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Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Italia: Marina 3
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{{Forze armate mondiali}}
===Fregate===
La '''classe ''Carlo Bergamini''''' era composta da quattro unità, inizialmente classificate come corvette veloci, prime unità di scorta al mondo a poter imbarcare e ricoverare un elicottero antisommergibile.
Il disegno della parte immersa della prua è conforme allo stile degli anni quaranta, con un arrotondamento pronunciato, mentre la poppa è squadrata invece che affusolata, secondo una concezione ancora attuale. Le due sale motori scaricano su un unico fumaiolo.
Questa classe era concepita inizialmente per il supporto ad un elicottero leggero, ma in un secondo tempo il terzo cannone venne sbarcato e al suo posto venne allungato il ponte di volo. Davanti a questo vi era un piccolo hangar, costituito da una gabbia in tela con una intelaiatura scorrevole che, quando estesa, occupava parte del ponte e veniva ripiegata durante le operazioni di volo. In esso poteva trovare alloggio un elicottero leggero, ed inizialmente doveva esservi ospitato il minuscolo Agusta A106, all'epoca sperimentale. Abortito il progetto A106, le fregate imbarcarono gli Agusta-Bell AB212 in configurazione antisommergibile.
*Cantiere: Cantieri Navali del Tirreno, Riva Trigoso
*dislocamento: 1.526 t
*Dimensioni: lunghezza 94 m, larghezza 11,4 m, pescaggio 3,1 m
*Motori: 4 diesel per 16.800 hp; velocità max. 26 nodi; autonomia 5.240 miglia a 18 nodi.
*armamento: 3 cannoni Oto Melara da 76/62 mm MMI (due dopo la costruzione del ponte di volo), 2 tls tripli leggeri e altre armi leggere tra cui un lanciabombe ASW
*Equipaggio: 167
*veicoli aerei: 1 elicottero ASW AB212
*motto: 'Alpino' ''Di qui non si passa''; 'Carabiniere': ''Nei secoli fedele''
Le quattro unità portano i nomi di altrettanti famosi marinai italiani:
*F593 - 'Carlo Bergamini', prima nave della classe è stata costruita nei cantieri C.R.D.A. di Monfalcone. Impostata nel 1959 e varata nel 1960, venne completata nel 1962 ed è stata in servizio nella Marina Militare Italiana sino al 1983 quando venne posta in disarmo.
*F594 - 'Virginio Fasan', costruita nei cantieri di Cantiere navale di Castellammare di Stabia è stata impostata e varata nel 1960 e completata nel 1962, è rimasta in servizio nella Marina Militare Italiana sino al 1990, quando venne posta in disarmo.
*F595 - Carlo Margottini, è stata impostata e varata nel 1960 e completata nel 1962, è stata in servizio nella Marina sino al 1988, quando venne posta in disarmo.
*F596 'Luigi Rizzo', venne costruita nei cantieri di Castellammare di Stabia; impostata e varata nel 1960, venne completata nel 1961, e fu la prima unità della classe ad essere posta in disarmo (1980).
Le fregate '''Alpino''' sono state alcune delle prime navi costruite per la Marina Militare Italiana nel dopoguerra. La classe era costituita da due unità, l'Alpino e il Carabiniere, entrate in servizio alla fine degli anni 1960. Armate con 6 cannoni da 76/62 mm MMI della Oto Melara (tutti in impianti singoli, 2 a prua e due per ciascun lato), e un elicottero ASW, sono state navi assai moderne, per certi versi strutturalmente simili alla successiva Classe Lupo.
La loro importanza era tra l'altro data dalla presenza di un elicottero a bordo oltre a una potenza di fuoco contraerea teoricamente elevata, ma con un solo radar di tiro.
Le due unità hanno rappresentato la seconda generazione di fregate portaelicotteri italiane dopo la precedente classe 'Bergamini', e rappresentarono un salto qualitativo dal punto di vista sia operativo che tecnologico, essendo dotate di pinne stabilizzatrici antirollio per permettere l'impiego degli elicotteri e delle armi anche in condizioni meteorologiche avverse e furono la prima unità della Marina Militare Italiana ad installare la propulsione tipo CODOG con due turbine a gas FIAT '''LM-2500''' da 25000 Hp ciascuna, abbandonando in tal modo la propulsione a caldaie che aveva caratterizzato tutte le unità fino ad allora costruite. Caratterizzate dalle sovrastrutture con un unico, grosso fumaiolo giusto dietro un alto albero colorato di nero, ma soprattutto dalla plancia caratterizzata da due ordini di finestrini di piccole dimensioni, esse sono state costruite attraverso quasi tutti gli anni '60, ma a guardarle bene contengono i lineamenti delle successive 'Lupo', da cui si differenziano soprattutto per l'armamento totalmente differente (in effetti, di tutto il 'campionario' disponibile, le 'Lupo' non adottano proprio i cannoni da 76 mm, di fatto rimpiazzati nelle azioni antinave dal 127 mm, e in quelle antiaeree dai 'Dardo' da 40). Le turbine a gas e l'elicottero sono davvero la prova generale della successiva classe di navi missilistiche.
Queste unità vennero destinate a compiti di scoperta, localizzazione e distruzione di sommergibili, protezione di convogli e forze navali dalla minaccia subacquea, scorta ravvicinata antisom, antiaerea e antinave.
La fregata 'Alpino' nel 1996 fu trasformata in nave comando e supporto alle forze di Contromisure mine cambiando il suo distintivo ottico da '''F 580''' ad '''A 5384''', ha fatto il suo ultimo ammainabandiera a La Spezia il 31 marzo 2006.
La fregata 'Carabiniere' è ancora in servizio come nave esperienza mantenendo la matricola F 581, ruolo che ricopre dal 1994 rilevando la precedente Nave ''Quarto'' che inizialmente costruita come nave da sbarco, si era dimostrata non idonea al compito cui era stata destinata ed era stata adattata a nave esperienze rilevando nel compito nel 1975 Aviere (D 554). Il ruolo di nave esperienza era stato ricoperto anche dalla precedente unità con il nome Carabiniere, un cacciatorpediniere della Classe Camicia Nera che dopo aver partecipato alla seconda guerra mondiale prestando poi servizio nella Marina Militare con la matricola D 551 venne utilizzata come nave esperienze a partire dal 1960 con la matricola A 5314. Ha ospitato, tra l'altro anche il radar EMPAR.
*Cantiere: Cantieri Navali del Tirreno, Riva Trigoso
*dislocamento: 2.400 t
*Dimensioni: lunghezza 113,4 m, larghezza 13,3 m, pescaggio 3,8 m
*Motori: CODOG, una turbina a gas e 2 diesel per asse; 31.800 hp; velocità max. 28 nodi.
*armamento: 6 cannoni Oto Melara da 76/62 mm MMI, 2 tls tripli leggeri e altre armi leggere
*veicoli_aerei: 1 elicottero ASW AB212
**Equipaggio: 247
*motto: 'Alpino' ''Di qui non si passa''; 'Carabiniere': ''Nei secoli fedele''
*A 5384 Alpino (F 580) imp. 27-2-63, varo 14-6-67, consegna 14-1-68
*F 581 Carabiniere: imp. 9-1-65, varo 30-9-67, consegna 28-4-68
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[[Immagine:MM Sagittario Distant Drum 1983.jpg|330px|left|thumb|La 'Sagittario']]
Le fregate missilistiche della classe '''Lupo''' sono tra i prodotti di maggior successo della cantieristica militare italiana dal dopoguerra, sviluppate dalla Fincantieri in collaborazione con la Marina Militare. Nella Marina Militare la Classe Lupo era costituita da quattro unità costruite alla fine degli anni settanta. Queste sono importanti perché, tra le altre cose, ci permettono di approfondire in dettaglio molte innovazioni che poi sarebbero state conservate in altre classi navali, missili, elettronica, sistema motore etc. e per questo ci dilungheremo in merito.
Sono state costruite in totale diciotto navi,anche per tre clienti esteri: 6 per il Venezuela, 4 per il Perù e 4 per l'Iraq. Queste ultime però non entrarono mai in servizio per il committente originario a causa delle note vicende politiche e finirono per essere acquistate dalla Marina Militare nel 1994, dove prestano attualmente servizio come pattugliatori di squadra. Nella storia della cantieristica italiana un simile successo lo avevano avuto in precedenza tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX secolo solo gli incrociatori corazzati classe 'Garibaldi' che servirono oltre che per la Regia Marina anche in quelle di Spagna, Argentina e Giappone.
Nate per sostituire le navi della precedente classe 'Alpino', su progetto sviluppato congiuntamente dalla Marina Militare e dalla Italcantieri, le Lupo sono navi a ponte continuo senza castello, con lo scafo in acciaio ad alta resistenza suddiviso in quindici compartimenti stagni e sovrastrutture in alluminio. Il governo è assicurato da due timoni, sistemati nel flusso delle eliche, con un angolo di barra di 35° per lato. Le Lupo nonostante avessero dimensioni più piccole ed una stazza più leggera rispetto alle coeve come le britanniche Type 21 sono dotate di un armamento antiaereo (AAW), antinave (ASuW) ed antisommergibile (ASW) notevole, mentre l'elevata automatizzazione ha permesso una notevole riduzione del personale imbarcato. 14 paratie stagne proteggono la galleggiabilità da allagamenti interni (fino a 4 paratie allagate continue consentivano ancora il galleggiamento).
*Impostazione: 8 ottobre 1974 (Lupo, ex-F564)
*Varo: 29 luglio 1976
*Entrata in servizio: 20 settembre 1977
*Dislocamento: 2.525 t
*Lunghezza: 113,2 m
*Larghezza: 11,3 m
*Altezza: 7,9 m
*Pescaggio: 3,7 m
*Ponte di volo: 25,2 m x 11,3 m
*Propulsione: CODOG, 2 turbine a gas Fiat-General Electric LM-2500;
2 motori diesel Grandi Motori Trieste BL-230-20M: 50.000 HP (36.765 kW a TG)e 7.800 HP rispettivamente; 35 nodi con turbine e 21 nodi max. su diesel; autonomia 4.000 miglia a 15 nodi (7.408 km a 27,8 km/h)
*Equipaggio: 194
*Sensori di bordo: radar SPS-774 (RAN-10S)- radar di ricerca a lungo raggio in Banda E/F, SPQ-2F - radar multifunzione (prima delle modifiche), SPS-702 CORA - radar di superficie (dopo le modifiche);
2 SPG-70 (RTN-10X) - radar di controllo del fuoco asserviti al sistema Albatros/Aspide ed al cannone 127/54mm Compatto;
2 SPG-74 (RTN-20X) - radar di controllo del fuoco asservito al sistema CIWS Breda Dardo;
SPN-748 - radar di navigazione; sonar Raytheon DE 1160B a scafo
Mk 95 - Sistema controllo del fuoco asservito al sistema Albatros/Aspide; IPN-20 (SADOC-2); sistema satellitare SATCOM
*Sistemi difensivi ECM: 2 lanciarazzi SCLAR da 105mm chaff/flare SLR-4 decoy; 2 SLQ-D jammers;
AN/SLQ-25 Nixie decoy antisiluro
* Armamento: 1 cannone 127/54mm Compatto, 2 impianti CIWS Breda Dardo, 8 missili Otomat/Teseo, 1 lanciamissili Mk 29 NATO (8 missili terra-aria Aspide pronti al fuoco, altri 16 in deposito); 2 lanciasiluri tripli ILAS-3 per siluri leggeri, con 12 A244 da 324mm
*Mezzi aerei: 1 elicottero AB-212 ASW
L'apparato motore è di tipo CODOG con due turbine a gas Fiat-General Electric LM-2500 (50.000 hp) e 2 motori diesel Grandi Motori Trieste BL-230-20M (7.800). Le navi hanno due eliche a quattro pale a passo variabile, dal diametro di 3,7 m e raggiungono la velocità massima con i motori diesel di 21 nodi e a Turbogas di 35 nodi che, all'epoca della loro entrata in servizio, ne facevano tra le navi più veloci della loro categoria. Le 'Lupo' venezuelane hanno motori diesel A-230-20M che sviluppano una potenza di 8000 HP leggermente maggiore delle altre, e che sono stati sostituiti con nuovi motori diesel MTU 20V 1163 dopo lavori di ammodernamento nelle prime due unità. L'autonomia è accettabile, anche se non eccezionale. Esistono anche 4 diesel generatori elettrici.
Le 'Lupo' sono delle navi notevolmente ben armate, specie se si considerano le dimensioni e la stazza delle navi, e a maggior ragione se si vede l'epoca in cui sono entrate in servizio. Negli anni '80 era normale che una nave fregata entrasse in servizio con una batteria di missili antinave a lunga gittata, una di SAM a breve raggio, integrati da due CIWS e un cannone di medio calibro ad alta cadenza di tiro. Ma negli anni '70 no, e le 'Lupo' hanno rappresentato un qualcosa di davvero nuovo, sebbene perfettamente logico e abbastanza prevedibile: hanno introdotto i CIWS Dardo, i missili SAM Aspide (assieme ai Sea Sparrow), e come complemento offensivo dell'era missilistica, gli OTOMAT, armi di gittata davvero molto elevata, grazie ad un turbogetto francese. Strano ma vero, la Francia che aveva reso possibile con la sua motoristica un'arma di tanta gittata poi non l'ha mai adottata, preferendo il più nazionale Exocet (che però ha una gittata molto inferiore).
Il cannone 127/54 mm Compatto è un'arma duale che ha una cadenza di tiro di 45 colpi al minuto e in grado di colpire in un raggio di 15km bersagli aerei e di superficie. Pur essendo un'arma polivalente, il suo compito principale è comunque la difesa contraerea piuttosto che quella di arma multiruolo.
Il sistema CIWS di difesa ravvicinata contraerea Dardo è costituito da due torrette binate con cannoni da 40 mm a tiro rapido con una cadenza di tiro fino a 600 colpi al minuto. Il Dardo ha avuto una notevole diffusione per i ridotti tempi di reazione, importantissimi per un sistema del genere, e per la velocità di inseguimento bersagli. I cannoni da 40 mm con la loro gittata sono validi anche contro bersagli di superficie. Le torrette, dalla caratteristica calotta bianca in vetroresina rinforzata, sono prive di equipaggio e telecomandate dalla direzione del tiro della nave, le munizioni comprendono proiettili PFHE capaci di frantumarsi in 2400 frammenti, di cui 600 sono palline di tungsteno in grado di perforare circa 10 mm di alluminio a una decina di metri. Con una cadenza di tiro combinata di circa 600 colpi al minuto non sarebbe stato infatti probabile aspettarsi impatti diretti, ma con le munizioni con spoletta di prossimità è possibile piazzare colpi attorno al bersaglio, causandogli molti danni e mettendo fuori uso i sistemi di guida dei missili antinave. Sono disponibili anche proiettili HE di tipo esplosivo e proiettili AP-T perforanti e traccianti per impatti diretti, probabili però solo entro il raggio di un migliaio di metri. L'autonomia di fuoco è stata resa più che sufficiente dato che l'impianto contiene 776 colpi, oltre un minuto di fuoco continuato (almeno una mezza dozzina d'ingaggi partendo da 4.000 metri).
Al sistema missilistico Mk 29 è affidata la difesa antiaerea a medio-corto raggio. I missili Aspide, a guida radar semiattiva, hanno un raggio d'azione di 15-20 km, una testata a frammentazione dal peso di 33 kg, costruiti dall'industria italiana Selenia e molto simili oltre che fisicamente compatibili ai Sea Sparrow, ma dentro hanno elettronica, testata e motori di nuova progettazione. L'innovazione tecnica elettronica, più importante rispetto agli Sea Sparrow E (disponibili all'epoca), riguardava la guida monoimpulso che lo rendeva molto resistente alle ECM oltre ad aumentarne la precisione. Fin dall'inizio gli Aspide erano dotati di una certa capacità antimissili, migliorata con i lotti di produzione successivi.
Ma l'arma più importante, nonché (come si capisce anche dal numero rilevante installato, chiaramente eccedente le necessità dell'autodifesa) era certamente il missile OTOMAT, a cui è affidata la difesa antinave a lungo raggio, a guida radar attiva e sviluppato dal consorzio Oto Melara-Matra, da cui il nome. La caratteristica principale è la lunga gittata, che può raggiungere i 120-180 km, ottenuta con un motore a turbina. Si tratta di un missile molto potente, con una testata da 210 kg per circa 800 kg di peso totale, che è stato prodotto in oltre 1.000 esemplari a partire dal 1975. Esso fa parte del sistema missilistico Teseo, che comprende anche sistemi di guida e data-link per la designazione del bersaglio.
Il missile progettato attorno al 1967 venne sperimentato tra il 1971 e il 1972 e la prima versione denominata OTOMAT Mk 1 venne messa in servizio nel 1976: le Lupo furono così le prime unità ad esserne equipaggiate.
La versione Mk I aveva una gittata di 60 km e non poteva essere controllato dopo il lancio, la versione successiva Mk 2, sviluppata a partire dal 1973, venne poi utilizzata, ma almeno inizialmente solo nelle Lupo italiane.
La guida a mezza corsa, vero plus di questo missile, dà la possibilità di attaccare bersagli navali oltre l'orizzonte con il sistema di aggiornamento datalink. L'operazione di correzione di mezza corsa è però delicata. L'elicottero AB-212ASW nelle versioni dotate del sistema Datalink TG-2 deve scoprire il bersaglio e aspettare poi il missile, che deve passargli sotto per ricevere i segnali.
Ma per l'elicottero può essere molto pericoloso avvicinarsi a distanze utili se il nemico ha velivoli da intercettazione o anche altri elicotteri, come ad esempio un Lynx assai più veloce e maneggevole di un AB-212ASW e lo spostamento dell'elicottero anche solo di alcune centinaia di metri può portare al mancato aggancio.
Senza l'ausilio del sistema Datalink TG-2, la distanza utile arriva ad almeno 60 km, che corrisponde alla gittata dell'Otomat Mk 1, versione che originariamente ha equipaggiato sia le fregate costruite per la Marina Militare Italiana, sia le unità costruite per committenti esteri. Esiste anche il sistema di aggiornamento dati da parte della nave (TG-1), che può essere utilizzato, ma con qualche compromesso di funzionalità (tipo far salire in quota il missile per comunicargli i dati) e svelando la presenza della nave.
Vi sono anche i lanciasiluri tripli ILAS-3, praticamente copie del tipo MK 32 americano, armati con siluri leggeri A244 da 324 mm, che costituiscono un miglioramento del tipo Mk 44 apparso negli anni '50, con raggio d'azione di 5,5 km ed una dotazione di 12 siluri per autodifesa ed impiego antisommergibile. Il siluro A244/S è un tipo di siluro leggero che può essere lanciato sia dalla nave che dall'elicottero di bordo, con capacità di autoguida attiva grazie al sonar attivo nella testata individuando il bersaglio mediante sensori acustici.
Nei limiti di quanto concesso dall'elettronica disponibile negli anni '70 e dalla taglia della nave, si volle dare alle 'Lupo' di una dotazione elettronica quanto più completa possibile per far fronte alle minacce ad alta tecnologia che si prospettavano nei nuovi scenari che il futuro lasciava prevedere. Le unità costruite per committenti esteri o costruite all'estero su licenza, presentavano rispetto alle unità della marina italiana delle variazioni nell'elettronica di bordo.
All'inizio degli anni '90 sulle unità in servizio nella marina italiane è stato installato il sistema satellitare SATCOM, mentre le navi venezuelane sottoposte a lavori riammodernamento sono equipaggiate del sistema di navigazione Sperry marine MK 39 e del sistema di comunicazione integrato SHINCOM 2100 della DRS Technologies.
Il sistema elettronico delle Lupo ha: 3 radar di scoperta,
4 radar di controllo del tiro,
1 sistema ESM/ECM,
2 lanciatori di falsi bersagli,
1 sonar a scafo,
Apparati vari di comunicazione, i sistemi di bordo dell'elicottero, vero e proprio sensore remoto della nave.
Il radar principale è un RAN-10 a media portata, che dall'albero posteriore controlla lo spazio aereo in un raggio di circa 180 km e viene integrato, per la scoperta aerea a corto raggio e quella di superficie, dal più piccolo radar RAN-12LX che trova posto sull'albero anteriore. Il radar di navigazione è il tipo SPN-703, almeno nella dotazione originaria. Le unità italiane dopo gli ammodernamenti dell'inizio degli anni '90 sono dotate del radar di superficie SPS-702A CORA.
Con questi tre sensori dedicati è in pratica possibile svolgere al meglio tutte le mansioni di scoperta aerea, di superficie e navigazione con sensori dedicati ed indipendenti. In particolare giova apprezzare la ridondanza dei due radar di scoperta che seguono la linea delle navi americane piuttosto che la dotazione delle fregate europee, spesso limitata ad un unico radar di scoperta e uno o due di navigazione. Il radar MM/SPS-774, designazione della Marina italiana del radar RAN-10, opera in banda E\F, mentre il radar RAN-12LX che nella Marina italiana ha la designazione SPQ-2F, opera in Banda S. La presenza di un tale sistema era considerata necessaria per aumentare la capacità di scoperta contro bersagli difficili, specialmente a volo radente o piccole unità navali, che i radar unici di scoperta combinata potrebbero non riuscire a vedere. Inoltre in questo modo esiste un sistema di backup in caso si verifichino avarie ad uno dei due radar.
Le 'Lupo' peruviane, hanno come radar di sorveglianza e ricerca aerea il Thales Nederland LW-08, come radar di superficie il RAN-11L/X, che trova posto anche sulle Artigliere e come radar di navigazione il britannico Decca BridgeMaster II, mentre sulle prime due unità venezuelane sottoposte a lavori di ammodernamento è stato installato il nuovo radar di sorveglianza e ricerca aerea Elta EL/M-2238 Star 3D di fabbricazione israeliana.
Per l'illuminazione dei bersagli ed il controllo del tiro delle artiglierie vi sono sistemi dedicati per tutte e quattro le armi antiaeree presenti a bordo, permettendone il migliore uso anche contro minacce multiple. Il cannone da 127/54 mm ha un radar RTN-10X a prua, sopra la plancia comando, mentre il lanciatore Albatros ha un radar di illuminazione dedicato. Nelle navi della Classe Artigliere, in una configurazione più recente, vi sono due radar RTN-10X abbinati ad altrettante centrali per la direzione del tiro del tipo NA-21, mentre in entrambi i casi la difesa abbinata ai CIWS ha due centrali di tiro NA-20 abbinate ad altrettanti radar RTN-20X. La principale differenza è data dal fatto che entrambi gli RTN-10X delle unità Classe Artigliere hanno la capacità di generare onda continua e guidare i missili Sparrow/Aspide, conferendogli migliori capacità di intercettazione. Gli illuminatori nelle unità destinate all'esportazione, sono a bassa potenza rispetto a quelli delle Lupo italiane o delle Maestrale e di altre navi italiane, e uguali a quelli delle corvette Minerva. Sulle Mariscal Sucre venezuelane riammodernate per il controllo e la direzione del tiro è stato installato il sistema a guida ottica Elbit ENTCS 2000.
[[Immagine:DN-ST-84-03941.jpg|350px|right|thumb|Vista di '3/4' che evidenzia la concentrazione di armi a poppavia: la rampa lanciamissili e le cupolette bianche del 'Dardo']]
A completare la dotazioni dei sensori è il sonar a media frequenza di attacco e ricerca attiva Raytheon DE 1160B montato nella parte anteriore dello scafo, mentre non esiste la componente trainata dietro la nave, che era stata richiesta ed installata sulle navi irachene, salvo poi essere sbarcata dopo la trasformazione in Artigliere. Il sonar DE 1160B è un apparato americano, praticamente standard per le navi dell'US Navy. Il sonar non ha un elemento a profondità variabile, cosa che limita la capacità di scoprire sottomarini, specie in caso di maltempo o di alta velocità della nave, in quanto la componente a profondità variabile è necessaria per poter cercare con una certa efficacia i sommergibili nascosti sotto lo strato termico, mentre i sonar a scafo, ad alta velocità, diventano praticamente inutilizzabili per il rumore prodotto nel movimento. Un altro sonar, l'ASQ-13B, è usato dagli elicotteri ed è un sonar filabile, che ha capacità di hovering con il pilota automatico su punti prefissati.
Le Lupo peruviane e venezuelane adottano il sonar a scafo EDO 610E(P), di fabbricazione americana, che nelle unità venezuelane riammodernate è stato sostituito dal sonar a scafo Northrop Grumman SQS-53C[18] anche questo di fabbricazione americana.
Le 'Lupo' sono dotate di due lanciarazzi multipli SCLAR, ognuno di 20 tubi dal diametro di 105 mm per chaff/flares. Lo SCLAR, utilizzato generalmente dalle navi per il lancio di falsi bersagli, elevabile e brandeggiabile, può lanciare anche razzi esplosivi HE con 12 km di gittata massima. Questo sistema, che ha avuto molto successo tra gli anni '70 e anni '80, è poi via via decaduto, sostituito, nelle Lupo venezuelane che sono state modernizzate da lanciatori Mk 137 da 130 mm e sulle navi italiane più recenti, come i cacciatorpediniere De La Penne, dai lanciarazzi Dagaie da 330 mm a 10 canne, specializzati nella ECM e con una maggiore capacità di carico per ciascun razzo (ma poi, incredibilmente, per i 'Doria' si è tornati.. all'ultima versione dello SCLAR).
Il sistema ECM SLQ-D sono per il jamming attivo, mentre il sistema ESM SLR-4 fa' un uso passivo dello spettro elettromagnetico per rilevare, identificare, localizzare e interpretare le potenziali minacce o i bersagli. Le Lupo venezuelane della Classe Mariscal Sucre sottoposte a riammodernamento sono ora dotate del sistema ESM/ECM Elisra NS 9003/9005.
La protezione elettronica antisiluro è affidata al sistema AN/SLQ-25 Nixie, usato anche dalla US Navy, dalla Royal Navy e da molte marine NATO. Consiste in un apparato, filabile in mare, che emette segnali di disturbo, come il rumore di un'elica o del motore per ingannare e deviare un siluro. Una versione più moderna di questo sistema, denominata AN/SLQ-25B, è dotata di sensori in grado anche di individuare e localizzare sommergibili e siluri in arrivo.
A completare le difese della nave è l'elicottero AB-212 ASW in versione antisommergibile, vero e proprio sensore remoto della nave, dotato di siluri e sonar filabili. Il radar originariamente installato era l'inglese MEL ARII 5955, caratterizzato da una piccola cupola aguzza che è stato sostituito dal modello SMA APS-705, sistema standard per gli elicotteri della Marina Italiana. La struttura, posta sopra il tettuccio, è a forma di cilindro basso e largo ed è in grado di scoprire bersagli di grandi dimensioni, con mare forza 4 in un raggio di 140 km, con la distanza media di scoperta che scende intorno ai 50-70 km con navi di media grandezza. Le dotazioni di bordo comprendono anche il sofisticato sistema di navigazione e posizionamento IFF, ed originariamente anche le installazioni per i missili aria-superficie AS-12, a guida ottica, che avevano una gittata di 8 km ed il cui relativo sistema di guida XM-58 trovava posto in cabina. Per l'armamento sono disponibili (nei modelli originari) 2 siluri A244, Mk 44 o Mk 46, 2 cariche di profondità da 161 kg o 2 missili AS-12. Questi ultimi sono stati sbarcati, essendo armi filoguidate senza una vocazione specifica per la lotta antinave e non avrebbero potuto essere efficaci contro le navi maggiori a causa dell'estrema vulnerabilità dell'elicottero costretto a rimanere in volo lento per almeno 30-50 secondi in un raggio di 8 km, sempre che le condizioni meteo consentissero buona visibilità. Alcuni AB-212 destinati all'esportazione hanno ottenuto missili più validi come i Marte o i Sea Skua.
Le sistemazioni per l'unico elicottero presente a bordo sono piuttosto spartane, tanto che per ospitarlo a poppa viene usato un hangar telescopico, che quando esteso preclude l'uso del ponte di volo. Nelle fregate peruviane l'hangar era di tipo fisso e su due di esse sono state effettuate negli anni recenti delle modifiche al ponte di volo per potere accogliere a bordo gli elicotteri ASH-3D Sea King (senza ricovero, però: hangar e Sea King non sono per niente compatibili sullo scafo delle 'Lupo').
<span style="font-size:120%">'''Unità della Classe Lupo della Marina Militare Italiana'''</span>
<div style="text-align:center ">
{| {{prettytable|text-align=center}}
|-
!colspan="5" style="background:#ffdead; color: #000;" | [[Immagine:Naval Jack of Italy.svg|20px]] Marina Militare Italiana - Classe Lupo [[Immagine:Naval Ensign of Italy.svg|30px]]
|-
! Pennant number
! Nome
! Cantiere
! Entrata in servizio
! Destino finale
|-
| F 564
| Lupo
| Cantiere navale di Riva Trigoso
| 20 settembre 1977
| Venduta al Perù e ribattezzata BAP Palacios (FM-56)
|-
| F 565
| Sagittario (F 565)
| Cantiere navale di Riva Trigoso
| 18 novembre 1978
| Venduta al Perù e ribattezzata BAP Quiñónes (FM-58)
|-
| F 566
| Perseo
| Cantiere navale di Riva Trigoso
| 1 marzo 1980
| Venduta al Perù e ribattezzata BAP Coronel Bolognesi (FM-57)
|-
| F 567
| Orsa
| Cantiere navale di Riva Trigoso
| 1 marzo 1980
| Venduta al Perù e ribattezzata BAP Aguirre (FM-55)
|}
</div>
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[[Immagine:Maestrale-Class MAESTRALE (F 570).jpg|300px|right|thumb|La F570 Maestrale]]
Derivate dalla Classe Lupo, le unità della classe '''Maestrale''' ne sono le figlie debitamente 'ingrandite', che hanno sacrificato metà dei missili antinave e almeno 3 nodi di velocità per soddisfare maggiormente le specifiche emesse dalla Marina Militare Italiana riguardanti le sue necessità di nuove unità di scorta con maggiori capacità nella lotta antisom e difesa di punto tramite il raddoppio dei sonar, elicotteri e siluri e l'adozione di un lanciamissili antiaereo ricaricabile. Pur essendo valide unità della categoria, esse sono state meno convincenti delle precedenti visto che negli anni del massimo espansionismo dell'industria bellica italiana non hanno avuto nessun successo di export. D'altronde, l'essere una efficace 'nave scorta' l'ha resa meno appetibile per la marine di quei paesi in sviluppo o semi-industrializzati che cercavano soprattutto unità 'per mostrare la bandiera' o d'attacco, come era invece il caso delle quasi coetanee fregate 'Lupo' da cui sono derivate e che, proprio per questo, hanno avuto un ottimo successo di vendite.
Le 'Maestrale' hanno lo scafo senza castello e una forte insellatura a prora. Lo scafo è costituito da quindici compartimenti stagni e il galleggiamento è assicurato anche con tre compartimenti contigui allagati. La stabilità è assicurata da una coppia di pinne stabilizzatrici in grado di ridurre il rollio da 30° a 3° alla velocità di 18 nodi. A poppa vi è una grande sovrastruttura contenente l'aviorimessa per 2 elicotteri.
[[Immagine:DN-ST-88-08670.jpg|400px|right|thumb|Immagine che mette bene in risalto tutta la struttura della nave e la disposizione in coperta: anche il suo difetto sembra evidente: la mancanza di armi antiaeree capaci di sparare direttamente verso poppa, essendo tutte nella metà anteriore della nave]]
L'armamento missilistico ha 4 lanciatori per missili antinave Teseo (inizialmente lanciatori singoli, poi diventati binati con l'ingresso in servizio dei missili OTOMAT MkII; questo però non ha dato apparentemente modo pratico di raddoppiare anche il numero delle armi; del resto se fosse solo per questo le 'Lupo' potrebbero avere anche 16 OTOMAT, ma i pesi in alto, evidentemente, suggeriscono di non 'abbondare') e un lanciatore brandeggiabile e ricaricabile Albatros/Aspide a 8 celle per missili antiaerei posto a prua, immediatamente davanti alla plancia. Le navi hanno un cannone bivalente a prua da 127 mm, 2 sistemi binati Breda Dardo dotati di mitragliere antiaeree da 40 mm sui due lati ed infine 2 lanciasiluri tripli da 324 mm Mk 32 per siluri ASW tipo A244.
A proposito di armi contraeree, è interessante osservare come l'abbondanza di queste non sia affatto sinonimo di eccellente ed ottimale integrazione con la nave che le ospita. Tornando alle armi di per sé, queste sono praticamente le stesse (a parte l'Albatross, con sistema di ricarica rapida per i missili, al posto del 'Sea Sparrow Mk 29) delle 'Lupo', ma la disposizione è diversa: spostando lanciamissili a prua e CIWS a centronave, si viene a creare un problema (e un potenziale, grave punto debole della difesa), considerando che vi sono ben 4 potenti armi contraerei di 3 tipi diversi a bordo: che verso poppa vi è un settore di tiro 'cieco' contro avversari in volo a bassissime quote. È una cosa comune anche agli 'Audace, -eccetto che per il sistema SAM, le altre 6 armi non coprono la zona poppiera-, ed accentua il difetto che le 'Lupo' avevano, ma all'opposto: in questo caso era la zona prodiera che era poco protetta (campo di tiro solo per il pezzo da 127); e dato che in genere una nave sotto attacco dà la prua verso la minaccia, non era certo un problema di poco conto. Qui invece la zona prodiera è stata rafforzata, ma a scapito dell'angolo di tiro del settore poppiero, rimasto del tutto sguarnito. Che tenere i CIWS 'in sottoscala' sia poco costruttivo, come nel caso delle 'Maestrale', ma anche degli 'Audace' (che non possono orientare esattamente né verso prua né verso poppa i loro 4 costosi Super Rapido) lo dimostra del resto anche il layout dei successivi 'De la Penne': piazzando due cannoni a prua e uno a poppa, sopra l'hangar, ottengono una protezione sui 360 gradi senza ostacoli, facendo con 3 cannoni meglio disposti (grazie ai margini di tonnellaggio maggiori, altrimenti il pezzo da 76 sopra l'hangar sarebbe andato a discapito, eventualmente, di un elicottero: infatti vi è la necessità di ospitare sotto coperta anche la giostrina delle munizioni) molto meglio che gli 'Audace' con 4 armi. Infine, visto che nemmeno questa configurazione è del tutto soddisfacente, si è fatto anche notare come se si fossero adottati due cannoni OTO da 76 mm del tipo 'Sovraponte' ovvero con un deposito ridotto (ma più che sufficiente) di circa 50 colpi sistemabile assieme alla torretta sopra la coperta, sarebbe stato possibile ottenere la stessa copertura con appena due cannoni, uno a prua e uno a poppa. Questo nuovo armamento è stato realizzato con l'esperienza di 'compattamento' della meccanica quando venne progettato l'OTOMATIC (che è stata la prima applicazione del Super Rapido, per quanto possa sembrare strano visto che si tratta di un'arma nata per la difesa antimissile delle navi). Questo vantaggio di non dover disporre di spazi sotto il ponte è notevole, ed è per questo che il Vulcan Phalanx americano, per quanto piuttosto debole, ha tanto successo (è possibile sistemarlo ovunque le sue 6 t di peso siano sostenibili, anche sopra la plancia di comando). Ma del resto tutto dipende dai 'desiderata': se si fosse rinunciato al lanciamissili Albatross, sui de la Penne, rimpiazzandolo con un Super Rapido, sarebbe stato effettivamente possibile coprire anche con due soli cannoni tutto l'orizzonte. Invece si è scelto di concentrare a prua: cannone da 127 mm, Albatross dietro e sopra (come sulle 'Maestrale'), e due cannoni da 76 sui lati, a livello della coperta e quindi del tutto sormontati dalle altre armi, anche perché il tutto è stato concentrato in appena 20 m di lunghezza dello scafo (con intuibili problemi di sicurezza in caso di esplosioni a bordo, dato il numero e la potenza delle munizioni e dei missili pronti al tiro o appena sotto coperta).
Soprattutto, caratteristica condivisa con gli 'Audace', vi sono 2 lanciasiluri per siluri filoguidati ASW/ASuW Whitehead A-184 da 533 mm a poppa estrema. In sostanza, per ingaggiare i sottomarini scoperti fino a una decina di km di distanza le navi NATO in genere usano l'ASROC, ma le navi italiane no, e hanno puntato, forse per la loro capacità bivalente (anche antinave) ai lanciasiluri pesanti. Questa caratteristica è condivisa da poche altre marine, come quella sovietica, francese e spagnola: ma solo quest'ultima si è presa la briga di installare due diversi calibri di siluri. Sembra quasi che sulle navi italiane si sia ogni volta voluto installare un vero 'campionario' di prodotti 'made in Italy'. È ben vero che i due lanciasiluri da 533 mm sono singoli, e non binati come sugli Audace, ma è difficile capire il motivo per cui li si è accompagnati anche da due tripli leggeri: gli attacchi di saturazione da parte di sottomarini sono decisamente improbabili, e all'epoca non erano previsti dei siluri leggeri in funzione di CIWS anti-siluro come adesso, con gli MU-90. Le 'Maestrale', in ogni caso, pur con due tubi di lancio siluri in meno degli 'Audace' sono decisamente avvantaggiate dal fatto che hanno il sonar a profondità variabile, estremamente utile soprattutto quando la nave si muove oltre i 20 nodi e il sonar di prua diventa praticamente 'sordo', tanto meno capace di sfruttare la portata dei siluri pesanti appieno.
L'armamento principale antisom è comunque costituito dai due elicotteri AB-212ASW ospitati nell'hangar poppiero.
La propulsione tipo CODOG (Combined Diesel Or Gas) su due 2 eliche a cinque pale orientabili di 4 m di diametro ed azionate dall'apparato motore dalla potenza di 50.000 HP, consente una velocità di 31 nodi con turbine a Gas e di 21 nodi con i soli motori diesel. Il controllo remoto dell'apparato propulsore è effettuato dal sistema elettronico SEPA-7206 che assicura il controllo digitale di tutte le funzioni, mentre il governo è assicurato da due timoni a comando elettro-idraulico con un angolo di barra di 35° per lato. Molte sono state le misure prese per diminuire le vibrazioni e i rumori irradiati in mare, migliorando le caratteristiche ASW delle navi. Le unità di questa classe hanno avuto negli anni un impiego molto intenso, di gran lunga superiore a quello inizialmente previsto. Tutte le unità della classe sono state intensamente impegnate in questi anni in Oceano Indiano nell'ambito delle operazioni Enduring Freedom e Antica Babilonia. È prevista la loro messa in disarmo e la loro sostituzione con unità di nuova costruzione a partire dal 2010 con l'entrata in servizio delle nuove fregate del progetto europeo FREMM.
[[Immagine:DN-SD-06-10203.jpg|300px|right|thumb|In questa straordinaria foto è possibile confrontare direttamente l'aspetto delle 'Maestrale' con quello delle coeve ed equivalenti 'Bremen' tedesche.]]
*N. unità: 8
*Cantiere: Riva Trigoso
*Dislocamento: 3.040 t
*Lunghezza: 122,7 m
*Larghezza: 12,9 m
*Altezza: 7,9 m
*Pescaggio: 3,7 m
*Ponte di volo: 27 x 12 m
*Propulsione: CODOG, 2 turbine a gas Fiat-General Electric LM-2500;
2 motori diesel Grandi Motori Trieste BL-230-20M: 50.000 HP (36.765 kW a TG)e 7.800 HP rispettivamente; 31 nodi con turbine e 21 nodi max. su diesel; autonomia 6.000 miglia a 15 nodi (11.000 km a 27,8 km/h)
*Equipaggio: 225
*Sensori di bordo: radar SPS-774 (RAN-10S)- radar di ricerca a lungo raggio in Banda E/F, SPQ-2F - radar multifunzione (prima delle modifiche), SPS-702 CORA - radar di superficie (dopo le modifiche);
2 SPG-70 (RTN-10X) - radar di controllo del fuoco asserviti al sistema Albatros/Aspide ed al cannone 127/54mm Compatto;
2 SPG-74 (RTN-20X) - radar di controllo del fuoco asservito al sistema CIWS Breda Dardo;
SPN-748 - radar di navigazione; sonar Raytheon DE 1160B a scafo
Mk 95 - Sistema controllo del fuoco asservito al sistema Albatros/Aspide; IPN-20 (SADOC-2); sistema satellitare SATCOM
*Sistemi difensivi ECM: 2 lanciarazzi SCLAR da 105mm chaff/flare SLR-4 decoy; 2 SLQ-D jammers;
AN/SLQ-25 Nixie decoy antisiluro
* Armamento: 1 cannone 127/54mm Compatto, 2 impianti CIWS Breda Dardo, 8 missili Otomat/Teseo, 1 lanciamissili Mk 29 NATO (8 missili terra-aria Aspide pronti al fuoco, altri 16 in deposito); 2 tubi lanciasiluri per siluri filoguidati ASW/ASuW Whitehead A-184 da 533mm, 2 lanciasiluri tripli da 324mm MK 32 per siluri ASW tipo A244
*Mezzi aerei: 2 elicotteri AB-212 ASW
Le 'Maestrale', dalla capoclasse del 1981 in poi, portano i nomi di venti. Da notare la differenza temporale tra l'entrata in servizio della prima unità e le successive, quasi ad aspettare che questa completasse le prove in mare. Recentemente l'armamento di lanciasiluri pesanti non figura più nelle dotazioni delle navi: forse sono stati sbarcati. Dopotutto questi lanciasiluri avevano almeno 6 armi di riserva e con 8 navi, vi sarebbe stata la necessità di almeno 48 armi, quando i siluri A.184 ammodernati allo standard Mod.3 dovrebbero essere solo alcune decine, evidentemente destinati solo ai sottomarini. Con questa modifica, in effetti, si chiude l'era dei siluri pesanti a bordo delle navi di superficie italiane, iniziata circa 90 anni addietro.
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{| class="wikitable"
|-
!colspan="5" style="background:#ffdead; color: #000;" | [[Immagine:Naval Jack of Italy.svg|20px]] Marina Militare- Classe Maestrale [[Immagine:Naval Ensign of Italy.svg|30px]]
|-
! Matricola
! Nome
! Cantiere
! Varo
! entrata in servizio
|-
| F570
| ''Maestrale''
| Cantiere navale di Riva Trigoso
| 2 febbraio 1981
| 7 marzo 1982
|-
| F571
| ''Grecale''
| Muggiano (la Spezia)
| 12 settembr 1981
| 5 febbraio 1983
|-
| F572
| ''Libeccio''
| Riva Trigoso
| 7 settembre 1981
| 5 febbraio 1983
|-
| F 573
| ''Scirocco''
| Riva Trigoso
| 17 aprile 1982
| 20 settembre 1983
|-
| F574
| ''Aliseo''
| Riva Trigoso
| 29 ottobre 1982
| 20 settembre 1983
|-
| F575
| ''Euro''
| Riva Trigoso
| 25 marzo 1983
| 7 aprile 1984
|-
| F576
| ''Espero''
| Riva Trigoso
| 19 novembre 1983
| 4 maggio 1985
|-
| F577
| ''Zeffiro''
| Riva Trigoso
| 19 maggio 1984
| 4 maggio 1985
|}
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Ed eccoci all'ultima classe di fregate, la '''Margottini''', ovvero la FREMM (Dall'Italiano Fregata Europea Multi-Missione o dal Francese Frégate Multi-Mission)che è la sigla che identifica una nuova generazione di fregate che nasceranno come progetto congiunto tra Italia, tramite Orizzonte Sistemi Navali (Società di ingegneria navale, costituita da Fincantieri e da Finmeccanica) e Francia, tramite Armaris (consorzio formato da Thales e DCN). Il progetto FREMM segue la logica di collaborazione tra le industrie difesa italiane e francesi già sperimentato con la realizzazione del programma Orizzonte.
Le fregate saranno realizzate in due versioni: ASW (Anti Submarine Warfare), per il ruolo antisommergibile e General Purpose/Land Attack per l'attacco al suolo in profondità e il bombardamento controcosta in appoggio alle forze da sbarco. Entrambe le versioni dispongono di un sistema di autodifesa antiaerea AAW (Anti Air Warfare) basato sul missile Aster 15 e di un sistema ASuW (Anti Surface Warfare) basato sul missile Teseo/OTOMAT per le navi Italiane e sul missile Exocet per quelle francesi.
Il programma darà origine a partire dal 2008/2010 a 10 unità per la Marina Militare Italiana che sostituiranno le fregate delle classi Maestrale/Lupo e 17 unità per la Marina Francese che sostituiranno le fregate delle classi Tourville e Georges Leygues e gli Avisos della classe D'Estienne d'Orves. Gli ordini saranno suddivisi in 8 ASW e 9 GP/LA per la Francia e 4 ASW e 6 GP/LA per l'Italia.
Prossimamente, nell'autunno saranno avviati i lavori di costruzione per le prime due FREMM italiane che avranno rispettivamente nome Carlo Bergamini e Carlo Margottini, rispettivamente un Ammiraglio ed un Capitano di Vascello della Regia Marina durante la seconda guerra mondiale, decorati di Medaglia d'Oro al Valor Militare. I lavori verranno avviati nei cantieri di Riva Trigoso e di Muggiano (SP). Per le unità italiane la Marina Militare Italiana si è riservata l'opzione di montare un'ulteriore turbina a gas per portare la velocità di punta a 32/33 nodi per poter fornire una migliore scorta alle unità maggiori come la Cavour.
Le prime otto navi per la Marina Francese riceveranno i nomi: Aquitaine, Normandie, Provence, Bretagne, Auvergne, Languedoc, Alsace e Lorraine.
La legge finanziaria 2006 ha previsto stanziamenti idonei all’avvio del programma per la costruzione delle prime due fregate. Le FREMM sono il più importante programma militare in ambito navale mai costituito tra partners Europei e prevede un impegno finanziario complessivo di 11 miliardi di euro, dei quali 6,5 a carico della Francia e 4,5 a carico dell'Italia.
La legge finanziaria 2007 ha inoltre finanziato, tramite bilancio ordinario della Difesa e contributi straordinari MSE ulteriori 4 unità; salgono quindi a 6 le navi già finanziate.
FREMM:
*Dislocamento: 5.900 t
*Lunghezza: 137 m
*Larghezza: 19 m
*Pescaggio: 5 m
*Propulsione: CODLAG, 1 turbina a gas GE/Avio LM2500+ da 34 Mw, 2 motori elettrici alimentati da 4 generatori diesel
*Velocità: 27 nodi
*Autonomia: 6.000 n.mi. a 15 nodi (11.000 km o 55 giorni)
*Equipaggio: 108 (Massimo 145+20 opzionali)
*Sensori di bordo: radar di ricerca di superficie e aerea 2D in banda I/J RASS di Alenia Marconi Systems; radar multifunzionale 3D tipo phased array in banda C EMPAR di AMS, IFF di AMS; Sistema antisiluro SLAT
*Mezzi aerei: 2 elicotteri NH90 o 1 EH101 +1 NH90 dotati di due siluri leggeri MU 90 o due missili antinave Marte Mk 2/S
Note
Armamento versione ASW:
2 lanciatori verticali (VLS) in moduli da 16 celle ciascuno del tipo Sylver A-43 per il missile superficie/aria MBDA Aster 15 per la difesa antiaerea a corto raggio; 8 lanciatori per missili antinave a lungo raggio del tipo MBDA Teseo Mk2 Block IV e del sistema sistema combinato missile/siluro a medio raggio tipo MBDA Milas per la lotta antisommergibile per la versione Italiana o del solo missile lungo a raggio per la lotta antinave MBDA Exocet MM40 Block 3 per la versione Francese; 2 sistemi lanciasiluri trinati da 324 mm per siluri MU 90; 2 cannoni del tipo Oto Melara 76/62 mm super rapido con possibilità di utilizzo della munizione guidata Davide in funzione antimissile. La versione francese imbarcherà un solo pezzo;
2 Oto Melara Oerlikon da 25/80 mm; 2 elicotteri NH90 o EH101
Armamento versione GP/LA:
2 lanciatori verticali (VLS) in moduli da 16 celle ciascuno del tipo Sylver A-70 per il missile da crociera superficie/superficie a lungo raggio MBDA Scalp Naval (compatibili anche con missili Aster 15 e 30) e/o per il missile superficie/aria MBDA Aster 15 per la difesa antiaerea a corto raggio (AAW); 8 lanciatori per missili antinave a lungo raggio del tipo MBDA Teseo Mk2 Block IV per la versione Italiana o del missile lungo a raggio per la lotta antinave MBDA Exocet MM40 Block 3 per la versione Francese; 2 lanciasiluri binati da 324 mm per siluri MU 90; 1 Oto Melara 76/62 mm super rapido con possibilità di utilizzo della munizione guidata Davide in funzione antimissile. La versione italiana lo monterà a poppa sopra l'hangar mentre quella francese a prua; 1 Oto Melara 127/64 mm LW con possibilità di utilizzo della munizione guidata a lungo raggio Vulcano per il bombardamento controcosta di precisione, solo nella versione italiana; 2 Oto Melara Oerlikon da 25/80 mm; 2 NH-90 o EH101 o una combinazione di entrambi gli elicotteri
La Marina Militare Italiana non ha ancora dichiarato se le proprie FREMM in versione GP/LA saranno dotate al pari delle sorelle Francesi di un sistema missilistico a lungo raggio.
Tutto questo programma è andato a ruota di quello 'Orizzonte', ma è stato anche più sofferto e indefinito. Il fatto è che i costi sono stati sottostimati: pochi anni fa il programma era visto con un valore, per 25 navi complessive, di 'soli' 6.000 mld, ovvero appena 250 per nave, quando i De la Penne, per esempio, sono costati 749 mld a testa. Infatti attualmente si parla di 407 mln per ciascuna nave, pari a circa 800 mld, come facilmente prevedibile. La concezione risente invece dell'esperienza francese con i C70: ovvero uno scafo base, che come innovazione (c'erano già stati altri precedenti di navi ASW poi 'accresciute' del sistema antiaereo, ma erano state rielaborazioni del progetto originale) aveva la modularità di progettazione, da cui si poteva pensare fin dall'inizio sia ad un tipo ASW con missili a corto raggio, che uno da difesa d'area con SAM a medio raggio. I risultati furono quelli che a tutt'oggi costituiscono il grosso delle navi di prima linea francesi: i 7 'Legouyes' ASW e i 2 'Cassard' AAW. Non molti, ma in origine si pensava ad almeno 24 navi, poi rielaborate a 20 ASQ e 7 AAW. I costi, anche qui, hanno comportato un taglio decisamente drastico ai programmi della MN frustrando la potenzialità modulare del disegno, dato che in fondo, della versione AAW ne son stati realizzati giusto due esemplari.
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Ed ecco la storia dei pattugliatori di squadra 'Soldati', praticamente le 'Lupo' Irakene modificate e prese in carico, come pattugliatori, dalla MMI.
Le navi tipo 'Lupo' erano già state consegnate nel 1986 alla Marina Irachena, ma dato l'embargo, furono poste sotto sequestro restando bloccate in Italia e conseguentemente non vennero pagate dal committente e su di esse ha vissuto per anni un ridotto equipaggio iracheno in attesa che si risolvesse la questione e ad un certo punto quei marinai iracheni furono persino costretti a chiedere qualcosa di molto simile alla carità poiché non ricevendo più fondi dal governo di Saddam Hussein non potevano neanche acquistare i viveri.
Queste quattro unità alla fine sono entrate a far parte della Marina Militare grazie ad un compromesso, poiché i cantieri andavano pagati per il lavoro svolto e gli iracheni certamente non lo avrebbero fatto dato che non potevano prendersi le navi, quindi alla fine il governo italiano, le confiscò e poi acquistò così che queste, dopo un fermo decennale, nel 1994 passarono di proprietà, e la Marina Militare Italiana fu costretta a prendersele, facendo buon viso a cattivo gioco, immettendole in servizio nel 1994-96 dopo un ciclo di lavori di modifiche dei sistemi di bordo, in quanto diversi apparati erano incompatibili con gli standard NATO, e per consentire a queste navi l'adeguamento dello standard tecnico-operativo a quello delle altre unità in servizio della Marina Militare, con interventi sui sistemi di Comando e controllo, di telecomunicazione e sui sensori di scoperta radar e acustici. Questi ultimi, in particolare, vennero rimossi ufficialmente per l'impossibilità di essere aggiornati agli standard operativi. In realtà le 'Lupo' irakene avevano una migliore capacità ASW delle navi nazionali grazie se non altro al sonar filabile da bordo. In realtà è fin troppo chiaro quello che è successo: queste navi non dovevano essere 'conteggiate' nella prima linea delle unità italiane, dato che la MM avrebbe avuto una destabilizzazione pericolosa in un momento in cui non riusciva a comprare nuove navi. Così di fatto vennero considerate come 'pattugliatori di squadra', definizione varata ad 'hoc'. In fondo i francesi facevano lo stesso con le 'Floreal' e le 'Lafayette' (ma costruite da subito senza queste capacità), ma questa decisione è stata giustificata anche da necessità di 'standardizzazione'. Anche questa spiegazione è quantomeno bizzarra, visto che quasi tutte le principali classi di navi italiane sono state prodotte in uno o due esemplari, spesso con sistemi particolari e unici: una classe su quattro navi non era certo una violazione della standardizzazione dato la media, anzi.
In ogni caso tutta questa operazione costò carissimo: una vera 'tassa' che è durata per quasi 10 anni al ritmo di circa 250 miliardi l'anno, circa un quarto delle risorse per l'aggiornamento della Marina. Se a questo si aggiungono i 20-25 mld annui della rata per i 5 AB.212 irakeni anch'essi comprati, si capisce come questo sia stato un finanziamento a fondo perduto per i cantieri navali, e un salasso per la Marina. Alla fine, per comprare navi ancora valide per potenza di fuoco e velocità (entrambe eccellenti), ma pur sempre un disegno vecchio di 20 anni e 'mutilato' della dimensione ASW (sia armi che sensori: al posto della riserva di siluri hanno costruito una saletta d'attesa per l'equipaggio dell'elicottero), sono stati sborsati oltre 2.000 mld, come tre cacciatorpediniere 'De la Penne', di gran lunga superiori, e quindi un costo assolutamente ingiustificato per l'acquisto. Di fatto si è trattato di un autentico 'pacco', che la Marina ha dovuto accettare, per poi pagarlo di tasca sua (e in realtà dei contribuenti). Inoltre per i compiti di 'seconda linea' un motore tanto potente da assicurare i 35 nodi era eccessivo e troppo costoso, e l'armamento con batterie di missili e sistemi antiaerei e antimissile moderni decisamente surdimensionato. Forse sarebbe stato più opportuno togliere i missili antinave e i CIWS piuttosto che i siluri con un effetto simile a quello delle corvette 'Minerva', ma questo non è stato mai fatto, nemmeno ora che, per esempio, la 'Garibaldi' ha rimosso i suoi OTOMAT.
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|-
|-
! Matricola
! Nome
! Cantiere
! Nome originario
! Impostazione
! Varo
! Entrata in servizio
|-
| F 582
| ''Artigliere''
| Cantieri Navali del Tirreno e Riuniti, Ancona
| '''Hittin F-14'''
| 31 marzo 1982
| 27 luglio 1983
| 29 ottobre 1994
|-
| F 583
| ''Aviere''
| C.N.R. Ancona
| '''Thi Qar F-15'''
| 3 settembre 1982
| 18 dicembre 1984
| 4 gennaio 1995
|-
| F 584
| ''Bersagliere''
| Fincantieri, Ancona
| '''Al-Yarmuk F-17'''
| 7 aprile 1982
| 20 giugno 1985
| 28 novembre 1995
|-
| F 585
| ''Granatiere''
| Cantiere navale di Riva Trigoso
| '''Al-Qadissiah F-16'''
| 1 dicembre 1983
| 14 novembre 1985
| 20 marzo 1996
|}
Tutti i nomi sono quelli di cacciatorpediniere della II G.M. classe 'Soldati'. Gli 'Artigliere', una volta comprati, sono stati se non altro usati intensamente. Tra le attività svolte dalle unità di questa classe c'è stata la circumnavigazione del globo effettuata dal pattugliatore Bersagliere insieme al cacciatorpediniere Durand De La Penne. Le due unità, come avevano fatto 17 anni prima il Lupo e l'Ardito, salpate il 12 luglio 1996, sono rientrate a Taranto il 4 aprile 1997 dopo aver percorso oltre 46.000 miglia e toccato 35 porti di 23 nazioni.
===Corvette===
Queste unità sono state presenti fin dalle residue 'Gabbiano' e altre unità simili, residue della Seconda guerra mondiale. Le 'Gabbiano' erano navi spiccatamente ASW e con buone capacità antiaeree, armate con due tls da 450 mm, un cannone da 100 mm, 6-7 mitragliere da 20 e vari lanciabombe.
In tempi più recenti vi sono state navi come le 'Da Cristofaro', ma le più recenti sono state le '''Airone''', prima cioè che arrivassero le 'Minerva' missilistiche.
Le caratteristiche di queste navi erano queste: dislocamento 800 t, lunghezza 76,3 m, larghezza 9,6, immersione 2,72 m. Due motori diesel da 3.500 hp complessivi garantivano una buona autonomia e 19 nodi; l'equipaggio era invero numeroso, con 6 ufficiali+96 altri, mentre la fine della loro carriera le vedeva armate solo con una mitragliera (Alcione) o 3 (Airone) da 40/70 mm.
ALCIONE (F544) venne costruita, come l'altra nave, dai cantieri Naval Meccanica Castellammare di Stabia: impostata nel 1953 e varata il 19 settembre 1954, per essere consegnata il 23 ottobre 1995. Dopo 4 anni era, strano a dirsi, ancora in servizio. La gemella AIRONE (F545) ebbe invece, rispettivamente, impostazione nel '53, varo il 21 novembre 1954, consegna il 29 dicembre 1955.
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Le otto corvette classe '''Minerva''' sono state realizzate in due serie di quattro ciascuna per la Marina Militare Italiana, tra la fine degli anni '80 e l'inizio anni anni '90.
Con una velocità piuttosto buona e un armamento di siluri ASW, missili SAM e un cannone da 76mm hanno buone capacità complessive, anche se manca di componente missilistica antinave che ne limitano le capacità ASuW. Il loro compito principale è la difesa delle zone costiere di traffico, il pattugliamento della Zona Economica Esclusiva, la vigilanza pesca, l'addestramento al comando dei TT. VV. che frequentano la scuola di Augusta.
Queste unità sono di produzione quasi totalmente italiana in tutte le loro componenti, sia strutturali che elettroniche, e sono state studiate per una potenziale crescita del progetto, con sovrastrutture che offrono una segnatura elettromagnetica limitata e nel contempo assicurano ampi spazi liberi in coperta per eventuali future installazioni di sistemi d'arma aggiuntivi. Pur avendo grande flessibilità di impiego che le rende idonee a svolgere la difesa di convogli costieri è stata privilegiata al massimo in tutte le sue componenti la capacità antiaerea, che è data soprattutto dal lanciatore poppiero per i missili Aspide, e dal cannone da 76 mm prodiero. Il progetto era inizialmente previsto anche in versioni multiruolo: i due blocchi di sovrastrutture, che si ergono su di uno scafo a ponte continuo per quasi tutta la lunghezza, hanno uno spazio che in teoria avrebbe potuto anche ospitare missili Otomat (forse 4), mai installati, visto che queste unità vennero considerate essenzialmente di seconda linea e, nell'ottica della Guerra fredda, adatte alla scorta e pattugliamento, scorta convogli e così via. La velocità intermedia tra quella dei 'Cassiopea' e quella delle navi di squadra è ottenuta con motori diesel, giusto come le 'La Fayette' altrettanto 'intermedie' ma concepite come fregate da 3.000 t e non come corvette da 1.300 e 87 m. Quanto al costo, la sola II serie di navi è giunta a circa 597 mld, ovvero 150 per nave, dunque non un costo particolarmente ridotto anche considerando l'ampia produzione in serie: si trattava di circa un quinto dei 'De la Penne', che però sono stati prodotti in soli due esemplari, stazzano circa 4 volte tanto e hanno un sistema d'arma grandemente più complesso e potente.
Le unità sono anche dotate di moderni dispositivi antinquinamento e le centrali di direzione del tiro impiegano, oltre ai sensori convenzionali, anche FLIR e telecamere. Ai servizi ausiliari di bordo provvedono quattro gruppi elettrogeni Isotta Fraschini ID-36-SS-12V che forniscono una potenza elettrica di 2.600 kW, mentre gli automatismi consentono la condotta di buona parte delle manovre direttamente dalla centrale operativa di piattaforma.
Sono state costruite dalla Fincantieri, quattro unità a Muggiano e quattro a Riva Trigoso. La prima unità della classe è stata la Minerva impostata presso i cantieri navali di Riva Trigoso l'11 marzo 1985, varata il 25 marzo 1986 e consegnata alla marina italiana il 10 giugno 1987 insieme alla gemella Urania.
Le unità della classe hanno tutti i nomi delle corvette della 'Classe Gabbiano', che costruite durante la seconda guerra mondiale formarono nel dopoguerra con le unità sopravvissute al conflitto la classe più numerosa della Marina Militare. Alcune di queste navi negli anni '70 erano ancora in servizio.
Per gli standard della MM non sono 'eccessivamente armate', la loro economica di gestione è stata importante per rimpiazzare le fregate in tanti compiti che altrimenti avrebbero drenato le navi di prima linea dai loro compiti di maggior pregio. La costruzione di ben 8 di queste navi, tra i tardi anni '80 e i primi '90, è stata indubbiamente un notevole incremento delle capacità della MMI in tema di navi di 2a linea: a tutti gli effetti sono state tra queste, quello che le 'Maestrale', altrettanto (inusitatamente, per gli standard MM) numerose per la 1a linea, di poco precedenti. Queste 16 navi di scorta hanno continuato ad operare come nucleo moderno per tutti gli anni '90. Le 'Minerva' sono rimaste spesso coinvolte in azioni di contrasto all'immigrazione: celebre il tragico caso della 'Sibilla' che speronò, in una confusa azione, una nave ex- militare albanese stracarica di persone, affondandola con grande perdita di vite umane. Il governo Prodi di allora ne fu molto colpito, e mantenne poi la promessa fatta al governo albanese di far recuperare il battello dando sepoltura agli sventurati che vi morirono intrappolati.
Di recente le cose hanno cominciato a mutare per questa classe che è rimasta l'unica vera tipologia di 'corvetta' della MMI moderna, poiché, per risparmiare sul personale e gestione, le 'Minerva' hanno cominciato ad essere modificate. In pratica, a poppa è stato rimosso l'Aspide, come anche i lanciasiluri (che pure non recavano molto disturbo) a al loro posto è stata fatta una sorta di piattaforma per elicotteri, la cui presenza sembra sempre più sentita a bordo di tutti i tipi di navi. La cosa però l'ha lasciata armata solo col pezzo da 76, facendola diventare a tutti gli effetti solo un pattugliatore più veloce del normale. Questo provvedimento, per ora, è stato adottato solo per le navi della 2a serie, piuttosto curiosamente visto che sono più recenti delle altre.
I costi giornalieri (in missione) delle 'Minerva', dati attorno al 1996, erano di (calcolati in differenti ipotesi d'impiego) circa 16-64 mln contro i 43-136 dei 'Soldati', 39-140 per le 'Lupo', 48-164 per le 'Maestrale', 78-240 degli 'Audace', 69-262 dei 'De la Penne', 105-327 del 'Veneto e 102-365 del 'Garibaldi'. Da notare che i 'Soldati' pur con la rimozione dei sistemi ASW, non hanno che un costo marginalmente più basso rispetto a quello delle 'Lupo', mentre in generale comparando i costi delle due classi di caccia e delle due di incrociatori appare che con l'impiego meno gravoso le navi più moderne costano meno, mentre costano decisamente di più. Verosimilmente per via del tipo di motore, più moderno, con consumi minori a bassa velocità, ma con le turbine a gas apparentemente i costi e i consumi sono maggiori quando si tratta di dare fondo alla potenza e velocità.
Le 'Minerva' costano comunque meno delle altre navi e possono, specie quando avevano ancora l'armamento, emularle in buona parte. Con 113 marinai potevano eseguire parecchie missioni degne di una fregata maggiore e questo con un costo tra poco più di un terzo e un po' meno della metà. Una missione di 20 giorni quindi costava 320-960 mln, contro 860-2.800 mln. A parità di impiego, il risparmio era di 560-1.840 mln a seconda dell'impiego ipotizzato.
L'unica classe di navi medio-grandi che dava 'punti' in economicità alle 'Cassiopea' erano le 'Minerva', assai più lente e limitate, soprattutto con un motore da circa 5.000 hp anziché 11.000. Pur avendo una stazza maggiore avevano una spesa di gestione minore, con appena 6 ufficiali e 54 comuni, hanno un costo di circa 8,5-32,3 mln giornalieri. Però non hanno praticamente nessuna capacità di resistere in una situazione di guerra aperta, anche se possiedono una utile piattaforma per elicotteri.
*Tipo: corvetta
*Classe: Minerva
*Numero unità: 8
*Dislocamento: 1.285 t
*Lunghezza: 87 m
*Larghezza: 10,5 m
*Pescaggio: 3,2 (4,8) m
*Propulsione: 2 Diesel Grandi Motori Trieste BM-230.20 DVM da 11.000 HP (8.088 kW); velocità 24 nodi; autonomia 3.500 miglia a 18 nodi
*Equipaggio: 7 ufficiali + 106 sottufficiali e marinai
*Sensori di bordo: 1 Radar AAW/ASuW Selenia SPS-774 (RAN 10S) in Banda E/F, 1 radar di navigazione SMA SPS-728, 1 radar di controllo del fuoco Selenia SPG-75 (RTN 30X) asservito al sistema Albatros/Aspide, Raytheon/Elsag DE-1167; ESM/ECM
2 lanciarazzi multipli BARRICADE chaff/flare; sistema di combattimento IPN-10 (Mini-SADOC), Link 11
*Armamento: 1 cannone 76/62 mm, 1 lanciamissili ad 8 celle, 6 Tubi lanciasiluri da 324mm
*Motto:
Minerva: Vi et virtute;
Danaide: Fortiter ac fideliter;
Sfinge: Agere non loqui;
Urania: Tacita atque resoluta;
Driade: Virtudi confido;
Chimera: In arduis intrepida;
Fenice: Resurgit;
Sibilla: Timeo sed timorem
'''Unità della 1<sup>a</sup> Serie'''
{| class="wikitable"
|-
! Matricola
! Nome
! Cantiere
! Impostazione
! Varo
! Consegna
|-
| '''F 551'''
| '''''Minerva'''''
| Cantiere navale di Riva Trigoso
| 11 marzo 1985
| 25 marzo 1986
| 10 giugno 1987
|-
| '''F 552'''
| '''''Urania'''''
| Cantiere navale di Riva Trigoso
| 11 marzo 1985
| 21 giugno 1986
| 10 giugno 1987
|-
| '''F 553'''
| '''''Danaide'''''
| Fincantieri di Muggiano
| 26 maggio 1985
| 18 ottobre 1986
| 13 febbraio 1988
|-
| '''F 554'''
| '''''Sfinge'''''
| Fincantieri di Muggiano
| 26 maggio 1985
| 16 maggio 1987
| 13 febbraio 1988
|}
'''Unità della 2<sup>a</sup> Serie'''
{| class="wikitable"
|-
! Matricola
! Nome
! Cantiere
! Impostazione
! Varo
! Consegna
|-
| '''F 555'''
| '''''Driade'''''
| Cantiere navale di Riva Trigoso
| 5 marzo 1987
| 15 gennaio 1989
| 4 dicembre 1990
|-
| '''F 556'''
| '''''Chimera'''''
| Fincantieri di Muggiano
| 5 marzo 1987
| 9 settembre 1989
| 4 dicembre 1990
|-
| '''F 557'''
| '''''Fenice'''''
| Fincantieri di Muggiano
| 5 marzo 1987
| 7 aprile 1990
| 15 gennaio 1991
|-
| '''F 558'''
| '''''Sibilla'''''
| Cantiere navale di Riva Trigoso
| 5 marzo 1987
| 15 settembre 1990
| 16 maggio 1991
|}
{{-}}
===Pattugliatori d'altura===
I quattro pattugliatori d'altura Classe '''Cassiopea''' o Costellazioni sono unità varate nei tardi anni ottanta per la Marina Mercantile e dati in gestione alla Marina Militare Italiana, con compiti di seconda linea e di pattugliamento generale.
Sono armate con un cannone da 76/62 mm di vecchio tipo, 2 mitragliere e 1 elicottero che ne estende il raggio d'azione.
Sono state costruite con criteri prevalentemente mercantili, cioè il loro progetto ha criteri più vicini ad una nave civile che ad una unità da combattimento. D'altronde queste non sono considerate unità di squadra, sia per l'armamento che per la velocità, ed in generale per la dotazione elettronica di bordo. Tuttavia le unità possono svolgere un lavoro di integrazione o sostituzione alle corvette.
*Cantiere: Fincantieri - Muggiano
*Dislocamento a pieno carico: 1.475 t
*Lunghezza: 79,8 m
*Larghezza: 11,8 m
*Pescaggio: 3,6 m
*Propulsione: 2 diesel Grandi Motori Trieste (GMT) BL-230.16M
*Potenza: 7.490 HP
*Velocità: 20 nodi
*Autonomia: 3300 miglia a 17 nodi
*Armamento: 1 cannone compatto Oto Melara da 76/62 mm MM,
2 mitragliere da 20 mm (forse recentemente rimpiazzate dalle 25 mm), 2 mitragliere da 12,7 mm (di recente aggiunta)
*equipaggio: 6 ufficiali +54 sottoffuciali, sottocapi e comuni
{| class="wikitable"
|-
! Matricola
! Nome
! Cantiere
! Impostazione
! Varo
! Consegna
|-
| '''P 401'''
| '''Cassiopea'''
| Cantiere navale del Muggiano
| 26 febbraio 1987
| 27 luglio 1987
| 21 ottobre 1989
|-
| '''P 402'''
| '''Libra'''
| Cantiere navale del Muggiano
| 26 febbraio 1987
| 27 luglio 1987
| 23 marzo 1991
|-
| '''P 403'''
| '''Spica'''
| Fincantieri del Muggiano
| 26 febbraio 1987
| 27 maggio 1987
| 23 marzo 1991
|-
| '''P 404'''
| '''Vega'''
| Fincantieri del Muggiano
| 3 settembre 1987
| 24 febbraio 1987
| 23 marzo 1991
|}
----
È difficile capire la logica della MM del dopo-guerra Fredda: da un lato non ha avuto nessuna nuova nave principale sugli scali per anni, riducendo inesorabilmente il numero di quelle in prima linea o prolungandone la vita operativa fin oltre limiti ragionevoli, fidando del resto sull'esuberanza dei sistemi d'arma richiesti già negli anni '70 per scafi piuttosto piccoli che li avrebbero poi contenuti senza modifiche sostanziali per i decenni successivi. La flotta di navi di seconda linea era già ben nutrita, con ben 12 navi a livello di corvetta entrate in servizio appena dopo il completamento di gran parte dei progetti per la prima linea della flotta. Ma piuttosto che lasciare risorse per nuove navi di prima linea, la MM ha invece ordinato una serie di nuove unità da circa 1.500 t, il cui primo lotto, dal costo di oltre 600 mld rappresenta la Classe Comandanti o '''Cigala Fulgosi''' o NUMC (Nuove Unità Minori Combattenti). Queste rappresentano un tipo ampiamente superiore rispetto ai 'Cassiopea', che erano al confronto delle navi paragonabili, in piccolo, alle 'Floreal' francesi di poco successive. Le nuove NUMC invece sono unità navali moderne, che per la prima volta importano nella linea della MM un progetto con caratteristiche piuttosto marcatamente 'stealth', con un aspetto simile a quello delle 'La Fayette'. L'armamento comprende un cannone OTO moderno (e non la solita rimanenza di magazzino come sulle 'Cassiopea', 'Vesuvio', 'S.Marco'), addirittura un 'Super Rapido', con annessa una moderna centrale di tiro radar e un radar di scoperta aerea e di superficie moderno. Inoltre v'eran le predisposizioni per elicottero, ma non solo una piattaforma d'appontaggio ma anche un hangar di ricovero.
