numero=3|pp=51-92}}</ref> La sua impiccagione nella piazza del mercato di Napoli il 20 agosto 1799, insieme ad altri rivoluzionari, segnò la fine della breve esperienza repubblicana e rappresentò uno dei momenti più simbolici del coinvolgimento politico femminile nell’età delle rivoluzioni.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Maria Rosaria Pelizzari|anno=2008|titolo=Eleonora de Fonseca Pimentel: morire per la rivoluzione|rivista=Storia delle donne: concepire, generare, nascere|editore=Firenze University Press|volume=|numero=4|pp=103-121|lingua=|url=https://oaj.fupress.net/index.php/sdd/article/download/2465/2465/2441}}</ref> Nonostante i limiti sociali e l’esclusione politica, queste figure incarnarono un nuovo protagonismo femminile nello spazio pubblico, anticipando molte delle tematiche e delle forme di partecipazione che sarebbero diventate centrali nel lungo Ottocento e nei movimenti risorgimentali. ==Note== <references/> == Bibliografia == * {{Cita libro|autore=Karen Green|titolo=A History of Women’s Political Thought in Europe, 1700–1800|anno=2014|editore=Cambridge University Press|città=Cambridge|lingua=en|OCLC=|cid=Green}} * {{Cita pubblicazione|autore=Joan Kelly|anno=1982|titolo=Early Feminist Theory and the "Querelle des Femmes", 1400-1789|rivista=Signs|volume=8|numero=1|pp=4-28|lingua=en|cid=Kelly}} * {{Cita libro|autore=Margaret L. King|titolo=Book-Lined Cells: Women and Humanism in the Early Italian Renaissance|anno=1988|editore=University of Pennsylvania Press|città=Philadelphia|pp=434-454|opera=Renaissance Humanism, Volume 1: Foundations, Forms, and Legacy|curatore=Albert Rabil Jr.|lingua=en}} * {{Cita libro|autore=|titolo=The contest for knowledge : debates over women's learning in Eighteenth-century Italy|anno=2005|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|cid=|OCLC=|lingua=en|pp=|curatore=Rebecca Messbarger, Paula Findlen|opera=}} * {{Cita libro|cognome=|nome=|curatore=Diana Robin, Anne R. Larsen, Carole Levin|titolo=Encyclopedia of Women in the Renaissance: Italy, France, and England|editore=ABC-CLIO|anno=2007|isbn=|pagina=|autore=|p=|ISBN=|lingua=en|pp=213-216}} [[Categoria:Storia del femminismo italiano]] 38waw51ppmse1y1f7n88n559hszferx 477366 477365 2025-06-05T10:17:43Z LorManLor 24993 /* Bibliografia */ 477366 wikitext text/x-wiki {{Storia del femminismo italiano}} {{Storia del femminismo italiano 1}} == 2. Premesse storiche del femminismo: dalla ''Querelle des femmes'' all'età dei Lumi == === 2.1. La ''querelle des femmes'' === La consapevolezza delle asimmetrie di potere tra donne e uomini e la messa in discussione della cultura patriarcale si manifestarono in forme diverse e con livelli variabili di articolazione ben prima dell’emergere del femminismo come movimento politico strutturato nel XIX secolo e della stessa coniazione del termine “femminismo”. Uno dei primi ambiti in cui si sviluppò una riflessione sistematica sulla condizione femminile fu la cosiddetta ''[[w:Querelle_des_femmes|Querelle des femmes]]'' (lett.: ''disputa sulle donne''), una lunga controversia culturale che attraversò l’Europa tra la fine del XIV e il XVIII secolo. In questo contesto, intellettuali di entrambi i sessi si confrontarono in un dibattito che anticipò molti temi ripresi in seguito dal pensiero femminista moderno, come l’eguaglianza dei sessi, il diritto all’istruzione, la critica degli stereotipi misogini e la valorizzazione dell’esperienza storica femminile.[[Immagine:Meister der 'Cité des Dames' 002.jpg|350px|sinistra|Le Livre de la Cité des dames|destra]]Una delle prime espressioni compiute di questa disputa si trova nell’opera di [[w:Christine_de_Pisan|Christine de Pisan]], che nella sua ''[[w:La_città_delle_dame|La città delle dame]]'' (1405) immagina una città ideale costruita e abitata da donne illustri del passato. L’autrice costruisce una narrazione alternativa alla tradizione misogina della letteratura medievale, confutando sistematicamente i pregiudizi maschili sulla natura femminile e rivendicando la dignità, l’intelligenza e la capacità morale delle donne.<ref>{{Cita|Kelly|p. 4}}</ref> La ''querelle'' diede luogo a una vasta produzione letteraria e filosofica, articolata in due principali filoni: da un lato, gli scritti [[w:misoginia|misogini]], che reiteravano la rappresentazione della donna come essere inferiore, irrazionale e pericoloso; dall’altro, gli scritti “in difesa delle donne” (''pro femina''), che ne esaltavano le virtù, ne difendevano le capacità intellettuali e morali, e ne rivendicavano la piena umanità.<ref>{{Cita|Kelly|p. 6}}</ref> Nel corpus misogino, ricorrevano argomentazioni che riflettevano i principali stereotipi culturali dell’epoca: la [[w:Lussuria|lussuria]], contrapposta all’ideale della castità femminile; il desiderio di potere, visto come trasgressione dei ruoli sociali prescritti; la condanna della parola femminile, vista come perniciosa loquacità o strumento di [[w:Seduzione|seduzione]], con riferimenti al mito di [[w:Eva|Eva]]; il corpo, considerato strumento di seduzione e vanità; e infine la conoscenza, bollata come indice di superbia e disordine quando perseguita dalle donne.<ref>{{Cita libro|autore=Margaret L. King, Albert Rabil|titolo=The other Voice in Early Modern Europe: Introduction to the series|anno=2005|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|cid=|OCLC=|lingua=en|pp=xxiv-xxix|curatore=Rebecca Messbarger, Paula Findlen|opera=The contest for knowledge : debates over women's learning in Eighteenth-century Italy}}</ref> Durante il [[w:Rinascimento|Rinascimento]], alle donne colte veniva spesso attribuito lo status di ''[[w:virago|virago]]'', termine che designava eccezioni alla presunta inferiorità del sesso femminile. Tali eccezioni, paradossalmente, servivano a confermare la regola: le qualità intellettuali erano ammesse solo in quanto considerate “maschili” e quindi incompatibili con la femminilità “naturale”.<ref>{{Cita|Kelly|p. 8}}</ref> ==== 2.1.1. Contributi delle autrici italiane tra XVI e XVII secolo ==== Tra XVI e XVII secolo, il dibattito sulla condizione femminile conobbe in Italia un notevole sviluppo grazie al contributo di intellettuali che elaborarono risposte articolate alla tradizione misogina. [[w:Lucrezia_Marinella|Lucrezia Marinella]] con ''La nobiltà et l'eccellenza delle donne'' (1600), [[w:Moderata_Fonte|Moderata Fonte]] con ''Il merito delle donne'' (1600) e [[w:Arcangela_Tarabotti|Arcangela Tarabotti]] con ''Che le donne siano della spetie degli'' ''huomini"'' (1651), intervennero nel dibattito per affermare le capacità intellettuali, la dignità morale e la piena umanità delle donne.<ref>{{Cita|Messbarger|pp. 2-7}}</ref><ref>{{Cita libro|cognome=|nome=|curatore=|titolo=Encyclopedia of Women in the Renaissance: Italy, France, and England|editore=ABC-CLIO|anno=2007|isbn=|pagina=|autore=Diana Maury Robin|p=|ISBN=9781851097722|lingua=en|pp=213-216}}</ref> Queste autrici operavano spesso da posizioni di marginalità culturale e sociale, come nel caso Tarabotti che scriveva dal convento in cui era stata forzatamente rinchiusa. Tale condizione di isolamento rese i loro scritti particolarmente significativi, trasformando i luoghi di reclusione in spazi di riflessione e produzione intellettuale.<ref name=":1">{{Cita|Messbarger|p. 7}}</ref><ref>{{Cita libro|cognome=|nome=|curatore=Meredith Kennedy Ray, Lynn Lara Westwater|titolo=Introduzione|autore=Gabriella Zarri|editore=Rosenberg & Sellier|anno=2005|luogo=|isbn=|capitolo=Introduzione|città=Torino|autore2=Arcangela Tarabotti|opera=Lettere familiari e di complimento|ISBN=9788870118988}}</ref> La storica Margaret King ha definito questo contesto come una ''"cella foderata di libri''" ("''book-lined cell''"), evidenziando come queste donne fossero capaci di sovvertire i limiti imposti, trasformando la clausura in una forma alternativa di autorità intellettuale.<ref>{{Cita libro|autore=Margaret L. King|titolo=Book-Lined Cells: Women and Humanism in the Early Italian Renaissance|anno=1988|editore=University of Pennsylvania Press|città=Philadelphia|pp=434-454|opera=Renaissance Humanism, Volume 1: Foundations, Forms, and Legacy|curatore=Albert Rabil Jr.|lingua=en}}</ref> === 2.2. Illuminismo e diritti delle donne === [[File:Olympe gouges.jpg|sinistra|miniatura|Esecuzione di [[w:Olympe_de_Gouges|Olympe de Gouges]].]] Nel XVIII secolo l'affermazione dell'[[w:Illuminismo|Illuminismo]] e dei suoi ideali di ragione, uguaglianza e diritti naturali, offrì un terreno fertile per nuove rivendicazioni femminili. L'enfasi illuminista sulla razionalità e sull'universalità dei diritti fornì inedite basi teoriche per contestare la subordinazione femminile. Tuttavia l'applicazione concreta di questi principi restò contraddittoria: molti pensatori illuministi, pur proclamando l'uguaglianza, continuarono a sostenere l'inferiorità del sesso femminile, spesso appellandosi alla natura "emotiva" femminile, e negarono alle donne pari accesso all'educazione, alla cittadinanza e ai diritti politici.<ref>{{Cita web|autore=Tiziana Bernardi|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/le-donne-nella-societa-dei-lumi_(Storia-della-civilt%C3%A0-europea-a-cura-di-Umberto-Eco)/|titolo=Le donne nella società dei Lumi|accesso=5 maggio 2025|volume=Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco (2014)}}</ref> Un esempio emblematico di questa ambiguità è rappresentato da [[w:Jean-Jacques Rousseau|Jean-Jacques Rousseau]] che nel suo ''[[w:Emilio_o_dell'educazione|Émile]]'' (1762), pur proponendo innovazioni pedagogiche, affermò che l'educazione femminile dovesse essere finalizzata alla subordinazione domestica, preparando le donne a essere compagne e madri, non soggetti autonomi. 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[[w:Mary Wollstonecraft|Mary Wollstonecraft]], nella ''[[w:Rivendicazione dei diritti della donna|Vindication of the Rights of Woman]]'' (1792), offrì una delle prime e più radicali difese dell'uguaglianza intellettuale tra i sessi e rivendicò l'importanza dell'educazione come strumento di emancipazione femminile.<ref name=":0">{{Cita libro|autore=Karen M. Offen|titolo=European feminisms, 1700-1950 : a political history|anno=2000|editore=Stanford University Press, Stanford, CA, ©2000|lingua=inglese|OCLC=43167893}}</ref> === 2.3. Il dibattito sull'istruzione femminile === [[File:Elena Piscopia portrait.jpg|miniatura|[[w:Elena Lucrezia Corner|Elena Cornaro Piscopia]]]] In Italia il dibattito sull'istruzione femminile registrò posizioni diversificate. 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[[w:Madame de Staël|Germaine de Staël]], nel suo romanzo ''[[w:Corinne_ou_l'Italie|Corinne ou l'Italie]]'' (1807), celebrò la poetessa arcadica [[w:Maria_Maddalena_Morelli|Corilla Olimpica]] come emblema di un'Italia femminile e colta.<ref>{{Cita|Green|pp. 90-91}}</ref> In ambito accademico si registrarono esempi di eccellenza femminile: nel 1678 [[w:Elena Lucrezia Corner|Elena Cornaro Piscopia]] fu la prima donna conseguì una laurea presso l'Università di Padova, considerata la prima laurea al mondo attribuita ad una donna. Pochi decenni più tardi, nel 1732, [[w:Laura Bassi|Laura Bassi]] divenne docente di [[w:Fisica_classica|fisica newtoniana]] presso l'Università di Bologna.<ref>{{Cita|Green|p. 91}}</ref> Accanto alla presenza femminile nelle accademie, i [[w:Salotto_letterario|salotti letterari]] si affermarono come spazi fondamentali per la circolazione delle idee illuministe e per l'affermazione di una cultura femminile. In questi ambienti le donne partecipavano attivamente a discussioni filosofiche, scientifiche e letterarie, contribuendo alla formazione di un'opinione pubblica più ampia. === 2.4. Pioniere del giornalismo femminile === [[File:Eleonora_Fonseca_Pimentel.jpg|miniatura|184px|sinistra|Ritratto immaginario di Eleonora de Fonseca Pimentel]] Negli ultimi decenni del Settecento nacquero in Italia i primi periodici rivolti al pubblico femminile o redatti da donne, come ''[[w:Il Giornale delle dame e delle mode di Francia|Il Giornale delle dame e delle mode di Francia]]'' pubblicato a Milano dal 1786 al 1794 e il quindicinale ''La donna galante ed erudita'' (1786-1788), stampato a Venezia sotto la direzione di Gioseffa Cornoldi.<ref>{{Cita libro|autore=Gioseffa Cornoldi Caminer|titolo=« La donna galante ed erudita ». 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La Repubblica napoletana del 1799 e il protagonismo femminile === L’esperienza della [[w:Repubblica Napoletana (1799)|Repubblica Napoletana]] del 1799, ispirata ai principi dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese, vide la partecipazione attiva di diverse figure femminili. 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King|titolo=Book-Lined Cells: Women and Humanism in the Early Italian Renaissance|anno=1988|editore=University of Pennsylvania Press|città=Philadelphia|pp=434-454|opera=Renaissance Humanism, Volume 1: Foundations, Forms, and Legacy|curatore=Albert Rabil Jr.|lingua=en}} * {{Cita libro|autore=|titolo=The contest for knowledge : debates over women's learning in Eighteenth-century Italy|anno=2005|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|cid=Messbarger|OCLC=|lingua=en|pp=|curatore=Rebecca Messbarger, Paula Findlen|opera=}} * {{Cita libro|cognome=|nome=|curatore=Diana Robin, Anne R. Larsen, Carole Levin|titolo=Encyclopedia of Women in the Renaissance: Italy, France, and England|editore=ABC-CLIO|anno=2007|isbn=|pagina=|autore=|p=|ISBN=|lingua=en|pp=213-216}} [[Categoria:Storia del femminismo italiano]] cca9gxj00i0ie1lm69e3fugpu466w70 Storia del femminismo italiano/4. La questione femminile nel periodo post-unitario 0 57624 477354 477227 2025-06-05T06:12:51Z Camelia.boban 25520 Fix categoria 477354 wikitext text/x-wiki {{Storia del femminismo italiano}} {{Storia del femminismo italiano 1}} == 4. La questione femminile nel periodo post-unitario == Nel periodo post-unitario le donne continuarono a vivere in una posizione subalterna. Nonostante le speranze di emancipazione da loro maturate durante il [[w:Risorgimento|Risorgimento]], la realtà del nuovo stato non portò a significativi cambiamenti. La partecipazione femminile alla politica rimase limitata. La [[w:Legge_elettorale_italiana_del_1860|legge elettorale del nuovo Regno]] escluse le donne dal suffragio, confinandole nella sfera privata e domestica, sebbene si registrasse una crescita della presenza femminile in ambito lavorativo, culturale ed educativo.<ref>{{Cita|Gazzetta 2018|p. 43}}</ref><ref>{{Cita|Filippini 2006|pp. 83-84}}</ref> === 4.1. Condizione giuridica === [[File:CC1865 100-001.jpg|miniatura|Codice Pisanelli]] Con l'entrata in vigore del [[w:Codice_civile_del_Regno_d'Italia|Codice civile]] del 1865, noto come Codice Pisanelli, si consolidò una visione patriarcale della società. Ispirato al [[w:Codice_napoleonico|modello napoleonico]], il codice subordinava legalmente le donne agli uomini, assimilando le mogli ai minori in termini di capacità giuridica.<ref>{{Cita|Gazzetta 2018|pp. 19-20}}</ref> Nonostante alcune disposizioni prevedessero la parità tra i sessi, come l'uguaglianza nell'eredità tra figli e figlie e la possibilità per le donne adulte non sposate di possedere beni, stipulare contratti, fare testamento, il nuovo Codice imponeva restrizioni significative. Le donne sposate necessitavano dell'[[w:Autorizzazione_maritale|autorizzazione maritale]] per compiere atti giuridici rilevanti, come la gestione dei propri beni, la stipula di contratti o la partecipazione a procedimenti legali. Inoltre, erano escluse dall'accesso a cariche pubbliche, dall'esercizio della professione forense, dal [[w:Diritto_di_voto_(Italia)|diritto di voto]] e dall'eleggibilità, equiparate in questo alle categorie degli analfabeti, dei vagabondi e dei detenuti. <ref name=":0">{{Cita|Soldani 2011}}</ref> Tale condizione non prevedeva eccezioni legate al possesso di particolari requisiti, anche economici, ma dipendeva solo dal sesso di appartenenza, avvalorando l'idea di un’inferiorità femminile legata alla condizione biologica e alla natura. Il codice prevedeva anche l'obbligo per le mogli di adottare il cognome e la cittadinanza del marito e di seguirlo nella residenza da lui scelta. In caso di disaccordo tra coniugi sulle decisioni riguardanti i figli, prevaleva l'autorità paterna.<ref>{{Cita web|url=http://www.bibliolab.it/donne_web/allegato16.htm|titolo=Codice civile del Regno d'Italia. Registrato Corte dei Conti il 30 giugno 1865|accesso=18 maggio 2025}}</ref> Le madri potevano intervenire solo in situazioni eccezionali, come l'abbandono, l'emigrazione o l'imprigionamento del padre. In alcune regioni precedentemente sotto dominazione austriaca, come il [[w:Lombardo-Veneto|Lombardo-Veneto]], le donne avevano goduto di maggiori diritti patrimoniali prima dell'unificazione. L'introduzione del Codice Pisanelli rappresentò quindi un regresso nella condizione giuridica femminile in questi territori.<ref>{{Cita|Gazzetta 2018|pp. 51-52}}</ref> Nonostante alcune iniziative legislative, come la rivoluzionaria proposta di legge avanzata dal deputato [[w:Salvatore_Morelli|Salvatore Morelli]] nel 1867 volta a parificare i diritti civili e politici tra uomini e donne, abolendo la "schiavitù domestica", la società dell'epoca mostrò scarso interesse per la parità di genere.<ref>{{Cita|Gazzetta 2018|p. 75}}</ref> Accolta con favore solo nei circuiti legati alla democrazia risorgimentale e al libero pensiero, tale richiesta trovò nel settimanale ''[[w:La_Donna_(rivista_1868)|La Donna]]'' uno spazio di dialogo con settori di donne più moderate. === 4.2. Istruzione === {{Quote/Citazione|testo=Una donna con un libro in mano, nella fantasia di non pochi, è una donna che lascia di fare quello che dovrebbe, e rende la stessa immagine di un uomo che dipanasse una matassa di refe, filasse lino o facesse calze|sotto=Aristide Gabelli, 1870}} ==== 4.2.1. La legge Casati (1859) ==== [[File:Legge Casati.jpg|miniatura|La Legge Casati]] La [[w:Legge_Casati|Legge Casati]], emanata dal [[w:Regno_di_Sardegna|Regno di Sardegna]] e poi estesa al Regno d'Italia, definì la struttura dell'istruzione su tre livelli: primaria (inferiore e superiore, ciascuna della durata di due anni, e la cui gestione era affidata ai comuni), secondaria (ginnasio, di cinque anni, e liceo, di tre anni) e secondaria tecnica (tre anni), superiore (università). Al fine di combattere l'[[w:Analfabetismo|analfabetismo]] diffuso nel paese, per la prima volta la Legge Casati istituì l'obbligo e la gratuità della frequenza per i bambini dai sei agli otto anni, senza tuttavia definire le sanzioni per i trasgressori. Le scuole elementari vennero separate per sesso e i curricola differenziati: nei corsi superiori delle scuole elementari maschili venivano insegnati i primi elementi di geometria e il disegno lineare; nelle scuole femminili i "lavori donneschi" (cucito, maglia, ecc.).<ref>{{Cita|Manacorda|pp. 19-20}}</ref> Furono create le "Scuole Normali" per la formazione dei maestri e delle maestre, con corsi triennali e preparazione differenziata. L'accesso era previsto a 16 anni per i maschi e a 15 per le femmine, creando un vuoto di istruzione di diversi anni dopo la fine della frequenza elementare.<ref>{{Cita|Manacorda|pp. 19-20}}</ref> Non venne previsto un sistema organico di istruzione secondaria femminile equiparabile al ginnasio e al liceo maschile o alle scuole tecniche maschili. Sebbene la Legge Casati non lo vietasse, l'accesso all'istruzione secondaria e superiore per le donne rimase per molto tempo una questione aperta, gestita con discrezionalità: a Roma e a Vicenza venne rifiutata l’iscrizione di due ragazze, mentre altre iscrizioni vennero accettate a Bologna, Torino, Cuneo e Napoli.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Graziella Gaballo|anno=2016|titolo=Donne a scuola. L’istituzione femminile nell’italia post-unitaria|rivista=Quaderno di storia contemporanea|numero=60|pp=124-125}}</ref> Per molti anni restò legata a iniziative private, ad istituti religiosi, orfanotrofi e opere di carità, con programmi spesso focalizzati sull'educazione domestica e sulle "arti di ornamento" (musica, ricamo, lingue), o affidata all'attivismo di [[w:Società_di_Mutuo_Soccorso|Società di Mutuo Soccorso]], di singole attiviste o filantrope.<ref>{{Cita|Manacorda|pp. 25-26}}</ref> ==== 4.2.2. Analfabetismo e promozione delle scuole femminili ==== All'epoca dell'[[w:Unità_d'Italia|Unità d'Italia]], l'analfabetismo femminile era diffuso, con tassi particolarmente elevati nel Mezzogiorno e nelle isole. Nel 1861, solo circa il 16% delle donne italiane sapeva leggere e scrivere, con percentuali ancora più basse in regioni come la Sardegna, dove l'analfabetismo femminile superava il 95%.​<ref>{{Cita|Gazzetta 2018|pp. 56-57}}</ref> Nei decenni successivi si registrarono progressi nell'istruzione femminile, soprattutto nelle aree urbane del Nord. Le mazziniane promossero l'educazione delle donne attraverso la fondazione di scuole e l'introduzione dei [[w:Friedrich_Fröbel|giardini froebeliani]], basati su un approccio educativo non confessionale e partecipativo. Ernesta Galletti Stoppa, che operò a [[w:Lugo_(Italia)|Lugo di Romagna]], favorì la nascita di un fondo per l’istruzione delle analfabete, di una Cassa di maternità per sussidio al parto e nel 1878 di un istituto privato di educazione d'impostazione froebeliana.<ref>{{Cita|Gazzetta 2021|p. 57-58}}</ref> [[File:Scuola_merletti_Burano.jpg|miniatura|Scuola merletti di Burano.]]Claudia Antona Traversi, collaboratrice di riviste come ''Cornelia'', fece costruire un asilo froebeliano presso la sua villa vicino Pavia; la poetessa e giornalista Olimpia Saccati, fondò un asilo infantile; Ernesta Napollon aprì delle scuole serali e domenicali dedicate alla preparazione professionale femminile. Anche [[w:Annamaria_Mozzoni|Annamaria Mozzoni]], sin dal 1866, progettò la creazione di un istituto femminile internazionale.<ref>{{Cita|Gazzetta 2021|p. 59}}</ref> Nel 1871 il tasso di [[w:Analfabetismo|analfabetismo]] femminile scese al 78,94%, rispetto all'84% del 1861. La [[w:Legge_Coppino|Legge Coppino]] del 1877 elevò l'obbligo scolastico da due a tre anni, ma le ragazze continuarono a incontrare ostacoli nell'accesso all'istruzione, soprattutto nelle aree rurali e meridionali. Le famiglie di ceto medio spesso esitavano a mandare le figlie a scuola, temendo il contatto con bambine di estrazione sociale inferiore.<ref name=":0" /> In questo periodo si svilupparono scuole professionali femminili, come la Scuola civica genovese, che formarono le allieve in mestieri tradizionali e moderni. <ref name=":1">Simonetta Soldani, Il libro e la matassa. Scuole per "lavori donneschi" nell'Italia da costruire, in ''L’educazione delle donne. Scuole e modelli di vita femminile nell’Italia dell’Ottocento'', Milano, Franco Angeli, 1989, pp. 87-130</ref> Soprattutto nella [[w:Laguna_di_Venezia|Laguna veneta]] nacquero diverse "scuole di merletto", dove la produzione e il numero di lavoratrici crebbero rapidamente. Un'iniziativa significativa fu il sostegno all'apertura a Roma nel 1876 di una grande Scuola professionale femminile laica, con un'ampia offerta formativa concentrata su cucito, ricamo, merletti, le "industrie femminili" più diffuse.<ref>{{Cita|Soldani|pp. 101-104}}</ref> Tuttavia, molte di queste iniziative non riuscirono a espandersi su larga scala, a causa della fragilità del mercato del lavoro e della crisi economica sopraggiunta negli anni settanta.<ref>{{Cita|Soldani 1989}}</ref> === 4.3. Lavoro femminile === L'impoverimento familiare spinse molte donne, in particolare quelle nubili o con famiglie impossibilitate a mantenerle, a cercare occupazione soprattutto nei campi, nel servizio domestico, nella sartoria e nell'industria tessile, specie nella lavorazione della seta. Le donne erano largamente impiegate anche nelle manifatture statali dei tabacchi, nella produzione di carta, candele e lana. Nel 1880 in queste industrie rappresentavano il 64,5% della forza lavoro.<ref>{{Cita|Pescarolo 2019|pp. 67-68}}</ref> [[File:Capri, contadini.jpg|sinistra|miniatura|Contadini di Capri, fotografia di Giorgio Sommer]] Consistente era anche l'impiego delle donne nell'agricoltura, il settore nel quale nel corso di quarant'anni, dal 1861 al 1901, si concentrò - quasi in misura invariata - la percentuale maggiore di occupati: nel 1861 il 59,6% rispetto al 29,6 dell'industria, nel 1901 il 59,4% contro il 24,1%.<ref>{{Cita libro|autore=Daniele Marchesini|titolo=L'analfabetismo femminile nell'Italia dell'Ottocento|p=47|pp=|anno=1989|editore=Franco Angeli|città=Milano|curatore=Simonetta Soldani}}</ref> Il censimento della popolazione del 1871 rilevò che il 35,5% di popolazione agricola era di sesso femminile.<ref>{{Cita|Pescarolo 2019|p. 43}}</ref> Nel mondo rurale, lo status delle donne all'interno della famiglia, di stampo fortemente patriarcale, era improntato a una condizione di debolezza e di sottomissione, rafforzata dall'uso imposto, con il matrimonio, di abbandonare la propria famiglia per quella del marito.<ref>{{Cita|Pescarolo 2019|p. 45}}</ref> Nel secondo Ottocento, tuttavia, la crisi agraria e l’aumento demografico sconvolsero l’equilibrio delle famiglie contadine, spingendo soprattutto le donne a migrare stagionalmente nelle aree risicole del Nord Italia. Oltre ad affrontare condizioni molto dure nei campi, le [[w:Mondina|mondine]] erano esposte anche a fatiche fisiche e a rischi di natura sessuale.<ref>{{Cita|Pescarolo 2019|p. 47}}</ref> Il lavoro a domicilio divenne una forma di occupazione diffusa, sebbene precaria e mal retribuita. Le merlettaie, ad esempio, aumentarono di numero, specialmente nella Laguna veneta, rimanendo tuttavia per lo più analfabete e prive di tutele. L'intervento statale nel settore dell'istruzione professionale femminile fu limitato e privo di un piano organico. Nonostante le difficoltà, alcune donne riuscirono a emergere nel panorama lavorativo e culturale. [[w:Ida_Baccini|Ida Baccini]], ad esempio, dopo una breve esperienza matrimoniale, si dedicò all'insegnamento e divenne direttrice del popolare giornale femminile [[w:Cordelia_(rivista)|''Cordelia'']], contribuendo alla diffusione della cultura tra le giovani, anche se all'interno di un orizzonte di pensiero molto tradizionale.<ref>{{Cita|Gazzetta 2018, p. 94}}</ref> ==== 4.3.1. Maestre ==== Nonostante le difficoltà, l'[[w:Storia_dell'istruzione_in_Italia|istruzione di massa]] offrì nuove opportunità professionali alle donne, in particolare nel campo dell'insegnamento primario, particolarmente vicino alle aspettative del ceto medio: se nel 1861 vi erano tra gli allievi iscritti alla Scuola Normale 2847 maschi e 2795 femmine, nel 1898 il numero di maschi registrati era 1323, quello delle femmine ammontava a circa 20.000.<ref>{{Cita libro|titolo=Storia della scuola e storia d'Italia. Dall'Unità ad oggi|anno=1982|editore=De Donato|città=Bari|p=15|curatore=Antonio Santoni Rugiu}}</ref> [[File:Le maestre dell'asilo de La Briglia (Vaiano).jpg|miniatura|Le maestre dell'asilo de La Briglia (Vaiano)]] La figura femminile della maestra, svincolata da ambienti esclusivamente domestici, contribuì ad operare un cambiamento sul piano dell'immaginario collettivo e favorì la formazione di una rete di donne legate fra loro da compiti e interessi connessi con il lavoro intellettuale. Per molte donne l’insegnamento rappresentò un’importante opportunità di riscatto personale e sociale. Nelle aree più marginali le condizioni erano particolarmente dure: isolamento geografico, miseria diffusa e diffidenza da parte delle comunità locali segnavano il quotidiano delle maestre. Spesso giovanissime, alcune addirittura prive di titoli adeguati, erano assunte come sotto-maestre con salari molto bassi<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Pamela Giorgi, Raffaella Calgaro|anno=2020|titolo=Scuole di confine: vita da maestra nelle periferie del nascente stato italiano|rivista=Formazione & Insegnamento|volume=18|numero=1|pp=35-36}}</ref>. Una condanna per la mancanza di tutele per le donne e la denuncia della solitudine patita delle maestre in contesti ostili si può rinvenire nella lettera-testamento della giovane maestra toscana [[w:Italia_Donati|Italia Donati]] che nel 1886, dopo essere stata falsamente accusata di avere avuto una relazione con un prete e di essere rimasta incinta, abbandonata alla mercé del pregiudizio locale, venne emarginata e perseguitata al punto da togliersi la vita. L’ostilità delle amministrazioni locali e la mancanza di tutele rendevano il ruolo delle insegnanti ancora più difficile, ma nonostante le avversità, molte di loro cercarono di portare avanti il proprio compito con dedizione e senso di missione. Le nuove opportunità di lavoro consentirono ad alcune donne di ottenere ruoli di rappresentanza in ambito nazionale e internazionale, in precedenza di pertinenza maschile, contribuendo alla visibilità femminile nella sfera pubblica: [[w:Erminia_Fuà_Fusinato|Erminia Fuà Fusinato]], rappresentò il comune di Roma al cinquecentesimo anniversario della nascita di Petrarca e [[w:Aurelia_Folliero_de_Luna|Aurelia Folliero de Luna]] venne inviata all'Esposizione universale di Parigi per raccogliere informazioni sull’istruzione agraria.<ref name=":0" /> == Note == <references /> == Bibliografia == * {{Cita libro|autore=Nadia Maria Filippini|titolo=Donne sulla scena pubblica: società e politica in Veneto tra Sette e Ottocento|anno=2006|editore=Franco Angeli|città=Milano|OCLC=1159091459|cid=Filippini 2006}} * {{Cita libro|autore=Liviana Gazzetta|titolo=Orizzonti Nuovi. Storia Del Primo Femminismo in Italia (1865-1925)|anno=2018|editore=Viella|città=Roma|OCLC=1322967821|cid=Gazzetta 2018}} * {{Cita libro|autore=Liviana Gazzetta|titolo=Relazioni e rispecchiamenti. Un decennio di femminismo italiano in prospettiva internazionale (1868-1877)|anno=2021|editore=Laboratoire italien. Politique et société|curatore=Laura Fournier-Finocchiaro, Liviana Gazzetta, Barbara Meazzi|OCLC=9164987389|cid=Gazzetta 2021|opera=Voix et parcours du féminisme dans les revues de femmes (1870-1970)}} * {{Cita libro|autore=Mario Alighiero Manacorda|titolo=Istruzione ed emancipazione della donna nel Risorgimento. Riletture e considerazioni|anno=1989|editore=Franco Angeli|città=Milano|pp=1-33|opera=L'educazione delle donne|curatore=Simonetta Soldani|cid=Manacorda}} * {{Cita libro|autore=Alessandra Pescarolo|titolo=Il lavoro delle donne nell’Italia contemporanea|anno=2019|editore=Viella|OCLC=1105615269|cid=Pescarolo 2019}} * {{Cita libro|autore=Simonetta Soldani|titolo=Il libro e la matassa. Scuole per "lavori donneschi" nell'Italia da costruire|anno=1989|editore=Franco Angeli|città=Milano|OCLC=25054443|cid=Soldani 1989|opera=L’educazione delle donne. Scuole e modelli di vita femminile nell’Italia dell’Ottocento|pp=87-130}} [[Categoria:Storia del femminismo italiano]] gd1bu3d2u96d37o99rwyeh4d5bmozwt 477370 477354 2025-06-05T11:08:45Z LorManLor 24993 Note 477370 wikitext text/x-wiki {{Storia del femminismo italiano}} {{Storia del femminismo italiano 1}} == 4. La questione femminile nel periodo post-unitario == Nel periodo post-unitario le donne continuarono a vivere in una posizione subalterna. Nonostante le speranze di emancipazione da loro maturate durante il [[w:Risorgimento|Risorgimento]], la realtà del nuovo stato non portò a significativi cambiamenti. La partecipazione femminile alla politica rimase limitata. La [[w:Legge_elettorale_italiana_del_1860|legge elettorale del nuovo Regno]] escluse le donne dal suffragio, confinandole nella sfera privata e domestica, sebbene si registrasse una crescita della presenza femminile in ambito lavorativo, culturale ed educativo.<ref>{{Cita|Gazzetta 2018|p. 43}}</ref><ref>{{Cita|Filippini 2006|pp. 83-84}}</ref> === 4.1. Condizione giuridica === [[File:CC1865 100-001.jpg|miniatura|Codice Pisanelli]] Con l'entrata in vigore del [[w:Codice_civile_del_Regno_d'Italia|Codice civile]] del 1865, noto come Codice Pisanelli, si consolidò una visione patriarcale della società. Ispirato al [[w:Codice_napoleonico|modello napoleonico]], il codice subordinava legalmente le donne agli uomini, assimilando le mogli ai minori in termini di capacità giuridica.<ref>{{Cita|Gazzetta 2018|pp. 19-20}}</ref> Nonostante alcune disposizioni prevedessero la parità tra i sessi, come l'uguaglianza nell'eredità tra figli e figlie e la possibilità per le donne adulte non sposate di possedere beni, stipulare contratti, fare testamento, il nuovo Codice imponeva restrizioni significative. Le donne sposate necessitavano dell'[[w:Autorizzazione_maritale|autorizzazione maritale]] per compiere atti giuridici rilevanti, come la gestione dei propri beni, la stipula di contratti o la partecipazione a procedimenti legali. Inoltre, erano escluse dall'accesso a cariche pubbliche, dall'esercizio della professione forense, dal [[w:Diritto_di_voto_(Italia)|diritto di voto]] e dall'eleggibilità, equiparate in questo alle categorie degli analfabeti, dei vagabondi e dei detenuti.<ref name=":0">{{Cita web|autore=Simonetta Soldani|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/l-italia-al-femminile_(L'Unificazione)/|titolo=L'Italia al femminile. L'Unificazione|accesso=5 giugno 2025|data=2011}}</ref> Tale condizione non prevedeva eccezioni legate al possesso di particolari requisiti, anche economici, ma dipendeva solo dal sesso di appartenenza, avvalorando l'idea di un’inferiorità femminile legata alla condizione biologica e alla natura. Il codice prevedeva anche l'obbligo per le mogli di adottare il cognome e la cittadinanza del marito e di seguirlo nella residenza da lui scelta. In caso di disaccordo tra coniugi sulle decisioni riguardanti i figli, prevaleva l'autorità paterna.<ref>{{Cita web|url=http://www.bibliolab.it/donne_web/allegato16.htm|titolo=Codice civile del Regno d'Italia. Registrato Corte dei Conti il 30 giugno 1865|accesso=18 maggio 2025}}</ref> Le madri potevano intervenire solo in situazioni eccezionali, come l'abbandono, l'emigrazione o l'imprigionamento del padre. In alcune regioni precedentemente sotto dominazione austriaca, come il [[w:Lombardo-Veneto|Lombardo-Veneto]], le donne avevano goduto di maggiori diritti patrimoniali prima dell'unificazione. L'introduzione del Codice Pisanelli rappresentò quindi un regresso nella condizione giuridica femminile in questi territori.<ref>{{Cita|Gazzetta 2018|pp. 51-52}}</ref> Nonostante alcune iniziative legislative, come la rivoluzionaria proposta di legge avanzata dal deputato [[w:Salvatore_Morelli|Salvatore Morelli]] nel 1867 volta a parificare i diritti civili e politici tra uomini e donne, abolendo la "schiavitù domestica", la società dell'epoca mostrò scarso interesse per la parità di genere.<ref>{{Cita|Gazzetta 2018|p. 75}}</ref> Accolta con favore solo nei circuiti legati alla democrazia risorgimentale e al libero pensiero, tale richiesta trovò nel settimanale ''[[w:La_Donna_(rivista_1868)|La Donna]]'' uno spazio di dialogo con settori di donne più moderate. === 4.2. Istruzione === {{Quote/Citazione|testo=Una donna con un libro in mano, nella fantasia di non pochi, è una donna che lascia di fare quello che dovrebbe, e rende la stessa immagine di un uomo che dipanasse una matassa di refe, filasse lino o facesse calze|sotto=Aristide Gabelli, 1870}} ==== 4.2.1. La legge Casati (1859) ==== [[File:Legge Casati.jpg|miniatura|La Legge Casati]] La [[w:Legge_Casati|Legge Casati]], emanata dal [[w:Regno_di_Sardegna|Regno di Sardegna]] e poi estesa al Regno d'Italia, definì la struttura dell'istruzione su tre livelli: primaria (inferiore e superiore, ciascuna della durata di due anni, e la cui gestione era affidata ai comuni), secondaria (ginnasio, di cinque anni, e liceo, di tre anni) e secondaria tecnica (tre anni), superiore (università). Al fine di combattere l'[[w:Analfabetismo|analfabetismo]] diffuso nel paese, per la prima volta la Legge Casati istituì l'obbligo e la gratuità della frequenza per i bambini dai sei agli otto anni, senza tuttavia definire le sanzioni per i trasgressori. Le scuole elementari vennero separate per sesso e i curricola differenziati: nei corsi superiori delle scuole elementari maschili venivano insegnati i primi elementi di geometria e il disegno lineare; nelle scuole femminili i "lavori donneschi" (cucito, maglia, ecc.).<ref>{{Cita|Manacorda|pp. 19-20}}</ref> Furono create le "Scuole Normali" per la formazione dei maestri e delle maestre, con corsi triennali e preparazione differenziata. L'accesso era previsto a 16 anni per i maschi e a 15 per le femmine, creando un vuoto di istruzione di diversi anni dopo la fine della frequenza elementare.<ref>{{Cita|Manacorda|pp. 19-20}}</ref> Non venne previsto un sistema organico di istruzione secondaria femminile equiparabile al ginnasio e al liceo maschile o alle scuole tecniche maschili. Sebbene la Legge Casati non lo vietasse, l'accesso all'istruzione secondaria e superiore per le donne rimase per molto tempo una questione aperta, gestita con discrezionalità: a Roma e a Vicenza venne rifiutata l’iscrizione di due ragazze, mentre altre iscrizioni vennero accettate a Bologna, Torino, Cuneo e Napoli.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Graziella Gaballo|anno=2016|titolo=Donne a scuola. L’istituzione femminile nell’italia post-unitaria|rivista=Quaderno di storia contemporanea|numero=60|pp=124-125}}</ref> Per molti anni restò legata a iniziative private, ad istituti religiosi, orfanotrofi e opere di carità, con programmi spesso focalizzati sull'educazione domestica e sulle "arti di ornamento" (musica, ricamo, lingue), o affidata all'attivismo di [[w:Società_di_Mutuo_Soccorso|Società di Mutuo Soccorso]], di singole attiviste o filantrope.<ref>{{Cita|Manacorda|pp. 25-26}}</ref> ==== 4.2.2. Analfabetismo e promozione delle scuole femminili ==== All'epoca dell'[[w:Unità_d'Italia|Unità d'Italia]], l'analfabetismo femminile era diffuso, con tassi particolarmente elevati nel Mezzogiorno e nelle isole. Nel 1861, solo circa il 16% delle donne italiane sapeva leggere e scrivere, con percentuali ancora più basse in regioni come la Sardegna, dove l'analfabetismo femminile superava il 95%.​<ref>{{Cita|Gazzetta 2018|pp. 56-57}}</ref> Nei decenni successivi si registrarono progressi nell'istruzione femminile, soprattutto nelle aree urbane del Nord. Le mazziniane promossero l'educazione delle donne attraverso la fondazione di scuole e l'introduzione dei [[w:Friedrich_Fröbel|giardini froebeliani]], basati su un approccio educativo non confessionale e partecipativo. Ernesta Galletti Stoppa, che operò a [[w:Lugo_(Italia)|Lugo di Romagna]], favorì la nascita di un fondo per l’istruzione delle analfabete, di una Cassa di maternità per sussidio al parto e nel 1878 di un istituto privato di educazione d'impostazione froebeliana.<ref>{{Cita|Gazzetta 2021|p. 57-58}}</ref> [[File:Scuola_merletti_Burano.jpg|miniatura|Scuola merletti di Burano.]]Claudia Antona Traversi, collaboratrice di riviste come ''Cornelia'', fece costruire un asilo froebeliano presso la sua villa vicino Pavia; la poetessa e giornalista Olimpia Saccati, fondò un asilo infantile; Ernesta Napollon aprì delle scuole serali e domenicali dedicate alla preparazione professionale femminile. Anche [[w:Annamaria_Mozzoni|Annamaria Mozzoni]], sin dal 1866, progettò la creazione di un istituto femminile internazionale.<ref>{{Cita|Gazzetta 2021|p. 59}}</ref> Nel 1871 il tasso di [[w:Analfabetismo|analfabetismo]] femminile scese al 78,94%, rispetto all'84% del 1861. La [[w:Legge_Coppino|Legge Coppino]] del 1877 elevò l'obbligo scolastico da due a tre anni, ma le ragazze continuarono a incontrare ostacoli nell'accesso all'istruzione, soprattutto nelle aree rurali e meridionali. Le famiglie di ceto medio spesso esitavano a mandare le figlie a scuola, temendo il contatto con bambine di estrazione sociale inferiore.<ref name=":0" /> In questo periodo si svilupparono scuole professionali femminili, come la Scuola civica genovese, che formarono le allieve in mestieri tradizionali e moderni. <ref name=":1">Simonetta Soldani, Il libro e la matassa. Scuole per "lavori donneschi" nell'Italia da costruire, in ''L’educazione delle donne. Scuole e modelli di vita femminile nell’Italia dell’Ottocento'', Milano, Franco Angeli, 1989, pp. 87-130</ref> Soprattutto nella [[w:Laguna_di_Venezia|Laguna veneta]] nacquero diverse "scuole di merletto", dove la produzione e il numero di lavoratrici crebbero rapidamente. Un'iniziativa significativa fu il sostegno all'apertura a Roma nel 1876 di una grande Scuola professionale femminile laica, con un'ampia offerta formativa concentrata su cucito, ricamo, merletti, le "industrie femminili" più diffuse.<ref>{{Cita|Soldani 1989|pp. 101-104}}</ref> Tuttavia, molte di queste iniziative non riuscirono a espandersi su larga scala, a causa della fragilità del mercato del lavoro e della crisi economica sopraggiunta negli anni settanta.<ref>{{Cita|Soldani 1989|pp. 87-130}}</ref> === 4.3. Lavoro femminile === L'impoverimento familiare spinse molte donne, in particolare quelle nubili o con famiglie impossibilitate a mantenerle, a cercare occupazione soprattutto nei campi, nel servizio domestico, nella sartoria e nell'industria tessile, specie nella lavorazione della seta. Le donne erano largamente impiegate anche nelle manifatture statali dei tabacchi, nella produzione di carta, candele e lana. Nel 1880 in queste industrie rappresentavano il 64,5% della forza lavoro.<ref>{{Cita|Pescarolo 2019|pp. 67-68}}</ref> [[File:Capri, contadini.jpg|sinistra|miniatura|Contadini di Capri, fotografia di Giorgio Sommer]] Consistente era anche l'impiego delle donne nell'agricoltura, il settore nel quale nel corso di quarant'anni, dal 1861 al 1901, si concentrò - quasi in misura invariata - la percentuale maggiore di occupati: nel 1861 il 59,6% rispetto al 29,6 dell'industria, nel 1901 il 59,4% contro il 24,1%.<ref>{{Cita libro|autore=Daniele Marchesini|titolo=L'analfabetismo femminile nell'Italia dell'Ottocento|p=47|pp=|anno=1989|editore=Franco Angeli|città=Milano|curatore=Simonetta Soldani}}</ref> Il censimento della popolazione del 1871 rilevò che il 35,5% di popolazione agricola era di sesso femminile.<ref>{{Cita|Pescarolo 2019|p. 43}}</ref> Nel mondo rurale, lo status delle donne all'interno della famiglia, di stampo fortemente patriarcale, era improntato a una condizione di debolezza e di sottomissione, rafforzata dall'uso imposto, con il matrimonio, di abbandonare la propria famiglia per quella del marito.<ref>{{Cita|Pescarolo 2019|p. 45}}</ref> Nel secondo Ottocento, tuttavia, la crisi agraria e l’aumento demografico sconvolsero l’equilibrio delle famiglie contadine, spingendo soprattutto le donne a migrare stagionalmente nelle aree risicole del Nord Italia. Oltre ad affrontare condizioni molto dure nei campi, le [[w:Mondina|mondine]] erano esposte anche a fatiche fisiche e a rischi di natura sessuale.<ref>{{Cita|Pescarolo 2019|p. 47}}</ref> Il lavoro a domicilio divenne una forma di occupazione diffusa, sebbene precaria e mal retribuita. Le merlettaie, ad esempio, aumentarono di numero, specialmente nella Laguna veneta, rimanendo tuttavia per lo più analfabete e prive di tutele. L'intervento statale nel settore dell'istruzione professionale femminile fu limitato e privo di un piano organico. Nonostante le difficoltà, alcune donne riuscirono a emergere nel panorama lavorativo e culturale. [[w:Ida_Baccini|Ida Baccini]], ad esempio, dopo una breve esperienza matrimoniale, si dedicò all'insegnamento e divenne direttrice del popolare giornale femminile [[w:Cordelia_(rivista)|''Cordelia'']], contribuendo alla diffusione della cultura tra le giovani, anche se all'interno di un orizzonte di pensiero molto tradizionale.<ref>{{Cita|Gazzetta 2018, p. 94}}</ref> ==== 4.3.1. Maestre ==== Nonostante le difficoltà, l'[[w:Storia_dell'istruzione_in_Italia|istruzione di massa]] offrì nuove opportunità professionali alle donne, in particolare nel campo dell'insegnamento primario, particolarmente vicino alle aspettative del ceto medio: se nel 1861 vi erano tra gli allievi iscritti alla Scuola Normale 2847 maschi e 2795 femmine, nel 1898 il numero di maschi registrati era 1323, quello delle femmine ammontava a circa 20.000.<ref>{{Cita libro|titolo=Storia della scuola e storia d'Italia. Dall'Unità ad oggi|anno=1982|editore=De Donato|città=Bari|p=15|curatore=Antonio Santoni Rugiu}}</ref> [[File:Le maestre dell'asilo de La Briglia (Vaiano).jpg|miniatura|Le maestre dell'asilo de La Briglia (Vaiano)]] La figura femminile della maestra, svincolata da ambienti esclusivamente domestici, contribuì ad operare un cambiamento sul piano dell'immaginario collettivo e favorì la formazione di una rete di donne legate fra loro da compiti e interessi connessi con il lavoro intellettuale. Per molte donne l’insegnamento rappresentò un’importante opportunità di riscatto personale e sociale. Nelle aree più marginali le condizioni erano particolarmente dure: isolamento geografico, miseria diffusa e diffidenza da parte delle comunità locali segnavano il quotidiano delle maestre. Spesso giovanissime, alcune addirittura prive di titoli adeguati, erano assunte come sotto-maestre con salari molto bassi<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Pamela Giorgi, Raffaella Calgaro|anno=2020|titolo=Scuole di confine: vita da maestra nelle periferie del nascente stato italiano|rivista=Formazione & Insegnamento|volume=18|numero=1|pp=35-36}}</ref>. Una condanna per la mancanza di tutele per le donne e la denuncia della solitudine patita delle maestre in contesti ostili si può rinvenire nella lettera-testamento della giovane maestra toscana [[w:Italia_Donati|Italia Donati]] che nel 1886, dopo essere stata falsamente accusata di avere avuto una relazione con un prete e di essere rimasta incinta, abbandonata alla mercé del pregiudizio locale, venne emarginata e perseguitata al punto da togliersi la vita. L’ostilità delle amministrazioni locali e la mancanza di tutele rendevano il ruolo delle insegnanti ancora più difficile, ma nonostante le avversità, molte di loro cercarono di portare avanti il proprio compito con dedizione e senso di missione. Le nuove opportunità di lavoro consentirono ad alcune donne di ottenere ruoli di rappresentanza in ambito nazionale e internazionale, in precedenza di pertinenza maschile, contribuendo alla visibilità femminile nella sfera pubblica: [[w:Erminia_Fuà_Fusinato|Erminia Fuà Fusinato]], rappresentò il comune di Roma al cinquecentesimo anniversario della nascita di Petrarca e [[w:Aurelia_Folliero_de_Luna|Aurelia Folliero de Luna]] venne inviata all'Esposizione universale di Parigi per raccogliere informazioni sull’istruzione agraria.<ref name=":0" /> == Note == <references /> == Bibliografia == * {{Cita libro|autore=Nadia Maria Filippini|titolo=Donne sulla scena pubblica: società e politica in Veneto tra Sette e Ottocento|anno=2006|editore=Franco Angeli|città=Milano|OCLC=1159091459|cid=Filippini 2006}} * {{Cita libro|autore=Liviana Gazzetta|titolo=Orizzonti Nuovi. Storia Del Primo Femminismo in Italia (1865-1925)|anno=2018|editore=Viella|città=Roma|OCLC=1322967821|cid=Gazzetta 2018}} * {{Cita libro|autore=Liviana Gazzetta|titolo=Relazioni e rispecchiamenti. Un decennio di femminismo italiano in prospettiva internazionale (1868-1877)|anno=2021|editore=Laboratoire italien. Politique et société|curatore=Laura Fournier-Finocchiaro, Liviana Gazzetta, Barbara Meazzi|OCLC=9164987389|cid=Gazzetta 2021|opera=Voix et parcours du féminisme dans les revues de femmes (1870-1970)}} * {{Cita libro|autore=Mario Alighiero Manacorda|titolo=Istruzione ed emancipazione della donna nel Risorgimento. Riletture e considerazioni|anno=1989|editore=Franco Angeli|città=Milano|pp=1-33|opera=L'educazione delle donne|curatore=Simonetta Soldani|cid=Manacorda}} * {{Cita libro|autore=Alessandra Pescarolo|titolo=Il lavoro delle donne nell’Italia contemporanea|anno=2019|editore=Viella|OCLC=1105615269|cid=Pescarolo 2019}} * {{Cita libro|autore=Simonetta Soldani|titolo=Il libro e la matassa. Scuole per "lavori donneschi" nell'Italia da costruire|anno=1989|editore=Franco Angeli|città=Milano|OCLC=25054443|cid=Soldani 1989|opera=L’educazione delle donne. Scuole e modelli di vita femminile nell’Italia dell’Ottocento|pp=87-130}} [[Categoria:Storia del femminismo italiano]] 0sbgiyvmo381jaffd6q87c3njsbfvda Storia del femminismo italiano/5. L'associazionismo femminile e la nascita di un movimento politico 0 57625 477353 477226 2025-06-05T06:12:11Z Camelia.boban 25520 Fix categoria 477353 wikitext text/x-wiki {{Storia del femminismo italiano}} {{Storia del femminismo italiano 1}} == 5. L'associazionismo femminile e la nascita di un movimento politico == Negli ultimi decenni del XIX secolo, la crescente consapevolezza dei diritti delle donne, l'aumentato accesso agli studi e al mondo del lavoro, la nascita dei primi partiti di massa, favorirono la nascita delle prime associazioni di rivendicazione dei diritti politici e civili femminili, come il diritto di voto, l'istruzione e il miglioramento delle condizioni di vita delle lavoratrici. === 5.1. Forme dell'associazionismo femminile post-unitario === L'associazionismo femminile, visibile su larga scala nella seconda metà dell'Ottocento e giunto al suo culmine in [[w:Età_giolittiana|età giolittiana,]] fu caratterizzato da grande eterogeneità: [[w:_Sibilla_Aleramo|Sibilla Aleramo]] osservò che esso assomigliava a una "torre di Babele" per la molteplicità di idee e orientamenti.<ref>Annarita Buttafuoco, ''Cronache femminili: temi e momenti della stampa emancipazionista in Italia dall'Unità al fascismo'', Università di Siena, Dipartimento di studi storico-sociali e filosofici, 1988, p. 89</ref> Vi coesistevano posizioni laiche, socialiste, cattoliche e borghesi; vi erano gruppi autonomi e gruppi legati a partiti politici. [[File:Signora Argentina Altobelli Bonetti, c. 1904.png|sinistra|miniatura|Argentina Altobelli]] La maggior parte delle donne proveniva da classi sociali elevate; tra le socialiste, molte appartenevano al ceto medio e svolgevano il mestiere di maestre, mentre erano rare le donne provenienti da contesti rurali o che svolgevano attività di coinvolgimento delle donne contadine. Costituì un'eccezione [[w:Argentina_Altobelli|Argentina Altobelli]], che nel 1905 venne nominata segretaria nazionale di [[w:Federterra|Federterra]].<ref>{{Cita|Willson|p. 25}}</ref> Tra le peculiarità del movimento emancipazionista spiccava la significativa presenza di donne di origine straniera o appartenenti a minoranze religiose (protestanti, ebree), spesso di alta formazione culturale.