Questa immensa quantità di grosse navi è difficile da comprendere, e forse più che una obiettiva necessità della MM ha avuto importanza per la cantieristica nazionale, aiutata in un'era non felicissima per le commesse in cantiere. Anche per questo il rinnovo della flotta di prima linea ha segnato il passo per quasi 10 anni: tra l'arrivo dell'ultimo sottomarino 'Sauro' del 1995 e la 'Cavour' e 'Doria' del 2007 di anni ne passarono davvero molti. Questo è stato aggravato anche dal declassamento dei 4 'Artigliere' da fregate a pattugliatori di squadra.
*Cantiere: Cantiere navale di Riva Trigoso
*Dislocamento a pieno carico: 1.512 t
*Lunghezza: 88,6 m
*Larghezza: 10,2 m
*Pescaggio: 3,6 m
*Propulsione: 2 motori Diesel Wärtsilä-NSD W18-V-26 XN, 2 × 6 480 kW
*Potenza: 7.490 HP
*Velocità: 25 nodi
*Autonomia: 3.500 miglia a 14 nodi
*Armamento: 1 cannone compatto Oto Melara da 76/62 mm MM,
2 mitragliere Oto Melara/Oerlikon KBA/KBB da 25/90 mm
*Motto: virtutis fortuna comes
La Classe Comandanti è costituita da quattro nomi di Comandanti di Cacciatorpediniere (C.C. Giuseppe Cigala Fulgosi, C.C. Costantino Borsini, C.C. Ener Bettica, C.F. Adriano Foscari) decorati con Medaglia d'oro al Valor Militare per imprese compiute nella seconda guerra mondiale. È la prima classe di navi della Marina Militare ad essere costruita con caratteristiche stealth. Da questo progetto sono stati derivati 2 pattugliatori d'altura classe Costellazione II per il Ministero dei Trasporti.
Navi (tutte varate dalla Fincantieri a R.Trigoso):
*P490 - Comandante Cigala Fulgosi, varo 2000, completamento 2002
*P491 - Comandante Borsini, varo 2001, completamento 2002
*P492 - Comandante Bettica, idem
*P493 - Comandante Foscari, idem
Dal giugno al luglio 2003 il 'Cigala Fulgosi' ha preso parte all’Operazione 'Antica Babilonia'.
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I più recenti della sfilza di pattugliatori-corvette e simili della MM, sono i 'Costellazioni 2' o classe '''Sirio'''. Ma rispetto ai precedenti non hanno praticamente più nulla in comune, con aspetto invece molto simile a quello dei NUMC 'Fulgosi', con fiancate svasate, piattaforma per elicotteri ma niente cannone di medio calibro.
*Numero unità: 2
*Dislocamento: 1.580 t
*Lunghezza: 88,6 m
*Larghezza: 12,2 m
*Pescaggio: 3,8 m
*Propulsione: 2 diesel GMT Wartsila NSD W-12-V26XN da 8.500kW, 2 eliche; 22 nodi, autonomia 3300 nm a 17 nodi.
*Equipaggio: 48+6
*Sensori di bordo:radar di ricerca aerea, in superficie e navigazione
*Armamento 2 cannoni da 25/80 mm e un elicottero.
Unità: P409 SIRIO, costruito dalla Fincantieri a Riva Trigoso, varato nel 2002 e consegnato nel 2003; e il P410 ORIONE con la stessa tempistica.
===Navi MCM (Contromisure Mine)<ref>Caiti Pierangelo ''cacciamine Usa a La Spezia'', RID 12/97</ref>===
Tra le tante navi MCM vi sono certo da citare STORIONE e SQUALO, classe 'Storione'. Sono MSO ceduti dall'US Navy, che ancora alla metà anni '90 erano attive, ma come pattugliatori, avendo dismesso il sonar e le attrezzature per il dragaggio. Due unità similari, SGOMBRO e SALMONE vennero radiate nel 1990-91. All'epoca erano usate solo come pattugliatori, ma avevano un passato da navi MCM d'altura lungo decenni. Da notare che non erano i soliti residui della II GM: praticamente vennero consegnate nuove dopo essere state costruite negli anni '50.
Caratteristiche:
*Dislocamento: 665 t
*Dimensioni: lunghezza 50,72 t, larghezza 10,98 m, immersione 3,28 m
*Motore: 2 diesel da 1.600 hp, 13 nodi
*Equipaggio: 4+58
*Armamento: un Bofors da 40/56 mm.
Cronologia (per le due navi superstiti):
*Storione (P5431, ex MSO 506): Cantiere Martinolich SB Co., impostato nel 1953, varato il 13 novembre 1954, consegnato il 23 febbraio 1956
*Squalo (P5431, ex-MOS 518): Cantiere Tampa Marine Co., impostato nel 1953, varato nel 1955 e consegnato il 20 giugno 1957.
Poi vanno senz'altro menzionati i più piccoli '''Castagno''' con scafo in legno. Anche questi erano mezzi navali americani, degli AMS trasferiti nel 1953/55. Attorno alla metà anni '90 restavano ancora in servizio, grazie alla modifica in cacciamine, ma solo in attesa degli ultimi 'Gaeta', 3 delle 7 navi di questo tipo trasformate in cacciamine negli anni '70.
*Dislocamento: 354,46 t
*Dimensioni: lunghezza f.t. 43,915 m, larghezza 8,255 m, pescaggio 2,675 m
*Motore: 2 diesel da 1.760 hp complessivi, 1 motore ausiliario V.Schneider o Riva-Calzoni da 310 hp; 11.4 nodi
*Equipaggio: 3+38
*Armamento: 1 mitragliera da 20/70 mm Oerlikon.
Di queste ultime navi, CASTAGNO e GELSO sono stati ceduti alla Marina Militare ellenica il 20 ottobre 1995, il PLATANO è stato radiato il 29 settembre dello stesso anno. Certo che, en passant, non si può dire che la Marina greca nel settore MCM si sia concessa mai lussi sfrenati, come quello di comprare navi vecchie di 40 anni e ampiamente logorate, della MMI. Il loro aspetto era del tutto simile a quello che le successive 'Lerici' avrebbero avuto, solo visibilmente più piccoli e stretti. L'aspetto era per il resto, nonostante la costruzione in legno, quello tipico dei cacciamine: plancia alta e tozza, mitragliera anteriore, scafo con un alto ponte di castello lungo circa 2/3, fumaiolo piuttosto vicino a poppa, dove v'erano le apparecchiature di dragaggio mine, un corto albero dietro la plancia. Il ponte principale, che corre per tutta la lunghezza della nave, è esattamente come nei 'Lerici', sottolineato da una sporgenza sulla fiancata, quasi a segnalare visivamente la sua presenza, come se fosse conficcato nella murata stessa.
----
I cacciamine classe '''Lerici''' sono unità moderne, realizzate negli anni '80 per la Marina Militare Italiana in quattro esemplari, che hanno avuto un notevole successo di esportazione. Unità discendenti da queste sono state costruite per le Marine di Stati Uniti (12 unità), Australia (6), Malaysia (4), Nigeria (2), Tailandia (2), per un totale di ventisei unità. Esse hanno lo scafo in vetroresina, in un unico elemento, per avere la resistenza superiore a quella degli scafi in legno e l'amagneticità che gli scafi in acciaio generalmente non consentono. Tuttavia si tratta di navi costose e dall'impatto ambientale molto elevato per le centinaia di tonnellate di resine sintetiche utilizzate. Il motore diesel principale è sospeso in una culla indipendente dallo scafo, mentre i motori ausiliari dei gruppi elettrogeni e per caccia di mine sono situati sopra il ponte di coperta allo scopo di ridurne la segnatura acustica e magnetica. Allo scopo di rudurre la rumorosità, le eliche sono a basso numero di giri, mentre i motori e le varie apparecchiature sono isolati acusticamente. Queste unità dispongono di tre motori idraulici, a scomparsa ed orientabili a 360°, di cui uno a prora e due a poppa, che normalmente vengono usati durante la caccia e che possono funzionare anche da motori di emergenza nel caso di guasto al motore diesel principale. Oltre ai normali sensori, le unità dispongono di sistema di radionavigazione, di sistema integrato di navigazione GPS e tracciamento Datamat SMA SSN-714V)2, di sistema complesso di telecomunicazioni. Dispongono di mezzi di ricerca e caccia subacquea Pluto e MIN-77 o MIN Mk 2.[1]
*Tipo: cacciamine
*Numero unità: 4
*Cantiere: Intermarine di Sarzana (SP)
*Dislocamento: 485 t
*Lunghezza: 49,9 m
*Larghezza: 9,6 m
*Pescaggio: 2,6 m
*Propulsione: 1 motore diesel Grandi Motori Trieste BL-230.8M,
3 motori per andature di caccia Isotta Fraschini ID-36-SS6V,
1 motore elettrico; 1.985 HP; con i 3 motori di caccia 1.481 HP
*Velocità: 14 nodi
per andatura di caccia 6 nodi
*Autonomia: 2.500 miglia a 12 nodi
*Equipaggio: 4 + 43
*Sensori di bordo sistemi di comunicazione:
sistema di radionavigazione;
sistema integrato di navigazione Motorola MRS III/GPS e tracciamento Datamat SMA SSN-714V)2
*mezzi di ricerca e caccia subacquea: 1 Pluto e MIN-77 o MIN Mk 2
*Armamento 1 o 2 cannoni da 20/70 mm oppure 2 cannoni da 25/90 mm
Dalla classe Lerici deriva la Classe Lerici II serie, molto ingrandita, che sarebbe diventata poi la 'Gaeta'.
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La Classe Lerici 2a serie, anche nota come '''classe Gaeta''' dal nome della prima unità, è l'evoluzione ingrandita e potenziata della Lerici 1a serie, i Gaeta sono cacciamine in vetroresina, la principale forza di questa specialità in servizio con la Marina Militare Italiana. Essi sono stati il modello anche per la classe 'Osprey' americana, ancora più grandi ed oceaniche, e per le 'Huon' australiane.
*Tipo: cacciamine
*Classe: Gaeta
*Numero unità: 8
*Cantiere: Intermarine di Sarzana (SP)
*Dislocamento: 697 t
*Lunghezza: 52,45 m
*Larghezza: 9,6 m
*Pescaggio: 2,95-3,1
*Propulsione: 1 motore diesel Grandi Motori Trieste BL-230.8M,
3 motori per andature di caccia Isotta Fraschini ID-36-SS6V,
1 motore elettrico; 1.985 HP; con i 3 motori di caccia 1.481 HP
*Velocità: 14,3 nodi
per andatura di caccia 6 nodi
*Autonomia: 2.500 miglia a 12 nodi, 1.500 a 14
*Equipaggio: 4 1-48
*Sensori di bordo sistemi di comunicazione:
sistema di radionavigazione;
sistema integrato di navigazione Motorola MRS III/GPS e tracciamento Datamat SMA SSN-714V)2
*mezzi di ricerca e caccia subacquea: 1 Pluto e MIN-77 o MIN Mk 2
*Armamento 1 o 2 cannoni da 20/70 mm oppure 2 cannoni da 25/90 mm
Ecco i dati delle prime 10 navi:
'''Unità''':
{| class="wikitable"
|-
! Pennant number
! Nome
! Cantiere
! Impostazione
! Varo
! entrata in servizio
|-
| M5550
| Lerici
| Cantieri Intermarine di Sarzana
| 27 giugno 1978
| 3 settembre 1982
| 4 maggio 1985
|-
| M5551
| Sapri
| idem per tutti
| 27 giugno 1978
| 5 aprile 1982
| 14 dicembre 1985
|-
| M5552
| Milazzo
|
| 27 giugno 1978
| 1 aprile 1982
| 14 dicembre 1985
|-
| M5553
| Vieste
|
| 18 aprile 1978
| 5 aprile 1984
| 14 dicembre 1985
|-
| M5554
| Gaeta
|
| 5 agosto 1988
| 9 ottobre 1990
| 3 luglio 1992
|-
| M5555
| Termoli
|
| 5 agosto 1988
| 18 dicembre 1990
| 13 novembre 1992
|-
| M5556
| Alghero
|
| 5 agosto 1988
| 22 maggio 1991
| 31 marzo 1993
|-
| M5557
| Numana
|
| 5 agosto 1988
| 20 marzo 1992
| 30 luglio 1993
|-
| M5558
| Crotone
|
| 5 agosto 1988
| 8 settembre 1992
| 2 febbraio 1994
|-
| M5559
| Viareggio
|
| 5 agosto 1988
| 11 maggio 1993
| 1 luglio 1994
|}
E ora le differenze tra 'Lerici', 'Gaeta' e 'Osprey':
{| class="wikitable"
|-
! Classe
! Stazza norm./pc. t
! lungh. m
! largh. m
! pesc. m
! pot. hp
! vel. max knts
!vel media
!Equipaggio
!Auton. mn/knts
|-
| ''Lerici''
| 485/520
| 49,9
| 9,56
| 2,5-2,63
| 1.600
|15
|7
|40-42
|2.500/12
|-
| ''Gaeta''
| ?/697
| 52,45
| 9,6
| 2,95-3,1
| 1.958
|14,3
|6
|41-48
|1.500/14
|-
| ''Osprey''
| 750/890
| 57,3
| 10,95
| 2,93-3,65
|2.800
|12
|6
|45-51
|1.500/10
|}
Gli 'Osprey' sono stati costruiti dopo gli 'Avenger', cacciamine di progettazione americana che costituiscono i più grandi realizzati (parzialmente) in GRP (1.312 t di stazza). Se i 'Gaeta' sono risultati un discreto passo in avanti come dimensioni e capacità complessive, gli 'Osprey' hanno aumentato le dimensioni e la stazza anche rispetto a questi, e in maniera notevole. La carriera dei cacciamine europei è stata messa a frutto nel Golfo, nel 1991. Allora gli Alleati anti-Irak si diedero da fare con una imponente spedizione che coinvolse ben 34 cacciamine tedeschi, inglesi, francesi, belgi, olandesi (questi ultimi tre Paesi portarono i 'Tripartite'),americani e anche italiani. Il comando di MARICODRAG, il comando cacciamine di sede a la Spezia, inviò la 54ima squadriglia cacciamine, con i nuovi e moderni 'Lerici': SAPRI, MILAZZO e VIESTE, operando nel 20imo Gruppo Navale italiano, dal 26 aprile 1991 distrussero 79 mine, con il record per il 'Milazzo' di 26 ordigni (come può essere ? se le navi erano 3 e le mine 79, allora la media è già di oltre 26 per ciascuna nave). In ogni caso, su 1.200/1.300 mine poste dagli irakeni a difesa delle loro acque territoriali ne vennero eliminate 1.130, con un massimo di 22 cacciamine operanti contemporaneamente a maggio, ma con una missione che è arrivata fino a giugno almeno. In ogni caso, le mine incontrate erano per lo più LUGM 145 (ovvero 'mina' in arabo, 145 kg di esplosivo), che sono il clone irakeno delle M1908/39 sovietiche, provviste invece di una carica da 115 kg. In entrambi i casi si tratta di una mina ormeggiata primitiva, ma pericolosa: i suoi aculei hanno dentro una fiala di acido e se vengono rotti, questa fa contatto tra una batteria e la spoletta, facendo esplodere la mina. In genere vengono controminate con un panetto di esplosivo di 7 kg sotto la mina stessa, esplosione provocata a sua volta da una carichetta da 100 gr a tempo. Queste cariche sono sistemate sia dal sistema Pluto (modificato nel Golfo per migliorare la sicurezza della carica di controminamento) o da sommozzatori del nucleo imbarcato. Ma c'erano anche delle piccole mine MYAM da 20 kg di esplosivo, frammiste alle LUGM e alle M1908 (di gran lunga le più numerose). Ma nondimeno, non è che i 3 cacciamine italiani abbiano fatto brillare più mine della media che anzi è arrivata a oltre 30 per ciascuna nave. In effetti, questa media è stata opportunamente rialzata dall'attività di uno dei 'Tripartite' (progetto tra l'altro direttamente in competizione con i 'Lerici'), il 'Sagittaire' francese, che ne ha distrutte da solo 145 in 20 giorni, quasi il doppio di tutta la squadriglia italiana messa insieme (chapeau), e ottenendo di gran lunga la migliore prestazione complessiva dei cacciamine impiegati in zona.
Quanto agli 'Osprey', queste 12 navi hanno seguito i 14 'Avenger' e le prime 4 sono state costruite in America dai cantieri Intermarine di Savannah, poi le altre dai cantieri Avondale. Il primo, il BLACK HAWK venne varato tuttavia solo il 27 agosto 1994, dopo circa 2 anni dall'impostazione (a quanto pare, con un tempo di realizzazione media di 4-5 anni, la costruzione di un cacciamine in GRP non è affatto facile e semplice). Nell'esercitazione PALMARIA '97 si sono ritrovati insieme sia i cacciamine italiani che quegli USA (Avenger e Black Hawk), quasi una riunione in famiglia per la maggior parte delle navi. La struttura dei 'Lerici' è caratterizzata da uno scafo a gittata ad un unico pezzo in GRP, centinaia di tonnellate di vetroresina (materiale non propriamente ecologico) che devono essere usate con attenzione, ma una volta formate danno vita ad uno scafo che è robusto come quello in acciaio e amagnetico come quello in legno. Ma certo, non è facile come sembra, e in particolare il costo, l'inquinamento ambientale e potenzialmente la vulnerabilità agli incendi non sono cose trascurabili. Inoltre i cacciamine in GRP hanno strutture largamente trasparenti alle onde elettromagnetice: questo aiuta a ridurre l'eco radar, ma il sistema di navigazione manifesta sorprendenti problemi (almeno prima del GPS) quando il Sole è in tempesta: infatti non c'è metallo che schermi i sistemi di navigazione e questo non è un bene. Per il resto, anche se la struttura è diventata molto più complessa, gli 'Osprey' hanno sempre il caratteristico scafo tozzo, ad alto bordo libero (un ponte in più per circa l'80% della lunghezza), con una sovrastruttura unica dotata di un'alta plancia e dietro, di un piccolo albero sottile e di un tozzo e squadrato fumaiolo. Da notare che l'aumento della massa non ha giovato alla velocità, scesa rispetto ai 'Lerici' originali sia coi 'Gaeta' che con gli 'Osprey'. Questi hanno anche un'autonomia molto minore rispetto agli altri tipi, anzi già i 'Gaeta' sono inferiori. Forse questo è dovuto alla maggiore potenza richiesta ai motori, che però pur aumentandola non riescono a compensare l'aumento della resistenza e non hanno abbastanza carburante per conservare l'autonomia originale, come se i serbatoi di carburante non fossero stati significativamente ingranditi.
Nondimeno, le unità americane si facevano 'notare' perché al posto dell'unica elica poppiera e delle 3 in caccia di piccole dimensioni, hanno 2 propulsori epicicloidali Voight-Schneider, ciascuno con una specie di 'ruota' orizzontale con varie pale sotto lo scafo, e azionato da un diesel da 1.400 hp. Questo dà una maneggevolezza e una precisione in manovra eccellenti rispetto a qualunque nave 'normale', anche se non consente grandi velocità di punta.
Quanto alle navi italiane, il loro sistema di distruzione mine era il ROV Gaymarine MIN (la cui versione più piccola, il PLUTO, è stata adottata dai cacciamine nigeriani), più grosso dei PAP-104 francese ma trasportabile in un unico esemplare, con intuibili problemi di disponibilità. Il PAP-104 francese pesa 700 kg, è lungo 2,7 m, largo 1,1, velocità 6 nodi, filoguidato co un cavo lungo 500 m. E' provvisto di una telecamera per consentire l'identificazione della mina, ed è armato di una carica da 100 kg (o minori) di cui i 'Tripartite' (navi in GRP con scafo formato da 180 t di questo materiale, anche qui in uno scafo in un sol pezzo) portano 27 pezzi a bordo (con una dotazione di esplosivo invero sorprendente di ben 2,7 t, grossa percentuale per una nave di meno di 550 t). Rilascia la carica vicino alla mina e poi se ne va al sicuro. Naturalmente gli italiani non avrebbero tollerato l'adozione di un sistema straniero senza proporre qualcosa di autarchico, e così hanno adottato il MIN, precisamente il MIN-79 (almeno per le unità italiane) che offre caratteristiche superiori, ma a prezzo di un peso di 1.300 kg, velocità 5 nodi, ha un sonar proprio (forse non così sui PAP), una telecmaera subacquea, una carica da 85 kg di esplosivo, e (altra cosa che sicuramente non esiste sui PAP) una cesoia esplosiva per recidere la catena d'ormeggio delle mine, che poi però devono essere distrutte dal fuoco della mitragliera di bordo quando galleggiano. Il MIN può operare da distanze fino a 250 m dal cacciamine e fino a 150 m di profondità. Gli 'Osprey' hanno invece un sistema MNS della Honeywell con capacità di raggiungere i 183 m di profondità.
In generale le soluzioni non son univoche nella lotta alle mine: per esempio, laddove disponibile è meglio usare l'acciaio amagnetico, più facile da realizzare e più semplice del GRP, anche se più soggetto alla corrosione. L'alluminio è pure ideale, ma troppo soggetto alla corrosione. Nel caso di navi come gli 'Avenger' americani la loro massa, distribuita in 68 m di lunghezza è soprattutto in robusto legno di quercia, abete e cedro, con un rivestimento di GRP per prevenire la corrosione e migliorare la resistenza senza esagerare con le difficoltà di costruzione. Come sistemi di neutralizzazione mine pure non c'è molto accordo, per esempio i 4 'Lerici' malaysiani hanno adottato anziché il MIN, i PAP-104. Poi non c'è unanimità nemmeno sui mezzi di dragaggio mine in termini di filosofia d'impiego: se entrare in un campo minato è comunque un rischio, perché non entrarci per niente? I tedeschi usano cacciamine convertiti in mezzi di teleguida per drones, e questi non sono dei piccoli sottomarini filoguidati, ma battelli da circa 20 metri equipaggiati di numerosi sistemi magnetici, acustici e meccanici di dragaggio. Fino a 3 di questi possono essere teleguidati da una singola nave con il sistema noto come 'Troika'. Gli americani e i giapponesi invece ci 'volano sopra' con slitte trainate dagli elicotteri pesanti, tipo gli MH-53.
Per quello che riguarda le forze MCM della Marina c'è da notare che questa ha subito un'involuzione numerica al pari però di un miglioramento qualitativo.
Ecco i dati, invero impressionanti: nel 1955 vi erano ben 69 navi per il dragaggio mine (all'epoca non c'erano i 'cacciamine', ci si doveva accontentare di gettare cavi speciali e afferrare le mine, specie quelle ormeggiate.
Nel 1958 si arrivò a ben 93 unità, per poi scendere a 77 nel 1965, 60 nel 1971, e poi una forza stabile di 39 dal 1974 al 1982: 4 dragamine d'altura, 25 costieri e 10 litoranei.
Un tempo non tanto distante v'erano così 2 Gruppi dragamine con il 2° a Messina e il 4° di La Spezia, in tutto queste controllavano le squadriglie 53, 54, 55, 57 e 61a.
Nel 1983 erano rimasti i 7 cacciamine 'Castagno', ovvero i primi di questo tipo nella MM, grazie alla trasformazione di altrettanti cacciamine, a questi si aggiungevano 4 dragamine d'altura, (Salmone, Storione, Squalo, Sgombro), 15 costieri e 5 litoranei.
Dal 1985 arrivarono i 'Lerici', così a quel punto e per qualche anno si rimase ad una forza di 4 'Lerici', 7 'Mandorlo', 4 dragamine d'altura e 9 costieri (totale 22), che a fine del 1988 rimasero solo 5; Nel 1991 erano rimasti, oramai alla fine della Guerra Fredda, i 4 'Lerici', 6 'Castagno', 2 dragamine d'altura ('Storione' e 'Squalo', dal 1992 diventati pattugliatori).
Quindi da 39 navi del 1982 si era scesi a 31 nel 1983, 22 nel 1985-88, 18 nel 1988-90, 12 nel 1991, 13 nel 1992 ( i primi due 'Gaeta' ma un 'Castagno' in meno; oramai questa classe non aspettava altro che di 'avvicendarsi' con i nuovi cacciamine), 13 nel 1994 (4 'Lerici' 6 'Gaeta', 3 'Castagno' ovvero Castagno, Gelso, Platano); con l'arrivo dei due 'Gaeta' ultimi, RIMINI E GHIOGGIA, si è arrivati ad una forza di appena 12 navi ma tutte moderne, quindi nonostante lo scarso numero di scafi (non indifferente come problema data la lentezza di queste navi e la lunghezza delle coste) non è stato certo una perdita in capacità operative, ma le squadriglie sono rimaste solo la 53a di Messina con i 'Lerici', e la 54a di La Spezia, ben più importante anche se decentrata (oltretutto i 'Gaeta' sono di due nodi più lenti..) con tutti e otto i 'Gaeta', notevolmente migliori rispetto ai loro progenitori.
===Aliscafi===
La '''Classe Sparviero''' è una serie di aliscafi missilistici prodotta, come residuo del programma NATO per questo tipo d'imbarcazioni, in sette esemplari, incluso il prototipo, entrati in linea nella Marina Militare durante gli anni '70 e radiati nel decennio scorso, molto simili ai Pegasus americani .
Sorprendentemente piccoli, essi portavano addirittura un cannone compatto da 76 mm e 2 missili a lungo raggio Otomat, ma il raggio d'azione era di soli 500 km e i costi operativi comparabili con quelli di una fregata. Proprio a causa degli elevati costi d'esercizio, e dei nuovi scenari creatisi con la fine della guerra fredda, le unità di questa classe sono state prima messe in riserva, e poi nel 2000 ne è stata anche tentata la vendita all'estero, con scarso successo. Anche la stessa marina giapponese, che tra il 1991 ed il 1993 mise in servizio le tre unità PG-01, derivate dal tipo Sparviero, dopo aver previsto inizialmente altre 9 unità ha optato successivamente per unità d'attacco veloci di tipo convenzionale.
Nella Marina Militare Italiana il ruolo degli aliscafi è oggi ricoperto dalle nuove unità minori, quale la Classe Comandanti le cui capacità operative sono ampliate dalla disponibilità di un elicottero imbarcato. Stessa necessità che ha portato la rimozione di parte dell'armamento dalle corvette classe Minerva per ospitare un ponte di volo.
Dati:
*Dislocamento: 63 t
*Lunghezza: 24,6 m
*Larghezza: 12,1 m
*Motore: 1 turbina a gas R.R. Proteus da 4.500 hp (movimento sulle 'ali'), un diesel da 160 hp (navigazione in dislocamento)
*Velocità: 50 nodi circa in planata, 9 in dislocamento; raggio d'azione 185 km, autonomia circa 8 ore o 550 km.
*Equipaggio: 2+7
*Equipaggiamento: 1 radar di scoperta in superficie, un radar RTN-10X per il cannone, alcune altre apparecchiature, soprattutto arrivate in seguito, come una suite miniaturizzata per ESM/ECM e lancia-chaff.
*Armamento: 1 cannone da 76 Compatto, sistema Teseo con due Otomat Mk 2
*Scafo: due alette principali, una anteriore, in alluminio saldato (di tipo resistente alla corrosione), elaborazione computerizzata (riprogettata totalmente la sovrastruttura iniziando dal NIBBIO per migliorarne l'aerodinamica).
Ecco i dati delle 6 navi ' di serie' (tutti progettati nei Cantieri Navali Riuniti del Muggiano):
'''Unità''':
{| class="wikitable"
|-
! Pennant number
! Nome
! Impostazione
! Varo
! entrata in servizio
|-
| P421
| Nibbio
| 1 agosto 1977
| 9 marzo 1980
| 7 marzo 1982
|-
| P422
| Falcone
| 1 ottobre 1977
| 27 ottobre 1980
| 7 marzo 1982
|-
| P423
| Astore
| 1 luglio 1978
| 10 febbraio 1981
| 7 marzo 1982
|-
| P424
| Grifone
| 15 novembre 1978
| 1 dicembre 1981
| 5 febbraio 1982
|-
| P425
| Gheppio
| 16 maggio 1979
| 24 giugno 1982
| 20 settembre 1983
|-
| P426
| Termoli
| 21 marzo 1980
| 25 gennaio 1983
| 7 aprile 1984
|}
A parte questo bisogna dire che il costo giornaliero degli 'Sparviero' è grossomodo analogo a quello dei pattugliatori 'Cassiopea'. In pratica sono stati sostituiti in seguito con le NUMC, sia pure navi del tutto diverse. Durante la loro carriera erano comunque un deterrente pericoloso, capaci di arrivare e colpire con cannoni e missili. La Marina aveva una forza di supporto sia con mezzi terrestri che aerei, mentre era possibile restare in mare fino a circa 1 settimana con il rifornimento in mare. Comunque questo tipo di nave era davvero molto piccolo, più simile ad un pattugliatore marittimo aereo che ad una nave vera e propria, anche per l'angusta sistemazione tra centrale dei radar e la giostrina del cannone, la turbina e i lanciamissili Otomat poppieri. Non c'era un vero vantaggio rispetto ad un aereo,per esempio un Atlantic armato con missili antinave (non in forza alla MMI).
<references/>
[[Categoria:Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo|Italia]]
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Biologia per istituti tecnici/DNA, cromosomi, geni
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text/x-wiki
{{Biologia per istituti tecnici2}}
== DNA ==
[[File:DNA simple2 (it).svg|400px|left|DNA simple2 (it)]]
Nelle cellule eucariote, il DNA è custodito all'interno del nucleo cellulare.<br />
Il DNA ha una struttura simile ad una scala a pioli contorta, con i "montanti" (formati dal concatenamento ripetuto di uno zucchero, il desossiribosio, e di un gruppo fosfato), e dei "pioli" (i gradini...) formati da coppie di base azotate (A-T e G-C). Ha uno spessore di 2.2 nanometri e una lunghezza complessiva (se si considera il DNA di una singola cellula umana) di circa 1 metro. In proporzione, se fosse spesso 1 millimetro sarebbe lungo circa 500 km! Se si considera che il corpo umano è formato da circa 10<sup>13</sup> (10.000 miliardi) di cellule, mettendo tutto il DNA in fila si coprirebbe la distanza Terra-Sole circa 70 volte!! <br />
Il DNA contiene le informazioni per la vita cellulare (funzionamento, sviluppo, crescita, duplicazione, morte). Le informazioni sono in qualche modo codificate grazie alle quattro basi azotate: Timina (T), Adenina (A), Citosina (C), Guanina (G).<br />
Queste quattro basi azotate (A, T, C, G) formano i "pioli": la Timina è sempre con la Adenina ('''A-T''') e la Citosina è sempre con la Guanina ('''C-G'''). Le '''informazioni sono codificate grazie a queste quattro "lettere"'''.<br />
Tutte le cellule hanno la stessa quantità e tipologia di DNA, però ogni cellula si specializza usando solo le informazioni che le servono.<br />
Il DNA non esce dal nucleo: è compito dell'RNA messaggero (mRNA) copiare le porzioni di DNA che servono (geni) e portare l'informazione fuori dal nucleo (nei ribosomi).
{{Clear}}
== Cromosomi ==
[[File:Chromosome graphic 1.svg|center|1100px]]
{{Clear}}
<br />
[[File:Allium cepa-cell nucleus.jpg|right|200px|Allium cepa-cell nucleus]]
Il disegno sopra mostra un ipotetico nucleo che contiene il DNA al suo interno. Normalmente al microscopio il DNA non si vede poiché è tutto "srotolato" sotto forma di '''cromatina''' (A). La foto accanto mostra il nucleo di una cellula vegetale dell'aglio: la granulosità all'interno è la cromatina<br />
Il DNA è un filamento molto lungo, in proporzione al suo spessore, e sarebbe molto complicato per la cellula gestirlo se fosse un unico filamento. È perciò suddiviso in "pezzi" e associato a proteine formando i cosiddetti '''cromosomi''' (B), nel disegno evidenziati con colori diversi.<br />
A seconda della fase in cui si trova la vita cellulare, i cromosomi possono essere:
* decondensati ("srotolati" quasi completamente) formando una massa di DNA detta '''cromatina''' (A), e pertanto i singoli cromosomi non visibili al microscopio
* oppure condensati, ovverosia superavvolti, arrotolati in matasse compatte e in questo caso si possono osservare al microscopio (C).
Nell'esempio del disegno il nucleo contiene sei cromosomi. Il disegno evidenzia che i cromosomi esistono in coppie, cioè di ogni tipo di cromosoma esiste quello paterno e quello materno: sono i '''cromosomi omologhi'''; essi contengono lo stesso tipo di informazioni, con delle piccole differenze. Sia il disegno C che D mostrano due modi alternativi di disegnare un cromosoma.<br />
Inoltre esiste una fase cellulare in cui il cromosoma si duplica e le due copie (perfettamente identiche), dette '''cromatidi''', rimangono attaccate in un punto detto '''centromero''' (D). I disegni C e D mostrano quindi gli stessi 6 cromosomi, ma in D sono duplicati. In questa fase perciò la stessa informazione genetica è presente ben 4 volte!<br />
<gallery>
File:Chromosome 1.svg|Chromosome 1
File:Chromosome 10.svg|Chromosome 10
File:Chromosome 20.svg|Chromosome 20
File:Chromosome Y.svg|Chromosome Y
Chromosome1-G-bands.jpg
File:Tipologiecromo.jpg|Le varie tipologie cromosomiche distinte in base alla posizione del centromero
</gallery>
Al microscopio i cromosomi, se opportunamente colorati, mostrano un caratteristico bandeggio chiaro-scuro; ogni cromosoma ha il suo caratteristico bandeggio e questo permette di rilevare facilmente delle anomalie cromosomiche.
{{Clear}}
== Cariotipo ==
[[File:Karyotype.png|left|500px|Karyotype]]
[[File:Human male karyotpe high resolution.jpg|right|500px|Human male karyotpe high resolution]]
L''''insieme di tutti i cromosomi''' di una cellula di un essere vivente viene definito '''cariotipo'''.
Ogni specie ha un numero definito di cromosomi: l''''uomo ne ha 46 (23 coppie)''', il topo 40, il moscerino della frutta 4, il mais 20, il lombrico 36, il gatto 38, il tabacco 48, ecc.
Il disegno a sinistra mostra uno schema delle 23 coppie di cromosomi umani (la 23<sup>a</sup> è indicata nella variante XX-femmina e XY-maschio). Notare come ogni coppia di cromosomi omologhi si distingua per dimensioni, posizioni del bandeggio, posizione del centromero, forma delle estremità. La foto a destra mostra un vero cariotipo umano, ottenuto fotografando i cromosomi al microscopio, e riordinandoli per disporli nel corretto ordine.
{{Clear}}
<gallery>
File:PLoSBiol3.5.Fig7ChromosomesAluFish.jpg|Esempio di cariotipo: maschile o femminile?
File:Sky spectral karyotype.png|Esempio di cariotipo: maschile o femminile?
File:21 trisomy - Down syndrome.png|Cosa c'è di strano?
File:Human karyogram.svg
</gallery>
{{Clear}}
== Geni ==
[[File:Gene.png|right|Gene]]
Il '''gene''' è l'unità funzionale del DNA. La '''genetica''' è la scienza che studia i geni. Famosi studi che hanno fatto la storia della genetica sono quelli di Mendel con le piante di pisello, quelli di Morgan con i moscerini, quelli di Tatum&Beadle, di Avery, sino ad arrivare al Progetto Genoma Umano del 2001. <br />
Il '''gene è una porzione di DNA che contiene le informazioni per fare una proteina''' (talvolta anche più di una).<br />
Nel 2003 è stato completato il famoso Progetto Genoma Umano (HGP), grazie al quale sono stati identificati, contati e mappati tutti i geni dell'essere umano. Ne avevano previsto circa 200.000, hanno trovato circa '''20-25.000 geni'''.<br />
Ogni cromosoma contiene un certo numero di geni. Il cromosoma-1 (il più grande) ne contiene 2.000, il cromosoma-23Y ne ha 50. Mediamente ogni cromosoma contiene un migliaio di geni.<br />
Osservano il disegno accanto, si può notare che all'interno del gene ci sono porzioni definite '''introni''' (prive di informazioni) ed altre '''esoni''' (con le informazioni): quando l'mRNA fa la copia del gene, questo viene tagliato, gli introni vengono eliminati e gli esoni vengono riattaccati. A questo punto l'mRNA è pronto per uscire dal nucleo, per andare dal ribosoma.
[[File:Chromosome 1.svg|left|Chromosome 1]]
La lista seguente contiene alcuni dei geni localizzati sul cromosoma 1. So noti come ad alcuni geni sia stata associata una malattia. Questo significa che quando quel gene non funziona correttamente (a causa di mutazioni) può causare la relativa patologia.
* GLC1A: gene responsabile del glaucoma
* HFE2: gene responsabile della emocromatosi di tipo 2 (giovanile)
* HMGCL: 3-idrossimetil-3-metilglutaril-coenzima A liasi
* HPC1: gene legato al cancro alla prostata
* IRF6: gene legato alla formazione del tessuto connettivo
* KCNQ4: canale ''voltaggio-dipendente'' del potassio (membro 4 della sottofamiglia KQT-like)
* KIF1B: membro 1B della famiglia delle kinesine
* LMNA: lamina A/C
* MFN2: mitofusina 2
* MPZ: proteina zero della mielina (legata alla neuropatia 1B di Charcot-Marie-Tooth)
* MTHFR: 5,10-metilenetetraidrofolato reduttasi (NADPH)
* MTR: 5-metiltetraidrofolato-omocisteina metiltransferasi
* MUTYH: omologo di mutY (E. coli)
* PARK7: gene responsabile della malattia di Parkinson 7 (forma autosomica recessiva, ad insorgenza precoce)
* PINK1: chinasi putativa indotta da PTEN
* PLOD1: procollageno-lisina 1, 2-ossoglutarate 5-diossigenasi 1
* PPOX: protoporfirinogeno ossidasi
* PSEN2: presenilina 2 (correlata alla malattia di Alzheimer di tipo 4)
* SDHB: subunità B del complesso della succinato deidrogenasi
* TSHB: ormone stimolante la tiroide Ormone tireostimolante|TSH, forma ß
* UROD: uroporfirinogeno decarbossilasi (correlato alla porfiria cutanea tarda)
* USH2A: correlato alla sindrome di Usher 2A (forma lieve, autosomica recessiva)
{{Clear}}
== Esercizi su DNA, geni e cromosomi ==
Nella pagina [[../Esercizi su DNA, geni e cromosomi|Esercizi su DNA, geni e cromosomi]] si possono svolgere on-line alcuni esercizi.
[[Categoria:Biologia per istituti tecnici|DNA, cromosomi, geni]]
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Disposizioni foniche di organi a canne
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{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
Le disposizioni foniche attualmente presenti in questo libro sono '''4237'''.
== Per il lettore ==
Ciascun organo a canne è uno strumento a sé, con una propria dignità indissolubilmente legata alla sua unicità. Non troveremo mai un organo uguale ad un altro, neppure nei rarissimi casi di strumenti costruiti in serie: avranno sempre qualcosa che li distinguerà fra di loro.
Come poter, dunque, descrivere uno strumento unico, in maniera tale che, senza suonarlo o ascoltarlo, sia possibile capire come è fatto? Grazie alla sua disposizione fonica: essa è l'elenco dei registri che compongono lo strumento, riportati in base alla loro appartenenza alle varie "divisioni" (manuale/i ed eventualmente pedale). Pertanto si tratta di un elemento fondamentale, l'unica vera grande ed esaustiva descrizione dello strumento, dal momento che un organo si differenzia da un altro fondamentalmente per i registri che ha.
Questo wikilibro si prefigge il compito di racchiudere al suo interno le disposizioni foniche di organi del presente e del passato, raggruppate in base alla loro collocazione all'interno di edifici che, per sviluppi culturali ed esigenze liturgiche, sono per la maggior parte destinati al culto.
La presente opera si rivolge, dunque, non solo allo studioso di organaria ed organologia, ma anche al curioso che vuol sapere come è fatto l'organo della chiesa tot, all'appassionato, all'organista che ha l'esigenza di conoscere le caratteristiche di un tal organo, a chiunque, in poche parole, sia interessato all'argomento.
== Per il contributore ==
Chiunque voglia contribuire all'edificazione del presente wikilibro, è il benvenuto, ed è pregato di seguire, per amor di uniformità, lo schema che può vedere nelle pagine già presenti.
Sono tuttavia doverose alcune raccomandazioni tecniche.
Una volta inserite una o più disposizioni foniche, il contributore è pregato di aggiornare il numero all'inizio di questa pagina.
=== Dei titoli ===
I titoli delle singole pagine seguono sempre questo schema:
Stato/Regione (o altra divisione amministrativa analoga)/Provincia (o altra divisione amministrativa analoga)/Comune/Località (che può essere anche il comune stesso, comunque si ripete) - Edificio
Ad esempio:
Italia/Lombardia/Città metropolitana di Milano/Milano/Milano - Cattedrale di Santa Maria Nascente
Nei nomi delle chiese, si scrive solo: ''Chiesa di...'', oppure ''Santuario di...'', oppure ''Basilica di...'', ''Cattedrale di...'' o ''Cattedrale metropolitana di...'', non ''Basilica Cattedrale Primaziale Metropolitana Santuario Protoecclesia di...''. Sono altresì bandite le abbreviazioni (come ad esempio ''S.'' al posto di ''Santo/Santa/Sacro'').
Se in un edificio ci sono più organi, vanno tutti nella stessa pagina. Le singole pagine non sono per organo, ma per edificio.
=== Delle tabelle riassuntive ===
Le tabelle riassuntive a inizio pagina, seguono questo schema:
* '''Costruttore:''' [nome e] cognome del costruttore/ditta costruttrice con, in caso, tra parentesi e in corsivo, il numero d'opera
* '''Anno:''' anno di costruzione (in caso, in nota, data dell'inaugurazione)
* '''Restauri/modifiche:''' elenco: nome di chi ha fatto il restauro e, tra parentesi, anno e tipologia di intervento
* '''Registri:''' numero dei registri (in caso di registri spezzati, ciascuno vale 1 e non 1/2)
* '''Canne:''' numero di canne
* '''Trasmissione:''' meccanica/pneumatico-tubolare/elettrica/elettronica/ecc. nel caso di mista, si scrive mista e poi si specifica tra parentesi
* '''Consolle:''' tipologia della consolle (a finestra, mobile/fissa indipendente, appoggiata, rivolta, ecc.) e posizione (al centro del coro, al centro della parete anteriore della cassa, su apposita cantoria, ecc.)
* '''Tastiere:''' n° di tastiere e di note ed estensione tra parentesi
* '''Pedaliera:''' tipologia di pedaliera (a leggio, dritta, concava, concavo-radiale), n° di note ed estensione tra parentesi
* '''Collocazione:''' n° dei corpi, posizione dei corpi.
Esempio:
* '''Costruttore:''' Pinco Pallino (''Opus 100'')
* '''Anno:''' 2019-2020
* '''Restauri/modifiche:''' Tizio Caio (2102, restauro conservativo), Sempronio (2156, modifiche e ampliamento)
* '''Registri:''' 36
* '''Canne:''' 3.562
* '''Trasmissione:''' mista (meccanica per i manuali e il pedale, elettronica per i registri)
* '''Consolle:''' a finestra, al centro della parete anteriore della cassa
* '''Tastiere:''' 3 di 56 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>5</small>'')
* '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>3</small>'')
* '''Collocazione:''' in due corpi contrapposti, sulla cantoria in controfacciata
Nel caso di ottave scavezze:
* '''Tastiera:''' 1 di 50 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>5</small>'', Bassi/Soprani ''Do#<small>3</small>''/''Re<small>3</small>'')
* '''Pedaliera:''' a leggio di 18 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Sol#<small>2</small>''), priva di registri propri e costantemente unita al manuale
Non sono ammesse abbreviazioni, come ad esempio i nomi degli organari.
=== Delle disposizioni foniche ===
* I nomi delle divisioni vengono scritti nel seguente modo: '''I - ''Grand'Organo'''''; quello del pedale così: '''Pedale''';
* il nome della seconda o terza tastiera si riporta semplicemente, dopo il numero ordinale romano, come '''''Espressivo''''' e non come Recitativo, essendo un'impropria italianizzazione del francese ''Récit'';
* nel caso di aggettivi dopo il nome del manuale, essi sono riportati con la prima lettera minuscola (ad esempio: '''VI - ''Organo antico aperto''''');
* qualora i registri, sulla consolle, siano raggruppati per Concerto e Ripieno (ad esempio come avviene per la maggior parte degli organi ottocenteschi italiani), si segua questo schema ([[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Siena/Montalcino/Montisi - Chiesa delle Sante Flora e Lucilla|qui un esempio]]) e, nel caso di più manuali, si premetta sempre il numero e il nome (ad esempio: '''I - Organo eco ''Concerto''''');
* all'interno di ogni divisione vi sono due colonne, divise da doppia stanghetta verticale (<code><nowiki>||</nowiki></code>), che rispettivamente, da sinistra a destra, sono: 1) nome del registro con eventualmente indicato il numero di file, 2) altezza del registro in piedi con eventualmente specificata l'appartenenza ai soli Bassi o ai soli Soprani (esempio: <code><nowiki>Ripieno 5 file || 2' Soprani</nowiki></code>);
* tutti i nomi registri sono scritti con la prima lettera maiuscola, mentre le parole seguenti devono iniziare con la minuscola (ad esempio: ''Ripieno acuto 5 file'' e '''non''' ''Ripieno Acuto 5 File''), ad eccezione delle disposizioni in tedesco o nelle lingue che richiedono la maiuscola anche per tutti i sostantivi - nel caso non sia possibile reperire l'altezza in piedi delle mutazioni composte, si sposta il numero di file nel campo dell'altezza in piedi (esempio: <code><nowiki>Ripieno || 5 file</nowiki></code>);
* le mutazioni sono scritte con il numero intero separato da quello frazionario tramite un punto, così: ''5.1/3<nowiki>'</nowiki>''; qualora l'altezza sia solo frazionaria, si omette lo ''0.'' iniziale, così: ''1/4<nowiki>'</nowiki>'' e '''non''' ''0.1/4<nowiki>'</nowiki>'';
* nel caso di mutazioni composte, l'altezza in piedi è riportata solo relativamente alla prima fila, ad eccezione di quelle a due file (per non occupare troppo spazio) - qualora le altezze delle file successive presentino delle anomalie, si inseriscono in nota.
* i registri ad ancia sono scritti in rosso quando sono riportati così sulla consolle;
* non si inserisce il numero ordinale davanti a ciascun registro;
* non si riportano le unioni e gli accoppiamenti, né gli annullatori;
* il Tremolo si riporta all'interno di ciascuna divisione;
* gli accessori (ad esempio: Uccelliera, Zampogna ecc.) si riportano nel seguente modo prima della disposizione fonica: '''Accessori''': ''Uccelliera''; ''Zampogna'';
* non sono ammesse abbreviazioni.
Quindi, in poche parole, questa disposizione '''non''' va bene (mettiamo che sulla consolle i registri ad ancia siano scritti '''in nero'''):
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Prima tastiera - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|XV || 2'
|-
|XIX || 1.1/3'
|-
|XXII || 1'
|-
|Ripieno Acuto 3 File || 0.1/2'
|-
|Flauto a Camino || 8'
|-
|Sesquialtera 2 File || 2.2/3'-1.3/5'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' bassi</span>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' soprani</span>
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Seconda tastiera - ''Espressivo'''''
----
|-
|Bordone || 8'
|-
|Viola di Gamba || 8'
|-
|Flauto a Cuspide || 4'
|-
|Nazardo || 2.2/3'
|-
|Ottavino || 2'
|-
|Decimino || 1.1/3'
|-
|Pienino 3 File || 1'-0.2/3'-0.1/2'
|-
|Voce Celeste 2 File || 8'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba Armonica</span> ||<span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Contrabbasso || 16'
|-
|Bordone || 16'
|-
|Basso || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|<span style="color:#8b0000;">Trombone</span> || <span style="color:#8b0000;">16'</span>
|-
|<span style="color:#8b0000;">Tromba Bassa</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span>
|-
|}
|}
Questa, invece, va bene:
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|XV || 2'
|-
|XIX || 1.1/3'
|-
|XXII || 1'
|-
|Ripieno acuto 3 file || 1/2'
|-
|Flauto a camino || 8'
|-
|Sesquialtera 2 file || 2.2/3'-1.3/5'
|-
|Tromba || 8' Bassi
|-
|Tromba || 8' Soprani
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''II - ''Espressivo'''''
----
|-
|Bordone || 8'
|-
|Viola di gamba || 8'
|-
|Flauto a cuspide || 4'
|-
|Nazardo || 2.2/3'
|-
|Ottavino || 2'
|-
|Decimino || 1.3/5'
|-
|Pienino 3 file || 1'
|-
|Voce celeste 2 file || 8'
|-
|Tromba armonica || 8'
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Contrabbasso || 16'
|-
|Bordone || 16'
|-
|Basso || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Trombone || 16'
|-
|Tromba bassa || 8'
|-
|}
|}
== Libri correlati ==
* {{libro|Organo a canne}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
[[Categoria:Musica]]
[[Categoria:Dewey 786]]
{{alfabetico|D}}
{{Avanzamento|0%|9 giugno 2020}}
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Molise/Provincia di Isernia/Isernia/Isernia - Cattedrale di San Pietro apostolo
0
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477684
477512
2025-06-10T17:00:27Z
Momimariani1962
41308
477684
wikitext
text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
{{Doppia immagine|center|Isernia-Cattedrale-organo F.lli Marin.jpg|373|Isernia-Cattedrale-consolle organo F.lli Marin.jpg|210}}
* '''Costruttore:''' Fratelli Marin
* '''Anno:''' 2024
* '''Restauri/modifiche:''' no
* '''Registri:''' 34
* '''Canne:''' 1966
* '''Trasmissione:''' meccanica per manuali, pedaliera e registri, elettronica per le combinazioni
* '''Consolle:''' a finestra, al centro del corpo fonico
* '''Tastiere:''' 2 di 58 note (''Do<small>1</small>''-''La<small>5</small>''), con colorazione invertita
* '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>3</small>'')
* '''Collocazione:''' in corpo unico, sulla cantoria in controfacciata
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Quintadena || 16'
|-
|Principale || 8'
|-
|Flauto || 8'
|-
|Salicionale || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Flauto || 4'
|-
|XII || 2.2/3'
|-
|Decimaquinta || 2'
|-
|XVII || 1.3/5'
|-
|Mixture 4 file || 1.1/3'
|-
|Dulcian || 16'
|-
|Tromba || 8'
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''II - ''Espressivo'''''
----
|-
|Eufonio || 8'
|-
|Bordone || 8'
|-
|Gamba || 8'
|-
|Principale || 4'
|-
|Flauto a camino || 4'
|-
|Flauto in XII || 2.2/3'
|-
|Ottava || 2'
|-
|Flautino || 2'
|-
|Flauto in XVII || 1.3/5'
|-
|Larigot || 1.1/3'
|-
|Cymbale 2 file || 1'
|-
|Tromba armonica || 8'
|-
|Clarinetto || 8'
|-
|Clairon || 4'
|-
|Voce celeste || 8'
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Subbasso || 16'
|-
|Quintadena || 16'
|-
|Basso || 8'
|-
|Bordone || 8'
|-
|Basso corale || 4'
|-
|Trombone || 16'
|-
|Tromba || 8'
|-
|}
|}
== Organo precedente ==
{{doppia immagine|center|Isernia, Cattedrale di San Pietro Apostolo, navata centrale..jpg|300|Isernia, cattedrale di San Pietro Apostolo, consolle dell'organo a canne.jpg|300| }}
* '''Costruttore:''' Zarantonello
* '''Anno:''' 1958
* '''Restauri/modifiche:''' Ruffatti (manutenzioni e nuova consolle nel transetto, anni '80)
* '''Registri:''' 12
* '''Canne:''' 841
* '''Trasmissione:''' elettrica, per la consolle, pneumatica in origine
* '''Consolle:''' mobile indipendente, in origine in cantoria
* '''Tastiere:''' 2 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'')
* '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 32 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>3</small>'')
* '''Collocazione:''' in corpo unico, sulla cantoria in controfacciata
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo'''''
----
|-
|Principale || 8'
|-
|Ottava || 4'
|-
|Decimaquinta || 2'
|-
|Ripieno 4 file || 1.1/3'
|-
|Flauto || 8'
|-
|Dulciana || 8'
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''II - ''Espressivo'''''
----
|-
|Bordone || 8'
|-
|Flauto || 4'
|-
|Viola gamba || 8'
|-
|Viola celeste || 8'
|-
|Tremolo
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Pedale'''
----
|-
|Subbasso || 16'
|-
|Ottava || 8'
|-
|}
|}
== Note ==
N.B. Le fotografie del nuovo organo sono state gentilmente concesse dall'Autore Eduardo de Vincenzi, con liberatoria inviata, tramite mail, a permissions-it@wikimedia.org with UploadWizard.
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Cathedral (Isernia) - Pipe organ|commons_preposizione=sull'|commons_etichetta=organo a canne|w=Cattedrale di San Pietro Apostolo (Isernia)|w_preposizione=sul|etichetta=cattedrale di San Pietro apostolo ad Isernia}}
{{Avanzamento|100%|6 giugno 2025}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Emilia-Romagna/Provincia di Reggio nell'Emilia/Guastalla/Guastalla - Concattedrale di San Pietro Apostolo
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2025-06-10T16:56:55Z
VoceUmana7
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wikitext
text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
{{Doppia immagine|center|Guastalla - S.Pietro ap. - organo Serassi.jpg|300|Guastalla - S.Pietro ap. - consolle organo Serassi.jpg|300}}
* '''Costruttore:''' Giuseppe Serassi (''Opus 13'')<ref>riutilizzando il materiale di uno strumento della fine del XVI secolo.</ref>
* '''Anno:''' 1790-1794
* '''Restauri/modifiche:''' Serassi (1826, restauro), Cesare Zoboli (1855, modifiche), Mascioni (1979, restauro), Mascioni (2018, restauro)
* '''Registri:''' 39
* '''Canne:''' ?
* '''Trasmissione:''' meccanica
* '''Consolle:''' a finestra, nella parete anteriore della cassa
* '''Tastiere:''' 2 di 62 note con controttava scavezza (''Do-<small>1</small>''-''Fa<small>6</small>'')
* '''Pedaliera:''' a leggio, scavezza, di 17 tasti (''Do<small>1</small>''-''Re#<small>2</small>'')
* '''Collocazione:''' in corpo unico, sulla cantoria in controfacciata
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Colonna di sinistra'''
----
|-
|Principale
|-
|Ottava Bassi
|-
|Ottava Soprani
|-
|Quintadecima
|-
|Decimanona
|-
|Due di Ripieno
|-
|Cornetto S.||XV - XVII
|-
|Flagioletto Bassi
|-
|Flauto in VIII S.
|-
|Violoncello B.
|-
|Violoncello S.
|-
|Cromorni B.
|-
|Cromorni S.
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Colonna di destra - ''Interna'''''
----
|-
|Sesquialtera XXVI - XXXII
|-
|Cornetto I VIII - XII
|-
|Cornetto II XV - XVII
|-
|Fagotti || Bassi
|-
|Corno Inglese || Soprani
|-
|Trombe || Soprani
|-
|Flauto Traverso || Soprani
|-
|Flauto in VIII ||
|-
|Flauto in XII ||
|-
|Voce umana ||
|-
|Contrabassi e Ottave ||
|-
|Timballi
|-
|Cornamusa || Soprani
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Colonna di destra - ''Esterna'''''
----
|-
|Principale I || Bassi
|-
|Principale I || Soprani
|-
|Principale II || Bassi
|-
|Principale II || Soprani
|-
|Ottava || Bassi
|-
|Ottava || Soprani
|-
|Quintadecima ||
|-
|Decimanona ||
|-
|Vigesima seconda ||
|-
|Vigesima sesta ||
|-
|Vigesima nona ||
|-
|Due di ripieno||XXXIII - XXXVI
|-
|Due di ripieno || XXXVI - XL
|-
|}
|}
== Note ==
<references/>
== Altri progetti ==
{{ip|w=Duomo di Guastalla|w_preposizione=sulla|w_etichetta=concattedrale di San Pietro Apostolo a Guastalla}}
== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|url=http://www.organnews.eu/dborgans/menudborgano.html|titolo=Database Organi|editore=organnews.eu|accesso=4 aprile 2018}}
{{Avanzamento|100%|2 giugno 2023}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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477705
477683
2025-06-11T06:38:59Z
87.19.95.43
Nella divisione bassi/soprani della tastiera e della pedaliera ho sostituito il trattino - con la sbarra / , altrimenti non è chiaro che la tastiera parte non da Do1 ma da Do-1 (inteso il trattino come simbolo di "meno")... "Intendomi chi può"...
477705
wikitext
text/x-wiki
{{Disposizioni foniche di organi a canne}}
{{Doppia immagine|center|Guastalla - S.Pietro ap. - organo Serassi.jpg|300|Guastalla - S.Pietro ap. - consolle organo Serassi.jpg|300}}
* '''Costruttore:''' Giuseppe Serassi (''Opus 13'')<ref>riutilizzando il materiale di uno strumento della fine del XVI secolo.</ref>
* '''Anno:''' 1790-1794
* '''Restauri/modifiche:''' Serassi (1826, restauro), Cesare Zoboli (1855, modifiche), Mascioni (1979, restauro), Mascioni (2018, restauro)
* '''Registri:''' 39
* '''Canne:''' ?
* '''Trasmissione:''' meccanica
* '''Consolle:''' a finestra, nella parete anteriore della cassa
* '''Tastiere:''' 2 di 62 note con controttava scavezza (''Do-<small>1</small>''<small>/</small>''Fa<small>6</small>'')
* '''Pedaliera:''' a leggio, scavezza, di 17 tasti (''Do<small>1</small>''<small>/</small>''Re#<small>2</small>'')
* '''Collocazione:''' in corpo unico, sulla cantoria in controfacciata
{| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;"
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Colonna di sinistra'''
----
|-
|Principale
|-
|Ottava Bassi
|-
|Ottava Soprani
|-
|Quintadecima
|-
|Decimanona
|-
|Due di Ripieno
|-
|Cornetto S.||XV - XVII
|-
|Flagioletto Bassi
|-
|Flauto in VIII S.
|-
|Violoncello B.
|-
|Violoncello S.
|-
|Cromorni B.
|-
|Cromorni S.
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Colonna di destra - ''Interna'''''
----
|-
|Sesquialtera XXVI - XXXII
|-
|Cornetto I VIII - XII
|-
|Cornetto II XV - XVII
|-
|Fagotti || Bassi
|-
|Corno Inglese || Soprani
|-
|Trombe || Soprani
|-
|Flauto Traverso || Soprani
|-
|Flauto in VIII ||
|-
|Flauto in XII ||
|-
|Voce umana ||
|-
|Contrabassi e Ottave ||
|-
|Timballi
|-
|Cornamusa || Soprani
|-
|}
| style="vertical-align:top" |
{| border="0"
| colspan=2 | '''Colonna di destra - ''Esterna'''''
----
|-
|Principale I || Bassi
|-
|Principale I || Soprani
|-
|Principale II || Bassi
|-
|Principale II || Soprani
|-
|Ottava || Bassi
|-
|Ottava || Soprani
|-
|Quintadecima ||
|-
|Decimanona ||
|-
|Vigesima seconda ||
|-
|Vigesima sesta ||
|-
|Vigesima nona ||
|-
|Due di ripieno||XXXIII - XXXVI
|-
|Due di ripieno || XXXVI - XL
|-
|}
|}
== Note ==
<references/>
== Altri progetti ==
{{ip|w=Duomo di Guastalla|w_preposizione=sulla|w_etichetta=concattedrale di San Pietro Apostolo a Guastalla}}
== Collegamenti esterni ==
* {{cita web|url=http://www.organnews.eu/dborgans/menudborgano.html|titolo=Database Organi|editore=organnews.eu|accesso=4 aprile 2018}}
{{Avanzamento|100%|2 giugno 2023}}
[[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]]
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Guida alle costellazioni - Regioni celesti scelte/Le regioni di formazione stellare
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Avemundi
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text/x-wiki
{{Guida alle costellazioni - Regioni celesti scelte}}
==Premessa - Le coordinate galattiche==
Quando si descrivono gli oggetti della Via Lattea, gli scienziati fanno spesso ricorso al sistema delle '''coordinate galattiche'''.
Il sistema di coordinate galattiche è un sistema di coordinate celesti centrato sul Sole e allineato col centro della Via Lattea. L’'''''equatore galattico''''' è così allineato con il piano galattico. Similmente alle coordinate geografiche, le coordinate galattiche si basano sulla longitudine e sulla latitudine.
L'Unione Astronomica Internazionale (IAU) definì questo sistema riferendosi alle coordinate equatoriali nel 1958. Il polo nord galattico è definito alle coordinate celesti 12h49m : e +27,4° : (B1950), mentre lo zero di longitudine è un grande semicerchio che si origina da questo punto. La '''longitudine''' aumenta nella stessa direzione dell'ascensione retta e nel sistema di coordinate galattiche è indicato col la lettera '''l'''. La '''latitudine''' galattica è positiva verso il polo nord galattico, mentre è negativa verso il polo sud galattico; l'equatore galattico ha latitudine 0. Nel sistema la latitudine si indica con '''b'''.
Il sistema equivalente riferito a J2000 ha il polo nord galattico a 12h51m26,282s, +27°07′42,01″ (J2000), in direzione della Chioma di Berenice, e lo 0 di longitudine all'angolo di posizione di 122,932°. Il polo sud ricade invece nello Scultore.
Il punto del cielo in cui sia latitudine che longitudine sono pari a 0 è 17h45m37,224s, -28°56′10,23″ (J2000), leggermente spostato rispetto alla radiosorgente astronomica Sagittarius A, il miglior indicatore del centro galattico. Sagittarius A* si trova alle coordinate celesti 17h45m40,04s, -29°00’28,1” (J2000), o alle coordinate galattiche '''l''' = 359°56’39,4” e '''b''' = -0°2’46,2”.
Il sistema delle coordinate galattiche sta alla base della suddivisione del piano galattico in quattro quadranti, dove il grado 0 corrisponde al centro della Via Lattea e il grado 180 corrisponde all'Anticentro galattico, ossia la direzione opposta al centro della nostra galassia.
Il '''primo quadrante''' è compreso fra 0° e 90° e comprende la Via Lattea fra le costellazioni del Sagittario e del Cigno; indicativamente il primo quadrante è quello che si osserva guardando il cielo verso sud durante le notti estive.
Il '''secondo quadrante''' è compreso fra 90° e 180° e comprende la Via Lattea fra le costellazioni del Cigno e dell’Auriga; indicativamente corrisponde al tratto che si osserva guardando il cielo verso nord durante le notti autunnali.
Il '''terzo quadrante''' è compreso fra 180° e 270° e comprende la Via Lattea fra le costellazioni del Toro e delle Vele; indicativamente corrisponde al tratto che si osserva guardando il cielo verso sud durante le notti invernali.
Il '''quarto quadrante''' è compreso fra 270° e 0° e comprende la Via Lattea fra le costellazioni della Carena e dello Scorpione; indicativamente corrisponde al tratto invisibile alle latitudini medie boreali.
Questa suddivisione è spesso utilizzata dagli astronomi per la descrizione delle grandi strutture galattiche e delle regioni di formazione stellare.
Questo sistema di coordinate è chiaramente di tipo eliocentrico, ossia è centrato sulla nostra prospettiva di osservazione dal Sistema Solare.
[[File:Regioni celesti scelte - Quadranti.png|400px|thumb|center|Immagine mappata della Via Lattea, con in evidenza i quadranti galattici. La linea orizzontale violacea è l’equatore galattico.]]
==Le regioni di formazione stellare==
[[File:Heic1501a.png|300px|thumb|left|La regione centrale della Nebulosa Aquila, nota come “Pilastri della Creazione”, dove sono attivi fenomeni di formazione stellare.]]
La Via Lattea così come ci appare nella notte stellata è profondamente modellata dalle dinamiche di formazione stellare: nel corso di milioni di anni infatti banchi di nubi possono aggregarsi e disgregarsi, come possono collassare e dare origine a nuove stelle, le quali col tempo disperdono i gas residui col loro vento stellare o esplodendo come supernovae. L’onda d’urto causata da un’esplosione di supernova può a sua volta influenzare le nubi vicine, facendole disgregare o collassare in nuove stelle, in un ciclo continuo.
Scopo di questa sezione non è esaminare nel dettaglio tutta la fisica che sta dietro la nascita di nuove stelle o l’esplosione di una supernova, per la quale esistono ottimi testi in grado di spiegarla anche in modo molto semplice e chiaro; ciò che si desidera ottenere in questa sezione è l’emergere di una consapevolezza diversa nell’osservazione della Via Lattea e dei suoi oggetti, portando gli appassionati ad avere una certa comprensione della grande complessità della nostra galassia e a ricercare nel cielo stellato strutture reali che vadano dunque al di là della mera suddivisione del cielo in costellazioni. Ciò potrebbe portare, col tempo, a osservare e soprattutto a fotografare ammassi e nebulose seguendo un approccio nuovo e più consapevole.
==Concetti di base==
Il modello attualmente più accreditato presso la comunità astronomica, detto modello standard, prevede che una stella nasca a partire dal collasso gravitazionale delle porzioni più dense (dette “nuclei”) di una nube molecolare e dal successivo accrescimento dell'embrione stellare, originatosi dal collasso, a partire dai materiali presenti della nube. Tale processo ha una durata che può variare tra alcune centinaia di migliaia e alcuni milioni di anni, a seconda del tasso di accrescimento e della massa che la stella nascitura riesce ad accumulare: si stima che una stella simile al Sole impieghi all'incirca un centinaio di milioni di anni per formarsi completamente e in seguito per raggiungere la fase stabile della propria vita, mentre per le stelle più massicce il tempo è notevolmente inferiore, nell’ordine dei 100.000 anni.
Il modello spiega bene le modalità che conducono alla nascita delle singole stelle di massa piccola e media (tra 0,08 e 10 volte la massa solare) e trova riscontro anche nella funzione di massa iniziale, che descrive la distribuzione delle masse di una popolazione di stelle di recente generazione in base alla loro teorica massa iniziale al momento della formazione; risulta più lacunoso invece per quanto riguarda la formazione dei sistemi e degli ammassi stellari e delle stelle massicce. Per tale ragione sono stati sviluppati dei modelli complementari che includono gli effetti delle interazioni tra gli embrioni stellari e l'ambiente in cui si formano ed eventuali altri embrioni nelle vicinanze, importanti ai fini delle stesse dinamiche interne dei sistemi e soprattutto della massa che le stelle nasciture riusciranno a raggiungere.
==Il mezzo interstellare==
[[File:Perseid Meteor.cut.jpg|300px|thumb|left|La Via Lattea fra Cigno e Sagittario. Le aree prive di “chiarore” non sono zone senza stelle, ma regioni in cui le nubi sono talmente spesse da ostacolare la luce di interi settori della nostra galassia.]]
Il mezzo interstellare (spesso abbreviato in ISM) è il materiale rarefatto costituito da gas e polvere che si trova tra le stelle all'interno di una galassia. Fino alla fine del XIX secolo, lo spazio interstellare era considerato sostanzialmente vuoto. Nel 1904, l'astronomo tedesco Johannes Hartmann scoprì il gas interstellare, mentre ventisei anni dopo, nel 1930, lo svizzero Robert Trumpler scoprì la polvere interstellare, che causava l'arrossamento del colore delle stelle lontane.
Il mezzo interstellare consiste di una miscela piuttosto rarefatta di ioni, atomi, molecole, granuli di polvere, raggi cosmici e campi magnetici; in massa il 99% della materia è costituito dai gas, il restante 1% dalle polveri. Le densità variano da poche migliaia ad alcune centinaia di milioni di particelle per metro cubo, con un valore medio attestato nella Via Lattea di un milione di particelle al m3 (1 particella al cm<sup>3</sup>). Il Sole, ad esempio, sta attualmente viaggiando, nel corso della sua orbita attorno al centro galattico, all'interno della Nube Interstellare Locale (con densità di 0,1 atomi cm−3), posta a sua volta all'interno della Bolla Locale (con densità di 0,05 atomi cm<sup>−3</sup>).
Il gas del mezzo interstellare è costituito all'incirca all'89% da idrogeno e per il 9% da elio, con un 2% di elementi più pesanti, definiti nel gergo astronomico “metalli”, e composti in tracce.
Il mezzo interstellare gioca un ruolo importante in astrofisica per via del suo ruolo di “via di mezzo” tra ordini di grandezza stellari ed ordini di grandezza galattici, ossia fra le dinamiche alla scala delle stelle e quelle su scala galattica.
Le stelle inoltre interagiscono in molteplici modi col mezzo interstellare: innanzitutto si formano all’interno delle regioni più dense del mezzo interstellare stesso, ossia le nubi molecolari; in seguito ne plasmano le strutture, grazie ai loro venti, disperdendone gli addensamenti vicini e accumulando materia secondo dei processi su lunga scala temporale descritti in seguito.
Infine, ne modificano la composizione, arricchendola degli elementi più pesanti prodotti al loro interno: una volta giunte al termine della loro evoluzione infatti, le stelle “contaminano” il mezzo interstellare tramite l'emissione di una nebulosa planetaria o l'esplosione di una supernova; quest'ultimo meccanismo in particolare è, assieme al ''processo s'' nelle giganti rosse, alla base della produzione degli elementi più pesanti del ferro, l'ultimo elemento sintetizzabile nel nucleo di una stella.
Queste continue interazioni tra stelle e mezzo interstellare aiutano a determinare il tasso al quale una galassia consuma le sue riserve gassose, e dunque permette di misurare il tempo in cui questa va incontro a un’attiva formazione stellare.
Col progresso della tecnologia astrofotografica, la ripresa delle zone più dense del mezzo interstellare è diventata anche alla portata degli appassionati: ne sono un chiaro esempio le numerose foto amatoriali delle galassie M81 e M82 nell’Orsa Maggiore, in cui spesso sovrapposto ad esse si nota un velo intricato di gas e polveri, che viene denominato Integrated Flux Nebula; questo complesso intreccio di gas e polveri forma lunghi filamenti o anche piccoli bozzoli più densi che ricevono il flusso di luce e radiazione integrato (integrated flux) di tutte le stelle della Via Lattea situate nelle vicinanze, rendendoli così illuminati, seppur molto debolmente.
==Dal mezzo interstellare alle nubi molecolari==
[[File:A reproduction of a composite colour image of the Horsehead Nebula and its immediate surroundings - Eso0202a.jpg|300px|thumb|left|La famosa Nebulosa Testa di Cavallo si evidenzia perché oscura la nube luminosa situata al di là.]]