<ref>Liviana Gazzetta, ''Presenze protestanti nel primo femminismo italiano: Protagoniste ed esperienze tra '800 e '900'', in ''Revue d'histoire du protestantisme'', 4/3, 2019, pp. 423-442</ref> Fiorenza Taricone nei suoi studi ha cercato di definire le matrici teoriche di questo "arcipelago disomogeneo". Pur riconoscendo che esso agì spesso trasversalmente e sostenendo temi comuni all'interesse femminile, in primis la tutela della maternità, ne ha proposto una classificazione sulla base delle principali "tendenze" individuate al suo interno: il richiamo ai diritti inalienabili di uguaglianza sanciti dalla [[w:Rivoluzione_Francese|Rivoluzione Francese]]; l'accento maggiormente posto sulle libertà, ispirato alla tradizione liberale di [[w:John_Stuart_Mill|John Stuart Mill]], rappresentato dalla figura di [[w:Anna_Maria_Mozzoni|Anna Maria Mozzoni]]; il [[w:Mazzinianesimo|mazzinianesimo]], ritenuto l'humus da cui avrebbe preso vita il primo associazionismo di stampo "risorgimentale"; l'associazionismo "di area", cattolico o ispirato alle teorie socialiste; l'associazionismo "pro suffragio" centrato sulla richiesta del voto amministrativo e politico; l'associazionismo nazionalista, confluito in gran parte nel fascismo, di cui fu rappresentante [[w:Teresa_Labriola|Teresa Labriola]].<ref>{{Cita libro|autore=Fiorenza Taricone|titolo=Donne in movimento e associazionismo femminile nel primo Novecento. Relazione per il Convegno Cammini di donne da Genova al mondo - dal mondo a Genova, Genova 22-23 ottobre 2004|anno=2004|pp=1-4}}</ref> I vari organismi associativi che fiorirono soprattutto a cavallo dei due secoli scelsero come parte della propria designazione alcuni termini ricorrenti ma vari - Alleanza, Assistenza, Associazione, Ausilio, Comitato, Federazione, Lega, Società, Unione - indice di un'impegno riversato su campi, attività e obbiettivi variegati, dalla gestione di case benefiche per derelitti e associazioni contro l'accattonaggio, alla difesa di particolari gruppi professionali, dalla lotta all'alcolismo, all'istituzione di società per l'istruzione e l’educazione delle donne e ai comitati pro-voto.<ref>Fiorenza Taricone, ''Donne in movimento e associazionismo femminile nel primo Novecento. Relazione per il Convegno Cammini di donne da Genova al mondo - dal mondo a Genova, Genova 22-23 ottobre 2004'', 2004, pp. 5-6</ref> Sul finire del secolo, una prima importante differenziazione all'interno del movimento venne operata dalle donne socialiste che presero le distanze dal cosiddetto "femminismo borghese" in nome della lotta di classe. Un'anticipazione di questa posizione si ebbe nel confronto/scontro che, sul finire dell'Ottocento, interessò due grandi figure del movimento, Anna Maria Mozzoni e [[w:Anna_Kuliscioff|Anna Kuliscioff]]. All'inizio del Novecento alcuni eventi misero in luce la frammentarietà del movimento e le diverse visioni presenti al suo interno: il primo Congresso delle Donne italiane e le [[w:Colonialismo_italiano|guerre coloniali]].<ref>{{Cita|Willson|p. 42}}</ref> Secondo la storica britannica Perry Willson, mentre negli ultimi decenni dell'Ottocento avrebbe prevalso la corrente laica e progressista, nel nuovo secolo, specie in seguito all’appoggio fornito dalla maggioranza del movimento, comprese alcune femministe di spicco, all'impresa coloniale libica, la corrente più moderata e conservatrice si sarebbe imposta sull'intero del movimento.<ref>{{Cita|Willson|p. 26}}</ref> === 5.2. Le pioniere: Anna Maria Mozzoni === [[File:Anna Maria Mozzoni.jpg|miniatura|Anna Maria Mozzoni (1837-1920)]] [[w:Anna_Maria_Mozzoni|Anna Maria Mozzoni]], cresciuta in una famiglia di tradizione risorgimentale nella [[w:Regno_Lombardo-Veneto|Lombardia asburgica]], fu testimone della perdita dei diritti civili delle donne dopo l'Unità d'Italia, sancita dal [[w:Codice_civile_del_Regno_d'Italia|Codice Pisanelli]]. A partire dagli anni sessanta dell'Ottocento pubblicò diversi scritti sulla condizione femminile e nel 1870 tradusse ''[[w:La_servitù_delle_donne|The Subjection of Women]]'' di [[w:John_Stuart_Mill|John Stuart Mill]]. In un contesto dominato dal discorso "maternalista" che legava i diritti delle donne al loro ruolo di madri dei futuri cittadini, Mozzoni si distinse per una visione radicale, di ispirazione illuminista: rivendicava diritti pari per tutti gli esseri umani e vedeva il lavoro salariato come strumento di emancipazione femminile.<ref>Simonetta Soldani, ''Mozzoni, Marianna'', in ''Dizionario Biografico degli Italiani'', vol. 77, 2012</ref> === 5.3. La nascita del femminismo come movimento politico=== Secondo [[w:_Annarita_Buttafuoco|Annarita Buttafuoco]], il 10 dicembre 1880 segna una data fondamentale nella storia delle donne in Italia: la fondazione a Milano della Lega promotrice degli interessi femminili da parte di Anna Maria Mozzoni, che rappresenta per la storica l'evento che segna il passaggio del femminismo da complesso di idee a movimento politico.<ref>Annarita Buttafuoco, ''Questioni di cittadinanza: donne e diritti sociali nell’Italia liberale,'' Siena, Protagon, 1997, p. 47</ref> Prima organizzazione italiana apertamente femminista, la Lega promosse campagne per il suffragio femminile, la parità salariale e il riconoscimento della paternità. Nel 1881, in un contesto di crescente industrializzazione e di aumento dell’occupazione femminile nelle fabbriche e nelle professioni, si affiancò all'Unione delle lavoranti, composta da salariate come le sigaraie milanesi, per sostenere le donne lavoratrici e le loro condizioni di lavoro.<ref>{{Cita|Pieroni Bortolotti 1975|pp. 191-193}}</ref><ref name=":0">{{Cita|Willson|p. 24}}</ref> Su modello della Lega, scioltasi nei primi anni novanta, dal 1893 nacquero in varie città italiane, come Milano, Torino, Firenze, Roma, le Leghe per la tutela degli interessi femminili, che posero al centro la tutela delle lavoratrici, l'istruzione e la protezione della maternità. Sebbene spesso politicamente miste, molte aderenti provenivano dall'area socialista. Le leghe, che ebbero come riferimento una rivista, ''Vita femminile'' (1895-1897), furono sciolte nel 1898 durante la repressione seguita ai [[w:Moti_popolari_del_1898|moti popolari.]]<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Rosanna de Longis|anno=1982|titolo=Scienza come politica: "Vita femminile" (1895-1897)|rivista=Nuova DWF|volume=21|pp=35-51}}</ref> Alcune vennero poi ricostituite.<ref>''Suffragette italiane verso la cittadinanza (1861-1946)'', Fondazione Anna Kuliscioff ; Unione femminile nazionale, 2016, pp. 5-8</ref> Queste esperienze segnarono l'inizio di un processo di visibilità e crescita del movimento femminista italiano che avrebbe raggiunto il suo culmine nel primo decennio del Novecento.<ref name=":0" /> === 5.4. Il rapporto tra femminismo e socialismo. Mozzoni e Kuliscioff === Il [[w:_Partito_Socialista_Italiano|Partito Socialista Italiano]], di ispirazione [[w:marxismo|marxista]], venne fondato a Genova nel 1892, al culmine di un processo di unificazione del preesistente e variegato movimento operaio e socialista. Si riconoscevano in quest'area politica diverse esponenti del movimento emancipazionista. Anna Maria Mozzoni, la maggior esponente italiana del femminismo liberale ed egualitario, aveva in precedenza aderito al Partito Operaio e partecipato alla nascita del Partito dei lavoratori italiani; Anna Kuliscioff fu una figura chiave nella vita politica e culturale del PSI. Contribuirono al movimento socialista anche le attiviste [[w:Paolina_Schiff|Paolina Schiff]], [[w:_Carlotta_Clerici|Carlotta Clerici]], [[w:_Linda_Malnati|Linda Malnati]], [[w:Teresa_Labriola|Teresa Labriola]].<ref>{{Cita web|autore=Fabrizio Montanari|url=https://www.24emilia.com/femminismo-socialista-tra-ottocento-e-novecento/?utm_source=chatgpt.com|titolo=Femminismo socialista tra Ottocento e Novecento|accesso=11 maggio 2025|data=23 dicembre 2024}}</ref> Il legame tra movimento femminile e socialismo, tuttavia, fu complesso: da un lato i socialisti si dichiaravano ufficialmente a favore dell’«emancipazione femminile» e offrirono alle donne uno spazio di militanza, dall’altro tendenzialmente subordinarono la "questione femminile" alla più ampia "questione sociale".<ref>{{Cita|Willson|p. 28}}</ref> [[File:Nunes Vais, Mario (1856-1932) - Anna Kuliscioff a Firenze (1908).jpg|sinistra|miniatura|Anna Kuliscioff, 1908]] Anna Maria Mozzoni riteneva un diritto inalienabile l'eguaglianza giuridica e politica tra i sessi, ponendo il suffragio femminile come priorità da conquistare per tutte le donne, indipendentemente dalla loro classe sociale. Nel 1877 presentò una mozione al Parlamento italiano per il diritto di voto alle donne, e nel 1906 reiterò la richiesta.<ref>{{Cita web|autore=Simonetta Soldani|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/marianna-mozzoni_(Dizionario-Biografico)/|titolo=Mozzoni, Marianna|accesso=11 maggio 2025}}</ref> Nel 1880 fondò a Milano la Lega promotrice degli interessi femminili, la prima organizzazione femminista italiana. Pur vicina al socialismo, Mozzoni mantenne una visione autonoma, contestando l’idea, sostenuta dai dirigenti del Partito, che la "questione della donna" fosse da ritenersi esclusivamente una questione economica, che si sarebbe risolta "con la risoluzione di quella".<ref>Anna Maria Mozzoni, ''Care sorelle del lavoro'', in ''Differenze'', n. 1, 1976, pp. 18-19</ref> Una visione, quest'ultima, condivisa invece da Anna Kuliscioff, rivoluzionaria russa emigrata in Europa, medica e militante, figura di spicco del Partito Socialista. Sebbene riconoscesse l'importanza dell’emancipazione e del suffragio femminile, Kuliscioff diffidò delle rivendicazioni "borghesi" del femminismo, accusate di ignorare le differenze di classe.<ref>Maria Casalini, ''Femminismo e socialismo in Anna Kuliscioff. 1890-1907'', in ''Italia contemporanea'', n. 143, 1981, p. 23</ref> Nel 1910, tuttavia, in quella che venne definita “la disputa in famiglia” avviata con il compagno di vita [[w:Filippo_Turati|Filippo Turati]], Kuliscioff si oppose alla posizione del PSI  che privilegiava il suffragio maschile temendo che il voto femminile potesse favorire le forze conservatrici. Nel maggio 1912 ottenne che il partito si impegnasse a sostenere il voto femminile con un emendamento che fu poi respinto dalla Camera, spingendola a commentare: “Ormai l’italiano per essere cittadino non ha che una sola precauzione da prendere: nascere maschio".<ref>Marta Ajò, ''La donna nel socialismo italiano, 1892-1978'', Kien Publishing International, 2022, pp. 62-65</ref><ref>Anna Kuliscioff, ''Scritti'', prefazione di Walter Galbusera, Milano, Fondazione Anna Kuliscioff, 2015, p. 12</ref> Kuliscioff si concentrò principalmente sulla tutela del lavoro femminile, battendosi per migliori condizioni di lavoro, parità salariale e tutele per la maternità. Contribuì all'elaborazione della [[w:Legge_19_luglio_1902,_n._242|legge Carcano del 1902]] per la tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli, vedendo nella legislazione protettiva un passo necessario verso l'emancipazione. Mozzoni fin dalla fine degli anni Novanta, in polemica con Kuliscioff, criticò i contenuti di questa proposta, ritenendo che tali misure - da cui la legge successivamente approvata escluse la parità salariale - potessero rafforzare stereotipi di fragilità femminile, contribuendo a relegare nuovamente le donne al ruolo domestico.<ref>Paolo Passaniti, ''Lavoro e cittadinanza femminile : Anna Kuliscioff e la prima legge sul lavoro delle donne'', Milano, Franco Angeli, 2016, p. 72</ref><ref>{{Cita|Pieroni Bortolotti 1975|p. 258}}</ref> === 5.5. L'affermarsi della stampa emancipazionista === Nella seconda metà dell'Ottocento la stampa periodica assunse un ruolo centrale come veicolo delle istanze emancipazioniste e come strumento di connessione per le donne impegnate nel nascente movimento associativo. [[File:Fragonard,_The_Reader_crop.jpg|sinistra|miniatura|Jean-Honoré Fragonard, ''La lettrice'', ca 1770-1772]] Il raggiungimento dell'unificazione non portò a un immediato cambiamento nel rapporto tra donne e giornali. Ostacoli significativi ne limitarono la diffusione, come l'alto tasso di analfabetismo femminile, particolarmente elevato nel Sud, e la percezione negativa, di anomalia o trasgressione, provata da molte donne italiane all'idea di comprare o leggere periodici emancipazionisti.<ref name=":32">{{Cita|Pisano 2004|p. 22}}</ref> Nonostante queste difficoltà, la seconda metà dell' Ottocento vide la nascita di importanti testate emancipazioniste, animate dall'obiettivo di ridefinire il ruolo delle donne nella società e di promuovere una maggiore consapevolezza sulla necessità di riforme. Queste riviste, pur operando spesso con risorse economiche e contenuti culturali limitati, si proponevano di risvegliare nelle lettrici la coscienza di poter essere portatrici di un cambiamento. La loro tiratura rimase circoscritta ad un'élite femminile della classe medio-alta, già sensibile alle tematiche dell'emancipazione.<ref name=":42">{{Cita|Buttafuoco 1989|p. 366}}</ref> Esse, tuttavia, nella loro fase pionieristica, svolsero un ruolo fondamentale nel preparare il terreno per la nascita di un vero e proprio movimento politico delle donne in Italia<ref name=":42" />. Le prime importanti riviste emancipazioniste includono ''La voce delle donne'' (1865) diretta da Giovanna Bertola Garcea e ''La Missione della Donna'' (1874), fondata ad Alba da Olimpia Saccati. Quest'ultimo quindicinale aderiva alle posizioni più radicali del femminismo dell'epoca, focalizzandosi su parità salariale e diritto di voto.<ref name=":3">{{Cita|Pisano 2004|p. 22}}</ref> Nel 1881 pubblicò il suo primo numero a Firenze ''Cordelia'', diretta da [[w:Anna_Franchi|Anna Franchi]], seconda donna ad entrare nell'Associazione giornalisti milanesi e firmataria del primo manifesto a favore del voto femminile'''.'''<ref>{{Cita|Pisano 2004|p. 24}}</ref> Nel 1887 uscì la ''Rassegna degli interessi femminili'', diretta da [[w:Fanny_Salazar_Zampini|Fanny Zampini Salazar]]'''.''' Questi periodici segnarono una svolta nella storia della stampa femminile, favorendo la nascita della figura della giornalista-attivista femminista, come [[w:Anna_Maria_Mozzoni|Anna Maria Mozzoni]] e [[w:Anna_Kuliscioff|Anna Kuliscioff]]. Quest’ultima fu collaboratrice, direttrice e fondatrice di numerosi giornali di ispirazione socialista, nonché la prima donna ammessa all'Associazione giornalisti milanesi. Nel caso di Anna Maria Mozzoni, la sua attività giornalistica fu costantemente intrecciata alla militanza per i diritti delle donne e la promozione dell'uguaglianza sociale tra i sessi. <ref name=":3" /> Un aspetto centrale del dibattito nella stampa femminile del secondo Ottocento fu la ricerca di una nuova identità femminile, oscillante tra quelle che alcune studiose del movimento avrebbero individuato come le due tendenze principali: la tendenza all'uguaglianza, rappresentata principalmente da Anna Maria Mozzoni, che promuoveva un modello di donna in cui l'identità di genere non influenzava la definizione della cittadinanza, concepita come categoria neutra con uguali diritti e doveri per uomini e donne, e la tendenza alla differenza, che valorizzava l'identità di genere e le qualità tradizionalmente associate al mondo femminile (sensibilità, altruismo, senso del sacrificio), auspicando un'evoluzione della società verso questi valori e sottolineando la specificità dell'esperienza e dell'identità femminile.<ref>{{Cita|Buttafuoco 1989|p. 365}}</ref> ==== 5.5.1. ''La Donna'' (1868-1891) ==== Nata in un contesto post-risorgimentale, ''La Donna,'' fondata a Padova nel 1868 da [[w:Gualberta_Alaide_Beccari|Gualberta Alaide Beccari]] che la diresse fino alla sua chiusura nel 1891, si ispirava ai principi [[w:Giuseppe_Mazzini|mazziniani]], promuovendo l'ideale della "madre-cittadina": una donna emancipata attraverso l'istruzione e l'indipendenza economica, deputata all'educazione dei nuovi cittadini e al rinnovamento morale dello Stato italiano. Il sottotitolo della rivista, ''Periodico morale e istruttiv''o, rifletteva questa missione educativa e civile. Considerata il primo periodico italiano interamente redatto da donne, ''La Donna'' rappresentò un punto di riferimento per il movimento emancipazionista femminile dell'epoca.<ref>{{Cita|Gazzetta 2021|p. 25}}</ref> Sin da subito mostrò un'apertura internazionale, citando le suffragette inglesi e traducendo periodici francesi. Beccari faceva parte della rete transnazionale del mazzinianesimo femminile che contestava il modello tradizionale italiano, e creò una rete di corrispondenti internazionali, preoccupata della percezione dell'Italia all'estero. La rivista trattava una vasta gamma di argomenti, tra cui l'istruzione femminile, sostenendo l'accesso delle donne all'istruzione superiore e universitaria; i diritti civili e politici, promuovendo la parità salariale, l'accesso a tutte le professioni e il diritto di voto per le donne; le riforme sociali, opponendosi alla prostituzione di stato, considerata una forma di schiavitù legata a povertà e celibato, e sostenendo l'introduzione del divorzio e l'abolizione dell'insegnamento religioso nelle scuole.<ref>{{Cita|Gazzetta 2021|p. 31}}</ref> Tra le collaboratrici più attive vi fu Anna Maria Mozzoni, che utilizzò la rivista come piattaforma per le sue battaglie contro la regolamentazione della prostituzione e per l'emancipazione femminile. La rivista era espressione anche di opinioni divergenti. Beccari, ad esempio, sosteneva che l'emancipazione consistesse nel recupero di un'uguaglianza originaria basata sulla complementarità dei sessi. Ernesta Napollon Margarita, in contrasto con la direttrice e Mozzoni, riteneva invece prioritaria una seria formazione per rendere le donne consapevoli dei loro doveri di madri e cittadine. Elena Ballio inizialmente attribuiva parte della responsabilità dell'inferiorità femminile alle donne stesse, per poi riconoscere nell'istruzione la chiave della rigenerazione. Prevaleva nella rivista il timore che un'emancipazione "assoluta" portasse alla perdita della femminilità e dei valori ad essa associati, con un'identificazione col maschile.<ref>{{Cita|Buttafuoco 1989|p. 378-379}}</ref> Dal punto di vista della strutturazione e dei contenuti, il quindicinale si distinse per la sua struttura innovativa, basata su corrispondenze epistolari tra la direttrice e le lettrici, creando un dialogo attivo e partecipativo. Oltre agli articoli di approfondimento, pubblicava racconti, poesie, resoconti di interventi parlamentari e notizie su iniziative femminili, contribuendo alla formazione di una coscienza collettiva tra le donne italiane. Nel corso degli anni, la rivista seguì la Beccari nei suoi trasferimenti a Venezia e Bologna, adattandosi ai cambiamenti sociali e politici del tempo. Tuttavia, a causa delle difficoltà economiche, delle condizioni di salute della direttrice e dell'evoluzione del movimento femminile verso posizioni più moderate o socialiste, ''La Donna'' cessò le pubblicazioni nel 1891, lasciando un'impronta significativa nel panorama culturale italiano per il contributo dato alla diffusione delle idee emancipazioniste e come esempio pionieristico di giornalismo femminile.<ref>{{Cita web|autore=Francesca Forzan|url=https://ilbolive.unipd.it/it/news/cultura/donna-lotta-pregiudizi-fine-800?utm_source=chatgpt.com|titolo='La donna' e la lotta ai pregiudizi di fine ‘800|accesso=19 maggio 2025|data=13 settembre 2018}}</ref> == Note == <references /> == Bibliografia == * {{Cita libro|autore=Franca Pieroni Bortolotti|titolo=Alle origini del movimento femminile in Italia, 1848-1892|anno=1975|editore=Einaudi|città=Torino|cid=Pieroni Bortolotti 1975}} * {{Cita libro|autore=Annarita Buttafuoco|titolo=Cronache femminili : temi e momenti della stampa emancipazionista in Italia dall'Unità al Fascismo|anno=1988|editore=Università degli studi di Siena|città=Arezzo|OCLC=848669348|cid=Buttafuoco 1988}} * {{Cita libro|autore=Annarita Buttafuoco|titolo=“In servitù regine”. Educazione ed emancipazione nella stampa politica femminile,|anno=1989|editore=Angeli|città=Milano|opera=L’educazione delle donne. Scuole e modelli di vita femminile nell’Italia dell’Ottocento|cid=Buttafuoco 1989|OCLC=466323667|curatore=Simonetta Soldani}} * {{Cita libro|autore=Liviana Gazzetta|titolo=Relazioni e rispecchiamenti. Un decennio di femminismo italiano in prospettiva internazionale (1868-1877)|anno=2021|editore=Laboratoire italien. Politique et société|curatore=Laura Fournier-Finocchiaro, Liviana Gazzetta, Barbara Meazzi|OCLC=9164987389|cid=Gazzetta 2021|opera=Voix et parcours du féminisme dans les revues de femmes (1870-1970)}} * {{Cita libro|autore=Laura Pisano|titolo=Donne del giornalismo italiano : da Eleonora Fonseca Pimentel a Ilaria Alpi : dizionario storico bio-bibliografico : secoli XVIII-XX|anno=2004|editore=Angeli|città=Milano|cid=Pisano 2004|OCLC=799290565}} * {{Cita libro|autore=Perry Willson|titolo=Women in Twentieth-Century Italy|anno=2010|editore=Palgrave Macmillan|città=Houndmills, Basingstoke|OCLC=474868220|cid=Willson|lingua=en}} [[Categoria:Storia del femminismo italiano]] nuaj3s9sb51hibq6tdp2gdhntm524qb Storia del femminismo italiano/6. Dal primo Novecento alla Prima guerra mondiale 0 57626 477371 477255 2025-06-05T11:33:05Z LorManLor 24993 /* Bibliografia */ + note 477371 wikitext text/x-wiki {{Storia del femminismo italiano}} {{Storia del femminismo italiano 1}} == 6. Dal primo Novecento alla Prima guerra mondiale == === 6.1. Il movimento delle donne nei primi decenni del Novecento === Nei primi anni del Novecento il movimento delle donne affermò la sua visibilità e si radicò lo stesso termine "[[w:Femminismo|femminismo]]". Si diffusero gruppi locali, crebbe notevolmente il numero delle riviste politiche femministe e nacquero le prime associazioni nazionali stabili.<ref name=":gazzetta1">{{Cita|Gazzetta|pp. 125-127}}</ref> Le organizzazioni femminili, con radici ideali molto diverse, si impegnarono in una miriade di attività pratiche in campo assistenziale, educativo e nei servizi, elaborando ipotesi di riforma. Furono presenti negli istituti Pro infanzia, nei Patronati, negli asili-famiglia, nelle casse di maternità, in associazioni e comitati contro la tratta delle bianche o in iniziative a favore dei minori. Nelle principali città stabilirono rapporti con le autorità politiche locali per partecipare alle nomine negli enti di assistenza o di carità, avviando forme embrionali di rappresentanza pubblica femminile.<ref name=":gazzetta1" /> La loro maggiore partecipazione negli organismi pubblici fu consentita da alcuni provvedimenti legislativi, come quello che nel 1910 estese alle donne titolari di attività commerciali, industriali o agricole che pagavano determinate imposte, il diritto di voto per le elezioni delle Camere di Commercio, e, nel 1911, quello che ammetteva il voto femminile e le candidature di donne alle cariche elettive negli istituti scolastici.<ref>{{Cita|Willson|p. 38}}</ref> Questo attivismo in ambito sociale e assistenziale, denominato anche "femminismo pratico", avrebbe costituito un terreno di crescita di competenze femminili, non semplicemente riconducibili alla [[w:Filantropia|filantropia]], che poteva tradursi in capacità utili per la gestione della sfera pubblica.<ref>{{Cita|Gazzetta|p. 126}}</ref> ==== 6.1.1. Le prime organizzazioni nazionali ==== Nei primi anni del Novecento si costituirono le prime organizzazioni femminili a carattere nazionale. L’Associazione per la donna, di orientamento democratico e radicale - tra le sue ispiratrici vi fu [[w:Anna_Maria_Mozzoni|Anna Maria Mozzoni]] - fu fondata nel 1897 a Roma. Soppressa dal governo nel 1898, e ricostituita nel 1900, dopo essersi diffusa in diverse città italiane, nel 1907 assunse la denominazione [[w:Associazione_Nazionale_per_la_Donna|Associazione Nazionale per la Donna]]. Tra le fondatrici vi furono [[w:Elisa_Agnini|Elisa Agnini]], Giacinta Martini Marescotti, Virginia Nathan, [[w:Maria_Montessori|Maria Montessori]] ed Eva De Vicentiis.<ref>{{Cita|Willson|p. 27}}</ref> [[File:Ersilia Majno.jpg|sinistra|miniatura|Ersilia Majno, tra le fondatrici dell'Unione Femminile Nazionale]] L'Unione Femminile, fondata a Milano nel 1899 da [[w:Ersilia_Bronzini|Ersilia Majno Bronzini]], Nina Rignano Sullam, Ada Garlanda Negri e altre emancipazioniste di diversa provenienza sociale, promosse un programma incentrato sull'impegno pratico - progetti di beneficenza, campagne per la riforma dell'assistenza e per la tutela delle lavoratrici (operaie, maestre, impiegate, insegnanti di scuola media) - sostenendo nel contempo anche il suffragio amministrativo e politico, l'abrogazione dell' [[w:Autorizzazione_maritale|autorizzazione maritale]] e il divorzio. Nel 1905, estesasi in molte città italiane, divenne l’[[w:Unione_femminile_nazionale|Unione femminile nazionale]] (UFN).<ref name=":12">{{Cita|Willson|p. 30}}</ref> Pur annoverando diverse militanti e simpatizzanti socialiste, mantenne un approccio interclassista e un programma ampio che poneva al centro l'assistenza, l'istruzione e l'emancipazione delle donne attraverso iniziative culturali e sociali. Molte donne che facevano parte dell'UFN, tra cui la stessa Majno, presero parte ai consigli di amministrazione degli istituti caritativi; nel 1907 circa 1500 donne erano direttrici o amministratrici di tali enti.<ref name=":12" /> L'associazione pubblicò il periodico ''Unione Femminile'' (1901-1905), importante strumento di diffusione delle idee emancipazioniste. <ref>{{Cita web|url=https://unionefemminile.it/la-nostra-storia/|titolo=Breve storia dell’Unione femminile nazionale|accesso=11 maggio 2025}}</ref> Il [[w:Consiglio_Nazionale_delle_Donne_Italiane|Consiglio Nazionale delle Donne Italiane]] (CNDI, costituito nel 1903 grazie ai contatti con l'[[w:International_Council_of_Women|International Council of Women]] (Icw), era un'organizzazione laica e interclassista di stampo conservatore, costituita per lo più da donne aristocratiche e dell'alta borghesia, in gran parte antisocialiste. Fondato, tra le altre, dalla [[w:Elena_d'Orléans|duchessa d’Aosta]], la principessa [[w:Maria_Letizia_Bonaparte|Letizia di Savoia]] e la contessa [[w:Gabriella_Rasponi_Spalletti|Spalletti Rasponi]], mirò fin dalla sua nascita al coordinamento delle diverse associazioni femminili italiane e a rappresentare il movimento a livello internazionale: nel 1914 contava 129 associazioni e circa 26.000 le aderenti.