Una tipica galassia spirale, come la Via Lattea, contiene grandi quantità di mezzo interstellare, che si dispone principalmente lungo i bracci che delineano la spirale, ove la gran parte della materia che lo costituisce, qui convogliata a causa del moto di rotazione della galassia, può formare strutture diffuse. La situazione cambia procedendo lungo la sequenza di Hubble, fino ad arrivare alle più esigue quantità di materia presenti nel mezzo interstellare delle galassie ellittiche; conseguentemente, man mano che si riduce la quantità di mezzo interstellare vien meno la possibilità che si formino strutture nebulari diffuse, a meno che la galassia carente non acquisisca materiale da altre galassie con cui eventualmente interagisce.
Il mezzo interstellare, come si è visto, è inizialmente piuttosto rarefatto. La dispersione di energia sotto forma di radiazione nell'infrarosso, traducendosi in un raffreddamento della nube, fa tuttavia in modo che la materia del mezzo si addensi in nubi distinte, dette genericamente nubi interstellari, classificate in maniera opportuna a seconda dello stato di ionizzazione dell'idrogeno. Le nubi costituite in prevalenza da idrogeno neutro monoatomico sono dette regioni H I.
La mappatura delle emissioni alle lunghezze d'onda dell'H I con un radiotelescopio è una tecnica largamente utilizzata per determinare la struttura di una galassia spirale. Tale tecnica trova impiego anche per definire le perturbazioni gravitazionali tra galassie interagenti; infatti, quando due galassie si urtano, la materia viene trascinata via in varie strisce, che consentono agli astronomi di comprendere in che direzione e in che modo le galassie si stanno muovendo.
Man mano che il raffreddamento prosegue, le nubi divengono sempre più dense; quando la densità raggiunge le 1000 particelle al cm³, la nube diviene opaca alla radiazione ultravioletta galattica. Tale condizione, unita all'intervento dei granuli di polvere interstellare in qualità di catalizzatori, permette agli atomi di idrogeno di combinarsi in molecole biatomiche (H<sub>2</sub>): si ha così la formazione di una nube molecolare.
I maggiori esemplari di queste strutture, chiamate nubi molecolari giganti, possiedono solitamente diametri di oltre 100 anni luce, masse superiori a 6 milioni di masse solari e temperature medie, al loro interno, di 10 K. Si stima che circa la metà della massa complessiva del mezzo interstellare della nostra galassia sia contenuta in queste formazioni e sia suddivisa fra circa 6000 nubi molecolari giganti, ciascuna con più di 100.000 masse solari di materia al proprio interno. La presenza, frequentemente riscontrata, di molecole organiche anche molto complesse come amminoacidi e idrocarburi policiclici aromatici (IPA) all'interno di queste formazioni è il risultato di reazioni chimiche tra alcuni elementi (oltre all'idrogeno, carbonio, ossigeno, azoto e zolfo) che si verificano grazie all’apporto energetico fornito dai processi di formazione stellare che hanno luogo al loro interno.
Visivamente, questo tipo di nubi sono quelle che vengono definite in astronomia osservativa nebulose oscure. L'aspetto di questi oggetti è essenzialmente dovuto alla presenza di una piccola frazione di polvere, responsabile dell'assorbimento della luce, specialmente nella parte blu dello spettro. Le nubi oscure quindi si possono osservare se oscurano parte di una nebulosa a emissione o nebulosa a riflessione (come la Nebulosa Testa di Cavallo) o se bloccano la luce delle stelle di fondo (come la Nebulosa Sacco di Carbone).
Le nubi molecolari sono più numerose di quanto molti appassionati possano pensare: sono infatti queste a conferire alla scia chiara della Via Lattea il suo aspetto irregolare. Se per ipotesi le potessimo rimuovere, il chiarore della Via Lattea assumerebbe la forma di un fuso omogeneo più grosso verso il centro, in direzione del Sagittario, e progressivamente più tenue verso l’Auriga, senza però mai sparire; anche il suo gradiente di luminosità sarebbe regolare e passerebbe dalla zona più luminosa in direzione dell’equatore galattico, fino a disperdersi sempre più alle alte latitudini galattiche.
La loro presenza invece fa in modo che, per esempio, gran parte dell’equatore galattico appaia fortemente oscurato, come è ben chiaro lungo l’intera Fenditura del Cigno e la Fenditura dell’Aquila, oppure che interi tratti del piano galattico siano oscurati, come si osserva in direzione di Perseo e della Giraffa o in alcuni punti fra Aquila e Scudo.
Nella pagina seguente è presente una carta generale che mostra quanto questi complessi nebulosi siano in grado di influire sulla visibilità della Via Lattea.
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<gallery mode="packed" widths=400px heights=250px perrow=5 caption="Carta molto generale che mostra la distribuzione dei principali sistemi di nebulose oscure e banchi di gas e polveri che oscurano la scia del piano della Via Lattea. La carta a sinistra contiene in gran parte la Via Lattea boreale ed è quella dove i banchi di polveri sono più spessi e vicini; la carta a destra contiene in gran parte la Via Lattea australe, dove i complessi di nubi oscure sono meno consistenti e, in generale, più remoti.">
File:Regioni celesti scelte - Osc A.png
File:Regioni celesti scelte - Osc B.png
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==Verso il collasso==
[[File:NGC 281HSTFull.jpg|300px|thumb|left|Globuli di Bok in NGC 281 ripresi dal telescopio spaziale Hubble.]]
Una nube interstellare rimane in uno stato di equilibrio dinamico finché l'energia cinetica del gas, che genera una pressione verso l'esterno, e l'energia potenziale della gravità, con verso centripeto, si equivalgono. Dal punto di vista matematico questa condizione si esprime tramite il teorema del viriale, il quale stabilisce che, per mantenere l'equilibrio, l'energia potenziale gravitazionale deve essere uguale al doppio dell'energia termica interna. La rottura di questo equilibrio a favore della gravità determina il manifestarsi di instabilità che innescano il collasso gravitazionale della nube.
La massa limite oltre la quale la nube andrà certamente incontro al collasso è detta massa di Jeans, che è direttamente proporzionale alla temperatura ed inversamente proporzionale alla densità della nube: quanto più bassa è la temperatura e quanto più alta la densità, tanto minore è la massa necessaria perché possa avvenire tale processo. Per una densità di 100.000 particelle al cm³ e una temperatura di 10 K il limite di Jeans è pari a una massa solare.
Il processo di condensazione di grandi masse a partire da locali addensamenti di materia all'interno della nube, dunque, può procedere solo se questi ultimi possiedono già una massa sufficientemente grande. Infatti, via via che le regioni più dense, avviate al collasso, inglobano materia, a livello locale si raggiungono masse di Jeans meno elevate, che portano quindi a una suddivisione della nube in porzioni gerarchicamente sempre più piccole, finché i frammenti non raggiungono una massa stellare.
Il processo di frammentazione è agevolato anche dal moto turbolento delle particelle e dai campi magnetici che si vengono a creare. I frammenti, detti nuclei densi, hanno dimensioni comprese tra 6000 e 60.000 unità astronomiche (UA), densità dell'ordine di 10<sup>5</sup>–10<sup>6</sup> particelle per cm³ e contengono una quantità di materia variabile; l'intervallo di masse è assai ampio, ma le masse più piccole sono le più comuni. Questa distribuzione di masse ricalca la distribuzione delle masse delle future stelle (ovvero la funzione di massa iniziale), pur considerando che la massa dell’intera nube ammonta a circa il triplo della somma delle masse delle stelle che da essa avranno origine; questo indica che appena un terzo della massa della nube darà effettivamente origine ad astri, mentre il resto si disperderà nel mezzo interstellare. I nuclei densi turbolenti sono supercritici, ovvero la loro energia gravitazionale supera l'energia termica e magnetica e li avvia inesorabilmente al collasso.
==Cause del collasso: l'influenza dell'ambiente esterno==
Pur esplicando in modo chiaro le modalità attraverso cui avviene, il modello standard non spiega che cosa dia inizio al collasso. Non sempre la formazione di una stella inizia in maniera del tutto spontanea, a causa delle turbolenze interne oppure per via della diminuzione della pressione interna del gas a causa del raffreddamento o della dissipazione dei campi magnetici. Anzi, più spesso, come dimostrano innumerevoli dati osservativi, è necessario l'intervento di qualche fattore che dall'esterno perturbi la nube, causando le instabilità locali e promuovendo dunque il collasso.
A tal proposito numerosi sono gli esempi di stelle, per lo più appartenenti ad ampie associazioni stellari, le cui caratteristiche mostrano che si sono formate quasi contemporaneamente: dal momento che un simultaneo collasso di nuclei densi indipendenti sarebbe un'incredibile coincidenza, è più ragionevole pensare che questo sia la conseguenza di una forza applicata dall'esterno, che ha agito sulla nube causando il collasso e la successiva formazione stellare. Tuttavia non sono infrequenti gli esempi di collassi iniziati spontaneamente: alcuni esempi di questo sono stati individuati tramite l'osservazione infrarossa in certi nuclei densi isolati, relativamente quiescenti, posti in nubi vicine tra loro. In alcuni di essi, come nel globulo di Bok B355, sono state riscontrate tracce di lenti moti centripeti interni e sono state anche osservate delle sorgenti infrarosse, segno che potrebbe essersi avviata la formazione di nuove stelle.
Diversi possono essere gli eventi esterni in grado di promuovere il collasso di una nube; fra questi eventi sono compresi schematicamente i seguenti:
* onde d'urto generate dallo scontro di due nubi molecolari o dall'esplosione nelle vicinanze di una supernova;
* forze di marea che si instaurano a seguito dell'interazione tra due galassie, che innescano una violenta attività di formazione stellare su scala galattica definita starburst;
* energici super brillamenti (flare) di un'altra vicina stella in uno stadio più avanzato di formazione;
* pressione del vento o l'intensa emissione ultravioletta di vicine stelle massicce di classe O e B, che può regolare i processi di formazione stellare all'interno delle nubi di idrogeno ionizzato.
Si ipotizza inoltre che la presenza di un buco nero supermassiccio al centro di una galassia possa avere un ruolo regolatore nei confronti del tasso di formazione stellare nel nucleo galattico: infatti, un buco nero che sta accrescendo materia con tassi molto elevati può diventare attivo ed emettere un forte getto collimato in grado di limitare la successiva formazione di stelle. Tuttavia, l'emissione radio attorno ai getti, così come l'eventuale bassa intensità del getto stesso, può avere un effetto esattamente opposto, innescando la formazione di stelle qualora si trovi a collidere con una nube che gli transita nelle vicinanze.
L'attività di formazione stellare risulta fortemente influenzata dalle condizioni fisiche estreme che si riscontrano entro 30–300 anni luce dal nucleo galattico: intense forze di marea, incremento dell'entità delle turbolenze, riscaldamento del gas e presenza di campi magnetici piuttosto intensi; a rendere più complesso questo quadro concorrono inoltre gli effetti dei flussi microscopici, della rotazione e della geometria della nube. Sia la rotazione che i campi magnetici possono ostacolare il collasso della nube, mentre la turbolenza favorisce la frammentazione, e su piccole scale promuove il collasso.
==Dalle stelle agli ammassi stellari==
[[File:Hubble Watches Star Clusters on a Collision Course - Flickr - NASA Goddard Photo and Video.jpg|300px|thumb|left|Una piccola porzione della Nebulosa Tarantola, una regione H II gigante nella Grande Nube di Magellano. È visibile il superammasso R136, formatosi dai gas della Nebulosa Tarantola.]]
Eccettuando la lacuna sopra discussa, il modello standard descrive bene ciò che accade in nuclei isolati in cui sta avvenendo la formazione di una stella. Tuttavia, la stragrande maggioranza delle stelle non nasce in solitaria, ma in folti ammassi stellari, e il modello non spiega l'influenza che tale ambiente esercita sulle stelle nascenti. Inoltre, rispetto a quanto ritenuto in passato, la formazione stellare è un evento piuttosto violento: infatti l'osservazione infrarossa ha mostrato che la formazione di una stella interferisce negativamente sulla nascita degli astri adiacenti, dal momento che la radiazione e il vento prodotti nelle ultime fasi della formazione possono limitare la quantità di gas che può accrescere liberamente sulle vicine protostelle.
Per sopperire a tale lacuna sono state sviluppate due teorie.
La prima, detta teoria dell'accrescimento competitivo, si concentra sulle interazioni tra nuclei densi adiacenti. La versione più estrema di questa teoria prevede la formazione di numerose piccole protostelle, che si muovono rapidamente nella nube entrando in competizione tra loro per catturare quanto più gas possibile. Alcune protostelle tendono a prevalere sulle altre, divenendo le più massicce; altre potrebbero persino essere espulse dall'ammasso, libere di muoversi all'interno della galassia.
La concorrente, la teoria del nucleo turbolento, privilegia invece il ruolo della turbolenza dei gas: la distribuzione delle masse stellari rispecchia, infatti, lo spettro dei moti turbolenti all'interno della nube piuttosto che una successiva competizione per l'accumulo di massa. Le osservazioni sembrano dunque favorire questo modello, anche se la teoria dell'accrescimento competitivo potrebbe sussistere in regioni in cui la densità protostellare è particolarmente elevata.
È inoltre ormai assodato che il processo di formazione stellare raramente porta alla nascita di un singolo oggetto; anzi, più spesso il risultato è la formazione di un gruppo di oggetti più o meno intensamente legati dalla forza di gravità, poiché, come si è visto, solo una nube sufficientemente grande può collassare sotto la sua stessa gravità, dando origine a un certo numero di frammenti da cui nasceranno altrettante stelle o sistemi stellari multipli, che andranno a costituire un ammasso o un'associazione stellare.
Gli ammassi e le associazioni stellari sono il prodotto del collasso e della frammentazione di una vasta porzione di una nube molecolare gigante, processo questo che può durare diverse migliaia di anni; si stima che il tasso di formazione degli ammassi aperti nella nostra Galassia sia di circa uno ogni poche migliaia di anni.
==Lanterne nella Via Lattea: le associazioni OB==
[[File:Orion Belt.jpg|300px|thumb|left|La Cintura di Orione; i ricchi campi stellari di fondo costituiscono la parte centrale di un'associazione OB nota come Orion OB1b.]]
Le prime stelle dell'ammasso a vedere la luce sono le più massicce, calde e luminose e di classe spettrale O e B, la cui intensa emissione ultravioletta ionizza rapidamente il gas della nube rendendola una regione H II. Il vento da queste prodotto e la pressione di radiazione spazzano via il gas non ancora collassato, isolando i bozzoli avviati alla formazione delle stelle di massa intermedia e piccola. Dopo alcuni milioni di anni, l'ammasso sperimenta la prima esplosione di supernova, che contribuisce ulteriormente ad espellere i gas residui. In questo scenario solamente una quantità di materia compresa tra il 10% e il 30–40% del gas originario della nube collassa per formare le stelle dell'ammasso, prima di essere espulso; di conseguenza viene a perdersi la gran parte della massa che potrebbe potenzialmente collassare in ulteriori stelle.
L’insieme di stelle giovani che emerge dalla nube ed è responsabile della sua ionizzazione è chiamata associazione OB.
Queste associazioni possono contenere da poche unità fino a centinaia di stelle (in quest'ultimo caso si chiamano superassociazioni OB) e, in genere, si trovano nei dischi delle galassie a spirale, nei quali sono in atto dei processi di formazione stellare molto intensi.
Il fatto che le stelle di tipo O e B abbiano vita breve implica che anche le associazioni OB siano molto giovani: hanno infatti un'età solitamente compresa tra 1 e 10 milioni di anni. Si tratta quindi di zone privilegiate dove studiare la formazione stellare.
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<gallery mode="packed" widths=400px heights=250px perrow=5 caption="Carta molto generale che indica la distribuzione delle principali associazioni OB osservabili dalla nostra prospettiva all’interno della Via Lattea. Si nota una grande concentrazione in direzione del Sagittario (a destra nella carta a sinistra) e in Cassiopea (al centro nella carta a sinistra); nell’Aquila invece colpisce la totale assenza di associazioni: questo è dovuto al fortissimo oscuramento ad opera delle polveri oscure, che in questa direzione sono piuttosto vicine e nascondono completamente la luce delle associazioni OB situate al di là. La distribuzione nel tratto della Via Lattea australe (la carta a destra) appare invece più omogenea.">
File:Regioni celesti scelte - OB1.png
File:Regioni celesti scelte - OB2.png
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==Le associazioni R==
[[File:NGC2170.jpg|300px|thumb|left|Monoceros R2 è una tipica associazione R, associata a nebulose a riflessione.]]
Le stelle di classe spettrale B da sole, pur essendo anch’esse di grande massa, non possiedono una radiazione così energetica da essere in grado di ionizzare i gas delle nubi che le circondano; la loro luce è tuttavia più che sufficiente per illuminarli su ampia scala, formando così vasti complessi di nebulose a riflessione il cui colore tende all’azzurro, poiché riflettono la luce nella medesima lunghezza d’onda.
Questi gruppi stellari così strettamente legati a sistemi di nebulose a riflessione prendono il nome di associazioni R.
In aggiunta a ciò, il loro vento stellare non è in grado di disperdere i densi banchi di nubi da cui si sono formate e ciò consente agli astronomi di esaminarne le proprietà. Poiché inoltre le associazioni R sono più comuni rispetto alle associazioni OB, gli studiosi le utilizzano per tracciare la struttura dei bracci di spirale della Via Lattea.
==Le bolle di vento stellare==
Le stelle massicce di classe O e B possiedono un forte vento stellare, che progressivamente scava una sorta di cavità all’interno della nube, dove la materia è più rarefatta perché spazzata via: si viene così a creare una bolla di vento stellare.
Le bolle di vento stellare possiedono una struttura a doppio shock. La parte più interna della bolla si scalda in un termination shock (shock di terminazione), in cui la sua energia cinetica viene convertita in energia termica, che riscalda i gas sino alla temperatura di 10<sup>6</sup> K; si forma così un plasma altamente ionizzato che emette raggi X. Il vento riscaldato e ad elevata pressione si espande, causando uno shock all'interno del gas interstellare circostante. Se il gas circostante è abbastanza denso (con densità maggiore di 0,1 cm-3), il gas delle regioni più esterne si raffredda molto più velocemente di quello delle parti più interne, formando un sottile ma piuttosto denso involucro attorno al vento stellare.
Più una stella è calda e massiccia e più forte è il suo vento stellare, maggiore sarà la capacità di creare estese bolle attorno ad essa; gli astri più famosi in grado di formare grandi bolle di vento stellare sono le stelle di Wolf-Rayet.
==Supergiganti e stelle di Wolf-Rayet==
[[File:The Bubble Nebula - NGC 7635 - Heic1608a.jpg|300px|thumb|left|La bolla generata da una caldissima stella di Wolf-Rayet nella ne-bulosa NGC 7635.]]
Il modello dell’evoluzione stellare prevede che la sequenza principale, ossia la fase stabile della vita di una stella, termini non appena l’idrogeno contenuto nel suo nucleo sia stato completamente convertito in elio dalla fusione nucleare; la successiva evoluzione della stella segue vie diverse a seconda della massa dell’oggetto celeste.
Quando termina il processo di fusione dell'idrogeno in elio e inizia la conversione di quest'ultimo in carbonio, le stelle massicce (con massa superiore a 8 masse solari) si espandono raggiungendo lo stadio di supergigante rossa. Non appena si esaurisce anche la fusione dell'elio, i processi nucleari non si arrestano ma, complice una serie di successivi collassi del nucleo ed aumenti di temperatura e pressione, proseguono con la sintesi di altri elementi più pesanti: ossigeno, neon, silicio e zolfo.
In tali stelle, poco prima della loro fine, può svolgersi in contemporanea la nucleosintesi di più elementi all'interno di un nucleo che appare stratificato; tale struttura è paragonata da molti astrofisici agli strati concentrici di una cipolla. In ciascun guscio avviene la fusione di un differente elemento: il più esterno fonde idrogeno in elio, quello immediatamente sotto fonde elio in carbonio e via dicendo, a temperature e pressioni sempre crescenti man mano che si procede verso il centro. Il collasso di ciascuno strato è sostanzialmente evitato dal calore e dalla pressione di radiazione dello strato sottostante, dove le reazioni procedono a un regime più intenso. Il prodotto finale della nucleosintesi è il nichel-56 (56Ni), risultato della fusione del silicio, che viene completata nel giro di pochi giorni.
Il nichel-56 decade rapidamente in ferro-56 (56Fe). Poiché i nuclei del ferro possiedono un'energia di legame superiore a quella di qualunque altro elemento conosciuto, la loro fusione, anziché essere un processo esotermico (ossia che produce ed emette energia), è fortemente endotermico (cioè richiede e consuma energia).
La supergigante rossa può anche attraversare uno stadio alternativo, che prende il nome di supergigante blu. Durante questa fase la fusione nucleare avviene in maniera più lenta; per via di tale rallentamento, l'astro si contrae e, poiché una grande quantità di energia viene emessa da una superficie fotosferica più piccola, la temperatura superficiale aumenta, da cui il colore blu; l'astro tuttavia, prima di raggiungere questo stadio, passa per la fase di supergigante gialla, caratterizzata da una temperatura e da dimensioni intermedie rispetto alle due fasi. Una supergigante rossa può in qualunque momento, a patto che rallentino le reazioni nucleari, trasformarsi in una supergigante blu.
Nelle stelle più massicce, ormai in una fase evolutiva avanzata, un grande nucleo di ferro inerte si deposita al centro dell'astro; in tali astri gli elementi più pesanti, spinti da moti convettivi, possono affiorare in superficie, formando degli oggetti molto evoluti noti come stelle di Wolf-Rayet, caratterizzate da forti venti stellari che provocano una consistente perdita di massa.
Si tratta di stelle molto luminose, con una luminosità compresa fra centinaia di migliaia e milioni di volte quella del Sole, sebbene nella banda del visibile non siano eccezionalmente luminose, in quanto la maggior parte della radiazione viene emessa sotto forma di raggi ultravioletti.
Le stelle visibili a occhio nudo γ Velorum e θ Muscae sono Wolf-Rayet, così come lo è la stella più massiccia attualmente conosciuta, R136a1 nella Nebulosa Tarantola.
==Le supernovae: grandi modellatrici dell'ambiente galattico==
[[File:Gum Nebula.jpg|300px|thumb|left|La gigantesca Nebulosa di Gum è un esempio di cosa è in grado di generare una superbolla originatasi da più esplosioni di supernovae.]]
Una supernova è un'esplosione stellare estremamente energetica che si verifica al termine del ciclo vitale delle stelle di grande massa (oltre le 10 masse solari). Le supernove sono molto luminose e causano un’emissione di radiazione che può per brevi periodi superare quella di una intera galassia.
Durante un intervallo di tempo che può andare da qualche settimana a qualche mese, una supernova emette tanta energia quanta si ritiene che ne emetta il Sole durante la sua intera esistenza e, per una quindicina di secondi, raggiunge una temperatura di cento miliardi di Kelvin.
L'esplosione espelle la maggior parte o tutto il materiale che costituisce la stella a velocità che possono arrivare a 30.000 km/s (10% della velocità della luce), producendo un'onda d'urto che si diffonde nel mezzo interstellare. Ciò si traduce in una bolla di gas in espansione che viene chiamata resto di supernova.
Col tempo si viene a creare una grande cavità, chiamata superbolla, in cui la densità è notevolmente inferiore rispetto alle regioni non investite dall’onda d’urto.
I resti di supernova possono rivelarsi degli ottimi alleati dei processi di formazione stellare: la loro forte onda d’urto è infatti in grado di modellare l’ambiente circostante, spazzando via il mezzo interstellare e accumulandolo sui bordi della superbolla in espansione, finché non incontra una nube o un sistema di nubi più denso. Esplosioni multiple di supernovae, piuttosto comuni nelle associazioni OB più estese ed evolute, hanno un effetto ancora più importante, poiché la loro onda d’urto si somma generando una superbolla ancora più violenta, riuscendo talvolta ad aprirsi fino alle alte latitudini galattiche, formando un cosiddetto chimney (comignolo) galattico.
All’interno della cavità formata dalla superbolla, le stelle di massa minore formatesi assieme alle stelle esplose vengono liberate dal denso manto nebuloso che prima le circondava, rendendosi ben visibili all’esterno come giovani ammassi aperti di stelle che devono ancora raggiungere la fase stabile della loro vita.
L’onda d’urto generata dall’esplosione delle supernovae può viaggiare per centinaia di anni luce trascinandosi con sé gas e polveri derivanti dalla disgregazione della nebulosa originaria. Se quest’onda raggiunge una regione del mezzo interstellare più densa o una nube molecolare inerte, la sua propagazione ne risulta distorta, mentre nella nebulosa tamponata si possono innescare processi di collasso che portano alla formazione di una nuova popolazione di stelle.
Questi nuovi processi di collasso possono interessare nubi di massa variabile, da piccoli bozzoli isolati fino a grandi banchi nebulosi. L’effetto stesso dell’onda d’urto può essere responsabile della formazione di nuove nebulose nel momento in cui essa attraversa una regione la cui densità del mezzo interstellare è maggiore, accumulando il gas.
==Collasso di bozzoli isolati: i globuli cometari==
L’onda d’urto dell’esplosione, ma anche, più semplicemente, la radiazione ultravioletta delle stelle massicce di un’associazione, sono in grado di erodere gli strati esterni delle nubi molecolari più piccole; il gas asportato si orienta nella direzione opposta rispetto a quella di provenienza della fonte di energia, creando una lunga chioma dietro il nucleo di queste nubi, che diventano così simili a delle comete. Questi particolari oggetti vengono infatti denominati globuli cometari.
Il nucleo dei globuli, che resiste all’onda d’urto, sperimenta invece un collasso favorito dall’onda d’urto stessa, assumendo le caratteristiche di un globulo di Bok; al suo interno si generano frequentemente stelle isolate o coppie di stelle di piccola massa.
==Collasso di nubi maggiori==
Quando l’onda d’urto raggiunge nubi più massicce, la deformazione è in genere meno traumatica, sebbene al loro interno possano prendere il via processi generativi anche di discreta portata.
Le nubi più estese possono generare anche stelle molto massicce, riproponendo in tal modo il modello della nube iniziale e generando una nuova associazione OB, che potrà essere in certi casi anche più ricca della precedente generazione, a seconda della massa della nube in via di collasso.
Nonostante ciò, la gran parte delle nubi investite dall’onda d’urto saranno comunque di piccola massa, poiché più comuni, e daranno quindi luogo a grandi raggruppamenti di stelle di massa media o piccola, aggregate in associazioni di oggetti stellari giovani e corredate da una nutrita popolazione di oggetti di massa substellare, come le nane brune. Altre nubi possono invece risentire solo marginalmente dell’influenza dell’onda d’urto e generare così pochissime stelle.
==Le associazioni T==
[[File:Location of NGC 1554 in Comparison to NGC 1555.jpg|300px|thumb|left|La stella T Tauri è il prototipo dell’omonima classe di stelle giovani, spesso riunite in associazioni.]]
La maggior parte delle stelle che si generano da un episodio di formazione stellare, come si è detto in precedenza, possiede una massa non superiore alle due masse solari; le associazioni composte da queste stelle sono chiamate associazioni T.
Il nome deriva dal fatto che le stelle giovani di tale massa che non hanno ancora raggiunto la fase stabile della loro vita vengono chiamate stelle T Tauri.
Una stella T Tauri (così chiamata dal nome del prototipo di questa classe, T Tauri) è una stella pre-sequenza principale, ossia nei primi stadi della propria evoluzione, che deve ancora posizionarsi sulla sequenza principale del diagramma H-R.
La fase corrispondente alle T Tauri nelle stelle di massa medio-grande (fra 2 e 8 masse solari) è quella delle '''stelle Ae/Be di Herbig''', con linee di emissione simili alle T Tauri. Le stelle più massicce ancora e di classe O non attraversano una fase analoga perché evolvono molto più velocemente: quando diventano visibili sono infatti già entrate nella sequenza principale.
Le stelle T Tauri hanno masse e temperature simili a quelle del Sole, ma alcune volte sono più grandi in termini di diametro e decisamente più luminose. Ruotano velocemente su sé stesse, tipicamente in pochi giorni (invece che in un mese come il Sole), e sono molto attive. Hanno campi magnetici estremamente intensi, che attraggono i gas vicini risucchiandoli lungo le linee di campo, provocando massicci brillamenti ed estese macchie sulla loro superficie. Le stelle T Tauri hanno, inoltre, emissioni di raggi X e radio intense e variabili, circa 1000 volte superiori a quelle del Sole, e molte hanno venti stellari estremamente potenti.
Le stelle T Tauri contengono molto litio rispetto alla nostra stella. Tale elemento è facilmente distrutto già a un milione di Kelvin, una temperatura relativamente bassa per un nucleo stellare, e le stelle più evolute ne contengono pochissimo. Prendendo in considerazione tutti questi indizi, si pensa che le T Tauri siano molto giovani e che la maggior parte della loro energia derivi dal collasso gravitazionale, non dalle reazioni di fusione nucleare, perché il loro nucleo è ancora troppo freddo: queste reazioni infatti richiedono come minimo temperature di qualche decina di milioni di kelvin.
Circa la metà delle stelle T Tauri hanno dei dischi circumstellari, che potrebbero essere il residuo della nebulosa da cui si sono formate, e che potrebbe dare origine a dei pianeti. La maggior parte sono anche stelle binarie.
Affinché una stella esca dalla fase di T Tauri per entrare nella sequenza principale possono occorrere fino a 100 milioni di anni.
Un fenomeno tipico della fase T Tauri sono gli oggetti di Herbig-Haro, caratteristiche nebulose a emissione originate dalla collisione tra i flussi molecolari in uscita dai poli stellari e il mezzo interstellare. Si calcola che tali fenomeni abbiano una durata relativamente breve: l'esistenza degli oggetti di HH giungerebbe infatti ad alcune decine o al massimo a qualche centinaia di migliaia di anni, al termine dei quali si disperdono nel mezzo interstellare sotto l'azione del vento prodotto dalle stelle di nuova formazione. Le osservazioni condotte dal Telescopio spaziale Hubble rivelano anche che questi oggetti si evolvono rapidamente nel giro di pochi anni.
==Verso la totale dissoluzione==
[[File:Messier 44 2018.jpg|300px|thumb|left|L’ammasso aperto del Presepe è un esempio di ammasso aperto di età intermedia, ossia di alcune centinaia di milioni di anni di età. Sono del tutto assenti stelle di grande massa, le quali, semmai abbia-no fatto in origine parte dell’ammasso, sono ormai esplose da tempo.]]
Le stelle di piccola massa producono un fronte di ionizzazione notevolmente più scarso rispetto alle stelle delle classi spettrali O e B; ciò comporta che esse non siano in grado di fornire ai gas circostanti l’energia necessaria per generare una regione H II. La massima parte di queste nubi infatti risulterà semplicemente illuminata da queste stelle, rendendosi visibili come nebulose a riflessione.
Solo le parti della nube più vicine alle stelle ne risultano illuminate; le aree più remote e periferiche restano oscure e possono essere individuate indirettamente poiché oscurano i campi stellari di fondo.
Molto lentamente, il gas residuo si fa meno denso, sia per effetto dell’azione combinata del vento stellare delle giovani stelle, sia per eventuali interazioni col mezzo interstellare e l’ambiente galattico circostante. Gli effetti dell’onda d’urto iniziale generata dalle supernovae sono ormai assenti e le regioni circostanti sono state in massima parte ripulite da gas e polveri.
Via via che il gas si disperde e si allontana dalle stelle, le nebulose a riflessione progressivamente si affievoliscono fino a spegnersi del tutto.
Il risultato ultimo, dopo un periodo che può durare anche diverse decine di milioni di anni, è un gruppo di ammassi aperti dalle caratteristiche differenti fra loro, situate in una regione di alcune centinaia di anni luce di diametro.
Gli ammassi aperti più ricchi e compatti possono essere in grado di sopravvivere a lungo come tali, grazie alla maggiore interazione gravitazionale reciproca; di frequente questi ammassi tendono a deviare dal piano galattico, portandosi a latitudini galattiche progressivamente più elevate.
Col tempo, le dinamiche interne dei bracci di spirale porteranno le singole componenti degli ammassi aperti ad allontanarsi le une delle altre e a disperdersi progressivamente, degradando le reciproche interazioni gravitazionali. Gli ammassi assumeranno forme allungate trasformandosi dapprima in associazioni stellari e infine in correnti stellari e gruppi cinematici dispersi; tutte queste tipologie di gruppi stellari condividono ancora il medesimo moto proprio, muovendosi insieme nello spazio in maniera simile fra loro.
A un certo punto, dopo altre decine o centinaia di milioni di anni, le stelle che le compongono si confonderanno totalmente con la popolazione stellare del disco galattico; a quel punto, ogni stella avrà preso la sua strada.
[[File:StarFormationDynamics didascalie.png|400px|thumb|center|Una sequenza di nove immagini riassuntive che mostra la serie di eventi che intervengono nelle regioni di formazione stellare e che conducono dalla nube molecolare alle nuove stelle.]]
==L'ambiente del Sole==
Appare dunque chiaro quanto profonde siano le dinamiche di formazione stellare a catena nella morfologia delle strutture osservabili nella Via Lattea.
Il Sole attualmente si trova all’interno di una di queste grandi strutture, per la precisione in un residuo di un’antica superbolla chiamata Bolla Locale.
La Bolla Locale è dunque una sorta di cavità del mezzo interstellare, estesa per circa 300 anni luce; possiede una densità di idrogeno neutro variabile tra circa 0,05 e 0,07 atomi per centimetro cubo, mentre il mezzo interstellare galattico ha una densità circa dieci volte superiore. L'alta temperatura del gas (circa 6000 K) è all'origine di una discreta emissione di raggi X da parte della nube.
Il Sistema Solare è entrato nella Bolla Locale circa 3 milioni di anni fa; attualmente si trova nella Nube Interstellare Locale, una regione di materiale più densa rispetto al resto della Bolla; questa regione si forma laddove la Bolla Locale incontra la Bolla Loop I, una regione adiacente con densità maggiore, di circa 0,1 atomi per centimetro cubo.
La Nube Interstellare Locale è una nube interstellare estesa per circa 30 anni luce attraverso la quale si sta muovendo attualmente il Sistema Solare. Non è del tutto chiaro se il Sole si trovi proprio immerso nella nube o se si situi nella regione dove la nube interagisce con le strutture confinanti.
Si ritiene che il Sole sia entrato in questa nube in un periodo compreso tra 44.000 e 150.000 anni fa e che vi resterà per i prossimi 10.000 o 20.000 anni.
La forma della Bolla Locale non è esattamente sferica, ma sembra avere la forma di un ellissoide ristretto in corrispondenza del piano galattico, mentre al di sopra e al di sotto del piano si dilata assumendo la forma quasi di una clessidra.
Molti astronomi credono che questo sistema di bolle si sia formato tra alcune centinaia di migliaia e pochi milioni di anni fa, a causa dell'esplosione di una supernova, il cui resto è probabilmente identificabile nella pulsar Geminga, nella costellazione dei Gemelli, che riscaldò la materia circostante, rendendola più rarefatta.
La Bolla Loop I si sarebbe invece formata dall’espansione di una superbolla generata da una supernova probabilmente esplosa nella grande Associazione Scorpius-Centaurus, l'associazione OB più vicina al Sole, a 500 anni luce di distanza.
Altre bolle adiacenti sono la Bolla Loop II e la Bolla Loop III; nella Bolla Loop I è contenuta la stella Antares, che fa parte di un sottogruppo della già citata Associazione Scorpius-Centaurus.
[[File:Regioni celesti scelte - Milky Way.png|400px|thumb|center|Illustrazione generica delle principali strutture conosciute all’interno della Via Lattea. È indicata anche la posizione del Sole.]]
[[File:Regioni celesti scelte - MilkyWay.png|400px|thumb|center|Schema che mostra l’andamento dei bracci di spirale nella Via Lattea dalla prospettiva osservativa terrestre. Al centro il Centro Galattico, poi verso sinistra la regione del Cigno e di Cassiopea, mentre a destra la regione di Orione e della Nave Argo.]]
[[File:Regioni celesti scelte - OrionSpur I.png|400px|thumb|center|Illustrazione della disposizione dei principali oggetti e strutture entro un raggio di circa 10.000 anni luce dal Sole. In giallo le principali associazioni OB, in verde le principali regioni H II, in grigio le nubi oscure.]]
[[File:MilkyWayQuadrants.png|400px|thumb|center|La suddivisione in quadranti della Via Lattea, col Sole all’origine dei quadranti e con indicata la direzione delle costellazioni situate sul piano galattico.]]
[[Categoria:Guida alle costellazioni - Regioni celesti scelte|Le regioni di formazione stellare]]
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{{Abulafia e i segreti della Torah}}
[[File:Abulafia ecstatic-kabbalah.jpg|thumb|center|550px|<div style="font-size:smaller">''"Quando il saggio vede che il buon senso non è accettabile alla sua mente, allora deve concentrare la sua attenzione sul significato interiore."''<br/>
Abramo Abulafia, ''Mafteaḥ ha-Ḥokhmot'', 44</div>]]
= STUDI E INSEGNAMENTO =
[[File:Abu Nasr al-Farabi (head).png|right|thumb|240px|<small>[[w:Al-Farabi|Abū Naṣr Al-Fārābī]]</small>]]
[[File:Avicenne - Avicenna - Ibn Sina (980-1037) CIPB2067.jpg|right|thumb|240px|<small>[[w:Avicenna|Avicenna]]</small>]]
[[File:Andrea di bonaiuto, apotesosi di san tommaso d'aquino, 11 averroè.jpg|right|thumb|240px|<small>[[w:Averroè|Averroè]]</small>]]
== Abulafia: Al-Fārābī, Avicenna e Averroè ==
Il libro di Maimonide è senza dubbio la fonte filosofica più influente sul pensiero di Abulafia, un'affermazione che non può essere pronunciata su nessun altro cabalista del XIII secolo, sia dal punto di vista del numero di citazioni esplicite sia dall'uso del quadro speculativo di [[Maimonide]] e quello della paternità di Abulafia di tre commentari al libro di quest'ultimo. Tuttavia, per quanto importante fosse la ''[[Guida dei perplessi|Guida]]'', non fu l'unico trattato filosofico studiato da Abulafia. Come confessò nel suddetto brano autobiografico, prima di studiare la ''Guida'' di Maimonide, aveva già studiato filosofia "giorno e notte", molto probabilmente con Rabbi Hillel di Verona, anche se allo stesso affermasse di aver fatto solo "poco" studio in questo campo.
Altrove, egli cita i titoli dei libri che studiò insieme alla ''Guida'', come si vede in due citazioni ''supra''. Nella sua ultima opera, Abulafia fa riferimento al neoplatonico ''Liber de Causis'' – un epitome medievale degli ''Elementatio Theologica (Elementi di teologia)'' di [[w:Proclo|Proclo]], uno dei cui paragrafi cita a nome di Platone – chiamandolo come ''Sefer ha-ʿAṣamim ha-ʿElyonim'', una versione che non si trova in nessuna delle altre tre traduzioni ebraiche esistenti di questo trattato che furono create durante la sua generazione.<ref>Si veda ''Imrei Šefer'', 193-94, e Moshe Idel, "The Magical and Neoplatonic Interpretations of Kabbalah in the Renaissance", in ''Jewish Thought in the Sixteenth Century'', cur. Bernard D. Cooperman (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1983):216-17, 220-23; Idel, "Jewish Kabbalah and Platonism in the Middle Ages and Renaissance", 332-33. Sulla presenza di brani di una traduzione ebraica del ''Sefer ha-Sibbot'' insieme a brani del ''Sitrei Torah'' e di ''Or ha-Śekhel'' di Abulafia in alcuni manoscritti, elaborerò altrove. È interessante notare che la traduzione ebraica utilizzata da Abulafia differisce da quella che il suo ex maestro, Rabbi Hillel di Verona, tradusse dal latino nell'Italia settentrionale durante lo stesso periodo, nonché da quella di Rabbi Zeraḥyah ben Sheʾaltiel Ḥen. Abulafia conosceva anche il ''Tiqqun Middot ha-Nefeš'' di Solomon ibn Gabirol, ma questo non è uno scritto particolarmente filosofico.</ref> È ovvio dal contesto della citazione che Abulafia aveva esaminato l'intero libro, che descrive brevemente.
Nell'interesse delle nostre discussioni alle Parti III e IV, è necessario ora discutere il ricorso di Abulafia ad altri libri filosofici che coltivavano una forma di esoterismo simile a quello di Maimonide. I libri di [[w:Al-Farabi|Abū Naṣr Al-Fārābī]], [[w:Avicenna|Avicenna]] e [[w:Averroè|Averroè]] furono probabilmente influenti sul suo esoterismo.<ref>Cfr. James T. Robinson, "Al-Fārābī, Avicenna, and Averroes in Hebrew: Remarks on the Indirect Transmission of Arabic-Islamic Philosophy in Medieval Judaism", in ''The Muslim, Christian, and Jewish Heritage: Philosophical and Theological Explorations in the Abrahamic Traditions'', curr. Irfan Omar e Richard Taylor (Milwaukee: Marquette University Press, 2012):59–87.</ref> Al-Fārābī è citato come l'autore di un libro intitolato ''al-Siyāsah al-Madaniyyah'', tradotto in ebraico dal rabbino Moses ibn Tibbon con il titolo ''Hatḥalot ha-Nimṣaʾot (I Princìpi dell'Esistente)'' sia nel ''Sitrei Torah'' che in ''Ḥayyei ha-Nefeš'' di Abulafia, che sono entrambi commentari sui segreti di Maimonide.<ref>Per un'analisi particolareggiata di questa citazione, si veda Idel, ''Ben'', 279–84, 352–53, nota 70; cfr. anche ''id.'', "Abraham Abulafia’s Works and Doctrine", 11. Questo libro era anche conosciuto da Rabbi Hillel di Verona. Si veda anche Schwartz, "Magic, Philosophy and Kabbalah", 111, nota 47.</ref>
Tuttavia, tracce di questo libro possono essere individuate ancora nel 1289 nel suo commentario al Pentateuco.<ref>Si veda ''Mafteaḥ ha-Šemot'', 26, e ''Mafteaḥ ha-Sefirot'', cur. Gross (Gerusalemme: 2001), 33, dove il termine "lo spirito fedele" (הרוח הנאמן) quale designazione dell'Ibtelletto Agente si trova esattamente come nella traduzione ebraica del libro di Al-Fārābī. Cfr. anche ibn Kaspi, ''Menorat Kesef'', 81.</ref> Pertinente ad Abulafia è il fatto che, secondo una testimonianza, Al-Fārābī cambiò idea sulla possibilità della congiunzione drammatica dell'intelletto umano con l'Intelletto Agente. Questo sembra essere il caso anche del pensiero di Averroè, sebbene in una direzione diversa. Questi cambiamenti non sono registrati nelle discussioni di Abulafia, sebbene Hillel ne conoscesse meglio alcuni.
[[File:Salomon Munk cropped.jpg|240px|thumb|right|<small>[[:en:w:Salomon Munk|Solomon Munk]] (c.1850)</small>]]
L'influenza di Averroè su Abulafia dovrebbe quindi essere riconsiderata.<ref>Per i differenti riferimenti alle opinioni di Averroè che non citano il suo nome nel contesto del pensiero di Abulafia, si veda Idel, ''Kabbalah: New Perspectives'', 60; ''Id.'', ''Language, Torah, and Hermeneutics'', 12, 13, 75, 81, 145, 183, 187; ''Id.'', ''Studies in Ecstatic Kabbalah'', 3, 5, 7, 17, 23, 68, 118, 153; ''Id.'', ''The Mystical Experience'', 70, 74–75, 126, 138, 146, 172; ''Id.'', "Abulafia’s Secrets of the Guide", 308; infine ''Id.'', ''Kabbalah in Italy'', 142–43, 331. Per quanto ne so, la proposta di interpretare Abulafia in un contesto averroista non ha attirato la dovuta attenzione degli studiosi nella recente ricerca, che guarda principalmente in direzioni diverse per comprendere il suo pensiero. Cfr. tuttavia Yossef Schwartz, ''"To Thee Is Silence Praise": Meister Eckhart’s Reading in Maimonides’s Guide of the Perplexed'' {{he}} (Tel Aviv: Am Oved, 2002), 163–64, nota 256.</ref> Come è stato sottolineato da '''[[:en:w:Salomon Munk|Solomon Munk]]''' più di un secolo e mezzo fa, gli scritti di Averroè furono conservati da pensatori e traduttori ebrei in Europa, che contribuirono notevolmente alla loro sopravvivenza.<ref>Si veda il suo importante studio, ''Mélanges de philosophie juive et arabe'' (Parigi: Vrin, 1927), 418–58.</ref> Sembra che la sua diagnosi non sia cambiata nella cultura delle generazioni a lui successive, e propongo che Abulafia debba essere visto anche come certamente influenzato dal filosofo cordovano. Particolarmente importante per la nostra discussione qui è il fatto che alcuni degli scritti di Averroè furono tradotti in ebraico e in latino nella generazione precedente ai decenni in cui Abulafia iniziò i suoi studi di filosofia. Ciò avvenne nelle immediate vicinanze geografiche di Capua (Napoli) negli scritti di Rabbi [[w:Jacob Anatoli|Jacob Anatoli]], [[w:Michele Scoto|Michele Scoto]], [[w:Ermanno Alemanno|Ermanno Alemanno]] e alcuni altri.<ref>Si veda Mauro Zonta, ''La filosofia antica nel Medioevo ebraico'' (Brescia: Paideia, 1996), 73–74, 76–78, 143, 182–84, 245–46, 258; Charles Burnett, "The ‘Sons of Averroes with the Emperor Frederick’ and the Transmission of the Philosophical Works of ibn Rushd", in ''Averroes and the Aristotelian Tradition: Sources, Constitution and Reception of the Philosophy of Ibn Rushd'' (1126–1198), curr. Gerhard Endress e Jan A. Aertsen (Leiden: Brill, 1999):259–99; e Giuseppe Sermoneta, "Federico II e il pensiero ebraico nell’Italia del suo tempo", in ''Frederico II e l’arte del Duecento italiano'', cur. Angiola M. Romanini (Galatina: Congedo Editore, 1980), 2:183–97. Cfr. anche Robinson, "Secondary Forms of Transmission", 195–201, e l'introduzione di Luciana Pepi al testo ebraico e traduz. italiana del libro di Anatoli, in Anatoli Ja‘aqov, ''Il Pungolo dei discepoli'', trad. Luciana Pepi (Palermo: Officina di Studi Medievali—Fondazione Federico II, 2004), 1:3–42.</ref> Inoltre, diversi membri della [[w:Ibn Tibbon|famiglia Tibbon]], oltre ad Anatoli e suo figlio Anatolio, vissero a Capua per un periodo di tempo significativo: lo stesso Moses ibn Tibbon; suo figlio, Samuel (nipote del traduttore Samuel ibn Tibbon); e alcuni cugini di Samuele.
Un brano piuttosto lungo della traduzione ebraica di Rabbi Jacob Anatoli del commentario di Averroè al ''De interpretatione'' di Aristotele, è citato nell'epistola ''Ševaʿ Netivot ha-Torah'' di Abulafia, dove sono menzionati i nomi di Aristotele, Averroè e il traduttore ebreo.<ref>Si veda "Ševaʿ Netivot ha-Torah", 14. Per un a traduzione e analisi di questo passo, si veda Idel, ''Language, Torah, and Hermeneutics'', 12–13. Abulafia cita una brano prersente nella traduzione ebraica conservata nel Ms. Oxford, Bodleian 1356, fol. 59b.</ref> Inoltre, è più che plausibile che un altro passo della stessa epistola, dove Abulafia enumera le diverse parti dell’''Organon'' di Aristotele, indichi che i suoi studi in questo campo dipendevano dalle traduzioni ebraiche da parte di Anatoli dei commenti di Averroè a questi trattati.<ref>"Ševaʿ Netivot ha-Torah", 14. Per la questione delle traduzioni di Anatoli in merito a questa letteratura filosofica, cfr. Shalom Rosenberg, "Logic and Ontology in Jewish Philosophy in the 14th Century" {{he}} (Hebrew University, 1973), 8–10.</ref> Come afferma Abulafia, li studiò attentamente oppure, come dice lui in ebraico, ''be-ʿIyyun''.
Questa epistola fu scritta nella seconda metà degli anni 1280 e testimonia il continuo interesse di Abulafia per tali fonti filosofiche. Questa conclusione è favorita dai suoi riferimenti positivi al libro di Aristotele sulle dieci Categorie, tradotto in ebraico come ''Sefer ha-Maʾamarot''. Cita questo libro più volte, spesso a lungo, in ''Oṣar ʿEden Ganuz''<ref>''Oṣar ʿEden Ganuz'', 3:1, 302–3, 3:1, 305.</ref> e nel suo ultimo libro, ''Imrei Šefer''.<ref>''Imrei Šefer'', 128–29.</ref> Cita anche gli ''[[w:Analitici primi|Analitici primi]]'' (''Sefer ha-Heqeš'') e gli ''[[w:Analitici secondi|Analitici secondi]]'' (''Sefer ha-Mofet''),<ref>Sull'impatto di questo libro su Rabbi Nathan ben Saʿadyah, si veda ''Le Porte della Giustizia'', 470.</ref> che erano presenti anche nella traduzione di Anatoli del commentario di Averroè.<ref>Si veda ''Sitrei Torah'', 160.</ref> L’''[[w:Isagoge|Isagoge]]'' di [[w:Porfirio|Porfirio]], un altro famoso libro sulla logica, è menzionato due volte negli scritti di Abulafia come ''Sefer ha-Mavoʾ'',<ref>''Oṣar ʿEden Ganuz'', 3:5, 321, e ''Imrei Šefer'', 156.</ref> molto probabilmente accompagnato dal [[:en:w:List of works by Averroes#Middle Commentaries|Commentario Medio]] di Averroè su di esso, che Anatoli aveva anche tradotto in ebraico.<ref>Cfr. Averroè, Commentari su ''Isagoge'' di Porfirio e le ''Categorie'' di Aristotele; cfr. anche Rosenberg, "Logic and Ontology", 140–43; e Zonta, ''La filosofia antica nel Medioevo ebraico'', 73–74.</ref> Ciò significa che Abulafia studiò i testi con i relativi commentari di Averroè, anche se menziona il suo nome solo una volta.
È interessante notare che Abulafia assume che i metodi di quei libri sulla logica riguardino esclusivamente la materia di questo mondo, o quella della natura. Tuttavia, per ottenere intuizioni più elevate, uno dovrebbe procedere al metodo della combinazione di lettere, che egli immaginava come un tipo di logica superiore, interiore o superna.<ref>Si veda ''Sefer Geʾulah'', 37; "Ševaʿ Netivot ha-Torah", 14–15; e ''Imrei Šefer'', 156.</ref> Pertanto, possiamo presumere che i primi studi di Abulafia su diversi libri di logica abbiano contribuito in parte alla sua ricezione della teoria della combinazione di lettere, che concepì come una forma di logica superiore a quella greca.
È possibile individuare almeno una delle fonti per la conoscenza di Averroè da parte di Abulafia, oltre alle traduzioni ebraiche di Anatoli: il maestro di Abulafia in materia di filosofia, Rabbi Hillel ben Samuel di Verona, conosceva alcuni trattati averroisti, specialmente quelli che trattavano questioni relative all'unione dell'intelletto umano e cosmico, come furono tradotti in ebraico da Rabbi Samuel ibn Tibbon all'inizio del XIII secolo.<ref>Si veda l'analisi dettagliata di Sermoneta, "Hillel ben Samuel ben Eleazer of Verona", 355–401, e Zonta, ''La filosofia antica nel Medioevo ebraico'', 226–28.</ref> Sebbene si affermi che il libro di Rabbi Hillel fosse stato scritto nel 1291, diversi anni dopo che Abulafia aveva studiato con lui, non vi è alcun motivo plausibile per negare il precedente interesse di Rabbi Hillel per l'argomento che era così centrale per il suo unico libro "originale", ''Tagmulei ha-Nefeš''.<ref>Cfr. Rabbi Hillel di Verona, ''Sefer Tagmulei ha-Nefeš'', cur. Joseph B. Sermoneta. Si veda specialmente 73, dove l'intelligirsi dell'intelletto umano nell'intelletto separato è descritta ricorrendo alla formula ישוב ליהות הוא הוא, che è la stessa che si trova in Abulafia. Si vedano le formule trovate in Abulafia addotte da Idel, ''Studies in Ecstatic Kabbalah'', 10, per ulteriori possibili fonti e "On Maimonides in Nahmanides and His School" per l'uso di questa formula da parte del giovane Maimonide in arabo.</ref> Inoltre, come ha dimostrato Joseph B. Sermoneta, Rabbi Hillel conosceva bene anche i dibattiti scolastici sugli aspetti "eretici" dell'averroismo.<ref>Sermoneta, "Hillel ben Samuel ben Eleazer of Verona".</ref> Questa consapevolezza complica l'affermazione di Sermoneta che Rabbi Hillel non fosse in precedenza interessato alla filosofia, poiché si riferisce ad Averroè oltre che ai suoi libri e alle sue idee. A differenza della maggior parte dei filosofi ebrei europei del XIII secolo, Hillel non era in sintonia con Averroè e condivideva l'antagonismo di Tommaso d'Aquino nei suoi confronti.
Ripeto, è ovvio che Abulafia fosse a conoscenza del ''Midrash Ḥokhmah'', un vasto trattato enciclopedico che include molte delle opinioni di Averroè scritte da [https://www.jewishencyclopedia.com/articles/8003-ibn-matkah-judah-ben-solomon-ha-kohen Rabbi Judah ha-Kohen ibn Matkah di Toledo], attivo sia in Spagna che in Italia. Come sottolineato in dettaglio da Mauro Zonta, l'enciclopedia di ibn Matkah mostra che egli era a conoscenza di diverse fonti averroiste.<ref>Zonta, ''La filosofia antica nel Medioevo ebraico'', 200–204, e Resianne Fontaine, "Judah ben Solomon Ha-Cohen’s Midrash ha-Hokhmah: Its Sources and Use of Sources", in ''The Medieval Hebrew Encyclopedias of Science and Philosophy'', cur. Steven Harvey (Dordrecht: Springer, 2000):191–210.</ref> Questo vasto compendio contiene anche speculazioni linguistiche intese come Cabala che Abulafia avrebbe certamente approvato.<ref>Si veda anche Colette Sirat, "Juda b. Salomon Ha-Kohen—philosophe, astronome et peut-être Kabbaliste de la première moitié du XIIIe siècle", ''Italia'' 1, nr. 2 (1979):39–61, e Colette Sirat, "La kabbale d’après Juda ben Salomon ha-Cohen", in ''Hommage à Georges Vajda'', curr. Gérard Nahon e Charles Touati (Louvain: Peeters, 1980):191–202. La mescolanza tra una sorta di gnosi linguistica designata come Cabala, astronomia e filosofia, più specificamente alcuni elementi averroisti, adombra gli sviluppi successivi della cultura ebraica, come le diverse mescolanze riscontrate negli scritti del rabbino Hillel di Verona, del rabbino Isaac Albalag e di Rabbi Moses Narboni.</ref> Abulafia fa riferimento a questa enciclopedia nel suo ''Oṣar Eden Ganuz'',<ref>''Oṣar ʿEden Ganuz'', 2:9, 284. Cfr. anche Idel, ''Language, Torah, and Hermeneutics'', 155, nota 105.</ref> come anche in una delle sue epistole, probabilmente scritta dopo il libro. In questa epistola scrive che una parte di tale voluminosa enciclopedia mancava nel paese in cui soggiornava (forse Messina), segno del suo continuo interesse per questo tipo di letteratura anche dopo la fine degli studi che costituirono il suo periodo filosofico.<ref>''Maṣref la-Kesef'', Ms. Sassoon 56, fol. 33b. Su questa epistola come opera di Abulafia si veda Idel, "Abraham Abulafia’s Works and Doctrine", 28–29. Cfr. anche Gideon Bohak, cur., ''A Fifteenth-Century Manuscript of Jewish Magic, MS. New York Public Library, Heb. 190 (Formerly Sassoon 56): Introduction, Annotated Edition and Facsimile'' {{he}} (Los Angeles: Cherub Press, 2014), 1:18, 87–96.</ref>
Infine, un interessante passaggio attribuito a un certo Rabbi Nathan citato da Rabbi Isaac di Acri, che tratta dei vari livelli dell'intelletto, è stato inteso come rappresentativo di un punto di vista averroista ed è stato stampato per la prima volta come appendice all'edizione Hercz dei due trattati di Averroè sulla congiunzione dell'intelletto umano e attivo, e di quello del figlio di Averroè.<ref>Jitzhak Hercz, cur., ''Drei Abhandlungen über die Conjunction des separaten Intellect mit dem Menchen von Averroes (Vater und Sohn)'' (Berlino: H. G. Hermann, 1869), 22. Sull'impatto di questo testo su Rabbi Hillel di Verona, cfr. Sermoneta, "Hillel ben Samuel ben Eleazar of Verona", 335–41; Herbert A. Davidson, "Averroes’ Tractatus de Animae Beatitudine", in ''A Straight Path, Studies in Medieval Philosophy and Culture. Essays in Honor of Arthur Hyman'', cur. Ruth Link-Salinger (Washington, D.C.: Catholic University of America Press, 1989):57–73; Marc Geoffroy, "À la recherché de la Béatitude", in ''Averroès: la béatitude de l’âme'', curr. Marc Geoffroy e Carlos Steel (Parigi: Vrin, 2001):18–30; Carlos Steel, "La tradition Latin du traité", in ''Averroès: la béatitude de l’âme'', 126–29.</ref> Anche se presumo che ci sia un aspetto neoplatonico in questo brano, non c'è motivo di negare i suoi toni averroistici, proprio come l'atteggiamento di Abulafia verso l'unione con l'intelletto separato aveva anche fonti neoplatoniche.<ref>Si vedano Idel, ''Studies in Ecstatic Kabbalah'', 23, nota 30, 116–17, e Idel, ''The Mystical Experience'', 133–34, specialmente 173, nota 290. Cfr. anche la rassegna e l'analisi delle fonti neoplatoniche sulla teoria dell'unione con l'intelletto separato di Averroè, recentemente presentate nell'importante studio di Cristina D'Ancona Costa, "Man’s Conjunction with Intellect: A Neoplatonic Source of Western Muslim Philosophy", ''Proceedings of the Israel Academy of Sciences and Humanities'' 8, no. 4 (2008):57–89.</ref> Presumo che questo Rabbi Nathan non sia altri che Rabbi Nathan ben Saʿadyah Ḥarʾar, uno dei discepoli di Abraham Abulafia, il cui nome sarà menzionato più volte nel presente studio. Gli ultimi due punti mostrano che l'interesse per le opinioni di Averroè non era solo un argomento dei primi studi di Abulafia durante il periodo in cui non era ancora un cabalista. Piuttosto, l'interesse di Abulafia per Averroè persistette in seguito sia nella sua carriera che nella sua cerchia intellettuale.<ref>Rabbi Nathan si riferisce anche ad una storia su Avicenna nel suo ''Šaʿarei Ṣedeq''.</ref>
Pertanto, la conoscenza del pensiero di Averroè potrebbe essere stata plausibilmente parte dello studio dei libri filosofici che Abulafia menziona facessero parte dei suoi studi intorno al 1260, prima che egli si trasformasse in un cabalista. Proprio come nel caso della sua ammirazione per Maimonide, la conversione di Abulafia alla Cabala non influì sostanzialmente sul suo atteggiamento nei confronti del commentatore andaluso. È plausibile che abbia continuato a mantenere un certo interesse per lui dopo l'inizio della sua carriera cabalistica.
Sembra che su un punto centrale, Abulafia fosse molto più vicino ad Averroè che al pensiero successivo di Maimonide: la sua supposizione che l'intelletto umano sia in grado di unirsi con l'Intelletto Agente. La possibilità della congiunzione dell'intelletto con l'Intelletto Agente non si trova nella ''[[Guida dei perplessi]]'', anche se alcune espressioni di un possibile linguaggio unitivo ''post-mortem'' possono essere individuate nelle prime opere di Maimonide, in un brano piuttosto trascurato del suo ''Commentario alla Mishnah'', in ''Sanhedrin, Pereq Ḥeleq''.<ref>Su questo si veda Adam Afterman, ''Devequt: Mystical Intimacy in Medieval Jewish Thought'' {{he}} (Los Angeles: Cherub Press, 2011), 134–68.</ref> Tuttavia, sembra che Abulafia non conoscesse l'originale arabo e nemmeno una traduzione ebraica, che comunque non cita.
L'insistenza di Abulafia sulla possibilità di congiunzione intellettuale in vita deriva quindi dai suoi studi di materiale averroistico su questo argomento. In un certo senso, Abulafia immaginava l'ideale di congiunzione intellettuale proposto dal commentatore cordovano come superiore all'interpretazione della profezia da parte di Maimonide, che in effetti ebbe un profondo impatto su di lui.<ref>Moshe Idel, "Definitions of Prophecy: Maimonides and Abulafia" {{he}}, in ''Maimonides and Mysticism'', 1–36.</ref> L'opinione di Abulafia secondo cui esiste un Intelletto Agente attivo non solo nel mondo sublunare, ma anche dentro di noi ''in actu'', e la sua visione che l'intelletto presente dentro di noi è l'ultimo dei dieci intelletti separati, può riflettere una sorta di noetica averroistica, sebbene possa anche riflettere l'interpretazione tomista articolata nella seconda parte del XIII secolo, che avrebbe potuto apprendere da Hillel di Verona.<ref>Si veda ''Or ha-Śekhel'', 29:
{{Lingua ebraica|או י להיות זה השפעהו א קהרוב לאלו ה יתברךיו תר מהשפ ע נהשפע על השמי ם פברטי הם. שה םוגפים מקבלים שפ ע והם בעלי חרק , ו י אנ ו ודמ ה מי השו אעבל חק רמלי שיןא לו חק רפבו על. כי הנ שראי ם משכלי בנ י אדםאי ן להם חק ר והנ מצאי ם משכל י השי מם יש לה ם קח. ר וע ל כן יהת הארויה זא ת פהו על ה מהו על הנכה בד תמי הוח דת מכ לעפולו ת מהציאות ליהו תה מיוח סת לאלו התי' ש ו מ. וע ל כן בחר הש םמי ב ן האד םהילות חלקו בפעו לת ו וית ר מה שבחרבזולתו מן העליונ ים ו ן מ התחותנ ים, וז הצמד שלכ.ו וע ל ז הנו י או דין ע כי השכל ה ו פע לנוב שכ לועפ ל פבע לואה און ד כל ה ו עלמי ם , ול אולזתו מן השכלים הנפרדי םולםכ . וא ם ז ה השכ ל אשרלנ ו והא ע י שר י והא הלכ , והוא היו מ חד אצ ל הסבההר אונ ש הכלל במעלה}}
Partendo dal presupposto che il pensiero umano e quello divino possano essere uniti, si veda ''Sitrei Torah'', 20, e lo si confronti con quanto scrisse un seguace di Abulafia in ''Ner Elohim'', cur. Gross (Gerusalemme: 2002), 72: "Questo è l'intelletto umano che è emanato dall'intelletto divino, che si unisce a noi per natura" — {{Lingua ebraica|והוא השכל הנאו שי הנ אצ ל ן מ השכ ל האלוה י נהד בקבנ ו בטעב}} Questa asserzione sembra essere vicina alla teoria di Averroè sulla presenza dell'Intelletto Agente nell'uomo.</ref>
Vorrei sottolineare che il ricorso di Abulafia al pensiero di Averroè, nonostante la sua fedeltà a Maimonide e il suo passaggio a speculazioni descritte come Cabala, dovrebbe essere compreso meglio come parte dello sviluppo più generale del pensiero ebraico alla fine del XIII secolo. In quel periodo, Averroè divenne sempre più prominente anche tra pensatori più conservatori, come Rabbi Shem Tov ibn Falaquera<ref>Si vedano Shem Tov ben Yosef Falaquera, ''Falaquera’s “Epistle of the Debate”: An Introduction to Jewish Philosophy'', cur. e trad. Steven Harvey (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1987) e Raphael Jospe, ''Torah and Sophia: The Life and Thought of Shem Tov ibn Falaquera'' (Cincinnati: Hebrew Union College Press, 1988). In linea di principio, l'epistola scritta nei primi anni del 1260 avrebbe potuto essere nota ad Abulafia quando visitò la Castiglia dieci anni dopo. La presenza del pensiero di Averroè sia in Spagna che in Italia, che furono le due aree principali per la formazione e l'attività di Abulafia, è significativa per comprendere il suo contesto intellettuale.</ref> e Rabbi Hillel di Verona (che citava anche il libro ''Bahir''), per non parlare poi di filosofi come i pensatori provenzali Rabbi Levi ben Anbaham e Rabbi Isaac Albalag, che alla fine furono pronti a menzionare anche i cabalisti e alcune delle rispettive idee nei loro scritti.<ref>252 Per il primo, cfr. Howard Kreisel e la sua introduzione a ''Liwyat Ḥen: The Work of the Chariot'', 90–97; Georges Vajda, "À propos de l’Averroisme juif", ''Sefarad'' 12 (1952): 3–29; e Georges Vajda, ''Isaac Albalag: Averroiste Juif'' (Parigi: Vrin, 1960). A metà XIV secolo, il pensiero di Averroè venne combinato con la Cabala da Rabbi Joseph ibn Waqar a Toledo. Si veda Georges Vajda, ''Recherches sur la philosophie et la Kabbale dans la pensée juive du Moyen Age'' (Parigi: Mouton, 1962), 270–78. Tali idee filosofiche erano note persino nei circoli halakhici. Cfr. Moshe Halbertal, ''Between Torah and Wisdom: Rabbi Menahem ha-Meiri and the Maimonidean Halakhists of Provence'' {{he}} (Gerusalemme: Magnes Press, 2000), 75–79, per non parlare poi del grande impatto della Cabala su Moses Narboni.</ref> Tale è il caso di un famoso commentatore della ''Guida'', il rabbino Moses Narboni della metà del XIV secolo, anch'egli influenzato da ''Or ha-Śekhel''<ref>Cfr. Gitit Holzman, "Rabbi Moses Narboni on the Relationship between Judaism and Islam" {{he}}, ''Tarbiz'' 65 (1995/96):285, 298, nota 79. Si vedano anche Maurice R. Hayoun, ''La philosophie et la théologie de Moïse de Narbonne'' (Tübingen: Mohr Siebeck, 1989) e Maurice R. Hayoun, "Moïse de Narbonne (1300–1362), et l’Averoisme Juif", ''Chora: Revue d’études anciennes et médiévales'' 2 (2004):81-124.</ref> di Abulafia, e da Rabbi Moses ben Judah della metà del XIV secolo, meno noto autore del trattato enciclopedico ''Ahavah be-Taʿanugim''.<ref>254 Esti Eisenmann, "Between Kabbalah and Maimonidean Philosophy in Ahavah be-Taʿanugim" {{he}}, in ''Maimonides and Mysticism'', 57–58, e ora la sua edizione di ''Moses b. Judah: Ahava ba-Ta‘anugim'', 333–34. Eisenmann dimostra che in questo libro ci sono interpretazioni averroiste e maimonidee dei secreti cabalistici di Nahmanide.</ref>
La possibilità di unirsi a Dio, a volte accennata nei trattati di Abulafia, può riflettere l'impatto di un altro filosofo musulmano, [[w:Ibn Tufayl|Abū Bakr ibn Ṭufayl]], che era un contemporaneo andaluso un po' più anziano di Averroè. Tuttavia, è difficile trovare prove della conoscenza da parte di Abulafia dei suoi scritti altrimenti influenti. La svolta naturalistica in ibn Ṭufayl, che probabilmente influenzò Maimonide, come è stato sottolineato da [[w:Shlomo Pines|Shlomo Pines]],<ref>Cfr. l'introduzione di Pines alla ''Guide'', 1:cvii–cviii.</ref> è rilevante per la nostra interpretazione della religione ideale di Abulafia come essenzialmente naturalistica.<ref>Si vedano lo studio importante di Sami S. Hawi, ''Islamic Naturalism and Mysticism: A Philosophical Study of Ibn Ṭufail’s Ḥayy bin Yaqẓān'' (Leiden: Brill, 1974) e Remke Kruk, "Ibn Ṭufayl: A Medieval Scholar’s View on Nature", in ''The World of Ibn Ṭufayl: Interdisciplinary Perspectives on Ḥayy ibn Yaq-ẓān'', cur. Lawrence Conrad (Leiden: Brill, 1996):69–89. Le opinioni di ibn Ṭufayl erano note ad alcuni maimonidei. Cfr. Maurice R. Hayoun, "Le commentaire de Moïse de Narbonne (1300–1362) sur le Ḥayy ibn Yaqẓān d’Ibn Ṭufayl", ''Archives d’histoire doctrinale et littéraire du Moyen Âge'' 55 (1988):23–98, e Parveen Hasanali, "Texts, Translators, Transmissions: ‘Ḥayy Ibn Yaqẓān’ and Its Reception in Muslim, Judaic and Christian Milieux" (McGill University, 1995), specialmente la breve discussione sul "misticismo razionale" a 122–23.</ref> Sebbene sia stato anche influenzato dalle opinioni di Avicenna, sembra che ciò fosse avvenuto principalmente attraverso la mediazione del libro di Maimonide.<ref>Si veda Steven Harvey, "Avicenna and Maimonides on Prayer and Intellectual Worship", in ''Exchange and Transmission across Cultural Boundaries: Philosophy, Mysticism, and Science in the Mediterranean World'', curr. Haggai Ben-Shammai, Shaul Shaked e Sarah Stroumsa (Gerusalemme: The Israel Academy of Sciences and Humanities, 2013):82–105. Per una discussione sulle anime delle sfere e gli intelletti di queste, un chiaro approccio avicenniano, cfr. uno dei primi scritti di Abulafia, ''Geṭ ha-Šemot'', 40–41, e anche ''Imrei Šefer'', 73.</ref> Tale può essere anche il caso delle teorie di un altro grande pensatore andaluso, ibn Bāǧǧah.<ref>Cfr. l'introduione di Pines alla ''Guida'', 1:xciii–cviii.</ref> Le preoccupazioni di Abulafia per due temi diversi, e forse anche due tipi di esperienza, unione intellettuale e profezia, ricordano il "misticismo naturale" di Avicenna, come il suo approccio è stato definito da alcuni studiosi.<ref>Cfr. Louis Gardet, ''La connaissance mystique chez Ibn Sina et ses éxperiences philosophiques'' (Cairo: Publications de l’Institut Français d’Archéologie Orientale, 1952), 62–67, o Georges C. Anawati e Louis Gardet, ''Mystique Musulmane: aspects et tendances, éxperiences et techniques'', III ediz. (Parigi: Vrin, 1976), 90–96. Da notare che Avicenna era interessato alla condizioone speciale delle lettere. Si veda Louis Massignon, "La philosophie orientale d’Ibn Sina et son alphabet philosophique", in ''Opera Minora'' (Beirut: Dar al-Masarif, 1963): 2:591–605. Per Per il ricorso di Avicenna alle allegorie e ai miti, si veda Sarah Stroumsa, "Avicenna’s Philosophical Stories: Aristotle’s Poetics Reinterpreted", ''Arabica'' 39 (1992):183–206.</ref>
Quale che fosse l'estensione della conoscenza di Abulafia con la ricca filosofia andalusa in arabo, è incomparabilmente maggiore e molto meglio documentata di qualsiasi altra cosa sappiamo sui primi cabalisti o sui suoi contemporanei. Questo è un dato fondamentale che viene stabilito dalla sua stessa testimonianza di nomi e titoli, nonché da un'analisi del contenuto dei suoi scritti. Questa valutazione invita a prestare molta più attenzione alle sue fonti filosofiche e al loro impatto di quanto non sia stata posta negli studi recenti. L'elenco dei libri che egli menzionò di aver studiato, molti dei quali in realtà cita nei suoi scritti molto tempo dopo essere diventato cabalista, non è una questione di raccomandazione ideale o di un inventario relativo a un periodo di studi che divenne obsoleto in seguito, ma una parte integrante del tessuto dei suoi testi e del suo pensiero lungo tutto il corso della sua vita matura.