<ref>{{Cita|Gazzetta|p. 135}}</ref> Prima della Grande guerra non sostenne mai apertamente il suffragio femminile, nella convinzione che le donne fossero ancora impreparate al voto. Il suo organo di stampa fu ''Vita femminile italiana'' (1907-1911).<ref>{{Cita|Willson|pp. 34-35}}</ref> ==== 6.1.2. Il movimento per il suffragio ==== Intorno al 1905 cominciarono a diffondersi in diverse città italiane i Comitati pro suffragio e il tema del voto femminile divenne centrale nel movimento. Sulla base della legge elettorale del 1895 che non escludeva esplicitamente le donne, le donne in possesso dei requisiti richiesti vennero incoraggiate a iscriversi alle liste elettorali. Le commissioni elettorali spesso accettarono le iscrizioni, ma le Corti d'Appello le annullarono. Nel 1906 il comitato Pro suffragio di Roma, presieduto da Giacinta Martini Marescotti e divenuto il fulcro dell'azione dei comitati regionali, cambiò il proprio nome in Comitato nazionale pro-suffragio femminile e si affiliò all'[[w:International_Alliance_of_Women|International Women's Suffrage Alliance]]. Una petizione a favore del suffragio, redatta da Anna Maria Mozzoni e che raccolse migliaia di firme in tutta Italia, venne presentata al Parlamento all’inizio del 1907.<ref>{{Cita|Willson|pp. 38-39}}</ref> Nonostante l'appoggio di repubblicani e radicali, il progetto di legge Mirabelli fu respinto a febbraio, con un atteggiamento ambiguo da parte dei socialisti. Il dibattito parlamentare spinse [[w:Giolitti|Giolitti]] a istituire una commissione per valutare il voto amministrativo alle donne, che tuttavia non giunse a conclusioni, poiché l'esito del voto femminile venne ritenuto troppo incerto.<ref name=":4">{{Cita|Willson|p. 39}}</ref> ==== 6.1.3. Il femminismo cristiano ==== Nei primi due decenni del Novecento, il movimento femminile di area cattolica in Italia si configurò come un insieme eterogeneo di iniziative e orientamenti. Una delle espressioni più significative fu il femminismo cristiano e spiritualista, rappresentato principalmente da [[w:Adelaide_Coari|Adelaide Coari]], insegnante e attivista milanese. Coari fondò e diresse la rivista ''[[w:Pensiero_e_Azione|Pensiero e Azione]]'' (1904-1908), organo del Fascio femminile democratico cristiano e, dal 1905, della Federazione femminile milanese, un coordinamento di associazioni cattoliche femminili a livello locale. Il Fascio femminile, influenzato dal pensiero di [[w:Romolo_Murri|Romolo Murri]], costituì la corrente più progressista del femminismo cattolico, promuovendo la sindacalizzazione e l'istruzione delle operaie e rivendicando diritti civili, tra cui il voto amministrativo. La rivista ''Pensiero e Azione'' sostenne un "programma minimo femminista" che includeva la parità salariale e l'accesso alle professioni qualificate.<ref name=":02">{{Cita web|autore=Silvia Gazzola|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/adelaide-coari_(Dizionario-Biografico)/|titolo=Coari, Adelaide|accesso=14 maggio 2025}}</ref> Prima della conclusione dell'esperienza di Coari all'interno del movimento, a seguito della repressione antimodernista promossa dalla gerarchia ecclesiastica in ottemperanza all'enciclica ''Pascendi Dominici Gregis'' di [[w:Pio_X|Pio X]], la Federazione femminile organizzò un importante convegno finalizzato a un confronto con il femminismo laico, al fine di esplorare possibili convergenze.<ref name=":02" /> Nonostante questo evento avesse stimolato un proficuo dibattito tra le partecipanti, la collaborazione tra donne laiche e cattoliche subì una frattura l'anno successivo, durante il primo Congresso Nazionale delle donne (Roma, 1908), in merito alla questione dell'insegnamento religioso.<ref>{{Cita|Gazzetta|pp. 138-139}}</ref> L'inconciliabilità emersa tra i due ambiti fornì l'opportunità alla corrente più conservatrice delle donne cattoliche di affermarsi. Questo fronte, rappresentato dalla rivista ''L'Azione Muliebre'', diretta dal 1904 dalla contessa [[w:Elena_da_Persico|Elena da Persico]], esponente dell'intransigentismo cattolico, acquisì maggiore influenza e consistenza numerica dopo il Congresso del 1908. Tale tendenza promosse la fondazione dell'Unione Donne di Azione Cattolica (UDAC). Questa organizzazione, guidata dal 1909 al 1917 dalla principessa Cristina Giustiniani Bandini, fu posta sotto il controllo del [[w:Stato_Pontificio|Vaticano]], intenzionato a contrastare l'espansione del femminismo laico. L'obiettivo principale dell'UDAC fu il rafforzamento dell'identità religiosa delle donne e la promozione di un'azione culturale e sociale ispirata ai principi cristiani.<ref>{{Cita|Willson|p. 37}}</ref> L'UDAC concentrò la propria attività sull'insegnamento del catechismo, la promozione della libertà d'istruzione, la difesa del matrimonio religioso e l'opposizione al divorzio. Nel 1912, l'organizzazione contava 180 comitati e trentamila socie. Durante la Prima Guerra Mondiale, l'associazione si dedicò all'assistenza delle famiglie dei combattenti, delle vedove e degli orfani, consolidando il proprio ruolo nel tessuto sociale italiano.<ref>{{Cita web|url=https://isacem.it/it/fondi-archivistici/unione-donne-di-azione-cattolica-1908-1970-ud|titolo=Unione donne di Azione cattolica, 1908-1970 (Ud)|accesso=14 maggio 2025}}</ref> ==== 6.1.4. Il Primo Congresso Nazionale delle Donne Italiane (1908) ==== [[File:Congresso_delle_donne_italiane_1908.jpg|miniatura|Il Congresso delle donne italiane 1908, illustrazione da ''La domenica del Corrier''e, maggio 1908]] Il Congresso di Roma del 1908, organizzato dal [[w:Consiglio_Nazionale_delle_Donne_Italiane|CNDI]] e inaugurato dalla [[w:Elena_del_Montenegro|Regina Elena]] fu il primo congresso nazionale del movimento femminile: vi parteciparono oltre 1.400 delegate di circa 70 organizzazioni in rappresentanza di tutte le posizioni politiche (radicali, socialiste, moderate, cattoliche). Venne strutturato in sei sezioni tematiche: Educazione e istruzione, Assistenza e previdenza, Condizione morale e giuridica della donna, Igiene, Letteratura e arte. Il Congresso mise in luce profonde divisioni, in particolare sull'opportunità o meno di richiedere la sovvenzione statale delle casse di maternità, sulle modalità del suffragio (universale o limitato) e sul ruolo della religione nell'educazione. Su quest'ultimo punto, in particolare, venne approvata la mozione di [[w:Linda_Malnati|Linda Malnati]] che proponeva la soppressione dell’insegnamento religioso nelle scuole elementari, da sostituirsi con lo studio comparato delle religioni. A seguito delle forti divergenze maturate durante i lavori del Congresso, si produsse una frattura, diventata insanabile, tra emancipazioniste laiche e cattoliche, cui, l'anno seguente, seguì un'ulteriore divisione all'interno dei Comitati pro suffragio, a seguito di un'iniziativa promossa da [[w:Teresa_Labriola|Teresa Labriola]].<ref>Claudia Frattini, ''Il primo congresso delle donne italiane, Roma 1908 : opinione pubblica e femminismo'', [Roma], Biblink, 2008</ref> Nel 1909, insieme ad altre giovani suffragiste, l'avvocata e attivista, figlia del filosofo marxista [[w:Antonio_Labriola|Antonio Labriola]], insieme ad altre giovani suffragiste, al fine di promuovere l'approvazione di una legge che consentisse il voto alle donne, propose una nuova tattica. Ispirandosi al movimento britannico, prospettò di sostenere la campagna elettorale di cinquanta deputati che si fossero dichiarati favorevoli al suffragio femminile. Questa proposta provocò una spaccatura nei comitati pro suffragio, portando alla destituzione della presidente e all'ascesa di Labriola alla guida del movimento; anche le socialiste, affatto inclini ad appoggiare candidati non socialiste, espressero irritazione per questa scelta.<ref name=":4" /> Un altro grave motivo di scontro, che portò alla definitiva uscita delle socialiste dai Comitati pro suffragio, sarebbe stato il sostegno offerto da parti consistenti del movimento alle guerre coloniali italiane. === 6.2. Le guerre coloniali (1882-1912). Pacifismo ed emancipazionismo === [[File:Possessions italiennes en Afrique-1896.jpg|miniatura|Possedimenti italiani in Africa, 1896]] Il periodo delle guerre coloniali italiane (1882–1912) rappresentò un momento cruciale per il movimento delle donne, evidenziando profonde divisioni interne tra pacifismo, patriottismo e aspirazioni emancipazioniste. Le prime [[w:colonialismo_italiano|imprese coloniali italiane]], a partire dall'occupazione di [[w:Assab|Assab]] nel 1882 e culminate con la [[w:Guerra_italo-turca|guerra di Libia nel 1911]], suscitarono reazioni contrastanti all'interno del movimento femminile. Dopo la sconfitta di [[w:Adua|Adua]] nel 1896, molte donne parteciparono attivamente a manifestazioni contro la guerra, organizzando cortei e occupazioni dei binari ferroviari per impedire la partenza dei soldati. Femministe con forti radici democratico-radicali e socialiste espressero una netta opposizione alle guerre coloniali, considerate aggressioni ingiustificate.<ref name=":0">{{Cita|Bianchi 2015|p. 8}}</ref> Le Leghe per la tutela degli interessi femminili, di ispirazione socialista, promossero una vasta mobilitazione anticoloniale in molti paesi e città italiane. A Roma, l'Associazione Femminile, cofondata dalla femminista [[w:Elisa_Lollini|Elisa Lollini]], nel 1896 elaborò un manifesto contro l'«insana impresa» coloniale in Africa, raccogliendo firme per il ritiro immediato delle truppe, in linea con la tradizione dell'emancipazionismo democratico-radicale.<ref name=":1">{{Cita|Gazzetta|pp. 161-162}}</ref> [[w:Teresita_Pasini_Bonfatti|Teresita Pasini Bonfatti]], nota come Alma Dolens, fu una delle figure più rappresentative del pacifismo femminile socialista. Relatrice alle Conferenze Nazionali per la Pace del 1909 e 1910, cercò di legare suffragismo, pacifismo e sindacalismo. Nel 1910 fondò a Milano la Società operaia pro arbitrato e disarmo, che divenne la più grande società pacifista del periodo prebellico, con la nascita di comitati locali in diverse città italiane.<ref name=":2">{{Cita|Bianchi 2015|p. 9}}</ref> ==== 6.2.1. Il femminismo moderato e il sostegno all'impresa libica ==== [[File:Cartolina Tripolitania e Cirenaica 1911.jpg|sinistra|miniatura|Cartolina diffusa nel 1911-1912 che esalta "i valorosi combattenti nel nome d'Italia nostra in Tripolitania e in Cirenaica"]] Nel primo decennio del Novecento la corrente del femminismo moderato, divenuta maggioritaria, si distinse per la posizione filogovernativa e i toni patriottici. Ampie fasce, legate al Consiglio Nazionale delle Donne Italiane (CNDI), sostennero l'impresa coloniale, così come la maggioranza delle forze politiche, compresi i radicali e una parte dei pacifisti italiani. [[w:Sofia_Bisi_Albini|Sofia Bisi Albini]] nel 1897 si era dichiarata contraria sia all'impresa crispina che alle proteste, svolgendo un ruolo di mediatrice tra coloro che condannavano le guerre e chi, come [[w:Ada_Negri|Ada Negri]], negava che tali posizioni pacifiste rappresentassero il sentimento della nazione e il "vero contegno delle madri italiane"; nel 1911, descrisse la guerra di Libia come «un meraviglioso risveglio di nobile sentimento patriottico».<ref name=":1" /> Questo sostegno era spesso motivato dalla convinzione che la partecipazione delle donne allo sforzo nazionale, attraverso attività di assistenza e sostegno, potesse contribuire al loro riconoscimento come cittadine a pieno titolo. L'Unione Femminile Nazionale, pur non appoggiando la guerra, si prodigò nell'assistenza alle famiglie dei combattenti, forse nella speranza di ottenere un qualche riconoscimento politico, come il diritto di voto . ==== 6.2.2. La frattura interna al movimento femminile ==== La frattura tra le diverse posizioni in seno al movimento si manifestò nell'autunno del 1911 in occasione del primo Congresso della Pro Suffragio svoltosi a Torino, nel quale vennero ignorati gli appelli di Alma Dolens e Elisa Lollini perché il Congresso approvasse una mozione contro la guerra e a favore dell'arbitrato.<ref name=":2" /> Pochi giorni dopo, nel Congresso socialista di Modena, i dirigenti del Partito Socialista, riferendosi al sostegno alla guerra di Libia offerto da Teresa Labriola e Giacinta Marescotti della Federazione pro suffragio, imposero alle aderenti di abbandonare tutti gli organismi pro suffragio di cui facevano parte, sancendo definitivamente, in nome della lotta di classe, la rottura di ogni rapporto con il "femminismo borghese" .<ref name=":3">{{Cita|Gazzetta|p. 165}}</ref> ==== 6.2.3. La stampa femminile socialista ==== [[File:La difesa delle lavoratrici.djvu|miniatura|''La difesa delle lavoratrici'' (1912-1925)]] Il periodo delle guerre coloniali vide anche l'emergere della stampa femminile politica e il consolidarsi di diverse posizioni all'interno del movimento, spesso animate dal dibattito sul tema del nazionalismo, vivificato dal mito risorgimentale che aveva profondamente influenzato il movimento emancipazionista.<ref name=":gazzetta1" /><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Stefania Bartoloni|anno=1992|titolo=L’associazionismo femminile nella prima guerra mondiale e la mobilitazione per l’assistenza civile e la propaganda|rivista=Donna lombarda, 1860-1945|città=Milano|pp=65-70|cid=Bartoloni}}</ref> In area socialista fecero la loro comparsa diversi periodici femminili socialisti, come ''La donna socialista'' (Bologna 1905-1906) diretto da [[w:Ines_Oddone|Ines Oddone]], ''Su compagne!'' (Venezia, 1911), diretto da [[w:Angelica_Balabanoff|Angelica Balabanoff]] e ''La difesa delle lavoratrici'' (1912-1925)''.'' Fu tuttavia quest'ultimo giornale, fondato a Milano nel 1912 da [[w:Anna_Kuliscioff|Anna Kuliscioff]] e rivolto alle donne lavoratrici, a diventare il primo giornale di donne socialiste ad essere finanziato interamente dal Partito. L'anno della sua nascita coincise con quello in cui, in seno al Congresso nazionale del PSI a Reggio Emilia, venne costituita l'Unione nazionale delle donne socialiste. Durante il suo primo anno di vita, la rivista promosse una campagna contro la guerra di Libia, assegnando al tema dell'antimilitarismo - centrato sul tema della maternità offesa - una notevole rilevanza. Il periodico uscì per circa tredici anni, cambiando spesso direzione editoriale. In precedenza diretto solo da donne, durante la prima guerra mondiale, a causa della linea filointerventista assunta dall'allora direttrice Giselda Brebbia, venne commissariato e la direzione assunta da un redattore dell'''[[w:Avanti|Avanti]]'' fino alla fine del confitto.<ref>{{Cita web|autore=Rosanna De Lomgis|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/ines-oddone_(Dizionario-Biografico)/|titolo=Oddone, Ines|accesso=11 maggio 2025}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Bruna Bianchi|anno=2015|titolo=Il militarismo, la maternità, la pace. Voci dal femminismo italiano (1868-1918)|rivista=Memorie nuova serie|numero=3|pp=19-21}}</ref> La cessazione delle pubblicazioni avvenne nel 1925, in concomitanza con l'instaurazione del regime fascista. === 6.4. La Prima guerra mondiale === Durante la [[w:Prima_Guerra_Mondiale|Prima Guerra Mondiale]] la vita delle donne italiane fu sottoposta a profonde trasformazioni, a causa delle nuove condizioni create dal conflitto prolungato. [[File:Donna operaia in industria bellica.jpg|miniatura|Donna operaia in una industria bellica]] Nel Nord e nel Centro Italia circa 198.000 giovani donne furono impiegate nelle fabbriche che lavoravano per la produzione di guerra, sia nei grandi stabilimenti che in piccole fabbriche sorte in centri minori o campagne adiacenti.<ref name=":pescarolo">{{Cita|Pescarolo|pp. 2-20}}</ref> Molte donne svolsero un lavoro a domicilio, soprattutto per la confezione delle divise militari, attività gestita da associazioni patriottiche che diede lavoro a circa 600.000 donne, con salari molto bassi. Nelle campagne del Nord e del Centro, la manodopera femminile sostituì quella maschile nei lavori pesanti, con salari inferiori. Nel Sud, sia le opportunità di lavoro industriale che agricolo erano scarse, anche a causa di consuetudini culturali che rendevano difficile l'impiego femminile in certi settori <ref name=":procacci">{{Cita|Procacci|pp. 86-110}}</ref>. Nonostante la convinzione diffusa che le donne avessero sostituito gli uomini "nei lavori maschili", le fonti indicano che un vero e proprio travaso non avvenne, tranne che in alcuni rami dell'[[w:Industria_metalmeccanica|industria metalmeccanica]]. Questo accadde perché gli operai qualificati maschi spesso ottennero l'esonero dal servizio militare, e negli ambiti a prevalenza maschile si preferì impiegare ragazzi, sebbene meno precisi e più inclini agli incidenti rispetto alle donne. Secondo alcuni studi il "mito della sostituzione" sarebbe stato alimentato dal forte contrasto psicologico tra le ideologie consolidate del femminile, basate sull'immagine della donna madre e donatrice di vita, e la nuova visibilità di giovani donne che maneggiavano strumenti di morte come munizioni, che avrebbe dilatato la percezione di un "mondo alla rovescia"<ref name=":pescarolo" />. La guerra ebbe un impatto profondo sulla vita quotidiana delle donne sul fronte interno. Le donne sostituirono gli uomini nei lavori agricoli e nelle fabbriche, spesso in condizioni difficili e pericolose<ref name=":bianchi2016">{{Cita|Bianchi 2016|pp. 5-9}}</ref>. Le esperienze traumatiche legate alla guerra ebbero gravi conseguenze anche sulla loro salute psichica. Tra le varie ripercussioni, vi fu anche lo sfollamento di migliaia di persone, in prevalenza donne, che si trovarono a dover sviluppare nuove competenze decisionali e gestionali<ref name=":procacci" />. ==== 6.4.1. Interventismo patriottico e pacifismo ==== Nel periodo precedente la guerra e durante il conflitto, una parte del movimento femminile mantenne posizioni pacifiste e antimilitariste, organizzando proteste. Le anarchiche italiane si opposero alla guerra fin da prima del 1915, legando il rifiuto della guerra alla specificità femminile della maternità, al ruolo educativo delle madri e alla lotta contro il maschilismo militarista, come si rileva nelle loro riviste ''La donna libertaria'' (1912-1913) ''e'' ''L’Alba libertaria'' (1915)<ref name=":guidi1">{{Cita|Guidi|pp. 2-9}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Laura Fournier-Finocchiaro|anno=2021|titolo=Anarchismo e femminismo nelle riviste La donna libertaria (1912-1913) e L’Alba libertaria (1915)|rivista=Laboratoire italien|numero=26|url=https://journals.openedition.org/laboratoireitalien/6955?lang=it}}</ref>. Forte scalpore destarono nel mondo libertario le prese di posizione interventiste della nota e ammirata attivista [[w:Maria_Rygier|Maria Rygier]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Roberto Carocci|anno=2021|titolo=L’interventismo anarchico nella Prima guerra mondiale. Il caso di Attilio Paolinelli|rivista=Acronia. Studi di storia dell’anarchismo e dei movimenti radicali|numero=1}}</ref> All'interno dello schieramento socialista emersero differenze di vedute. In gran parte le donne socialiste rimasero fedeli all'ideale pacifista, tuttavia, accanto a militanti intransigenti che si opposero a qualsiasi forma di guerra, sia di difesa che di intervento, vi furono altre che, pur fedeli all'ideale della pace, sottolinearono la minaccia rappresentata dall'aggressività austro-tedesca per l'Italia e considerarono legittima una guerra di difesa<ref name=":bianchi2006">{{Cita|Bianchi 2016|pp. 1-17}}</ref>. In alcuni casi si assistette a un'inversione delle posizioni sostenute durante il periodo delle guerre coloniali; alcune esponenti sostennero l'intervento, con pubblicazioni che legavano la partecipazione alla guerra alle rivendicazioni politiche e promuovevano un nazionalismo declinato al femminile. [[w:Emilia_Mariani|Emilia Mariani]], [[w:Irma_Melany_Scodnik|Irma Melany Scodnik]] e Anna Maria Mozzoni si espressero fin da subito a favore dell'intervento; Anna Kuliscioff e altre, come [[w:Margherita_Sarfatti|Margherita Sarfatti]], assunsero un atteggiamento progressivamente indirizzato verso il richiamo al patriottismo.<ref name=":gazzetta3">{{Cita|Gazzetta|pp. 161-187}}</ref> Ampie fasce del movimento femminile, pur attraversate da divisioni interne sul tema dell'intervento, parteciparono attivamente allo sforzo bellico bellico<ref name=":guidi2">{{Cita|Guidi|pp. 86-195}}</ref>. Organizzazioni come l'Unione Femminile Nazionale e il CNDI si impegnarono in attività di assistenza e cooperazione con lo Stato.   L'Unione Femminile, che aveva come obiettivo dichiarato l'emancipazione femminile attraverso la crescita materiale e intellettuale, sviluppò iniziative di "maternità sociale" e assistenza ai combattenti, ritenendo che queste attività fossero un'occasione per attribuire un "valore politico al tradizionale lavoro sociale delle donne nell'ambito dell'istruzione, del volontariato e della protezione all'infanzia". <ref>{{Cita pubblicazione|autore=Francesco Scomazzon|anno=2016|titolo=Concordia parvae res crescunt, discordia maximae dilabuntur: l’Unione Femminile nazionale in tempo di guerra (1915-1919)|rivista=DEP - Deportate, esuli, profughe|numero=31|pp=36-53|url=https://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n31/004_Scomazzon_modello.pdf}}</ref> Il CNDI, a sua volta, svolse un ruolo di cooperazione con le strutture socio-assistenziali dello Stato, e fu totalmente coinvolto nello sforzo patriottico, vedendo nella guerra un fattore determinante per l'affermazione di una più ampia cittadinanza femminile<ref name=":gazzetta3" />. === 6.5. Guerra ed emancipazione delle donne === Con la Prima Guerra Mondiale e gli uomini al fronte, le donne furono spinte a occupare spazi e ruoli inediti, molte entrarono nel mondo del lavoro, inclusi settori precedentemente considerati esclusivamente maschili. Per molte donne questa rappresentò una "nuova esperienza di libertà e responsabilità" e portò all'acquisizione di nuove competenze e capacità decisionali<ref name=":pescarolo" />. Le strutture patriarcali resistettero; non furono accolte richieste come il suffragio e continuarono a persistere stereotipi sulla debolezza intellettuale o emotiva delle donne <ref>{{Cita pubblicazione|autore=Francesco Frizzera|anno=2016|titolo=Escluse dalla narrazione pubblica. Profughe trentine nella Grande guerra|rivista=DEP - Deportate, esuli, profughe|numero=31|pp=245-247}}</ref>. Il dopoguerra fu caratterizzato da una chiara "restaurazione dell'ordine" tradizionale. I valori militari esaltati dal conflitto rafforzarono i modelli patriarcali, ad esempio attraverso l'adozione di provvedimenti volti a facilitare il ritorno degli uomini nei posti di lavoro, che causarono una "espulsione" delle donne dall'industria. Le aspirazioni alla cittadinanza e ai diritti civili rimasero disattese<ref name=":procacci">{{Cita|Procacci|pp. 86-110}}</ref>. Per molte donne, quindi, l'esperienza di maggiore autonomia fu una "emancipazione in prestito", spesso seguita da un ritorno, atteso o imposto, ai ruoli tradizionali. L'unica significativa conquista sul piano formale fu l'approvazione della [[w:Legge_Sacchi|legge Sacchi]] nel 1919, che abolì l'autorizzazione maritale e aprì legalmente alle donne tutte le professioni, anche se con significative eccezioni. La sua piena applicazione richiese tuttavia molto tempo<ref name=":pescarolo" />. Questo quadro complesso ha alimentato un dibattito storiografico con interpretazioni divergenti sul rapporto donne e guerra. Se i primi studi hanno interpretato la guerra come uno "spartiacque" significativo nel percorso emancipatorio, altri hanno in seguito ridimensionato la narrazione di un progresso lineare, sottolineando il "carattere ciclico e disomogeneo" dell'emancipazione e ponendo l'accento sulla "restaurazione dell'ordine" che seguì il conflitto. == Note == <references /> == Bibliografia == * {{Cita pubblicazione|autore=Donatella Alesi|anno=2001|titolo=La donna 1904-1915: un progetto giornalistico di primo Novecento|rivista=Italia contemporanea:|numero=222|pp=43-63|cid=Alesi}} * {{Cita libro|autore=Stefania Bartoloni|titolo=L'associazionismo femminile nella prima guerra mondiale e la mobilitazione per l'assistenza e la propaganda|anno=1992|editore=Franco Angeli|città=Milano|pp=65-91|opera=Donna lombarda: 1860-1945|curatore=Ada Gigli Marchetti, Nanda Torcellan}} * {{Cita libro|autore=Bruna Bianchi|titolo=Militarismo e pacifismo nella sinistra italiana : dalla grande guerra alla Resistenza|anno=2006|editore=Unicopli|città=Milano|OCLC=878603919|cid=Bianchi2006}} * {{Cita pubblicazione|autore=Bruna Bianchi|anno=2015|titolo=Il militarismo, la maternità, la pace. Voci dal femminismo italiano (1868-1918)|rivista=Memorie nuova serie|numero=3|pp=1-38|cid=Bianchi 2015}} * {{Cita pubblicazione|autore=Bruna Bianchi|anno=2016|titolo=Living in War. Women in Italian Historiography|rivista=DEP - Deportate, esuli, profughe|numero=31|p=5-35|lingua=en|url=https://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n31/003_Bianchi_modello.pdf|cid=Bianchi 2016}} * {{Cita libro|titolo=Vivere in guerra. Le donne italiane nel primo conflitto mondiale [numero monografico]|anno=2016|curatore=Matteo Ermacora, Maria Grazia Suriano|opera=DEP - Deportate, esuli, profughe, n. 31|url=https://www.unive.it/pag/31211/}} * {{Cita pubblicazione|autore=Laura Fournier-Finocchiaro|anno=2021|titolo=Introduzione: Voci e percorsi del femminismo nelle riviste delle donne (1870-1970)|rivista=Laboratoire italien. Politique et société|numero=26|pp=1-8|cid=Finocchiaro, Gazzetta, Meazzi|autore2=Liviana Gazzetta|autore3=Barbara Meazzi}} * {{Cita pubblicazione|autore=Francesco Frizzera|anno=2016|titolo=Escluse dalla narrazione pubblica. Profughe trentine nella Grande guerra.