Inoltre, vorrei sottolineare l'importanza di indicare le fonti filosofiche di Abulafia. Esse spiegano l'emergere di due diversi ideali nella letteratura cabalistica di Abulafia: da un lato, la profezia, seguendo la ''[[Guida dei perplessi]]'' di Maimonide, e dall'altro, seguendo la scia di Avicenna e Averroè, l'unione mistica.
Inoltre, il modo di leggere i suoi scritti come risultato dell'impatto dei due grandi maestri dell'esoterismo, invita a decodificare messaggi che non sono sempre in superficie e che possono anche essere contraddetti dalle visioni più tradizionali all'interno di forme precedenti di ebraismo. In altre parole, propongo di immaginare il giovane Abulafia – vale a dire, durante gli anni tra ca. 1261 e 1269 – come appartenenti esclusivamente alla suddetta tradizione ebraica occidentale maimonidea. Questa affermazione è supportata da tutti i materiali disponibili. Inoltre, vorrei sottolineare che anche dopo essersi rivolto al suo specifico tipo di Cabala, Abulafia condivideva tuttavia molte delle opinioni sostenute da questi maimonidei, sebbene in alcuni casi in modo piuttosto radicale. Va anche detto che attraverso la sua combinazione di filosofia e un certo tipo di Cabala (cioè, un tipo linguistico di tradizione attingendo da una varietà di fonti, alcune delle quali aschenazite), insieme ad altri tipi di fonti al di fuori dell'ebraismo, Abulafia generò un discorso complesso che richiede un approccio concettuale molto diverso da quello richiesto quando ci si avvicina ad altri cabalisti. L'enorme quantità di fonti che sono rilevanti per comprendere il pensiero di Abulafia (la vasta tradizione maimonidea che esisteva prima e contemporaneamente a lui, come anche la letteratura aschenazita) o per creare un'analisi comparativa dei suoi scritti, crea una sfida intellettuale per uno studioso serio. Tuttavia, una lettura così ardua è, a mio avviso, indispensabile.
Problemi di esoterismo politico, complesso ibridismo concettuale, sforzi sostenuti per demitologizzare le tradizioni ebraiche e un'intensificazione del ruolo degli elementi mistici, fanno raramente parte delle altre forme di Cabala, per non parlare della mobilità di Abulafia e della sua disponibilità a parlare con i cristiani di questioni segrete. Va detto che rispetto alla tradizione maimonidea, la letteratura cabalistica scritta nello stesso periodo è, quantitativamente parlando, meno voluminosa, anche se includiamo la vasta letteratura zoharica — e molti dei suoi trattati più lunghi furono scritti esclusivamente da contemporanei di Abulafia. Quindi, sebbene si possa parlare del periodo più creativo e innovativo nella storia della prima Cabala, i maggiori cabalisti attivi nell'ultimo quarto del XIII e all'inizio del XIV secolo produssero meno scritti dei loro contemporanei maimonidei, che erano tuttavia epigoni dal punto di vista filosofico.
== Note ==
{{Vedi anche|Il Nome di Dio nell'Ebraismo|Rivelazione e Cabala|Serie maimonidea}}
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{{Avanzamento|100%|24 agosto 2021}}
[[Categoria:Abulafia e i segreti della Torah|Studi e insegnamento 3]]
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Abulafia e i segreti della Torah/Parabola della Perla 10
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{{Abulafia e i segreti della Torah}}
[[File:Abulafia ecstatic-kabbalah.jpg|thumb|center|550px|<div style="font-size:smaller">''"È un comandamento e un obbligo rivelare questa materia ad ogni uomo saggio dei saggi d'Israele affinché possa essere salvato."''<br/>Abramo Abulafia</div>]]
= LA PARABOLA DELLA PERLA E SUE INTERPRETAZIONI =
== Valenze messianiche nell'interpretazione della Parabola ==
La fine del brano '''[c]''' da ''Or ha-Śekhel'' ha un chiaro tono messianico che vale la pena spiegare come parte della mia ipotesi che Abulafia stesse utilizzando più di un tipo di narrativa. A questo scopo, vorrei prima presentare un testo che deriva dal commentario di Abulafia a uno dei suoi "libri profetici" scritti nello stesso periodo e nella stessa città in cui scrisse ''Sefer Or ha-Śekhel''. Il cabalista, che crede di essere un Messia, distingue tre diversi significati di questo termine:
{{q|Il termine ''Mašiaḥ'' è equivoco, [designando] tre [diverse] questioni: '''[a]''' prima di tutto, il vero Intelletto Agente è chiamato il Messia [...] '''[b]''' e l'uomo che ci farà uscire con la forza dall'esilio sotto il dominio delle nazioni a causa del suo contatto con l'Intelletto Agente sarà [anche ] chiamato Messia. '''[c]''' E l'intelletto umano materiale è chiamato Messia. Questo è l'intelletto [[:en:w:hylics|ilico]]<ref>Vale a dire, l'intelletto materiale, passivo o potenziale. Questo ''status'' elevato dell'intelletto ilico può riflettere la teoria di Averroè. Forse il ricorso alla forma singolare punta nella direzione di un intelletto comune a tutti gli uomini. In alcuni altri casi, Abulafia usa anche il termine parallelo ''śekhel ḥomri''. Va detto che Abulafia usa il termine שכל פאשרי nel suo ''Mafteaḥ ha-Šemot'', 21; questo termine significa l'intelletto potenziale o possibile ed era conosciuto nelle fonti ebraiche tramite Averroè. Cfr. Rabbi Hillel di Verona, ''Tagmulei ha-Nefeš'', 56, 72 e 73.</ref> che è il redentore e ha influenza sull'anima e su tutti i poteri spirituali elevati. Può salvare l'anima dal dominio dei [[w:materialismo|re materiali]] e del loro popolo e dei loro poteri, gli umili desideri del corpo. È comandamento e obbligo rivelare questa cosa ad ogni saggio dei sapienti d'Israele<ref>Così la redenzione è ristretta a poche persone di Israele e non all'intero popolo, come nel caso di [b].</ref> affinché sia salvato, perché molte sono le cose che si oppongono alle opinioni della moltitudine dei Rabbini,<ref>Questa frase si trova nella prefazione alla traduzione ebraica della ''Guida dei perplessi''.</ref> ancor più che differiscono dal punto di vista delle masse.<ref>''Commentario a Sefer ha-Meliṣ'', Ms. Roma, Angelica 38, fol. 9a:
{{Lingua ebraica|שתדע ששם מ שי ח מ שתוף לש לשה עינינםי אלה .מ שי ח יקרא ת חליה הש כל ה פעול באמת [… ] ומ שי ח יקרא ה אי ש והע תי ד ו הציאנו מן הגלו ת מתח תדיי ה ו אמות בכ חישפי עליע ו מן השכ לפו ה על. ומשי ח י קר א השכ לחהו מר י האנוש י היול אינ ש ו הא הגוא ל והמושיע הפשוכ לוכחותיה הנ פיו ש ת מהעולו ת מתח תדיי המלכים הגופני ים וע מ י מה םכווחותי הם התאווי ות הפחותו ת . וז העינ הי ן צמו החוו בה לג ו לת ו לכל משי ל ממ כשילי ישרא להלושיעו מנפי שי שבדרים רבים שה םפהך דעות הון מ הרבנים, כל שכ ן שהםחו לקים על כל מחשו בתהון מ עמי הארצות}}
Su questo brano, cfr. Idel, ''Messianic Mystics'', 65–68; Idel, ''Language, Torah, and Hermeneutics'', 65–66; Idel, ''Studies in Ecstatic Kabbalah'', 66; Idel, ''Ben'', 308; Idel, "Abraham Abulafia: A Kabbalist ‘Son of God,’" 74–75; Moshe Idel, "Multiple Forms of Redemption in Kabbalah and Hasidism", ''JQR'' 101 (2011):39–42; Saperstein, ''Decoding the Rabbis'', 112–19; come anche l'osservazione di Wolfson, ''Abraham Abulafia'', 54, nota 149, e 91.</ref>}}
Pertanto, si propongono tre significati del termine ''Mašiaḥ'': '''[a]''' l'intelletto cosmico che opera sempre e informa tutti i processi di intellezione in questo mondo, che sono concepiti come processo salvifico dal punto di vista delle teorie neoaristoteliche nel medioevo. Questo Messia globale o universale salva quindi tutte le persone che usano il loro intelletto, siano essi ebrei etnici o meno. L'intelletto umano particolare è il Messia, ma ora si trova nell'individuo '''[c]'''. Anche in questo caso, si può discernere con sicurezza un approccio universale perché l'intelletto non è semplicemente attribuibile ai soli ebrei.
Né il senso '''[a]''' né il senso '''[c]''' del Messia, sono però legati a figure apocalittiche, né a mutamenti catastrofici, che si presuppone far parte di questo tipo di redenzione. È solo il secondo senso di Messia, come descritto nella sezione '''[b]''' – cioè una persona che salverà il popolo di Israele – che è più vicino alla visione popolare del Messia nell'ebraismo, sebbene in questo caso sia collegato a un tipo di attività intellettuale: l'adesione all'intelletto cosmico. Questo tipo di interpretazione del Messia dipende dalla teoria aviceniana che presuppone la possibilità di cambiare la Natura aderendo a un'entità superiore, l'anima superna o l'intelletto superno.<ref>See Ravitzky, ''History and Faith'', 154–204.</ref>
Forse in questo contesto si può meglio comprendere un breve stralcio dal Trattato Senza Titolo di Abulafia che si conserva nel ''Polyglota'' ai Salmi stampato da Augustino Giustiniani,<ref>''Psalterium Hebraeum, Graecum, Arabicum, et Chaldaicum'' (Genova: Pt. Porrus, 1516).</ref> dove è scritto "Constat vivificationem mortorum positam esse in manu Matatron, i. Messie";<ref>Si veda la glossa al Salmo 147. Sull'identificazione di Metatron con Gesù, cfr. Daniel Abrams, "Metatron and Jesus: The Long Durée of Rabbinic and Kabbalistic Traditions: An Eighteenth-Century Manual of Christian Proselytising in German and Yiddish", ''Kabbalah'' 27 (2012): 13–105. Su altro materiale cabalistico nel ''Polyglota'', si veda Avishai Bar Asher, "Isaac b. Solomon ibn Sahula’s Commentary on Psalms" {{he}}, ''Koveṣ ʿal Yad'' 26 (2018):1–46.</ref> cioè Metatron, che fa rivivere i morti,<ref>Su Metatron e la resurrezione, cfr. Ms. Firenze, Laurenziana, Plut. II, 48, fol. 95a:
{{Lingua ebraica|המלא ךנזהכר ה ו מדיע ויול דיעו וב ו נמצאת ת י חה למתי ם ואמ ר עבד ו משי היו מ חדלי וש ם מהלאךהנזכ ר בשםר וב [...] שבו תל ה השם תיי ח ת מהי תם והוא מטטון. ר}}</ref> è anche il Messia. L'ultima parte della frase, "i. Messie", non si trova nella versione ebraica del frammento cabalistico e potrebbe essere un'aggiunta di Giustiniani. Tuttavia, si adatta all'approccio allegorico di Abulafia come descritto sopra e il suo significato dovrebbe essere compreso nel quadro del Trattato Senza Titolo; vale a dire, che il regno della resurrezione è un fenomeno spirituale e non corporeo.<ref>Cfr. Idel, "‘The Time of the End’". Questo punto non viene riconosciuto da Sagerman, ''The Serpent Kills'',
248, quando discute l'approccio corporeo di Abulafia alla resurrezione quale parte di una visione cristiana.</ref>
Come alcuni maimonidei,<ref>Si veda Idel, ''Messianic Mystics'', 349, note 26, 27; 351–52, note 44, 46, 50.</ref> Abulafia identifica ampiamente Metatron con l'Intelletto Agente.<ref>Idel, "Definitions of Prophecy: Maimonides and Abulafia", 7–8.</ref> Questa trasposizione del tradizionale Messia al termine filosofico fa parte del parallelismo tra Abulafia e i maimonidei, come è già stato sottolineato altrove.<ref>Cfr. Saperstein, ''Decoding the Rabbis'', 112–19, che ha correttamente trattato questo passo nel contesto di altri pensatori maimonidei contemporanei; si vedano anche Idel, "Types of Redemptive Activities", 259–60; Idel, ''Messianic Mystics'', 75, 77; inoltre Wolfson, ''Abraham Abulafia'', 54, nota 149.</ref> Tuttavia, non si tratta solo di un'ulteriore applicazione di allegoresi esegetica, come fecero in alcuni casi i maimonidei; fa parte della sua autopercezione come persona con una speciale missione escatologica. È interessante notare che la facoltà dell'immaginazione non è affatto menzionata in questo passaggio, molto probabilmente come parte del presupposto che l'esperienza unitiva raggiunta dal Messia è concepita come superiore a quella del profeta, che ha bisogno dell'immaginazione per la sua missione profetica, né alcun concetto teosofico è operativo in nessuna delle tre descrizioni.
Ovviamente, l'elenco dei tre significati si basa su una gerarchia implicita che inizia con l'interpretazione più generale o universale del Messia come entità cosmica e universale intesa come quella "vera", '''[a]'''; poi viene il Messia nazionale, che riguarda molte persone ma non tutti, poiché è sottinteso che redimerà solo la nazione ebraica, '''[b]''', e infine arriva il tipo di redenzione individuale che riguarda una sola persona, '''[c]'''. Vorrei sottolineare che tutte queste forme di redenzione sono descritte nel contesto del termine "Messia" e, come tali, sono tutte parte integrante della costellazione delle idee messianiche. Sebbene Abulafia perlomeno riconosca come validi i tre significati, seppur destinati a pubblici diversi, il registro intellettuale è evidentemente più importante di quello nazionale.
Questo tipo di discorso basato sul principio esegetico dell'omonimia o dei termini equivoci è stato mutuato dalla ''Guida'' di Maimonide e assume anche diversi tipi di narrazioni: una nazionale e storica in '''[b]''' e una individuale in '''[a]''' e '''[c]''', come è stato suggerito nel [[Abulafia e i segreti della Torah/Parabola della Perla 3|Capitolo IV.3]] ''supra'' nel caso della parabola della perla. Va detto che nella descrizione del Messia che si trova in '''[c]''', c'è un'istanza esplicita di allegorizzazione. Anche in questo passaggio, troviamo l'approccio disgiuntivo di Abulafia in cui le sue opinioni e quelle dei rabbini e della moltitudine sono esplicitamente descritte come opposte l'una all'altra.
Questo branoè stato scritto nello stesso periodo di ''Or ha-Śekhel''. Ciò significa che per Abulafia dovrebbe essere adottata una comprensione più complessa, almeno quando si tratta della parabola, che presuppone una qualche forma di redenzione personale e spirituale, non solo quella che si occupa della narrazione orizzontale nazionale. In modo simile alla comprensione intellettuale del salvatore umano '''[b]''', leggiamo in un altro passaggio:
{{q|Il profeta è necessariamente chiamato ''Mašiaḥ'' perché è unto con l'olio superno che è chiamato "l'olio dell'unzione"<ref>Presumibilmente l'influsso intellettuale superno che discende sul profeta e sul Messia.</ref> [...] con cui utilizza i Nomi. In realtà, il ''Mašiaḥ'' deve possedere due qualità. La prima è che deve essere unto da Dio con mirabile profezia e la seconda è che deve continuare ad essere consacrato da Dio e dal popolo, che lo acclamerà come il loro grande re per sempre. E regnerà da mare a mare,<ref>Si veda {{passo biblico2|Zaccaria|9:10}}.</ref> e tutto ciò è dovuto alla grande intensità del suo aderire all'intelletto divino e alla sua ricezione della potenza, in modo forte come alla maniera di Mosè, Giosuè, Davide e Salomone. E l'emanazione del Messia sarà conosciuta da tutti, ed è per questo che non c'è bisogno di annunciare più qui questa venuta, perché è destinato a rivelarsi presto ai nostri giorni.<ref>Cfr. Abulafia, ''Sefer Mafteaḥ ha-Tokhaḥot'', suo commentario a Deuteronomio, Ms. Oxford, Bodleian 1605, fol. 46b, 78.</ref>}}
Non c'è dubbio che questa imminente rivelazione sia collegata alla stessa missione escatologica di Abulafia. Vengono qui menzionati due attributi principali del Messia: la profezia e la potenza. Tuttavia, in questo contesto, la potenza non dipende dalla forza bruta, militare o meno, ma da qualche forma di elevata esperienza intellettuale. L'adesione all'intelletto superno permette al profeta, e implicitamente al Messia, di compiere miracoli che sono intesi come parte delle leggi della natura, seguendo le visioni trovate nel pensiero di Avicenna e Al-Ġazālī.<ref>Cfr. Idel, ''Studies in Ecstatic Kabbalah'', 63–71, che si basa su un passo tratto da ''Or ha-Śekhel''. Si veda anche Ravitzky, ''History and Faith'', 154–204.</ref> Il vero significato sarà evidentemente rivelato in futuro, il che significa che è attualmente sconosciuto.
Questi brani e molti altri negli scritti di Abulafia riflettono la sua enfasi sulla redenzione individuale ottenuta attraverso l'adesione all'intelletto cosmico, una fase che fu concepita come precedente alla sua attività più pubblica. In alcuni altri casi, Abulafia intese la redenzione in modo interiorizzato, come una forma di risveglio spirituale.<ref>Idel, "‘The Time of the End,’" 155–86, e Idel, "Multiple Forms of Redemption", 42–44. Vorrei sottolineare che per Abulafia, in un modo che ricorda il chassidismo dell'Europa orientale, l'esperienza della redenzione personale è intesa come precedente alla redenzione generale</ref> È interessante notare che, in un affascinante brano del suo ''Ḥayyei ha-Nefeš'', Abulafia considera la dicotomia tra le masse e l'élite come per sempre insormontabile, come una parte inerente alla natura umana, in un modo che ricorda l'approccio più deterministico di [[w:Leo Strauss|Leo Strauss]], o quello di Averroè secondo una certa interpretazione, minimizzando la possibilità di un riscatto generale che può avere un carattere noetico.<ref>''Ḥayyei ha-Nefeš'', 126–27 e 77, e Idel, "On the Secrets of the Torah", 397.</ref>
In effetti, uno dei suoi contemporanei, l'autore provenzale Rabbi Isaac ben Yeda ʿayah, si era già posto la seguente domanda: se il ruolo del Messia è quello di mettere in grado le persone di filosofare, è vero che chi può farlo immediatamente e autonomamente non ha bisogno di un Messia?<ref>Cfr. Saperstein, ''Decoding the Rabbis'', 110–11.</ref> Così, la natura esoterica della noetica redentrice è molto più determinata dalla genetica e difficilmente può essere significativamente corretta, un approccio che lascia poco spazio a un tipo di redenzione collettiva sulla scia della seconda narrazione, spingendo in primo piano la redenzione individuale nella terza narrazione.
In un certo senso, Abulafia combina il Messia popolare come parte della seconda narrazione con la redenzione personale della terza narrazione; in altre parole, combina il tempo lineare dell'escatologia nazionale con la natura atemporale della redenzione secondo la terza narrazione. La distinzione tra i due tipi di religiosità formulata da Eliade come appartenente a modalità religiose esclusive non regge per Abulafia, che coniuga il lineare-storico con una forma di esperienza atemporale che ha una forte dimensione estatica.<ref>Cfr. anche Idel, "Multiple Forms of Redemption".</ref> In altre parole, fenomeni religiosi reali, a differenza delle distinzioni dicotomiche accademiche astratte in categorie differenti, sono sempre più complesse e Abulafia è senza dubbio un esempio di approcci complessi.
Questa lettura spirituale si adatta al modo in cui il figlio è raffigurato nella parabola: al paragrafo '''[b]''', prima gli manca la conoscenza, poi la ottiene; la conoscenza è menzionata di nuovo in modo abbastanza cospicuo in '''[c]''', dove l'obliterazione dell'immaginazione è descritta come parte della redenzione. Questa lettura costituisce il contributo dato dalla teoria della conoscenza di Maimonide al pensiero di Abulafia.
Passiamo alla descrizione dell’''eschaton'' nel contesto della parabola al paragrafo '''[c]'''. La situazione della salvezza è descritta come lo stato in cui ciascuna persona conterrà tutti le altre come le proprie membra. Faremmo meglio a comprendere questa visione quale parte del processo che designo come universalizzazione; vale a dire, l'espansione dell'intelletto dell'individuo in modo che diventi identico al tutto, un problema del quale ora ci occuperemo.
== Note ==
{{Vedi anche|Il Nome di Dio nell'Ebraismo|Rivelazione e Cabala|Serie maimonidea}}
<div style="height: 240px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4" > <references/> </div>
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[[Categoria:Abulafia e i segreti della Torah|Parabola della Perla 10]]
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== Articoli accademici ==
*Giacomo Alessandroni, [[c:File:Alessandroni_2021_risorse_Wikimedia_apprendimento_tra_pari.pdf|''Non te lo dico, crittografia per ragazzi'']], in ''Metro Olografix Camp'', 15/09/2024.
*Giacomo Alessandroni, [[c:File:Alessandroni_2021_risorse_Wikimedia_apprendimento_tra_pari.pdf|''Le risorse Wikimedia per l'apprendimento tra pari'']], in ''Proceedings of the 8th Annual International Conference on Collaborative Knowledge Building Group'', pp. 61-63, 16/09/2021.
*Giacomo Alessandroni, Cinzia Scardacchi, Annarita Rossi, [https://www.profiles.univpm.it/sites/www.profiles.univpm.it/files/profiles/newsletter/NL-IT-21.pdf ''6/19, Un'esperienza curricolare – verticale e territoriale – di peer education, in Urbino''], in ''Profiles, Buone Notizie dalle Scuole'', Marche Polytechnic University, pp. 22-26, febbraio 2020, vol. 2.
*Giacomo Alessandroni, [https://www.profiles.univpm.it/sites/www.profiles.univpm.it/files/profiles/newsletter/NL-IT-17.pdf ''Maestri di coding''], in ''Profiles, Buone Notizie dalle Scuole'', Marche Polytechnic University, pp. 2-3, dicembre 2017, vol. 17.
== Rassegna stampa ==
* Ana Galan, ''[https://fsfe.org/news/nl/nl-202506.it.html Refund4Freedom +++ Legal Corner +++ SFP, Citazione del mese]'', Free Software Foundation Europe Newsletter, 3 giugno 2025.
* Elio Giuliani, ''Notiziario locale'', Radio incontro (min. 2<nowiki>' 07''</nowiki>), 30 maggio 2025
* ''Steam, studenti del liceo tutor dei piccoli alunni'', Corriere Adriatico, p. 8, 29 maggio 2025.
* Simona Cannataro, [https://www.wikimedia.it/news/seidiciannovesimi-a-pesaro-i-ragazzi-insegnano-le-steam/ ''Seidiciannovesimi: a Pesaro i ragazzi insegnano le STEAM''], Wikimedia Italia, 27 maggio 2025.
* Ana Galan, ''[https://fsfe.org/news/nl/nl-202505.it.html DMA +++ LLW 2025 +++ PMPC +++SFP From our Italian community 🇮🇹]'', Free Software Foundation Europe Newsletter, 6 maggio 2025.
* Ana Galan, ''[https://fsfe.org/news/nl/nl-202504.en.html Thank you +++ DMA ++ SFP +++ Ada: From our Italian community!]'', Free Software Foundation Europe Newsletter, primo aprile 2025.
* ''[https://www.viverepesaro.it/2024/04/11/geni-della-robotica-al-marconi-premiati-i-giovani-innovatori-nel-concorso-storie-di-alternanza-e-competenze/256186 Geni della robotica al Marconi: premiati i giovani innovatori nel concorso "Storie di alternanza e competenze"]'', Vivere Pesaro, 10 aprile 2024.
* Alessio Zaffini, ''[https://www.ilrestodelcarlino.it/pesaro/cronaca/i-liceali-spiegano-la-robotica-agli-alunni-di-elementari-e-medie-48d2a687 I liceali spiegano la robotica agli alunni di elementari e medie]'', il Resto del Carlino, primo aprile 2024.
*Premio regionale "Storie di alternanza e competenze 2023, VI edizione"
** Francesca Mazzetti, ''[https://www.youtube.com/watch?v=Ar5PqkubNV4&t=796s Premiazione della IV edizione del progetto "Storie di alternanza e competenze", Camera di commercio delle Marche]'' (min. 13<nowiki>' 20''</nowiki>), Rossini TV, 20 febbraio 2024.
**Andrea Ferretti, [https://www.cronachepicene.it/2024/02/15/camera-marche-la-premiazione-di-storie-di-alternanza-e-competenze/446795/ ''Camera Marche, la premiazione di ”Storie di alternanza e competenze”''], Cronache Picene, 16 febbraio 2024.
**Raimondo Montesi, [https://www.ilrestodelcarlino.it/ancona/cronaca/scuola-lavoro-le-storie-siamo-noi-in-vetrina-i-progetti-degli-studenti-00dffe2f ''"Scuola-lavoro, le storie siamo noi". In vetrina i progetti degli studenti''], il Resto del Carlino, p. 20, 16 febbraio 2024.
**Lorenzo Sconocchini, [https://www.corriereadriatico.it/marche/scottarella_gemme_robot_studenti_scuola_aziende_camera_commercio_ultime_notizie-7937676.html ''Scottarella, gemme e robot: studenti tra scuola e aziende. La Camera di commercio premia i progetti raccontati nei video''], Corriere Adriatico, p. 4, 16 febbraio 2024.
**Manuelita Scocco, [https://www.youtube.com/watch?v=m13GdeCEx-U&t=820s ''Concorso della Camera di commercio: "L'alternanza si racconta"''] (min. 13<nowiki>' 40''</nowiki>), TVRS, 16 febbraio 2024.
**Giovanni Pasimeni, [https://www.youtube.com/watch?v=JGdoiSqtdbs Storie di Alternanza: premiati ad Ancona scuole e studenti], TG3 Marche, 16 febbraio 2024.
**Teodora Stefanelli, [https://veratv.it/tg/id-1275/ancona---tornano-le-storie-di-alternanza--la-premiazione-di-camera-marche-per-gli-studenti ''Ancona - Tornano le "storie di alternanza": la premiazione di Camera Marche per gli studenti''], Vera TV, 15 febbraio 2024.
**Chiara Poli, [https://www.picenooggi.it/2024/02/15/100324/camera-di-commercio-delle-marche-storie-di-alternanza-e-competenze-le-premiazioni-ad-ancona/ ''Camera di commercio delle Marche: Storie di alternanza e competenze, le premiazioni ad Ancona''], Piceno oggi, 15 febbraio 2024.
**Agenzia ANSA, [https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/unioncamere/2024/02/15/camera-marche-premia-studenti-per-storie-alternanza-e-competenze_f7fca2d1-a418-4148-b579-200d32865ba2.html ''Camera Marche premia studenti per Storie Alternanza e competenze''], ANSA, 15 febbraio 2024.
**[https://www.centropagina.it/ancona/scuola-lavoro-ad-ancona-storie-alternanza-ecco-tutti-premiati/ ''Scuola-lavoro: ad Ancona i video degli studenti per “Storie di alternanza”: ecco tutti i premiati''], CentroPagina, 15 febbraio 2024.
**[https://etvmarche.it/15/02/2024/le-storie-siamo-noi-esperienza-di-alternanza-scuola-lavoro-video/ ''“Le storie siamo noi”, esperienza di alternanza scuola lavoro''], ETV, Marche, 15 febbraio 2024.
*Chiara De Marchi, [https://www.instagram.com/reel/CyxwA8cNB81/ ''Cosa abbiamo trovato al Maker Faire Rome?''], Generazione STEM (min. 0<nowiki>', 48''</nowiki>), 24 ottobre, 2023.
*Simone Aluigi, Diego Del Bianco, Riccardo Troiani, [https://www.ilrestodelcarlino.it/pesaro/cronaca/un-bicchiere-un-cucchiaio-occhi-mobili-e-motorino-cosi-abbiamo-costruito-il-nostro-robottino-9a44a81e ''Un bicchiere, un cucchiaio, occhi mobili e motorino Così abbiamo costruito il nostro robottino''], il Resto del Carlino, 13 aprile, 2023.
*''[https://www.youtube.com/embed/MSCx4L24QrY Progetto "sei diciannovesimi" del Liceo Scientifico "Guglielmo Marconi" – la robotica è educativa]'', Tele 2000, 31 marzo 2023.
*''[https://www.youtube.com/embed/fVegEkC3JTg?start=1177 Robotica: gli alunni del Marconi diventano divulgatori scientifici]'', Fano TV (min. 19', 37<nowiki>''</nowiki>), 31 marzo 2023.
*''[https://drive.google.com/file/d/14_oe30d9zixsmYvxaCJRvXDeP3NdHdw8/view Seidiciannovesimi: il progetto che trasforma gli alunni del Marconi in divulgatori scientifici]'', Radio Incontro (min. 3' 10<nowiki>''</nowiki>), 30 marzo 2023.
*''[https://www.viverepesaro.it/2023/03/22/gli-studenti-del-liceo-marconi-divulgatori-scientifici-insegnano-robotica-educativa-agli-alunni-delle-scuole-primarie-e-secondarie/52376/ Gli studenti del Liceo Marconi divulgatori scientifici, insegnano robotica educativa agli alunni delle scuole primarie e secondarie]'', Vivere Pesaro, 21 marzo 2023.
* ''[https://www.nonsoloflaminia.it/index.php/2021/09/15/conoscenza-collaborativa-itis-mattei-di-urbino-in-cattedra-alluniversita-la-sapienza-di-roma/ Conoscenza collaborativa: Itis “Mattei” di Urbino in cattedra all’Università La Sapienza di Roma]'', Non Solo Flaminia, 15 Settembre 2021.
* Eugenio Gulini, ''[https://www.itisurbino.edu.it/pagine/corriere-adriatico-15092021 Itis Mattei vincitore del concorso Wikimedia]'', Corriere Adriatico, 15 settembre 2021.
* ''[https://www.radioincontro.com/litis-mattei-di-urbino-vince-il-bando-wiki-imparare.html L’Itis “Mattei” di Urbino vince il bando Wiki-Imparare]'', Radio Incontro, 14 settembre 2021.
* ''[http://www.ilducato.it/2021/09/14/urbino-itis-mattei-vincitore-del-concorso-wikimedia-italia/ Urbino: Itis “Mattei” vincitore del concorso Wikimedia Italia]'', Il Ducato, 14 settembre 2021.
* Paolo Casagrande, ''[https://www.wikimedia.it/news/imparare-sui-progetti-wikimedia-i-primi-risultati/ Imparare sui progetti Wikimedia: i primi risultati]'', Wikimedia Italia, 3 agosto 2021.
*Alice Possidente,''[http://www.ilducato.it/2019/05/14/spiegare-il-coding-alle-elementari-gli-alunni-dellitis-mattei-in-cattedra/ Spiegare il coding alle elementari. Gli alunni dell’Itis Mattei in cattedra]'', Il Ducato, 14 maggio 2019.
*Lara Ottaviani, ''[https://www.youtube.com/embed/BEzMiu9-JS8 Maestri di coding]'', Tele 2000, 8 maggio 2019.
*Lara Ottaviani, ''Alunni diventano prof per insegnare il coding'', il Resto del Carlino, 7 maggio 2019, p. 18.
*Eugenio Gulini, ''[https://drive.google.com/file/d/1E7r3VJ4pStRHbb-4GyodqPndybAgO_dt/view Saperi tecnologici, gli studenti insegnano ai bimbi]'', Corriere Adriatico, 6 maggio 2019, p. 9.
*Dante Leopardi, ''[https://www.facebook.com/Ondaliberatv/posts/pfbid02nR8LTMUWkkj5jVomamSVVmahoz4yQruzby5GR7CBvV8HBqMjmzonMGwB6Suzr2T7l Maestri di coding: dai banchi alle cattedre]'', Ondalibera TV, 29 aprile 2019.
*Dante Leopardi, ''[https://www.facebook.com/Ondaliberatv/videos/1285715058236848 Maestri di coding: laboratori da gust@re sul pensiero computazionale con gli studenti dell’ITIS “E. Mattei”, Urbino]'', Ondalibera TV, 29 aprile 2019.
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Wikilink alle sezioni cap. 8
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; <big>1. Origini del termine "femminismo" e questioni storiografiche</big>
* [[Storia del femminismo italiano/1. Origini del termine "femminismo" e questioni storiografiche#1.1_Concetto_ed_etimologia_del_termine_"femminismo"|1.1. Concetto ed etimologia del termine "femminismo"]]
*: 1.1.1. Origine e sviluppo del termine
*: 1.1.2. Il termine come stigma
* [[Storia del femminismo italiano/1. Origini del termine "femminismo" e questioni storiografiche#1.2._"Femminismo"_ed_"emancipazionismo"_nella_storiografia_italiana|1.2. "Femminismo" ed "emancipazionismo" nella storiografia italiana]]
; <big>2. Premesse storiche del femminismo: dalla ''Querelle des femmes'' all'età dei Lumi</big>
* [[Storia del femminismo italiano/2. Premesse storiche del femminismo: dalla Querelle des femmes all'età dei Lumi#2.1._La_querelle_des_femmes|2.1. La ''Querelle des femmes'']]
*: 2.1.1. Contributi delle autrici italiane tra XVI e XVII secolo
* [[Storia del femminismo italiano/2. Premesse storiche del femminismo: dalla Querelle des femmes all'età dei Lumi#2.2._Illuminismo_e_diritti_delle_donne|2.2. Illuminismo e diritti delle donne]]
* [[Storia del femminismo italiano/2. Premesse storiche del femminismo: dalla Querelle des femmes all'età dei Lumi#2.3._Il_dibattito_sull'istruzione_femminile|2.3. Il dibattito sull'istruzione femminile]]
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*: 3.2.1. Le dinamiche nel Meridione
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*: 3.3.1. La Spedizione dei Mille
* [[Storia del femminismo italiano/3. Il Risorgimento: partecipazione femminile e questioni di cittadinanza#3.4._Le_rivendicazioni_di_inclusione_politica:_il_dibattito_sull'esclusione_dai_plebisciti|3.4. Le rivendicazioni di inclusione politica: il dibattito sull'esclusione dai plebisciti ]]
* [[Storia del femminismo italiano/3. Il Risorgimento: partecipazione femminile e questioni di cittadinanza#3.5._Costruzione_della_memoria_risorgimentale,_identità_nazionale_e_rappresentazioni_di_genere|3.5. Costruzione della memoria risorgimentale, identità nazionale e rappresentazioni di genere]]
; <big>4. La questione femminile nel periodo post-unitario</big>
* [[Storia del femminismo italiano/4. La questione femminile nel periodo post-unitario#4.1._Condizione_giuridica|4.1. Condizione giuridica]]
* [[Storia del femminismo italiano/4. La questione femminile nel periodo post-unitario#4.2._Istruzione|4.2. Istruzione]]
*: 4.2.1. La legge Casati (1859)
*: 4.2.2. Analfabetismo e promozione delle scuole femminili
* [[Storia del femminismo italiano/4. La questione femminile nel periodo post-unitario#4.3._Lavoro_femminile|4.3. Lavoro femminile]]
*: 4.3.1. Maestre
; <big>5. L'associazionismo femminile e la nascita di un movimento politico</big>
* [[Storia del femminismo italiano/5. L'associazionismo femminile e la nascita di un movimento politico#5.1._Forme_dell'associazionismo_femminile_post-unitario|5.1. Forme dell'associazionismo femminile post-unitario]]
* [[Storia del femminismo italiano/5. L'associazionismo femminile e la nascita di un movimento politico#5.2._Le_pioniere:_Anna_Maria_Mozzoni|5.2. Le pioniere: Anna Maria Mozzoni]]
* [[Storia del femminismo italiano/5. L'associazionismo femminile e la nascita di un movimento politico#5.3._La_nascita_del_femminismo_come_movimento_politico|5.3. La nascita del femminismo come movimento politico]]
* [[Storia del femminismo italiano/5. L'associazionismo femminile e la nascita di un movimento politico#5.4._Il_rapporto_tra_femminismo_e_socialismo._Mozzoni_e_Kuliscioff|5.4. Il rapporto tra femminismo e socialismo. Mozzoni e Kuliscioff]]
* [[Storia del femminismo italiano/5. L'associazionismo femminile e la nascita di un movimento politico#5.5._L'affermarsi_della_stampa_emancipazionista|5.5. L'affermarsi della stampa emancipazionista]]
*: 5.5.1. La Donna (1868-1891)
; <big>6. Dal primo Novecento alla Prima guerra mondiale</big>
* [[Storia del femminismo italiano/6. Dal primo Novecento alla Prima guerra mondiale#6.1._Il_movimento_delle_donne_nei_primi_decenni_del_Novecento|6.1. Il movimento delle donne nei primi decenni del Novecento]]
*: 6.1.1. Le prime organizzazioni nazionali
*: 6.1.2. Il movimento per il suffragio
*: 6.1.3. Il femminismo cristiano
*: 6.1.4. Il Primo Congresso Nazionale delle Donne Italiane (1908)
* [[Storia del femminismo italiano/6. Dal primo Novecento alla Prima guerra mondiale#6.2._Le_guerre_coloniali_(1882-1912)._Pacifismo_ed_emancipazionismo|6.2. Le guerre coloniali (1882-1912). Pacifismo ed emancipazionismo]]
*: 6.2.1. Il femminismo moderato e il sostegno all'impresa libica
*: 6.2.2. La frattura interna al movimento
*: 6.2.3. La stampa femminile socialista
* [[Storia del femminismo italiano/6. Dal primo Novecento alla Prima guerra mondiale#6.3._La_Prima_guerra_mondiale|6.3. La Prima guerra mondiale]]
*: 6.3.1. Interventismo patriottico e pacifismo
* [[Storia del femminismo italiano/6. Dal primo Novecento alla Prima guerra mondiale#6.4._Guerra_ed_emancipazione_delle_donne|6.4. Guerra ed emancipazione delle donne]]
; <big>7. Il regime fascista</big>
* [[Storia del femminismo italiano/7. Il regime fascista#7.1._Istruzione,_lavoro,_diritti,_politica_demografica|7.1. Istruzione, lavoro, diritti, politica demografica]]
* [[Storia del femminismo italiano/7. Il regime fascista#7.2._La_stampa_femminile_fascista|7.2. La stampa femminile fascista]]
* [[Storia del femminismo italiano/7. Il regime fascista#7.3._Organizzazioni_femminili_fasciste|7.3. Organizzazioni femminili fasciste]]
; <big>La Resistenza e il Dopoguerra</big>
* [[Storia del femminismo italiano/8. La Resistenza e il Dopoguerra#8.1._Resistenza_e_partecipazione_femminile|8.1. Resistenza e partecipazione femminile]]
* [[Storia del femminismo italiano/8. La Resistenza e il Dopoguerra#8.2._Donne_partigiane_e_diritto_al_voto_(1945-1946)|8.2. Donne partigiane e il diritto al voto (1945-1946)]]
* [[Storia del femminismo italiano/8. La Resistenza e il Dopoguerra#8.3._Costituzione_e_diritti_delle_donne_(1948)|8.3. Costituzione e diritti delle donne (1948)]]
; <big>Bibliografia</big>
*{{Modulo|Storia del femminismo italiano/Bibliografia}}
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Storia del femminismo italiano
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{{q|Questa armonia feminista dura infatti finché le donne fanno della questione femminile una semplice accademia. Ma il giorno che esse scendono nell'arena delle lotte politiche – e non ne possono fare a meno, se sul serio si propongono la conquista dei diritti politici – ecco che l’incanto svanisce e le donne combattono non più come feministe, ma come appartenenti a date classi sociali e a dati partiti politici.|<small>''Anna Kuliscioff, [https://www.fondazioneannakuliscioff.it/wp-content/uploads/2020/12/anna-kuliscioff-scritti.pdf Scritti], Collana "Figure del 900", Fondazione Anna Kulisciof, p. 104''</small>}}
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{{q|Questa armonia feminista dura infatti finché le donne fanno della questione femminile una semplice accademia. Ma il giorno che esse scendono nell'arena delle lotte politiche – e non ne possono fare a meno, se sul serio si propongono la conquista dei diritti politici – ecco che l’incanto svanisce e le donne combattono non più come feministe, ma come appartenenti a date classi sociali e a dati partiti politici.|<small>''Anna Kuliscioff, [https://www.fondazioneannakuliscioff.it/wp-content/uploads/2020/12/anna-kuliscioff-scritti.pdf Scritti], Collana "Figure del 900", Fondazione Anna Kulisciof, p. 104''</small>}}
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{{q|Questa armonia feminista dura infatti finché le donne fanno della questione femminile una semplice accademia. Ma il giorno che esse scendono nell'arena delle lotte politiche – e non ne possono fare a meno, se sul serio si propongono la conquista dei diritti politici – ecco che l’incanto svanisce e le donne combattono non più come feministe, ma come appartenenti a date classi sociali e a dati partiti politici.|<small>''Anna Kuliscioff, [https://www.fondazioneannakuliscioff.it/wp-content/uploads/2020/12/anna-kuliscioff-scritti.pdf Scritti], Collana "Figure del 900", Fondazione Anna Kulisciof, p. 104''</small>}}
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Storia del femminismo italiano/Bibliografia
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{{Storia del femminismo italiano}}
{{Storia del femminismo italiano 1}}
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== Bibliografia==
=== 1. Origini del termine "femminismo" e questioni storiografiche ===
* {{Cita pubblicazione|autore=Caroline Fayolle|anno=2018|titolo=Des corps « monstres ». Historique du stigmate féministe|rivista=Glad! Revue sur le langage, le genre, les sexualités|numero=4|pp=1-5|lingua=fr|doi=|cid=}}
* {{Cita libro|autore=Dianella Gagliani|titolo=Itinerari della ricerca storica. Questioni di cittadinanza e di politica|anno=2001|editore=Jouvence|città=Roma|pp=55-76|opera=Annarita Buttafuoco. Ritratto di una storica|curatore=Anna Rossi-Doria|cid=Gagliani}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Karen Offen|anno=1987|titolo=Sur l'origine des mots "féminisme" et "féministe"|rivista=Revue d'histoire moderne et contemporaine|volume=34|numero=3|pp=492-496|lingua=fr|cid=Offen 1987}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Perry Willson|titolo=Confusione terminologica: "femminismo” ed “emancipazionismo” nell’Italia liberale|rivista=Italia Contemporanea|editore=University of Dundee|numero=290|pp=209-229|cid=Willson}}
=== 2. Premesse storiche del femminismo: dalla ''Querelle des femmes'' all’età dei Lumi ===
* Tiziana Bernardi, [https://www.treccani.it/enciclopedia/le-donne-nella-societa-dei-lumi_(Storia-della-civilt%C3%A0-europea-a-cura-di-Umberto-Eco)/ ''Le donne nella società dei Lumi''] in ''Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco'' (2014)
* {{Cita libro|autore=Karen Green|titolo=A History of Women’s Political Thought in Europe, 1700–1800|anno=2014|editore=Cambridge University Press|città=Cambridge|lingua=en|OCLC=|cid=Green}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Joan Kelly|anno=1982|titolo=Early Feminist Theory and the "Querelle des Femmes", 1400-1789|rivista=Signs|volume=8|numero=1|pp=4-28|lingua=en|cid=Kelly}}
* {{Cita libro|autore=Margaret L. King|titolo=Book-Lined Cells: Women and Humanism in the Early Italian Renaissance|anno=1988|editore=University of Pennsylvania Press|città=Philadelphia|pp=434-454|opera=Renaissance Humanism, Volume 1: Foundations, Forms, and Legacy|curatore=Albert Rabil Jr.|lingua=en}}
* {{Cita libro|cognome=|nome=|curatore=|titolo=Encyclopedia of Women in the Renaissance: Italy, France, and England|editore=ABC-CLIO|anno=2007|isbn=|pagina=|autore=Diana Maury Robin|p=|ISBN=|lingua=en|pp=213-216}}
* {{Cita libro|autore=|titolo=The contest for knowledge : debates over women's learning in Eighteenth-century Italy|anno=2005|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|cid=|OCLC=|lingua=en|pp=|curatore=Rebecca Messbarger, Paula Findlen|opera=}}
=== 3. Il Risorgimento: partecipazione femminile e questioni di cittadinanza ===
* {{Cita libro|autore=Alberto Maria Banti|titolo=Genere e nazione|anno=2011|editore=Laterza|città=Roma-Bari|OCLC=|cid=|opera=Sublime madre nostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo}}
* {{Cita libro|autore=Silvia Chiavicchioli|titolo=Donne e politica nel 1848 italiano, tra partecipazione,
cittadinanza e nazione|anno=2019|editore=Accademia University Press|città=Torino|pp=62-76|curatore=Pietro Adamo, Antonio Chiavistelli, Paolo Soddu|OCLC=|cid=|opera=Forme e metamorfosi della rappresentanza politica : 1848, 1948, 1968}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Rosanna De Longis|titolo=Le donne hanno avuto un Risorgimento? Elementi per una discussione|rivista=Memoria|numero=31|pp=80-91}}
* {{Cita libro|autore=Nadia Maria Filippini|titolo=Donne sulla scena pubblica: società e politica in Veneto tra Sette e Ottocento|anno=2012|editore=F. Angeli|città=Milano|pp=|OCLC=|cid=}}
* {{Cita libro|autore=Gian Luca Fruci|titolo=Cittadine senza cittadinanza. La mobilitazione femminile nei plebisciti del Risorgimento (1848-1870)|anno=2007|editore=Viella|curatore=Vinzia Fiorino|opera=Genesis. V/2, 2006. Una donna, un voto|cid=Fruci 2007|OCLC=}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Chiara Natoli|anno=2024|titolo=Scrittrici palermitane e rivoluzione: la ‘Strenna pel 12 gennaro 1849’|rivista=Sinestesie|volume=XIII|numero=43|pp=1-15|cid=}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Simonetta Soldani|anno=1999|titolo=Donne della nazione: presenze femminili nell'Italia del Quarantotto|rivista=Passato e presente|numero=46|pp=75-102|cid=}}
* {{Cita libro|autore=Simonetta Soldani|titolo=Il Risorgimento delle donne|anno=2007|editore=Einaudi|città=Torino|p=|OCLC=|opera=Il Risorgimento|curatore=Alberto Mario Banti, Paul Ginsborg|cid=}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Angelica Zazzeri|coautori=|anno=2006/2007|titolo=Donne in armi: immagini e rappresentazioni nell’Italia del 1848-49|rivista=Genesis: V/2, 2006|città=Roma|volume=|pp=165-188|cid=}}
=== 4. La questione femminile nel periodo post-unitario ===
* {{Cita libro|autore=Nadia Maria Filippini|titolo=Donne sulla scena pubblica: società e politica in Veneto tra Sette e Ottocento|anno=2006|editore=Franco Angeli|città=Milano|OCLC=|cid=}}
* {{Cita libro|autore=Liviana Gazzetta|titolo=Orizzonti Nuovi. Storia Del Primo Femminismo in Italia (1865-1925)|anno=2018|editore=Viella|città=Roma|OCLC=|cid=}}
* {{Cita libro|autore=Liviana Gazzetta|titolo=Relazioni e rispecchiamenti. Un decennio di femminismo italiano in prospettiva
internazionale (1868-1877)|anno=2021|editore=Laboratoire italien. Politique et société|curatore=Laura Fournier-Finocchiaro, Liviana Gazzetta, Barbara Meazzi|OCLC=|cid=|opera=Voix et parcours du féminisme dans les revues de femmes (1870-1970)}}
* {{Cita libro|autore=Mario Alighiero Manacorda|titolo=Istruzione ed emancipazione della donna nel Risorgimento. Riletture e considerazioni|anno=1989|editore=Franco Angeli|città=Milano|pp=1-33|opera=L'educazione delle donne|curatore=Simonetta Soldani|cid=}}
* {{Cita libro|autore=Alessandra Pescarolo|titolo=Il lavoro delle donne nell’Italia contemporanea|anno=2019|editore=Viella|OCLC=|cid=}}
* {{Cita libro|autore=Simonetta Soldani|titolo=Il libro e la matassa. Scuole per "lavori donneschi" nell'Italia da costruire|anno=1989|editore=Franco Angeli|città=Milano|OCLC=|cid=|opera=L’educazione delle donne. Scuole e modelli di vita femminile nell’Italia dell’Ottocento|pp=87-130}}
=== 5. L'associazionismo femminile e la nascita di un movimento politico ===
* {{Cita libro|autore=Franca Pieroni Bortolotti|titolo=Alle origini del movimento femminile in Italia, 1848-1892|anno=1975|editore=Einaudi|città=Torino|cid=Pieroni Bortolotti 1975}}
* {{Cita libro|autore=Annarita Buttafuoco|titolo=Cronache femminili : temi e momenti della stampa emancipazionista in Italia dall'Unità al Fascismo|anno=1988|editore=Università degli studi di Siena|città=Arezzo|OCLC=|cid=}}
* {{Cita libro|autore=Annarita Buttafuoco|titolo=“In servitù regine”. Educazione ed emancipazione nella stampa politica femminile,|anno=1989|editore=Angeli|città=Milano|opera=L’educazione delle donne. Scuole e modelli di vita femminile nell’Italia dell’Ottocento|cid=|OCLC=|curatore=Simonetta Soldani}}
* {{Cita libro|autore=Liviana Gazzetta|titolo=Relazioni e rispecchiamenti. Un decennio di femminismo italiano in prospettiva
internazionale (1868-1877)|anno=2021|editore=Laboratoire italien. Politique et société|curatore=Laura Fournier-Finocchiaro, Liviana Gazzetta, Barbara Meazzi|OCLC=|cid=|opera=Voix et parcours du féminisme dans les revues de femmes (1870-1970)}}
* {{Cita libro|autore=Laura Pisano|titolo=Donne del giornalismo italiano : da Eleonora Fonseca Pimentel a Ilaria Alpi : dizionario storico bio-bibliografico : secoli XVIII-XX|anno=2004|editore=Angeli|città=Milano|cid=|OCLC=}}
* {{Cita libro|autore=Perry Willson|titolo=Women in Twentieth-Century Italy|editore=Palgrave Macmillan|cid=|anno=2010|città=Houndmills, Basingstoke|OCLC=|lingua=en}}
=== 6. Dal primo Novecento alla Prima guerra mondiale ===
* {{Cita pubblicazione|autore=Donatella Alesi|anno=2001|titolo=La donna 1904-1915: un progetto giornalistico di primo Novecento|rivista=Italia contemporanea: rassegna dell'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia|cid=Alesi}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Stefania Bartoloni|anno=1992|titolo=L'associazionismo femminile nella prima guerra mondiale e la mobilitazione per l'assistenza e la propaganda|rivista=Donna lombarda: 1860-1945|volume=1|pp=65-91|cid=Bartoloni}}
* {{Cita libro|autore=Bruna Bianchi|titolo=Militarismo e pacifismo nella sinistra italiana : dalla grande guerra alla Resistenza|anno=2006|editore=Unicopli|città=Milano|OCLC=|cid=}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Bruna Bianchi|anno=2015|titolo=Il militarismo, la maternità, la pace. Voci dal femminismo italiano (1868-1918)|rivista=Memorie nuova serie|numero=3|pp=1-38|cid=Bianchi 2015}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Bruna Bianchi|anno=2016|titolo=Living in War. Women in Italian Historiography|rivista=DEP - Deportate, esuli, profughe|numero=31|p=5-35|lingua=en|url=https://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n31/003_Bianchi_modello.pdf|cid=Bianchi 2016}}
* {{Cita libro|titolo=Vivere in guerra. Le donne italiane nel primo conflitto mondiale [numero monografico]|anno=2016|curatore=Matteo Ermacora, Maria Grazia Suriano|opera=DEP - Deportate, esuli, profughe, n. 31|url=https://www.unive.it/pag/31211/}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Laura Fournier-Finocchiaro|anno=2021|titolo=Introduzione: Voci e percorsi del femminismo nelle riviste delle donne (1870-1970)|rivista=Laboratoire italien. Politique et société|numero=26|pp=1-8|cid=Finocchiaro, Gazzetta, Meazzi|autore2=Liviana Gazzetta|autore3=Barbara Meazzi}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Francesco Frizzera|anno=2016|titolo=Escluse dalla narrazione pubblica. Profughe trentine nella Grande guerra.|rivista=DEP - Deportate, esuli, profughe|volume=31|pp=215-247|url=https://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n31/012_Frizzera_modello.pdf}}
* {{Cita libro|titolo=Orizzonti nuovi, Storia del primo femminismo in Italia|anno=2018|editore=Viella s.r.l.|OCLC=|cid=|nome=Liviana|cognome=Gazzetta}}
* {{Cita libro|autore=Laura Guidi|titolo=Vivere la guerra: percorsi biografici e ruoli di genere tra Risorgimento e primo conflitto mondiale|anno=2007|editore=Clio Press|città=Napoli|OCLC=|cid=}}
* {{Cita libro|autore=Alessandra Pescarolo|titolo=Il lavoro delle donne nell'Italia contemporanea|anno=2019|editore=Viella|città=Roma|OCLC=|cid=}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Giovanna Procacci|anno=2016|titolo=Le donne e le manifestazioni popolari durante la neutralità e negli anni di guerra (1914-1918)|rivista=DEP - Deportate, esuli, profughe|numero=31|pp=86-121|url=https://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n31/006_Procacci_modello.pdf|cid=Procacci}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Fiorenza Taricone|anno=2021|titolo=La Difesa delle Lavoratrici: socialiste a confronto|rivista=Laboratoire italien, politique et société|volume=26|cid=Taricone}}
* {{Cita libro|autore=Perry Willson|titolo=Women in Twentieth-Century Italy|editore=Palgrave Macmillan|cid=|anno=2010|città=Houndmills, Basingstoke|OCLC=|lingua=en}}
=== 7. Il regime fascista ===
* {{Cita libro|autore=Victoria de Grazia|titolo=Le donne nel regime fascista|editore=Marsilio|città=Venezia|cid=De Grazia|anno=2023|ISBN=9788829721092}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Denise Detragiache|anno=1980|titolo=Un aspect de la politique démographique de l'Italie fasciste : la répression de l'avortement|rivista=Mélanges de l’école française de Rome|volume=92|numero=2|pp=691-735|lingua=fr|url=https://www.persee.fr/doc/mefr_0223-5110_1980_num_92_2_2571#:~:text=La%20r%C3%A9pression%20de%20l'avortement%20sous%20toutes%20ses%20formes%20sera,du%20fruit%20de%20la%20conception%20.|cid=Detragiache}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Helga Dittrich-Johansen|anno=1994|titolo=Dal privato al pubblico: Maternità e lavoro nelle riviste femminili dell'epoca fascista|rivista=Studi storici|volume=35|numero=1|pp=207-243|cid=Dittrich-Johansen}}
* {{Cita libro|autore=Laura Pisano|titolo=Donne del giornalismo italiano : da Eleonora Fonseca Pimentel a Ilaria Alpi : dizionario storico bio-bibliografico : secoli XVIII-XX|anno=2004|editore=Angeli|città=Milano|cid=|OCLC=}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Roberta Sassano|anno=2015|titolo=Camicette Nere: le donne nel Ventennio fascista|rivista=El Futuro del Pasado|numero=6|pp=253-280|cid=Sassano}}
[[Categoria:Storia del femminismo italiano]]
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Chimica organica per il liceo/Gli alcani
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2025-06-10T12:38:12Z
Marbletan
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([[c:GR|GR]]) [[c:COM:FR|File renamed]]: [[File:Lewis structures of ethene2C and ethyne% 2C an alkyne (21).svg]] → [[File:Oxygen-containing functional groups.svg]] title has nothing to do with what is depicted
477675
wikitext
text/x-wiki
= Gli Alcani =
== Gruppi funzionali ==
=== Disegno di strutture organiche abbreviate ===
Spesso, quando disegnano strutture organiche, i chimici trovano conveniente usare la lettera 'R' per designare parte di una molecola al di fuori della regione di interesse. Se vogliamo semplicemente fare riferimento in generale a un gruppo funzionale senza disegnare una specifica molecola, ad esempio, possiamo usare 'R gruppi per focalizzare l'attenzione sul gruppo di interesse:
[[File:Oxygen-containing functional groups.svg|centro|miniatura|324x324px]]
(Strutture di Lewis per un alcol primario, un alcol secondario, un'aldeide e un chetone)
IL 'R' gruppo è un modo conveniente per abbreviare le strutture di grandi molecole biologiche, soprattutto quando siamo interessati a qualcosa che si verifica specificamente in una posizione sulla molecola.
=== Gruppi funzionali comuni ===
Nelle sezioni seguenti, molti dei comunifunzionalegruppi trovati inchimica organicasaranno descritte. Le tabelle di questefunzionalei gruppi si trovano in fondo alla pagina.
=== idrocarburi ===
Il più semplicefunzionalegruppo inchimica organica(che viene spesso ignorato quando si elencafunzionalegruppi) è chiamato alcano , caratterizzato da legami singoli tra due atomi di carbonio e tra carbonio e idrogeno. Alcuni esempi dialcaniincludere il metano, CH4 , è ilgas naturalePuoi bruciare nella tua fornace o su una stufa. Il numero di ottano, C 8 H 18 , è un componente della benzina.
===== Alcani =====
[[File:Lewis structures of ethene2C and ethyne% 2C an alkyne (20).svg|centro|miniatura|331x331px|'''Lewis structures of ethene2C and ethyne''']]
Struttura di Lewis del metano. Struttura di Lewis e disegno della linea di legame dell'ottano.
Gli alcheni (a volte chiamati olefine ) hanno doppi legami carbonio-carbonio e gli alchini hanno doppi legami carbonio-carboniolegami tripli. Etene, il più semplicealcheneAd esempio, è un gas che funge da segnale cellulare nella frutta per stimolarne la maturazione. (Se volete che le banane maturino rapidamente, mettetele in un sacchetto di carta insieme a una mela: la mela emette gas etene, che innesca il processo di maturazione nelle banane). L'etino, comunemente chiamato acetilene, è usato come combustibile nei cannelli per saldatura.
===== Alcheni e alchini =====
[[File:Lewis structures of ethene2C and ethyne% 2C an alkyne (1).svg|centro|miniatura|'''Lewis structures of ethene2C and ethyne''']]
Strutture di Lewis dell'etene (un alchene) e dell'etino (un alchino).
Gli alcheni hanno una geometria elettronica planare trigonale (dovuta agli orbitali ibridi sp 2 all'alchenecarboni) mentre gli alchini hanno una geometria lineare (a causa degli orbitali ibridi sp alalchinocarboni). Inoltre, molti alcheni possono assumere due forme geometriche: cis o trans (o Z ed E che saranno spiegate in dettaglio nel Capitolo 7) . Le forme cis e trans di un datoalchenesono molecole diverse con proprietà fisiche diverse, esiste una barriera energetica molto elevata alla rotazione attorno a undoppio legameNell'esempio seguente, la differenza tra alcheni cis e trans è immediatamente evidente.
[[File:Alken CH3.svg|centro|miniatura|228x228px|bho]]
[[File:Lewis structures of ethene2C and ethyne% 2C an alkyne (10).svg|centro|miniatura|234x234px|HBO]]
Struttura di Lewis e disegno della linea di legame di un alchene cis. I gruppi metilici si trovano sullo stesso lato del doppio legame. Struttura di Lewis e disegno della linea di legame di un trans-alchene, con gruppi metilici su lati opposti del doppio legame.
Alcani, alcheni e alchini sono tutti classificati comeidrocarburi, perché sono composti esclusivamente da atomi di carbonio e idrogeno.Alcanisi dice che sianosaturato idrocarburi, perché i carboni sono legati al massimo numero possibile di idrogeni - in altre parole, sonosaturatocon atomi di idrogeno. I carboni con legami doppi e tripli negli alcheni e negli alchini hanno meno atomi di idrogeno legati a loro - sono quindi chiamatiinsaturi idrocarburiCome vedremo nel Capitolo 7 , l'idrogeno può essere aggiunto per raddoppiare elegami tripli, in un tipo di reazione chiamata "idrogenazione".
Il gruppo aromatico è esemplificato dal benzene (un tempo un solvente comunemente usato nei laboratori di analisi organica, ma che si è dimostrato cancerogeno) e dal naftalene, un composto dal caratteristico odore di "naftalina". I gruppi aromatici sono strutture ad anello planari (piatte) e sono ampiamente diffusi in natura. Approfondiremo la struttura e le reazioni dei gruppi aromatici nel Capitolo 15 .
==== Aromatici ====
[[File:Lewis structures of ethene2C and ethyne% 2C an alkyne (8).svg|miniatura]]
Struttura di Lewis e disegno della linea di legame del benzene. Struttura della linea di legame del naftalene
=== Gruppi con legami singoli di carbonio con altri atomi ===
==== Alogenuri ====
Quando il carbonio di un alcano è legato a uno o più alogeni, il gruppo è definito come alogenuro alchilico o aloalcano . La presenza di un atomo di alogeno (F, Cl, Br o I) è spesso rappresentata da X a causa della chimica simile degli alogeni. Il cloroformio è un solvente utile in laboratorio ed è stato uno dei primi farmaci anestetici utilizzati in chirurgia. Il clorodifluorometano è stato utilizzato come refrigerante e negli spray aerosol fino alla fine del XX secolo, ma il suo utilizzo è stato interrotto dopo che si è scoperto che aveva effetti dannosi sullo strato di ozono. Il bromoetano è un semplice alogenuro alchilico
Spesso utilizzati nella sintesi organica. I gruppi alogenuri alchilici sono piuttosto rari nelle biomolecole.
==== AlcoliETioli ====
Nel gruppo alcol funzionale, un atomo di carbonio è legato singolarmente a un gruppo OH (il gruppo OH, di per sé, è chiamato '''ossidrile''' ). Ad eccezione del metanolo, tutti gli alcoli possono essere classificati come primari, secondari o terziari. In un '''alcol primario''' , il carbonio legato al gruppo OH è legato anche a un solo altro carbonio. In un '''alcol secondario''' e in '''un alcol terziario,''' il carbonio è legato rispettivamente a due o tre altri atomi di carbonio. Quando il gruppo ossidrilico è legato ''direttamente'' a un anello aromatico, il gruppo risultante è chiamato '''fenolo''' .
L'analogo solforico di un alcol è chiamato '''tiolo''' (il prefisso ''thio'' , derivato dal greco, si riferisce allo zolfo).
==== Eteri e solfuri ====
In un gruppo etere funzionale, un ossigeno centrale è legato a due atomi di carbonio. Di seguito sono riportate la linea e strutture di Lewis di etere dietilico, un comune solvente da laboratorio e anche uno dei primi agenti anestetici in medicina.
Nei '''solfuri''' , l'atomo di ossigeno di un etere è stato sostituito da un atomo di zolfo.
==== '''ammine''' ====
sono caratterizzati da atomi di azoto con legami singoli con idrogeno e carbonio. Proprio come esistono atomi primari, secondari e terziari per gli alcoli, ne esistono di primari, secondari e terziariper le ammine.
L' ammoniaca è un caso speciale, privo di atomi di carbonio.
Una delle proprietà più importanti delle ammine è che sono basicihe e vengono facilmente protonati per formare cationi di '''ammonio''' . Nel caso in cui un atomo di azoto abbia quattro legami con il carbonio (cosa piuttosto insolita nelle biomolecole), viene chiamato ione ammonio quaternario.
== Conformazioni di altri alcani ==
Nel butano, ci sono tre legami sigma carbonio-carbonio che possono ruotare, ma ci concentreremo sul legame centrale tra C2 e C3. Di seguito sono riportate due rappresentazioni del butano in una conformazione che mette i due gruppi CH₃ (C1 e C4) in posizione eclissata.
[[File:Eclipsed conformation of butane with two eclipsed ch3 groups.svg|centro|miniatura]]
{| class="wikitable sortable"
|+
!'''Interazione eclissata'''
!'''Energia (kcal/mol)'''
!'''Energia (kJ/mol)'''
|-
|HH
|1.0
|4.0
|-
|H-CH3
|1.4
|6.0
|-
|CAP3-CAP3
|2.6
|11.0
|}
I gruppi CH₃–CH₃ creano un’interazione eclissata significativamente maggiore, pari a 11,0 kJ/mol. Ci sono anche due interazioni eclissate H–H, ciascuna di 4,0 kJ/mol, per un totale di:
2(4,0 kJ/mol) + 11,0 kJ/mol = 19,0 kJ/mol di tensione.
Questa è la conformazione a energia più alta del butano, a causa della tensione torsionale provocata dalla repulsione elettrostatica degli elettroni nei legami eclissati, ma anche per un altro tipo di tensione chiamata '''repulsione sterica''', tra i due gruppi metilici piuttosto ingombranti.
La tensione sterica si verifica quando due gruppi voluminosi, come due gruppi metilici, cercano di occupare lo stesso spazio. Ne risulta un’interazione repulsiva non covalente causata dalle rispettive densità elettroniche.
Se ruotiamo il carbonio anteriore (quello blu) di 60° in senso orario, la molecola di butano si trova ora in una '''conformazione sfalsata'''.[[File:Staggered conformation of butane with gauche ch3 groups.svg|centro|miniatura]]
Questa viene più precisamente definita come la '''conformazione ‘gauche’''' del butano.
Nota che, sebbene i gruppi siano sfalsati, i due gruppi metilici non sono il più lontano possibile l’uno dall’altro. C’è ancora una notevole '''repulsione sterica''' tra i due gruppi ingombranti.
Una rotazione ulteriore di 60° ci porta a una seconda '''conformazione eclissata (B)''', in cui entrambi i gruppi metilici sono allineati con atomi di idrogeno.[[File:Eclipsed conformation of ethane with two eclipsed ch3 and h.svg|centro|miniatura]]
A causa della '''repulsione sterica''' tra i sostituenti metile e idrogeno, questa '''conformazione eclissata B''' ha un'energia '''più alta''' rispetto alla conformazione ''gauche''. Tuttavia, poiché non c’è un allineamento metile-metile (eclissamento), la sua energia è '''più bassa''' rispetto alla '''conformazione eclissata A'''.
Un'ulteriore rotazione di 60° porta alla '''conformazione ‘anti’''', in cui i due gruppi metilici sono posizionati '''opposti''' l’uno all’altro, e la '''repulsione sterica è minima'''.[[File:Staggered conformation of butane with anti ch3 groups.svg|centro|miniatura]]
La '''conformazione anti''' è quella a '''più bassa energia''' per il butano.
Il diagramma qui sotto riassume le '''energie relative''' delle varie conformazioni: '''eclissate''', '''sfalsate''' e '''gauche'''.[[File:Una struttura 3D del conformero antibutano.png|centro|miniatura|Figura 3.7.1: Una struttura 3D del conformero anti del butano.]]
[[File:Butane conformations and relative energies.png|centro|miniatura|Figura 3.7.2: Curva di potenziale in funzione dell’angolo diedro del legame C2–C3 del butano.]]
Figura 3.7.2: Proiezioni di Newman delle conformazioni del butano e le loro differenze di energia relativa (non le energie totali). Le conformazioni si formano quando il butano ruota attorno a uno dei suoi legami covalenti semplici. L’angolo torsionale/diedro è mostrato sull’asse x. I nomi delle conformazioni (secondo la IUPAC):
A: anti-periplanare, anti o trans
B: sinclinale o gauche
C: anticlinale o eclissata
D: sin-periplanare o cis.
Fonte per i nomi delle conformazioni e la classificazione dei conformeri: ''Pure & Appl. Chem.'', Vol. 68, No. 12, pp. 2193-2222, 1996. (Dominio pubblico; Keministi).
A temperatura ambiente, il butano si trova '''più probabilmente nella conformazione anti''', che è quella a energia più bassa, in un dato momento. Tuttavia, la '''barriera energetica''' tra la conformazione anti e quella eclissata '''non è abbastanza alta da impedire la rotazione costante''', tranne che a temperature molto basse.
Per questo motivo (e anche semplicemente per comodità nel disegno), è convenzione rappresentare gli '''alcani a catena lineare''' in una forma a '''zigzag''', che '''implica la conformazione anti''' in tutti i legami carbonio-carbonio.
Ad esempio, l’'''ottano''' viene comunemente disegnato così:[[File:Octane represented in zigzag form.svg|centro|miniatura]]
=== Disegnare le Proiezioni di Newman ===
Le proiezioni di Newman sono un metodo utile per visualizzare le posizioni relative dei gruppi all'interno di una molecola. Saper disegnare la proiezione di Newman per una data molecola è una competenza preziosa e sarà utilizzata ripetutamente in chimica organica. Poiché le molecole organiche spesso contengono più legami carbonio-carbonio, è importante sapere con precisione quale legame e in quale direzione si sta osservando per la proiezione di Newman. I dettagli della proiezione di Newman cambiano a seconda della molecola, ma per gli alcani tipici un'analisi conformazionale completa comporta una rotazione completa di 360° a incrementi di 60°. Questo produrrà tre conformazioni sfalsate e tre conformazioni eclissate. In genere, le conformazioni sfalsate sono più stabili e quelle eclissate meno stabili. La conformazione meno stabile avrà i gruppi più grandi eclissati, mentre la conformazione più stabile avrà i gruppi più grandi in posizione anti (180°) l’uno rispetto all’altro.
=== Esempio ===
Disegna la proiezione di Newman del 2,3-dimetilbutano lungo il legame C2–C3. Poi determina la conformazione meno stabile.
Per prima cosa disegna la molecola e individua il legame indicato:[[File:2% 2C3-dimethylbutane with arrow pointing down C2-C3 bond.svg|centro|miniatura]]
Poiché la domanda chiede la conformazione meno stabile, concentrati sulle tre possibili proiezioni di Newman eclissate. Disegna tre proiezioni di Newman eclissate come modello. Poiché è difficile disegnare una vera proiezione di Newman sfalsata, è comune rappresentare i legami leggermente inclinati.
[[File:Three possible eclipsed Newman projections with no groups.svg|centro|senza_cornice]]
Posiziona i sostituenti legati al secondo carbonio (C3) sui legami posteriori di tutte e tre le proiezioni di Newman. In questo esempio sono 2 gruppi CH₃ e un atomo di H. Posiziona i sostituenti nella stessa posizione in tutte e tre le proiezioni di Newman.
[[File:Three possible eclipsed Newman projections of 2% 2C3-dimethylbutane with all groups filled in.svg|centro|senza_cornice]]
Quindi posizionare i sostituenti legati al primo carbonio (C 2 ) sui legami anteriori del Proiezione di Newman In questo esempio, i sostituenti sono anche 2 CH
[[File:Three possible eclipsed Newman projections of 2% 2C3-dimethylbutane with all groups filled in.svg|centro|senza_cornice]]
Confrontate le proiezioni di Newman osservando le interazioni eclissate. Ricordate che l'ordine delle interazioni di deformazione torsionale è CH3 - CH3 > CH3 - H > HH. La terza struttura presenta due interazioni torsionali CH3 - CH3 , il che la renderà il conformatore meno stabile del 2,3-dimetilbutano.
[[File:Least stable conformer of 2% 2C3-dimethylbutane.svg|centro|senza_cornice]]
Esempio 3.7.1
===== Esempio 3.7.2 =====
Disegna una proiezione di Newman, guardando lungo il legame C2–C3, del 1-butene nella conformazione mostrata qui sotto.
[[File:Legame C 2 -C 3 nell'1-butene.png|centro|senza_cornice]]
'''Risposta'''
[[File:Newman projection of 1-butene down the C2-C3 bond.svg|centro|senza_cornice]]
== Denominazione degli alcani ==
Gli idrocarburi che non hanno gruppi funzionali a doppio o triplo legame sono classificati come '''alcani''' o '''cicloalcani''', a seconda di come sono disposti gli atomi di carbonio della molecola (in catene o anelli). Sebbene questi idrocarburi non abbiano gruppi funzionali, costituiscono il quadro su cui i gruppi funzionali si trovano in altre classi di composti e forniscono un punto di partenza ideale per studiare e nominare i composti organici. Gli alcani e i cicloalcani sono anche membri di una classe più ampia di composti denominati '''alifatici'''. In parole povere, i composti alifatici sono composti che non incorporano alcun anello aromatico nella loro struttura molecolare.
La tabella seguente elenca i nomi IUPAC assegnati ai composti alcani a catena continua semplice da C-1 a C-10. Un suffisso '''"ano"''' comune identifica questi composti come alcani. Gli alcani a catena più lunga sono ben noti e i loro nomi si possono trovare in molti libri di testo e di consultazione. I nomi da '''metano''' a '''decano''' dovrebbero essere memorizzati, poiché costituiscono la radice di molti nomi IUPAC. Fortunatamente, per denominare catene di cinque o più atomi di carbonio si utilizzano prefissi numerici comuni.
{| class="wikitable"
|+
!Nome
!Formula molecolare
!Isomeri
|-
|metano
|CH<sub>4</sub>
|1
|-
|etano
|C<sub>2</sub>H<sub>6</sub>
|1
|-
|propano
|C<sub>3</sub>H<sub>8</sub>
|1
|-
|butano
|C<sub>4</sub>H<sub>10</sub>
|2
|-
|pentano
|C<sub>5</sub>H<sub>12</sub>
|3
|-
|esano
|C<sub>6</sub>H<sub>14</sub>
|5
|-
|eptano
|C<sub>7</sub>H<sub>16</sub>
|9
|-
|optano
|C<sub>8</sub>H<sub>18</sub>
|18
|-
|nonano
|C<sub>9</sub>H<sub>20</sub>
|35
|-
|decano
|C<sub>10</sub>H<sub>22</sub>
|75
|}
===== Alcune importanti tendenze comportamentali e terminologie =====
# Le formule e le strutture di questi alcani aumentano uniformemente con un incremento di CH<sub>2</sub> .
# Una variazione uniforme di questo tipo in una serie di composti è detta '''omologa''' .
# Tutte queste formule rispettano la regola '''C<sub>(n)</sub>H<sub>(2n + 2)</sub>.''' Questo è anche il rapporto H/C più alto possibile per un idrocarburo stabile.
# Poiché il rapporto H/C in questi composti è massimo, li chiamiamo '''saturi''' (di idrogeno).
A partire dal butano (C<sub>4</sub>H<sub>10</sub>), e diventando più numerosi con alcani maggiori, notiamo l'esistenza degli alcani isomeri. Ad esempio, ci sono cinque isomeri C<sub>6</sub>H<sub>14</sub>, mostrati di seguito come formule di linea abbreviate (da '''A''' a '''E'''):
[[File:Five_possible_isomers_of_hexane.svg|centro|miniatura|514x514px|Five possible isomers of hexane]]
Sebbene questi composti distinti abbiano tutti la stessa formula molecolare, solo uno ( '''A''' ) può essere chiamato esano. Come possiamo quindi chiamare gli altri?
Il sistema '''IUPAC''' richiede innanzitutto che si disponga di nomi per catene semplici non ramificate, come indicato sopra, e in secondo luogo che si disponga di nomi per gruppi alchilici semplici che possono essere legati alle catene. Esempi di alcuni '''gruppi alchilici''' comuni sono riportati nella tabella seguente. Si noti che il suffisso "ano" è sostituito da "'''ile'''" nella denominazione dei gruppi. Il simbolo '''R''' viene utilizzato per designare un generico (non specificato) gruppo alchilico.
{| class="wikitable"
|+
!Gruppo
!Nome
|-
|CH<sub>3-</sub>
|metile
|-
|C<sub>2</sub>H<sub>5-</sub>
|etile
|-
|CH<sub>3</sub>CH<sub>2</sub>CH<sub>2-</sub>
|propile
|-
|(CH<sub>3</sub>)<sub>2</sub>CH-
|isopropile
|-
|CH<sub>3</sub>CH<sub>2</sub>CH<sub>2</sub>CH<sub>2–</sub>
|butile
|-
|(CH<sub>3</sub>)<sub>2</sub>CHCH<sub>2–</sub>
|isobutile
|-
|R-
|alchile
|}
===== Regole IUPAC per la nomenclatura degli alcani in generale =====
# Trova e dai un nome alla catena di carbonio continua più lunga.
# Identificare e dare un nome ai gruppi collegati a questa catena.
# Numerare la catena consecutivamente, iniziando dall'estremità più vicina a un gruppo sostituente.
# Designare la posizione di ciascun gruppo sostituente mediante un numero e un nome appropriati.
# Assembla il nome elencando i gruppi in ordine alfabetico.
# I prefissi di, tri, tetra ecc., usati per denominare più gruppi dello stesso tipo, non vengono considerati nell'ordinamento alfabetico.
es. I nomi IUPAC degli isomeri dell'esano sono: '''A''' esano '''B''' 2-metilpentano '''C''' 3-metilpentano '''D''' 2,2-dimetilbutano '''E''' 2,3-dimetilbutano (fare riferimento all'immagine ''five possible isomers of hexane'').
===== Gruppi alogeni =====
I sostituenti alogeni sono facilmente adattabili, utilizzando i nomi: fluoro (F-), cloro (Cl-), bromo (Br-) e iodio (I-).
es. Ad esempio, (CH<sub>3</sub>)<sub>2</sub>CHCH<sub>2</sub>CH<sub>2</sub>Br verrebbe chiamato 1-bromo-3-metilbutano. Se l'alogeno è legato a un semplice gruppo alchilico un nome "alogenuro alchilico" alternativo. Pertanto, C<sub>2</sub>H<sub>5</sub>Cl può essere denominato cloroetano (non è necessario alcun numero di localizzazione per una catena a due atomi di carbonio) o cloruro di etile.
===== Gruppi alchilici =====
Gli alcani possono essere descritti dalla formula generale C<sub>(n)</sub>H<sub>(2n + 2)</sub>. Un gruppo alchilico si forma rimuovendo un idrogeno dalla catena alcanica ed è descritto dalla formula C<sub>(n)</sub>H<sub>(2n + 1)</sub>. La rimozione di questo idrogeno provoca una trasformazione del suffisso da '''-ano''' a '''-ile'''. Si considerino i seguenti esempi.
[[File:Alkane_names_as_they_become_groups.svg|centro|miniatura|Alkane names as they become groups]]
===== Tre regole per dare un nome agli alcani =====
# Scegli la catena di carbonio più lunga e sostituita contenente un gruppo funzionale.
# Un carbonio legato a un gruppo funzionale deve avere il numero più basso possibile di atomi di carbonio. Se non ci sono gruppi funzionali, allora qualsiasi sostituente presente deve avere il numero più basso possibile.
# Prendi in considerazione l'ordine alfabetico, ovvero, dopo aver applicato le prime due regole sopra indicate, assicurati che i tuoi sostituenti e/o gruppi funzionali sono scritti in ordine alfabetico.
es. Come si chiama la molecola sottostante?
[[File:Rule_1.svg|centro|miniatura|rule 1]]
'''Regola n. 1:''' Scegliere la catena di carbonio più lunga e più sostituita contenente un gruppo funzionale. Questo esempio non contiene alcun gruppo funzionale, quindi dobbiamo solo preoccuparci di scegliere la catena di carbonio più lunga e più sostituita. La catena di carbonio più lunga è stata evidenziata in blu ed è composta da otto atomi di carbonio.
[[File:Rule_2.svg|centro|miniatura|rule 2]]
'''Regola n. 2:''' I carboni legati a un gruppo funzionale devono avere il numero più basso possibile di atomi di carbonio. Se non ci sono gruppi funzionali, allora qualsiasi sostituto presente deve avere il numero più basso possibile. Poiché questo esempio non contiene alcun gruppo funzionale, dobbiamo concentrarci solo sui due sostituti presenti, ovvero i due gruppi metilici. Se iniziamo a numerare la catena da sinistra, ai gruppi metilici verranno assegnati rispettivamente i numeri 4 e 7. Se iniziamo a numerare la catena da destra, ai gruppi metilici verranno assegnati i numeri 2 e 5. Pertanto, per soddisfare la seconda regola, la numerazione inizia dal lato destro della catena carboniosa, come mostrato di seguito. Questo conferisce ai gruppi metilici la numerazione più bassa possibile.
[[File:Rule_3.svg|centro|miniatura|rule 3]]
'''Regola n. 3''': In questo esempio, non è necessario utilizzare la terza regola. Poiché i due sostituti sono identici, nessuno dei due ha la precedenza alfabetica per quanto riguarda la numerazione dei carboni. Questo concetto diventerà più chiaro negli esempi seguenti. Il nome di questo molecola è '''2,5-dimetilottano.'''
es. Come si chiama la molecola sottostante?
[[File:Kekule_structure_of_2-bromo-6-chloroheptane.svg|centro|miniatura|Kekule structure of 2-bromo-6-chloroheptane]]
'''Regola #1''': Scegli la catena di carbonio più lunga e più sostituita contenente un gruppo funzionale. Questo esempio contiene due gruppi funzionali, bromo e cloro. La catena di carbonio più lunga è stata evidenziata in blu ed è composta da sette atomi di carbonio.
[[File:Kekule_structure_for_2-bromo-6-chloroheptane_with_longest_most_substituted_chain_highlighted_in_blue.svg|centro|miniatura|Kekule structure for 2-bromo-6-chloroheptane with longest most substituted chain highlighted in blue]]
'''Regola #2:''' I carboni legati a un gruppo funzionale devono avere il numero di atomi di carbonio più basso possibile. Se non ci sono gruppi funzionali, allora ogni sostituente presente deve avere il numero più basso possibile. In questo esempio, numerare la catena da sinistra o da destra soddisferebbe questa regola. Se contiamo la catena da sinistra, al bromo e al cloro verrebbero assegnate rispettivamente la seconda e la sesta posizione del carbonio. Se numeriamo la catena da destra, al cloro verrebbe assegnata la seconda posizione e al bromo verrebbe assegnata la sesta posizione. In altre parole, sia che scegliamo di numerare da sinistra o da destra, i gruppi funzionali occupano la seconda e la sesta posizione nella catena. Per selezionare lo schema di numerazione corretto, è necessario utilizzare la terza regola.
[[File:Kekule_structure_for_2-bromo-6-chloroheptane_numbered_1_to_7%25_2C_right_to_left_and_left_to_right.svg|centro|miniatura|508x508px|Kekule structure for 2-bromo-6-chloroheptane numbered 1 to 7% 2C right to left and left to right]]
'''Regola #3:''' Dopo aver applicato le prime due regole, prendi in considerazione l'ordine alfabetico. In ordine alfabetico, il bromo viene prima del cloro. Pertanto, al bromo viene assegnata la seconda posizione del carbonio e al cloro viene assegnata la sesta posizione del carbonio. Il nome di questa molecola è: '''2-bromo-6-cloroeptano.'''
[[File:Kekule_structure_of_2-bromo-6-chloroheptane_numbered_1_to_7%25_2C_left_to_right.svg|centro|miniatura|Kekule structure of 2-bromo-6-chloroheptane numbered 1 to 7% 2C left to right]]
== Proprietà degli alcani ==
Gli alcani sono '''poco reattivi''' e hanno poca attività biologica; tutti gli alcani sono composti '''non polari incolori''' e '''inodori'''. Le '''forze di dispersione di Londra''' relativamente deboli degli alcani si traducono in sostanze gassose per catene di carbonio corte, liquidi volatili con densità intorno a 0,7 g/mL per catene di carbonio moderate e solidi per catene di carbonio lunghe. Per le molecole con gli stessi gruppi funzionali, esiste una relazione diretta tra la dimensione e la forma delle molecole e la forza delle forze intermolecolari che causano le differenze negli stati fisici.
=== Punti di ebollizione ===
La tabella sottostante descrive delle proprietà di alcuni alcani a catena lineare. Non c'è una differenza significativa di elettronegatività tra carbonio e idrogeno, quindi non c'è alcuna '''polarità''' di legame significativa. Anche le molecole stesse hanno una polarità molto bassa. Una molecola totalmente simmetrica come il metano è completamente apolare, il che significa che le uniche attrazioni tra una molecola e le sue vicine saranno le '''forze di dispersione di Van der Waals'''. Queste forze saranno molto piccole per una molecola come il metano, ma aumenteranno man mano che le molecole diventano più grandi. Pertanto, ''i punti di ebollizione degli alcani aumentano con le dimensioni molecolari.''
Per gli '''isomeri''', più ramificata è la catena, più basso tende ad essere il punto di ebollizione. Le forze di dispersione di Van der Waals sono minori per le molecole più corte e operano solo su distanze molto brevi tra una molecola e le sue vicine. È più difficile che le molecole corte e grasse (con molte ramificazioni) si trovino vicine tra loro come le molecole lunghe e sottili.
I punti di ebollizione indicati sono per gli isomeri "a catena lineare" dei quali ne esistono più di uno. I primi quattro alcani sono gas a temperatura ambiente e i solidi non iniziano ad apparire fino a circa C<sub>17</sub>H<sub>36</sub>, ma questo è impreciso perché isomeri diversi hanno tipicamente punti di fusione e di ebollizione diversi.
{| class="wikitable"
!Nome molecolare
!Formula
!Punto di fusione (°C)
!Punto di ebollizione (°C)
!Densità (20°C)*
!Stato fisico (a 20°C)
|-
|metano
|CH<sub>4</sub>
|–182
|–164
|0,668 g/L
|gas
|-
|etano
|C<sub>2</sub>H<sub>6</sub>
|–183
|–89
|1.265 g/L
|gas
|-
|propano
|C<sub>3</sub>H<sub>8</sub>
|–190
|–42
|1.867 g/L
|gas
|-
|butano
|C<sub>4</sub>H<sub>10</sub>
|–138
|–1
|2.493 g/L
|gas
|-
|pentano
|C<sub>5</sub>H<sub>12</sub>
|–130
|36
|0,626 g/mL
|liquido
|-
|esano
|C<sub>6</sub>H<sub>14</sub>
|–95
|69
|0,659 g/mL
|liquido
|-
|ottano
|C<sub>8</sub>H<sub>18</sub>
|–57
|125
|0,703 g/mL
|liquido
|-
|decano
|C<sub>10</sub>H<sub>22</sub>
|–30
|174
|0,730 g ml
|liquido
|-
! colspan="6" |*Si noti il cambiamento nelle unità che passano da gas (grammi per litro) a liquidi (grammi per millilitro). Le densità del gas sono a una pressione di 1 atm.
|}
I punti di ebollizione per gli isomeri "a catena lineare" e gli isoalcani hanno dimostrato che la ramificazione diminuisce l'area delle superfici, indebolisce la forza delle forze molecolari e abbassa il punto di ebollizione.
[[File:Punti_di_ebollizione_per_isomeri_a_catena_lineare.png|centro|miniatura|368x368px|punti di ebollizione per isomeri a catena lineare]]Ad esempio, i punti di ebollizione dei tre isomeri C<sub>5</sub>H<sub>12</sub> sono:
* pentano: 309,2 K
* 2-metilbutano: 301,0 K
* 2,2-dimetilpropano: 282,6 K
I punti di ebollizione leggermente più alti dei cicloalcani sono presumibilmente dovuti al fatto che le molecole possono avvicinarsi tra loro perché la struttura ad anello le rende più capaci!
=== Solubilità ===
Sono praticamente insolubili in acqua, ma si dissolvono nei solventi organici. Tuttavia, i liquidi alcani sono buoni solventi per molti altri composti organici non ionici.
=== Solubilità in acqua ===
Quando una sostanza molecolare si dissolve in '''acqua''', deve verificarsi quanto segue:
* rompere le forze intermolecolari all'interno della sostanza. Nel caso del alcani, queste sono le forze di dispersione di Van Der Waals;
* rompere le forze intermolecolari nell'acqua in modo che la sostanza possa inserirsi tra le molecole d'acqua. Nell'acqua, le principali attrazioni intermolecolari sono legami a idrogeno.
Per rompere una di queste attrazioni è necessaria energia, anche se la quantità di energia necessaria per rompere le forze di dispersione di Van Der Waals in qualcosa come il metano è relativamente trascurabile; questo non è vero per i legami a idrogeno nell'acqua.
Per semplificare, una sostanza si dissolve se viene rilasciata abbastanza energia quando si formano nuovi legami tra la sostanza e l'acqua da compensare quella utilizzata per rompere le attrazioni originali. Le uniche nuove attrazioni tra l'alcano e le molecole d'acqua sono forze di Van der Waals. Queste forze non rilasciano una quantità di energia sufficiente a compensare l'energia necessaria per rompere i legami a idrogeno nell'acqua. L'alcano non si dissolve.
Si tratta di una semplificazione perché gli effetti entropici sono importanti quando le cose si dissolvono.
=== Solubilità in solventi organici ===
Nella maggior parte dei solventi organici, le principali forze di attrazione tra le molecole del solvente sono '''forze di Van der Waals''' . Pertanto, quando un alcano si dissolve in un solvente organico, le forze di Van der Waals sono rotte e vengono sostituite da nuove forze di Van der Waals. I due processi si annullano più o meno a vicenda a livello energetico; quindi non vi è alcuna barriera alla solubilità.
=== Reazioni di alcani ===
Gli alcani subiscono pochissime reazioni. Ci sono due reazioni importanti che sono ancora possibili, la combustione e l'alogenazione. L'alogenazione è molto importante in chimica organica perché apre la strada ad ulteriori reazioni chimiche.
=== Combustione ===
La '''combustione''' completa (con sufficiente ossigeno) di qualsiasi idrocarburo produce '''anidride carbonica''', '''acqua''' e una quantità significativa di '''calore'''. A causa della natura esotermica di queste reazioni di combustione, gli alcani sono comunemente utilizzati come fonte di combustibile (ad esempio: propano per le griglie all'aperto, butano per gli accendini). Gli idrocarburi diventano più difficili da accendere man mano che le molecole diventano più grandi. Questo perché le molecole più grandi non vaporizzano facilmente. Se il liquido non è molto volatile, solo le molecole in superficie possono reagire con l'ossigeno. Le molecole più grandi hanno maggiori attrazioni di Van der Waals, il che rende più difficile per loro separarsi dalle molecole vicine e trasformarsi in gas. Un esempio di reazione di combustione è mostrato per il propano: C<sub>3</sub>H<sub>8</sub> + O<sub>2</sub> --> 3CO<sub>2</sub> + 4H<sub>2</sub>0 + 2044 kJ/mol.
=== Alogenazione ===
L'alogenazione è la '''sostituzione''' di uno o più atomi di idrogeno in un composto organico con un alogeno (fluoro, cloro, bromo o iodio). A differenza delle complesse trasformazioni della combustione, la alogenazione di un alcano sembra essere una semplice '''reazione di sostituzione''' in cui un legame CH viene rotto e si forma un nuovo legame CX.
Poiché vengono rotti solo due legami covalenti (CH e Cl-Cl) e si formano due legami covalenti (C-Cl e H-Cl), questa reazione sembra essere un caso ideale per indagini e speculazioni meccanicistiche. Tuttavia, una complicazione è che tutti gli atomi di idrogeno di un alcano possono subire una sostituzione, dando luogo a una miscela di prodotti, come mostrato nella seguente equazione non bilanciata. Le quantità relative dei vari prodotti dipendono dalla proporzione dei due reagenti utilizzati. Nel caso del metano, un forte eccesso dell'idrocarburo favorisce la formazione di cloruro di metile come prodotto principale; mentre un eccesso di cloro favorisce la formazione di cloroformio e tetracloruro di carbonio. Es.: CH<sub>4</sub> + Cl<sub>2</sub> --> CH<sub>3</sub>Cl + CH<sub>2</sub>Cl + CHCl<sub>3</sub> + CCl<sub>4</sub> + HCl.
Una comprensione delle proprietà fisiche di alcani è importante poiché il petrolio e gas naturale e i numerosi prodotti da essi derivati – benzina, gas in bombole, solventi, plastica e altro – sono composti principalmente da alcani. Questa comprensione è fondamentale anche perché costituisce la base per descrivere le proprietà di altre famiglie di composti organici e biologici. Ad esempio, gran parte delle strutture di lipidi sono costituiti da gruppi alchilici non polari. I lipidi includono i grassi della dieta e composti simili al grasso chiamati fosfolipidi e sfingolipidi che fungono da componenti strutturali dei tessuti viventi. Questi composti presentano gruppi sia polari che apolari, consentendo loro di colmare il divario tra fasi idrosolubili e insolubili in acqua. Questa caratteristica è essenziale per la permeabilità selettiva delle membrane cellulari.
== Conformazioni dell'etano ==
'''L'isomeria conformazionale''' implica la rotazione attorno ai legami sigma e non comporta alcuna differenza nella connettività degli atomi o nella geometria dei legami. Due o più strutture classificate come isomeri conformazionali, o conformatori, sono in realtà solo due molecole esattamente uguali che differiscono solo nella rotazione di uno o più legami sigma.
=== Conformazioni dell'etano ===
Sebbene ci siano sette legami sigma nell'etano molecola, la rotazione attorno ai sei legami carbonio-idrogeno non determina alcun cambiamento nella forma della molecola poiché gli atomi di idrogeno sono essenzialmente sferici. La rotazione attorno al legame carbonio-carbonio, tuttavia, determina molte diverse possibili configurazioni molecolari.
[[File:Ethane_conformations_-_eclipsed%25_2C_staggered.svg|centro|miniatura|367x367px|Ethane conformations - eclipsed% 2C staggered]]
Per visualizzare meglio queste diverse conformazioni, è conveniente utilizzare una convenzione di disegno chiamata Proiezione di Newman. In una Proiezione di Newman, osserviamo longitudinalmente un legame specifico di interesse – in questo caso, il legame carbonio-carbonio nell'etano. Rappresentiamo l'atomo "anteriore" come un punto e quello "posteriore" come un cerchio più grande.
[[File:Ethane_in_eclipsed_conformation2C_translated_into_Newman_projection.svg|centro|miniatura|366x366px|Ethane in eclipsed conformation2C translated into Newman projection]]
I sei legami carbonio-idrogeno sono rappresentati da linee continue che sporgono dai due atomi di carbonio formando angoli di 120°, che è l'aspetto reale della geometria tetraedrica quando viene osservata da questa prospettiva e appiattita in due dimensioni.
La conformazione a più bassa energia dell'etano, mostrata nella figura sopra, è chiamata conformazione "sfalsata". Nella conformazione sfalsata, tutti i legami CH sul carbonio anteriore sono posizionati a un angolo di 60° rispetto ai legami CH sul carbonio posteriore. Questo angolo tra un legame sigma sul carbonio anteriore e un legame sigma sul carbonio posteriore è chiamato angolo diedro. In questa conformazione, la distanza tra i legami (e gli elettroni in essi contenuti) è massimizzata. Massimizzare la distanza tra gli elettroni diminuisce la repulsione elettrostatica tra gli elettroni e si traduce in una struttura più stabile. Se ora ruotiamo il gruppo CH 3 anteriore di 60° in senso orario, la molecola si trova nella conformazione 'eclissata' ad altissima energia, e gli idrogeni sul carbonio anteriore sono il più vicino possibile agli idrogeni sul carbonio posteriore.
[[File:Ethane_in_staggered_conformation2C_translated_into_Newman_projection.svg|centro|miniatura|366x366px|Ethane in staggered conformation2C translated into Newman projection]]
Questa è la conformazione a più alta energia a causa della sfavorevole repulsione elettrostatica tra gli elettroni nei legami CH anteriori e posteriori. L'energia della conformazione eclissata è circa 3 kcal/mol (12 kJ/mol) superiore a quello del conformazione sfalsata. Lo sforzo torsionale (o tensione eclissante) è il nome dato alla differenza di energia causata dall'aumentata repulsione elettrostatica dei legami eclissanti. Un'altra rotazione di 60° restituisce alla molecola una seconda conformazione sfalsata. Questo processo può essere continuato lungo tutto il cerchio di 360°, con tre possibili conformazioni eclissate e tre conformazioni sfalsate, oltre a un numero infinito di variazioni intermedie. Ci concentreremo sulle variazioni sfalsate ed eclissate poiché sono, rispettivamente, i conformatori con l'energia più bassa e quella più alta.
=== Rotazioni libere (senza ostacoli) non esistono nell'etano ===
Il legame carbonio-carbonio non è ''completamente'' libero di ruotare – 3 kcal/mol sforzo torsionale nell'etano crea una barriera alla rotazione che deve essere superata affinché il legame ruoti da una conformazione sfalsata all'altro. Questa barriera rotazionale non è abbastanza grande da impedire la rotazione se non a temperature estremamente basse. Quindi, a temperature normali, il legame carbonio-carbonio ruota costantemente. Tuttavia, in qualsiasi momento è più probabile che la molecola sia in una conformazione sfalsata - una delle "valli energetiche" rotazionali - più grande di qualsiasi altro conformatore. L'energia potenziale associata alle varie conformazioni dell'etano varia con l'angolo diedrale dei legami, come mostrato nell'immagine.
[[File:Ethdihed.gif|centro|miniatura|Ethdihed]]Sebbene i conformatori di etano sono in rapido equilibrio tra loro, la differenza di energia di 3 kcal/mol porta ad una sostanziale preponderanza di conformatori sfalsati (> 99,9%) in qualsiasi momento. L'animazione seguente illustra la relazione tra l'energia potenziale dell'etano e il suo angolo diedro.
[[File:Animazione_dell'energia_potenziale_rispetto_all'angolo_diedro_in_etano.gif|centro|miniatura|294x294px|Animazione dell'energia potenziale rispetto all'angolo diedro in etano]]
== Benzina – Uno Sguardo Più Approfondito ==
===== Obiettivi =====
* descrivere la natura generale dei giacimenti petroliferi e riconoscere perché il petrolio è una fonte così importante di composti organici.
* spiegare, in termini generali, i processi coinvolti nella raffinazione del petrolio.
* definire il numero di ottano di un carburante e collegare il numero di ottano alla struttura chimica.
===== Termini Chiave =====
* cracking catalitico
* reforming catalitico
* distillazione frazionata
* numero di ottano (grado di ottano)
===== Note di Studio =====
La raffinazione del petrolio in frazioni utilizzabili è un processo industriale di grande importanza. Nella parte laboratoristica di questo corso, avrai l’opportunità di confrontare questo processo industriale con la procedura di distillazione così come viene eseguita nel laboratorio studentesco.
=== Petrolio ===
Il petrolio estratto dal sottosuolo è una miscela complessa di '''diverse migliaia di composti organici''', che includono '''alcani a catena lineare''', '''cicloalcani''', '''alcheni''' e '''idrocarburi aromatici''' con un numero di atomi di carbonio che varia da quattro a diverse centinaia. L’identità e l’abbondanza relativa dei componenti variano in base alla fonte: il greggio texano è leggermente diverso dal greggio saudita. In effetti, l’analisi del petrolio proveniente da diversi giacimenti può produrre un vero e proprio '''“impronta digitale”''', utile per rintracciare l’origine di versamenti di greggio.
Ad esempio, il greggio del Texas è detto '''“dolce”''', il che significa che contiene una '''piccola quantità di molecole contenenti zolfo''', mentre il greggio dell’Arabia Saudita è detto '''“amaro”''', poiché contiene una '''quantità relativamente elevata di molecole contenenti zolfo'''.
=== Benzina ===
Il petrolio viene trasformato in prodotti utili, come la benzina, attraverso '''tre fasi''': '''distillazione''', '''cracking''' e '''reforming'''.
La '''distillazione''' separa i composti in base alla loro '''volatilità relativa''', che solitamente è '''inversamente proporzionale ai loro punti di ebollizione'''.
La '''parte (a)''' della figura mostra un disegno a sezione trasversale di una '''colonna utilizzata nell'industria petrolifera''' per separare i componenti del petrolio greggio.
Il petrolio viene riscaldato a circa '''400°C (750°F)''' e diventa una '''miscela di liquido e vapore'''.
Questa miscela, chiamata '''feedstock''' (''carica d'alimentazione''), viene introdotta nella '''torre di raffinazione'''.
I componenti '''più volatili''' (quelli con i '''punti di ebollizione più bassi''') condensano nella '''parte superiore''' della colonna, dove la temperatura è più bassa, mentre i componenti '''meno volatili''' condensano '''più in basso'''.
Alcuni materiali sono così '''poco volatili''' che si '''raccoglono sul fondo''' della colonna senza evaporare affatto.
Di conseguenza, la '''composizione del liquido che condensa a ciascun livello''' della colonna è diversa.
Queste '''diverse frazioni''', ognuna delle quali è solitamente una miscela di composti con '''un numero simile di atomi di carbonio''', vengono '''estratte separatamente'''.
La '''parte (b)''' della figura mostra le '''frazioni tipiche''' raccolte nelle raffinerie, il '''numero di atomi di carbonio''' che contengono, i loro '''punti di ebollizione''' e i loro '''usi finali'''.
Questi prodotti variano da '''gas''' utilizzati nel gas naturale e nelle bombole, a '''liquidi''' impiegati come carburanti e lubrificanti, fino a '''solidi appiccicosi''' utilizzati come '''catrame''' per strade e tetti.
[[File:The Burning of Gasoline in an Internal Combustion Engine.jpg|centro|senza_cornice|494x494px]]
L'economia della raffinazione del petrolio è complessa. Ad esempio, la domanda di mercato per il cherosene e i lubrificanti è molto più bassa rispetto a quella per la benzina, eppure tutte e tre le frazioni si ottengono dalla colonna di distillazione in quantità comparabili.
Inoltre, la maggior parte delle benzine e dei carburanti per jet sono miscele con composizioni '''molto attentamente controllate''' che non possono variare come invece accadeva per le materie prime originali.
Per rendere la raffinazione del petrolio più redditizia, le frazioni meno volatili e di minor valore vengono convertite in miscele più volatili e di maggior valore, con formule controllate con cura.
Il primo processo utilizzato per realizzare questa trasformazione è il '''cracking''', in cui gli idrocarburi più grandi e pesanti presenti nel cherosene e nelle frazioni con punti di ebollizione più alti vengono riscaldati fino a temperature che possono arrivare a '''900°C'''.
Le reazioni ad alta temperatura provocano la rottura dei legami carbonio-carbonio, trasformando i composti in molecole più leggere simili a quelle della frazione della benzina.
Quindi, nel cracking, un alcano a catena lineare con un numero di atomi di carbonio corrispondente alla frazione del cherosene viene convertito in una miscela di idrocarburi con un numero di atomi di carbonio corrispondente alla frazione più leggera della benzina.
Il secondo processo utilizzato per aumentare la quantità di prodotti di valore si chiama '''reforming'''; si tratta della conversione chimica degli alcani a catena lineare in alcani ramificati o in miscele di idrocarburi aromatici.
L’uso di metalli come il platino favorisce le reazioni chimiche necessarie.
Le miscele di prodotti ottenute dal cracking e dal reforming vengono poi separate tramite distillazione frazionata.
=== Grado di Ottano ===
La qualità di un carburante è indicata dal suo '''grado di ottano''', che misura la sua capacità di bruciare in un motore a combustione senza causare battiti o "pinging".
I battiti in testa e il pinging segnalano una combustione prematura, che può essere causata sia da un malfunzionamento del motore sia da un carburante che brucia troppo velocemente.
In entrambi i casi, la miscela di benzina e aria esplode nel momento sbagliato del ciclo del motore, riducendo la potenza erogata e danneggiando valvole, pistoni, cuscinetti e altri componenti del motore.
Le diverse formulazioni di benzina sono progettate per fornire la miscela di idrocarburi meno suscettibile a causare battiti in testa o pinging in un determinato tipo di motore che opera a un livello specifico
[[File:The Distillation of Petroleum.jpg|centro|senza_cornice|464x464px]]
La scala di ottano è stata stabilita nel 1927 utilizzando un motore di prova standard e due composti puri: '''n-eptano''' e '''isoottano''' (2,2,4-trimetilpentano).
L’'''n-eptano''', che provoca un forte battito in testa durante la combustione, è stato assegnato a un valore di '''0''' sulla scala di ottano, mentre l’'''isoottano''', un carburante che brucia molto regolarmente, è stato assegnato a un valore di '''100'''.
I chimici assegnano i valori di ottano alle diverse miscele di benzina facendo bruciare un campione di ciascuna in un motore di prova e confrontando il battito in testa osservato con quello prodotto da miscele specifiche di n-eptano e isoottano.
Ad esempio, il valore di ottano di una miscela composta dal '''89% di isoottano''' e dall’'''11% di n-eptano''' è semplicemente la media dei valori di ottano dei singoli componenti, ponderata in base alle quantità relative di ciascuno nella miscela.
Convertendo le percentuali in decimali, otteniamo il valore di ottano della miscela: 0,89×100+0,11×0 = 89
Come mostrato nella '''tabella''', molti composti attualmente disponibili hanno valori di ottano superiori a 100, il che significa che sono carburanti migliori del puro isoottano.
Inoltre, sono stati sviluppati '''agenti antidetonanti''', chiamati anche '''potenziatori di ottano'''.
Uno dei più usati per molti anni è stato il '''tetraetile di piombo''' , che con una concentrazione di circa 3 g/gal conferisce un aumento del valore di ottano di 10–15 punti.
Dal 1975, tuttavia, i composti di piombo sono stati eliminati come additivi nella benzina perché altamente tossici.
Altri potenziatori, come il '''metil-terbutil etere''' (MTBE), sono stati sviluppati per sostituirli.
Essi combinano un alto valore di ottano con una minima corrosione delle parti del motore e del sistema di alimentazione.
Sfortunatamente, quando la benzina contenente MTBE fuoriesce da serbatoi di stoccaggio sotterranei, ciò ha causato contaminazioni delle falde acquifere in alcune località, portando a limitazioni o divieti assoluti sull’uso di MTBE in certe aree.
Di conseguenza, è in aumento l’uso di potenziatori di ottano alternativi come l’'''etanolo''', che può essere ottenuto da risorse rinnovabili come mais, canna da zucchero e, in futuro, anche dai gambi di mais e dalle erbe.
{| class="wikitable"
|+
!Nome
!Formula Strutturale Condensata
!Valore di Ottano
!Nome
!Formula Strutturale Condensata
!Valore di Ottano
|-
|n-eptano
|CH3CH2CH2CH2CH2CH2CH3
|0
|o-xilene
|struttura scheletrica di o-xilene.cdxml
|107
|-
|n-esano
|CH3CH2CH2CH2CH2CH3
|25
|etanolo
|CH3CH2OH
|108
|-
|n-pentano
|CH3CH2CH2CH2CH3
|62
|alcol t-butile
|(CH3)3COH
|113
|-
|isoottano
|(CH3)3CCH2CH(CH3)2
|100
|p-xilene
|[[File:Skeletal structure of p-xylene.svg|centro|senza_cornice|140x140px]]
|116
|-
|benzene
|[[File:Skeletal structure of benzene.svg|centro|senza_cornice|61x61px]]
|106
|metil-terbutil etere
|H3COC(CH3)3
|116
|-
|metanolo
|CH3OH
|107
|toluene
|[[File:Skeletal structure of toluene.svg|centro|senza_cornice|119x119px]]
|118
|}
izeutigfu77fmedxd9fvigpal7wcfhf
Chimica organica per il liceo/Reazioni del benzene
0
57492
477701
477435
2025-06-10T21:54:24Z
Cavarzanb
52523
/* 16.10: Riduzione dei composti aromatici */
477701
wikitext
text/x-wiki
== 16 Chimica del benzene - Sostituzione elettrofila aromatica ==
Una volta completato il capitolo 16, dovresti essere in grado di
# soddisfare tutti gli obiettivi dettagliati elencati in ciascuna sezione.
# risolvere problemi di roadmap che richiedono la comprensione della chimica trattata in questo capitolo e in quelli precedenti.
# progettare sintesi in più stadi utilizzando le reazioni discusse in questo e nei capitoli precedenti. In particolare, dovreste essere pronti a mostrare come si potrebbe sintetizzare un composto aromatico contenente due o più sostituenti, facendo attenzione a introdurre i sostituenti nell'anello nell'ordine corretto.
# definire e utilizzare nel contesto i termini chiave introdotti.
Nel capitolo precedente, abbiamo studiato il concetto di aromaticità e dedicato molto tempo agli aspetti teorici della chimica dei composti aromatici. In questo capitolo, inizieremo a studiare le reazioni chimiche dei composti aromatici, concentrandoci in particolare sulla sostituzione elettrofila aromatica e, in misura minore, sulla sostituzione nucleofila aromatica. Discuteremo, in dettaglio, il meccanismo della sostituzione elettrofila, prestando particolare attenzione ai fattori che determinano sia la velocità che la posizione della sostituzione in quei composti aromatici che presentano già uno o più sostituenti presenti nell'anello aromatico. Quando discuteremo della sostituzione nucleofila aromatica, vedrete che può essere ottenuta attraverso due meccanismi diversi, uno dei quali prevede la formazione di un intermedio dall'aspetto insolito, il benzene.
Vedremo anche come gruppi alchilici e acilici possono essere introdotti su un anello aromatico; come, una volta introdotti, i gruppi alchilici possono essere convertiti in gruppi carbossilici; e come il bromo può essere introdotto nella catena laterale alchilica dell'alchilbenzene. Quest'ultima reazione è particolarmente utile perché il bromuro benzilico così prodotto subisce le stesse reazioni di un tipico bromuro alchilico, fornendoci così una via sintetica per un'ampia varietà di composti.
== 16.0 Introduzione ==
Capire che la '''sostituzione elettrofila aromatica''' è la reazione più importante dei composti aromatici, in particolare del '''benzene'''.
Termini chiave:
* '''acilazione'''
* '''alchilazione'''
* '''sostituzione elettrofila'''
* '''alogazione'''
* '''idrossilazione'''
* '''nitrazione'''
* '''solfonazione'''
Contenuto
Il '''benzene''' è molto stabile grazie ai '''sei elettroni π delocalizzati''', che seguono la '''regola di Hückel'''. Per questo motivo non subisce reazioni di '''addizione''', ma preferisce mantenere l’anello aromatico tramite '''reazioni di sostituzione elettrofila aromatica''' (EAS).
Le sei principali '''reazioni di sostituzione elettrofila''' del benzene sono:
{| class="wikitable"
!Tipo di reazione
!Reagenti principali
!Catalizzatore
!Elettrofilo attivo
!Prodotto
|-
|'''Alogenazione'''
|Cl₂ o Br₂
|FeCl₃ o FeBr₃
|Cl⁺ o Br⁺
|Alo-benzene (es. C₆H₅Cl)
|-
|'''Nitrazione'''
|HNO₃
|H₂SO₄
|NO₂⁺
|Nitrobenzene (C₆H₅NO₂)
|-
|'''Solfonazione'''
|H₂SO₄ + SO₃
|—
|SO₃H⁺
|Acido benzensolfonico
|-
|'''Alchilazione'''
|R–Cl
|AlCl₃
|R⁺
|Arene (C₆H₅–R)
|-
|'''Acilazione'''
|RCOCl
|AlCl₃
|RCO⁺
|Chetoni arilici (C₆H₅COR)
|-
|'''Idrossilazione'''
|Reazione meno comune
|—
|—
|Fenolo (C₆H₅OH)
|}
Nota
È utile riconoscere le somiglianze tra queste reazioni, poiché tutte seguono meccanismi simili e permettono di '''conservare l'aromaticità''' del benzene.
[[File:Il benzene può subire una sostituzione elettrofila aromatica perché l'aromaticità viene mantenuta.png|chimica organica|centro|senza_cornice]]
[[File:Il benzene non subisce addizioni come altri idrocarburi insaturi.png|chimica organica|centro|senza_cornice]]
[[File:Idrossilazione.png|chimica organica|centro|senza_cornice]]
== 16.1 Reazioni di sostituzione aromatica elettrofila - Bromurazione ==
Obiettivi
Dopo lo studio di questa sezione, dovresti essere in grado di:
[[File:Bnzsub1.gif|destra|senza_cornice]]
* descrivere il '''meccanismo''' della reazione tra '''bromo''' e '''benzene''' con un catalizzatore;
* disegnare i '''contributori di risonanza''' del '''carbocatione intermedio''';
* confrontare la reazione tra '''bromo e benzene''' con quella tra '''bromo e un alchene''';
* rappresentare un '''diagramma energetico''' per la bromurazione del benzene;
* identificare i '''reagenti''' necessari per la '''bromurazione aromatica''';
* scrivere l’'''equazione''' della bromurazione.
Contenuto
[[File:Bnzsub2.gif|destra|senza_cornice]]
La '''bromurazione del benzene''' è un esempio di '''sostituzione elettrofila aromatica''', un processo in cui un '''elettrofilo''' attacca il '''benzene''', sostituendo un atomo di idrogeno. Tuttavia, '''gli alogeni''' da soli non sono elettrofili abbastanza forti da rompere l’aromaticità del benzene; perciò serve un '''catalizzatore''', come '''FeBr₃''', per attivare il '''Br₂'''.
Fasi del meccanismo:
Fase preliminare: Formazione dell’elettrofilo attivo
[[File:Bnzsub3.gif|destra|senza_cornice]]
[[File:Enrdiag3.gif|destra|senza_cornice]]
Il '''FeBr₃''' si lega al '''Br₂''', polarizzando la molecola e generando un '''catione bromo''' ('''Br⁺''') fortemente elettrofilo, capace di attaccare il benzene.
Fase 1: Attacco dell’elettrofilo
[[File:Bnzsub4.gif|destra|senza_cornice]]
[[File:Enrdiag4.gif|destra|senza_cornice]]
* Il benzene reagisce con '''Br⁺''', formando un '''legame sigma''' con un atomo di carbonio dell’anello.
* Si forma un '''intermedio carbocationico''' detto '''ione benzenonio''' o '''ione arenio''', stabilizzato per '''risonanza''' ma non aromatico → '''alta energia di attivazione'''.
Fase 2: Perdita del protone
* Una base (es. '''Br⁻''' o il complesso con FeBr₃) rimuove un '''protone''' dall'atomo di carbonio sp³.
* Gli '''elettroni''' ritornano nell’anello, ristabilendo l’'''aromaticità''' e formando '''bromobenzene'''. → Questo passaggio è '''rapido''' e a '''bassa energia di attivazione'''.
Confronto con altre reazioni carbocationiche
Il '''meccanismo''' della '''sostituzione elettrofila aromatica''' è simile a quello delle reazioni '''Sₙ1''', '''E1''' e delle '''addizioni acide agli alcheni'''. Tuttavia, l’'''intermedio arenio''' è stabilizzato dalla '''risonanza''' e '''non subisce riarrangiamenti'''.
'''Vie possibili per un carbocatione intermedio:'''
# Addizione di un '''nucleofilo''' (es. Sₙ1);
# Perdita di un '''protone''' → doppio legame (es. E1);
# '''Riarrangiamento''' in un carbocatione più stabile.
Nel caso della '''sostituzione elettrofila aromatica''', prevale la '''modalità 2''': '''perdita di un protone''', perché l’obiettivo è '''ristabilire l’aromaticità'''.
Esercizi suggeriti:
# Identificare i reagenti per ottenere '''clorobenzene''' da benzene.
# Prevedere il prodotto della reazione tra '''benzene e I₂'''.
# Determinare il prodotto tra '''benzene, Br₂ e FeBr₃'''.
# Disegnare la formazione di '''Cl⁺ da AlCl₃ e Cl₂'''.
# Mostrare il '''meccanismo''' tra '''Cl⁺ e benzene'''.
== 16.2: Altre sostituzioni aromatiche ==
[[File:16-2a.png|thumb]]
Obiettivi principali
Alla fine dello studio dovresti saper:
* Scrivere equazioni bilanciate per le reazioni di '''alogenazione''', '''nitrazione''', '''solfonazione''' e '''riduzione''' di un nitrocomposto aromatico.[[File:16-2c.png|thumb]]
*Descrivere i '''meccanismi dettagliati''' di nitrazione e solfonazione.
* Riconoscere la '''reversibilità''' della solfonazione e le sue applicazioni industriali.
*Disegnare i '''contributori di risonanza''' del carbocatione intermedio.[[File:16-2d.png|thumb]]
* Conoscere l''''uso industriale''' degli acidi solfonici aromatici e dei derivati nitro.
[[File:16-2b.png|thumb]]
Alogenazione del benzene
[[File:Chimica_organica5.jpg|miniatura]]
* '''Tipo di reazione''': sostituzione elettrofila aromatica (SEAr).
* '''Cl e Br''' reagiscono con benzene solo in presenza di catalizzatori acidi di Lewis (AlCl₃, FeCl₃, AlBr₃...).
* '''Meccanismo''':
** Il catalizzatore '''attiva l'alogeno''' polarizzando il legame (es. Br-Br).
** Il benzene attacca l’alogeno attivato → formazione di '''carbocatione aromatico intermedio''' (con risonanza).
** Il catalizzatore recupera un protone, rigenerando l’aromaticità.[[File:Chimica organica4.jpg|thumb]]
* '''Fluoro''': troppo reattivo → si usa F-TEDA-BF₄.
* '''Iodio''': troppo poco reattivo → si usa CuCl₂ per attivare I₂.
[[File:Chimica organica3.jpg|thumb]]
[[File:Chimica organica2.jpg|thumb]]Nitrazione del benzene
* '''Elettrofilo''': ione nitronio \ceNO2+, generato da \ceHNO3+H2SO4.
* '''Meccanismo''':
** Acido solforico protona l’acido nitrico → perdita di acqua → formazione di \ceNO2+.
** Benzene attacca \ceNO2+, formando un intermedio carbocationico (mostrato con 3 forme di risonanza).
** L’intermedio perde un protone → si riforma il benzene.
* '''Prodotto''': '''nitrobenzene''', usato per ottenere aniline tramite '''riduzione'''.
Solfonazione del benzene
* Reazione '''reversibile'''.
* '''Elettrofilo''': anidride solforica (\ceSO3) attivata da '''acido solforico fumante''' (oleum).
* '''Meccanismo''':
** Il benzene attacca lo zolfo elettrofilo della \ceSO3 → intermedio carbocationico.
** Successiva deprotonazione → '''acido benzensolfonico'''.
* '''Desolfonazione''': con calore e acqua in presenza di \ceH2SO4, si rigenera il benzene.
Applicazioni industriali
* '''Nitrazione''': il gruppo nitro può essere '''ridotto''' ad ammina (es. anilina) o usato come '''gruppo orientante'''.
* '''Solfonazione''': il gruppo solfonico è utile come '''gruppo bloccante reversibile'''; inoltre è usato per sintetizzare '''detersivi, coloranti e farmaci (sulfamidici)'''.
Note importanti
* Il '''gruppo nitro''' è un '''disattivante''' dell'anello aromatico.
* Il '''gruppo solfonico''' può essere rimosso facilmente, rendendolo utile in sintesi multi-step.
* L'energia della reazione di alogenazione decresce lungo il gruppo degli alogeni (F > Cl > Br > I).
Esercizi suggeriti
* Scrivere reagenti e prodotti di nitrazione e solfonazione.
* Spiegare l'importanza dell'acido solforico nella nitrazione.
* Disegnare il '''meccanismo completo''' della solfonazione.
* Contare i possibili isomeri nella bromurazione degli isomeri dello xilene.
* Spiegare la sostituzione totale degli H del toluene con D trattandolo con \ceD2SO4.
== 16.3: Alchilazione e acilazione degli anelli aromatici - La reazione di Friedel-Crafts ==
=== Reazione di Friedel-Crafts – Acilazione ===
[[File:Friedelcraftsalkylation1.png|thumb|chimica organica]]
==== Obiettivo: ====
Obiettivo:
Sostituire un H su un anello aromatico con un '''gruppo alchilico (R−)'''.
Reagenti:
* '''Alogenuri alchilici''' (es. R–Cl)
* '''Catalizzatore acido di Lewis''' (es. AlCl₃)
Meccanismo:
# '''Formazione del carbocatione''': R–Cl + AlCl₃ → R⁺ + AlCl₄⁻
[[File:Mechpart1 (1).png|thumb|chimica organica]]
# '''Attacco dell'anello aromatico''' sul R⁺ (carbocatione).
[[File:Mechpart2a.png|thumb|chimica organica]]
# '''Perdita di un protone (H⁺)''' → ripristino dell'aromaticità.
[[File:Ch 18 sect 5 final products.png|thumb|chimica organica]]
Limitazioni:
# '''Polialchilazione''': il primo gruppo alchilico attiva l’anello, favorendo ulteriori reazioni.
[[File:Some limitations of Friedel-Crafts Alkylation.png|thumb|chimica organica]]
# '''Riarrangiamenti del carbocatione''': gruppi più stabili possono migrare.
[[File:No reaction.png|thumb|chimica organica]]
# '''Substrati disattivati''' (es. nitrobenzene, anilina) '''non reagiscono'''.
[[File:The positive charge.png|thumb|chimica organica]]
# '''Alogenuri vinilici e arilici non reagiscono''' (non formano carbocationi stabili).
[[File:Activated ring 2.png|thumb|chimica organica]]
Sostituire un H su un anello aromatico con un '''gruppo acile (R–CO–)'''.
[[File:Dectivated ring.png|thumb|chimica organica]]
Reagenti:
* '''Cloruri acilici''' (es. R–CO–Cl)
* '''Catalizzatore acido di Lewis''' (es. AlCl₃)
Meccanismo:
[[File:Friedel-Crafts Acylation Model (3).jpg|thumb|chimica organica]]
[[File:Friedel-Crafts Part 1 (1).jpg|thumb|chimica organica]]
[[File:Friedel-Crafts Part 2 (1).jpg|thumb|chimica organica]]
[[File:Friedel-Crafts Part 3 (2).jpg|thumb|chimica organica]]
[[File:Friedel-Crafts Part 4 (2).jpg|thumb|chimica organica]]
[[File:Friedel-Crafts Part 5 (1).jpg|thumb|chimica organica]]
# '''Formazione dello ione acilio''': R–CO–Cl + AlCl₃ → R–C⁺≡O + AlCl₄⁻
# '''Attacco dell'anello aromatico''' sullo ione acilio.
# '''Perdita di H⁺''' → ripristino aromaticità.
# '''Idrolisi finale''' per liberare il chetone e rigenerare AlCl₃.
Vantaggi rispetto all’alchilazione:
* '''Niente riarrangiamenti''' (lo ione acilio è stabile per risonanza).
* '''Niente poliacilazione''' (il gruppo acile è disattivante).
Concetti chiave da ricordare:
* '''Carbocationi''': instabili → possibili riarrangiamenti.
* '''Gruppi attivanti''' (es. –CH₃, –OH): facilitano la SEAr.
* '''Gruppi disattivanti''' (es. –NO₂, –NH₂): inibiscono la SEAr.
* '''Acili vs Alchili''': gli acili disattivano l’anello, evitando reazioni multiple.
'''Domanda''': Quale dei seguenti alogenuri alchilici NON subisce riarrangiamento?
* A) Clorometano
* B) 2-Cloropentano
* C) 1-Cloropropano
* D) 1-Cloro-2,2-dimetilpropano
* E) Clorociclopentano
'''Risposta corretta''': '''A) Clorometano'''
(Metano → carbocatione primario → non può riarrangiarsi, anche se è instabile.)
== 16.4: Effetti sostituenti negli anelli aromatici sostituiti ==
Obiettivi principali
Dopo aver studiato questa sezione, dovresti saper:
* Descrivere come un sostituente influenza la reattività e la posizione della sostituzione in un composto aromatico.
* Classificare i sostituenti come '''attivanti''' o '''disattivanti'''.
* Ordinare i sostituenti secondo la loro capacità di attivare o disattivare l'anello.
* Spiegare gli '''effetti induttivi''' e '''di risonanza'''.
* Prevedere la '''reattività relativa''' di composti aromatici in reazioni di sostituzione elettrofila.
=== Due tipi di effetto dei sostituenti ===
# '''Effetto induttivo''':
#* Dipende dalla '''elettronegatività''' del sostituente.
#* Porta '''ritiro elettronico''' attraverso i legami sigma.
#* Es: −NO₂, −CN, −COOH sono '''disattivanti''' per effetto induttivo.
# '''Effetto di risonanza (coniugazione π)''':
#* Coinvolge '''coppie elettroniche libere''' o '''doppi legami''' coniugati con l’anello.
#* Può '''donare''' o '''ritirare''' elettroni per delocalizzazione.
#* Es: −OH, −NH₂ donano elettroni → '''attivano'''.
#* Es: −CHO, −COOH ritirano elettroni → '''disattivano'''.
Influenza sulla reattività
* '''Sostituenti attivanti''' → aumentano la reattività (es. −OH, −NH₂, −OCH₃).
* '''Sostituenti disattivanti''' → riducono la reattività (es. −NO₂, −COOH, −CN).
* Gli effetti si notano nelle '''posizioni orto e para''' rispetto al sostituente.
Conflitto tra effetto induttivo e risonanza
* Alcuni gruppi, come gli '''alogeni (es. Cl, Br)''', '''ritirano per effetto induttivo''' ma '''donano per risonanza''' → risultato: '''disattivanti''', ma '''ortopara-orientanti'''.
Nota di metodo
* Non è utile memorizzare tutto; meglio '''capire''' i principi base (elettronegatività, presenza di coppie libere, possibilità di risonanza).
Esercizi
# '''Benzaldeide''': mostra un gruppo −CHO che ritira elettroni per risonanza e induttivamente → disattivante.
# '''Metossibenzene (anisolo)''': gruppo −OCH₃ dona elettroni per risonanza → attivante.
== 16.5: Una spiegazione degli effetti sostituenti ==
1. Direzione della sostituzione (Orto, Meta, Para)
* I '''gruppi attivanti''' (donatori di elettroni) '''dirigono in orto e para'''.
* I '''gruppi disattivanti''' (attrattori di elettroni) '''dirigono in meta''', '''tranne gli alogeni''', che pur essendo disattivanti '''dirigono comunque in orto e para'''.
2. Meccanismi ed Effetti
* '''Effetto induttivo''': dovuto all’elettronegatività del sostituente → ritira elettroni attraverso i legami σ.
* '''Effetto di risonanza''': coinvolge la delocalizzazione degli elettroni π (es. gruppi -OH, -NH₂) → può donare elettroni all’anello.
Se il sostituente ha una '''coppia elettronica libera''' su un atomo direttamente legato all’anello (O, N), può '''donare elettroni per risonanza''', stabilizzando l’intermedio della reazione (lo ione arenio).
3. Reattività e stabilità dell’intermedio (carbocatione)
* I gruppi attivanti '''stabilizzano il carbocatione''' formato durante l’attacco elettrofilo → reazione più '''rapida'''.
* I gruppi disattivanti '''destabilizzano''' l’intermedio → reazione '''più lenta'''.
* '''Gli alogeni''' sono un caso particolare: '''disattivano per induzione''' ma '''donano per risonanza''', perciò rallentano la reazione ma mantengono la direzione orto/para.
4. Effetto sterico
* Più è grande il sostituente (es. da metile a terz-butile), più difficile è l’attacco elettrofilo in '''posizione orto''' → prevale il prodotto '''para'''.
* Anche la '''dimensione dell’elettrofilo''' influisce sull’esito.
Esempio:
{| class="wikitable"
!Substrato
!% orto
!% para
!Rapporto o/p
|-
|Toluene
|58
|37
|1.57:1
|-
|Isopropilbenzene
|30
|62
|0.48:1
|-
|Terz-butilbenzene
|16
|73
|0.22:1
|}5. Classificazione dei sostituenti
'''Attivanti orto/para''':
* Forti: -NH₂, -OH, -OR, -NR₂
* Moderati: -NHCOR
* Deboli: -CH₃, altri alchilici
'''Disattivanti meta''':
* Forti: -NO₂, -CF₃
* Moderati: -CN, -COOH, -CHO, -COR
'''Disattivanti orto/para''':
* Tutti gli '''alogeni''': F > Cl > Br > I (dal meno al più disattivante)
Esempi
* '''Metilbenzene (Toluene)''': il gruppo -CH₃ è un attivante debole → direzione '''orto/para'''.
* '''Anisolo (metossibenzene)''': il gruppo -OCH₃ è un forte donatore per risonanza → direzione '''orto/para''', alta reattività.
Conclusione pratica
Per ogni derivato del benzene, puoi:
# Identificare se il sostituente è '''donatore''' o '''attrattore''' di elettroni.
# Determinare se è un '''attivatore''' o '''disattivatore'''.
# Capire se dirige l'elettrofilo in '''orto/para''' o '''meta'''.
# Prevedere la '''reattività''' relativa e i prodotti principali della reazione.
== 16.6: Benzeni trisostituiti - Additività degli effetti ==
Principi generali
* In un '''benzene disostituito''', l'introduzione di un '''terzo sostituente''' dipende dagli effetti combinati dei due già presenti.
* Ogni sostituente può essere:
** '''Attivante''' o '''disattivante'''
** '''Orto/para-orientante''' (es. –OH, –NH₂, –CH₃) o '''meta-orientante''' (es. –NO₂, –CN, –COOH)
Tipi di interazione tra sostituenti
# '''Cooperativa (rinforzante)''':
#* I due sostituenti orientano il nuovo gruppo nella '''stessa direzione''' o verso '''posizioni compatibili'''.
#* La previsione del prodotto è '''più semplice'''.
#* La '''simmetria''' facilita ulteriormente la previsione.
#* Se due posizioni sono equivalenti, si preferisce quella '''meno ingombrata'''.
# '''Antagonista (non cooperativa)''':
#* I due gruppi orientano verso '''posizioni diverse''', generando conflitto.
#* Richiede '''analisi più approfondita'''.
#* Il sostituente '''più attivante''' o con '''coppie elettroniche libere''' tende a dominare.
#* Anche '''l’ingombro sterico''' gioca un ruolo importante.
#* Alcuni gruppi possono '''cambiare natura''' in ambienti acidi forti (es. –NH₂ → –NH(CH₃)₂⁺, da attivante a disattivante).
Esempi pratici
* Nei casi cooperativi, i prodotti sono facilmente prevedibili in base alla '''somma degli effetti orientanti'''.
* Nei casi antagonisti, si osservano:
** Influenza predominante del gruppo più '''stabilizzante'''
** Possibili deviazioni dalla regola per effetto '''sterico o elettronico'''
Conclusione
* La '''posizione del terzo sostituente''' in un benzene disostituito si prevede considerando:
** Tipo di sostituenti presenti
** Loro orientamento
** Simmetria e ingombro molecolare
** Condizioni della reazione (es. ambiente acido)
== 16.7: Sostituzione nucleofila aromatica ==
Dopo aver completato questa sezione, dovresti essere in grado di:
# identificare le condizioni necessarie affinché un alogenuro arilico subisca una sostituzione nucleofila aromatica e fornire un esempio di tale reazione.
# scrivere il dettagliato meccanismo per una reazione di sostituzione nucleofila aromatica.
# confrontare il meccanismo di una reazione di sostituzione aromatica nucleofila e dei meccanismi S N 1 e S N 2 discussi in precedenza.
# identificare il prodotto formato quando un dato nucleofilo reagisce con un dato alogenuro arilico in una reazione di sostituzione nucleofila aromatica.
Assicurati di saper definire e utilizzare nel contesto i termini chiave riportati di seguito:
* complesso di Meisenheimer
* sostituzione nucleofila aromatica
Una ''reazione di sostituzione nucleofila aromatica'' è una reazione in cui uno dei sostituenti in un anello aromatico viene sostituito da un nucleofilo.
Un ''complesso di Meisenheimer'' è un intermedio con carica negativa formato dall'attacco di un nucleofilo su uno degli atomi di carbonio dell'anello aromatico durante una reazione di sostituzione nucleofila aromatica. Un tipico complesso di Meisenheimer è mostrato nello schema di reazione seguente. Si noti come questo particolare complesso possa essere formato a partire da due diversi materiali di partenza, utilizzando in entrambi i casi un nucleofilo diverso.
[[File:La formazione di un tipico Complesso di Meisenheimer.png|centro|miniatura|La formazione di un tipico complesso di Meseinheimer]]
=== Reazioni di spostamento aromatico nucleofilo degli alogenuri arilici ===
I legami carbonio-alogeno degli alogenuri arilici sono simili a quelli degli alogenuri alchenilici, essendo molto più forti di quelli degli alogenuri alchilici. Gli alogenuri arilici semplici sono generalmente resistenti all'attacco dei nucleofili nelle reazioni S<small>2</small>N<small>2</small> o S<small>2</small>N<small>2</small>. Tuttavia, questa bassa reattività può essere drasticamente modificata da cambiamenti nelle condizioni di reazione e nella struttura dell'alogenuro arilico. Infatti, lo spostamento nucleofilo diventa piuttosto rapido.
# quando l'alogenuro arilico viene attivato mediante sostituzione con gruppi fortemente attrattivi per gli elettroni come NO<small>2</small>, e
# quando vengono utilizzati reagenti nucleofili fortemente basici.
=== Meccanismo di addizione-eliminazione della sostituzione nucleofila degli alogenuri arilici ===
Sebbene gli alogenuri arilici semplici siano inerti agli usuali reagenti nucleofili, una notevole attivazione è prodotta da sostituenti fortemente elettron-attrattori, a condizione che questi si trovino in posizione orto o para, o in entrambe. Ad esempio, lo spostamento dello ione cloruro dall'1-cloro-2,4-dinitrobenzene da parte della dimetilammina avviene prontamente in soluzione di etanolo a temperatura ambiente. Nelle stesse condizioni il clorobenzene non riesce a reagire completamente; pertanto l'influenza attivante dei due gruppi nitro ammonta a un fattore di almeno 108:
[[File:Meccanismo di addizione-eliminazione della sostituzione nucleofila degli alogenuri arilici.png|centro|miniatura|Meccanismo di addizione-eliminazione della sostituzione nucleofila degli alogenuri arilici]]
Una reazione correlata è quella del 2,4-dinitrofluorobenzene con i gruppi amminici di peptidi e proteine; questa reazione fornisce un mezzo per l'analisi degli aminoacidi N-terminali delle catene polipeptidiche.
In generale, le reazioni degli alogenuri arilici attivati assomigliano molto alle reazioni di sostituzione SN2 degli alogenuri alifatici. Gli stessi reagenti nucleofili sono efficaci (ad esempio, CH3O⊖, HO⊖ e RNH2); le reazioni sono complessivamente del secondo ordine (primo ordine per l'alogenuro e primo ordine per il nucleofilo); per un dato alogenuro, più il reagente di attacco è nucleofilo, più la reazione è veloce. Tuttavia, deve esserci più di una sottile differenza nel meccanismo perché un alogenuro arilico non è in grado di passare attraverso lo stesso tipo di stato di transizione di un alogenuro alchilico negli spostamenti SN2.
Il meccanismo generalmente accettato della sostituzione nucleofila aromatica degli alogenuri arilici con gruppi attivanti prevede due fasi. La prima fase prevede l'attacco del nucleofilo Y:⊖ al carbonio che porta il sostituente alogeno per formare un carbanione intermedio. Il sistema aromatico viene distrutto con la formazione dell'anione e il carbonio nel sito di reazione passa da planare (legami sp2) a tetraedrico (legami sp3).[[File:Prima fase della sostituzione nucleofila aromatica degli alogenuri arilici.png|centro|miniatura|Prima fase della sostituzione nucleofila aromatica degli alogenuri arilici]]
Nel secondo passaggio, la perdita di un anione, X⊖ o Y⊖, rigenera un sistema aromatico e, se X⊖ viene perso, la reazione complessiva è lo spostamento nucleofilo di X da parte di Y.
[[File:Seconda fase della sostituzione nucleofila aromatica degli alogenuri arilici.png|centro|miniatura]]
Nel caso di un reagente nucleofilo neutro, Y o HY, la sequenza di reazione sarebbe la stessa, salvo i necessari aggiustamenti della carica dell'intermedio:
[[File:Reagente nucleofilo neutro.png|centro|miniatura]]
Perché questo percorso di reazione è generalmente sfavorevole per gli alogenuri arilici semplici? La risposta è che l'intermedio ha un'energia troppo elevata per potersi formare in modo pratico. Non solo ha perso la stabilizzazione aromatica dell'anello benzenico, ma la sua formazione comporta il trasferimento di una carica negativa ai carboni dell'anello, che di per sé non sono molto elettronegativi.
Tuttavia, quando sull'anello si trovano gruppi fortemente elettronegativi in posizione orto-para, l'anione intermedio si stabilizza grazie alla delocalizzazione degli elettroni dai carboni dell'anello a posizioni più favorevoli sui gruppi sostituenti. A titolo di esempio, si consideri lo spostamento del bromo da parte del metossido (OCH3) nella reazione di 4-bromonitrobenzene e ione metossido:[[File:Spostamento del bromo da parte del metossido.png|centro|miniatura]]
L'intermedio anionico formato dall'aggiunta dello ione metossido all'alogenuro arilico può essere descritto dalle strutture a legami di valenza 5a-5d. Di queste strutture, la 5d è particolarmente importante perché in essa la carica viene trasferita dai carboni dell'anello all'ossigeno del sostituente nitro:
[[File:Intermedio anionico.png|centro|miniatura]]
I sostituenti in posizione meta hanno un effetto molto minore sulla reattività di un alogenuro arilico perché la delocalizzazione degli elettroni verso il sostituente non è possibile. Non è possibile scrivere formule analoghe a 5c e 5d, in cui le cariche negative sono entrambe su atomi vicini all'azoto positivo.
[[File:Azoto positivo.png|centro|miniatura]]
In alcuni casi sono stati isolati composti stabili che assomigliano all'intermedio di reazione ipotizzato. Un esempio classico è il complesso 7 (isolato da J. Meisenheimer), che è il prodotto della reazione dell'aril etere metilico 6 con l'etossido di potassio o dell'aril etere etilico 8 con il metossido di potassio:
[[File:Etossido di potassio e metossido di potassio.png|centro|miniatura]]
=== Esercizi ===
===== Esercizio =====
Proponi un meccanismo per la seguente reazione:
[[File:Domanda reazione.svg|centro|miniatura]]
; Risposta
; [[File:Risposta reazione.svg|centro|miniatura]]
== 16.8: Benzene ==
Dopo aver completato questa sezione, dovresti essere in grado di
# identificare i reagenti e le condizioni necessarie per produrre fenolo dal clorobenzene su scala industriale.
# scrivere il meccanismo per la conversione di un alogenuro alchilico in un fenolo attraverso un intermedio benzenico.
# discutere le prove sperimentali che supportano l'esistenza di intermedi del benzene.
# discutere il legame nel benzene e quindi spiegare la sua elevata reattività.
Assicurati di saper definire e utilizzare nel contesto i termini chiave riportati di seguito:
* benzene
* meccanismo di eliminazione-addizione
Un meccanismo di eliminazione-addizione comporta l'eliminazione degli elementi di una piccola molecola da un substrato per produrre un intermedio altamente reattivo, che poi subisce una reazione di addizione.
Il meccanismo di eliminazione-addizione della sostituzione nucleofila aromatica coinvolge un intermedio notevole chiamato benzene o arene.
=== Meccanismo di eliminazione-addizione della sostituzione nucleofila aromatica. Arini ===
Le reattività degli alogenuri arilici, come gli alobenzeni, sono estremamente basse nei confronti dei reagenti nucleofili che normalmente effettuano sostituzioni con alogenuri alchilici e alogenuri arilici attivati. Le sostituzioni avvengono in condizioni di forzatura, con temperature elevate o basi molto forti. Ad esempio, il clorobenzene reagisce con una soluzione di idrossido di sodio a temperature intorno ai 340° e questa reazione era un tempo un importante processo commerciale per la produzione di benzenolo (fenolo):
[[File:Reazione di clorobenzene con una soluzione di idrossido di sodio.png|centro|miniatura]]
Inoltre, cloruri arilici, bromuri e ioduri possono essere convertiti in areneammine ArNH<small>2</small> dalle basi coniugate delle ammine. Infatti, la reazione dell'ammide di potassio con il bromobenzene è estremamente rapida, anche a temperature di -33° con ammoniaca liquida come solvente:
[[File:Reazione dell'ammide di potassio con il bromobenzene.png|centro|miniatura]]
Tuttavia, le reazioni di sostituzione di questo tipo differiscono dalle sostituzioni di alogenuri arilici attivati precedentemente discusse in quanto spesso si verifica un riarrangiamento. Cioè, il gruppo entrante non occupa sempre la stessa posizione sull'anello lasciata libera dal sostituente alogeno. Ad esempio, l'idrolisi del 4-clorometilbenzene a 340° dà una miscela equimolare di 3- e 4-metilbenzenoli:
[[File:Idrolisi del 4-clorometilbenzene.png|centro|miniatura]]
Ancora più sorprendente è la formazione esclusiva di 3-metossibenzenammina nell'aminazione del 2-clorometossibenzene. Si noti che questo risultato è una violazione del principio del minimo cambiamento strutturale:
[[File:Formazione di 3-metossibenzenammina nell'amminazione del 2-clorometossibenzene.png|centro|miniatura]]
Il meccanismo di questo tipo di reazione è stato ampiamente studiato e si sono accumulate molte prove a sostegno di un processo graduale, che procede prima con l'eliminazione catalizzata dalla base dell'alogenuro di idrogeno (HX) dall'alogenuro arilico, come illustrato di seguito per l'aminazione del bromobenzene:
''Eliminazione''
[[File:Amminazione del bromobenzene.png|centro|miniatura]]
Il prodotto della reazione di eliminazione è un intermedio altamente reattivo chiamato benzene, o deidrobenzene, che si differenzia dal benzene per avere due idrogeni in meno e un legame in più tra due carboni orto. Il benzene reagisce rapidamente con qualsiasi nucleofilo disponibile, in questo caso il solvente, l'ammoniaca, per dare un prodotto di addizione:
Addizione
[[File:Benzene e ammoniaca.png|centro|miniatura]]
I riarrangiamenti in queste reazioni derivano dall'attacco del nucleofilo a uno o all'altro dei carboni del legame extra nell'intermedio. Nel caso del benzene la simmetria è tale da non rilevare alcun riarrangiamento. Con i benzeni sostituiti si possono ottenere prodotti isomerici. Così il 4-metilbenzina, 10
dalla reazione dello ione idrossido con il 4-cloro-1-metilbenzene dà sia 3- che 4-metilbenzenoli:
[[File:3- e 4-metilbenzenoli.png|centro|miniatura]]
Nelle reazioni benzeniche precedenti, la base che produce il benzene nella fase di eliminazione deriva dal nucleofilo che si aggiunge nella fase di addizione. Non è detto che sia sempre così, a seconda delle condizioni di reazione. Infatti, l'utilità sintetica delle reazioni ariniche dipende in gran parte dal successo con cui l'arina può essere generata da un reagente ma catturata da un altro. Uno di questi metodi sarà discusso nella Sezione 14-10C e coinvolge composti organometallici derivati da alogenuri arilici. Un altro metodo consiste nel generare l'arina mediante decomposizione termica di un composto di arene 1,2disostituite come 11
in cui entrambi i sostituenti sono gruppi uscenti: uno esce con una coppia di elettroni, l'altro esce senza
[[File:GENERAZIONE DELL'ARENE.png|centro|miniatura]]
Quando 11 si decompone in presenza di un nucleofilo aggiunto, l'intermedio benzene viene intrappolato dal nucleofilo mentre si forma. In alternativa, se è presente un diene coniugato, il benzene reagirà con esso mediante una [4 + 2] cicloaddizione. In assenza di altri composti con cui possa reagire, il benzene subirà una [2 + 2] cicloaddizione con se stesso:
[[File:Cicloaddizione.png|centro|miniatura]]
===== Esercizio =====
Quando il p-clorotoluene viene fatto reagire con NaOH, si osservano due prodotti. Quando il m-clorotoluene viene fatto reagire con NaOH, si osservano tre prodotti. Spiegare questo fatto.