|rivista=DEP - Deportate, esuli, profughe|volume=31|pp=215-247|url=https://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n31/012_Frizzera_modello.pdf}} * {{Cita libro|titolo=Orizzonti nuovi, Storia del primo femminismo in Italia|anno=2018|editore=Viella|OCLC=1404796897|cid=Gazzetta|nome=Liviana|cognome=Gazzetta}} * {{Cita libro|autore=Laura Guidi|titolo=Vivere la guerra: percorsi biografici e ruoli di genere tra Risorgimento e primo conflitto mondiale|anno=2007|editore=Clio Press|città=Napoli|OCLC=236550930|cid=Guidi}} * {{Cita libro|autore=Alessandra Pescarolo|titolo=Il lavoro delle donne nell'Italia contemporanea|anno=2019|editore=Viella|città=Roma|OCLC=1105615269|cid=Pescarolo}} * {{Cita pubblicazione|autore=Giovanna Procacci|anno=2016|titolo=Le donne e le manifestazioni popolari durante la neutralità e negli anni di guerra (1914-1918)|rivista=DEP - Deportate, esuli, profughe|numero=31|pp=86-121|url=https://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n31/006_Procacci_modello.pdf|cid=Procacci}} * {{Cita pubblicazione|autore=Fiorenza Taricone|anno=2021|titolo=La Difesa delle Lavoratrici: socialiste a confronto|rivista=Laboratoire italien, politique et société|volume=26|url=https://journals.openedition.org/laboratoireitalien/6920|cid=Taricone}} * {{Cita libro|autore=Perry Willson|titolo=Women in Twentieth-Century Italy|anno=2010|editore=Palgrave Macmillan|città=Houndmills, Basingstoke|OCLC=474868220|cid=Willson|lingua=en}} 7rayhoo01f7kw1h2l4syq42rrvx9bee Storia del femminismo italiano/7. Il regime fascista 0 57627 477372 477256 2025-06-05T11:38:21Z LorManLor 24993 Note 477372 wikitext text/x-wiki {{Storia del femminismo italiano}} {{Storia del femminismo italiano 1}} == 7. Il regime fascista == Il regime fascista promosse una visione tradizionale della donna, enfatizzando il suo ruolo di madre e custode della famiglia. Attraverso la [[w:Propaganda_fascista|propaganda]] e le politiche statali, cercò di confinare le donne nella sfera domestica, esaltando la maternità come dovere civico e nazionale. Questa visione si tradusse in una serie di normative e di politiche volte a rafforzare l'autorità patriarcale e a limitare significativamente l'emancipazione e i diritti delle donne in campo giuridico, dell'istruzione, del lavoro.<ref>{{Cita|De Grazia|p. 19}} </ref> === 7.1. Istruzione, lavoro, diritti, politica demografica === === Istruzione === La [[w:Riforma_Gentile|Riforma Gentile]] del 1923 abolì la varietà di scuole esistenti e le scuole tecniche, aumentò le tasse per l'iscrizione, in particolare per le ragazze, con il proposito di allontanare dall'istruzione la popolazione femminile e gli strati sociali meni abbienti. Istituì i licei per sole donne, di durata triennale, privi di formazione professionalizzante e di sbocco universitario, indirizzando le studentesse ad attività considerate “femminili” e al buon governo della casa.<ref>{{Cita libro|autore=Alessandra Pescarolo|titolo=Studio o lavoro? Una questione di genere e di classe|anno=2020|editore=Viella|città=Roma|opera=Il lavoro delle donne nell’Italia contemporanea}}</ref> Con il [[w:Regio_Decreto|Regio Decreto]] n. 1054 del 6 maggio 1923 escluse le donne dai ruoli direttivi, vietando loro di ricoprire la carica di preside negli istituti di primo e secondo grado.<ref>{{Cita web|url=https://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/rd1054_23.pdf|titolo=Regio Decreto 6 maggio 1923, n. 1054|accesso=5 maggio 2025}}</ref> Il successivo [[w:Regio_Decreto|Regio Decreto]] n. 2480 del 9 dicembre 1926 (art. 11) escluse le donne dai concorsi per l’abilitazione all’insegnamento di materie come lettere e filosofia nei licei, nonché di alcune discipline negli istituti tecnici e nelle scuole medie.<ref>{{Cita|Sassano|p. 256}}</ref> === Lavoro === Il regime fascista scoraggiò l'occupazione femminile, promuovendo l'idea che il lavoro delle donne sottraesse opportunità agli uomini e che il loro posto fosse la cura della casa e dei figli. La propaganda individuò nell’emancipazione e nel lavoro femminile la causa principale del declino della natalità.<ref>{{Cita|De Grazia|p. 82}}</ref> La legge [[w:_Ettore_Sacchi|Sacchi]] del 1919, che aveva aperto alle donne l'accesso a determinate professioni, pur escludendole da quelle che comportavano l'esercizio di poteri pubblici giurisdizionali o la difesa dello Stato, non fu formalmente abrogata, ma l'accesso femminile a ruoli pubblici subì ulteriori limitazioni. Il Regio Decreto Legge 28 novembre 1933, n. 1554, intitolato ''Disposizioni circa l'assunzione e la promozione degli impiegati nelle Amministrazioni dello Stato e negli Enti parastatali'' autorizzò le amministrazioni dello Stato ad escludere o a stabilire dei limiti di assunzione di personale femminile.<ref>{{Cita web|url=https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/1933/11/30/277/sg/pdf|titolo=Regio Decreto Legge 28 novembre 1933, n. 1554 "Norme sull'assunzione delle donne nelle Amministrazioni dello Stato"|accesso=17 maggio 2025}}</ref> Nel 1938 un nuovo Regio Decreto vietò ai datori di lavoro pubblici e privati di assumere più del 10% di donne, tranne per i lavori considerati per loro particolarmente "adatti".<ref>{{Cita web|url=http://www.bibliolab.it/donne_web/allegato7_2.htm|titolo=Regio Decreto Legge 5 settembre 1938 - XVI - n.1514. Disciplina dell’assunzione di personale femminile agli impieghi pubblici e privati|data=17 maggio 2025}}</ref> === Diritti civili e politici === ==== Diritto di famiglia e diritto penale ==== [[w:Il_diritto_di_famiglia|Il diritto di famiglia]] durante il fascismo consolidò la subordinazione legale della donna all'uomo. La patria potestà, esercitata sui figli fino alla maggiore età, era esclusivamente maschile, e la madre poteva esercitarla solo in caso di impedimento del padre.<ref name=":1">{{Cita web|autore=Elena Vellati|url=https://www.novecento.org/dossier/italia-didattica/il-nuovo-diritto-di-famiglia-e-il-ruolo-della-donna/#perdocenti2|titolo=il nuovo diritto di famiglia e il ruolo della donna|accesso=16-03-2025|data=agosto 2017}}</ref> L'art. 44 del [[w:Codice_civile_(Italia)|Codice civile]] entrato in vigore nel 1942 stabiliva che il marito era il capofamiglia, e che la moglie doveva seguirne la condizione civile: "ne assume il cognome ed è obbligata ad accompagnarlo dovunque egli crede opportuno di fissare la sua residenza”.<ref>{{Cita web|url=https://www.rivistailmulino.it/a/19-maggio-1975|titolo=19 maggio 1975: La riforma del diritto di famiglia|accesso=17 maggio 2025}}</ref> Il [[w:Codice_di_procedura_penale_italiano_del_1930|Codice Penale del 1930]] introdusse norme discriminatorie, come l'articolo 587, che trattava l'adulterio in modo diverso a seconda del sesso, prevedendo una riduzione della pena per chi uccideva una donna per motivi d'onore.<ref>{{Cita web|autore=Franco Mencarelli|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/adulterio_res-25b4d5c0-87e9-11dc-8e9d-0016357eee51_(Enciclopedia-Italiana)/|titolo=Adulterio|accesso=5 maggio 2025}}</ref><ref>{{Cita|De Grazia|p. 41}}</ref><ref>{{Cita web|autore=Maria Mantello|url=https://www.micromega.net/fascismo-donne|titolo=Fascismo, sottomissione della donna e blocco sociale|accesso=5 maggio 2025|data=6 settembre 2022}}</ref> Le pene per l'aborto e la contraccezione vennero inasprite, considerate crimini contro "l'integrità e la sanità della stirpe". Riduzioni della pena venero previste per "causa di onore" (art. 551), applicabile nel caso in cui l’interruzione di gravidanza fosse compiuta per “[…] ''salvare l’onore proprio o quello di un prossimo congiunto".''<ref>{{Cita web|url=https://www.dirittoconsenso.it/2022/11/28/interruzione-volontaria-di-gravidanza-da-reato-a-diritto/|titolo=L'interruzione volontaria di gravidanza: da reato a diritto|accesso=17 maggio 2025|data=28 novembre 2022}}</ref> ==== Diritto di voto ==== Durante il regime fascista la questione del diritto di voto alle donne in Italia fu affrontata in modo ambiguo e strumentale. Nel giugno 1919 il programma dei [[w:_Fasci_italiani_di_Combattimento|Fasci di Combattimento]] prevedeva il diritto di voto per tutte le donne maggiorenni, con pari opportunità di accesso alle cariche pubbliche. In un suo discorso del 1923, lo stesso [[w:_Benito_Mussolini|Mussolini,]] mentre presiedeva all’apertura a Roma del IX Congresso dell’[[w:International_Alliance_of_Women|Alleanza internazionale Pro-Suffragio]], affermò che il governo fascista si impegnava "a concedere il voto a parecchie categorie di donne, cominciando dal campo amministrativo."<ref>{{Cita|De Grazia|p. 62}}</ref> Tale impegno trovò realizzazione nella concessione del [[w:Suffragio_femminile_in_Italia|voto amministrativo]] previsto dalla legge del 22 novembre 1925, n. 2125, che conteneva tuttavia, restrizioni significative: potevano votare solo le donne che avevano compiuto 25 anni, erano state decorate con medaglie al valore militare o al valore civile, esercitavano la patria podestà, possedevano la licenza elementare, o erano madri o vedove di caduti in guerra.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Loredana Garlati|anno=2015|titolo=Uomini che decidono per le donne. Il suffragio femminile nel dibattito parlamentare dell‘Italia post unitaria (1861-1920)|rivista=Revista europea de historia de las ideas políticas y de las instituciones públicas|numero=9|p=45|url=http://www.eumed.net/rev/rehipip/09/suffragio-femminile.html}}</ref> Nel 1926 la riforma podestarile con la quale venne disposta la nomina governativa dei sindaci, abolì di fatto le elezioni amministrative, rendendo inefficace il diritto di voto appena concesso.<ref>{{Cita web|autore=Stefano Malpassi|url=https://www.geniusreview.eu/2025/ecco-il-guaio-brevi-note-su-donne-e-cittadinanza-nel-regime-fascista-a-partire-dalla-discussione-parlamentare-per-lammissione-delle-donne-allelettorato-amministra/#:~:text=Nel%20lungo%20e%20travagliato%20percorso,%C3%A8%20guardato%20con%20scarsa%20attenzione.|titolo=«Ecco il guaio!» Brevi note su donne e cittadinanza nel regime fascista, a partire dalla discussione parlamentare per l’«Ammissione delle donne all’elettorato amministrativo» (l. 22 novembre 1925, n. 2125)|accesso=5 maggio 2025}}</ref><ref>{{Cita|De Grazia|pp. 62-63}} </ref> === Politiche demografiche e controllo della natalità === La “battaglia demografica” attuata dal regime per aumentare la natalità prese avvio qualche anno dopo la presa del potere, quando i dati demografici forniti dall’[[w:Istituto_nazionale_di_statistica|Istituto Centrale delle statistiche]], posto sotto il diretto controllo del governo nel 1926, evidenziarono un forte calo del tasso di natalità, sceso nel corso di quarant'anni - specie nelle città del nord - dal 39 per 1000 al 27 per 1000. <ref>{{Cita|De Grazia|pp. 70-71}}</ref><ref>{{Cita|Detragiache|pp. 693-694}}</ref> [[File:Donne-prolifiche-1938.jpg|miniatura|Le madri prolifiche premiate Da Mussolini, 1938]] Le motivazioni che sostenevano questa politica erano legate al convincimento che la “potenza politica e quindi economica e morale" di una nazione risiedesse nella sua condizione demografica, come espresso nello slogan fascista «la forza sta nel numero», e alle ambizioni nazionaliste e imperialiste del regime.<ref>{{Cita|De Grazia|pp. 71-72}}</ref> Con l’obiettivo, dichiarato nel 1927, di raggiungere i 60 milioni di abitanti, il [[w:Fascismo|fascismo]] adottò politiche pronataliste, utilizzando un misto di incentivi e misure repressive. Il matrimonio e la nascita di figli, da dimensione privata e sentimentale divennero partecipazione ad un’opera patriottica; la maternità venne privata del significato sociale che fino ad allora le femministe le avevano attribuito, per diventare mero atto riproduttivo.<ref>{{Cita|De Grazia|pp. 73-75}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Pierre Miltza, Serge Berstein|titolo=Storia del fascismo : da piazza San Sepolcro a piazzale Loreto|anno=2019|editore=Rizzoli|città=Milano|altri=Cap. III: ''Lo stato fascista e la sua evoluzione (1927-1940)''}}</ref> Una delle prime misure adottate fu la [[w:Tassa_sul_celibato|tassa sul celibato]] (Regio decreto-legge n. 2132 del 19 dicembre 1926), motivata da Mussolini nel famoso ''Discorso dell’Ascensione'' del 26 maggio 1927, con il proposito di voler dare una “frustata demografica alla Nazione”.<ref>{{Cita|De Grazia|p. 73}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.storiologia.it/mussolini/ascensione.htm|titolo=Discorso del 26 maggio 1927 pronunciato alla Camera dei Deputati, che sarà ricordato come il "Discorso dell' Ascensione"|accesso=30 aprile 2025}}</ref> Ad essa si accompagnarono e seguirono molte altre misure: incentivi finanziari (prestiti matrimoniali alle  giovani coppie, con parte del prestito cancellata alla nascita di ogni figlio; esenzioni fiscali, come quella riservata agli uomini con più di sei figli, messa in atto verso la fine degli anni trenta; premi e riconoscimenti alle “madri prolifere”; leggi finalizzate a limitare l’occupazione femminile e a rafforzare il ruolo domestico delle donne (Regio Decreto Legge n. 2357 del 1927); adozioni di politiche di controllo della natalità, come la messa al bando della contraccezione e la criminalizzazione dell'aborto.<ref>{{Cita|De Grazia|p. 75}}</ref> Negli anni trenta l’alleanza con la Chiesa e il ricorso a mezzi coercitivi attraverso l’intervento delle forze di polizia e dei prefetti, come nel caso delle prostitute, la richiesta di natalità rivolta alle famiglie, e in primis alle donne, assunse il ruolo di strumento di moralizzazione della società, di riaffermazione del sentimento religioso e di ristabilimento dell’ordine nei rapporti tra i sessi. <ref>{{Cita|De Grazia|p. 72}}</ref> Nonostante questa politica, i tassi di natalità accelerarono la loro discesa e dal 29.9 di nati per mille abitanti del periodo 1921-1925 si passò al 19,9 del periodo 1941-1945. <ref>{{Cita|De Grazia|p. 76}}</ref><ref>{{Cita|Detragiache|p. 694}}</ref> === 7.2. La stampa femminile fascista === [[File:La Donna Fascista, 5 maggio 1940.jpg|miniatura|''La Donna Fascista'', 5 maggio 1940]] Durante il fascismo sorsero numerose riviste scritte e dirette esclusivamente o prevalentemente da donne e rivolte ad un pubblico femminile, che si aggiunsero ad altre già esistenti nell'ambito del variegato movimento delle donne. Inizialmente non furono osteggiate, né vennero assoggettate alle direttive del [[w:Partito_Nazionale_Fascista|Partito]].<ref>{{Cita libro|autore=Stefania Bartoloni|titolo=Dalla crisi del movimento delle donne alle origini del Fascismo. L'"Almanacco della Donna Italiana" e la "Rassegna femminile italiana"|anno=1988|editore=UDI|città=Roma|p=125|curatore=Anna Maria Crispino|opera=Esperienza storica femminile nell'età moderna e contemporanea}}</ref> A partire dalla metà degli anni Venti, tuttavia, la contrapposizione tra l'ideologia fascista e le aspirazioni femministe diventò insanabile. Il regime condannò il "femminismo" come innaturale, definendolo polemicamente "''démodé''", sorpassato, e promosse un modello di donna confinata alla sfera domestica. Questo portò le donne attive nell'editoria a una difficile convivenza con il regime, spesso accettando ruoli subalterni. Le voci dissenzienti furono progressivamente escluse. Alcuni periodici in particolare, come ''Il Giornale della Donna'' (1919-1935) e ''La donna fascista'' (1935-1943) che ne rappresentò la continuazione, divennero degli organi di propaganda della politica fascista nei confronti delle donne, promovendo l'esaltazione delle gesta del duce e della figura della madre prolifica e dedita alla famiglia, pilastro della nazione. Nonostante il contesto repressivo, alcune tematiche legate al lavoro femminile sopravvissero nella stampa, sebbene la maternità e la famiglia diventassero i temi centrali, a scapito delle rivendicazioni emancipazioniste.<ref>{{Cita|Dittrich-Johansen|pp. 230-233}}</ref> Tra le principali riviste femminili del ventennio fascista vi furono ''Vita femminile'' (1919-1943), l'''[[w:Almanacco_della_Donna_italiana|Almanacco della donna italiana]]'' (1920-1943),<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Elisa Turrini|anno=2013|titolo=L’“Almanacco della donna italiana”: uno sguardo al femminile nel ventennio fascista|rivista=Storia e Futuro|numero=31|url=https://storiaefuturo.eu/lalmanacco-della-donna-italiana-uno-sguardo-al-femminile-nel-ventennio-fascista/}}</ref> ''Rassegna femminile italiana'' (1925-1930), ''[[w:Il_Giornale_della_donna|Il Giornale della donna]]'' (1919-1935), dal 1929 organo dei [[w:Fasci_femminili|Fasci femminili]], che diventò nel 1935 ''La donna fascista'' (1935-1943). === 7.3. Organizzazioni femminili fasciste === Le organizzazioni femminili fasciste svolsero un ruolo significativo nella diffusione dei valori del regime, nell'organizzazione di attività sociali e assistenziali e nella propaganda volta a plasmare l'identità femminile in linea con le direttive del partito. I [[w:Fasci_Femminili|Fasci Femminili]] (FF) fondati nel 1921 da Elisa Mayer Rizzoli con l'obiettivo di mobilitare le donne a sostegno del fascismo, affidando loro compiti di propaganda e assistenza sociale, nei primi anni di vita ebbero poco seguito. Il primo congresso della sezione milanese nel 1923 attribuì questo insuccesso alla preferenza espressa dalle donne per l'iscrizione diretta al partito e alla resistenza delle organizzazioni maschili fasciste.<ref>{{Cita|De Grazia|pp. 59-60}}</ref> Una forte competizione veniva anche dalle organizzazioni cattoliche femminili, in rapida crescita, numericamente superiori come numero di iscritte: nel 1925 l’Unione femminile cattolica contava 160 mila membri, contro le 40 mila iscritte dei Fasci femminili.<ref>{{Cita|De Grazia|p. 321}}</ref> [[File:Roma refettorio OMNI 1929.png|miniatura|Refettorio per madri a Roma, OMNI 1929]] Inizialmente dotati di una struttura piuttosto flessibile e con alcune istanze di autonomia, i Fasci furono progressivamente centralizzati, posti sotto il diretto controllo del PNF e inquadrati come sua sezione ufficiale. Il loro compito divenne coinvolgere le donne nella promozione dell'ideologia fascista, attraverso attività assistenziali, educative e propagandistiche, senza però poter esercitare un ruolo politico autonomo. La loro trasformazione in movimento di massa iniziò alla fine degli anni venti. Nel 1929 le fiduciarie vennero nominate direttamente da Roma e nel 1930 ''Il Giornale della Donna'' (poi ''La Donna Fascista''), diretto da Paola Benedettini Alferazzi, ex leader del movimento suffragista moderato, divenne l'organo ufficiale dei Fasci femminili.<ref>{{Cita|De Grazia|p. 323}}</ref> Nel 1932, sotto [[w:_Achille_Starace|Achille Starace]], ogni sezione locale del partito fu obbligata ad avere un Fascio Femminile. Nel 1934 i FF assunsero la gestione delle [[w:Federazione_nazionale_fascista_delle_massaie_rurali|Massaie Rurali]], volte a promuovere la formazione e l'inquadramento delle donne in ambito agricolo e domestico, raggiungendo 2,5 milioni di iscritte nel 1942.<ref>{{Cita|De Grazia|p. 151}}</ref> La Sezione operaie e lavoranti a domicilio (SOLD), fondata nel 1938 e anch'essa guidata dai Fasci femminili con il compito di «promuovere la propaganda fascista ed educativa presso le operaie, assecondando il miglioramento delle loro capacità professionali e domestiche». crebbe da circa 310.000 membri nel 1938 a oltre 860.000 nel 1942, spinta dall'economia di guerra.<ref>{{Cita|De Grazia|pp. 242-243}}</ref> Alla vigilia della [[w:Seconda_guerra_mondiale|Seconda guerra mondiale]] i Fasci Femminili, nelle loro diverse articolazioni, contavano circa 3.180.000 tesserate.<ref>{{Cita|Sassano|p. 272}}</ref> L'ANFAL (Associazione nazionale fascista artiste e laureate), fondata a Roma nel 1926 e riconosciuta dal Sindacato nazionale fascista professionisti e artisti grazie a [[w:Giuseppe_Bottai|Giuseppe Bottai]], divenne la principale organizzazione culturale femminile del periodo. Promosse eventi, convegni e mostre, valorizzando il lavoro delle associate e diffondendo la cultura fascista, curando anche la pubblicazione di biografie di donne illustri sotto l'egida dell'Accademia d'Italia.<ref>{{Cita|De Grazia|pp. 337-338}}</ref> == Note == <references /> == Bibliografia == * {{Cita libro|autore=Victoria de Grazia|titolo=Le donne nel regime fascista|editore=Marsilio|città=Venezia|cid=De Grazia|anno=2023|ISBN=9788829721092}} * {{Cita pubblicazione|autore=Denise Detragiache|anno=1980|titolo=Un aspect de la politique démographique de l'Italie fasciste : la répression de l'avortement|rivista=Mélanges de l’école française de Rome|volume=92|numero=2|pp=691-735|lingua=fr|url=https://www.persee.fr/doc/mefr_0223-5110_1980_num_92_2_2571#:~:text=La%20r%C3%A9pression%20de%20l'avortement%20sous%20toutes%20ses%20formes%20sera,du%20fruit%20de%20la%20conception%20.|cid=Detragiache}} * {{Cita pubblicazione|autore=Helga Dittrich-Johansen|anno=1994|titolo=Dal privato al pubblico: Maternità e lavoro nelle riviste femminili dell'epoca fascista|rivista=Studi storici|volume=35|numero=1|pp=207-243|cid=Dittrich-Johansen}} * {{Cita libro|autore=Laura Pisano|titolo=Donne del giornalismo italiano : da Eleonora Fonseca Pimentel a Ilaria Alpi : dizionario storico bio-bibliografico : secoli XVIII-XX|anno=2004|editore=Angeli|città=Milano|cid=Pisano 2004|OCLC=799290565}} * {{Cita pubblicazione|autore=Roberta Sassano|anno=2015|titolo=Camicette Nere: le donne nel Ventennio fascista|rivista=El Futuro del Pasado|numero=6|pp=253-280|cid=Sassano}} kj3lawyjzjrqf7nn6fooc2wgzb3q5nc Storia del femminismo italiano/8. La Resistenza e il Dopoguerra 0 57628 477352 477280 2025-06-05T06:09:54Z Camelia.boban 25520 Img a sx 477352 wikitext text/x-wiki {{Storia del femminismo italiano}} {{Storia del femminismo italiano 1}} == 8. La Resistenza e il Dopoguerra == === 8.1. Resistenza e partecipazione femminile === La partecipazione femminile alla Resistenza fu un fenomeno complesso e multiforme, a lungo marginalizzato nella storiografia tradizionale e solo a partire dalla metà degli anni settanta del Novecento oggetto di una più sistematica ricostruzione e riconoscimento storiografico <ref>Anna Maria Bruzzone, Rachele Farina, ''La Resistenza taciuta. Dodici vite di partigiane piemontesi'', La Pietra, Milano, 1976.</ref>. '''Forme''' '''e motivazioni della partecipazione femminile''' [[File:Partigiani sfilano per le strade di milano.jpg|miniatura|sinistra|Sfilata di partigiani a Milano dopo la Liberazione]] Le donne parteciparono attivamente alla Resistenza in diverse forme. Sebbene meno numerosa, una parte significativa prese parte ai combattimenti nelle formazioni partigiane, superando in alcuni casi le resistenze interne al movimento per la loro piena integrazione. Le staffette rappresentarono un elemento cruciale per il sistema di comunicazione e il trasporto di informazioni, persone e materiali, sfruttando la loro minore sospettabilità e agilità di movimento. Numerose donne fornirono rifugio sicuro, assistenza medica essenziale, viveri e indumenti ai combattenti partigiani, spesso assumendosi rischi personali significativi. Molte delle interviste e della memorialistica raccolta sulle esperienze delle partigiane hanno evidenziato come la loro motivazione derivasse da una scelta interiore e non da obblighi esterni e che il contributo dato le condusse ad una crescente consapevolezza del proprio ruolo come cittadine. L'esperienza condivisa nella lotta, il confronto con altre donne e la solidarietà sviluppatasi all'interno dei gruppi di resistenza favorirono inoltre in molte la crescita personale, la messa in discussione degli schemi culturali preesistenti, portando a una nuova coscienza politica e a un forte senso di "sorellanza" e di solidarietà con le altre compagne, fondamentale per affrontare le sfide e i pregiudizi, sia esterni che interni al movimento.<ref>Benedetta Tobagi, ''La Resistenza delle Donne'', Einaudi, Torino, 2022.</ref> '''Resistenza civile''' '''e maternage''' Il concetto di resistenza civile è molto più ampio rispetto alla semplice opposizione armata a un occupante o a un regime. Si manifesta come un insieme variegato di strategie - tra cui azioni di disobbedienza, diffusione di propaganda e informazione clandestina, organizzazione di reti di supporto e di protezione fondamentali per la sopravvivenza - messe in atto dalla popolazione non combattente per affrontare e contrastare le condizioni imposte dalla guerra o dall'occupazione militare. Il concetto di "maternage di massa", introdotto dalla storica Anna Bravo, descrive l'assunzione da parte delle donne di compiti tradizionalmente femminili in un contesto pubblico e politico. Durante il periodo del conflitto mondiale, in cui la guerra non rimase confinata nei fronti militari, ma interessò tutta la popolazione civile, secondo Bravo l'attività delle donne assunse una dimensione inedita, estendendosi oltre i confini familiari per divenire una pratica di cura e sostegno vitale per l'intera comunità, favorendo la sopravvivenza collettiva, la riorganizzazione sociale e la rielaborazione dell'identità femminile. === 8.2. Donne partigiane e diritto al voto (1945-1946) === Nel 1944 l’Unione Donne Italiane (UDI) presentò un promemoria al presidente del Consiglio Ivanoe Bonomi, chiedendo il riconoscimento del diritto di voto e di eleggibilità per le donne. Il documento sottolineava il contributo femminile alla guerra e alla Resistenza come fondamento per l’estensione dei diritti politici.