; '''Risposta'''
È necessario esaminare gli intermedi benzenici. Il para sostituito consente solo due prodotti, mentre il para produce due alchini diversi che danno tre prodotti diversi.<gallery>
File:P-clorotoluene reagisce con NaOH.svg
File:M-clorotoluenereagisce con NaOH.svg
</gallery>
== 16.9: Ossidazione dei composti aromatici ==
Dopo aver completato questa sezione, dovreste essere in grado di:
# scrivere un'equazione per descrivere l'ossidazione di un alchilbenzene a un acido carbossilico.
# identificare i reagenti necessari per ossidare un dato alchilbenzene a un acido carbossilico.
# identificare il prodotto che si forma dall'ossidazione della catena laterale di un dato alchilbenzene.
# identificare il composto aromatico necessario per produrre un dato acido carbossilico attraverso l'ossidazione della catena laterale.
# scrivere l'equazione per la bromurazione della catena laterale di un alchilbenzene.
# identificare i reagenti e le condizioni necessarie per ottenere la bromurazione della catena laterale di un alchilbenzene.
# identificare il prodotto che si forma quando un dato alchilbenzene subisce la bromurazione della catena laterale.
# identificare l'alchilbenzene necessario per preparare un determinato bromuro benzilico per sostituzione radicale.
# scrivere il meccanismo della sostituzione radicale in posizione benzilica di un alchilbenzene.
# spiegare la stabilità dei radicali benzilici in termini di risonanza e disegnare i collaboratori di risonanza di un dato radicale benzilico.
# spiegare e illustrare con esempi appropriati l'importanza dei bromuri benzilici come intermedi nelle sintesi organiche.
# disporre una data serie di radicali (compresi quelli di tipo benzilico) in ordine di stabilità crescente o decrescente. (Rivedere la sezione 10.3 se necessario).
Assicurati di saper definire e utilizzare nel contesto i termini chiave riportati di seguito:
* ossidazione benzilica
* posizione benzilica
* ossidazione della catena laterale
Come si può vedere dagli esempi, indipendentemente dalla lunghezza del gruppo alchilico nel substrato arenico, il prodotto è sempre un gruppo carbossilico a un carbonio. Pertanto, l'atomo di carbonio benzilico è stato ossidato e il termine ossidazione benzilica è appropriato. Anche il termine ossidazione della catena laterale è comunemente usato.
Negli alchilbenzeni, l'atomo di carbonio collegato all'anello aromatico è particolarmente reattivo. Le reazioni che avvengono su questo atomo di carbonio sono dette in posizione benzilica.
Si consiglia di rivedere la sezione 10.3 per ricordare la bromurazione allilica con N-bromosuccinimmide.
Gli alogenuri benzilici subiscono le reazioni tipiche degli alogenuri alchilici; pertanto, ci si può aspettare di vedere questi composti utilizzati frequentemente nelle sintesi multistep.
Si noti che abbiamo adottato la terminologia riportata di seguito.
Qualsiasi composto del tipo:
[[File:Molecola organica1.png|centro|miniatura]]
(dove X = alogeno) verrà definito “alogenuro benzilico”.
Composti del tipo:
[[File:Molecola organica2.png|centro|miniatura]]
sono in realtà chiamati cloruro di benzile, bromuro di benzile, ecc.
Il composto:
[[File:Molecola organica3.png|centro|miniatura]]
è chiamato alcol benzilico.
=== Ossidazione delle catene laterali alchiliche ===
Gli idrogeni benzilici dei sostituenti alchilici sull'anello benzenico sono attivati verso l'attacco dei radicali liberi, come già detto. Inoltre, le reazioni SN1 SN2 ed E1 degli alogenuri benzilici mostrano una maggiore reattività, dovuta all'anello aromatico adiacente. La possibilità che queste osservazioni riflettano un'attivazione benzilica generale è supportata dalla suscettibilità delle catene laterali alchiliche alla degradazione ossidativa, come mostrato negli esempi seguenti (la catena laterale ossidata è colorata). Tali ossidazioni sono normalmente effettuate da soluzioni acide calde di permanganato, ma per le operazioni industriali su larga scala sono preferibili le ossidazioni catalizzate all'aria. È interessante notare che se la posizione benzilica è completamente sostituita, la degradazione ossidativa non si verifica.
METTERE REAZIONE
Queste equazioni non sono bilanciate. L'ossidante permanganato viene ridotto, di solito a Mn(IV) o Mn(II). Altri due esempi di questa reazione sono riportati di seguito e illustrano la sua utilità nella preparazione di acidi benzoici sostituiti.
[[File:Molecola organica4.png|centro|miniatura]]
=== Bromurazione del carbonio benzilico ===
Il C-H benzilico si lega in modo più debole rispetto alla maggior parte dei C-H ibridati sp3. Questo perché il radicale formato dall'omolisi è stabilizzato per risonanza.
[[File:Molecola organica6.png|centro|miniatura]]
Stabilizzazione di risonanza del radicale benzilico
[[File:Molecola organica8.png|centro|miniatura]]
A causa dei deboli legami C-H, gli idrogeni benzilici possono formare alogenuri benzilici in condizioni radicali.
[[File:Molecola organica9.png|centro|miniatura]]
=== NBS come fonte di bromo ===
L'NBS (N-bromosuccinimmide) è il reagente più comunemente usato per produrre basse concentrazioni di bromo. In sospensione nel tetracloruro (CCl4), l'NBS reagisce con tracce di HBr per produrre una concentrazione di bromo sufficientemente bassa da facilitare la reazione di bromurazione allilica.
[[File:Molecola organica10.jpg|centro|miniatura]]
=== Meccanismo di bromurazione allilica ===
Fase 1: Iniziazione
Una volta che la fase di pre-iniziazione che coinvolge l'NBS produce piccole quantità di Br2, le molecole di bromo vengono scisse omoliticamente dalla luce per produrre radicali di bromo.
[[File:Molecola organica11.jpg|centro|miniatura]]
Fasi 2 e 3: Propagazione
[[File:Molecola organica12.png|centro|miniatura]]
Fase 4: terminazione
[[File:Molecola organica13.png|centro|miniatura]]
== 16.10: Riduzione dei composti aromatici ==
Dopo aver completato questa sezione, dovreste essere in grado di:
# scrivere un'equazione per rappresentare la riduzione di un benzene sostituito a un cicloesano sostituito.
# identificare il catalizzatore e i reagenti utilizzati per ridurre gli anelli aromatici.
# confrontare la facilità di riduzione degli alcheni con la difficoltà di riduzione degli anelli benzenici e mostrare come questa differenza di reattività possa essere utilizzata nella sintesi organica.
# scrivere un'equazione che illustri la riduzione di un chetone aromatico ad un arene.
# spiegare perché l'acilazione di Friedel-Crafts, seguita da riduzione, fornisce una via migliore agli alchilbenzeni primari rispetto all'alchilazione diretta.
# mostrare come un determinato alchilbenzene possa essere preparato da un'acilazione di Friedel-Crafts, seguita da riduzione. Specificare tutti i reagenti, la struttura del chetone intermedio e il materiale di partenza necessario.
L'idrogenazione catalitica degli anelli aromatici richiede condizioni di forzatura (calore elevato e pressione dell'idrogeno).
[[File:L'idrogenazione catalitica.png|centro|miniatura]]
In condizioni più blande è possibile ridurre il doppio legame di un alchene senza ridurre l'anello aromatico.
[[File:Doppio legame di un alchene.png|centro|miniatura]]
Nell'equazione precedente si nota che H2/Pd non riduce il gruppo cheto-carbonilico. Ricordiamo, tuttavia, che H2/Pd riduce un gruppo cheto-carbonilico quando è direttamente collegato a un anello aromatico (vedere le equazioni 4 e 5 alla voce Riduzioni carboniliche).
Questa riduzione del gruppo (C=O) vicino a un anello aromatico è un importante strumento sintetico. Ricordiamo l'alchilazione di Friedel-Crafts della Sezione 16.3. Quando si attaccano gruppi alchilici più grandi all'arene c'è la possibilità di riarrangiamento della struttura del gruppo alchilico.
[[File:Riarrangiamento della struttura del gruppo alchilico.png|centro|miniatura]]
Per generare il composto target (in questo caso l'n-propilbenzene) in modo più controllato, si può semplicemente utilizzare l'equivalente acilazione di Friedel-Crafts e poi ridurre il gruppo cheto-carbonilico vicino all'anello come passo finale.
foto
=== Reazioni di riduzione aromatica ===
Sebbene lo faccia meno prontamente degli alcheni o dei dieni semplici, il benzene aggiunge idrogeno ad alta pressione in presenza di catalizzatori di Pt, Pd o Ni. Il prodotto è il cicloesano e il calore di reazione dimostra la stabilità termodinamica del benzene. Anche gli anelli benzenici sostituiti possono essere ridotti in questo modo e i composti idrossisostituiti, come il fenolo, il catecolo e il resorcinolo, danno prodotti carbonilici derivanti dalla rapida chetonia degli enoli intermedi. A questo scopo vengono spesso utilizzati catalizzatori al nichel, come indicato nelle equazioni seguenti.
[[File:Reazioni di riduzione aromatica.gif|centro|miniatura]]
Il benzene è più suscettibile alle reazioni di addizione radicalica che a quelle di addizione elettrofila. Abbiamo già notato che il benzene non reagisce con il cloro o il bromo in assenza di un catalizzatore e di calore. In presenza di forte luce solare o di iniziatori radicali, il benzene si addiziona a questi alogeni per dare esalocicloesani. Vale la pena di notare che queste stesse condizioni producono la sostituzione radicale del cicloesano; i fattori chiave di questo cambiamento di comportamento sono i legami pi greco del benzene, che permettono l'addizione, e i legami C-H più deboli del cicloesano. L'aggiunta di cloro è mostrata in basso a sinistra; due dei sette meso-stereoisomeri sono mostrati a destra.
foto
=== Riduzione di gruppi nitro e chetoni arilici ===
Le reazioni di nitrazione elettrofila e di acilazione di Friedel-Crafts introducono sostituenti disattivanti e metadiretti su un anello aromatico. Gli atomi attaccati sono in uno stato di ossidazione elevato e la loro riduzione converte queste funzioni che sottraggono elettroni in gruppi amminici e alchilici che donano elettroni. La riduzione si ottiene facilmente per idrogenazione catalitica (H2 + catalizzatore) o con metalli riducenti in acido. Esempi di queste riduzioni sono mostrati qui, l'equazione 6 dimostra la riduzione simultanea di entrambe le funzioni. Si noti che il prodotto butilbenzene nell'equazione 4 non può essere generato dall'alchilazione diretta di Friedel-Crafts a causa del riarrangiamento dei carbocationi. Lo zinco utilizzato nelle riduzioni dei chetoni, come nel caso di 5, viene solitamente attivato mediante lega con il mercurio (un processo noto come amalgama).
[[File:Riduzionedi gruppi nitro e chetoni arilici.png|centro|miniatura]]
Sono noti diversi metodi alternativi per ridurre i gruppi nitro ad ammine. Questi includono zinco o stagno in acido minerale diluito e solfuro di sodio in soluzione di idrossido di ammonio. Le procedure sopra descritte sono sufficienti per la maggior parte dei casi.
=== La riduzione di Betulla ===
Un altro modo per aggiungere idrogeno all'anello benzenico è il trattamento con una soluzione ricca di elettroni di metalli alcalini, solitamente litio o sodio, in ammoniaca liquida. Si vedano gli esempi di questa reazione, chiamata riduzione di Birch. La riduzione di Birch è la riduzione per dissoluzione di metalli degli anelli aromatici in presenza di un alcol.
[[File:La betullaRiduzione.png|centro|miniatura]]
Meccanismo:
[[File:Meccanismo La betullaRiduzione.png|centro|miniatura]]
=== Limitazioni dell'alchilazione di Friedel-Crafts ===
Riarrangiamento dei carbocationi - È possibile produrre solo alcuni alchilbenzeni a causa della tendenza dei cationi a riarrangiarsi.
Limitazioni dei composti - Friedel-Crafts fallisce se utilizzato con composti come il nitrobenzene e altri sistemi fortemente disattivanti.
Polialchilazione - I prodotti di Friedel-Crafts sono ancora più reattivi del materiale di partenza. I gruppi alchilici prodotti nell'alchilazione di Friedel-Crafts sono sostituenti elettron-donatori, il che significa che i prodotti sono più suscettibili all'attacco elettrofilo rispetto al materiale di partenza. Ai fini della sintesi, questa è una grande delusione.
Per ovviare a queste limitazioni, è stata ideata una reazione nuova e migliorata: L'acilazione di Friedel-Crafts, nota anche come alcanoilazione di Friedel-Crafts.
L'obiettivo della reazione è il seguente:
Il primo passo prevede la formazione dello ione acilio che reagirà successivamente con il benzene:
La seconda fase prevede l'attacco dello ione acilio al benzene come nuovo elettrofilo per formare un complesso:
La terza fase prevede l'allontanamento del protone affinché l'aromaticità ritorni al benzene:
Durante il terzo passaggio, AlCl4 torna a rimuovere un protone dall'anello benzenico, che consente all'anello di tornare all'aromaticità. In questo modo, l'AlCl3 originale viene rigenerato per essere nuovamente utilizzato, insieme all'HCl. Soprattutto, abbiamo la prima parte del prodotto finale della reazione, che è un chetone. La prima parte del prodotto è il complesso con il cloruro di alluminio, come mostrato:
La fase finale prevede l'aggiunta di acqua per liberare il prodotto finale come acilbenzene:
Poiché lo ione acilico (come mostrato nel primo passaggio) è stabilizzato dalla risonanza, non si verifica alcun riarrangiamento (Limitazione 1). Inoltre, a causa della disattivazione del prodotto, esso non è più suscettibile all'attacco elettrofilo e quindi non è più suscettibile all'attacco elettrofilo e quindi non va più incontro a ulteriori reazioni (Limitazione 3). Tuttavia, poiché non tutto è perfetto, la limitazione 2 prevale ancora quando l'acilazione di Friedel-Crafts fallisce con anelli fortemente disattivanti.
esercizi
Come si ottiene il seguente risultato dal benzene e da un cloruro acido?
== 16.11: ==
Dopo aver completato questa sezione, dovreste essere in grado di
Progettare una sintesi a più fasi che possa coinvolgere reazioni nella catena laterale alchilica di un alchilbenzene e le reazioni di sostituzione elettrofila discusse in questo capitolo. Dovete prestare particolare attenzione a
eseguire le reazioni nell'ordine corretto
utilizzare i reagenti e le condizioni più appropriate.
i limiti di alcuni tipi di reazioni.
Analizzare una proposta di sintesi a più fasi che coinvolge la sostituzione aromatica per determinarne la fattibilità, evidenziare eventuali errori nella proposta e identificare possibili aree problematiche.
Note sullo studio
Come si può notare, la progettazione di una sintesi multistep richiede una mente analitica e una capacità di pensare in modo logico, oltre alla conoscenza delle reazioni organiche. Il modo migliore per diventare esperti nella progettazione di tali sintesi è quello di fare molta pratica svolgendo numerosi problemi.
La capacità di pianificare una sintesi multi-fase di successo di molecole complesse è uno degli obiettivi dei chimici organici. Ciò richiede una conoscenza pratica degli usi e dei limiti di molte reazioni organiche - non solo quali reazioni usare, ma anche quando. Seguono alcuni esempi:
Dal benzene si ottiene la m-bromoanilina
In questa reazione sono necessarie tre reazioni.
Una nitrazione
una conversione del gruppo nitro in un'ammina
Una bromurazione
Poiché il prodotto finale è meta, è necessario utilizzare un gruppo di direzione meta. Dei gruppi nitro, bromo e ammina, solo il gruppo nitro è metadiretto. Ciò significa che il primo passo deve essere la nitrazione e non la bromurazione. Inoltre, la conversione del gruppo nitro in ammina deve avvenire per ultima, perché il gruppo amminico ha direzione orto/para.
Dal benzene si ottiene il p-nitropropilbenzene:
In questa reazione sono necessarie tre reazioni.
Un'acilazione di Friedel Crafts
Una conversione del gruppo acilico in un alcano
Una nitrazione
Poiché il gruppo propile ha più di due carboni, deve essere aggiunto in due fasi. Un'acilazione di Friedel Crafts seguita da una riduzione di Clemmensen. Ricordiamo che le reazioni di Friedel Crafts sono ostacolate se l'anello benzenico è fortemente disattivato. Ciò significa che il gruppo acilico deve passare per primo. Poiché il prodotto finale è para, è necessario utilizzare un gruppo direttivo para. Dei gruppi nitro, acile e alcano, solo il gruppo alcano è metadiretto. Ciò significa che il gruppo acilico deve essere convertito in alcano prima della fase di nitrazione.
esercizio
Come si possono ottenere i seguenti composti dal benzene?
m-bromonitrobenzene
m-bromoetilbenzene
Risposta
Per ogni composto è indicata una sola sintesi possibile. Le possibilità sono molteplici.
C'è qualcosa di sbagliato nella seguente reazione, che cos'è?
Risposta
Il bromo dovrebbe essere in posizione meta. In questo momento è in posizione orto, forse perché il gruppo etilico è presente per primo e poi è stato sostituito. Ma il gruppo etilico si forma per ultimo e i gruppi aldeidico e nitro favoriscono entrambi una sostituzione meta.
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wikitext
text/x-wiki
== Chimica del benzene - Sostituzione elettrofila aromatica ==
Una volta completato il capitolo 16, dovresti essere in grado di
# soddisfare tutti gli obiettivi dettagliati elencati in ciascuna sezione.
# risolvere problemi di roadmap che richiedono la comprensione della chimica trattata in questo capitolo e in quelli precedenti.
# progettare sintesi in più stadi utilizzando le reazioni discusse in questo e nei capitoli precedenti. In particolare, dovreste essere pronti a mostrare come si potrebbe sintetizzare un composto aromatico contenente due o più sostituenti, facendo attenzione a introdurre i sostituenti nell'anello nell'ordine corretto.
# definire e utilizzare nel contesto i termini chiave introdotti.
Nel capitolo precedente, abbiamo studiato il concetto di aromaticità e dedicato molto tempo agli aspetti teorici della chimica dei composti aromatici. In questo capitolo, inizieremo a studiare le reazioni chimiche dei composti aromatici, concentrandoci in particolare sulla sostituzione elettrofila aromatica e, in misura minore, sulla sostituzione nucleofila aromatica. Discuteremo, in dettaglio, il meccanismo della sostituzione elettrofila, prestando particolare attenzione ai fattori che determinano sia la velocità che la posizione della sostituzione in quei composti aromatici che presentano già uno o più sostituenti presenti nell'anello aromatico. Quando discuteremo della sostituzione nucleofila aromatica, vedrete che può essere ottenuta attraverso due meccanismi diversi, uno dei quali prevede la formazione di un intermedio dall'aspetto insolito, il benzene.
Vedremo anche come gruppi alchilici e acilici possono essere introdotti su un anello aromatico; come, una volta introdotti, i gruppi alchilici possono essere convertiti in gruppi carbossilici; e come il bromo può essere introdotto nella catena laterale alchilica dell'alchilbenzene. Quest'ultima reazione è particolarmente utile perché il bromuro benzilico così prodotto subisce le stesse reazioni di un tipico bromuro alchilico, fornendoci così una via sintetica per un'ampia varietà di composti.
== Introduzione ==
Capire che la '''sostituzione elettrofila aromatica''' è la reazione più importante dei composti aromatici, in particolare del '''benzene'''.
Termini chiave:
* '''acilazione'''
* '''alchilazione'''
* '''sostituzione elettrofila'''
* '''alogazione'''
* '''idrossilazione'''
* '''nitrazione'''
* '''solfonazione'''
Contenuto
Il '''benzene''' è molto stabile grazie ai '''sei elettroni π delocalizzati''', che seguono la '''regola di Hückel'''. Per questo motivo non subisce reazioni di '''addizione''', ma preferisce mantenere l’anello aromatico tramite '''reazioni di sostituzione elettrofila aromatica''' (EAS).
Le sei principali '''reazioni di sostituzione elettrofila''' del benzene sono:
{| class="wikitable"
!Tipo di reazione
!Reagenti principali
!Catalizzatore
!Elettrofilo attivo
!Prodotto
|-
|'''Alogenazione'''
|Cl₂ o Br₂
|FeCl₃ o FeBr₃
|Cl⁺ o Br⁺
|Alo-benzene (es. C₆H₅Cl)
|-
|'''Nitrazione'''
|HNO₃
|H₂SO₄
|NO₂⁺
|Nitrobenzene (C₆H₅NO₂)
|-
|'''Solfonazione'''
|H₂SO₄ + SO₃
|—
|SO₃H⁺
|Acido benzensolfonico
|-
|'''Alchilazione'''
|R–Cl
|AlCl₃
|R⁺
|Arene (C₆H₅–R)
|-
|'''Acilazione'''
|RCOCl
|AlCl₃
|RCO⁺
|Chetoni arilici (C₆H₅COR)
|-
|'''Idrossilazione'''
|Reazione meno comune
|—
|—
|Fenolo (C₆H₅OH)
|}
Nota
È utile riconoscere le somiglianze tra queste reazioni, poiché tutte seguono meccanismi simili e permettono di '''conservare l'aromaticità''' del benzene.
[[File:Il benzene può subire una sostituzione elettrofila aromatica perché l'aromaticità viene mantenuta.png|chimica organica|centro|senza_cornice]]
[[File:Il benzene non subisce addizioni come altri idrocarburi insaturi.png|chimica organica|centro|senza_cornice]]
[[File:Idrossilazione.png|chimica organica|centro|senza_cornice]]
== Reazioni di sostituzione aromatica elettrofila - Bromurazione ==
Obiettivi
Dopo lo studio di questa sezione, dovresti essere in grado di:
[[File:Bnzsub1.gif|destra|senza_cornice]]
* descrivere il '''meccanismo''' della reazione tra '''bromo''' e '''benzene''' con un catalizzatore;
* disegnare i '''contributori di risonanza''' del '''carbocatione intermedio''';
* confrontare la reazione tra '''bromo e benzene''' con quella tra '''bromo e un alchene''';
* rappresentare un '''diagramma energetico''' per la bromurazione del benzene;
* identificare i '''reagenti''' necessari per la '''bromurazione aromatica''';
* scrivere l’'''equazione''' della bromurazione.
Contenuto
[[File:Bnzsub2.gif|destra|senza_cornice]]
La '''bromurazione del benzene''' è un esempio di '''sostituzione elettrofila aromatica''', un processo in cui un '''elettrofilo''' attacca il '''benzene''', sostituendo un atomo di idrogeno. Tuttavia, '''gli alogeni''' da soli non sono elettrofili abbastanza forti da rompere l’aromaticità del benzene; perciò serve un '''catalizzatore''', come '''FeBr₃''', per attivare il '''Br₂'''.
Fasi del meccanismo:
Fase preliminare: Formazione dell’elettrofilo attivo
[[File:Bnzsub3.gif|destra|senza_cornice]]
[[File:Enrdiag3.gif|destra|senza_cornice]]
Il '''FeBr₃''' si lega al '''Br₂''', polarizzando la molecola e generando un '''catione bromo''' ('''Br⁺''') fortemente elettrofilo, capace di attaccare il benzene.
Fase 1: Attacco dell’elettrofilo
[[File:Bnzsub4.gif|destra|senza_cornice]]
[[File:Enrdiag4.gif|destra|senza_cornice]]
* Il benzene reagisce con '''Br⁺''', formando un '''legame sigma''' con un atomo di carbonio dell’anello.
* Si forma un '''intermedio carbocationico''' detto '''ione benzenonio''' o '''ione arenio''', stabilizzato per '''risonanza''' ma non aromatico → '''alta energia di attivazione'''.
Fase 2: Perdita del protone
* Una base (es. '''Br⁻''' o il complesso con FeBr₃) rimuove un '''protone''' dall'atomo di carbonio sp³.
* Gli '''elettroni''' ritornano nell’anello, ristabilendo l’'''aromaticità''' e formando '''bromobenzene'''. → Questo passaggio è '''rapido''' e a '''bassa energia di attivazione'''.
Confronto con altre reazioni carbocationiche
Il '''meccanismo''' della '''sostituzione elettrofila aromatica''' è simile a quello delle reazioni '''Sₙ1''', '''E1''' e delle '''addizioni acide agli alcheni'''. Tuttavia, l’'''intermedio arenio''' è stabilizzato dalla '''risonanza''' e '''non subisce riarrangiamenti'''.
'''Vie possibili per un carbocatione intermedio:'''
# Addizione di un '''nucleofilo''' (es. Sₙ1);
# Perdita di un '''protone''' → doppio legame (es. E1);
# '''Riarrangiamento''' in un carbocatione più stabile.
Nel caso della '''sostituzione elettrofila aromatica''', prevale la '''modalità 2''': '''perdita di un protone''', perché l’obiettivo è '''ristabilire l’aromaticità'''.
Esercizi suggeriti:
# Identificare i reagenti per ottenere '''clorobenzene''' da benzene.
# Prevedere il prodotto della reazione tra '''benzene e I₂'''.
# Determinare il prodotto tra '''benzene, Br₂ e FeBr₃'''.
# Disegnare la formazione di '''Cl⁺ da AlCl₃ e Cl₂'''.
# Mostrare il '''meccanismo''' tra '''Cl⁺ e benzene'''.
== Altre sostituzioni aromatiche ==
[[File:16-2a.png|thumb]]
Obiettivi principali
Alla fine dello studio dovresti saper:
* Scrivere equazioni bilanciate per le reazioni di '''alogenazione''', '''nitrazione''', '''solfonazione''' e '''riduzione''' di un nitrocomposto aromatico.[[File:16-2c.png|thumb]]
*Descrivere i '''meccanismi dettagliati''' di nitrazione e solfonazione.
* Riconoscere la '''reversibilità''' della solfonazione e le sue applicazioni industriali.
*Disegnare i '''contributori di risonanza''' del carbocatione intermedio.[[File:16-2d.png|thumb]]
* Conoscere l''''uso industriale''' degli acidi solfonici aromatici e dei derivati nitro.
[[File:16-2b.png|thumb]]
Alogenazione del benzene
[[File:Chimica_organica5.jpg|miniatura]]
* '''Tipo di reazione''': sostituzione elettrofila aromatica (SEAr).
* '''Cl e Br''' reagiscono con benzene solo in presenza di catalizzatori acidi di Lewis (AlCl₃, FeCl₃, AlBr₃...).
* '''Meccanismo''':
** Il catalizzatore '''attiva l'alogeno''' polarizzando il legame (es. Br-Br).
** Il benzene attacca l’alogeno attivato → formazione di '''carbocatione aromatico intermedio''' (con risonanza).
** Il catalizzatore recupera un protone, rigenerando l’aromaticità.[[File:Chimica organica4.jpg|thumb]]
* '''Fluoro''': troppo reattivo → si usa F-TEDA-BF₄.
* '''Iodio''': troppo poco reattivo → si usa CuCl₂ per attivare I₂.
[[File:Chimica organica3.jpg|thumb]]
[[File:Chimica organica2.jpg|thumb]]Nitrazione del benzene
* '''Elettrofilo''': ione nitronio \ceNO2+, generato da \ceHNO3+H2SO4.
* '''Meccanismo''':
** Acido solforico protona l’acido nitrico → perdita di acqua → formazione di \ceNO2+.
** Benzene attacca \ceNO2+, formando un intermedio carbocationico (mostrato con 3 forme di risonanza).
** L’intermedio perde un protone → si riforma il benzene.
* '''Prodotto''': '''nitrobenzene''', usato per ottenere aniline tramite '''riduzione'''.
Solfonazione del benzene
* Reazione '''reversibile'''.
* '''Elettrofilo''': anidride solforica (\ceSO3) attivata da '''acido solforico fumante''' (oleum).
* '''Meccanismo''':
** Il benzene attacca lo zolfo elettrofilo della \ceSO3 → intermedio carbocationico.
** Successiva deprotonazione → '''acido benzensolfonico'''.
* '''Desolfonazione''': con calore e acqua in presenza di \ceH2SO4, si rigenera il benzene.
Applicazioni industriali
* '''Nitrazione''': il gruppo nitro può essere '''ridotto''' ad ammina (es. anilina) o usato come '''gruppo orientante'''.
* '''Solfonazione''': il gruppo solfonico è utile come '''gruppo bloccante reversibile'''; inoltre è usato per sintetizzare '''detersivi, coloranti e farmaci (sulfamidici)'''.
Note importanti
* Il '''gruppo nitro''' è un '''disattivante''' dell'anello aromatico.
* Il '''gruppo solfonico''' può essere rimosso facilmente, rendendolo utile in sintesi multi-step.
* L'energia della reazione di alogenazione decresce lungo il gruppo degli alogeni (F > Cl > Br > I).
Esercizi suggeriti
* Scrivere reagenti e prodotti di nitrazione e solfonazione.
* Spiegare l'importanza dell'acido solforico nella nitrazione.
* Disegnare il '''meccanismo completo''' della solfonazione.
* Contare i possibili isomeri nella bromurazione degli isomeri dello xilene.
* Spiegare la sostituzione totale degli H del toluene con D trattandolo con \ceD2SO4.
== Alchilazione e acilazione degli anelli aromatici - La reazione di Friedel-Crafts ==
=== Reazione di Friedel-Crafts – Acilazione ===
[[File:Friedelcraftsalkylation1.png|thumb|chimica organica]]
==== Obiettivo: ====
Obiettivo:
Sostituire un H su un anello aromatico con un '''gruppo alchilico (R−)'''.
Reagenti:
* '''Alogenuri alchilici''' (es. R–Cl)
* '''Catalizzatore acido di Lewis''' (es. AlCl₃)
Meccanismo:
# '''Formazione del carbocatione''': R–Cl + AlCl₃ → R⁺ + AlCl₄⁻
[[File:Mechpart1 (1).png|thumb|chimica organica]]
# '''Attacco dell'anello aromatico''' sul R⁺ (carbocatione).
[[File:Mechpart2a.png|thumb|chimica organica]]
# '''Perdita di un protone (H⁺)''' → ripristino dell'aromaticità.
[[File:Ch 18 sect 5 final products.png|thumb|chimica organica]]
Limitazioni:
# '''Polialchilazione''': il primo gruppo alchilico attiva l’anello, favorendo ulteriori reazioni.
[[File:Some limitations of Friedel-Crafts Alkylation.png|thumb|chimica organica]]
# '''Riarrangiamenti del carbocatione''': gruppi più stabili possono migrare.
[[File:No reaction.png|thumb|chimica organica]]
# '''Substrati disattivati''' (es. nitrobenzene, anilina) '''non reagiscono'''.
[[File:The positive charge.png|thumb|chimica organica]]
# '''Alogenuri vinilici e arilici non reagiscono''' (non formano carbocationi stabili).
[[File:Activated ring 2.png|thumb|chimica organica]]
Sostituire un H su un anello aromatico con un '''gruppo acile (R–CO–)'''.
[[File:Dectivated ring.png|thumb|chimica organica]]
Reagenti:
* '''Cloruri acilici''' (es. R–CO–Cl)
* '''Catalizzatore acido di Lewis''' (es. AlCl₃)
Meccanismo:
[[File:Friedel-Crafts Acylation Model (3).jpg|thumb|chimica organica]]
[[File:Friedel-Crafts Part 1 (1).jpg|thumb|chimica organica]]
[[File:Friedel-Crafts Part 2 (1).jpg|thumb|chimica organica]]
[[File:Friedel-Crafts Part 3 (2).jpg|thumb|chimica organica]]
[[File:Friedel-Crafts Part 4 (2).jpg|thumb|chimica organica]]
[[File:Friedel-Crafts Part 5 (1).jpg|thumb|chimica organica]]
# '''Formazione dello ione acilio''': R–CO–Cl + AlCl₃ → R–C⁺≡O + AlCl₄⁻
# '''Attacco dell'anello aromatico''' sullo ione acilio.
# '''Perdita di H⁺''' → ripristino aromaticità.
# '''Idrolisi finale''' per liberare il chetone e rigenerare AlCl₃.
Vantaggi rispetto all’alchilazione:
* '''Niente riarrangiamenti''' (lo ione acilio è stabile per risonanza).
* '''Niente poliacilazione''' (il gruppo acile è disattivante).
Concetti chiave da ricordare:
* '''Carbocationi''': instabili → possibili riarrangiamenti.
* '''Gruppi attivanti''' (es. –CH₃, –OH): facilitano la SEAr.
* '''Gruppi disattivanti''' (es. –NO₂, –NH₂): inibiscono la SEAr.
* '''Acili vs Alchili''': gli acili disattivano l’anello, evitando reazioni multiple.
'''Domanda''': Quale dei seguenti alogenuri alchilici NON subisce riarrangiamento?
* A) Clorometano
* B) 2-Cloropentano
* C) 1-Cloropropano
* D) 1-Cloro-2,2-dimetilpropano
* E) Clorociclopentano
'''Risposta corretta''': '''A) Clorometano'''
(Metano → carbocatione primario → non può riarrangiarsi, anche se è instabile.)
== Effetti sostituenti negli anelli aromatici sostituiti ==
Obiettivi principali
Dopo aver studiato questa sezione, dovresti saper:
* Descrivere come un sostituente influenza la reattività e la posizione della sostituzione in un composto aromatico.
* Classificare i sostituenti come '''attivanti''' o '''disattivanti'''.
* Ordinare i sostituenti secondo la loro capacità di attivare o disattivare l'anello.
* Spiegare gli '''effetti induttivi''' e '''di risonanza'''.
* Prevedere la '''reattività relativa''' di composti aromatici in reazioni di sostituzione elettrofila.
=== Due tipi di effetto dei sostituenti ===
# '''Effetto induttivo''':
#* Dipende dalla '''elettronegatività''' del sostituente.
#* Porta '''ritiro elettronico''' attraverso i legami sigma.
#* Es: −NO₂, −CN, −COOH sono '''disattivanti''' per effetto induttivo.
# '''Effetto di risonanza (coniugazione π)''':
#* Coinvolge '''coppie elettroniche libere''' o '''doppi legami''' coniugati con l’anello.
#* Può '''donare''' o '''ritirare''' elettroni per delocalizzazione.
#* Es: −OH, −NH₂ donano elettroni → '''attivano'''.
#* Es: −CHO, −COOH ritirano elettroni → '''disattivano'''.
Influenza sulla reattività
* '''Sostituenti attivanti''' → aumentano la reattività (es. −OH, −NH₂, −OCH₃).
* '''Sostituenti disattivanti''' → riducono la reattività (es. −NO₂, −COOH, −CN).
* Gli effetti si notano nelle '''posizioni orto e para''' rispetto al sostituente.
Conflitto tra effetto induttivo e risonanza
* Alcuni gruppi, come gli '''alogeni (es. Cl, Br)''', '''ritirano per effetto induttivo''' ma '''donano per risonanza''' → risultato: '''disattivanti''', ma '''ortopara-orientanti'''.
Nota di metodo
* Non è utile memorizzare tutto; meglio '''capire''' i principi base (elettronegatività, presenza di coppie libere, possibilità di risonanza).
Esercizi
# '''Benzaldeide''': mostra un gruppo −CHO che ritira elettroni per risonanza e induttivamente → disattivante.
# '''Metossibenzene (anisolo)''': gruppo −OCH₃ dona elettroni per risonanza → attivante.
== Una spiegazione degli effetti sostituenti ==
1. Direzione della sostituzione (Orto, Meta, Para)
* I '''gruppi attivanti''' (donatori di elettroni) '''dirigono in orto e para'''.
* I '''gruppi disattivanti''' (attrattori di elettroni) '''dirigono in meta''', '''tranne gli alogeni''', che pur essendo disattivanti '''dirigono comunque in orto e para'''.
2. Meccanismi ed Effetti
* '''Effetto induttivo''': dovuto all’elettronegatività del sostituente → ritira elettroni attraverso i legami σ.
* '''Effetto di risonanza''': coinvolge la delocalizzazione degli elettroni π (es. gruppi -OH, -NH₂) → può donare elettroni all’anello.
Se il sostituente ha una '''coppia elettronica libera''' su un atomo direttamente legato all’anello (O, N), può '''donare elettroni per risonanza''', stabilizzando l’intermedio della reazione (lo ione arenio).
3. Reattività e stabilità dell’intermedio (carbocatione)
* I gruppi attivanti '''stabilizzano il carbocatione''' formato durante l’attacco elettrofilo → reazione più '''rapida'''.
* I gruppi disattivanti '''destabilizzano''' l’intermedio → reazione '''più lenta'''.
* '''Gli alogeni''' sono un caso particolare: '''disattivano per induzione''' ma '''donano per risonanza''', perciò rallentano la reazione ma mantengono la direzione orto/para.
4. Effetto sterico
* Più è grande il sostituente (es. da metile a terz-butile), più difficile è l’attacco elettrofilo in '''posizione orto''' → prevale il prodotto '''para'''.
* Anche la '''dimensione dell’elettrofilo''' influisce sull’esito.
Esempio:
{| class="wikitable"
!Substrato
!% orto
!% para
!Rapporto o/p
|-
|Toluene
|58
|37
|1.57:1
|-
|Isopropilbenzene
|30
|62
|0.48:1
|-
|Terz-butilbenzene
|16
|73
|0.22:1
|}5. Classificazione dei sostituenti
'''Attivanti orto/para''':
* Forti: -NH₂, -OH, -OR, -NR₂
* Moderati: -NHCOR
* Deboli: -CH₃, altri alchilici
'''Disattivanti meta''':
* Forti: -NO₂, -CF₃
* Moderati: -CN, -COOH, -CHO, -COR
'''Disattivanti orto/para''':
* Tutti gli '''alogeni''': F > Cl > Br > I (dal meno al più disattivante)
Esempi
* '''Metilbenzene (Toluene)''': il gruppo -CH₃ è un attivante debole → direzione '''orto/para'''.
* '''Anisolo (metossibenzene)''': il gruppo -OCH₃ è un forte donatore per risonanza → direzione '''orto/para''', alta reattività.
Conclusione pratica
Per ogni derivato del benzene, puoi:
# Identificare se il sostituente è '''donatore''' o '''attrattore''' di elettroni.
# Determinare se è un '''attivatore''' o '''disattivatore'''.
# Capire se dirige l'elettrofilo in '''orto/para''' o '''meta'''.
# Prevedere la '''reattività''' relativa e i prodotti principali della reazione.
== Benzeni trisostituiti - Additività degli effetti ==
Principi generali
* In un '''benzene disostituito''', l'introduzione di un '''terzo sostituente''' dipende dagli effetti combinati dei due già presenti.
* Ogni sostituente può essere:
** '''Attivante''' o '''disattivante'''
** '''Orto/para-orientante''' (es. –OH, –NH₂, –CH₃) o '''meta-orientante''' (es. –NO₂, –CN, –COOH)
Tipi di interazione tra sostituenti
# '''Cooperativa (rinforzante)''':
#* I due sostituenti orientano il nuovo gruppo nella '''stessa direzione''' o verso '''posizioni compatibili'''.
#* La previsione del prodotto è '''più semplice'''.
#* La '''simmetria''' facilita ulteriormente la previsione.
#* Se due posizioni sono equivalenti, si preferisce quella '''meno ingombrata'''.
# '''Antagonista (non cooperativa)''':
#* I due gruppi orientano verso '''posizioni diverse''', generando conflitto.
#* Richiede '''analisi più approfondita'''.
#* Il sostituente '''più attivante''' o con '''coppie elettroniche libere''' tende a dominare.
#* Anche '''l’ingombro sterico''' gioca un ruolo importante.
#* Alcuni gruppi possono '''cambiare natura''' in ambienti acidi forti (es. –NH₂ → –NH(CH₃)₂⁺, da attivante a disattivante).
Esempi pratici
* Nei casi cooperativi, i prodotti sono facilmente prevedibili in base alla '''somma degli effetti orientanti'''.
* Nei casi antagonisti, si osservano:
** Influenza predominante del gruppo più '''stabilizzante'''
** Possibili deviazioni dalla regola per effetto '''sterico o elettronico'''
Conclusione
* La '''posizione del terzo sostituente''' in un benzene disostituito si prevede considerando:
** Tipo di sostituenti presenti
** Loro orientamento
** Simmetria e ingombro molecolare
** Condizioni della reazione (es. ambiente acido)
== Sostituzione nucleofila aromatica ==
Dopo aver completato questa sezione, dovresti essere in grado di:
# identificare le condizioni necessarie affinché un alogenuro arilico subisca una sostituzione nucleofila aromatica e fornire un esempio di tale reazione.
# scrivere il dettagliato meccanismo per una reazione di sostituzione nucleofila aromatica.
# confrontare il meccanismo di una reazione di sostituzione aromatica nucleofila e dei meccanismi S N 1 e S N 2 discussi in precedenza.
# identificare il prodotto formato quando un dato nucleofilo reagisce con un dato alogenuro arilico in una reazione di sostituzione nucleofila aromatica.
Assicurati di saper definire e utilizzare nel contesto i termini chiave riportati di seguito:
* complesso di Meisenheimer
* sostituzione nucleofila aromatica
Una ''reazione di sostituzione nucleofila aromatica'' è una reazione in cui uno dei sostituenti in un anello aromatico viene sostituito da un nucleofilo.
Un ''complesso di Meisenheimer'' è un intermedio con carica negativa formato dall'attacco di un nucleofilo su uno degli atomi di carbonio dell'anello aromatico durante una reazione di sostituzione nucleofila aromatica. Un tipico complesso di Meisenheimer è mostrato nello schema di reazione seguente. Si noti come questo particolare complesso possa essere formato a partire da due diversi materiali di partenza, utilizzando in entrambi i casi un nucleofilo diverso.
[[File:La formazione di un tipico Complesso di Meisenheimer.png|centro|miniatura|La formazione di un tipico complesso di Meseinheimer]]
=== Reazioni di spostamento aromatico nucleofilo degli alogenuri arilici ===
I legami carbonio-alogeno degli alogenuri arilici sono simili a quelli degli alogenuri alchenilici, essendo molto più forti di quelli degli alogenuri alchilici. Gli alogenuri arilici semplici sono generalmente resistenti all'attacco dei nucleofili nelle reazioni S<small>2</small>N<small>2</small> o S<small>2</small>N<small>2</small>. Tuttavia, questa bassa reattività può essere drasticamente modificata da cambiamenti nelle condizioni di reazione e nella struttura dell'alogenuro arilico. Infatti, lo spostamento nucleofilo diventa piuttosto rapido.
# quando l'alogenuro arilico viene attivato mediante sostituzione con gruppi fortemente attrattivi per gli elettroni come NO<small>2</small>, e
# quando vengono utilizzati reagenti nucleofili fortemente basici.
=== Meccanismo di addizione-eliminazione della sostituzione nucleofila degli alogenuri arilici ===
Sebbene gli alogenuri arilici semplici siano inerti agli usuali reagenti nucleofili, una notevole attivazione è prodotta da sostituenti fortemente elettron-attrattori, a condizione che questi si trovino in posizione orto o para, o in entrambe. Ad esempio, lo spostamento dello ione cloruro dall'1-cloro-2,4-dinitrobenzene da parte della dimetilammina avviene prontamente in soluzione di etanolo a temperatura ambiente. Nelle stesse condizioni il clorobenzene non riesce a reagire completamente; pertanto l'influenza attivante dei due gruppi nitro ammonta a un fattore di almeno 108:
[[File:Meccanismo di addizione-eliminazione della sostituzione nucleofila degli alogenuri arilici.png|centro|miniatura|Meccanismo di addizione-eliminazione della sostituzione nucleofila degli alogenuri arilici]]
Una reazione correlata è quella del 2,4-dinitrofluorobenzene con i gruppi amminici di peptidi e proteine; questa reazione fornisce un mezzo per l'analisi degli aminoacidi N-terminali delle catene polipeptidiche.
In generale, le reazioni degli alogenuri arilici attivati assomigliano molto alle reazioni di sostituzione SN2 degli alogenuri alifatici. Gli stessi reagenti nucleofili sono efficaci (ad esempio, CH3O⊖, HO⊖ e RNH2); le reazioni sono complessivamente del secondo ordine (primo ordine per l'alogenuro e primo ordine per il nucleofilo); per un dato alogenuro, più il reagente di attacco è nucleofilo, più la reazione è veloce. Tuttavia, deve esserci più di una sottile differenza nel meccanismo perché un alogenuro arilico non è in grado di passare attraverso lo stesso tipo di stato di transizione di un alogenuro alchilico negli spostamenti SN2.
Il meccanismo generalmente accettato della sostituzione nucleofila aromatica degli alogenuri arilici con gruppi attivanti prevede due fasi. La prima fase prevede l'attacco del nucleofilo Y:⊖ al carbonio che porta il sostituente alogeno per formare un carbanione intermedio. Il sistema aromatico viene distrutto con la formazione dell'anione e il carbonio nel sito di reazione passa da planare (legami sp2) a tetraedrico (legami sp3).[[File:Prima fase della sostituzione nucleofila aromatica degli alogenuri arilici.png|centro|miniatura|Prima fase della sostituzione nucleofila aromatica degli alogenuri arilici]]
Nel secondo passaggio, la perdita di un anione, X⊖ o Y⊖, rigenera un sistema aromatico e, se X⊖ viene perso, la reazione complessiva è lo spostamento nucleofilo di X da parte di Y.
[[File:Seconda fase della sostituzione nucleofila aromatica degli alogenuri arilici.png|centro|miniatura]]
Nel caso di un reagente nucleofilo neutro, Y o HY, la sequenza di reazione sarebbe la stessa, salvo i necessari aggiustamenti della carica dell'intermedio:
[[File:Reagente nucleofilo neutro.png|centro|miniatura]]
Perché questo percorso di reazione è generalmente sfavorevole per gli alogenuri arilici semplici? La risposta è che l'intermedio ha un'energia troppo elevata per potersi formare in modo pratico. Non solo ha perso la stabilizzazione aromatica dell'anello benzenico, ma la sua formazione comporta il trasferimento di una carica negativa ai carboni dell'anello, che di per sé non sono molto elettronegativi.
Tuttavia, quando sull'anello si trovano gruppi fortemente elettronegativi in posizione orto-para, l'anione intermedio si stabilizza grazie alla delocalizzazione degli elettroni dai carboni dell'anello a posizioni più favorevoli sui gruppi sostituenti. A titolo di esempio, si consideri lo spostamento del bromo da parte del metossido (OCH3) nella reazione di 4-bromonitrobenzene e ione metossido:[[File:Spostamento del bromo da parte del metossido.png|centro|miniatura]]
L'intermedio anionico formato dall'aggiunta dello ione metossido all'alogenuro arilico può essere descritto dalle strutture a legami di valenza 5a-5d. Di queste strutture, la 5d è particolarmente importante perché in essa la carica viene trasferita dai carboni dell'anello all'ossigeno del sostituente nitro:
[[File:Intermedio anionico.png|centro|miniatura]]
I sostituenti in posizione meta hanno un effetto molto minore sulla reattività di un alogenuro arilico perché la delocalizzazione degli elettroni verso il sostituente non è possibile. Non è possibile scrivere formule analoghe a 5c e 5d, in cui le cariche negative sono entrambe su atomi vicini all'azoto positivo.
[[File:Azoto positivo.png|centro|miniatura]]
In alcuni casi sono stati isolati composti stabili che assomigliano all'intermedio di reazione ipotizzato. Un esempio classico è il complesso 7 (isolato da J. Meisenheimer), che è il prodotto della reazione dell'aril etere metilico 6 con l'etossido di potassio o dell'aril etere etilico 8 con il metossido di potassio:
[[File:Etossido di potassio e metossido di potassio.png|centro|miniatura]]
=== Esercizi ===
===== Esercizio =====
Proponi un meccanismo per la seguente reazione:
[[File:Domanda reazione.svg|centro|miniatura]]
; Risposta
; [[File:Risposta reazione.svg|centro|miniatura]]
== Benzene ==
Dopo aver completato questa sezione, dovresti essere in grado di
# identificare i reagenti e le condizioni necessarie per produrre fenolo dal clorobenzene su scala industriale.
# scrivere il meccanismo per la conversione di un alogenuro alchilico in un fenolo attraverso un intermedio benzenico.
# discutere le prove sperimentali che supportano l'esistenza di intermedi del benzene.
# discutere il legame nel benzene e quindi spiegare la sua elevata reattività.
Assicurati di saper definire e utilizzare nel contesto i termini chiave riportati di seguito:
* benzene
* meccanismo di eliminazione-addizione
Un meccanismo di eliminazione-addizione comporta l'eliminazione degli elementi di una piccola molecola da un substrato per produrre un intermedio altamente reattivo, che poi subisce una reazione di addizione.
Il meccanismo di eliminazione-addizione della sostituzione nucleofila aromatica coinvolge un intermedio notevole chiamato benzene o arene.
=== Meccanismo di eliminazione-addizione della sostituzione nucleofila aromatica. Arini ===
Le reattività degli alogenuri arilici, come gli alobenzeni, sono estremamente basse nei confronti dei reagenti nucleofili che normalmente effettuano sostituzioni con alogenuri alchilici e alogenuri arilici attivati. Le sostituzioni avvengono in condizioni di forzatura, con temperature elevate o basi molto forti. Ad esempio, il clorobenzene reagisce con una soluzione di idrossido di sodio a temperature intorno ai 340° e questa reazione era un tempo un importante processo commerciale per la produzione di benzenolo (fenolo):
[[File:Reazione di clorobenzene con una soluzione di idrossido di sodio.png|centro|miniatura]]
Inoltre, cloruri arilici, bromuri e ioduri possono essere convertiti in areneammine ArNH<small>2</small> dalle basi coniugate delle ammine. Infatti, la reazione dell'ammide di potassio con il bromobenzene è estremamente rapida, anche a temperature di -33° con ammoniaca liquida come solvente:
[[File:Reazione dell'ammide di potassio con il bromobenzene.png|centro|miniatura]]
Tuttavia, le reazioni di sostituzione di questo tipo differiscono dalle sostituzioni di alogenuri arilici attivati precedentemente discusse in quanto spesso si verifica un riarrangiamento. Cioè, il gruppo entrante non occupa sempre la stessa posizione sull'anello lasciata libera dal sostituente alogeno. Ad esempio, l'idrolisi del 4-clorometilbenzene a 340° dà una miscela equimolare di 3- e 4-metilbenzenoli:
[[File:Idrolisi del 4-clorometilbenzene.png|centro|miniatura]]
Ancora più sorprendente è la formazione esclusiva di 3-metossibenzenammina nell'aminazione del 2-clorometossibenzene. Si noti che questo risultato è una violazione del principio del minimo cambiamento strutturale:
[[File:Formazione di 3-metossibenzenammina nell'amminazione del 2-clorometossibenzene.png|centro|miniatura]]
Il meccanismo di questo tipo di reazione è stato ampiamente studiato e si sono accumulate molte prove a sostegno di un processo graduale, che procede prima con l'eliminazione catalizzata dalla base dell'alogenuro di idrogeno (HX) dall'alogenuro arilico, come illustrato di seguito per l'aminazione del bromobenzene:
''Eliminazione''
[[File:Amminazione del bromobenzene.png|centro|miniatura]]
Il prodotto della reazione di eliminazione è un intermedio altamente reattivo chiamato benzene, o deidrobenzene, che si differenzia dal benzene per avere due idrogeni in meno e un legame in più tra due carboni orto. Il benzene reagisce rapidamente con qualsiasi nucleofilo disponibile, in questo caso il solvente, l'ammoniaca, per dare un prodotto di addizione:
Addizione
[[File:Benzene e ammoniaca.png|centro|miniatura]]
I riarrangiamenti in queste reazioni derivano dall'attacco del nucleofilo a uno o all'altro dei carboni del legame extra nell'intermedio. Nel caso del benzene la simmetria è tale da non rilevare alcun riarrangiamento. Con i benzeni sostituiti si possono ottenere prodotti isomerici. Così il 4-metilbenzina, 10
dalla reazione dello ione idrossido con il 4-cloro-1-metilbenzene dà sia 3- che 4-metilbenzenoli:
[[File:3- e 4-metilbenzenoli.png|centro|miniatura]]
Nelle reazioni benzeniche precedenti, la base che produce il benzene nella fase di eliminazione deriva dal nucleofilo che si aggiunge nella fase di addizione. Non è detto che sia sempre così, a seconda delle condizioni di reazione. Infatti, l'utilità sintetica delle reazioni ariniche dipende in gran parte dal successo con cui l'arina può essere generata da un reagente ma catturata da un altro. Uno di questi metodi sarà discusso nella Sezione 14-10C e coinvolge composti organometallici derivati da alogenuri arilici. Un altro metodo consiste nel generare l'arina mediante decomposizione termica di un composto di arene 1,2disostituite come 11
in cui entrambi i sostituenti sono gruppi uscenti: uno esce con una coppia di elettroni, l'altro esce senza
[[File:GENERAZIONE DELL'ARENE.png|centro|miniatura]]
Quando 11 si decompone in presenza di un nucleofilo aggiunto, l'intermedio benzene viene intrappolato dal nucleofilo mentre si forma. In alternativa, se è presente un diene coniugato, il benzene reagirà con esso mediante una [4 + 2] cicloaddizione. In assenza di altri composti con cui possa reagire, il benzene subirà una [2 + 2] cicloaddizione con se stesso:
[[File:Cicloaddizione.png|centro|miniatura]]
===== Esercizio =====
Quando il p-clorotoluene viene fatto reagire con NaOH, si osservano due prodotti. Quando il m-clorotoluene viene fatto reagire con NaOH, si osservano tre prodotti. Spiegare questo fatto.
; '''Risposta'''
È necessario esaminare gli intermedi benzenici. Il para sostituito consente solo due prodotti, mentre il para produce due alchini diversi che danno tre prodotti diversi.<gallery>
File:P-clorotoluene reagisce con NaOH.svg
File:M-clorotoluenereagisce con NaOH.svg
</gallery>
== Ossidazione dei composti aromatici ==
Dopo aver completato questa sezione, dovreste essere in grado di:
# scrivere un'equazione per descrivere l'ossidazione di un alchilbenzene a un acido carbossilico.
# identificare i reagenti necessari per ossidare un dato alchilbenzene a un acido carbossilico.
# identificare il prodotto che si forma dall'ossidazione della catena laterale di un dato alchilbenzene.
# identificare il composto aromatico necessario per produrre un dato acido carbossilico attraverso l'ossidazione della catena laterale.
# scrivere l'equazione per la bromurazione della catena laterale di un alchilbenzene.
# identificare i reagenti e le condizioni necessarie per ottenere la bromurazione della catena laterale di un alchilbenzene.
# identificare il prodotto che si forma quando un dato alchilbenzene subisce la bromurazione della catena laterale.
# identificare l'alchilbenzene necessario per preparare un determinato bromuro benzilico per sostituzione radicale.
# scrivere il meccanismo della sostituzione radicale in posizione benzilica di un alchilbenzene.
# spiegare la stabilità dei radicali benzilici in termini di risonanza e disegnare i collaboratori di risonanza di un dato radicale benzilico.
# spiegare e illustrare con esempi appropriati l'importanza dei bromuri benzilici come intermedi nelle sintesi organiche.
# disporre una data serie di radicali (compresi quelli di tipo benzilico) in ordine di stabilità crescente o decrescente. (Rivedere la sezione 10.3 se necessario).
Assicurati di saper definire e utilizzare nel contesto i termini chiave riportati di seguito:
* ossidazione benzilica
* posizione benzilica
* ossidazione della catena laterale
Come si può vedere dagli esempi, indipendentemente dalla lunghezza del gruppo alchilico nel substrato arenico, il prodotto è sempre un gruppo carbossilico a un carbonio. Pertanto, l'atomo di carbonio benzilico è stato ossidato e il termine ossidazione benzilica è appropriato. Anche il termine ossidazione della catena laterale è comunemente usato.
Negli alchilbenzeni, l'atomo di carbonio collegato all'anello aromatico è particolarmente reattivo. Le reazioni che avvengono su questo atomo di carbonio sono dette in posizione benzilica.
Si consiglia di rivedere la sezione 10.3 per ricordare la bromurazione allilica con N-bromosuccinimmide.
Gli alogenuri benzilici subiscono le reazioni tipiche degli alogenuri alchilici; pertanto, ci si può aspettare di vedere questi composti utilizzati frequentemente nelle sintesi multistep.
Si noti che abbiamo adottato la terminologia riportata di seguito.
Qualsiasi composto del tipo:
[[File:Molecola organica1.png|centro|miniatura]]
(dove X = alogeno) verrà definito “alogenuro benzilico”.
Composti del tipo:
[[File:Molecola organica2.png|centro|miniatura]]
sono in realtà chiamati cloruro di benzile, bromuro di benzile, ecc.
Il composto:
[[File:Molecola organica3.png|centro|miniatura]]
è chiamato alcol benzilico.
=== Ossidazione delle catene laterali alchiliche ===
Gli idrogeni benzilici dei sostituenti alchilici sull'anello benzenico sono attivati verso l'attacco dei radicali liberi, come già detto. Inoltre, le reazioni SN1 SN2 ed E1 degli alogenuri benzilici mostrano una maggiore reattività, dovuta all'anello aromatico adiacente. La possibilità che queste osservazioni riflettano un'attivazione benzilica generale è supportata dalla suscettibilità delle catene laterali alchiliche alla degradazione ossidativa, come mostrato negli esempi seguenti (la catena laterale ossidata è colorata). Tali ossidazioni sono normalmente effettuate da soluzioni acide calde di permanganato, ma per le operazioni industriali su larga scala sono preferibili le ossidazioni catalizzate all'aria. È interessante notare che se la posizione benzilica è completamente sostituita, la degradazione ossidativa non si verifica.
METTERE REAZIONE
Queste equazioni non sono bilanciate. L'ossidante permanganato viene ridotto, di solito a Mn(IV) o Mn(II). Altri due esempi di questa reazione sono riportati di seguito e illustrano la sua utilità nella preparazione di acidi benzoici sostituiti.
[[File:Molecola organica4.png|centro|miniatura]]
=== Bromurazione del carbonio benzilico ===
Il C-H benzilico si lega in modo più debole rispetto alla maggior parte dei C-H ibridati sp3. Questo perché il radicale formato dall'omolisi è stabilizzato per risonanza.
[[File:Molecola organica6.png|centro|miniatura]]
Stabilizzazione di risonanza del radicale benzilico
[[File:Molecola organica8.png|centro|miniatura]]
A causa dei deboli legami C-H, gli idrogeni benzilici possono formare alogenuri benzilici in condizioni radicali.
[[File:Molecola organica9.png|centro|miniatura]]
=== NBS come fonte di bromo ===
L'NBS (N-bromosuccinimmide) è il reagente più comunemente usato per produrre basse concentrazioni di bromo. In sospensione nel tetracloruro (CCl4), l'NBS reagisce con tracce di HBr per produrre una concentrazione di bromo sufficientemente bassa da facilitare la reazione di bromurazione allilica.
[[File:Molecola organica10.jpg|centro|miniatura]]
=== Meccanismo di bromurazione allilica ===
Fase 1: Iniziazione
Una volta che la fase di pre-iniziazione che coinvolge l'NBS produce piccole quantità di Br2, le molecole di bromo vengono scisse omoliticamente dalla luce per produrre radicali di bromo.
[[File:Molecola organica11.jpg|centro|miniatura]]
Fasi 2 e 3: Propagazione
[[File:Molecola organica12.png|centro|miniatura]]
Fase 4: terminazione
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== Riduzione dei composti aromatici ==
Dopo aver completato questa sezione, dovreste essere in grado di:
# scrivere un'equazione per rappresentare la riduzione di un benzene sostituito a un cicloesano sostituito.
# identificare il catalizzatore e i reagenti utilizzati per ridurre gli anelli aromatici.
# confrontare la facilità di riduzione degli alcheni con la difficoltà di riduzione degli anelli benzenici e mostrare come questa differenza di reattività possa essere utilizzata nella sintesi organica.
# scrivere un'equazione che illustri la riduzione di un chetone aromatico ad un arene.
# spiegare perché l'acilazione di Friedel-Crafts, seguita da riduzione, fornisce una via migliore agli alchilbenzeni primari rispetto all'alchilazione diretta.
# mostrare come un determinato alchilbenzene possa essere preparato da un'acilazione di Friedel-Crafts, seguita da riduzione. Specificare tutti i reagenti, la struttura del chetone intermedio e il materiale di partenza necessario.
L'idrogenazione catalitica degli anelli aromatici richiede condizioni di forzatura (calore elevato e pressione dell'idrogeno).
[[File:L'idrogenazione catalitica.png|centro|miniatura]]
In condizioni più blande è possibile ridurre il doppio legame di un alchene senza ridurre l'anello aromatico.
[[File:Doppio legame di un alchene.png|centro|miniatura]]
Nell'equazione precedente si nota che H2/Pd non riduce il gruppo cheto-carbonilico. Ricordiamo, tuttavia, che H2/Pd riduce un gruppo cheto-carbonilico quando è direttamente collegato a un anello aromatico (vedere le equazioni 4 e 5 alla voce Riduzioni carboniliche).
Questa riduzione del gruppo (C=O) vicino a un anello aromatico è un importante strumento sintetico. Ricordiamo l'alchilazione di Friedel-Crafts della Sezione 16.3. Quando si attaccano gruppi alchilici più grandi all'arene c'è la possibilità di riarrangiamento della struttura del gruppo alchilico.
[[File:Riarrangiamento della struttura del gruppo alchilico.png|centro|miniatura]]
Per generare il composto target (in questo caso l'n-propilbenzene) in modo più controllato, si può semplicemente utilizzare l'equivalente acilazione di Friedel-Crafts e poi ridurre il gruppo cheto-carbonilico vicino all'anello come passo finale.
foto
=== Reazioni di riduzione aromatica ===
Sebbene lo faccia meno prontamente degli alcheni o dei dieni semplici, il benzene aggiunge idrogeno ad alta pressione in presenza di catalizzatori di Pt, Pd o Ni. Il prodotto è il cicloesano e il calore di reazione dimostra la stabilità termodinamica del benzene. Anche gli anelli benzenici sostituiti possono essere ridotti in questo modo e i composti idrossisostituiti, come il fenolo, il catecolo e il resorcinolo, danno prodotti carbonilici derivanti dalla rapida chetonia degli enoli intermedi. A questo scopo vengono spesso utilizzati catalizzatori al nichel, come indicato nelle equazioni seguenti.
[[File:Reazioni di riduzione aromatica.gif|centro|miniatura]]
Il benzene è più suscettibile alle reazioni di addizione radicalica che a quelle di addizione elettrofila. Abbiamo già notato che il benzene non reagisce con il cloro o il bromo in assenza di un catalizzatore e di calore. In presenza di forte luce solare o di iniziatori radicali, il benzene si addiziona a questi alogeni per dare esalocicloesani. Vale la pena di notare che queste stesse condizioni producono la sostituzione radicale del cicloesano; i fattori chiave di questo cambiamento di comportamento sono i legami pi greco del benzene, che permettono l'addizione, e i legami C-H più deboli del cicloesano. L'aggiunta di cloro è mostrata in basso a sinistra; due dei sette meso-stereoisomeri sono mostrati a destra.
foto
=== Riduzione di gruppi nitro e chetoni arilici ===
Le reazioni di nitrazione elettrofila e di acilazione di Friedel-Crafts introducono sostituenti disattivanti e metadiretti su un anello aromatico. Gli atomi attaccati sono in uno stato di ossidazione elevato e la loro riduzione converte queste funzioni che sottraggono elettroni in gruppi amminici e alchilici che donano elettroni. La riduzione si ottiene facilmente per idrogenazione catalitica (H2 + catalizzatore) o con metalli riducenti in acido. Esempi di queste riduzioni sono mostrati qui, l'equazione 6 dimostra la riduzione simultanea di entrambe le funzioni. Si noti che il prodotto butilbenzene nell'equazione 4 non può essere generato dall'alchilazione diretta di Friedel-Crafts a causa del riarrangiamento dei carbocationi. Lo zinco utilizzato nelle riduzioni dei chetoni, come nel caso di 5, viene solitamente attivato mediante lega con il mercurio (un processo noto come amalgama).
[[File:Riduzionedi gruppi nitro e chetoni arilici.png|centro|miniatura]]
Sono noti diversi metodi alternativi per ridurre i gruppi nitro ad ammine. Questi includono zinco o stagno in acido minerale diluito e solfuro di sodio in soluzione di idrossido di ammonio. Le procedure sopra descritte sono sufficienti per la maggior parte dei casi.
=== La riduzione di Betulla ===
Un altro modo per aggiungere idrogeno all'anello benzenico è il trattamento con una soluzione ricca di elettroni di metalli alcalini, solitamente litio o sodio, in ammoniaca liquida. Si vedano gli esempi di questa reazione, chiamata riduzione di Birch. La riduzione di Birch è la riduzione per dissoluzione di metalli degli anelli aromatici in presenza di un alcol.
[[File:La betullaRiduzione.png|centro|miniatura]]
Meccanismo:
[[File:Meccanismo La betullaRiduzione.png|centro|miniatura]]
=== Limitazioni dell'alchilazione di Friedel-Crafts ===
Riarrangiamento dei carbocationi - È possibile produrre solo alcuni alchilbenzeni a causa della tendenza dei cationi a riarrangiarsi.
Limitazioni dei composti - Friedel-Crafts fallisce se utilizzato con composti come il nitrobenzene e altri sistemi fortemente disattivanti.
Polialchilazione - I prodotti di Friedel-Crafts sono ancora più reattivi del materiale di partenza. I gruppi alchilici prodotti nell'alchilazione di Friedel-Crafts sono sostituenti elettron-donatori, il che significa che i prodotti sono più suscettibili all'attacco elettrofilo rispetto al materiale di partenza. Ai fini della sintesi, questa è una grande delusione.
Per ovviare a queste limitazioni, è stata ideata una reazione nuova e migliorata: L'acilazione di Friedel-Crafts, nota anche come alcanoilazione di Friedel-Crafts.
L'obiettivo della reazione è il seguente:
Il primo passo prevede la formazione dello ione acilio che reagirà successivamente con il benzene:
La seconda fase prevede l'attacco dello ione acilio al benzene come nuovo elettrofilo per formare un complesso:
La terza fase prevede l'allontanamento del protone affinché l'aromaticità ritorni al benzene:
Durante il terzo passaggio, AlCl4 torna a rimuovere un protone dall'anello benzenico, che consente all'anello di tornare all'aromaticità. In questo modo, l'AlCl3 originale viene rigenerato per essere nuovamente utilizzato, insieme all'HCl. Soprattutto, abbiamo la prima parte del prodotto finale della reazione, che è un chetone. La prima parte del prodotto è il complesso con il cloruro di alluminio, come mostrato:
La fase finale prevede l'aggiunta di acqua per liberare il prodotto finale come acilbenzene:
Poiché lo ione acilico (come mostrato nel primo passaggio) è stabilizzato dalla risonanza, non si verifica alcun riarrangiamento (Limitazione 1). Inoltre, a causa della disattivazione del prodotto, esso non è più suscettibile all'attacco elettrofilo e quindi non è più suscettibile all'attacco elettrofilo e quindi non va più incontro a ulteriori reazioni (Limitazione 3). Tuttavia, poiché non tutto è perfetto, la limitazione 2 prevale ancora quando l'acilazione di Friedel-Crafts fallisce con anelli fortemente disattivanti.
esercizi
Come si ottiene il seguente risultato dal benzene e da un cloruro acido?
== 16.11: ==
Dopo aver completato questa sezione, dovreste essere in grado di
Progettare una sintesi a più fasi che possa coinvolgere reazioni nella catena laterale alchilica di un alchilbenzene e le reazioni di sostituzione elettrofila discusse in questo capitolo. Dovete prestare particolare attenzione a
eseguire le reazioni nell'ordine corretto
utilizzare i reagenti e le condizioni più appropriate.
i limiti di alcuni tipi di reazioni.
Analizzare una proposta di sintesi a più fasi che coinvolge la sostituzione aromatica per determinarne la fattibilità, evidenziare eventuali errori nella proposta e identificare possibili aree problematiche.
Note sullo studio
Come si può notare, la progettazione di una sintesi multistep richiede una mente analitica e una capacità di pensare in modo logico, oltre alla conoscenza delle reazioni organiche. Il modo migliore per diventare esperti nella progettazione di tali sintesi è quello di fare molta pratica svolgendo numerosi problemi.
La capacità di pianificare una sintesi multi-fase di successo di molecole complesse è uno degli obiettivi dei chimici organici. Ciò richiede una conoscenza pratica degli usi e dei limiti di molte reazioni organiche - non solo quali reazioni usare, ma anche quando. Seguono alcuni esempi:
Dal benzene si ottiene la m-bromoanilina
In questa reazione sono necessarie tre reazioni.
Una nitrazione
una conversione del gruppo nitro in un'ammina
Una bromurazione
Poiché il prodotto finale è meta, è necessario utilizzare un gruppo di direzione meta. Dei gruppi nitro, bromo e ammina, solo il gruppo nitro è metadiretto. Ciò significa che il primo passo deve essere la nitrazione e non la bromurazione. Inoltre, la conversione del gruppo nitro in ammina deve avvenire per ultima, perché il gruppo amminico ha direzione orto/para.
Dal benzene si ottiene il p-nitropropilbenzene:
In questa reazione sono necessarie tre reazioni.
Un'acilazione di Friedel Crafts
Una conversione del gruppo acilico in un alcano
Una nitrazione
Poiché il gruppo propile ha più di due carboni, deve essere aggiunto in due fasi. Un'acilazione di Friedel Crafts seguita da una riduzione di Clemmensen. Ricordiamo che le reazioni di Friedel Crafts sono ostacolate se l'anello benzenico è fortemente disattivato. Ciò significa che il gruppo acilico deve passare per primo. Poiché il prodotto finale è para, è necessario utilizzare un gruppo direttivo para. Dei gruppi nitro, acile e alcano, solo il gruppo alcano è metadiretto. Ciò significa che il gruppo acilico deve essere convertito in alcano prima della fase di nitrazione.
esercizio
Come si possono ottenere i seguenti composti dal benzene?
m-bromonitrobenzene
m-bromoetilbenzene
Risposta
Per ogni composto è indicata una sola sintesi possibile. Le possibilità sono molteplici.
C'è qualcosa di sbagliato nella seguente reazione, che cos'è?