<ref>{{Cita libro|cognome=Bravo|nome=Anna|curatore=|titolo=In guerra senza armi. Storie di donne, 1940-1945|editore=Laterza|anno=1995|ISBN=|p=}}</ref> Il decreto legislativo luogotenenziale n. 23 del 30 gennaio 1945 sancì il suffragio femminile, inizialmente limitato al solo diritto di voto. Solo in un secondo momento venne riconosciuta anche l’eleggibilità delle donne.<ref name=":0">Michela Ponzani, ''Guerra alle donne. Partigiane, vittime di stupro, «amanti del nemico» 1940-45'', Einaudi, Torino, 2021.</ref> Il contributo delle donne alla Resistenza fu riconosciuto formalmente solo nell’aprile 1945, e in modo spesso ambiguo. Sebbene molte avessero partecipato attivamente alla lotta armata, il loro ruolo fu a lungo sottovalutato o relegato a una memoria marginale. Il 2 giugno 1946, in occasione del referendum istituzionale e dell’elezione dell’Assemblea Costituente, le donne votarono per la prima volta su scala nazionale, segnando una tappa fondamentale nella storia della cittadinanza femminile. L’esperienza della Resistenza rappresentò per molte donne non solo un momento di mobilitazione politica, ma anche un’opportunità di emancipazione personale. La scelta di aderire alla lotta antifascista fu spesso vissuta come una rottura con i ruoli tradizionali imposti dal regime e dalla cultura patriarcale.<ref>Miriam Mafai, ''Pane nero. Donne e vita quotidiana nella Seconda guerra mondiale'', Rizzoli, Milano, 2022.</ref> Tuttavia, la partecipazione femminile alla vita pubblica nel dopoguerra fu inizialmente limitata. Le attività delle donne si concentrarono soprattutto in ambito assistenziale, con un ritorno a ruoli tradizionali legati alla cura e alla ricostruzione materiale e morale del Paese. La memoria collettiva faticò a integrare pienamente la figura della donna combattente, e le stesse istituzioni politiche mantennero una certa resistenza a valorizzarne il ruolo.<ref name=":0" /> In questo contesto si colloca anche la testimonianza di Lucia Bianciotto, candidata alla Costituente, che ricordò l’assenza di sostegno da parte del proprio partito durante la campagna elettorale, a conferma delle persistenti difficoltà di accesso alla rappresentanza politica.''<ref>Bianca Guidetti Serra, ''Compagne'', cit., p.360.</ref>'' Nonostante queste limitazioni, le donne continuarono a mobilitarsi per i propri diritti. Emblematico fu lo sciopero femminile del 14 luglio 1945 a Torino, promosso dall’UDI per ottenere la parità dell’indennità di contingenza con gli uomini. La protesta, organizzata e condotta esclusivamente da donne, ottenne un risultato positivo a livello locale, segnando un precedente importante nella lotta per l’uguaglianza salariale.<ref>Miriam Mafai, ''Pane nero'', cit.</ref> === 8.3. Costituzione e diritti delle donne (1948) === Nel processo costituente che seguì la Liberazione, le donne italiane ebbero un ruolo attivo e simbolicamente rilevante. Il 24 marzo 1947, durante la votazione per l'articolo che sanciva il ripudio della guerra, le ventuno costituenti si tennero per mano, in un gesto che richiamava la loro partecipazione alla Resistenza come “guerra alla guerra” e riaffermava il desiderio di costruire un ordine democratico fondato sulla pace. L’approvazione della Costituzione nel 1948 segnò una svolta giuridica fondamentale: l’articolo 3 sancì l’uguaglianza tra uomini e donne, almeno sul piano formale. Alcune deputate, come Teresa Noce, continuarono a battersi anche nel nuovo Parlamento repubblicano: nel 1948 promosse una legge a tutela delle lavoratrici madri, mentre nel 1950, insieme a Maria Federici, sostenne provvedimenti per la parità salariale. Nonostante questi risultati, la piena emancipazione femminile incontrò forti ostacoli. Anche nei partiti antifascisti, le donne si scontrarono con una cultura politica prevalentemente maschile, restia a riconoscere un’autonoma soggettività politica femminile. Durante e dopo la guerra, i Gruppi di Difesa della Donna (GDD) rappresentarono un laboratorio di partecipazione politica dal basso. Guidati da figure come Ada Gobetti, i GDD legarono le rivendicazioni democratiche ai bisogni materiali delle donne, come il cibo o l'assistenza ai figli, sviluppando una coscienza politica nuova e inclusiva. Attraverso attività assistenziali, logistiche e di propaganda condotte spesso nell’anonimato della vita quotidiana, le donne riuscirono a contribuire in modo determinante alla lotta antifascista, pur restando spesso invisibili nella memoria pubblica.<ref>Benedetta Tobagi, ''La Resistenza delle Donne'', cit.</ref> Nel dopoguerra, molte donne si trovarono escluse dalle posizioni decisionali, e le loro aspettative di trasformazione profonda della società furono in gran parte deluse. La cosiddetta "tristezza della Liberazione" derivava proprio dalla constatazione che, nonostante il ruolo svolto nella Resistenza, le donne erano spesso ricondotte ai ruoli tradizionali di mogli e madri, escluse dalla sfera pubblica e politica. Molte ex partigiane denunciarono una sorta di “doppio tradimento”, da parte delle istituzioni e dei compagni di lotta, che mal tolleravano una partecipazione femminile piena e paritaria nel nuovo assetto democratico. == Note == <references/> a449eagyhdeavzpqwfkf7t7fkf1wj64 Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Emilia-Romagna/Provincia di Reggio nell'Emilia/Castelnovo ne monti/Castelnovo ne monti- Eremo di Bismantova 0 57631 477358 477327 2025-06-05T06:46:57Z Gabboorgan 52335 477358 wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} [[File:Organo dell'Eremo di Bismantova a Castelnovo ne monti.jpg|thumb|Il corpo d'organo posto in controfacciata]] * '''Costruttore:''' Francesco Michelotto * '''Anno:''' ? * '''Registri:''' 37 * '''Canne:''' 1197 * '''Trasmissione:''' elettronica * '''Consolle:''' indipendente, nel transetto di destra * '''Tastiere:''' 2 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'') * '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 32 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in cantoria, in controfacciata, sopra l'ingresso {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Principale || 8' |- |Flauto || 8' |- |Ottava || 4' |- |Decimaquinta || 2' |- |Ripieno 3 file |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''II - ''Espressivo''''' ---- |- |Viola || 8' |- |Bordone || 8' |- |Principale || 4' |- |Flauto || 4' |- |Nazardo || 2.2/3' |- |Flautino || 2' |- |Decimino || 1.3/5' |- |Cembalo |- |Corno Inglese || 8' |- |Voce celeste || 8' |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Pedale''' ---- |- |Subbasso || 16' |- |Bordone || 8' |- |Flauto || 4' |- |Clarino || 8' |- |Clarino || 4' |- | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Accoppiatori''' ---- |- |I° al pedale |- |II° al pedale |- |II° al I° |- |Grave II° al I° |- |Acuta II° al I° |- |Grave al I° |- |Acuta al I° |- |Grave al II° |- |Acuta al II° |- |Acuta I° al pedale |- |Acuta II° al pedale |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Annullatori''' ---- |- |Ann.accop.gravi |- |Ann.accop.acuti |- |Ann.clarino 8' |- |Ann.clarino 8' ped. |- |Ann.clarino 4' ped |- |} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne|Castelnovo ne monti- Eremo di Bismantova]] 8rx5z7gzjh7g1qctgdgpuv6eiudi2qj 477359 477358 2025-06-05T06:50:37Z Gabboorgan 52335 477359 wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} [[File:Organo dell'Eremo di Bismantova a Castelnovo ne monti.jpg|thumb|Il corpo d'organo posto in controfacciata]] * '''Costruttore:''' Francesco Michelotto * '''Anno:''' ? * '''Registri:''' 37 * '''Canne:''' 1197 * '''Trasmissione:''' elettronica * '''Consolle:''' indipendente, nel transetto di destra * '''Tastiere:''' 2 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'') * '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 32 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in cantoria, in controfacciata, sopra l'ingresso [[File:Consolle dell'organo dell'Eremo di Bismantova.jpg|thumb|La consolle]] {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Principale || 8' |- |Flauto || 8' |- |Ottava || 4' |- |Decimaquinta || 2' |- |Ripieno 3 file |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''II - ''Espressivo''''' ---- |- |Viola || 8' |- |Bordone || 8' |- |Principale || 4' |- |Flauto || 4' |- |Nazardo || 2.2/3' |- |Flautino || 2' |- |Decimino || 1.3/5' |- |Cembalo |- |Corno Inglese || 8' |- |Voce celeste || 8' |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Pedale''' ---- |- |Subbasso || 16' |- |Bordone || 8' |- |Flauto || 4' |- |Clarino || 8' |- |Clarino || 4' |- | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Accoppiatori''' ---- |- |I° al pedale |- |II° al pedale |- |II° al I° |- |Grave II° al I° |- |Acuta II° al I° |- |Grave al I° |- |Acuta al I° |- |Grave al II° |- |Acuta al II° |- |Acuta I° al pedale |- |Acuta II° al pedale |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Annullatori''' ---- |- |Ann.accop.gravi |- |Ann.accop.acuti |- |Ann.clarino 8' |- |Ann.clarino 8' ped. |- |Ann.clarino 4' ped |- |} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne|Castelnovo ne monti- Eremo di Bismantova]] nx3esi6xuiuq92yxgewd2rtmn28rzzo David Mamet/Capitolo 10 0 57632 477346 477319 2025-06-04T19:40:39Z Monozigote 19063 /* David Mamet e i film */ testo 477346 wikitext text/x-wiki {{David Mamet}} {{Immagine grande|01XX Comedy Mask Old Slave Altes Museum anagoria.JPG|705px|}} == David Mamet e i film == {{Vedi anche|David_Mamet/Capitolo_13#Film|etichetta1=I film di Mamet (en)}} I drammaturghi iniziarono a interessarsi al cinema all'inizio del XX secolo, quando il nuovo mezzo espressivo aveva appena un decennio di vita, e sono pochi i drammaturghi che non siano stati corteggiati da un'industria cinematografica desiderosa di adattare le loro opere o di assumerli come sceneggiatori. Inizialmente, il mondo del teatro si degnò di condiscendere ai magnati del cinema in cerca di prestigio, e i risultati furono spesso insoddisfacenti. Subito dopo la Prima guerra mondiale, [[w:Samuel Goldwyn|Samuel Goldwyn]] attirò a Hollywood il premio Nobel [[w:Maurice Maeterlinck|Maurice Maeterlinck]], con conseguenze infelici, e non ebbe maggior successo con [[w:George Bernard Shaw|George Bernard Shaw]], che notoriamente rifiutò le sue proposte ("There is only one difference between Mr Goldwyn and me. Whereas he is after art, I am after money"). Tuttavia, la passione di Shaw per il cinema lo portò in seguito ad adattare tre delle sue opere teatrali in collaborazione con il ciarlatano rumeno [[w:Gabriel Pascal|Gabriel Pascal]]. David Mamet, nato nel 1947, tre anni prima della morte di Shaw, appartiene a una generazione cresciuta dopo che il cinema e la televisione avevano definitivamente sostituito il teatro come forme dominanti di intrattenimento pubblico. Il suo impegno principale può essere stato il palcoscenico, ma dall'inizio degli anni ’80 ha intrapreso una carriera parallela nel cinema, eguagliata solo da una manciata di drammaturghi di pari prestigio. Si pensi a [[w:Sacha Guitry|Sacha Guitry]] e [[w:Marcel Pagnol|Marcel Pagnol]] in Francia (entrambi principalmente interessati a portare le loro opere al pubblico cinematografico con la minima interferenza); a [[w:Robert E. Sherwood|Robert E. Sherwood]] negli Stati Uniti (un illustre critico cinematografico, vincitore di tre premi Pulitzer per la drammaturgia, sceneggiatore premio Oscar, autore di discorsi per Franklin Roosevelt); e a due drammaturghi britannici che Mamet ammira, [[w:Terence Rattigan|Terence Rattigan]] e [[w:Harold Pinter|Harold Pinter]]. La sua gamma di attività – come adattatore, autore di sceneggiature originali, regista e saggista riflessivo sull'arte cinematografica – è stata più ampia di quella di ognuno di questi cinque, e su una scala diversa rispetto ai suoi quasi contemporanei in Europa e America. [[w:Sam Shepard|Sam Shepard]], ad esempio, ha lavorato a lungo nel cinema come attore, ma ha adattato per il grande schermo solo una delle sue opere teatrali (''Fool for Love''), e i suoi due film come regista sono di scarsa importanza. [[w:Alan Ayckbourn|Alan Ayckbourn]] ha avuto due opere teatrali trasposte sul grande schermo, [[w:Michael Frayn|Michael Frayn]] e [[w:Tom Stoppard|Tom Stoppard]] una ciascuno, nessuna delle quali ha ottenuto alcun tipo di successo commerciale o di critica, e solo Stoppard ha diretto un film (il suo ''Rosencrantz and Guildenstern Are Dead''), sebbene abbia scritto un discreto numero di sceneggiature e abbia condiviso un Oscar per ''Shakespeare in Love''. Nel corso della produzione di una mezza dozzina di raccolte di saggi, articoli e conferenze, Mamet ha espresso la sua opinione, brevemente e/o ampiamente, su argomenti diversi come il tempo trascorso mentre la sua prima moglie girava un film ad alto budget in Canada,<ref>David Mamet, ''Writing in Restaurants'' (London: Faber and Faber, 1988), pp. 142-60.</ref> e la partecipazione al Festival di Cannes quando aveva in concorso un film con protagonista la sua seconda moglie.<ref>David Mamet, ''A Whore’s Profession'' (London: Faber and Faber, 1994), pp. 84-98.</ref> Escludendo i lavori scritti o adattati per la televisione, Mamet ha preso parte a una trentina di film. Escludendo il suo limitato contributo al thriller di Bob Rafelson ''[[w:La vedova nera (film 1987)|Black Widow]]'' (1987), in cui lo si vede brevemente a un tavolo da poker nei panni di un giocatore che mastica sigari, pubblicizzato come Herb, la sua produzione cinematografica fino ad oggi rientra in tre categorie. In primo luogo, ci sono i film adattati dalle sue opere teatrali; in secondo luogo, le nove sceneggiature che ha scritto (un paio in collaborazione) per la regia di altri; e in terzo luogo, e cinematograficamente la più significativa, la serie di film che ha scritto e diretto lui stesso. Ci sono, naturalmente, collegamenti tematici tra i tre gruppi, così come apparenti anomalie, e la qualità dei film che ha diretto personalmente è più uniforme di quelli curati da altri. I suoi primi due tentativi cinematografici furono adattamenti di romanzi hard-boiled e fu chiaramente la reputazione che si era guadagnato per i dialoghi eloquenti e realistici con il successo a Broadway del 1977 di ''American Buffalo'' a procurargli gli inviti. Il primo film fu una versione di ''[[w:Il postino suona sempre due volte (film 1981)|The Postman Always Rings Twice]]'' di [[w:James M. Cain|James M. Cain]] del 1934, diretto da [[w:Bob Rafelson|Bob Rafelson]] nel 1981; il secondo fu ''[[w:Il verdetto (film 1982)|The Verdict]]'', basato su un romanzo di [[:en:w:Barry Reed (author)|Barry Reed]] e diretto da [[w:Sidney Lumet|Sidney Lumet]]. Dodici anni prima, nessuno dei due film avrebbe potuto essere realizzato con una rappresentazione così esplicita del sesso o con l'uso di parolacce. Nel 1966, tuttavia, il nuovo presidente della Motion Picture Producers Association of America, [[w:Jack Valenti|Jack Valenti]], aveva sostituito il rigido Codice di Produzione di Hollywood con una serie di linee guida, e questa nuova libertà permise a una nuova generazione di registi emersi negli anni ’70 di forgiare un cinema che riflettesse visivamente e verbalmente la vita americana con un realismo maggiore rispetto al passato. ''The Postman Aways Rings Twice'' era stato precedentemente girato in Francia come ''[[:en:w:The Last Turning|Le Dernier Tournant]]'' (regia di [[w:Pierre Chenal|Pierre Chenal]], 1939), in Italia come ''[[w:Ossessione (film 1943)|Ossessione]]'' (regia di [[w:Luchino Visconti|Luchino Visconti]], 1942) e a Hollywood con il [[:en:w:The Postman Always Rings Twice (1946 film)|titolo originale]] (regia di [[w:Tay Garnett|Tay Garnett]], 1946). Nella versione del 1981, [[w:Jack Nicholson|Jack Nicholson]] (alla sua quarta collaborazione con il caro amico Bob Rafelson) interpreta Frank Chambers, il vagabondo dell'era della Depressione, che viene assunto come tuttofare da Nick Papadakis ([[:en:w:John Colicos|John Colicos]]), il proprietario di mezza età di un bar di servizio per camionisti in California. Ben presto diventa l'amante della giovane moglie di Nick, Cora ([[w:Jessica Lange|Jessica Lange]]), con la quale trama per uccidere Nick. Grazie all'illuminazione d'atmosfera del grande operatore svedese [[w:Sven Nykvist|Sven Nykvist]], il film possiede un'atmosfera elegiaca e blues, che attinge sia alla tristezza che all'euforia maniacale degli anni ’30. Il sesso ha una crudezza animalesca insolita a Hollywood, sebbene fosse stata in parte suggerita dagli abbracci sudati dell'adattamento di Visconti. Mamet e Rafelson migliorarono notevolmente l'apertura del romanzo di Cain, ne riscrissero gran parte dei dialoghi, spesso fioriti, e saggiamente si astennero dall'utilizzare un commento ''noir'' duro. Sorprendentemente, decisero di non usare la celebre scena in cui Cora rischia la vita in una spedizione a nuoto per mettere alla prova l'amore di Frank, e il film si conclude dopo l'assoluzione della coppia dall'omicidio di Nick, ma prima dell'arresto di Frank per l'omicidio di Cora, un crimine che non ha commesso. Di conseguenza, il film scivola verso un finale alquanto sentimentale, inferiore alla mordace ironia di Cain. Ciononostante, è un quadro di un certo pregio e un buon inizio per Mamet, il cui ''American Buffalo'' Rafelson e Nicholson ammiravano. Senza un produttore di peso alle spalle, a quanto pare, accolsero il drammaturgo come un partner alla pari,<ref>Patrick Gilligan, ''Jack’s Life'' (New York: Random House, 1994), p. 313.</ref> guardando film con lui e incoraggiandolo a studiare il libro di François Truffaut su Hitchcock. Un ulteriore vantaggio per Mamet, di tipo insolito e piuttosto toccante,<ref>David Mamet, ''True or False: Heresy and Common Sense for the Actor'' (Londra: Faber and Faber, 1998), pp. 125-127. In questo breve saggio, Mamet instaura legami affettivi con attori illustri del passato teatrale, ad esempio giocando a carte con Roland Winters (famoso per ''Charlie Chan''), chiacchierando con Lillian Gish, lavorando con Don Ameche.</ref> fu che lo zio di Rafelson, il leggendario sceneggiatore hollywoodiano [[w:Samson Raphaelson|Samson Raphaelson]] (1896-1983), lesse la sceneggiatura e, tramite il nipote, gli diede degli appunti. Raphaelson era l'autore di ''The Day of Atonement'', l'opera teatrale da cui fu tratto il primo film sonoro, ''[[w:Il cantante di jazz (film 1927)|The Jazz Singer]]'', e di diversi importanti film di [[w:Ernst Lubitsch|Ernst Lubitsch]]. Per il suo secondo film come sceneggiatore, Mamet si spostò sulla costa orientale e ai giorni nostri con ''The Verdict'', uno dei numerosi film di [[w:Sidney Lumet|Sidney Lumet]] sul diritto. L'ambientazione è una cupa Boston invernale e praticamente tutti i personaggi sono irlandesi-americani. La trama è incentrata sulla redenzione dell'avvocato alcolizzato Frank Galvin ([[w:Paul Newman|Paul Newman]]), attraverso il suo coinvolgimento con una coppia di operai che sta facendo causa a un ospedale cattolico per negligenza dopo che la somministrazione di un anestetico sbagliato ha trasformato la sorella in un vegetale umano. È una storia alla Davide e Golia con Galvin che si trova da solo contro la Chiesa, un giudice cattolico di parte e uno studio legale guidato dal più spietato avvocato di Boston, il demoniaco Ed Concannon ([[w:James Mason|James Mason]]). "Concannon’s a good man", ammette Galvin parlando con il suo anziano mentore ([[w:Jack Warden|Jack Warden]]), che gli ha affidato il caso. "Good? He’s the prince of fuckin’ darkness", risponde l'uomo con un tono riconoscibilmente mametiano. Con i suoi vari colpi di scena (la figlia di Concannon seduce Galvin, la scena finale del processo richiede l'intervento di un testimone a sorpresa) e l'artificio morale necessario per garantire un lieto fine, ''The Verdict'' rivela quel gusto sfacciato per il melodramma che sarebbe diventato una caratteristica dei numerosi film che Mamet avrebbe girato. Le riprese effettive del film andarono abbastanza lisce. I problemi erano sorti tutti in fase di pre-produzione. Dopo aver approvato la sceneggiatura di Mamet, Lumet offrì il ruolo principale a "a major star" che insistette affinché la parte venisse "fleshed out more" ma, dice Lumet, "Mamet always leaves a great deal unsaid... so he refused to do it".<ref>Sidney Lumet, ''Making Movies'' (London: Bloomsbury, 1995), pp. 39–40.</ref> Fu ingaggiato un altro sceneggiatore, poi un terzo e, dopo cinque riscritture, Francis Galvin era diventato amabile. Lumet dichiarò quindi che avrebbe diretto il film solo se i produttori ([[w:Richard D. Zanuck|Richard Zanuck]] e [[w:David Brown (produttore)|David Brown]], gli uomini responsabili di ''[[w:La stangata|The Sting]]'' e ''[[w:Lo squalo (film)|Jaws]]'') avessero accettato di tornare alla versione originale di Mamet. Il film fu mostrato a Newman che accettò immediatamente. Questa dev'essere stata un'esperienza preziosa per Mamet. Il film andò bene al botteghino e ottenne cinque nomination agli Oscar – per miglior film, regia, attore protagonista, attore non protagonista e migliore sceneggiatura non originale – che consolidarono la reputazione di Mamet come sceneggiatore. Sarebbe stato richiesto per i successivi vent'anni, con i suoi compensi che salirono a 1 milione di dollari a film. Il suo successivo incarico a Hollywood fu ''[[w:The Untouchables - Gli intoccabili|The Untouchables]]'' (1987), prodotto da [[w:Art Linson|Art Linson]], un regista indipendente di Hollywood noto per progetti fuori dagli schemi, tra cui recentemente ''[[w:Heat - La sfida|Heat]]'' di Michael Mann e ''[[w:Fight Club (film)|Fight Club]]'' di David Fincher. Il film trasse ispirazione dalla serie TV omonima, notoriamente violenta, con [[w:Robert Stack|Robert Stack]] nei panni di Eliot Ness, l'agente federale che notoriamente incastrò il boss della gang del proibizionismo Al Capone per evasione fiscale. La serie, andata in onda per 117 episodi tra il 1959 e il 1963, trattava la lotta per il potere seguita alla condanna di Capone, ma fu preceduta da un episodio pilota per lungometraggio intitolato ''[[:en:w:The Scarface Mob|The Scarface Mob]]'' (1958), con Neville Brand nei panni di Capone, trasmesso sulla televisione americana e nei cinema all'estero. Linson si rivolse a Mamet perché nutriva un profondo rispetto per il suo lavoro teatrale e pensava che un argomento così intriso del folklore di Chicago lo avrebbe affascinato. Come ricordò Linson, tuttavia,<ref>Art Linson, ''A Pound of Flesh: Perilous Tales of How to Produce Movies in Hollywood'' (London: Andr’e Deutsch, 1994), p. 6.</ref> il loro primo incontro non iniziò con una discussione sull'arte o sulla storia urbana. "Dave, don’t you think that the best career move for somebody who just won the Pulitzer Prize would be to adapt an old television series like ''The Untouchables'' for a shitload of money?" chiese Linson. "Yes I think so", rispose Mamet. Con grande stupore di Linson, Mamet stilò una sceneggiatura fattibile in un mese, sebbene ritenesse che il personaggio di Capone, che non era apparso nella serie TV perché era già in prigione, dovesse essere ampliato per attrarre una star di successo. I dirigenti della Paramount Studios nutrivano qualche dubbio sulla sceneggiatura – trovavano lo stile ellittico di Mamet artificioso e incomprensibile – ma questi furono fugati quando Brian De Palma accettò di dirigere. De Palma fu una scelta naturale dopo il successo di ''[[w:Scarface (film 1983)|Scarface]]'', la trasposizione del 1983 nella Florida contemporanea (con una faida tra narcotrafficanti cubani espatriati) del classico film di gangster degli anni ’30 di [[w:Howard Hawks|Howard Hawks]] basato sulla carriera di Al Capone. {{clear}} == Note == {{Vedi anche|:en:w:Template:David Mamet|:en:w:David_Mamet|w:David_Mamet|etichetta1=Tutte le opere di David Mamet|etichetta2=David Mamet (en)|etichetta3=David Mamet (it)|Letteratura ebraica in America|Nostalgia poetica}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|3 giugno 2025}} [[Categoria:David Mamet|Capitolo 10]] 4n4s6185oc6lqywst19suf49c5m3tfl 477349 477346 2025-06-04T20:54:22Z Monozigote 19063 /* David Mamet e i film */ testo 477349 wikitext text/x-wiki {{David Mamet}} {{Immagine grande|01XX Comedy Mask Old Slave Altes Museum anagoria.JPG|705px|}} == David Mamet e i film == {{Vedi anche|David_Mamet/Capitolo_13#Film|etichetta1=I film di Mamet (en)}} I drammaturghi iniziarono a interessarsi al cinema all'inizio del XX secolo, quando il nuovo mezzo espressivo aveva appena un decennio di vita, e sono pochi i drammaturghi che non siano stati corteggiati da un'industria cinematografica desiderosa di adattare le loro opere o di assumerli come sceneggiatori. Inizialmente, il mondo del teatro si degnò di condiscendere ai magnati del cinema in cerca di prestigio, e i risultati furono spesso insoddisfacenti. Subito dopo la Prima guerra mondiale, [[w:Samuel Goldwyn|Samuel Goldwyn]] attirò a Hollywood il premio Nobel [[w:Maurice Maeterlinck|Maurice Maeterlinck]], con conseguenze infelici, e non ebbe maggior successo con [[w:George Bernard Shaw|George Bernard Shaw]], che notoriamente rifiutò le sue proposte ("There is only one difference between Mr Goldwyn and me. Whereas he is after art, I am after money"). Tuttavia, la passione di Shaw per il cinema lo portò in seguito ad adattare tre delle sue opere teatrali in collaborazione con il ciarlatano rumeno [[w:Gabriel Pascal|Gabriel Pascal]]. David Mamet, nato nel 1947, tre anni prima della morte di Shaw, appartiene a una generazione cresciuta dopo che il cinema e la televisione avevano definitivamente sostituito il teatro come forme dominanti di intrattenimento pubblico. Il suo impegno principale può essere stato il palcoscenico, ma dall'inizio degli anni ’80 ha intrapreso una carriera parallela nel cinema, eguagliata solo da una manciata di drammaturghi di pari prestigio. Si pensi a [[w:Sacha Guitry|Sacha Guitry]] e [[w:Marcel Pagnol|Marcel Pagnol]] in Francia (entrambi principalmente interessati a portare le loro opere al pubblico cinematografico con la minima interferenza); a [[w:Robert E. Sherwood|Robert E. Sherwood]] negli Stati Uniti (un illustre critico cinematografico, vincitore di tre premi Pulitzer per la drammaturgia, sceneggiatore premio Oscar, autore di discorsi per Franklin Roosevelt); e a due drammaturghi britannici che Mamet ammira, [[w:Terence Rattigan|Terence Rattigan]] e [[w:Harold Pinter|Harold Pinter]]. La sua gamma di attività – come adattatore, autore di sceneggiature originali, regista e saggista riflessivo sull'arte cinematografica – è stata più ampia di quella di ognuno di questi cinque, e su una scala diversa rispetto ai suoi quasi contemporanei in Europa e America. [[w:Sam Shepard|Sam Shepard]], ad esempio, ha lavorato a lungo nel cinema come attore, ma ha adattato per il grande schermo solo una delle sue opere teatrali (''Fool for Love''), e i suoi due film come regista sono di scarsa importanza. [[w:Alan Ayckbourn|Alan Ayckbourn]] ha avuto due opere teatrali trasposte sul grande schermo, [[w:Michael Frayn|Michael Frayn]] e [[w:Tom Stoppard|Tom Stoppard]] una ciascuno, nessuna delle quali ha ottenuto alcun tipo di successo commerciale o di critica, e solo Stoppard ha diretto un film (il suo ''Rosencrantz and Guildenstern Are Dead''), sebbene abbia scritto un discreto numero di sceneggiature e abbia condiviso un Oscar per ''Shakespeare in Love''. Nel corso della produzione di una mezza dozzina di raccolte di saggi, articoli e conferenze, Mamet ha espresso la sua opinione, brevemente e/o ampiamente, su argomenti diversi come il tempo trascorso mentre la sua prima moglie girava un film ad alto budget in Canada,<ref>David Mamet, ''Writing in Restaurants'' (London: Faber and Faber, 1988), pp. 142-60.</ref> e la partecipazione al Festival di Cannes quando aveva in concorso un film con protagonista la sua seconda moglie.<ref>David Mamet, ''A Whore’s Profession'' (London: Faber and Faber, 1994), pp. 84-98.</ref> Escludendo i lavori scritti o adattati per la televisione, Mamet ha preso parte a una trentina di film. Escludendo il suo limitato contributo al thriller di Bob Rafelson ''[[w:La vedova nera (film 1987)|Black Widow]]'' (1987), in cui lo si vede brevemente a un tavolo da poker nei panni di un giocatore che mastica sigari, pubblicizzato come Herb, la sua produzione cinematografica fino ad oggi rientra in tre categorie. In primo luogo, ci sono i film adattati dalle sue opere teatrali; in secondo luogo, le nove sceneggiature che ha scritto (un paio in collaborazione) per la regia di altri; e in terzo luogo, e cinematograficamente la più significativa, la serie di film che ha scritto e diretto lui stesso. Ci sono, naturalmente, collegamenti tematici tra i tre gruppi, così come apparenti anomalie, e la qualità dei film che ha diretto personalmente è più uniforme di quelli curati da altri. I suoi primi due tentativi cinematografici furono adattamenti di romanzi hard-boiled e fu chiaramente la reputazione che si era guadagnato per i dialoghi eloquenti e realistici con il successo a Broadway del 1977 di ''American Buffalo'' a procurargli gli inviti. Il primo film fu una versione di ''[[w:Il postino suona sempre due volte (film 1981)|The Postman Always Rings Twice]]'' di [[w:James M. Cain|James M. Cain]] del 1934, diretto da [[w:Bob Rafelson|Bob Rafelson]] nel 1981; il secondo fu ''[[w:Il verdetto (film 1982)|The Verdict]]'', basato su un romanzo di [[:en:w:Barry Reed (author)|Barry Reed]] e diretto da [[w:Sidney Lumet|Sidney Lumet]]. Dodici anni prima, nessuno dei due film avrebbe potuto essere realizzato con una rappresentazione così esplicita del sesso o con l'uso di parolacce. Nel 1966, tuttavia, il nuovo presidente della Motion Picture Producers Association of America, [[w:Jack Valenti|Jack Valenti]], aveva sostituito il rigido Codice di Produzione di Hollywood con una serie di linee guida, e questa nuova libertà permise a una nuova generazione di registi emersi negli anni ’70 di forgiare un cinema che riflettesse visivamente e verbalmente la vita americana con un realismo maggiore rispetto al passato. ''The Postman Aways Rings Twice'' era stato precedentemente girato in Francia come ''[[:en:w:The Last Turning|Le Dernier Tournant]]'' (regia di [[w:Pierre Chenal|Pierre Chenal]], 1939), in Italia come ''[[w:Ossessione (film 1943)|Ossessione]]'' (regia di [[w:Luchino Visconti|Luchino Visconti]], 1942) e a Hollywood con il [[:en:w:The Postman Always Rings Twice (1946 film)|titolo originale]] (regia di [[w:Tay Garnett|Tay Garnett]], 1946). Nella versione del 1981, [[w:Jack Nicholson|Jack Nicholson]] (alla sua quarta collaborazione con il caro amico Bob Rafelson) interpreta Frank Chambers, il vagabondo dell'era della Depressione, che viene assunto come tuttofare da Nick Papadakis ([[:en:w:John Colicos|John Colicos]]), il proprietario di mezza età di un bar di servizio per camionisti in California. Ben presto diventa l'amante della giovane moglie di Nick, Cora ([[w:Jessica Lange|Jessica Lange]]), con la quale trama per uccidere Nick. Grazie all'illuminazione d'atmosfera del grande operatore svedese [[w:Sven Nykvist|Sven Nykvist]], il film possiede un'atmosfera elegiaca e blues, che attinge sia alla tristezza che all'euforia maniacale degli anni ’30. Il sesso ha una crudezza animalesca insolita a Hollywood, sebbene fosse stata in parte suggerita dagli abbracci sudati dell'adattamento di Visconti. Mamet e Rafelson migliorarono notevolmente l'apertura del romanzo di Cain, ne riscrissero gran parte dei dialoghi, spesso fioriti, e saggiamente si astennero dall'utilizzare un commento ''noir'' duro. Sorprendentemente, decisero di non usare la celebre scena in cui Cora rischia la vita in una spedizione a nuoto per mettere alla prova l'amore di Frank, e il film si conclude dopo l'assoluzione della coppia dall'omicidio di Nick, ma prima dell'arresto di Frank per l'omicidio di Cora, un crimine che non ha commesso. Di conseguenza, il film scivola verso un finale alquanto sentimentale, inferiore alla mordace ironia di Cain. Ciononostante, è un quadro di un certo pregio e un buon inizio per Mamet, il cui ''American Buffalo'' Rafelson e Nicholson ammiravano. Senza un produttore di peso alle spalle, a quanto pare, accolsero il drammaturgo come un partner alla pari,<ref>Patrick Gilligan, ''Jack’s Life'' (New York: Random House, 1994), p. 313.</ref> guardando film con lui e incoraggiandolo a studiare il libro di François Truffaut su Hitchcock. Un ulteriore vantaggio per Mamet, di tipo insolito e piuttosto toccante,<ref>David Mamet, ''True or False: Heresy and Common Sense for the Actor'' (Londra: Faber and Faber, 1998), pp. 125-127. In questo breve saggio, Mamet instaura legami affettivi con attori illustri del passato teatrale, ad esempio giocando a carte con Roland Winters (famoso per ''Charlie Chan''), chiacchierando con Lillian Gish, lavorando con Don Ameche.</ref> fu che lo zio di Rafelson, il leggendario sceneggiatore hollywoodiano [[w:Samson Raphaelson|Samson Raphaelson]] (1896-1983), lesse la sceneggiatura e, tramite il nipote, gli diede degli appunti. Raphaelson era l'autore di ''The Day of Atonement'', l'opera teatrale da cui fu tratto il primo film sonoro, ''[[w:Il cantante di jazz (film 1927)|The Jazz Singer]]'', e di diversi importanti film di [[w:Ernst Lubitsch|Ernst Lubitsch]]. Per il suo secondo film come sceneggiatore, Mamet si spostò sulla costa orientale e ai giorni nostri con ''The Verdict'', uno dei numerosi film di [[w:Sidney Lumet|Sidney Lumet]] sul diritto. L'ambientazione è una cupa Boston invernale e praticamente tutti i personaggi sono irlandesi-americani. La trama è incentrata sulla redenzione dell'avvocato alcolizzato Frank Galvin ([[w:Paul Newman|Paul Newman]]), attraverso il suo coinvolgimento con una coppia di operai che sta facendo causa a un ospedale cattolico per negligenza dopo che la somministrazione di un anestetico sbagliato ha trasformato la sorella in un vegetale umano. È una storia alla Davide e Golia con Galvin che si trova da solo contro la Chiesa, un giudice cattolico di parte e uno studio legale guidato dal più spietato avvocato di Boston, il demoniaco Ed Concannon ([[w:James Mason|James Mason]]). "Concannon’s a good man", ammette Galvin parlando con il suo anziano mentore ([[w:Jack Warden|Jack Warden]]), che gli ha affidato il caso. "Good? He’s the prince of fuckin’ darkness", risponde l'uomo con un tono riconoscibilmente mametiano. Con i suoi vari colpi di scena (la figlia di Concannon seduce Galvin, la scena finale del processo richiede l'intervento di un testimone a sorpresa) e l'artificio morale necessario per garantire un lieto fine, ''The Verdict'' rivela quel gusto sfacciato per il melodramma che sarebbe diventato una caratteristica dei numerosi film che Mamet avrebbe girato. Le riprese effettive del film andarono abbastanza lisce. I problemi erano sorti tutti in fase di pre-produzione. Dopo aver approvato la sceneggiatura di Mamet, Lumet offrì il ruolo principale a "a major star" che insistette affinché la parte venisse "fleshed out more" ma, dice Lumet, "Mamet always leaves a great deal unsaid... so he refused to do it".<ref>Sidney Lumet, ''Making Movies'' (London: Bloomsbury, 1995), pp. 39–40.</ref> Fu ingaggiato un altro sceneggiatore, poi un terzo e, dopo cinque riscritture, Francis Galvin era diventato amabile. Lumet dichiarò quindi che avrebbe diretto il film solo se i produttori ([[w:Richard D. Zanuck|Richard Zanuck]] e [[w:David Brown (produttore)|David Brown]], gli uomini responsabili di ''[[w:La stangata|The Sting]]'' e ''[[w:Lo squalo (film)|Jaws]]'') avessero accettato di tornare alla versione originale di Mamet. Il film fu mostrato a Newman che accettò immediatamente. Questa dev'essere stata un'esperienza preziosa per Mamet. Il film andò bene al botteghino e ottenne cinque nomination agli Oscar – per miglior film, regia, attore protagonista, attore non protagonista e migliore sceneggiatura non originale – che consolidarono la reputazione di Mamet come sceneggiatore. Sarebbe stato richiesto per i successivi vent'anni, con i suoi compensi che salirono a 1 milione di dollari a film. Il suo successivo incarico a Hollywood fu ''[[w:The Untouchables - Gli intoccabili|The Untouchables]]'' (1987), prodotto da [[w:Art Linson|Art Linson]], un regista indipendente di Hollywood noto per progetti fuori dagli schemi, tra cui recentemente ''[[w:Heat - La sfida|Heat]]'' di Michael Mann e ''[[w:Fight Club (film)|Fight Club]]'' di David Fincher. Il film trasse ispirazione dalla serie TV omonima, notoriamente violenta, con [[w:Robert Stack|Robert Stack]] nei panni di Eliot Ness, l'agente federale che notoriamente incastrò il boss della gang del proibizionismo Al Capone per evasione fiscale. La serie, andata in onda per 117 episodi tra il 1959 e il 1963, trattava la lotta per il potere seguita alla condanna di Capone, ma fu preceduta da un episodio pilota per lungometraggio intitolato ''[[:en:w:The Scarface Mob|The Scarface Mob]]'' (1958), con Neville Brand nei panni di Capone, trasmesso sulla televisione americana e nei cinema all'estero. Linson si rivolse a Mamet perché nutriva un profondo rispetto per il suo lavoro teatrale e pensava che un argomento così intriso del folklore di Chicago lo avrebbe affascinato. Come ricordò Linson, tuttavia,<ref>Art Linson, ''A Pound of Flesh: Perilous Tales of How to Produce Movies in Hollywood'' (London: Andr’e Deutsch, 1994), p. 6.</ref> il loro primo incontro non iniziò con una discussione sull'arte o sulla storia urbana. "Dave, don’t you think that the best career move for somebody who just won the Pulitzer Prize would be to adapt an old television series like ''The Untouchables'' for a shitload of money?" chiese Linson. "Yes I think so", rispose Mamet. Con grande stupore di Linson, Mamet stilò una sceneggiatura fattibile in un mese, sebbene ritenesse che il personaggio di Capone, che non era apparso nella serie TV perché era già in prigione, dovesse essere ampliato per attrarre una star di successo. I dirigenti della Paramount Studios nutrivano qualche dubbio sulla sceneggiatura – trovavano lo stile ellittico di Mamet artificioso e incomprensibile – ma questi furono fugati quando Brian De Palma accettò di dirigere. De Palma fu una scelta naturale dopo il successo di ''[[w:Scarface (film 1983)|Scarface]]'', la trasposizione del 1983 nella Florida contemporanea (con una faida tra narcotrafficanti cubani espatriati) del classico film di gangster degli anni ’30 di [[w:Howard Hawks|Howard Hawks]] basato sulla carriera di Al Capone. Il trattamento di Mamet è più vicino a un altro film di Howard Hawks, il western ''[[w:Un dollaro d'onore|Rio Bravo]]'' del 1959, che a ''Scarface'', in quanto racconta la storia di quattro uomini integerrimi riuniti per affrontare un nemico malvagio. Sono il retto Eliot Ness ([[w:Kevin Costner|Kevin Costner]] nel ruolo che lo rese una star di spicco nella tradizione tipicamente americana di Gary Cooper e James Stewart), il poliziotto irlandese-americano di mezza età Malone ([[w:Sean Connery|Sean Connery]] nella parte premiata con l'Oscar che gli ripristinò la fortuna in declino), il fifone contabile con gli occhiali con montatura d'acciaio Wallace ([[w:Charles Martin Smith|Charles Martin Smith]]) e l'entusiasta poliziotto italoamericano Stone ([[w:Andy Garcia|Andy Garcia]]). A parte Ness, Al Capone (un formidabile e minaccioso [[w:Robert De Niro|Robert De Niro]]) e il sicario della malavita Frank Nitti ([[w:Billy Drago|Billy Drago]]), i personaggi sono invenzioni di Mamet e, a parte il tema centrale di un agente del Tesoro statunitense che abbatte il gangster più temibile d'America, la storia è in gran parte inventata. I due temi principali del film sono il sangue e l'alcol. Il colore rosso è associato in tutto il film a Capone che, quando non è effettivamente coinvolto in spargimenti di sangue, è costantemente circondato da persone vestite di rosso. Lo spargimento di sangue è, ovviamente, causato dal commercio di alcolici illegali, e l'alcol fa parte del quadro morale del film. La prima vittima del film è una bambina, fatta saltare in aria in un bar clandestino mentre era in giro a comprare della birra per i suoi genitori. "“We must be pure", dice il moralista Ness alla sua squadra, e due di loro vengono uccisi subito dopo aver toccato l'alcol. Quando gli viene chiesto cosa farà alla fine del proibizionismo, Ness risponde: "Have a drink". ''The Untouchables'' è un film operistico di grande stile, con costumi di Giorgio Armani e una magnifica colonna sonora di [[w:Ennio Morricone|Ennio Morricone]]. Raggiunge il suo apice in una sequenza in gran parte al rallentatore di una madre e un bambino la cui carrozzina si ritrova nel mezzo del fuoco incrociato tra Ness e gli uomini armati di Capone sulle scale della grandiosa Union Station di Chicago. Questa scena è un omaggio a ''[[w:La corazzata Potëmkin|La corazzata Potëmkin]]'' di [[w:Sergej Michajlovič Ėjzenštejn|Eisenstein]] ed è priva di dialoghi, come anche quella in cui Nitti sussurra a Capone la notizia della morte di Malone e il primo piano senza parole di De Niro registra tutto ciò che c'è da dire. Queste scene sono un omaggio all'integrità e al buon senso di Linson e De Palma. Quando Mamet intraprese il suo primo film, ''[[w:La casa dei giochi|House of Games]]'', si rifiutò di continuare a lavorare su ''The Untouchables''. Così limitarono le loro aggiunte principali a scene che non comportavano tentativi di scrivere dialoghi alla maniera di Mamet.<ref>''Ibid.'', pp. 74–5.</ref> Mamet apprezzò l'economia verbale; in diverse occasioni ha citato il motto di Hemingway: "To write the best story you can, take out the good lines". Mamet lavorò di nuovo con De Niro e Art Linson per il suo successivo film hollywoodiano, un remake del film del 1954 ''[[:en:w:We're No Angels (1955 film)|We’re No Angels]]'', una versione della commedia francese ambientata nei boulevard ''La Cuisine des Anges'' di [[:en:w:Albert Husson|Albert Husson]]. La versione del 1954 vedeva [[w:Humphrey Bogart|Humphrey Bogart]], [[w:Peter Ustinov|Peter Ustinov]] e [[w:Aldo Ray|Peter Ustinov]] nei panni di tre affascinanti evasi che aiutano una famiglia in difficoltà nella Guyana francese degli anni ’30. Era una commedia sentimentale elaborata, diretta con insolita goffaggine da [[w:Michael Curtiz|Michael Curtiz]] verso la fine della sua prolifica carriera, e non venne migliorata da Mamet e dal talentuoso regista irlandese [[w:Neil Jordan|Neil Jordan]], il cui primo film americano fu proprio questo. Il loro ''[[w:Non siamo angeli (film 1989)|We’re No Angels]]'' (1989) sposta l'ambientazione al confine tra il Canada e l'Upper New York State nel 1935, e inizia come una parodia pesante e non priva di divertimento di un vecchio film della Warner Brothers "Big House" con Ray McAnally nei panni del direttore di un brutale penitenziario. I detenuti eroi – ora ridotti a due, Ned (De Niro) e Jim ([[w:Sean Penn|Sean Penn]]) – sono piccoli ladri costretti ad unirsi a un criminale psicotico ([[w:James Russo|James Russo]]) in un tentativo di fuga. Al confine canadese, pesantemente sorvegliato, vengono scambiati per una coppia di teologi cattolici innovativi dal capo chiaramente demente di una comunità religiosa locale, e si rifugiano nel suo monastero travestiti da preti. Decidono quindi di unirsi a una processione cattolica verso un luogo di guarigione oltre confine, portando con sé come copertura la figlia sordomuta di una prostituta locale dal cuore d'oro ([[w:Demi Moore|Demi Moore]]). Nel successivo imbroglio vengono ricattati dal folle detenuto con cui sono fuggiti, e Jim decide di rimanere con i monaci mentre Ned attraversa il confine per entrare in Canada con Moore, la cui figlia ha miracolosamente riacquistato la parola. L'aspetto cattolico probabilmente ha attratto Jordan, sebbene ciò che Mamet ha visto nel progetto – al di là di alcuni tristi miserabili che cercano di sopravvivere – sia tutt'altro che ovvio. Il risultato è a dir poco disastroso. De Niro e Penn recitano in un modo idiota e sarcastico che ricorda i [[w:I tre marmittoni|Three Stooges]], e le battute del film sul cattolicesimo sono pesantemente farsesche e imbarazzantemente religiose. La resiliente eroina da Grande Depressione interpretata da Demi Moore è il principale elemento di riscatto. Il film successivo di Mamet come sceneggiatore (e anche produttore associato), ''[[w:Hoffa - Santo o mafioso?|Hoffa]]'', lo riunì con Jack Nicholson e fu diretto (il suo terzo film) dal diminutivo caratterista [[w:Danny DeVito|Danny DeVito]]. Hollywood è sempre stata diffidente nei confronti dei film sul lavoro organizzato, non solo per il coinvolgimento delle grandi case di produzione con i sindacati, sia onesti che corrotti, ma anche perché il pubblico li ha sempre rifiutati. L'esempio più recente prima di ''Hoffa'' è stato ''[[w:F.I.S.T.|F.I.S.T.]]'' (1978) con [[w:Sylvester Stallone|Sylvester Stallone]], un resoconto violento e romanzato della corruzione di un leader idealista del sindacato dei camionisti, chiaramente [[w:Jimmy Hoffa|Jimmy Hoffa]]. ''Hoffa'' (1992) abbandona la patina di finzione. È una biografia diretta di Jimmy Hoffa, lo spietato capo del corrotto sindacato dei camionisti, mandato in prigione nel 1967 per intralcio alla giuria, rilasciato dal presidente Nixon nel 1971 per aiutarlo nella campagna di rielezione e visto l'ultima volta nel 1975. È ancora ufficialmente una persona scomparsa, anche se si presume sia stato sepolto dalla mafia sotto un cavalcavia del Midwest. {{clear}} == Note == {{Vedi anche|:en:w:Template:David Mamet|:en:w:David_Mamet|w:David_Mamet|etichetta1=Tutte le opere di David Mamet|etichetta2=David Mamet (en)|etichetta3=David Mamet (it)|Letteratura ebraica in America|Nostalgia poetica}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|3 giugno 2025}} [[Categoria:David Mamet|Capitolo 10]] k9b18c1zqkf8ihfblw1pkhkouw8jeop 477350 477349 2025-06-04T21:20:22Z Monozigote 19063 /* David Mamet e i film */ testo 477350 wikitext text/x-wiki {{David Mamet}} {{Immagine grande|01XX Comedy Mask Old Slave Altes Museum anagoria.JPG|705px|}} == David Mamet e i film == {{Vedi anche|David_Mamet/Capitolo_13#Film|etichetta1=I film di Mamet (en)}} I drammaturghi iniziarono a interessarsi al cinema all'inizio del XX secolo, quando il nuovo mezzo espressivo aveva appena un decennio di vita, e sono pochi i drammaturghi che non siano stati corteggiati da un'industria cinematografica desiderosa di adattare le loro opere o di assumerli come sceneggiatori. Inizialmente, il mondo del teatro si degnò di condiscendere ai magnati del cinema in cerca di prestigio, e i risultati furono spesso insoddisfacenti. Subito dopo la Prima guerra mondiale, [[w:Samuel Goldwyn|Samuel Goldwyn]] attirò a Hollywood il premio Nobel [[w:Maurice Maeterlinck|Maurice Maeterlinck]], con conseguenze infelici, e non ebbe maggior successo con [[w:George Bernard Shaw|George Bernard Shaw]], che notoriamente rifiutò le sue proposte ("There is only one difference between Mr Goldwyn and me. Whereas he is after art, I am after money"). Tuttavia, la passione di Shaw per il cinema lo portò in seguito ad adattare tre delle sue opere teatrali in collaborazione con il ciarlatano rumeno [[w:Gabriel Pascal|Gabriel Pascal]]. David Mamet, nato nel 1947, tre anni prima della morte di Shaw, appartiene a una generazione cresciuta dopo che il cinema e la televisione avevano definitivamente sostituito il teatro come forme dominanti di intrattenimento pubblico. Il suo impegno principale può essere stato il palcoscenico, ma dall'inizio degli anni ’80 ha intrapreso una carriera parallela nel cinema, eguagliata solo da una manciata di drammaturghi di pari prestigio. Si pensi a [[w:Sacha Guitry|Sacha Guitry]] e [[w:Marcel Pagnol|Marcel Pagnol]] in Francia (entrambi principalmente interessati a portare le loro opere al pubblico cinematografico con la minima interferenza); a [[w:Robert E. Sherwood|Robert E. Sherwood]] negli Stati Uniti (un illustre critico cinematografico, vincitore di tre premi Pulitzer per la drammaturgia, sceneggiatore premio Oscar, autore di discorsi per Franklin Roosevelt); e a due drammaturghi britannici che Mamet ammira, [[w:Terence Rattigan|Terence Rattigan]] e [[w:Harold Pinter|Harold Pinter]]. La sua gamma di attività – come adattatore, autore di sceneggiature originali, regista e saggista riflessivo sull'arte cinematografica – è stata più ampia di quella di ognuno di questi cinque, e su una scala diversa rispetto ai suoi quasi contemporanei in Europa e America. [[w:Sam Shepard|Sam Shepard]], ad esempio, ha lavorato a lungo nel cinema come attore, ma ha adattato per il grande schermo solo una delle sue opere teatrali (''Fool for Love''), e i suoi due film come regista sono di scarsa importanza. [[w:Alan Ayckbourn|Alan Ayckbourn]] ha avuto due opere teatrali trasposte sul grande schermo, [[w:Michael Frayn|Michael Frayn]] e [[w:Tom Stoppard|Tom Stoppard]] una ciascuno, nessuna delle quali ha ottenuto alcun tipo di successo commerciale o di critica, e solo Stoppard ha diretto un film (il suo ''Rosencrantz and Guildenstern Are Dead''), sebbene abbia scritto un discreto numero di sceneggiature e abbia condiviso un Oscar per ''Shakespeare in Love''. Nel corso della produzione di una mezza dozzina di raccolte di saggi, articoli e conferenze, Mamet ha espresso la sua opinione, brevemente e/o ampiamente, su argomenti diversi come il tempo trascorso mentre la sua prima moglie girava un film ad alto budget in Canada,<ref>David Mamet, ''Writing in Restaurants'' (London: Faber and Faber, 1988), pp. 142-60.</ref> e la partecipazione al Festival di Cannes quando aveva in concorso un film con protagonista la sua seconda moglie.<ref>David Mamet, ''A Whore’s Profession'' (London: Faber and Faber, 1994), pp. 84-98.