Risposta
Il bromo dovrebbe essere in posizione meta. In questo momento è in posizione orto, forse perché il gruppo etilico è presente per primo e poi è stato sostituito. Ma il gruppo etilico si forma per ultimo e i gruppi aldeidico e nitro favoriscono entrambi una sostituzione meta.
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Storia del femminismo italiano/3. Il Risorgimento: partecipazione femminile e questioni di cittadinanza
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{{Storia del femminismo italiano}}
{{Storia del femminismo italiano 1}}
== 3. Il Risorgimento: partecipazione femminile e questioni di cittadinanza ==
=== 3.1. Le donne nel contesto della mobilitazione risorgimentale ===
Sebbene la storiografia tradizionale si sia concentrata prevalentemente sulle figure maschili, durante il periodo risorgimentale molte donne svolsero un ruolo attivo nella vita politica, culturale e sociale del tempo, contribuendo in vario modo al processo di costruzione nazionale.<ref>{{Cita web|autore=Nadia Filippini|url=https://ilmanifesto.it/archivio/2003193546|titolo=Nuove genealogie per il Risorgimento|accesso=28 maggio 2025|data=11 febbraio 2012}}</ref>
Nei salotti e nei circoli intellettuali, spesso frequentati da esponenti dell’aristocrazia e dell’alta borghesia, alcune donne influenti - come la contessa bergamasca [[:w:Clara Maffei|Clara Maffei]] e la fiorentina [[:w:Amelia Sarteschi Calani Carletti|Amelia Sarteschi Calani Carletti]] - favorirono la diffusione delle idee patriottiche e liberali, la circolazione clandestina di pubblicazioni proibite, la discussione politica e la creazione di reti di relazioni tra patrioti.<ref>{{Cita web|autore=Amedeo Benedetti|url=https://www.enciclopedialunigianese.it/biografie/calani-amelia/|titolo=Sarteschi Calani Carletti, Amelia|accesso=5 maggio 2025|data=13 maggio 2018}}</ref>
Molte donne offrirono un supporto logistico e finanziario, o presero parte direttamente alle attività cospirative, come accadde con le aderenti alla [[:w:Società delle Giardiniere|Società delle Giardiniere]], affiliate alla [[w:Carboneria|Carboneria]], tra le quali vi furono la pittrice [[:w:Bianca Milesi |Bianca Milesi Mojon]] e [[:w:Teresa Casati |Teresa Casati Confalonieri]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Cilloni, Giulia|anno=2013|titolo=La partecipazione delle donne al movimento cospiratorio risorgimentale|rivista=Kwartalnik Neofilologiczny|volume=60|numero=2|pp=225-237|lingua=|url=http://cejsh.icm.edu.pl/cejsh/element/bwmeta1.element.ojs-issn-0023-5911-year-2013-issue-2-article-bff516b5-c8dc-321c-b531-a4ff73f933ae}}</ref>[[File:Francesco Hayez - Cristina Trivulzio Belgiojoso.jpg|thumb|150px|Ritratto di ''Cristina Trivulzio di Belgiojoso.'' di [https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco%20Hayez Francesco Hayez], 1832, Collezione privata, Firenze]]Un altro ambito di partecipazione femminile fu quello della scrittura e del giornalismo. [[:w:Giuseppina Turrisi Colonna|Giuseppina Turrisi Colonna]], poetessa palermitana, utilizzò la poesia come strumento di espressione politica.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Chiara Natoli|anno=2023|titolo=Giuseppina Turrisi Colonna (Palermo 1822 - Palermo 1848)|rivista=Atlante|volume=18|lingua=|url=https://journals.openedition.org/atlante/29383}}</ref> [[:w:Cristina Trivulzio Belgiojoso|Cristina Trivulzio Belgiojoso]] (1808-1871), figura di primo piano del movimento risorgimentale, partecipò attivamente ai moti del 1848, organizzò ospedali da campo e fondò e diresse testate giornalistiche come la ''[[w:Gazzetta_Italiana|Gazzetta Italiana]]'' e ''Ausonio''.<ref>{{Cita libro|autore=Silvia Cavicchioli|titolo=Donne e politica nel 1848 italiano, tra partecipazione, cittadinanza e nazione|anno=2019|editore=Accademia University Press|pp=62-76|capitolo=|OCLC=1142951344|url=https://boa.unimib.it/retrieve/e39773b6-55d2-35a3-e053-3a05fe0aac26/Forme%20e%20metamorfosi%20della%20rappresentanza%20politica.pdf|curatore=Pietro Adamo, Antonio Chiavistelli, Paolo Soddu|opera=Forme e metamorfosi della rappresentanza politica: 1848 1948 1968}}</ref>
=== 3.2. La presenza femminile nei moti del 1848 ===
Durante i [[w:Moti_del_1848|moti rivoluzionari del 1848]], la partecipazione femminile assunse forme sempre più visibili e dirette. In molte città italiane le donne presero parte a manifestazioni, insurrezioni, proteste e attività di soccorso ai combattenti, offrendo assistenza ai feriti, ospitando patrioti e contribuendo logisticamente alle operazioni militari.
Alcune parteciparono attivamente agli scontri armati: Cristina Trivulzio di Belgiojoso, che a Napoli reclutò più di 150 volontari e noleggiò un vapore a sue spese per raggiungere Milano appena insorta, si trovò a coordinare un battaglione di volontari lombardi durante la difesa di Roma; si ha inoltre notizia di donne che, travestite da uomini, combatterono sulle barricate, come accadde a Milano e Venezia.<ref name=":0">{{Cita libro|cognome=Banti|nome=Alberto Mario|titolo=Il Risorgimento italiano|editore=Laterza|anno=2004|ISBN=9788842071747|Pagina=|p=95}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Laura Guidi|anno=2000|titolo=Patriottismo femminile e travestimenti sulla scena risorgimentale|rivista=Studi storici|volume=41|numero=2|pp=571-587}}</ref>
Nel discorso pubblico e nella stampa risorgimentale, le donne vennero spesso rappresentate come custodi di un nuovo ordine morale, elevandole a garanti della coesione nazionale e del sentimento patriottico. Questa idealizzazione rafforzava tuttavia la tradizionale dicotomia tra sfera pubblica maschile e sfera privata femminile, relegando le donne a ruoli di madri e mogli virtuose, educatrici e muse ispiratrici.<ref>{{Cita|Cavicchioli|pp. 64}}</ref>
In varie località, tuttavia, le donne manifestarono il desiderio di un coinvolgimento più diretto, mettendo in discussione i ruoli di genere codificati. A Venezia, durante l’insurrezione contro gli austriaci del 1848, Elisabetta Michiel Giustinian, Antonietta Dal Cerè e Teresel Moscon, anche a nome di altre patriote, richiesero formalmente al comandante della Guardia Civica di poter costituire un battaglione femminile, per poter condividere con i loro padri, mariti e fratelli i pericoli e l'onore della lotta per l'indipendenza nazionale.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 115}}</ref><ref>{{Cita|Zazzeri|pp. 166}}</ref>
Le autorità risposero con ironia o con atteggiamenti paternalistici, autorizzando solo attività ausiliarie come la cura dei feriti o la preparazione di cartucce. Le donne armate erano viste come una minaccia all’ordine sociale e al modello di cittadinanza vigente.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 118}}</ref><ref name=":0" />
In questo contesto nacque a Venezia uno dei pochi periodici femminili del 1848, ''Il Circolo delle Donne Italiane'', in cui si affermava l’importanza del ruolo femminile nella guerra e si collegava la partecipazione patriottica alla richiesta di piena cittadinanza. Nell'articolo di apertura del primo numero, Adele Cortesi rivendicò l’emancipazione femminile, con le stesse motivazioni presenti nel testo ''La causa delle donne'', scritto durante la [[w:Repubblica_di_Venezia|Repubblica del 1797]] da un'anonima "cittadina".<ref>{{Cita|Filippini|pp. 121}}</ref>
Anche a Roma, il periodico di impronta politico-pedagogica ''La donna italiana'' (aprile-novembre 1848), diretto da Cesare Bordiga, rappresentò un significativo tentativo di costruzione di uno spazio pubblico femminile. L'educazione femminile fu una tema ricorrente, con interventi che auspicavano un "giusto mezzo" per liberare le donne dall'ignoranza e dalla schiavitù familiare, pur mantenendo in qualche modo l'orizzonte delle "domestiche cure". <ref>{{Cita pubblicazione|autore=Rosanna de Longis|anno=2002|titolo=“La donna italiana”. Un giornale del 1848|rivista=Genesis|volume=1|numero=1|pp=261-266}}</ref> Ampio spazio venne dedicato alla cronaca delle azioni patriottiche compiute dalle donne, con resoconti di voci provenienti da tutta Italia, come la cronaca della partecipazione femminile alle [[w:Cinque_giornate_di_Milano|cinque giornate di Milano]]. Autrici romane e non contribuirono al giornale con appelli, articoli, rassegne e componimenti poetici. <ref>{{Cita pubblicazione|autore=Chiara Licameli|anno=2018|titolo=Voci di donne per una Italia Unita: «La donna Italiana: giornale politico-letterario»|rivista=Altrelettere|numero=7|pp=1-23|doi=0.5903/al_uzh-37}}</ref>
In altre regioni alcune donne pubblicarono corrispondenze su giornali liberal-nazionali come ''[[w:Il_Risorgimento_(Torino)|Il Risorgimento]]'' di Torino e ''Il Nazionale'' di Napoli (1848), offrendo un punta di vista femminile sugli eventi politici e sociali dell’epoca.<ref>{{Cita|Soldani 2007|p. 219}}</ref>
==== 3.2.1. Le dinamiche nel Meridione ====
Nel Mezzogiorno la partecipazione delle donne al processo risorgimentale assunse tratti peculiari, legati alla complessa realtà politica del Regno delle Due Sicilie e all’intreccio tra legittimismo borbonico, moti costituzionali e aspirazioni indipendentiste.<ref name=":1">{{Cita libro|titolo=Il Risorgimento invisibile. Patriote del mezzogiorno d'Italia|anno=2011|editore=Edizioni del Comune di Napoli|città=Napoli|url=http://www.fedoa.unina.it/8452/1/PATRIOTE_DEL_MEZZOGIORNO_%28web%29.pdf|curatore=Laura Guidi, Angela Russo, Marcella Varriale}}</ref>
L’apporto delle donne meridionali alla causa nazionale si manifestò sia attraverso la partecipazione attiva alle insurrezioni e alla propaganda patriottica, sia mediante una intensa attività assistenziale, informativa e organizzativa, spesso svolta all’interno delle mura domestiche o di istituzioni religiose, che fungevano da copertura alle iniziative cospirative. Un caso emblematico fu quello di [[w:Enrichetta_Caracciolo|Enrichetta Caracciolo]], badessa napoletana che, pur appartenendo a una famiglia aristocratica legata alla corte borbonica, aderì alle idee liberali e divenne una figura di riferimento dell’ambiente intellettuale napoletano postunitario. La sua opera più nota, ''Misteri del chiostro napoletano'' (1864), sebbene pubblicata dopo l’unificazione, offre una testimonianza importante sul clima culturale e sociale che precedette e accompagnò i moti risorgimentali, evidenziando le tensioni tra vocazione religiosa e costrizione sociale.<ref>{{Cita libro|cognome=Caracciolo|nome=Enrichetta|titolo=Misteri del chiostro napoletano|editore=Giunti|anno=1991|ISBN=88-09-20199-X|p=|città=Firenze}}</ref>
A Napoli diverse donne parteciparono attivamente ai salotti liberali, come quello di Francesco Ricciardi, di Laura Beatrice Oliva Mancini, di Guacci Nobile, luoghi di confronto intellettuale e centri di circolazione di idee patriottiche frequentati da artisti, intellettuali ed esponenti della cultura progressista. Qui si formò il ''Circolo delle poetesse Sebezie,'' composto da autrici impegnate a utilizzare la poesia come strumento di educazione civile e politica. Nei loro componimenti patriottici includevano l'esaltazione della donna guerriera e dell’eroismo femminile. Nella primavera 1848, diretto da donne, comparve nella città partenopea il trisettimale ''Un comitato di donne'', uscito fino all'aprile dello stesso anno.<ref name=":1" />
Una figura centrale fu [[:w:Antonietta De Pace|Antonietta De Pace]] (1818-1893), patriota leccese attiva a Napoli, militante mazziniana e membro del Comitato napoletano della [[w:Giovane_Italia|Giovane Italia]]. Dopo aver supportato la spedizione dei Mille si occupò dell'organizzazione dei servizi sanitari per i feriti, dirigendo anche ospedali militari allestiti in città.<ref name=":2">{{Cita web|autore=Jolanda Leccese|url=https://donnarte.wordpress.com/2012/02/08/patriote-del-mezzogiorno-ditalia/|titolo=Patriote del Mezzogiorno d’Italia|accesso=14 maggio 2025|data=8 febbraio 2012}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://donnedinapoli.coopdedalus.org/1309/antonietta-de-pace/|titolo=Antonietta De Pace|accesso=28 maggio 2025}}</ref>
A Palermo, la Legione delle Pie Sorelle, fondata nel 1848 da donne appartenenti all’associazionismo democratico, era composta da 1200 consorelle suddivise in dodici centurie, la cui attività si concentrava sul sociale, in particolare sull'educazione popolare e sulla raccolta di fondi per sostenere le vedove, gli orfani, finanziare asili per l'infanzia e una scuola popolare.<ref>{{Cita|Natoli|pp. 5-6}}</ref> Le Pie Sorelle pubblicarono anche un proprio giornale, ''La Legione delle Pie Sorelle'', che, insieme a ''La tribuna delle donne'',<ref>{{Cita|Natoli|pp. 6}}</ref> rese Palermo un centro comparabile al resto d'Italia sul fronte della stampa femminile.<ref>{{Cita|Grimaldi|pp. 23}}</ref>
Tra le donne impegnate nel contesto siciliano, [[:w:Rosina Muzio Salvo|Rosina Muzio Salvo]], Concetta Ramondetta Fileti, Laura Li Greci e Cecilia Stazzone erano scrittrici e poetesse che utilizzarono la letteratura come veicolo di educazione morale e patriottica. I loro scritti celebravano le ricorrenze rivoluzionarie, commemoravano i caduti e difendevano la causa siciliana nel contesto del sentimento nazionale italiano.<ref>{{Cita|Natoli|pp. 11}}</ref> Nonostante le difficoltà, alcune si distinsero per il loro "eroico e impavido amore verso la Patria", compiendo atti di coraggio diretto: Santa Astorino sparò il primo colpo contro le truppe borboniche a Palermo il 12 gennaio 1848, [[:w:Rosa Donato|Rosa Donato]] contribuì alla difesa di Messina manovrando un cannoncino, e le donne di Siracusa costruirono un bastione chiamato "Forte delle Dame" in loro onore.<ref>{{Cita|Grimaldi|pp. 65}}</ref> La poetessa [[:w:Giuseppina Turrisi Colonna|Giuseppina Turrisi Colonna]] si distinse per una riflessione moderna sul ruolo delle donne nella società e nelle lettere, mettendo in discussione il primato maschile, e legando l’emancipazione alla crescita della nazione.<ref>{{Cita|Grimaldi|pp. 29-30}}</ref>
Dopo l’Unità, alcune patriote come Antonietta De Pace e Giulia Caracciolo di Forino si dedicarono a opere di assistenza sociale, promuovendo l’istruzione popolare femminile e iniziative di emancipazione. Giulia Caracciolo fondò un opificio femminile destinato alla formazione professionale e all’indipendenza economica delle giovani indigenti, e sostenne proposte legislative per l’equiparazione giuridica tra i sessi.<ref name=":2" />
=== 3.3. Dagli anni cinquanta all'unificazione: il ruolo delle donne nei contesti bellici e politici ===
Dopo il triennio rivoluzionario (1846–1849), gli anni cinquanta dell'Ottocento furono connotati da un contesto politico meno favorevole all'intervento diretto delle donne. La centralità dell'azione patriottica si spostò dalle mobilitazioni civili alle strategie diplomatiche, governative e parlamentari, ambiti prevalentemente maschili. Anche le insurrezioni popolari che accompagnarono la caduta dei regimi centro-settentrionali furono guidati da strategie politiche che relegarono le donne a ruoli marginali e ausiliari.
Nonostante l'esclusione formale, molte donne continuarono a contribuire attivamente alla causa nazionale in diverse forme: partecipando ad attività cospirative e a organizzazioni politiche e insurrezionali, raccogliendo fondi, mettendo in atto gesti simbolici individuali, promovendo iniziative educative rivolte alla formazione delle "future italiane".<ref>{{Cita libro|autore=Simonetta Soldani|titolo=Educarsi, educare. Le «donne della nazione» dopo il Quarantotto|anno=2021|editore=Scripta edizioni|pp=498-500|opera=Pensare gli italiani 1849-1890. I. 1849-1859|curatore=Mario Allegri}}</ref>[[File:Monumento_alle_donne_di_Castiglione_delle_stiviere.JPG|miniatura|Castiglione delle Stiviere, monumento alle donne eroiche che soccorsero i feriti della battaglia di Solferino.]]A Venezia, dopo la caduta della [[w:Repubblica_di_San_Marco|Repubblica]] avvenuta nell'agosto 1849, alcune donne parteciparono alla riorganizzazione del movimento liberale, nonostante la dura repressione austriaca. Marianna Catterinetti Franco Fontana svolse un'importante ruolo di collegamento con i patrioti milanesi, attraverso il cognato, amico di [[w:Clara_Maffei|Clara Maffei]]; nel 1851 venne arrestata e condotta in prigione prima a Verona, poi a Venezia. [[w:Erminia_Fuà_Fusinato|Erminia Fuà Fusinato]] affiancò il marito e il cognato nell'attività insurrezionale, scelta che la condusse all'esilio fiorentino negli anni sessanta. Altre donne manifestarono il loro dissenso contro gli austriaci in modo simbolico, ostentando abiti a lutto, o al contrario, accessori che richiamavano il tricolore, disertando i teatri e celebrando le ricorrenze patriottiche.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 125-126}}</ref>
Durante la [[w:Seconda_guerra_d'indipendenza_italiana|seconda guerra d'indipendenza]], che si concluse con la sconfitta dell'Austria e l'acquisizione della Lombardia da parte del re di Sardegna, l'impegno di figure come Serafina Donadei, Maddalena Donadoni Giudici, Adeodata Friggeri e delle donne di [[w:Monumento_alle_donne_eroiche|Castiglione delle Stiviere]], che si dedicarono a soccorrere i combattenti, fu particolarmente ricordato dopo l'episodio cruciale della [[w:Battaglia_di_Solferino_e_San_Martino|battaglia di Solferino e San Martino]] (1859).<ref>{{Cita|Soldani 2007|p. 216}}</ref> Il loro operato pose le basi per la creazione della [[w:Movimento_Internazionale_della_Croce_Rossa_e_della_Mezzaluna_Rossa|Croce Rossa Internazionale]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Elisa Zanola|anno=2016|titolo=Donne sui campi di battaglia: le vivandiere|rivista=Bollettino Società di Soferino e San Martino|numero=9|p=24|url=https://www.solferinoesanmartino.it/wp-content/uploads/pdfs/it/bollettinisociali/9_2016.pdf}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://cri.it/cosa-facciamo/principi-e-valori-umanitari/storia-croce-rossa/|titolo=Storia della Croce Rossa|accesso=8 maggio 2025}}</ref>
==== 3.3.1. La Spedizione dei Mille ====
In Lombardia Felicita Bevilacqua promosse con altre donne una sottoscrizione nazionale a sostegno dell'[[w:Spedizione_dei_Mille|impresa dei Mille]], mentre altre patriote fecero da tramite tra le diverse organizzazioni o inviarono appelli al re o a Garibaldi.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 128-130}}</ref>
Nel maggio 1860 [[w:Rosalia_Montmasson|Rosalia Montmasson]] partecipò alla Spedizione, nonostante l'opposizione del compagno [[w:Francesco_Crispi|Francesco Crispi]]. Durante la campagna prestò soccorso ai feriti e nei momenti più critici, imbracciò le armi, guadagnandosi il soprannome di "Angelo dei Mille" ed "Eroina di Catalafimi". In Sicilia, si unirono all'impresa anche le patriote Antonia Masanello, la romana nota come "Marzia", la palermitana "Lia" e l'anglo-italiana [[w:Jessie_White-Mario|Jessie White-Mario]].<ref>{{Cita web|url=https://www.difesa.it/area-storica-html/pilloledistoria/rose-montmasson-una-patriota-che-combatte-per-lunita-ditalia/34935.html|titolo=Rose Montmasson, una patriota che combatté per l’Unità d’Italia|accesso=1 maggio 2025}}</ref>
[[File:Convocazione_plebiscito_1866_Treviso.jpg|miniatura|Comune di Treviso - convocazione del plebiscito di annessione del Veneto al regno d'Italia del 21-22 ottobre 1866]]
=== 3.4. Le rivendicazioni di inclusione politica: il dibattito sull'esclusione dai plebisciti ===
Nel giugno del 1866 [[w:Terza_guerra_d'indipendenza_italiana|il neonato Regno d'Italia dichiarò guerra all'Impero austriaco]], con l'obiettivo di completare l'unificazione nazionale.
Le province venete furono oggetto di dura repressione da parte austriaca; in risposta molte patriote si prepararono all'impegno nelle fila garibaldine e assunsero ruoli di rilievo all'interno delle organizzazioni politiche. Dopo la firma del [[w:Trattato_di_Vienna_(1866)|trattato di pace]], la fine della sovranità austriaca fu salutata da manifestazioni di giubilo popolare. La contessa Montalban Comello fu la prima ad esporre dal balcone del proprio palazzo la bandiera tricolore italiana.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 132-133}}</ref>
Nonostante l'attiva partecipazione femminile al processo risorgimentale, il [[w:Plebiscito_del_Veneto_del_1866|plebiscito per l’annessione del Veneto]] al Regno d’Italia ammise al voto solo i cittadini di sesso maschile. Le patriote venete protestarono indirizzando al re [[w:Vittorio_Emanuele_II_di_Savoia|Vittorio Emanuele II]] un documento intitolato ''Voto Femminile'', in cui lamentarono l'esclusione da un momento politico fondamentale, al quale avevano contribuito in modo determinante.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 135-136}}</ref>
Anche in altre città italiane le cronache riportarono episodi di protesta da parte di donne contro l'esclusione dal voto. In alcuni casi si concesse loro di depositare simbolicamente schede apocrife in urne separate, come testimonianza della loro convinta adesione al processo di costruzione del nuovo ordine nazionale.
Un'eccezione si era verificata nel 1860 nel [[w:Mezzogiorno_(Italia)|Mezzogiorno]] in occasione del [[w:Plebiscito_delle_province_napoletane_del_1860|plebiscito per l’annessione delle province napoletane]] del Regno delle Due Sicilie nel costituendo Regno d'Italia. [[w:Marianna_De_Crescenzo|Marianna De Crescenzo]] detta "la Sangiovannara", <ref>{{Cita|Fruci 2007|p. 33}}</ref> taverniera napoletana legata alla cosiddetta "camorra liberale", il [[w:Plebiscito_delle_province_siciliane_del_1860|21 ottobre 1860]] fu ammessa a votare, unica donna tra circa due milioni di votanti.<ref>{{Cita|Fruci 2007|pp. 32-34}}</ref> La sua partecipazione fu motivata dal ruolo attivo svolto nei giorni precedenti l’arrivo di [[w:Garibaldi|Garibaldi]] a Napoli.
=== 3.5. Costruzione della memoria risorgimentale, identità nazionale e rappresentazioni di genere ===
[[File:Adelaide cairoli.jpg|sinistra|miniatura|Adelaide Cairoli]]
Nel processo di costruzione della memoria risorgimentale, il ruolo femminile fu progressivamente ridimensionato, nonostante l’ampia partecipazione delle donne ai moti patriottici. Le narrazioni postunitarie preferirono enfatizzare il loro contributo come sostegno morale e affettivo agli uomini, incanalando la rappresentazione femminile in una cornice idealizzata e passiva. In questa visione, la nazione stessa fu simbolicamente "femminilizzata", raffigurata come madre amorevole e sofferente, da proteggere e riscattare, mentre alle donne reali veniva assegnato il compito di incarnare virtù domestiche e sacrificio silenzioso.
Tale modello si radicava in una più ampia eredità culturale, derivata dal [[w:Illuminismo|pensiero illuminista]] e dal riformismo settecentesco, che esaltava la funzione materna e pedagogica della donna, relegandola però a un ruolo subalterno nella sfera privata, esclusa dalla partecipazione politica e dalla cittadinanza attiva.<ref>{{Cita|Banti 2011|pp. 39-40}}</ref>
Nel processo di costruzione dell’[[w:Identità_nazionale|identità nazionale]] italiana, si affermò così una netta distinzione tra i compiti attribuiti ai due sessi: agli uomini spettava il compito di combattere, morire, fondare lo Stato, alle donne di assisterli, sostenere, allevare e trasmettere valori morali e patriottici. La figura della madre patriottica divenne un elemento simbolico centrale della nuova Italia, uno dei miti fondanti della nazione, come esemplificano le figure di [[w:Adelaide_Cairoli|Adelaide Cairoli]] e di [[w:Caterina_Franceschi_Ferrucci|Caterina Franceschi Ferrucci]], il cui impegno educativo e familiare fu spesso narrato come parte integrante della causa nazionale. I protagonisti delle gesta risorgimentali spesso omaggiarono nelle loro memorie le proprie madri, erette a emblema di dedizione silenziosa e di virtù civili, rendendo questo tributo materno un topos della retorica patriottica postrisorgimentale.<ref>{{Cita libro|autore=Rosanna De Longis|titolo=Le donne hanno avuto un Risorgimento? Elementi per una discussione|anno=1991|editore=Rosenberg & Sellier|città=Torino|p=p. 85|cid=De Longis|OCLC=800560792|opera=Memoria : rivista di storia delle donne, n.31|pp=}}</ref><ref>{{Cita|Banti 2011|pp. 38-40}}</ref>
== Note ==
<references />
== Bibliografia ==
* {{Cita libro|autore=Alberto Maria Banti|titolo=Genere e nazione, in Sublime madre nostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo|anno=2011|editore=Laterza|città=Roma-Bari|OCLC=711845035|cid=Banti 2011}}
* {{Cita libro|autore=Silvia Chiavicchioli|titolo=Donne e politica nel 1848 italiano, tra partecipazione,
cittadinanza e nazione|anno=2019|editore=Accademia University Press|città=Torino|pp=62-76|curatore=Pietro Adamo, Antonio Chiavistelli, Paolo Soddu|OCLC=1142951344|cid=Cavicchioli|opera=Forme e metamorfosi della rappresentanza politica : 1848, 1948, 1968}}
* {{Cita libro|autore=Rosanna De Longis|titolo=Le donne hanno avuto un Risorgimento? Elementi per una discussione|anno=1981-1991|opera=Memoria : rivista di storia delle donne, n. 31|OCLC=800560792|cid=De Longis|editore=Rosenberg & Sellier|città=Torino}}
* {{Cita libro|autore=Nadia Maria Filippini|titolo=Donne sulla scena pubblica: società e politica in Veneto tra Sette e Ottocento|anno=2012|editore=F. Angeli|città=Milano|pp=|OCLC=1159091459|cid=Filippini}}
* {{Cita libro|autore=Gian Luca Fruci|titolo=Cittadine senza cittadinanza. La mobilitazione femminile nei plebisciti del Risorgimento (1848-1870)|anno=2007|editore=Viella|curatore=Vinzia Fiorino|opera=Genesis. V/2, 2006. Una donna, un voto|cid=Fruci 2007|OCLC=889151873}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Aurora Ornella Grimaldi|coautori=|titolo=Risorgimento e donne di Sicilia: Il canto di Giuseppina Turrisi Colonna|editore=Università di Salamanca|pp=|cid=Grimaldi}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Chiara Natoli|anno=2024|titolo=Scrittrici palermitane e rivoluzione: la ‘Strenna pel 12 gennaro 1849’|rivista=Sinestesie|volume=XIII|numero=43|pp=1-15|cid=Natoli}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Simonetta Soldani|anno=1999|titolo=Donne della nazione: presenze femminili nell'Italia del Quarantotto|rivista=Passato e presente|numero=46|pp=75-102|cid=Soldani}}
* {{Cita libro|autore=Simonetta Soldani|titolo=Il Risorgimento delle donne|anno=2007|editore=Einaudi|città=Torino|p=|OCLC=860142613|opera=Il Risorgimento|curatore=Alberto Mario Banti, Paul Ginsborg|cid=Soldani 2007}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Angelica Zazzeri|coautori=|anno=2006/2007|titolo=Donne in armi: immagini e rappresentazioni nell’Italia del 1848-49|rivista=Genesis: V/2, 2006|città=Roma|volume=|pp=165-188|cid=Zazzeri}}
[[Categoria:Storia del femminismo italiano]]
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{{Storia del femminismo italiano}}
{{Storia del femminismo italiano 1}}
== 3. Il Risorgimento: partecipazione femminile e questioni di cittadinanza ==
=== 3.1. Le donne nel contesto della mobilitazione risorgimentale ===
Sebbene la storiografia tradizionale si sia concentrata prevalentemente sulle figure maschili, durante il periodo risorgimentale molte donne svolsero un ruolo attivo nella vita politica, culturale e sociale del tempo, contribuendo in vario modo al processo di costruzione nazionale.<ref>{{Cita web|autore=Nadia Filippini|url=https://ilmanifesto.it/archivio/2003193546|titolo=Nuove genealogie per il Risorgimento|accesso=28 maggio 2025|data=11 febbraio 2012}}</ref>
Nei salotti e nei circoli intellettuali, spesso frequentati da esponenti dell’aristocrazia e dell’alta borghesia, alcune donne influenti - come la contessa bergamasca [[:w:Clara Maffei|Clara Maffei]] e la fiorentina [[:w:Amelia Sarteschi Calani Carletti|Amelia Sarteschi Calani Carletti]] - favorirono la diffusione delle idee patriottiche e liberali, la circolazione clandestina di pubblicazioni proibite, la discussione politica e la creazione di reti di relazioni tra patrioti.<ref>{{Cita web|autore=Amedeo Benedetti|url=https://www.enciclopedialunigianese.it/biografie/calani-amelia/|titolo=Sarteschi Calani Carletti, Amelia|accesso=5 maggio 2025|data=13 maggio 2018}}</ref>
Molte donne offrirono un supporto logistico e finanziario, o presero parte direttamente alle attività cospirative, come accadde con le aderenti alla [[:w:Società delle Giardiniere|Società delle Giardiniere]], affiliate alla [[w:Carboneria|Carboneria]], tra le quali vi furono la pittrice [[:w:Bianca Milesi |Bianca Milesi Mojon]] e [[:w:Teresa Casati |Teresa Casati Confalonieri]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Cilloni, Giulia|anno=2013|titolo=La partecipazione delle donne al movimento cospiratorio risorgimentale|rivista=Kwartalnik Neofilologiczny|volume=60|numero=2|pp=225-237|lingua=|url=http://cejsh.icm.edu.pl/cejsh/element/bwmeta1.element.ojs-issn-0023-5911-year-2013-issue-2-article-bff516b5-c8dc-321c-b531-a4ff73f933ae}}</ref>[[File:Francesco Hayez - Cristina Trivulzio Belgiojoso.jpg|thumb|150px|Ritratto di ''Cristina Trivulzio di Belgiojoso.'' di [https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco%20Hayez Francesco Hayez], 1832, Collezione privata, Firenze]]Un altro ambito di partecipazione femminile fu quello della scrittura e del giornalismo. [[:w:Giuseppina Turrisi Colonna|Giuseppina Turrisi Colonna]], poetessa palermitana, utilizzò la poesia come strumento di espressione politica.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Chiara Natoli|anno=2023|titolo=Giuseppina Turrisi Colonna (Palermo 1822 - Palermo 1848)|rivista=Atlante|volume=18|lingua=|url=https://journals.openedition.org/atlante/29383}}</ref> [[:w:Cristina Trivulzio Belgiojoso|Cristina Trivulzio Belgiojoso]] (1808-1871), figura di primo piano del movimento risorgimentale, partecipò attivamente ai moti del 1848, organizzò ospedali da campo e fondò e diresse testate giornalistiche come la ''[[w:Gazzetta_Italiana|Gazzetta Italiana]]'' e ''Ausonio''.<ref>{{Cita libro|autore=Silvia Cavicchioli|titolo=Donne e politica nel 1848 italiano, tra partecipazione, cittadinanza e nazione|anno=2019|editore=Accademia University Press|pp=62-76|capitolo=|OCLC=1142951344|url=https://boa.unimib.it/retrieve/e39773b6-55d2-35a3-e053-3a05fe0aac26/Forme%20e%20metamorfosi%20della%20rappresentanza%20politica.pdf|curatore=Pietro Adamo, Antonio Chiavistelli, Paolo Soddu|opera=Forme e metamorfosi della rappresentanza politica: 1848 1948 1968}}</ref>
=== 3.2. La presenza femminile nei moti del 1848 ===
Durante i [[w:Moti_del_1848|moti rivoluzionari del 1848]], la partecipazione femminile assunse forme sempre più visibili e dirette. In molte città italiane le donne presero parte a manifestazioni, insurrezioni, proteste e attività di soccorso ai combattenti, offrendo assistenza ai feriti, ospitando patrioti e contribuendo logisticamente alle operazioni militari.
Alcune parteciparono attivamente agli scontri armati: Cristina Trivulzio di Belgiojoso, che a Napoli reclutò più di 150 volontari e noleggiò un vapore a sue spese per raggiungere Milano appena insorta, si trovò a coordinare un battaglione di volontari lombardi durante la difesa di Roma; si ha inoltre notizia di donne che, travestite da uomini, combatterono sulle barricate, come accadde a Milano e Venezia.<ref name=":0">{{Cita libro|cognome=Banti|nome=Alberto Mario|titolo=Il Risorgimento italiano|editore=Laterza|anno=2004|ISBN=9788842071747|Pagina=|p=95}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Laura Guidi|anno=2000|titolo=Patriottismo femminile e travestimenti sulla scena risorgimentale|rivista=Studi storici|volume=41|numero=2|pp=571-587}}</ref>
Nel discorso pubblico e nella stampa risorgimentale, le donne vennero spesso rappresentate come custodi di un nuovo ordine morale, elevandole a garanti della coesione nazionale e del sentimento patriottico. Questa idealizzazione rafforzava tuttavia la tradizionale dicotomia tra sfera pubblica maschile e sfera privata femminile, relegando le donne a ruoli di madri e mogli virtuose, educatrici e muse ispiratrici.<ref>{{Cita|Cavicchioli|pp. 64}}</ref>
In varie località, tuttavia, le donne manifestarono il desiderio di un coinvolgimento più diretto, mettendo in discussione i ruoli di genere codificati. A Venezia, durante l’insurrezione contro gli austriaci del 1848, Elisabetta Michiel Giustinian, Antonietta Dal Cerè e Teresel Moscon, anche a nome di altre patriote, richiesero formalmente al comandante della Guardia Civica di poter costituire un battaglione femminile, per poter condividere con i loro padri, mariti e fratelli i pericoli e l'onore della lotta per l'indipendenza nazionale.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 115}}</ref><ref>{{Cita|Zazzeri|pp. 166}}</ref>
Le autorità risposero con ironia o con atteggiamenti paternalistici, autorizzando solo attività ausiliarie come la cura dei feriti o la preparazione di cartucce. Le donne armate erano viste come una minaccia all’ordine sociale e al modello di cittadinanza vigente.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 118}}</ref><ref name=":0" />
In questo contesto nacque a Venezia uno dei pochi periodici femminili del 1848, ''Il Circolo delle Donne Italiane'', in cui si affermava l’importanza del ruolo femminile nella guerra e si collegava la partecipazione patriottica alla richiesta di piena cittadinanza. Nell'articolo di apertura del primo numero, Adele Cortesi rivendicò l’emancipazione femminile, con le stesse motivazioni presenti nel testo ''La causa delle donne'', scritto durante la [[w:Repubblica_di_Venezia|Repubblica del 1797]] da un'anonima "cittadina".<ref>{{Cita|Filippini|pp. 121}}</ref>
Anche a Roma, il periodico di impronta politico-pedagogica ''La donna italiana'' (aprile-novembre 1848), diretto da Cesare Bordiga, rappresentò un significativo tentativo di costruzione di uno spazio pubblico femminile. L'educazione femminile fu una tema ricorrente, con interventi che auspicavano un "giusto mezzo" per liberare le donne dall'ignoranza e dalla schiavitù familiare, pur mantenendo in qualche modo l'orizzonte delle "domestiche cure". <ref>{{Cita pubblicazione|autore=Rosanna de Longis|anno=2002|titolo=“La donna italiana”. Un giornale del 1848|rivista=Genesis|volume=1|numero=1|pp=261-266}}</ref> Ampio spazio venne dedicato alla cronaca delle azioni patriottiche compiute dalle donne, con resoconti di voci provenienti da tutta Italia, come la cronaca della partecipazione femminile alle [[w:Cinque_giornate_di_Milano|cinque giornate di Milano]]. Autrici romane e non contribuirono al giornale con appelli, articoli, rassegne e componimenti poetici. <ref>{{Cita pubblicazione|autore=Chiara Licameli|anno=2018|titolo=Voci di donne per una Italia Unita: «La donna Italiana: giornale politico-letterario»|rivista=Altrelettere|numero=7|pp=1-23|doi=0.5903/al_uzh-37}}</ref>
In altre regioni alcune donne pubblicarono corrispondenze su giornali liberal-nazionali come ''[[w:Il_Risorgimento_(Torino)|Il Risorgimento]]'' di Torino e ''Il Nazionale'' di Napoli (1848), offrendo un punta di vista femminile sugli eventi politici e sociali dell’epoca.<ref>{{Cita|Soldani 2007|p. 219}}</ref>
==== 3.2.1. Le dinamiche nel Meridione ====
Nel Mezzogiorno la partecipazione delle donne al processo risorgimentale assunse tratti peculiari, legati alla complessa realtà politica del Regno delle Due Sicilie e all’intreccio tra legittimismo borbonico, moti costituzionali e aspirazioni indipendentiste.<ref name=":1">{{Cita libro|titolo=Il Risorgimento invisibile. Patriote del mezzogiorno d'Italia|anno=2011|editore=Edizioni del Comune di Napoli|città=Napoli|url=http://www.fedoa.unina.it/8452/1/PATRIOTE_DEL_MEZZOGIORNO_%28web%29.pdf|curatore=Laura Guidi, Angela Russo, Marcella Varriale}}</ref>
L’apporto delle donne meridionali alla causa nazionale si manifestò sia attraverso la partecipazione attiva alle insurrezioni e alla propaganda patriottica, sia mediante una intensa attività assistenziale, informativa e organizzativa, spesso svolta all’interno delle mura domestiche o di istituzioni religiose, che fungevano da copertura alle iniziative cospirative. Un caso emblematico fu quello di [[w:Enrichetta_Caracciolo|Enrichetta Caracciolo]], badessa napoletana che, pur appartenendo a una famiglia aristocratica legata alla corte borbonica, aderì alle idee liberali e divenne una figura di riferimento dell’ambiente intellettuale napoletano postunitario. La sua opera più nota, ''Misteri del chiostro napoletano'' (1864), sebbene pubblicata dopo l’unificazione, offre una testimonianza importante sul clima culturale e sociale che precedette e accompagnò i moti risorgimentali, evidenziando le tensioni tra vocazione religiosa e costrizione sociale.<ref>{{Cita libro|cognome=Caracciolo|nome=Enrichetta|titolo=Misteri del chiostro napoletano|editore=Giunti|anno=1991|ISBN=88-09-20199-X|p=|città=Firenze}}</ref>
A Napoli diverse donne parteciparono attivamente ai salotti liberali, come quello di Francesco Ricciardi, di Laura Beatrice Oliva Mancini, di Guacci Nobile, luoghi di confronto intellettuale e centri di circolazione di idee patriottiche frequentati da artisti, intellettuali ed esponenti della cultura progressista. Qui si formò il ''Circolo delle poetesse Sebezie,'' composto da autrici impegnate a utilizzare la poesia come strumento di educazione civile e politica. Nei loro componimenti patriottici includevano l'esaltazione della donna guerriera e dell’eroismo femminile. Nella primavera del 1848, diretto da donne, comparve nella città partenopea il trisettimale ''Un comitato di donne'', uscito fino all'aprile dello stesso anno.<ref name=":1" />
Una figura centrale fu [[:w:Antonietta De Pace|Antonietta De Pace]] (1818-1893), patriota leccese attiva a Napoli, militante mazziniana e membro del Comitato napoletano della [[w:Giovane_Italia|Giovane Italia]]. Dopo aver supportato la spedizione dei Mille si occupò dell'organizzazione dei servizi sanitari per i feriti, dirigendo anche ospedali militari allestiti in città.<ref name=":2">{{Cita web|autore=Jolanda Leccese|url=https://donnarte.wordpress.com/2012/02/08/patriote-del-mezzogiorno-ditalia/|titolo=Patriote del Mezzogiorno d’Italia|accesso=14 maggio 2025|data=8 febbraio 2012}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://donnedinapoli.coopdedalus.org/1309/antonietta-de-pace/|titolo=Antonietta De Pace|accesso=28 maggio 2025}}</ref>
A Palermo, la Legione delle Pie Sorelle, fondata nel 1848 da donne appartenenti all’associazionismo democratico, era composta da 1200 consorelle suddivise in dodici centurie, la cui attività si concentrava sul sociale, in particolare sull'educazione popolare e sulla raccolta di fondi per sostenere le vedove, gli orfani, finanziare asili per l'infanzia e una scuola popolare.<ref>{{Cita|Natoli|pp. 5-6}}</ref> Le Pie Sorelle pubblicarono anche un proprio giornale, ''La Legione delle Pie Sorelle'', che, insieme a ''La tribuna delle donne'',<ref>{{Cita|Natoli|pp. 6}}</ref> rese Palermo un centro comparabile al resto d'Italia sul fronte della stampa femminile.<ref>{{Cita|Grimaldi|pp. 23}}</ref>
Tra le donne impegnate nel contesto siciliano, [[:w:Rosina Muzio Salvo|Rosina Muzio Salvo]], Concetta Ramondetta Fileti, Laura Li Greci e Cecilia Stazzone erano scrittrici e poetesse che utilizzarono la letteratura come veicolo di educazione morale e patriottica. I loro scritti celebravano le ricorrenze rivoluzionarie, commemoravano i caduti e difendevano la causa siciliana nel contesto del sentimento nazionale italiano.<ref>{{Cita|Natoli|pp. 11}}</ref> Nonostante le difficoltà, alcune si distinsero per il loro "eroico e impavido amore verso la Patria", compiendo atti di coraggio diretto: Santa Astorino sparò il primo colpo contro le truppe borboniche a Palermo il 12 gennaio 1848, [[:w:Rosa Donato|Rosa Donato]] contribuì alla difesa di Messina manovrando un cannoncino, e le donne di Siracusa costruirono un bastione chiamato "Forte delle Dame" in loro onore.<ref>{{Cita|Grimaldi|pp. 65}}</ref> La poetessa [[:w:Giuseppina Turrisi Colonna|Giuseppina Turrisi Colonna]] si distinse per una riflessione moderna sul ruolo delle donne nella società e nelle lettere, mettendo in discussione il primato maschile, e legando l’emancipazione alla crescita della nazione.<ref>{{Cita|Grimaldi|pp. 29-30}}</ref>
Dopo l’Unità, alcune patriote come Antonietta De Pace e Giulia Caracciolo di Forino si dedicarono a opere di assistenza sociale, promuovendo l’istruzione popolare femminile e iniziative di emancipazione. Giulia Caracciolo fondò un opificio femminile destinato alla formazione professionale e all’indipendenza economica delle giovani indigenti, e sostenne proposte legislative per l’equiparazione giuridica tra i sessi.<ref name=":2" />
=== 3.3. Dagli anni Cinquanta all'unificazione: il ruolo delle donne nei contesti bellici e politici ===
Dopo il triennio rivoluzionario (1846–1849), gli anni Cinquanta dell'Ottocento furono connotati da un contesto politico meno favorevole all'intervento diretto delle donne. La centralità dell'azione patriottica si spostò dalle mobilitazioni civili alle strategie diplomatiche, governative e parlamentari, ambiti prevalentemente maschili. Anche le insurrezioni popolari che accompagnarono la caduta dei regimi centro-settentrionali furono guidati da strategie politiche che relegarono le donne a ruoli marginali e ausiliari.
Nonostante l'esclusione formale, molte donne continuarono a contribuire attivamente alla causa nazionale in diverse forme: partecipando ad attività cospirative e a organizzazioni politiche e insurrezionali, raccogliendo fondi, mettendo in atto gesti simbolici individuali, promovendo iniziative educative rivolte alla formazione delle "future italiane".<ref>{{Cita libro|autore=Simonetta Soldani|titolo=Educarsi, educare. Le «donne della nazione» dopo il Quarantotto|anno=2021|editore=Scripta edizioni|pp=498-500|opera=Pensare gli italiani 1849-1890. I. 1849-1859|curatore=Mario Allegri}}</ref>[[File:Monumento_alle_donne_di_Castiglione_delle_stiviere.JPG|miniatura|Castiglione delle Stiviere, monumento alle donne eroiche che soccorsero i feriti della battaglia di Solferino.]]A Venezia, dopo la caduta della [[w:Repubblica_di_San_Marco|Repubblica]] avvenuta nell'agosto 1849, alcune donne parteciparono alla riorganizzazione del movimento liberale, nonostante la dura repressione austriaca. Marianna Catterinetti Franco Fontana svolse un'importante ruolo di collegamento con i patrioti milanesi, attraverso il cognato, amico di [[w:Clara_Maffei|Clara Maffei]]; nel 1851 venne arrestata e condotta in prigione prima a Verona, poi a Venezia. [[w:Erminia_Fuà_Fusinato|Erminia Fuà Fusinato]] affiancò il marito e il cognato nell'attività insurrezionale, scelta che la condusse all'esilio fiorentino negli anni Sessanta. Altre donne manifestarono il loro dissenso contro gli austriaci in modo simbolico, ostentando abiti a lutto, o al contrario, accessori che richiamavano il tricolore, disertando i teatri e celebrando le ricorrenze patriottiche.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 125-126}}</ref>
Durante la [[w:Seconda_guerra_d'indipendenza_italiana|seconda guerra d'indipendenza]], che si concluse con la sconfitta dell'Austria e l'acquisizione della Lombardia da parte del re di Sardegna, l'impegno di figure come Serafina Donadei, Maddalena Donadoni Giudici, Adeodata Friggeri e delle donne di [[w:Monumento_alle_donne_eroiche|Castiglione delle Stiviere]], che si dedicarono a soccorrere i combattenti, fu particolarmente ricordato dopo l'episodio cruciale della [[w:Battaglia_di_Solferino_e_San_Martino|battaglia di Solferino e San Martino]] (1859).<ref>{{Cita|Soldani 2007|p. 216}}</ref> Il loro operato pose le basi per la creazione della [[w:Movimento_Internazionale_della_Croce_Rossa_e_della_Mezzaluna_Rossa|Croce Rossa Internazionale]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Elisa Zanola|anno=2016|titolo=Donne sui campi di battaglia: le vivandiere|rivista=Bollettino Società di Soferino e San Martino|numero=9|p=24|url=https://www.solferinoesanmartino.it/wp-content/uploads/pdfs/it/bollettinisociali/9_2016.pdf}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://cri.it/cosa-facciamo/principi-e-valori-umanitari/storia-croce-rossa/|titolo=Storia della Croce Rossa|accesso=8 maggio 2025}}</ref>
==== 3.3.1. La Spedizione dei Mille ====
In Lombardia Felicita Bevilacqua promosse con altre donne una sottoscrizione nazionale a sostegno dell'[[w:Spedizione_dei_Mille|impresa dei Mille]], mentre altre patriote fecero da tramite tra le diverse organizzazioni o inviarono appelli al re o a Garibaldi.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 128-130}}</ref>
Nel maggio 1860 [[w:Rosalia_Montmasson|Rosalia Montmasson]] partecipò alla Spedizione, nonostante l'opposizione del compagno [[w:Francesco_Crispi|Francesco Crispi]]. Durante la campagna prestò soccorso ai feriti e, nei momenti più critici, imbracciò le armi, guadagnandosi il soprannome di "Angelo dei Mille" ed "Eroina di Catalafimi". In Sicilia, si unirono all'impresa anche le patriote Antonia Masanello, la romana nota come "Marzia", la palermitana "Lia" e l'anglo-italiana [[w:Jessie_White-Mario|Jessie White-Mario]].<ref>{{Cita web|url=https://www.difesa.it/area-storica-html/pilloledistoria/rose-montmasson-una-patriota-che-combatte-per-lunita-ditalia/34935.html|titolo=Rose Montmasson, una patriota che combatté per l’Unità d’Italia|accesso=1 maggio 2025}}</ref>
[[File:Convocazione_plebiscito_1866_Treviso.jpg|miniatura|Comune di Treviso - convocazione del plebiscito di annessione del Veneto al regno d'Italia del 21-22 ottobre 1866]]
=== 3.4. Le rivendicazioni di inclusione politica: il dibattito sull'esclusione dai plebisciti ===
Nel giugno del 1866 [[w:Terza_guerra_d'indipendenza_italiana|il neonato Regno d'Italia dichiarò guerra all'Impero austriaco]], con l'obiettivo di completare l'unificazione nazionale.
Le province venete furono oggetto di dura repressione da parte austriaca; in risposta molte patriote si prepararono all'impegno nelle fila garibaldine e assunsero ruoli di rilievo all'interno delle organizzazioni politiche. Dopo la firma del [[w:Trattato_di_Vienna_(1866)|trattato di pace]], la fine della sovranità austriaca fu salutata da manifestazioni di giubilo popolare. La contessa Montalban Comello fu la prima ad esporre dal balcone del proprio palazzo la bandiera tricolore italiana.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 132-133}}</ref>
Nonostante l'attiva partecipazione femminile al processo risorgimentale, il [[w:Plebiscito_del_Veneto_del_1866|plebiscito per l’annessione del Veneto]] al Regno d’Italia ammise al voto solo i cittadini di sesso maschile. Le patriote venete protestarono indirizzando al re [[w:Vittorio_Emanuele_II_di_Savoia|Vittorio Emanuele II]] un documento intitolato ''Voto Femminile'', in cui lamentarono l'esclusione da un momento politico fondamentale, al quale avevano contribuito in modo determinante.<ref>{{Cita|Filippini|pp. 135-136}}</ref>
Anche in altre città italiane le cronache riportarono episodi di protesta da parte di donne contro l'esclusione dal voto. In alcuni casi si concesse loro di depositare simbolicamente schede apocrife in urne separate, come testimonianza della loro convinta adesione al processo di costruzione del nuovo ordine nazionale.
Un'eccezione si era verificata nel 1860 nel [[w:Mezzogiorno_(Italia)|Mezzogiorno]] in occasione del [[w:Plebiscito_delle_province_napoletane_del_1860|plebiscito per l’annessione delle province napoletane]] del Regno delle Due Sicilie nel costituendo Regno d'Italia. [[w:Marianna_De_Crescenzo|Marianna De Crescenzo]] detta "la Sangiovannara", <ref>{{Cita|Fruci 2007|p. 33}}</ref> taverniera napoletana legata alla cosiddetta "camorra liberale", il [[w:Plebiscito_delle_province_siciliane_del_1860|21 ottobre 1860]] fu ammessa a votare, unica donna tra circa due milioni di votanti.<ref>{{Cita|Fruci 2007|pp. 32-34}}</ref> La sua partecipazione fu motivata dal ruolo attivo svolto nei giorni precedenti l’arrivo di [[w:Garibaldi|Garibaldi]] a Napoli.
=== 3.5. Costruzione della memoria risorgimentale, identità nazionale e rappresentazioni di genere ===
[[File:Adelaide cairoli.jpg|sinistra|miniatura|Adelaide Cairoli]]
Nel processo di costruzione della memoria risorgimentale, il ruolo femminile fu progressivamente ridimensionato, nonostante l’ampia partecipazione delle donne ai moti patriottici. Le narrazioni postunitarie preferirono enfatizzare il loro contributo come sostegno morale e affettivo agli uomini, incanalando la rappresentazione femminile in una cornice idealizzata e passiva. In questa visione, la nazione stessa fu simbolicamente "femminilizzata", raffigurata come madre amorevole e sofferente, da proteggere e riscattare, mentre alle donne reali veniva assegnato il compito di incarnare virtù domestiche e sacrificio silenzioso.
Tale modello si radicava in una più ampia eredità culturale, derivata dal [[w:Illuminismo|pensiero illuminista]] e dal riformismo settecentesco, che esaltava la funzione materna e pedagogica della donna, relegandola però a un ruolo subalterno nella sfera privata, esclusa dalla partecipazione politica e dalla cittadinanza attiva.<ref>{{Cita|Banti 2011|pp. 39-40}}</ref>
Nel processo di costruzione dell’[[w:Identità_nazionale|identità nazionale]] italiana, si affermò così una netta distinzione tra i compiti attribuiti ai due sessi: agli uomini spettava il compito di combattere, morire, fondare lo Stato, alle donne di assisterli, sostenere, allevare e trasmettere valori morali e patriottici. La figura della madre patriottica divenne un elemento simbolico centrale della nuova Italia, uno dei miti fondanti della nazione, come esemplificano le figure di [[w:Adelaide_Cairoli|Adelaide Cairoli]] e di [[w:Caterina_Franceschi_Ferrucci|Caterina Franceschi Ferrucci]], il cui impegno educativo e familiare fu spesso narrato come parte integrante della causa nazionale. I protagonisti delle gesta risorgimentali spesso omaggiarono nelle loro memorie le proprie madri, erette a emblema di dedizione silenziosa e di virtù civili, rendendo questo tributo materno un topos della retorica patriottica postrisorgimentale.<ref>{{Cita libro|autore=Rosanna De Longis|titolo=Le donne hanno avuto un Risorgimento? Elementi per una discussione|anno=1991|editore=Rosenberg & Sellier|città=Torino|p=p. 85|cid=De Longis|OCLC=800560792|opera=Memoria : rivista di storia delle donne, n.31|pp=}}</ref><ref>{{Cita|Banti 2011|pp. 38-40}}</ref>
== Note ==
<references />
== Bibliografia ==
* {{Cita libro|autore=Alberto Maria Banti|titolo=Genere e nazione, in Sublime madre nostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo|anno=2011|editore=Laterza|città=Roma-Bari|OCLC=711845035|cid=Banti 2011}}
* {{Cita libro|autore=Silvia Chiavicchioli|titolo=Donne e politica nel 1848 italiano, tra partecipazione,
cittadinanza e nazione|anno=2019|editore=Accademia University Press|città=Torino|pp=62-76|curatore=Pietro Adamo, Antonio Chiavistelli, Paolo Soddu|OCLC=1142951344|cid=Cavicchioli|opera=Forme e metamorfosi della rappresentanza politica : 1848, 1948, 1968}}
* {{Cita libro|autore=Rosanna De Longis|titolo=Le donne hanno avuto un Risorgimento? Elementi per una discussione|anno=1981-1991|opera=Memoria : rivista di storia delle donne, n. 31|OCLC=800560792|cid=De Longis|editore=Rosenberg & Sellier|città=Torino}}
* {{Cita libro|autore=Nadia Maria Filippini|titolo=Donne sulla scena pubblica: società e politica in Veneto tra Sette e Ottocento|anno=2012|editore=F. Angeli|città=Milano|pp=|OCLC=1159091459|cid=Filippini}}
* {{Cita libro|autore=Gian Luca Fruci|titolo=Cittadine senza cittadinanza. La mobilitazione femminile nei plebisciti del Risorgimento (1848-1870)|anno=2007|editore=Viella|curatore=Vinzia Fiorino|opera=Genesis. V/2, 2006. Una donna, un voto|cid=Fruci 2007|OCLC=889151873}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Aurora Ornella Grimaldi|coautori=|titolo=Risorgimento e donne di Sicilia: Il canto di Giuseppina Turrisi Colonna|editore=Università di Salamanca|pp=|cid=Grimaldi}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Chiara Natoli|anno=2024|titolo=Scrittrici palermitane e rivoluzione: la ‘Strenna pel 12 gennaro 1849’|rivista=Sinestesie|volume=XIII|numero=43|pp=1-15|cid=Natoli}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Simonetta Soldani|anno=1999|titolo=Donne della nazione: presenze femminili nell'Italia del Quarantotto|rivista=Passato e presente|numero=46|pp=75-102|cid=Soldani}}
* {{Cita libro|autore=Simonetta Soldani|titolo=Il Risorgimento delle donne|anno=2007|editore=Einaudi|città=Torino|p=|OCLC=860142613|opera=Il Risorgimento|curatore=Alberto Mario Banti, Paul Ginsborg|cid=Soldani 2007}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Angelica Zazzeri|coautori=|anno=2006/2007|titolo=Donne in armi: immagini e rappresentazioni nell’Italia del 1848-49|rivista=Genesis: V/2, 2006|città=Roma|volume=|pp=165-188|cid=Zazzeri}}
[[Categoria:Storia del femminismo italiano]]
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{{Sommario|titolo=Storia del femminismo italiano|contenuto=
[[Storia del femminismo italiano/1. Origini del termine "femminismo" e questioni storiografiche|1. Origini del termine "femminismo" e questioni storiografiche]] ·
[[Storia del femminismo italiano/1.1. Concetto ed etimologia del termine "femminismo"|1.1. Concetto ed etimologia del termine "femminismo"]] ·
[[Storia del femminismo italiano/1.2. "Femminismo" ed "emancipazionismo" nella storiografia italiana|1.2. "Femminismo" ed "emancipazionismo" nella storiografia italiana]] ·
[[Storia del femminismo italiano/2. Premesse storiche del femminismo: dalla Querelle des femmes all'età dei Lumi|2. Premesse storiche del femminismo: dalla Querelle des femmes all'età dei Lumi]] ·
[[Storia del femminismo italiano/2.1. La Querelle des femmes|2.1. La Querelle des femmes]] ·
[[Storia del femminismo italiano/2.2. Illuminismo e diritti delle donne|2.2. Illuminismo e diritti delle donne]] ·
[[Storia del femminismo italiano/2.3. Il dibattito sull'istruzione femminile|2.3. Il dibattito sull'istruzione femminile]] ·
[[Storia del femminismo italiano/2.4. Pioniere del giornalismo femminile|2.4. Pioniere del giornalismo femminile]] ·
[[Storia del femminismo italiano/2.5. La Repubblica napoletana del 1799 e il protagonismo femminile|2.5. La Repubblica napoletana del 1799 e il protagonismo femminile]] ·
[[Storia del femminismo italiano/3. Il Risorgimento: partecipazione femminile e questioni di cittadinanza|3. Il Risorgimento: partecipazione femminile e questioni di cittadinanza]] ·
[[Storia del femminismo italiano/3.1. Le donne nel contesto della mobilitazione risorgimentale|3.1. Le donne nel contesto della mobilitazione risorgimentale]] ·
[[Storia del femminismo italiano/3.2. La presenza femminile nei moti del 1848|3.2. La presenza femminile nei moti del 1848]] ·
[[Storia del femminismo italiano/3.2.1. Le dinamiche nel Meridione|3.2.1. Le dinamiche nel Meridione]] ·
[[Storia del femminismo italiano/3.3. Dagli anni cinquanta all'unificazione: il ruolo delle donne nei contesti bellici e politici|Storia del femminismo italiano/3.3. Dagli anni cinquanta all'unificazione: il ruolo delle donne nei contesti bellici e politici]] ·
[[Storia del femminismo italiano/3.3.1. La Spedizione dei Mille|3.3.1. La Spedizione dei Mille]] ·
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Storia del femminismo italiano/2. Premesse storiche del femminismo: dalla Querelle des femmes all'età dei Lumi
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{{Storia del femminismo italiano}}
{{Storia del femminismo italiano 1}}
== 2. Premesse storiche del femminismo: dalla ''Querelle des femmes'' all'età dei Lumi ==
=== 2.1. La querelle des femmes ===
La consapevolezza delle asimmetrie di potere tra donne e uomini e la messa in discussione della cultura patriarcale si manifestarono in forme diverse e con livelli variabili di articolazione ben prima dell’emergere del femminismo come movimento politico strutturato nel XIX secolo e della stessa coniazione del termine “femminismo”.
Uno dei primi ambiti in cui si sviluppò una riflessione sistematica sulla condizione femminile fu la cosiddetta ''[[w:Querelle_des_femmes|Querelle des femmes]]'' (lett.: ''disputa sulle donne''), una lunga controversia culturale che attraversò l’Europa tra la fine del XIV e il XVIII secolo. In questo contesto, intellettuali di entrambi i sessi si confrontarono in un dibattito che anticipò molti temi ripresi in seguito dal pensiero femminista moderno, come l’eguaglianza dei sessi, il diritto all’istruzione, la critica degli stereotipi misogini e la valorizzazione dell’esperienza storica femminile.[[Immagine:Meister der 'Cité des Dames' 002.jpg|350px|sinistra|Le Livre de la Cité des dames|destra]]Una delle prime espressioni compiute di questa disputa si trova nell’opera di [[w:Christine_de_Pisan|Christine de Pisan]], che nella sua ''[[w:La_città_delle_dame|La città delle dame]]'' (1405) immagina una città ideale costruita e abitata da donne illustri del passato. L’autrice costruisce una narrazione alternativa alla tradizione misogina della letteratura medievale, confutando sistematicamente i pregiudizi maschili sulla natura femminile e rivendicando la dignità, l’intelligenza e la capacità morale delle donne.<ref>{{Cita|Kelly|p. 4}}</ref>
La ''querelle'' diede luogo a una vasta produzione letteraria e filosofica, articolata in due principali filoni: da un lato, gli scritti [[w:misoginia|misogini]], che reiteravano la rappresentazione della donna come essere inferiore, irrazionale e pericoloso; dall’altro, gli scritti “in difesa delle donne” (''pro femina''), che ne esaltavano le virtù, ne difendevano le capacità intellettuali e morali, e ne rivendicavano la piena umanità.<ref>{{Cita|Kelly|p. 6}}</ref>
Nel corpus misogino, ricorrevano argomentazioni che riflettevano i principali stereotipi culturali dell’epoca: la [[w:Lussuria|lussuria]], contrapposta all’ideale della castità femminile; il desiderio di potere, visto come trasgressione dei ruoli sociali prescritti; la condanna della parola femminile, vista come perniciosa loquacità o strumento di [[w:Seduzione|seduzione]], con riferimenti al mito di [[w:Eva|Eva]]; il corpo, considerato strumento di seduzione e vanità; e infine la conoscenza, bollata come indice di superbia e disordine quando perseguita dalle donne.<ref>{{Cita libro|autore=Margaret L. King, Albert Rabil|titolo=The other Voice in Early Modern Europe: Introduction to the series|anno=2005|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|cid=|OCLC=|lingua=en|pp=xxiv-xxix|curatore=Rebecca Messbarger, Paula Findlen|opera=The contest for knowledge : debates over women's learning in Eighteenth-century Italy}}</ref>
Durante il [[w:Rinascimento|Rinascimento]], alle donne colte veniva spesso attribuito lo status di ''[[w:virago|virago]]'', termine che designava eccezioni alla presunta inferiorità del sesso femminile. Tali eccezioni, paradossalmente, servivano a confermare la regola: le qualità intellettuali erano ammesse solo in quanto considerate “maschili” e quindi incompatibili con la femminilità “naturale”.<ref>{{Cita|Kelly|p. 8}}</ref>
==== 2.1.1. Contributi delle autrici italiane tra XVI e XVII secolo ====
Tra XVI e XVII secolo, il dibattito sulla condizione femminile conobbe in Italia un notevole sviluppo grazie al contributo di intellettuali che elaborarono risposte articolate alla tradizione misogina. [[w:Lucrezia_Marinella|Lucrezia Marinella]] con ''La nobiltà et l'eccellenza delle donne'' (1600), [[w:Moderata_Fonte|Moderata Fonte]] con ''Il merito delle donne'' (1600) e [[w:Arcangela_Tarabotti|Arcangela Tarabotti]] con ''Che le donne siano della spetie degli'' ''huomini"'' (1651), intervennero nel dibattito per affermare le capacità intellettuali, la dignità morale e la piena umanità delle donne.<ref>{{Cita|Messbarger|pp. 2-7}}</ref><ref>{{Cita libro|cognome=|nome=|curatore=Diana Robin, Anne R. Larsen, Carole Levin|titolo=Encyclopedia of Women in the Renaissance: Italy, France, and England|editore=ABC-CLIO|anno=2007|isbn=|pagina=|autore=|p=|ISBN=9781851097722|lingua=en|pp=213-216}}</ref>
Queste autrici operavano spesso da posizioni di marginalità culturale e sociale, come nel caso Tarabotti che scriveva dal convento in cui era stata forzatamente rinchiusa. Tale condizione di isolamento rese i loro scritti particolarmente significativi, trasformando i luoghi di reclusione in spazi di riflessione e produzione intellettuale.<ref name=":1">{{Cita|Messbarger|p. 7}}</ref><ref>{{Cita libro|cognome=|nome=|curatore=Meredith Kennedy Ray, Lynn Lara Westwater|titolo=Introduzione|autore=Gabriella Zarri|editore=Rosenberg & Sellier|anno=2005|luogo=|isbn=|capitolo=Introduzione|città=Torino|autore2=Arcangela Tarabotti|opera=Lettere familiari e di complimento|ISBN=9788870118988}}</ref>
La storica Margaret King ha definito questo contesto come una ''"cella foderata di libri''" ("''book-lined cell''"), evidenziando come queste donne fossero capaci di sovvertire i limiti imposti, trasformando la clausura in una forma alternativa di autorità intellettuale.<ref>{{Cita libro|autore=Margaret L. King|titolo=Book-Lined Cells: Women and Humanism in the Early Italian Renaissance|anno=1988|editore=University of Pennsylvania Press|città=Philadelphia|pp=434-454|opera=Renaissance Humanism, Volume 1: Foundations, Forms, and Legacy|curatore=Albert Rabil Jr.|lingua=en}}</ref>
=== 2.2. Illuminismo e diritti delle donne ===
[[File:Olympe gouges.jpg|sinistra|miniatura|Esecuzione di [[w:Olympe_de_Gouges|Olympe de Gouges]].]]
Nel XVIII secolo l'affermazione dell'[[w:Illuminismo|Illuminismo]] e dei suoi ideali di ragione, uguaglianza e diritti naturali, offrì un terreno fertile per nuove rivendicazioni femminili. L'enfasi illuminista sulla razionalità e sull'universalità dei diritti fornì inedite basi teoriche per contestare la subordinazione femminile. Tuttavia l'applicazione concreta di questi principi restò contraddittoria: molti pensatori illuministi, pur proclamando l'uguaglianza, continuarono a sostenere l'inferiorità del sesso femminile, spesso appellandosi alla natura "emotiva" femminile, e negarono alle donne pari accesso all'educazione, alla cittadinanza e ai diritti politici.<ref>{{Cita web|autore=Tiziana Bernardi|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/le-donne-nella-societa-dei-lumi_(Storia-della-civilt%C3%A0-europea-a-cura-di-Umberto-Eco)/|titolo=Le donne nella società dei Lumi|accesso=5 maggio 2025|volume=Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco (2014)}}</ref>
Un esempio emblematico di questa ambiguità è rappresentato da [[w:Jean-Jacques Rousseau|Jean-Jacques Rousseau]] che nel suo ''[[w:Emilio_o_dell'educazione|Émile]]'' (1762), pur proponendo innovazioni pedagogiche, affermò che l'educazione femminile dovesse essere finalizzata alla subordinazione domestica, preparando le donne a essere compagne e madri, non soggetti autonomi. Durante la [[w:Rivoluzione_francese|Rivoluzione francese]] [[w:Olympe de Gouges|Olympe de Gouges]] redasse la ''[[w:Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina|Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne]]'' (1791), nella quale rivendicò l'estensione dei diritti civili e politici alle donne. Tuttavia, la [[w:Convenzione_nazionale|Convenzione]] rigettò le sue proposte nell'aprile 1793, negando alle donne lo status di cittadine.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Joan Wallach Scott|anno=1989|titolo=French Feminists and the Rights of 'Man': Olympe de Gouges's Declarations|rivista=History Workshop|volume=28|pp=1-21|lingua=inglese|url=https://www.jstor.org/stable/4288921}}</ref>
Nonostante le resistenze alcune intellettuali svilupparono una critica radicale alla discriminazione di genere. [[w:Mary Wollstonecraft|Mary Wollstonecraft]], nella ''[[w:Rivendicazione dei diritti della donna|Vindication of the Rights of Woman]]'' (1792), offrì una delle prime e più radicali difese dell'uguaglianza intellettuale tra i sessi e rivendicò l'importanza dell'educazione come strumento di emancipazione femminile.<ref name=":0">{{Cita libro|autore=Karen M. Offen|titolo=European feminisms, 1700-1950 : a political history|anno=2000|editore=Stanford University Press, Stanford, CA, ©2000|lingua=inglese|OCLC=43167893}}</ref>
=== 2.3. Il dibattito sull'istruzione femminile ===
[[File:Elena Piscopia portrait.jpg|miniatura|[[w:Elena Lucrezia Corner|Elena Cornaro Piscopia]]]]
In Italia il dibattito sull'istruzione femminile registrò posizioni diversificate. Mentre nel 1723 [[w:Giovanni_Antonio_Volpi|Giovanni Antonio Volpi]] si espresse contro l'ammissione delle donne nell'[[w:Accademia_galileiana_di_scienze,_lettere_ed_arti|Accademia dei Ricovrati di Padova]], Giovanni Niccolò Bandiera, nel suo ''Trattato degli studi delle donne'' (1740), sostenne l'uguaglianza spirituale tra i sessi.
Rispetto alla Francia e alla Gran Bretagna, l'Italia offrì in alcuni contesti maggiori spazi di riconoscimento alle donne colte: le accademie letterarie come l'[[w:Accademia_dell'Arcadia|Arcadia]], ammisero diverse donne tra i propri membri e ne favorirono la partecipazione al dibattito intellettuale. [[w:Madame de Staël|Germaine de Staël]], nel suo romanzo ''[[w:Corinne_ou_l'Italie|Corinne ou l'Italie]]'' (1807), celebrò la poetessa arcadica [[w:Maria_Maddalena_Morelli|Corilla Olimpica]] come emblema di un'Italia femminile e colta.<ref>{{Cita|Green|pp. 90-91}}</ref>
In ambito accademico si registrarono esempi di eccellenza femminile: nel 1678 [[w:Elena Lucrezia Corner|Elena Cornaro Piscopia]] fu la prima donna che conseguì una laurea presso l'Università di Padova, considerata la prima laurea al mondo attribuita ad una donna. Pochi decenni più tardi, nel 1732, [[w:Laura Bassi|Laura Bassi]] divenne docente di [[w:Fisica_classica|fisica newtoniana]] presso l'Università di Bologna.<ref>{{Cita|Green|p. 91}}</ref>
Accanto alla presenza femminile nelle accademie, i [[w:Salotto_letterario|salotti letterari]] si affermarono come spazi fondamentali per la circolazione delle idee illuministe e per l'affermazione di una cultura femminile. In questi ambienti le donne partecipavano attivamente a discussioni filosofiche, scientifiche e letterarie, contribuendo alla formazione di un'opinione pubblica più ampia.