</ref> Escludendo i lavori scritti o adattati per la televisione, Mamet ha preso parte a una trentina di film. Escludendo il suo limitato contributo al thriller di Bob Rafelson ''[[w:La vedova nera (film 1987)|Black Widow]]'' (1987), in cui lo si vede brevemente a un tavolo da poker nei panni di un giocatore che mastica sigari, pubblicizzato come Herb, la sua produzione cinematografica fino ad oggi rientra in tre categorie. In primo luogo, ci sono i film adattati dalle sue opere teatrali; in secondo luogo, le nove sceneggiature che ha scritto (un paio in collaborazione) per la regia di altri; e in terzo luogo, e cinematograficamente la più significativa, la serie di film che ha scritto e diretto lui stesso. Ci sono, naturalmente, collegamenti tematici tra i tre gruppi, così come apparenti anomalie, e la qualità dei film che ha diretto personalmente è più uniforme di quelli curati da altri. I suoi primi due tentativi cinematografici furono adattamenti di romanzi hard-boiled e fu chiaramente la reputazione che si era guadagnato per i dialoghi eloquenti e realistici con il successo a Broadway del 1977 di ''American Buffalo'' a procurargli gli inviti. Il primo film fu una versione di ''[[w:Il postino suona sempre due volte (film 1981)|The Postman Always Rings Twice]]'' di [[w:James M. Cain|James M. Cain]] del 1934, diretto da [[w:Bob Rafelson|Bob Rafelson]] nel 1981; il secondo fu ''[[w:Il verdetto (film 1982)|The Verdict]]'', basato su un romanzo di [[:en:w:Barry Reed (author)|Barry Reed]] e diretto da [[w:Sidney Lumet|Sidney Lumet]]. Dodici anni prima, nessuno dei due film avrebbe potuto essere realizzato con una rappresentazione così esplicita del sesso o con l'uso di parolacce. Nel 1966, tuttavia, il nuovo presidente della Motion Picture Producers Association of America, [[w:Jack Valenti|Jack Valenti]], aveva sostituito il rigido Codice di Produzione di Hollywood con una serie di linee guida, e questa nuova libertà permise a una nuova generazione di registi emersi negli anni ’70 di forgiare un cinema che riflettesse visivamente e verbalmente la vita americana con un realismo maggiore rispetto al passato. ''The Postman Aways Rings Twice'' era stato precedentemente girato in Francia come ''[[:en:w:The Last Turning|Le Dernier Tournant]]'' (regia di [[w:Pierre Chenal|Pierre Chenal]], 1939), in Italia come ''[[w:Ossessione (film 1943)|Ossessione]]'' (regia di [[w:Luchino Visconti|Luchino Visconti]], 1942) e a Hollywood con il [[:en:w:The Postman Always Rings Twice (1946 film)|titolo originale]] (regia di [[w:Tay Garnett|Tay Garnett]], 1946). Nella versione del 1981, [[w:Jack Nicholson|Jack Nicholson]] (alla sua quarta collaborazione con il caro amico Bob Rafelson) interpreta Frank Chambers, il vagabondo dell'era della Depressione, che viene assunto come tuttofare da Nick Papadakis ([[:en:w:John Colicos|John Colicos]]), il proprietario di mezza età di un bar di servizio per camionisti in California. Ben presto diventa l'amante della giovane moglie di Nick, Cora ([[w:Jessica Lange|Jessica Lange]]), con la quale trama per uccidere Nick. Grazie all'illuminazione d'atmosfera del grande operatore svedese [[w:Sven Nykvist|Sven Nykvist]], il film possiede un'atmosfera elegiaca e blues, che attinge sia alla tristezza che all'euforia maniacale degli anni ’30. Il sesso ha una crudezza animalesca insolita a Hollywood, sebbene fosse stata in parte suggerita dagli abbracci sudati dell'adattamento di Visconti. Mamet e Rafelson migliorarono notevolmente l'apertura del romanzo di Cain, ne riscrissero gran parte dei dialoghi, spesso fioriti, e saggiamente si astennero dall'utilizzare un commento ''noir'' duro. Sorprendentemente, decisero di non usare la celebre scena in cui Cora rischia la vita in una spedizione a nuoto per mettere alla prova l'amore di Frank, e il film si conclude dopo l'assoluzione della coppia dall'omicidio di Nick, ma prima dell'arresto di Frank per l'omicidio di Cora, un crimine che non ha commesso. Di conseguenza, il film scivola verso un finale alquanto sentimentale, inferiore alla mordace ironia di Cain. Ciononostante, è un quadro di un certo pregio e un buon inizio per Mamet, il cui ''American Buffalo'' Rafelson e Nicholson ammiravano. Senza un produttore di peso alle spalle, a quanto pare, accolsero il drammaturgo come un partner alla pari,<ref>Patrick Gilligan, ''Jack’s Life'' (New York: Random House, 1994), p. 313.</ref> guardando film con lui e incoraggiandolo a studiare il libro di François Truffaut su Hitchcock. Un ulteriore vantaggio per Mamet, di tipo insolito e piuttosto toccante,<ref>David Mamet, ''True or False: Heresy and Common Sense for the Actor'' (Londra: Faber and Faber, 1998), pp. 125-127. In questo breve saggio, Mamet instaura legami affettivi con attori illustri del passato teatrale, ad esempio giocando a carte con Roland Winters (famoso per ''Charlie Chan''), chiacchierando con Lillian Gish, lavorando con Don Ameche.</ref> fu che lo zio di Rafelson, il leggendario sceneggiatore hollywoodiano [[w:Samson Raphaelson|Samson Raphaelson]] (1896-1983), lesse la sceneggiatura e, tramite il nipote, gli diede degli appunti. Raphaelson era l'autore di ''The Day of Atonement'', l'opera teatrale da cui fu tratto il primo film sonoro, ''[[w:Il cantante di jazz (film 1927)|The Jazz Singer]]'', e di diversi importanti film di [[w:Ernst Lubitsch|Ernst Lubitsch]]. Per il suo secondo film come sceneggiatore, Mamet si spostò sulla costa orientale e ai giorni nostri con ''The Verdict'', uno dei numerosi film di [[w:Sidney Lumet|Sidney Lumet]] sul diritto. L'ambientazione è una cupa Boston invernale e praticamente tutti i personaggi sono irlandesi-americani. La trama è incentrata sulla redenzione dell'avvocato alcolizzato Frank Galvin ([[w:Paul Newman|Paul Newman]]), attraverso il suo coinvolgimento con una coppia di operai che sta facendo causa a un ospedale cattolico per negligenza dopo che la somministrazione di un anestetico sbagliato ha trasformato la sorella in un vegetale umano. È una storia alla Davide e Golia con Galvin che si trova da solo contro la Chiesa, un giudice cattolico di parte e uno studio legale guidato dal più spietato avvocato di Boston, il demoniaco Ed Concannon ([[w:James Mason|James Mason]]). "Concannon’s a good man", ammette Galvin parlando con il suo anziano mentore ([[w:Jack Warden|Jack Warden]]), che gli ha affidato il caso. "Good? He’s the prince of fuckin’ darkness", risponde l'uomo con un tono riconoscibilmente mametiano. Con i suoi vari colpi di scena (la figlia di Concannon seduce Galvin, la scena finale del processo richiede l'intervento di un testimone a sorpresa) e l'artificio morale necessario per garantire un lieto fine, ''The Verdict'' rivela quel gusto sfacciato per il melodramma che sarebbe diventato una caratteristica dei numerosi film che Mamet avrebbe girato. Le riprese effettive del film andarono abbastanza lisce. I problemi erano sorti tutti in fase di pre-produzione. Dopo aver approvato la sceneggiatura di Mamet, Lumet offrì il ruolo principale a "a major star" che insistette affinché la parte venisse "fleshed out more" ma, dice Lumet, "Mamet always leaves a great deal unsaid... so he refused to do it".<ref>Sidney Lumet, ''Making Movies'' (London: Bloomsbury, 1995), pp. 39–40.</ref> Fu ingaggiato un altro sceneggiatore, poi un terzo e, dopo cinque riscritture, Francis Galvin era diventato amabile. Lumet dichiarò quindi che avrebbe diretto il film solo se i produttori ([[w:Richard D. Zanuck|Richard Zanuck]] e [[w:David Brown (produttore)|David Brown]], gli uomini responsabili di ''[[w:La stangata|The Sting]]'' e ''[[w:Lo squalo (film)|Jaws]]'') avessero accettato di tornare alla versione originale di Mamet. Il film fu mostrato a Newman che accettò immediatamente. Questa dev'essere stata un'esperienza preziosa per Mamet. Il film andò bene al botteghino e ottenne cinque nomination agli Oscar – per miglior film, regia, attore protagonista, attore non protagonista e migliore sceneggiatura non originale – che consolidarono la reputazione di Mamet come sceneggiatore. Sarebbe stato richiesto per i successivi vent'anni, con i suoi compensi che salirono a 1 milione di dollari a film. Il suo successivo incarico a Hollywood fu ''[[w:The Untouchables - Gli intoccabili|The Untouchables]]'' (1987), prodotto da [[w:Art Linson|Art Linson]], un regista indipendente di Hollywood noto per progetti fuori dagli schemi, tra cui recentemente ''[[w:Heat - La sfida|Heat]]'' di Michael Mann e ''[[w:Fight Club (film)|Fight Club]]'' di David Fincher. Il film trasse ispirazione dalla serie TV omonima, notoriamente violenta, con [[w:Robert Stack|Robert Stack]] nei panni di Eliot Ness, l'agente federale che notoriamente incastrò il boss della gang del proibizionismo Al Capone per evasione fiscale. La serie, andata in onda per 117 episodi tra il 1959 e il 1963, trattava la lotta per il potere seguita alla condanna di Capone, ma fu preceduta da un episodio pilota per lungometraggio intitolato ''[[:en:w:The Scarface Mob|The Scarface Mob]]'' (1958), con Neville Brand nei panni di Capone, trasmesso sulla televisione americana e nei cinema all'estero. Linson si rivolse a Mamet perché nutriva un profondo rispetto per il suo lavoro teatrale e pensava che un argomento così intriso del folklore di Chicago lo avrebbe affascinato. Come ricordò Linson, tuttavia,<ref>Art Linson, ''A Pound of Flesh: Perilous Tales of How to Produce Movies in Hollywood'' (London: Andr’e Deutsch, 1994), p. 6.</ref> il loro primo incontro non iniziò con una discussione sull'arte o sulla storia urbana. "Dave, don’t you think that the best career move for somebody who just won the Pulitzer Prize would be to adapt an old television series like ''The Untouchables'' for a shitload of money?" chiese Linson. "Yes I think so", rispose Mamet. Con grande stupore di Linson, Mamet stilò una sceneggiatura fattibile in un mese, sebbene ritenesse che il personaggio di Capone, che non era apparso nella serie TV perché era già in prigione, dovesse essere ampliato per attrarre una star di successo. I dirigenti della Paramount Studios nutrivano qualche dubbio sulla sceneggiatura – trovavano lo stile ellittico di Mamet artificioso e incomprensibile – ma questi furono fugati quando Brian De Palma accettò di dirigere. De Palma fu una scelta naturale dopo il successo di ''[[w:Scarface (film 1983)|Scarface]]'', la trasposizione del 1983 nella Florida contemporanea (con una faida tra narcotrafficanti cubani espatriati) del classico film di gangster degli anni ’30 di [[w:Howard Hawks|Howard Hawks]] basato sulla carriera di Al Capone. Il trattamento di Mamet è più vicino a un altro film di Howard Hawks, il western ''[[w:Un dollaro d'onore|Rio Bravo]]'' del 1959, che a ''Scarface'', in quanto racconta la storia di quattro uomini integerrimi riuniti per affrontare un nemico malvagio. Sono il retto Eliot Ness ([[w:Kevin Costner|Kevin Costner]] nel ruolo che lo rese una star di spicco nella tradizione tipicamente americana di Gary Cooper e James Stewart), il poliziotto irlandese-americano di mezza età Malone ([[w:Sean Connery|Sean Connery]] nella parte premiata con l'Oscar che gli ripristinò la fortuna in declino), il fifone contabile con gli occhiali con montatura d'acciaio Wallace ([[w:Charles Martin Smith|Charles Martin Smith]]) e l'entusiasta poliziotto italoamericano Stone ([[w:Andy Garcia|Andy Garcia]]). A parte Ness, Al Capone (un formidabile e minaccioso [[w:Robert De Niro|Robert De Niro]]) e il sicario della malavita Frank Nitti ([[w:Billy Drago|Billy Drago]]), i personaggi sono invenzioni di Mamet e, a parte il tema centrale di un agente del Tesoro statunitense che abbatte il gangster più temibile d'America, la storia è in gran parte inventata. I due temi principali del film sono il sangue e l'alcol. Il colore rosso è associato in tutto il film a Capone che, quando non è effettivamente coinvolto in spargimenti di sangue, è costantemente circondato da persone vestite di rosso. Lo spargimento di sangue è, ovviamente, causato dal commercio di alcolici illegali, e l'alcol fa parte del quadro morale del film. La prima vittima del film è una bambina, fatta saltare in aria in un bar clandestino mentre era in giro a comprare della birra per i suoi genitori. "“We must be pure", dice il moralista Ness alla sua squadra, e due di loro vengono uccisi subito dopo aver toccato l'alcol. Quando gli viene chiesto cosa farà alla fine del proibizionismo, Ness risponde: "Have a drink". ''The Untouchables'' è un film operistico di grande stile, con costumi di Giorgio Armani e una magnifica colonna sonora di [[w:Ennio Morricone|Ennio Morricone]]. Raggiunge il suo apice in una sequenza in gran parte al rallentatore di una madre e un bambino la cui carrozzina si ritrova nel mezzo del fuoco incrociato tra Ness e gli uomini armati di Capone sulle scale della grandiosa Union Station di Chicago. Questa scena è un omaggio a ''[[w:La corazzata Potëmkin|La corazzata Potëmkin]]'' di [[w:Sergej Michajlovič Ėjzenštejn|Eisenstein]] ed è priva di dialoghi, come anche quella in cui Nitti sussurra a Capone la notizia della morte di Malone e il primo piano senza parole di De Niro registra tutto ciò che c'è da dire. Queste scene sono un omaggio all'integrità e al buon senso di Linson e De Palma. Quando Mamet intraprese il suo primo film, ''[[w:La casa dei giochi|House of Games]]'', si rifiutò di continuare a lavorare su ''The Untouchables''. Così limitarono le loro aggiunte principali a scene che non comportavano tentativi di scrivere dialoghi alla maniera di Mamet.<ref>''Ibid.'', pp. 74–5.</ref> Mamet apprezzò l'economia verbale; in diverse occasioni ha citato il motto di Hemingway: "To write the best story you can, take out the good lines". Mamet lavorò di nuovo con De Niro e Art Linson per il suo successivo film hollywoodiano, un remake del film del 1954 ''[[:en:w:We're No Angels (1955 film)|We’re No Angels]]'', una versione della commedia francese ambientata nei boulevard ''La Cuisine des Anges'' di [[:en:w:Albert Husson|Albert Husson]]. La versione del 1954 vedeva [[w:Humphrey Bogart|Humphrey Bogart]], [[w:Peter Ustinov|Peter Ustinov]] e [[w:Aldo Ray|Peter Ustinov]] nei panni di tre affascinanti evasi che aiutano una famiglia in difficoltà nella Guyana francese degli anni ’30. Era una commedia sentimentale elaborata, diretta con insolita goffaggine da [[w:Michael Curtiz|Michael Curtiz]] verso la fine della sua prolifica carriera, e non venne migliorata da Mamet e dal talentuoso regista irlandese [[w:Neil Jordan|Neil Jordan]], il cui primo film americano fu proprio questo. Il loro ''[[w:Non siamo angeli (film 1989)|We’re No Angels]]'' (1989) sposta l'ambientazione al confine tra il Canada e l'Upper New York State nel 1935, e inizia come una parodia pesante e non priva di divertimento di un vecchio film della Warner Brothers "Big House" con [[w:Ray McAnally|Ray McAnally]] nei panni del direttore di un brutale penitenziario. I detenuti eroi – ora ridotti a due, Ned (De Niro) e Jim ([[w:Sean Penn|Sean Penn]]) – sono piccoli ladri costretti ad unirsi a un criminale psicotico ([[w:James Russo|James Russo]]) in un tentativo di fuga. Al confine canadese, pesantemente sorvegliato, vengono scambiati per una coppia di teologi cattolici innovativi dal capo chiaramente demente di una comunità religiosa locale, e si rifugiano nel suo monastero travestiti da preti. Decidono quindi di unirsi a una processione cattolica verso un luogo di guarigione oltre confine, portando con sé come copertura la figlia sordomuta di una prostituta locale dal cuore d'oro ([[w:Demi Moore|Demi Moore]]). Nel successivo imbroglio vengono ricattati dal folle detenuto con cui sono fuggiti, e Jim decide di rimanere con i monaci mentre Ned attraversa il confine per entrare in Canada con Moore, la cui figlia ha miracolosamente riacquistato la parola. L'aspetto cattolico probabilmente ha attratto Jordan, sebbene ciò che Mamet ha visto nel progetto – al di là di alcuni tristi miserabili che cercano di sopravvivere – sia tutt'altro che ovvio. Il risultato è a dir poco disastroso. De Niro e Penn recitano in un modo idiota e sarcastico che ricorda i [[w:I tre marmittoni|Three Stooges]], e le battute del film sul cattolicesimo sono pesantemente farsesche e imbarazzantemente religiose. La resiliente eroina da Grande Depressione interpretata da Demi Moore è il principale elemento di riscatto. Il film successivo di Mamet come sceneggiatore (e anche produttore associato), ''[[w:Hoffa - Santo o mafioso?|Hoffa]]'', lo riunì con Jack Nicholson e fu diretto (il suo terzo film) dal diminutivo caratterista [[w:Danny DeVito|Danny DeVito]]. Hollywood è sempre stata diffidente nei confronti dei film sul lavoro organizzato, non solo per il coinvolgimento delle grandi case di produzione con i sindacati, sia onesti che corrotti, ma anche perché il pubblico li ha sempre rifiutati. L'esempio più recente prima di ''Hoffa'' è stato ''[[w:F.I.S.T.|F.I.S.T.]]'' (1978) con [[w:Sylvester Stallone|Sylvester Stallone]], un resoconto violento e romanzato della corruzione di un leader idealista del sindacato dei camionisti, chiaramente [[w:Jimmy Hoffa|Jimmy Hoffa]]. ''Hoffa'' (1992) abbandona la patina di finzione. È una biografia diretta di Jimmy Hoffa, lo spietato capo del corrotto sindacato dei camionisti, mandato in prigione nel 1967 per intralcio alla giuria, rilasciato dal presidente Nixon nel 1971 per aiutarlo nella campagna di rielezione e visto l'ultima volta nel 1975. È ancora ufficialmente una persona scomparsa, anche se si presume sia stato sepolto dalla mafia sotto un cavalcavia del Midwest. Indubbiamente Mamet, Nicholson e De Vito erano romanticamente attratti da questo duro e amorale oppositore dell'establishment americano. Erano determinati a presentare in una luce positiva un outsider operaio, un prodotto del Midwest e del melting-pot etnico, demonizzato dalla classe media e idolatrato – nonostante le sue depredazioni – dai camionisti di strada da cui era emerso. Il film è un po' come ''The Untouchables'', riscritto in modo che Al Capone fosse il rappresentante del vero spirito americano e la sua nemesi dell'alta società, l'avvocato militante [[w:Robert Kennedy|Robert Kennedy]] (interpretato da [[w:Kevin Anderson (attore)|Kevin Anderson]] nei panni di un ticchioso nevrotico), un vendicativo benefattore. Il film si svolge in flashback mentre lo stanco sessantaduenne Hoffa (un Jack Nicholson pesantemente protesizzato) e il suo assistente Bobby (De Vito) si abbandonano ai ricordi nel parcheggio di un diner di Detroit nell'aprile del 1975, in attesa di un rappresentante della mafia, che si rivelerà chiaramente la Morte. La crescita di Hoffa da camionista a leader è ripercorsa in un clima di repressione e violenza che ne riconosce il coraggio e la crescente competenza politica, così come ne riconosce l'arroganza e la crudeltà. Il problema di questo film così vivido è il modo in cui sorvola sullo sviluppo personale e sulla vita familiare di Hoffa, ignorando completamente il coinvolgimento della moglie come direttrice discutibile di aziende fasulle e camuffando il contesto politico e industriale di una carriera quarantennale. In definitiva, ciò di cui soffre il film è un sentimentalismo da duro che avalla l'ammirata affermazione del personaggio di De Vito: "He built the union with a pair of balls and a billy club". Questo riecheggia il famoso discorso del poliziotto di Chicago Malone in ''The Untouchables'' sulla crescente violenza: "If he pulls out a knife, you pull out a gun" e così via. Mamet e i suoi collaboratori sono semplicemente annoiati dal rivale insipido e subdolo di Hoffa, Frank Fitzsimmons ([[w:J. T. Walsh|J. T. Walsh]]), che gli succedette come capo del Sindacato [[:en:w:International Brotherhood of Teamsters|Teamsters’ Union]]. Dopo ''Hoffa'', diversi progetti furono abbandonati, in particolare un adattamento del romanzo xenofobo di [[w:Michael Crichton|Michael Crichton]] sulle multinazionali giapponesi in America, ''Rising Sun'', che fu infine diretto da [[w:Philip Kaufman|Philip Kaufman]], con una sceneggiatura attribuita a Kaufman, Crichton e Michael Backes. Il film successivo di Mamet come sceneggiatore ad arrivare sul grande schermo fu ''[[w:L'urlo dell'odio|The Edge]]'' (1997). Come raccontato nel suo secondo libro di memorie hollywoodiane,<ref>Art Linson, ''What Just Happened?: Bitter Hollywood Tales from the Home Front'' (London: Bloomsbury, 2002), pp. 25 ff.</ref> Art Linson si trovava in difficoltà con la Twentieth-Century Fox, dove aveva un nuovo contratto di produzione e aveva bisogno di un successo assicurato. Telefonò al suo fidato collega Mamet e – tornando alla tecnica che aveva dato inizio al loro rapporto con ''The Untouchables'' – promise che ci sarebbero stati "lots of money" se gli fosse venuta un'idea, preferibilmente un film d'avventura. La loro conversazione fu simile a qualcosa uscito dalla commedia hollywoodiana di Mamet, ''Speed-the-Plow''. Nel giro di pochi minuti Mamet suggerì "two guys and a bear". "It’s a start", ammise Linson. Poco dopo Mamet richiamò con "a rather well worked-out wilderness story that promised big intrigue, betrayal, a fierce struggle for survival, and, indeed, a bear". Dopo le solite discussioni con i dirigenti dello studio e i consueti problemi di casting (Linson aveva inizialmente corteggiato Dustin Hoffmann per il ruolo principale), il film entrò in produzione con il titolo provvisorio "Bookworm" con [[w:Anthony Hopkins|Anthony Hopkins]] e [[w:Alec Baldwin|Alec Baldwin]] (che aveva lasciato un segno nel film di ''Glengarry Glen Ross'', di cui parleremo più avanti) nei ruoli principali e il neozelandese [[w:Lee Tamahori|Lee Tamahori]] (che aveva avuto un grande successo d'autore con il feroce film sulla vita Maori, ''[[w:Once Were Warriors - Una volta erano guerrieri|Once Were Warriors]]'') come regista. {{clear}} == Note == {{Vedi anche|:en:w:Template:David Mamet|:en:w:David_Mamet|w:David_Mamet|etichetta1=Tutte le opere di David Mamet|etichetta2=David Mamet (en)|etichetta3=David Mamet (it)|Letteratura ebraica in America|Nostalgia poetica}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|3 giugno 2025}} [[Categoria:David Mamet|Capitolo 10]] qrt9favmq6gggqjfw3n96dufcphw0q6 Utente:Camelia.boban/Modulo 3 (MOOC) 2 57641 477347 477316 2025-06-04T19:50:29Z Hippias 18281 Hippias ha spostato la pagina [[Camelia.boban/Modulo 3 (MOOC)]] a [[Utente:Camelia.boban/Modulo 3 (MOOC)]] senza lasciare redirect: sposto nel corretto [[Aiuto:Namespaces|namespace]] 477316 wikitext text/x-wiki == Modulo 3: Ricerca e scrittura collaborativa == * Come contribuire a Wikipedia, Wikibooks, Commons e Wikidata * Tecniche di ricerca e verifica delle fonti * Linee guida per la scrittura inclusiva * Esercizi pratici: creazione e miglioramento di voci * Video tutorial su editing e pubblicazione 0eq1oww6pgndrulnnuyamvhbp8bjisk Connessioni/Bibliografia 0 57649 477337 2025-06-04T14:31:34Z Monozigote 19063 titoli 477337 wikitext text/x-wiki {{Connessioni}} {{Immagine grande|Torah cover Brooklyn Museum.jpg|740px|}} == BIBLIOGRAFIA SCELTA == Aaron, David. 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The Holiday Series, Rosh Hashanah (1948), New Canaan, CT.jpg|740px|}} == Introduzione == {{clear}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|25%|4 giugno 2025}} [[Categoria:Connessioni|Introduzione]] 1md7ljh6hv9ynf4uews649vqn5dpqzs 477344 477342 2025-06-04T18:01:48Z Monozigote 19063 /* Introduzione */ testo 477344 wikitext text/x-wiki {{Connessioni}} {{Immagine grande|Arthur Szyk (1894-1951). The Holiday Series, Rosh Hashanah (1948), New Canaan, CT.jpg|740px|}} == Introduzione: Chiarire le connessioni == Da alcuni decenni mi occupo dello studio dell'ebraismo, dell'antisemitismo e dell'Olocausto ([[Shoah]]). Ho partecipato a numerosi convegni accademici su questi diversi argomenti e una cosa mi ha colpito: sebbene possa sembrare ovvio che ciascuna di queste aree di ricerca sia intimamente legata all'altra, ho scoperto che solo una manciata di studiosi si presenta alle varie sedi che trattano questi campi di studio distinti ma sovrapposti. A dire il vero, ciascuna di queste aree di studio – ebraismo, antisemitismo e Olocausto – è vasta. Ognuna richiede anni di studio di storia, religione, filosofia e altre discipline, per non parlare delle lingue necessarie per approfondire una qualsiasi di queste aree. Un simile impegno accademico è come cercare di bere un oceano. Non a caso il [[w:Talmud|Talmud]] si chiama ''Yam Talmud'', il "mare del Talmud", un'opera essenziale per lo studio dell'ebraismo, che a sua volta è essenziale per lo studio dell'antisemitismo o dell'Olocausto. 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Non a caso il [[w:Talmud|Talmud]] si chiama ''Yam Talmud'', il "mare del Talmud", un'opera essenziale per lo studio dell'ebraismo, che a sua volta è essenziale per lo studio dell'antisemitismo o dell'Olocausto. Lo stesso, quindi, si può dire dello scandagliare le profondità dell'antisemitismo o dell'Olocausto: è come cercare di bere un oceano, ognuno con la sua biblioteca di testi indispensabili, e può essere amaro come il fiele. Tuttavia, non è affatto controverso affermare che l'antisemitismo abbia avuto a che fare con l'Olocausto e che uno studio della storia e dell'essenza dell'odio verso gli ebrei sia fondamentale per comprendere lo sterminio degli ebrei. Se gli ebrei furono l'obiettivo del progetto nazista di sterminio, dobbiamo chiederci: ''Perché gli ebrei? Chi sono gli ebrei? Cosa li rende ebrei?'' Cosa, esattamente, i nazisti cercavano di annientare con lo sterminio degli ebrei? Se l'Evento è guidato dall'antisemitismo, cos'è ''anti-'' l'antisemitismo ? Cosa spinge l'antisemitismo? Quali sono le sue origini metafisiche? Una premessa per questa indagine, come già affermato, è che l'ebraismo sia la chiave per comprendere i legami tra l'antisemitismo e l'Olocausto da esso generato. Pertanto, queste riflessioni sui legami tra ebraismo, antisemitismo e Olocausto iniziano con l'ebraismo che rende gli ebrei ebrei, che è il fulcro del [[Connessioni/Capitolo 1|Capitolo 1]], "Cosa fa dell'ebreo un ebreo?" {{clear}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|25%|4 giugno 2025}} [[Categoria:Connessioni|Introduzione]] qqvsxgka1g9kizesxdxtv904l4qldj7 Discussione:Connessioni/Introduzione 1 57652 477343 2025-06-04T17:54:05Z Monozigote 19063 Avviso unicode 477343 wikitext text/x-wiki {{Avviso unicode}} 3qn4onr9fztlhee42jx07xrrjnwxd37