=== 2.4. Pioniere del giornalismo femminile ===
[[File:Eleonora_Fonseca_Pimentel.jpg|miniatura|184px|sinistra|Ritratto immaginario di Eleonora de Fonseca Pimentel]]
Negli ultimi decenni del Settecento nacquero in Italia i primi periodici rivolti al pubblico femminile o redatti da donne, come ''[[w:Il Giornale delle dame e delle mode di Francia|Il Giornale delle dame e delle mode di Francia]]'' pubblicato a Milano dal 1786 al 1794 e il quindicinale ''La donna galante ed erudita'' (1786-1788), stampato a Venezia sotto la direzione di Gioseffa Cornoldi.<ref>{{Cita libro|autore=Gioseffa Cornoldi Caminer|titolo=« La donna galante ed erudita ». Giornale dedicato al bel sesso|anno=1983|editore=Marsilio|città=Venezia|curatore=Cesare De Michelis}}</ref>
Figura centrale fu [[w:Elisabetta Caminer|Elisabetta Caminer]] che intraprese la carriera di editrice, diventando una delle prime donne a dirigere una rivista in Italia. Dopo una prima fase di collaborazione con il padre, assunse la direzione autonoma del ''Giornale Enciclopedico'' (1773), considerato uno dei periodici più innovativi e aggiornati della cultura settecentesca.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Cesare De Michelis|titolo=Caminer, Elisabetta|rivista=Dizionario Biografico degli Italiani|editore=Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani|volume=17|lingua=|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/elisabetta-caminer_(Dizionario-Biografico)/}}</ref>
=== 2.5. La Repubblica napoletana del 1799 e il protagonismo femminile ===
L’esperienza della [[w:Repubblica Napoletana (1799)|Repubblica Napoletana]] del 1799, ispirata ai principi dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese, vide la partecipazione attiva di diverse figure femminili. La più nota fu [[w:Eleonora de Fonseca Pimentel|Eleonora de Fonseca Pimentel]], giornalista e intellettuale, che utilizzò il ''Monitore Napoletano'' per promuovere i valori repubblicani di libertà e uguaglianza.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Annarita Buttafuoco|anno=1977|titolo=Eleonora Fonseca Pimentel: una donna nella Rivoluzione|rivista=DWF|numero=3|pp=51-92}}</ref>
La sua impiccagione nella piazza del mercato di Napoli il 20 agosto 1799, insieme ad altri rivoluzionari, segnò la fine della breve esperienza repubblicana e rappresentò uno dei momenti più simbolici del coinvolgimento politico femminile nell’età delle rivoluzioni.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Maria Rosaria Pelizzari|anno=2008|titolo=Eleonora de Fonseca Pimentel: morire per la rivoluzione|rivista=Storia delle donne: concepire, generare, nascere|editore=Firenze University Press|volume=|numero=4|pp=103-121|lingua=|url=https://oaj.fupress.net/index.php/sdd/article/download/2465/2465/2441}}</ref>
Nonostante i limiti sociali e l’esclusione politica, queste figure incarnarono un nuovo protagonismo femminile nello spazio pubblico, anticipando molte delle tematiche e delle forme di partecipazione che sarebbero diventate centrali nel lungo Ottocento e nei movimenti risorgimentali.
==Note==
<references/>
== Bibliografia ==
* {{Cita libro|autore=Karen Green|titolo=A History of Women’s Political Thought in Europe, 1700–1800|anno=2014|editore=Cambridge University Press|città=Cambridge|lingua=en|OCLC=|cid=Green}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Joan Kelly|anno=1982|titolo=Early Feminist Theory and the "Querelle des Femmes", 1400-1789|rivista=Signs|volume=8|numero=1|pp=4-28|lingua=en|cid=Kelly}}
* {{Cita libro|autore=Margaret L. King|titolo=Book-Lined Cells: Women and Humanism in the Early Italian Renaissance|anno=1988|editore=University of Pennsylvania Press|città=Philadelphia|pp=434-454|opera=Renaissance Humanism, Volume 1: Foundations, Forms, and Legacy|curatore=Albert Rabil Jr.|lingua=en}}
* {{Cita libro|autore=|titolo=The contest for knowledge : debates over women's learning in Eighteenth-century Italy|anno=2005|editore=University of Chicago Press|città=Chicago|cid=Messbarger|OCLC=|lingua=en|pp=|curatore=Rebecca Messbarger, Paula Findlen|opera=}}
* {{Cita libro|cognome=|nome=|curatore=Diana Robin, Anne R. Larsen, Carole Levin|titolo=Encyclopedia of Women in the Renaissance: Italy, France, and England|editore=ABC-CLIO|anno=2007|isbn=|pagina=|autore=|p=|ISBN=|lingua=en|pp=}}
[[Categoria:Storia del femminismo italiano]]
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Storia del femminismo italiano/8. La Resistenza e il Dopoguerra
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{{Storia del femminismo italiano}}
{{Storia del femminismo italiano 1}}
== 8. La Resistenza e il Dopoguerra ==
=== 8.1. Resistenza e partecipazione femminile ===
La partecipazione femminile alla Resistenza fu un fenomeno complesso e multiforme, a lungo marginalizzato nella storiografia tradizionale e solo a partire dalla metà degli anni settanta del Novecento oggetto di una più sistematica ricostruzione e riconoscimento storiografico <ref>Anna Maria Bruzzone, Rachele Farina, ''La Resistenza taciuta. Dodici vite di partigiane piemontesi'', La Pietra, Milano, 1976.</ref>.
'''Forme''' '''e motivazioni della partecipazione femminile'''
[[File:Partigiani sfilano per le strade di milano.jpg|miniatura|sinistra|Sfilata di partigiani a Milano dopo la Liberazione]]
Le donne parteciparono attivamente alla Resistenza in diverse forme.
Le staffette rappresentarono un elemento cruciale per il sistema di comunicazione e il trasporto di informazioni, persone e materiali, sfruttando la loro minore sospettabilità e agilità di movimento.
Numerose donne fornirono rifugio sicuro, assistenza medica essenziale, viveri e indumenti ai combattenti partigiani, spesso assumendosi rischi personali significativi.
Sebbene meno numerosa, una parte significativa prese parte ai combattimenti nelle formazioni partigiane, superando in alcuni casi le resistenze interne al movimento per la loro piena integrazione.
Molte delle interviste e della memorialistica raccolta sulle esperienze delle partigiane hanno evidenziato come la loro motivazione derivasse da una scelta interiore e non da obblighi esterni e che il contributo dato le condusse ad una crescente consapevolezza del proprio ruolo come cittadine.<ref name=":1">Miriam Mafai, ''Pane nero. Donne e vita quotidiana nella Seconda guerra mondiale'', Rizzoli, Milano, 2022.</ref>
Per molte la scelta di aderire alla lotta antifascista fu spesso vissuta come una rottura con i ruoli tradizionali imposti dal regime e dalla cultura patriarcale; l'esperienza condivisa nella lotta, il confronto con altre donne e la solidarietà sviluppatasi all'interno dei gruppi di resistenza favorirono la crescita personale, la messa in discussione degli schemi culturali preesistenti, portando a una nuova coscienza politica e a un forte senso di "sorellanza" e di solidarietà con le altre compagne, fondamentale per affrontare le sfide e i pregiudizi, sia esterni che interni al movimento.<ref name=":2">Benedetta Tobagi, ''La Resistenza delle Donne'', Einaudi, Torino, 2022.</ref>
Ada Gobetti, partigiana, fondatrice dei Gruppi di difesa della donna, ha individuato come caratteristica della Resistenza femminile il suo "carattere collettivo, quasi anonimo, questo suo avere per protagoniste non alcune creature eccezionali, ma vaste masse appartenenti ai più diversi strati della popolazione, questo suo nascere non dalla volontà di poche, ma dall’iniziativa spontanea di molte”.<ref name=":1" />
'''Resistenza civile''' '''e maternage'''
Il concetto di resistenza civile è molto più ampio rispetto alla semplice opposizione armata a un occupante o a un regime. Si manifesta come un insieme variegato di strategie - tra cui azioni di disobbedienza, diffusione di propaganda e informazione clandestina, organizzazione di reti di supporto e di protezione fondamentali per la sopravvivenza - messe in atto dalla popolazione non combattente per affrontare e contrastare le condizioni imposte dalla guerra o dall'occupazione militare.
Il concetto di "maternage di massa", introdotto dalla storica Anna Bravo, descrive l'assunzione da parte delle donne di compiti tradizionalmente femminili in un contesto pubblico e politico. Durante il periodo del conflitto mondiale, in cui la guerra non rimase confinata nei fronti militari, ma interessò tutta la popolazione civile, secondo Bravo l'attività delle donne assunse una dimensione inedita, estendendosi oltre i confini familiari per divenire una pratica di cura e sostegno vitale per l'intera comunità, favorendo la sopravvivenza collettiva, la riorganizzazione sociale e la rielaborazione dell'identità femminile.
==== I Gruppi di Difesa della Donna ====
I Gruppi di Difesa della Donna (GDD) nacquero a Milano e Torino nel novembre 1943, promossi da donne militanti di diversi partiti antifascisti, con l'obiettivo di mobilitare le donne nella lotta contro l'occupazione nazista e il regime fascista.
Si configurano come un'organizzazione di massa, accessibile a donne di ogni estrazione sociale e fede politica. Si occuparono di assistenza, fornendo supporto alle famiglie dei partigiani e dei prigionieri, raccogliendo e distribuendo viveri e indumenti per i combattenti e la popolazione; di supporto logistico e operativo, agendo come "staffette" per il trasporto di armi, messaggi e stampa clandestina, partecipando ad azioni armate, a sabotaggi nelle fabbriche e coordinando scioperi e manifestazioni per le condizioni di vita. Furono attivi nella propaganda e nell'attività di sensibilizzazione, diffondendo materiale antifascista, reclutando nuove adesioni e pubblicando il periodico clandestino ''Noi Donne'' che dopo la Liberazione diverrà organo dell'Unione Donne Italiane.<ref>{{Cita libro|autore=Gabriella Bonansea|titolo=Donne nella resistenza|anno=2001|editore=Einaudi|città=Torino|p=272|ISBN=|curatore=Enzo Collotti, Renato Sandri, Frediano Sessi|opera=Dizionario della Resistenza}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Laura Orlandini|titolo=La democrazia delle donne : i Gruppi di difesa della donna nella costruzione della Repubblica (1943-1945)|anno=2018|editore=BraDypUs|città=Roma|ISBN=978-88-98392-72-8}}</ref>
=== Partigiane e diritto al voto (1945-1946) ===
Secondo l’ANPI, circa 35 000 donne partigiane combattenti presero parte attiva alla Resistenza, con ulteriori 70 000 coinvolte nei Gruppi di Difesa della Donna (GDD).
4 653 partigiane furono arrestate, oltre 2 750 deportate in Germania, 2812 fucilate o impiccate, 1 070 caddero in combattimento. Diciannove furono decorate con la Medaglia d’Oro al Valor Militare, diciassette con la medaglia d'argento.<ref name=":2" /><ref>{{Cita libro|autore=Donatella Alfonso|titolo=Ci chiamavano libertà. Partigiane e resistenti in Liguria 1943-1945|anno=2012|editore=De Ferrari|città=Genova}}</ref>
Il Decreto legislativo luogotenenziale 21 agosto 1945, n. 518 che stabiliva i criteri di riconoscimento legale di chi aveva combattuto durante la Resistenza, pur consentendo in via formale l'attribuzione di qualifica di partigiana, non consentì l'accesso automatico ai benefici militari e previdenziali per chi, come la maggioranza delle partigiane, non aveva svolto ruoli armati.<ref name=":3" />
==== Diritto di voto e di eleggibilità ====
Nell’ottobre 1944 i gruppi femminili, in particolare l’UDI, presentarono un promemoria a Ivanoe Bonomi, sottolineando il contributo delle donne alla lotta di liberazione e chiedendo il diritto di voto e di essere elette .
Il decreto luogotenenziale n. 23 del 1° febbraio 1945 estese alle donne il diritto di voto attivo, ma non quello all’eleggibilità. L’eleggibilità – il diritto di essere candidate – fu poi sancita dal successivo decreto n. 74 del 10 marzo 1946, in vista delle elezioni per la Costituente.
Il 2 giugno 1946 votarono per la prima volta oltre 12 milioni di donne sia nel referendum sulla forma istituzionale sia nell’elezione dell’Assemblea Costituente.
==== Presenza femminile nell’Assemblea Costituente ====
Su 556 deputati eletti, 21 erano donne, pari al 2,6% (9 Comuniste, 9 Democristiane, 2 Socialiste, 1 del Fronte dell'Uomo Qualunque). Tra queste, cinque (Maria Federici, Angela Gotelli, Nilde Iotti, Lina Merlin e Teresa Noce) furono elette nella “Commissione dei 75” incaricata di redigere la bozza costituzionale.<ref name=":4" />
Tuttavia, la partecipazione femminile alla vita pubblica nel dopoguerra fu inizialmente limitata. Il ruolo pubblico delle donne si concentrò su attività assistenziali e di propaganda, legate a ruoli tradizionali legati alla cura e alla ricostruzione materiale e morale del Paese. La memoria collettiva faticò a integrare pienamente la figura della donna combattente, e le stesse istituzioni politiche mantennero una certa resistenza a valorizzarne il ruolo.<ref name=":0">Michela Ponzani, ''Guerra alle donne. Partigiane, vittime di stupro, «amanti del nemico» 1940-45'', Einaudi, Torino, 2021.</ref>
In questo contesto si colloca anche la testimonianza di Lucia Bianciotto, candidata alla Costituente, che ricordò l’assenza di sostegno da parte del proprio partito durante la campagna elettorale, a conferma delle persistenti difficoltà di accesso alla rappresentanza politica.''<ref name=":3">Bianca Guidetti Serra, ''Compagne'', cit., p.360.</ref>''
Nonostante queste limitazioni, le donne continuarono a mobilitarsi per i propri diritti. Emblematico fu lo sciopero femminile del 14 luglio 1945 a Torino, promosso dall’UDI per ottenere la parità dell’indennità di contingenza con gli uomini. La protesta, organizzata e condotta esclusivamente da donne, ottenne un risultato positivo a livello locale, segnando un precedente importante nella lotta per l’uguaglianza salariale.<ref name=":4">Miriam Mafai, ''Pane nero'', cit.</ref>
=== 8.3. Costituzione e diritti delle donne (1948) ===
L’approvazione della Costituzione nel 1948 segnò una svolta giuridica fondamentale: l’articolo 3 sancì l’uguaglianza tra uomini e donne, almeno sul piano formale.
Alcune deputate, come Teresa Noce, continuarono a battersi anche nel nuovo Parlamento repubblicano: nel 1948 Noce promosse una legge a tutela delle lavoratrici madri e nel 1950, insieme a Maria Federici, sostenne provvedimenti per la parità salariale.
Nonostante questi risultati, la piena emancipazione femminile incontrò forti ostacoli. Le aspettative di una piena parità e di un reale inserimento nella vita pubblica vennero in gran parte disattese, le riforme legislative furono lente e incomplete. Le donne furono spesso ricondotte ai ruoli tradizionali di madri e mogli, le loro rivendicazioni di genere subordinate alla "priorità" della ricostruzione e della lotta di classe.
Anche nei partiti antifascisti le donne si scontrarono con una cultura politica restia a riconoscere o a svalutare il loro contributo alla Resistenza, ridotto a mero "supporto"; raramente si trovarono ad occupare posizioni decisionali. Molte ex partigiane denunciarono una sorta di “doppio tradimento”, da parte delle istituzioni e dei compagni di lotta, che mal tolleravano una partecipazione femminile piena e paritaria nel nuovo assetto democratico.
Questa delusione delle loro aspettative di trasformazione profonda della società è stata anche definita la "tristezza della Liberazione".
== Note ==
<references/>
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/* Partigiane e diritto al voto (1945-1946) */
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{{Storia del femminismo italiano}}
{{Storia del femminismo italiano 1}}
== 8. La Resistenza e il Dopoguerra ==
=== 8.1. Resistenza e partecipazione femminile ===
La partecipazione femminile alla Resistenza fu un fenomeno complesso e multiforme, a lungo marginalizzato nella storiografia tradizionale e solo a partire dalla metà degli anni settanta del Novecento oggetto di una più sistematica ricostruzione e riconoscimento storiografico <ref>Anna Maria Bruzzone, Rachele Farina, ''La Resistenza taciuta. Dodici vite di partigiane piemontesi'', La Pietra, Milano, 1976.</ref>.
'''Forme''' '''e motivazioni della partecipazione femminile'''
[[File:Partigiani sfilano per le strade di milano.jpg|miniatura|sinistra|Sfilata di partigiani a Milano dopo la Liberazione]]
Le donne parteciparono attivamente alla Resistenza in diverse forme.
Le staffette rappresentarono un elemento cruciale per il sistema di comunicazione e il trasporto di informazioni, persone e materiali, sfruttando la loro minore sospettabilità e agilità di movimento.
Numerose donne fornirono rifugio sicuro, assistenza medica essenziale, viveri e indumenti ai combattenti partigiani, spesso assumendosi rischi personali significativi.
Sebbene meno numerosa, una parte significativa prese parte ai combattimenti nelle formazioni partigiane, superando in alcuni casi le resistenze interne al movimento per la loro piena integrazione.
Molte delle interviste e della memorialistica raccolta sulle esperienze delle partigiane hanno evidenziato come la loro motivazione derivasse da una scelta interiore e non da obblighi esterni e che il contributo dato le condusse ad una crescente consapevolezza del proprio ruolo come cittadine.<ref name=":1">Miriam Mafai, ''Pane nero. Donne e vita quotidiana nella Seconda guerra mondiale'', Rizzoli, Milano, 2022.</ref>
Per molte la scelta di aderire alla lotta antifascista fu spesso vissuta come una rottura con i ruoli tradizionali imposti dal regime e dalla cultura patriarcale; l'esperienza condivisa nella lotta, il confronto con altre donne e la solidarietà sviluppatasi all'interno dei gruppi di resistenza favorirono la crescita personale, la messa in discussione degli schemi culturali preesistenti, portando a una nuova coscienza politica e a un forte senso di "sorellanza" e di solidarietà con le altre compagne, fondamentale per affrontare le sfide e i pregiudizi, sia esterni che interni al movimento.<ref name=":2">Benedetta Tobagi, ''La Resistenza delle Donne'', Einaudi, Torino, 2022.</ref>
Ada Gobetti, partigiana, fondatrice dei Gruppi di difesa della donna, ha individuato come caratteristica della Resistenza femminile il suo "carattere collettivo, quasi anonimo, questo suo avere per protagoniste non alcune creature eccezionali, ma vaste masse appartenenti ai più diversi strati della popolazione, questo suo nascere non dalla volontà di poche, ma dall’iniziativa spontanea di molte”.<ref name=":1" />
'''Resistenza civile''' '''e maternage'''
Il concetto di resistenza civile è molto più ampio rispetto alla semplice opposizione armata a un occupante o a un regime. Si manifesta come un insieme variegato di strategie - tra cui azioni di disobbedienza, diffusione di propaganda e informazione clandestina, organizzazione di reti di supporto e di protezione fondamentali per la sopravvivenza - messe in atto dalla popolazione non combattente per affrontare e contrastare le condizioni imposte dalla guerra o dall'occupazione militare.
Il concetto di "maternage di massa", introdotto dalla storica Anna Bravo, descrive l'assunzione da parte delle donne di compiti tradizionalmente femminili in un contesto pubblico e politico. Durante il periodo del conflitto mondiale, in cui la guerra non rimase confinata nei fronti militari, ma interessò tutta la popolazione civile, secondo Bravo l'attività delle donne assunse una dimensione inedita, estendendosi oltre i confini familiari per divenire una pratica di cura e sostegno vitale per l'intera comunità, favorendo la sopravvivenza collettiva, la riorganizzazione sociale e la rielaborazione dell'identità femminile.
==== I Gruppi di Difesa della Donna ====
I Gruppi di Difesa della Donna (GDD) nacquero a Milano e Torino nel novembre 1943, promossi da donne militanti di diversi partiti antifascisti, con l'obiettivo di mobilitare le donne nella lotta contro l'occupazione nazista e il regime fascista.
Si configurano come un'organizzazione di massa, accessibile a donne di ogni estrazione sociale e fede politica. Si occuparono di assistenza, fornendo supporto alle famiglie dei partigiani e dei prigionieri, raccogliendo e distribuendo viveri e indumenti per i combattenti e la popolazione; di supporto logistico e operativo, agendo come "staffette" per il trasporto di armi, messaggi e stampa clandestina, partecipando ad azioni armate, a sabotaggi nelle fabbriche e coordinando scioperi e manifestazioni per le condizioni di vita. Furono attivi nella propaganda e nell'attività di sensibilizzazione, diffondendo materiale antifascista, reclutando nuove adesioni e pubblicando il periodico clandestino ''Noi Donne'' che dopo la Liberazione diverrà organo dell'Unione Donne Italiane.<ref>{{Cita libro|autore=Gabriella Bonansea|titolo=Donne nella resistenza|anno=2001|editore=Einaudi|città=Torino|p=272|ISBN=|curatore=Enzo Collotti, Renato Sandri, Frediano Sessi|opera=Dizionario della Resistenza}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Laura Orlandini|titolo=La democrazia delle donne : i Gruppi di difesa della donna nella costruzione della Repubblica (1943-1945)|anno=2018|editore=BraDypUs|città=Roma|ISBN=978-88-98392-72-8}}</ref>
=== Donne partigiane e diritto al voto (1945-1946) ===
Secondo l’ANPI, circa 35 000 donne partigiane combattenti presero parte attiva alla Resistenza, con ulteriori 70 000 coinvolte nei Gruppi di Difesa della Donna (GDD).
4 653 partigiane furono arrestate, oltre 2 750 deportate in Germania, 2812 fucilate o impiccate, 1 070 caddero in combattimento. Diciannove furono decorate con la Medaglia d’Oro al Valor Militare, diciassette con la medaglia d'argento.<ref name=":2" /><ref>{{Cita libro|autore=Donatella Alfonso|titolo=Ci chiamavano libertà. Partigiane e resistenti in Liguria 1943-1945|anno=2012|editore=De Ferrari|città=Genova}}</ref>
Il Decreto legislativo luogotenenziale 21 agosto 1945, n. 518 che stabiliva i criteri di riconoscimento legale di chi aveva combattuto durante la Resistenza, pur consentendo in via formale l'attribuzione di qualifica di partigiana, non consentì l'accesso automatico ai benefici militari e previdenziali per chi, come la maggioranza delle partigiane, non aveva svolto ruoli armati.<ref name=":3" />
==== Diritto di voto e di eleggibilità ====
Nell’ottobre 1944 i gruppi femminili, in particolare l’UDI, presentarono un promemoria a Ivanoe Bonomi, sottolineando il contributo delle donne alla lotta di liberazione e chiedendo il diritto di voto e di essere elette .
Il decreto luogotenenziale n. 23 del 1° febbraio 1945 estese alle donne il diritto di voto attivo, ma non quello all’eleggibilità. L’eleggibilità – il diritto di essere candidate – fu poi sancita dal successivo decreto n. 74 del 10 marzo 1946, in vista delle elezioni per la Costituente.
Il 2 giugno 1946 votarono per la prima volta oltre 12 milioni di donne sia nel referendum sulla forma istituzionale sia nell’elezione dell’Assemblea Costituente.
==== Presenza femminile nell’Assemblea Costituente ====
Su 556 deputati eletti, 21 erano donne, pari al 2,6% (9 Comuniste, 9 Democristiane, 2 Socialiste, 1 del Fronte dell'Uomo Qualunque). Tra queste, cinque (Maria Federici, Angela Gotelli, Nilde Iotti, Lina Merlin e Teresa Noce) furono elette nella “Commissione dei 75” incaricata di redigere la bozza costituzionale.<ref name=":4" />
Tuttavia, la partecipazione femminile alla vita pubblica nel dopoguerra fu inizialmente limitata. Il ruolo pubblico delle donne si concentrò su attività assistenziali e di propaganda, legate a ruoli tradizionali legati alla cura e alla ricostruzione materiale e morale del Paese. La memoria collettiva faticò a integrare pienamente la figura della donna combattente, e le stesse istituzioni politiche mantennero una certa resistenza a valorizzarne il ruolo.<ref name=":0">Michela Ponzani, ''Guerra alle donne. Partigiane, vittime di stupro, «amanti del nemico» 1940-45'', Einaudi, Torino, 2021.</ref>
In questo contesto si colloca anche la testimonianza di Lucia Bianciotto, candidata alla Costituente, che ricordò l’assenza di sostegno da parte del proprio partito durante la campagna elettorale, a conferma delle persistenti difficoltà di accesso alla rappresentanza politica.''<ref name=":3">Bianca Guidetti Serra, ''Compagne'', cit., p.360.</ref>''
Nonostante queste limitazioni, le donne continuarono a mobilitarsi per i propri diritti. Emblematico fu lo sciopero femminile del 14 luglio 1945 a Torino, promosso dall’UDI per ottenere la parità dell’indennità di contingenza con gli uomini. La protesta, organizzata e condotta esclusivamente da donne, ottenne un risultato positivo a livello locale, segnando un precedente importante nella lotta per l’uguaglianza salariale.<ref name=":4">Miriam Mafai, ''Pane nero'', cit.</ref>
=== 8.3. Costituzione e diritti delle donne (1948) ===
L’approvazione della Costituzione nel 1948 segnò una svolta giuridica fondamentale: l’articolo 3 sancì l’uguaglianza tra uomini e donne, almeno sul piano formale.
Alcune deputate, come Teresa Noce, continuarono a battersi anche nel nuovo Parlamento repubblicano: nel 1948 Noce promosse una legge a tutela delle lavoratrici madri e nel 1950, insieme a Maria Federici, sostenne provvedimenti per la parità salariale.
Nonostante questi risultati, la piena emancipazione femminile incontrò forti ostacoli. Le aspettative di una piena parità e di un reale inserimento nella vita pubblica vennero in gran parte disattese, le riforme legislative furono lente e incomplete. Le donne furono spesso ricondotte ai ruoli tradizionali di madri e mogli, le loro rivendicazioni di genere subordinate alla "priorità" della ricostruzione e della lotta di classe.
Anche nei partiti antifascisti le donne si scontrarono con una cultura politica restia a riconoscere o a svalutare il loro contributo alla Resistenza, ridotto a mero "supporto"; raramente si trovarono ad occupare posizioni decisionali. Molte ex partigiane denunciarono una sorta di “doppio tradimento”, da parte delle istituzioni e dei compagni di lotta, che mal tolleravano una partecipazione femminile piena e paritaria nel nuovo assetto democratico.
Questa delusione delle loro aspettative di trasformazione profonda della società è stata anche definita la "tristezza della Liberazione".
== Note ==
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{{Storia del femminismo italiano}}
{{Storia del femminismo italiano 1}}
== 8. La Resistenza e il Dopoguerra ==
=== 8.1. Resistenza e partecipazione femminile ===
La partecipazione femminile alla Resistenza fu un fenomeno complesso e multiforme, a lungo marginalizzato nella storiografia tradizionale e solo a partire dalla metà degli anni settanta del Novecento oggetto di una più sistematica ricostruzione e riconoscimento storiografico <ref>Anna Maria Bruzzone, Rachele Farina, ''La Resistenza taciuta. Dodici vite di partigiane piemontesi'', La Pietra, Milano, 1976.</ref>.
'''Forme''' '''e motivazioni della partecipazione femminile'''
[[File:Partigiani sfilano per le strade di milano.jpg|miniatura|sinistra|Sfilata di partigiani a Milano dopo la Liberazione]]
Le donne parteciparono attivamente alla Resistenza in diverse forme.
Le staffette rappresentarono un elemento cruciale per il sistema di comunicazione e il trasporto di informazioni, persone e materiali, sfruttando la loro minore sospettabilità e agilità di movimento.
Numerose donne fornirono rifugio sicuro, assistenza medica essenziale, viveri e indumenti ai combattenti partigiani, spesso assumendosi rischi personali significativi.
Sebbene meno numerosa, una parte significativa prese parte ai combattimenti nelle formazioni partigiane, superando in alcuni casi le resistenze interne al movimento per la loro piena integrazione.
Molte delle interviste e della memorialistica raccolta sulle esperienze delle partigiane hanno evidenziato come la loro motivazione derivasse da una scelta interiore e non da obblighi esterni e che il contributo dato le condusse ad una crescente consapevolezza del proprio ruolo come cittadine.<ref name=":1">Miriam Mafai, ''Pane nero. Donne e vita quotidiana nella Seconda guerra mondiale'', Rizzoli, Milano, 2022.</ref>
Per molte la scelta di aderire alla lotta antifascista fu spesso vissuta come una rottura con i ruoli tradizionali imposti dal regime e dalla cultura patriarcale; l'esperienza condivisa nella lotta, il confronto con altre donne e la solidarietà sviluppatasi all'interno dei gruppi di resistenza favorirono la crescita personale, la messa in discussione degli schemi culturali preesistenti, portando a una nuova coscienza politica e a un forte senso di "sorellanza" e di solidarietà con le altre compagne, fondamentale per affrontare le sfide e i pregiudizi, sia esterni che interni al movimento.<ref name=":2">Benedetta Tobagi, ''La Resistenza delle Donne'', Einaudi, Torino, 2022.</ref>
Ada Gobetti, partigiana, fondatrice dei Gruppi di difesa della donna, ha individuato come caratteristica della Resistenza femminile il suo "carattere collettivo, quasi anonimo, questo suo avere per protagoniste non alcune creature eccezionali, ma vaste masse appartenenti ai più diversi strati della popolazione, questo suo nascere non dalla volontà di poche, ma dall’iniziativa spontanea di molte”.<ref name=":1" />
'''Resistenza civile''' '''e maternage'''
Il concetto di resistenza civile è molto più ampio rispetto alla semplice opposizione armata a un occupante o a un regime. Si manifesta come un insieme variegato di strategie - tra cui azioni di disobbedienza, diffusione di propaganda e informazione clandestina, organizzazione di reti di supporto e di protezione fondamentali per la sopravvivenza - messe in atto dalla popolazione non combattente per affrontare e contrastare le condizioni imposte dalla guerra o dall'occupazione militare.
Il concetto di "maternage di massa", introdotto dalla storica Anna Bravo, descrive l'assunzione da parte delle donne di compiti tradizionalmente femminili in un contesto pubblico e politico. Durante il periodo del conflitto mondiale, in cui la guerra non rimase confinata nei fronti militari, ma interessò tutta la popolazione civile, secondo Bravo l'attività delle donne assunse una dimensione inedita, estendendosi oltre i confini familiari per divenire una pratica di cura e sostegno vitale per l'intera comunità, favorendo la sopravvivenza collettiva, la riorganizzazione sociale e la rielaborazione dell'identità femminile.
==== I Gruppi di Difesa della Donna ====
I Gruppi di Difesa della Donna (GDD) nacquero a Milano e Torino nel novembre 1943, promossi da donne militanti di diversi partiti antifascisti, con l'obiettivo di mobilitare le donne nella lotta contro l'occupazione nazista e il regime fascista.
Si configurano come un'organizzazione di massa, accessibile a donne di ogni estrazione sociale e fede politica. Si occuparono di assistenza, fornendo supporto alle famiglie dei partigiani e dei prigionieri, raccogliendo e distribuendo viveri e indumenti per i combattenti e la popolazione; di supporto logistico e operativo, agendo come "staffette" per il trasporto di armi, messaggi e stampa clandestina, partecipando ad azioni armate, a sabotaggi nelle fabbriche e coordinando scioperi e manifestazioni per le condizioni di vita. Furono attivi nella propaganda e nell'attività di sensibilizzazione, diffondendo materiale antifascista, reclutando nuove adesioni e pubblicando il periodico clandestino ''Noi Donne'' che dopo la Liberazione diverrà organo dell'Unione Donne Italiane.<ref>{{Cita libro|autore=Gabriella Bonansea|titolo=Donne nella resistenza|anno=2001|editore=Einaudi|città=Torino|p=272|ISBN=|curatore=Enzo Collotti, Renato Sandri, Frediano Sessi|opera=Dizionario della Resistenza}}</ref><ref>{{Cita libro|autore=Laura Orlandini|titolo=La democrazia delle donne : i Gruppi di difesa della donna nella costruzione della Repubblica (1943-1945)|anno=2018|editore=BraDypUs|città=Roma|ISBN=978-88-98392-72-8}}</ref>
=== 8.2. Donne partigiane e diritto al voto (1945-1946) ===
Secondo l’ANPI, circa 35 000 donne partigiane combattenti presero parte attiva alla Resistenza, con ulteriori 70 000 coinvolte nei Gruppi di Difesa della Donna (GDD).
4 653 partigiane furono arrestate, oltre 2 750 deportate in Germania, 2812 fucilate o impiccate, 1 070 caddero in combattimento. Diciannove furono decorate con la Medaglia d’Oro al Valor Militare, diciassette con la medaglia d'argento.<ref name=":2" /><ref>{{Cita libro|autore=Donatella Alfonso|titolo=Ci chiamavano libertà. Partigiane e resistenti in Liguria 1943-1945|anno=2012|editore=De Ferrari|città=Genova}}</ref>
Il Decreto legislativo luogotenenziale 21 agosto 1945, n. 518 che stabiliva i criteri di riconoscimento legale di chi aveva combattuto durante la Resistenza, pur consentendo in via formale l'attribuzione di qualifica di partigiana, non consentì l'accesso automatico ai benefici militari e previdenziali per chi, come la maggioranza delle partigiane, non aveva svolto ruoli armati.<ref name=":3" />
==== Diritto di voto e di eleggibilità ====
Nell’ottobre 1944 i gruppi femminili, in particolare l’UDI, presentarono un promemoria a Ivanoe Bonomi, sottolineando il contributo delle donne alla lotta di liberazione e chiedendo il diritto di voto e di essere elette .
Il decreto luogotenenziale n. 23 del 1° febbraio 1945 estese alle donne il diritto di voto attivo, ma non quello all’eleggibilità. L’eleggibilità – il diritto di essere candidate – fu poi sancita dal successivo decreto n. 74 del 10 marzo 1946, in vista delle elezioni per la Costituente.
Il 2 giugno 1946 votarono per la prima volta oltre 12 milioni di donne sia nel referendum sulla forma istituzionale sia nell’elezione dell’Assemblea Costituente.
==== Presenza femminile nell’Assemblea Costituente ====
Su 556 deputati eletti, 21 erano donne, pari al 2,6% (9 Comuniste, 9 Democristiane, 2 Socialiste, 1 del Fronte dell'Uomo Qualunque). Tra queste, cinque (Maria Federici, Angela Gotelli, Nilde Iotti, Lina Merlin e Teresa Noce) furono elette nella “Commissione dei 75” incaricata di redigere la bozza costituzionale.<ref name=":4" />
Tuttavia, la partecipazione femminile alla vita pubblica nel dopoguerra fu inizialmente limitata. Il ruolo pubblico delle donne si concentrò su attività assistenziali e di propaganda, legate a ruoli tradizionali legati alla cura e alla ricostruzione materiale e morale del Paese. La memoria collettiva faticò a integrare pienamente la figura della donna combattente, e le stesse istituzioni politiche mantennero una certa resistenza a valorizzarne il ruolo.<ref name=":0">Michela Ponzani, ''Guerra alle donne. Partigiane, vittime di stupro, «amanti del nemico» 1940-45'', Einaudi, Torino, 2021.</ref>
In questo contesto si colloca anche la testimonianza di Lucia Bianciotto, candidata alla Costituente, che ricordò l’assenza di sostegno da parte del proprio partito durante la campagna elettorale, a conferma delle persistenti difficoltà di accesso alla rappresentanza politica.''<ref name=":3">Bianca Guidetti Serra, ''Compagne'', cit., p.360.</ref>''
Nonostante queste limitazioni, le donne continuarono a mobilitarsi per i propri diritti. Emblematico fu lo sciopero femminile del 14 luglio 1945 a Torino, promosso dall’UDI per ottenere la parità dell’indennità di contingenza con gli uomini. La protesta, organizzata e condotta esclusivamente da donne, ottenne un risultato positivo a livello locale, segnando un precedente importante nella lotta per l’uguaglianza salariale.<ref name=":4">Miriam Mafai, ''Pane nero'', cit.</ref>
=== 8.3. Costituzione e diritti delle donne (1948) ===
L’approvazione della Costituzione nel 1948 segnò una svolta giuridica fondamentale: l’articolo 3 sancì l’uguaglianza tra uomini e donne, almeno sul piano formale.
Alcune deputate, come Teresa Noce, continuarono a battersi anche nel nuovo Parlamento repubblicano: nel 1948 Noce promosse una legge a tutela delle lavoratrici madri e nel 1950, insieme a Maria Federici, sostenne provvedimenti per la parità salariale.
Nonostante questi risultati, la piena emancipazione femminile incontrò forti ostacoli. Le aspettative di una piena parità e di un reale inserimento nella vita pubblica vennero in gran parte disattese, le riforme legislative furono lente e incomplete. Le donne furono spesso ricondotte ai ruoli tradizionali di madri e mogli, le loro rivendicazioni di genere subordinate alla "priorità" della ricostruzione e della lotta di classe.
Anche nei partiti antifascisti le donne si scontrarono con una cultura politica restia a riconoscere o a svalutare il loro contributo alla Resistenza, ridotto a mero "supporto"; raramente si trovarono ad occupare posizioni decisionali. Molte ex partigiane denunciarono una sorta di “doppio tradimento”, da parte delle istituzioni e dei compagni di lotta, che mal tolleravano una partecipazione femminile piena e paritaria nel nuovo assetto democratico.
Questa delusione delle loro aspettative di trasformazione profonda della società è stata anche definita la "tristezza della Liberazione".
== Note ==
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== Cosa fa dell'ebreo un ebreo? ==
{{Vedi pedia|Portale:Ebraismo|Ebraismo|Ebrei|Ebrei (popolo antico)}}
Forse dovremmo iniziare con ciò che ''non'' rende gli ebrei ebrei. Il popolo ebraico non è una razza, una cultura o un gruppo etnico. Non esiste una parola nell'ebraico biblico che significhi "razza", almeno non come intendiamo il termine ai nostri giorni; abbiamo ''[[w:goy (ebraismo)|goy]]'', ovvero "nazione", e ''am'', ovvero "popolo". Esistono nazioni e gruppi di persone, ma sono proprio questo: ''persone'', esseri umani, ''benei adam'', "figli di Adamo" e figli di Dio. Non c'è nulla nell'ebraico biblico paragonabile al termine greco ''barbaros'', ovvero "barbaro", che significa "non-greco" e quindi in qualche modo meno umano del greco. Il [[w:Tempio di Gerusalemme|Beit HaMikdash]], che era il Sacro Tempio di Gerusalemme, aveva un Cortile dei Gentili, un luogo dove i nonebrei erano liberi di riunirsi nel luogo sacro – qualcosa, per quanto ne so, che era unico nel mondo antico. In gran parte del mondo antico, stranieri e "nonmembri" non avevano posto nei luoghi santi, così come un non-musulmano non ha posto alla Mecca.
Il termine ''razza'' è disumanizzante perché in ultima analisi è essenzializzante, come ha dimostrato la modernità: essere inseriti in una tale categoria significa ricevere un carattere ineluttabile e irrevocabile, che viene gerarchizzato. Colui che consideriamo in termini di razza viene relegato alla categoria di un Esso che può essere pesato e misurato, osservato e contato, manipolato, sfruttato e schiavizzato. "L'umanità è sempre assente", disse una volta [[Franz Rosenzweig]] (1886-1929). "Presente è un uomo, questo o quello".<ref>Franz Rosenzweig, ''Understanding the Sick and the Healthy'', trad. Nahum Glatzer (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1999), 72.</ref> L'umanità è un'astrazione e quindi non ci pone alcuna richiesta etica, richiesta che può sorgere solo da questo essere umano in carne e ossa davanti a me. Ciò che egli dice dell'umanità si applica anche alla razza: è un'astrazione, mai presente in una relazione faccia a faccia – ''non c'è razza in faccia''. [[Emmanuel Levinas]] ha detto: "Il modo migliore per incontrare l'Altro è non notare nemmeno il colore dei suoi occhi",<ref>Emmanuel Levinas, ''Ethics and Infinity'', trad. Richard A. Cohen (Pittsburgh, PA: Duquesne University Press, 1985), 85.</ref> anche mentre li fissiamo negli occhi. "Quegli occhi", dice Lévinas, "che sono assolutamente senza protezione, la parte più nuda del corpo umano, offrono tuttavia una resistenza assoluta al possesso".<ref>Emmanuel Levinas, ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. Sean Hand (Baltimore, MD: Johns Hopkins University Press, 1990), 8.</ref> Secondo l’insegnamento ebraico, lo stesso si può dire della pelle, dove il vero incontro tra umano e umano sta nel non notare nemmeno il colore della pelle, che non risiede nel suo colore ma nel suo essere esposta, nel confine vulnerabile tra il mondo e tutto ciò che è umano nell’essere umano.
Le persone non sono né astrazioni né oggetti: sono carne e sangue, esseri umani con un nome. Quindi la disumanizzazione dell'essere umano avviene con la cancellazione del nome, come è accaduto durante l'Olocausto. Chi "ha un nome", dice Rosenzweig, "non può più essere una cosa... Esso [il nome] è incapace di essere completamente assorbito nella categoria, perché non può esserci alcuna categoria a cui appartenere; esso è la sua propria categoria".<ref>Franz Rosenzweig, ''The Star of Redemption'', trad. William W. Hallo (Boston, MA: Beacon Press, 1972), 186–187.</ref> Ciò che Levinas dice del volto si può dire anche del nome: "Il volto è significazione, e significazione ''senza contesto''. Voglio dire che l'Altro, nella rettitudine del suo volto, non è un personaggio all'interno di un contesto. Di solito,... il significato di qualcosa è nella sua relazione con un'altra cosa. Qui, al contrario, il volto ''è significato in sé''".<ref>Levinas, ''Ethics and Infinity'', 86–87; emphasis added.</ref> Il popolo ebraico ha un nome. È il nome di un individuo ebreo che lo ha strappato a Dio come una benedizione ({{passo biblico2|Genesi|32:27-29}}), poiché ciascuno dei nostri nomi, ciascuna delle nostre identità destinate, deve, in un certo senso, essere strappato a Dio come una benedizione da Dio. Un nome che può essere visto come letteralmente strappato a Dio è il nome che significa "colui che lotta con Dio": è Israele. Israele non è una razza, una cultura o un ethnos: Israele è un incontro, un evento, un verbo. Basta percorrere un isolato o due per le strade di Tel Aviv per vedere che gli ebrei sono di tutti i colori e provengono da tutte le culture. Eppure ognuno appartiene ad ''Am Yisrael'', il Popolo di Israele, a prescindere dal colore o dalla cultura.
Persino la definizione nazista di ebreo non lo collocava in una categoria strettamente razziale. Una delle [[w:Leggi di Norimberga|Leggi di Norimberga]] promulgate il 15 settembre 1935 era la [[w:Leggi di Norimberga#Legge sulla cittadinanza del_Reich|Legge sulla Cittadinanza del Reich]]. L'Articolo 2, Comma 2, di tale legge stabiliva che chiunque avesse "uno o due" nonni ebrei era un ebreo di sangue misto, e che "i nonni ebrei purosangue [erano] coloro che appartenevano alla comunità religiosa ebraica", ovvero coloro che erano seguaci dell'ebraismo. L'Articolo 5, Comma 2, stabilisce che anche chiunque si converta all'ebraismo deve essere considerato ebreo.<ref>Cfr. Yehuda Bauer, ''A History of the Holocaust, revised edition'' (New York: Franklin Watts, 2002), 111–112.</ref> Non ci si può convertire a una razza o a un gruppo etnico. Tra gli autori delle leggi figurano il Dr. Franz Albrecht Medicus (1890-1967), il Dr. Bernhard Lösner (1890-1952) e il Dr. Wilhelm Stückart (1902-1953),<ref>Paul R. Bartrop e Eve E. Grimm, ''Perpetrating the Holocaust: Leaders, Enablers, and Collaborators'' (Santa Barbara, CA: ABC-CLIO, 2019), 276.</ref> uomini tra i più istruiti d'Europa. Includendo i convertiti all'ebraismo nella definizione di chi è ebreo, sapevano benissimo che un ebreo è fondamentalmente definito dall'ebraismo. Come insisteva l'ideologo nazista Alfred Rosenberg (1893-1946), tutti gli ebrei sono inclini a pensare in modo talmudico, "che siano speculatori in Borsa atei, fanatici religiosi o ebrei talmudici osservanti".<ref>Alfred Rosenberg, ''Race and Race History and Other Essays'', ed. Robert Pois (New York: Harper & Row, 1974), 181.</ref> Perché? Perché tutti gli ebrei sono portatori del "contagio" dell'ebraismo, come dichiarò Rosenberg, insistendo sul fatto che l'umanità è avvelenata non dal sangue ebraico, ma dall'ebraismo.<ref>''Ibid.'', 131–132.</ref> Se qualcuno si converte all'ebraismo, è perché è portatore del contagio. La chiave per capire cosa rende gli ebrei ebrei, quindi, è l’''ebraismo''.
Mi è stato spesso chiesto: "Gli ebrei sono ebrei per via dell'incidente biologico di avere una madre ebrea o perché scelgono di seguire l'ebraismo?". La domanda stessa tradisce un pregiudizio caratteristico del pensiero moderno, dove supponiamo che tutto ciò che accade sia un incidente della natura o il risultato della volontà umana. La risposta da un punto di vista ebraico è: nessuna delle due. Un ebreo è un'anima che Dio ha ''creato'' come ebreo, che ha mandato in questo reame per intraprendere il compito della ''redenzione'' attraverso i mezzi ''rivelati'' nella [[Torah]]. L'individuo non sceglie di essere ebreo: è Dio che sceglie. E non è un incidente.
E i convertiti? Non scelgono forse di essere ebrei? Non sono "ebrei per scelta"? La risposta breve è: no. Il [[w:Talmud|Talmud]] ci dice che anche i convertiti erano tra le anime ebraiche che si trovavano sul Monte Sinai, vive, morte e ancora da nascere (''Shevuot'' 39a). Un convertito all'ebraismo è un'anima ebrea che si è risvegliata alla consapevolezza di essere ebreo, eletto fin dalla nascita. Non esiste un ebreo per scelta: un ebreo è ''già'' scelto, già incaricato di dire al mondo che ''ogni'' essere umano è scelto per un compito ''indispensabile'' a tutta la creazione. È alla luce di questa consapevolezza che un ebreo, convertito o meno, deve ora fare una scelta. In effetti, un convertito è colui che sta agendo sulla base della consapevolezza di essere sempre stato ebreo. Una volta avvenuta la conversione all'ebraismo, l'individuo non è più un convertito: è un ebreo, come intesero gli autori delle Leggi di Norimberga. Capivano che senza la Torah non ci sarebbero stati ebrei, e senza gli ebrei non ci sarebbe stata la Torah. Sapevano che l'[[w:Alleanza (Bibbia)|Alleanza della Torah]] che definisce l'ebraismo porta con sé un certo insegnamento e una certa testimonianza contrari alla tradizione totalitaria e ontologica che ha origine ad Atene e che alla fine porta ad Auschwitz.
=== Atene e Gerusalemme ===
Emil Fackenheim ha affermato che "nulla rende un filosofo ''ebreo'' in modo così potente quanto la ‘Torah’".<ref>Emil L. Fackenheim, ''Jewish Philosophers and Jewish Philosophy'', ed. Michael L. Morgan (Bloomington: Indiana University Press, 1996), 107–108.</ref> Ciò che Fackenheim dice del filosofo ebreo può essere detto dell'ebreo. Perché essere ebreo risiede in un modo di pensare, che sia abbandonato o abbracciato. Risiede in un modo di pensare a Dio, al mondo e all'umanità. Per un ebreo, come ha affermato Rabbi [[w:Adin Steinsaltz|Adin Steinsaltz]] (1937-2020), "it is not only that one thinks in terms of Torah, but also that the Torah thinks within oneself. It is an object that becomes a subject, capable of expressing itself in one’s own thoughts ''and actions''".<ref>Adin Steinsaltz, ''The Long Shorter Way: Discourses on Chasidic Thought'', trad. Yehuda Hanegbi (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1988), 28; mio corsivo.</ref> Dal punto di vista dell'ebraismo, la Torah che rende ebreo un ebreo non è un datum morto né un pittoresco e curioso volume di sapere dimenticato; no, è il respiro della vita che si trae dall'agire secondo i suoi comandamenti rivelati, santificando così Dio, il mondo e l'umanità. Proprio come il nome Israele è un verbo, così anche l'ebreo è un verbo.
Questa visione del rapporto tra la Torah e ciò che rende ebrei gli ebrei è al centro della tensione tra Atene e Gerusalemme, anche prima della rivolta dei Maccabei contro i Greci, dal 167 al 160 AEV. "In order to understand ourselves and to illuminate our trackless way into the future", scrive [[w:Leo Strauss|Leo Strauss]] (1899-1973), "we must understand Jerusalem and Athens".<ref>Leo Strauss, ''Studies in Platonic Political Philosophy'' (Chicago: University of Chicago Press, 1985), 147.</ref> Mentre Atene, spiega, significa "free inquiry", Gerusalemme denota "obedient love".<ref>Leo Strauss, ''The Rebirth of Classical Political Rationalism: An Introduction to the Thought of Leo Strauss, selected by Thomas L. Pangle'' (Chicago: University of Chicago Press, 1989), 72.</ref> Se la differenza tra Atene e Gerusalemme risiede nella libera ricerca contrapposta all'amore obbediente, risiede nell'autolegislazione autonoma contrapposta al comandamento divino. E se è così, allora scopriamo un percorso che conduce da Atene ad Auschwitz, dove nessuno era più autonomo o più autolegislatore dei nazisti e nessuna verità subì un attacco più radicale della verità del comandamento divinamente rivelato, a cominciare dall'assoluto divieto divino di omicidio. Ciò che è iniziato con l'escludere Dio dalla realtà si è concluso con lo spingere gli ebrei nelle camere a gas. La filosofia volge l'orecchio ad Auschwitz e non sente altro che [[wikt:sound and fury|un suono e una furia]] che non significano nulla. Ed è paralizzata.
In contrasto con questa paralisi, abbiamo la risposta degli Israeliti quando Mosè presentò loro la Torah: "Tutto ciò che il Signore ha detto, noi lo faremo ed eseguiremo" ({{passo biblico2|Esodo|24:7}}). Questa è esattamente la risposta alla Voce Imponente di Auschwitz che ora deve essere data, come ha sostenuto Fackenheim.<ref>Cfr. Emil L. Fackenheim, ''The Jewish Return into History: Reflections in the Age of Auschwitz and a New Jerusalem'' (New York: Schocken Books, 1978), 19ff.</ref> Il che significa: a differenza di un pensatore che sostiene che dopo Auschwitz gli ebrei debbano rifiutare le nozioni di alleanza e di elezione,<ref>Cfr. per esempio, Richard L. Rubenstein, ''After Auschwitz: History, Theology, and Contemporary Judaism'', 2ad ed. (Baltimore, MD: The Johns Hopkins University Press, 1992), 173.</ref> Fackenheim insiste sul fatto che dopo Auschwitz un ebreo è eletto più profondamente che mai. E afferma: "Judaism survives through Jews, and Jews, however indirectly, survive through Judaism".<ref>Emil L. Fackenheim, "The Rebirth of the Holy Remnant", lezione presentata al Yad Vashem, 17 giugno 1993, manoscritto inedito.</ref> Ciò che sopravvive in entrambi è una testimonianza della sacralità dell'essere umano che i nazisti si proponevano di cancellare. La via verso la verità, ieri come oggi, risiede, ancora una volta, nell'agire per amore, in risposta alla parola rivelata della Torah, perché solo dando vita alla parola attraverso le nostre azioni possiamo sperare di ascoltarla e comprenderla. Questo, in parte, è ciò che rende gli ebrei ebrei.
Insistendo sul fatto che la via verso la verità risieda nella "libera ricerca" dell'alta corte della ragione, la filosofia speculativa della tradizione ellenistica avrebbe prima dedotto la strada giusta e poi compiuto il primo passo. Sicurezza e protezione, assicurazione e rassicurazione sono di fondamentale importanza, come vediamo quando Adamo rispose al grido di Dio "Dove sei?" dicendo: "Ho avuto paura" ({{passo biblico2|Genesi|3:9-10}}). La filosofia avrebbe prima ascoltato e poi agito, come [[w:Talete|Talete di Mileto]] (ca. 624-548 AEV), che una notte cadde in una fossa mentre camminava e guardava il cielo; non appena ne uscì, giurò che da quel momento in poi avrebbe avuto la certezza della terra ferma sotto i suoi piedi prima di muovere un passo.<ref>Cfr. Platone, ''[[w:Teeteto|Teeteto]]'', ''ad hoc''.</ref> Determinato a essere sicuro di quella terra ferma, tuttavia, perse la visione del cielo, della dimensione dell'altezza, senza la quale non c'è significato. A dire il vero, il significato promesso dalla terra ferma della ragione sillogistica è, in definitiva, un inganno. Nelle parole di Strauss, "by saying that we wish to hear first and then to act, we have already decided in favor of Athens against Jerusalem".<ref>Strauss, ''Studies in Platonic Political Philosophy'', 150.</ref> La differenza sta proprio nell'oggetto della [[w:Rivolta maccabea|rivolta dei Maccabei]] contro i Greci. Con l'istituzione nel 163 AEV dell'ultimo stato ebraico prima del 1948, i Maccabei decisero a favore di Gerusalemme contro Atene.
Decidere a favore di Gerusalemme rispetto ad Atene significa decidere a favore della Torah, della preghiera e degli atti di amorevole gentilezza (cfr. ''Pirke Avot'' 1:2) rispetto all'autorità e al potere della ragione, della volontà e della determinazione – atti di amorevole gentilezza soprattutto, che richiedono una certa rinuncia all'autorità e al potere. Questa decisione è ciò che rende gli ebrei ebrei. Il maestro chassidico [[w:Nachman di Breslov|Nachman di Breslov]] (1772-1810) insegnò che gli atti di amorevole gentilezza sono essenziali per qualsiasi comprensione che il pensiero possa raggiungere, poiché senza gentilezza non c'è saggezza, non c'è umanità.<ref>Cfr. Louis I. Newman, ed., ''The Hasidic Anthology'' (New York: Schocken Books, 1963), 257.</ref> Questo punto essenziale è illustrato nella storia di come uno dei più grandi saggi talmudici, [[w:Rabbi Akiva|Rabbi Akiva]], ottenne la sua dottrina. Un giorno il profeta Elia apparve alla porta di Akiva, afflitto dalla povertà, e della sua novella sposa Rachele, in uno dei suoi travestimenti preferiti: quello di mendicante. Spiegò che aveva un disperato bisogno di un po' di paglia su cui sua moglie potesse sdraiarsi, poiché stava per partorire. Akiva gli diede la paglia che aveva chiesto e disse a Rachele: "Vedi? Alcune persone sono più povere di noi". Avendo assistito alla compassione del marito per i bisognosi, la giovane Rachele riconobbe la sua saggezza, sebbene Akiva fosse un povero pastore che non sapeva né leggere né scrivere. E così ebbe la saggezza di mandarlo a studiare con Rabbi [[w:Eliezer ben Hurcanus|Eliezer ben Hyrkanos]] e [[w:Joshua ben Hananiah|Rabbi Yeoshua]]. Quando tornò a casa dodici anni dopo, espresse il desiderio che tornasse a studiare per altri dodici anni. Quando tornò a casa da sua moglie, dopo il secondo periodo di apprendimento, aveva con sé {{FORMATNUM:24000}} discepoli (''Nedarim'' 50a).
Anche qui, nella visione della gentilezza come espressione di saggezza, scopriamo che l'ebraismo che determina chi è ebreo non è tanto un sistema di credenze quanto un modo di vivere derivato da un modo di pensare, un punto profondamente compreso da [[Franz Rosenzweig]]. Nella sua opera più importante, ''[[w:La stella della redenzione|La Stella della Redenzione]]'' (1919), egli contrappone la vita concreta dell'ebraismo al ragionamento astratto della [[w:idealismo|filosofia idealista]]. In contrasto con il discorso di causalità, razionalità e moralità, Rosenzweig identifica le categorie chiave dell'ebraismo come creazione, rivelazione e redenzione. Partendo dalla nozione ebraica di Dio come colui che è altro dall'essere, scrive: "Revelation is at all times new only because it is primordially old. It makes the primeval creation over into an ever newly created present... The divine word... is revelation only because it is at the same time the word of creation".<ref>Rosenzweig, ''The Star of Redemption'', 111.</ref> Questa intuizione è centrale nel pensiero proprio dell'ebraismo: la parola della rivelazione è parola della creazione proprio perché ciascuna è un movimento verso una relazione che apre la strada alla redenzione.
=== La centralità della relazione nell'ebraismo ===
{{Vedi anche|La Coscienza di Levinas}}
Tra i molti pensatori ebrei profondamente influenzati da Rosenzweig, [[Emmanuel Levinas]] è il più importante. Considerando la relazione che definisce l'ebraismo in termini di etica, Levinas interpreta Dio come Colui che ci rivela una certa "connessione" con Lui, una ''tzavta'', e ''tzavta'' è la radice di ''[[w:mitzvah|mitzvah]]'' {{lang|he|מצווה}}, la parola che significa "comandamento". La rivelazione è la rivelazione di una connessione con il Creatore attraverso il comandamento; è la rivelazione della responsabilità di cui solo io posso rispondere. "Gli attributi di Dio", sottolinea Levinas, "non sono dati all'indicativo, ma all'imperativo. La conoscenza di Dio ci giunge come un comandamento, come una ''mitzvah''. Conoscere Dio significa sapere ciò che si deve fare".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 17.</ref> Anche quando Dio ci pone una domanda, come fece con Adamo ({{passo biblico2|Genesi|3:9}}) e Caino ({{passo biblico2|Genesi|4:9-10}}), parla all'imperativo. Tale conoscenza non può essere dedotta: ci giunge solo quando ci viene comandato, solo quando siamo chiamati a rispondere: "''Hineni'' – Eccomi per te", a e per un altro. Levinas vede l'etica al centro dell'ebraismo e della vita ebraica come un'"etica dell'eteronomia che non è una servitù, ma il servizio di Dio attraverso la responsabilità per il prossimo, in cui sono insostituibile".<ref>Emmanuel Levinas, ''Outside the Subject'', trad. Michael B. Smith (Stanford, CA: Stanford University Press, 1994), 35.</ref> Egli sostiene che l'etica caratteristica dell'ebraismo non è un momento nell'essere o concepita dal pensiero speculativo.<ref>Emmanuel Levinas, ''Of God Who Comes to Mind'', trad. Bettina Bergo (Stanford, CA: Stanford University Press, 1998), 56.</ref> Piuttosto, è diversa o migliore dell'essere: è il dover divino che entra nell'essere come un comandamento da oltre l'essere (rivelazione), prima dell'essere (creazione).<ref>Cfr. Levinas, ''Ethics and Infinity'', 109.</ref>
Similmente, Dio e l'umanità non condividono un'essenza; piuttosto, ciascuno è al di là dell'essenza, poiché ciascuno è ''insostituibile''. In una parola, Dio Creatore e colui che è stato creato a Sua immagine e somiglianza sono ''santi''. In quanto essere etico, quindi, l'essere umano è una "frattura dell'essere", manifestata nel movimento divinamente comandato verso l'altro essere umano, un movimento verso una relazione, per il bene dell'altro essere umano. Poiché la rivelazione della ''mitzvah'' da parte della Torah è l'affermazione di una relazione, la ''mitzvah'', dice Levinas, "non è un formalismo morale", ma è piuttosto "la ''presenza'' viva dell'amore",<ref>Levinas, ''Outside the Subject'', 57.</ref> che si manifesta proprio nel comandamento di amare. Dio non è amore, dice Levinas; piuttosto, Dio è il ''comandamento'' di amare,<ref>Cfr. Emmanuel Levinas, “The Paradox of Morality,” in Robert Bernasconi e David Wood, eds., ''The Provocation of Levinas: Rethinking the Other'' (London: Routledge and Kegan Paul, 1988), 176–177.</ref> di "amare il prossimo tuo", ''veahavta lereakha'' (Levitico 19:18), e di "amare lo straniero", ''veahavta lo [hager] kamokha'', "come te stesso" (Levitico 19:34). Secondo il [[w:Ba'al Shem Tov|Baal Shem Tov]] (1698-1760), fondatore del [[w:chassidismo|chassidismo]], questo comandamento di amare l'altro, prossimo o straniero che sia, è il fondamento dell'ebraismo e dell'intera Torah (''Toledot Yaakov Yosef, Korach'' 2). Questo amore per l'altro è ciò che rende gli ebrei ebrei. Se esaminiamo la parola ebraica ''kamokha'', "come te stesso", così come ''le-'' in ''lereakha'', "il tuo prossimo", una traduzione migliore sarebbe: "Mostrerai amore ''verso'' il tuo prossimo, perché quella relazione d'amore è ciò che sei", come suggeriva il Baal Shem (''Toledot Yaakov Yosef, Veetchanan'' 5). Il comandamento di amare il prossimo è seguito dalla frase "Io sono HaShem", a indicare che la relazione umana e la relazione superiore sono un tutt'uno.
Mentre il pensiero speculativo deriva il concetto di Dio da un principio morale,<ref>Cfr. per esempio, Immanuel Kant, ''Religion Within the Limits of Reason Alone'', trad. Theodore M. Greene e Hoyt H. Hudson (New York: HarperOne, 1960), 171.</ref> l'ebraismo vede Dio non come un concetto, un principio o una causa, ma come la Voce vivente del comandamento etico, che si manifesta nel comandamento.<ref>Cfr. per esempio, Emmanuel Levinas, ''Collected Philosophical Papers'', trad. Alphonso Lingis (Dordrecht: Martinus Nijhoff, 1987), 59.</ref> Rabbi [[:en:w:Kalonymus Kalman Shapira|Kalonymos Kalmish Shapira]] (1889–1943 nella [[Shoah]]), il Rebbe del [[w:Ghetto di Varsavia|Ghetto di Varsavia]], chiarisce il collegamento tra il Santo e la ''mitzvah'' che Egli comanda. Secondo i mistici, la parola ''mitzvah'' (''mem-tzadi-vav-hey'' {{lang|he|מצווה}}) contiene il Santo Nome di quattro lettere (''yud-heh-vav-hey''), cosicché il Santo è nella ''mitzvah''. Mentre le ultime due lettere del Nome, ''vav-hey'', sono evidenti nelle ultime due lettere della ''mitzvah'', le prime due sono nascoste nelle lettere ''mem-tzadi'' della ''mitzvah''. Trasformate secondo il metodo interpretativo di ''[[:en:w:Atbash|At-bash]]'' {{lang|he|אתבש}}, ''mem'' e ''tzadi'' diventano ''yud'' e ''heh'', le prime due lettere del Nome. I comandamenti della Torah formano un portale attraverso il quale il Santo Nome entra nel mondo: Dio è presente concretamente nel comandamento.<ref>Kalonymos Kalmish Shapira, ''Sacred Fire: Torah from the Years of Fury 1939–1942'', trad. J. Hershy Worch, ed. Deborah Miller (Northvale, NJ: Jason Aronson, 2000), 61; la trasformazione ''[[w:Atbash|At-bash]]'' è un mezzo di interpretazione, mediante il quale la prima lettera dell'alfabeto viene scambiata con l'ultima lettera, la seconda lettera dell'alfabeto con la penultima lettera e così via.</ref>
Mentre il pensiero speculativo enfatizza l'autonomia del sé, il comandamento dell'amore, fondante dell'ebraismo, si concentra sulla responsabilità eteronoma del sé nei confronti dell'altro. Mentre il pensiero speculativo è interessato alla libertà autonoma del sé, la Torah insiste sulla ricerca della giustizia: ''Tzedek, tzedek tirdof'', "Giustizia, giustizia perseguirai" ({{passo biblico2|Deuteronomio|16:20}}). La parola ebraica ''tzedek'' o "giustizia" significa anche "rettitudine" ed è la radice della parola per "carità", ''tzedakah'', sottolineando ancora una volta l'accento della Torah su una relazione di carne e sangue, e non sul concetto astratto. "Il senso dell'essere, il senso della creazione", afferma Levinas, "è realizzare la Torah"<ref>Emmanuel Levinas, ''Nine Talmudic Readings'', trad. Annette Aronowicz (Bloomington: Indiana University Press, 1990), 41.</ref> attraverso un atto concreto di [[:en:w:Chesed|amorevole gentilezza]] verso il nostro prossimo. In effetti, questa realizzazione della Torah è il senso dell'ebraismo e di ciò che rende gli ebrei ebrei.
La realizzazione della Torah non avviene nella mente e nemmeno nel cuore, ma ''tra'' due esseri umani, in una parola gentile o in un semplice saluto rivolto dall'uno all'altro. Così il saggio talmudico [[:en:w:Helbo|Rabbi Chelbo]] insegnò, in nome di [[:en:w:Rav Huna|Rabbi Huna]], che ogni volta che si incontra un'altra persona, si dovrebbe essere il primo a porgere un saluto (''Berakhot'' 6b). Allo stesso modo, Levinas considera il benvenuto o il saluto offerto all'altra persona il fondamento dell'ebraismo.<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 173.</ref> Poiché salutare l'altra persona è un dovere per ''me'', non condivido alcuna uguaglianza con l'altro essere umano; anzi, lui o lei viene sempre per primo, un concetto profondo che trova espressione in qualcosa di così banale come dire a un altro: "Dopo di te". Poiché l'altra persona è ''superiore'' a me, ho una responsabilità in ''più'' rispetto all'altra, ovvero la responsabilità di morire piuttosto che infliggere la morte all'altro, come insegnato nel Talmud (''Pesachim'' 25a–25b). "Il timore di Dio", afferma Levinas, "è concretamente il mio timore per il prossimo",<ref>Levinas, ''Outside the Subject'', 47.</ref> così che la morte che mi riguarda/preoccupa non è la mia morte, ma la morte del mio prossimo. E devo testimoniare questa preoccupazione anche a costo della mia vita. Per l'ebraismo che rende gli ebrei ebrei, la relazione è tutto. Nel mezzo della relazione tra esseri umani si trova lo spazio intermedio da cui l'anima (''neshamah'') trae il suo respiro (''neshimah''): l'anima non vive dentro di noi, ma ''tra'' di noi. Pertanto, nel ''Midrash'', Menachem bar Rabbi Yose insegna che tra i Dieci Detti che danno vita al cielo e alla terra ci sono le parole di {{passo biblico2|Genesi|2:18}}: "Non è bene che l'uomo sia solo" (''Bereshit Rabbah'' 17:1), perché tutta la creazione si fonda sulla ''relazione''.
Questo insegnamento è la chiave per la comprensione della Torah, fondamento dell'ebraismo. È l'insegnamento che rende ebrei gli ebrei. È l'insegnamento con cui inizia la Torah: ''Bereshit bara Elokim et hashamayim v’et haaretz'', "In principio Dio creò i cieli e la terra" ({{passo biblico2|Genesi|1:1}}).
=== "In principio...": l’essenza dell’ebraismo ===
''Bereshit'', "in principio", non si riferisce al primo di una sequenza di cose, ma piuttosto alla cosa più importante, ovvero che Dio ha ''creato'': ''Bereshit bara Elokim...'' Ciò che precede l'inizio, tuttavia, è sigillato dal muro che forma il lato destro della lettera ''beit''. Nel margine della creazione – nello spazio vuoto prima della ''beit'' – c'è solo il silenzio divino pre-originario che "precede" la creazione. Eppure è un silenzio che non è lasciato al margine. Piuttosto, come la creazione stessa, questo silenzio è continuo. Il maestro chassidico [[:en:w:Levi Yitzchok of Berditchev|Levi Yitzchak di Berditchev]] (1740-1809) insegnò che quando Dio diede la Torah, Egli diede non solo le parole, ma anche il silenzio tra le parole.<ref>[[Elie Wiesel]], ''Against Silence: The Voice and Vision of Elie Wiesel'', vol. 2, ed. Irving Abrahamson (New York: Holocaust Library, 1985), 82.</ref> Esso dimora nell’''alef'', nella lettera silenziosa che, secondo il Baal Shem, è nascosta in ogni parola della lingua sacra (''Keter Shem Tov'' 45). Il silenzio che è l’''alef'' è il Santo nella lingua santa: secondo i saggi, l’''alef'' è composta da uno ''yud'' sopra, uno ''yud'' sotto e un ''vav'' che li collega.<ref>Cfr. per esempio, Nechunia ben Hakanah, ''Sefer HaTemunah'' (Jerusalem: Nezer Sharga, 1998), 2.</ref> Il valore numerico di ''yud'' (10) più ''vav'' (6) più ''yud'' (10) è ventisei, che è il valore del ''[[w:Tetragramma biblico|Tetragrammaton]]'', il Nome di Dio di quattro lettere.
Avvenendo attraverso una parola divina, la creazione è un movimento verso una relazione: la parola è pronunciata da ''qualcuno'', da una ''persona'', non da un principio. Il movimento verso una relazione è indicato dalla parola ''bara'', che significa "creato". Infatti, bara, come osservò [[Nahmanide]] (1194–1270), è un termine affine a ''brit'', che significa "alleanza".<ref>Cfr. Nachmanides, ''Commentary on the Torah'', vol. 1, trad. Charles B. Chavel (New York: Shilo, 1971), 112.</ref> In questo versetto, inoltre, la parola per "Dio" è ''Elokim''. Lo ''[[Zohar]]'' spiega:
{{citazione|Quando il Misteriosissimo desiderò rivelarSi, Egli produsse dapprima un singolo punto che fu trasmutato in un pensiero, e in questo Egli eseguì innumerevoli disegni e incise innumerevoli incisioni. Inoltre, incise con la sacra e mistica lampada un disegno mistico e santissimo, che era un meraviglioso edificio che emergeva dal centro del pensiero. Questo è chiamato ''Mi'', o "Chi", e fu l'inizio dell'edificio, esistente e non-esistente, profondamente sepolto, inconoscibile per nome. Fu chiamato solo ''Mi''. Desiderava manifestarsi ed essere chiamato per nome. Pertanto si rivestì di una veste fulgida e preziosa e creò ''Eleh'', o "Questi", ed ''Eleh'' acquisì un nome. Le lettere delle due parole si mescolarono, formando il nome completo ''E-l-o-k-i-m''.|''[[Zohar]]'' I 2a}}
Sebbene l'insegnamento secondo cui ''Dio creò'' sia un Primo Principio della Torah e dell'ebraismo, Dio non è né un Primo Principio né una Causa Prima: Dio è un ''Chi'', e non un ''Cosa''. Non è possibile stipulare un'alleanza con un principio o una causa. Nessuno ha mai gridato "Padre!" al Primo Principio, né Abramo è mai entrato in una disputa sui giusti di Sodoma e Gomorra per cercare di muovere il Motore Immobile (cfr. {{passo biblico2|Genesi|18:16-33}}). La frase orante "chi è come Te", pronunciata da Mosè mentre attraversava il mare ({{passo biblico2|Esodo|15:11}}), non è solo una domanda retorica ― è un'affermazione: proprio il ''Chi'' è ciò che assomiglia a Dio. Dal punto di vista dell'ebraismo che rende ebrei gli ebrei, quindi, la presenza stessa di un ''Chi'' nel mezzo dell'essere è una trascendenza dell'essere.
Poiché la creazione implica un movimento verso una relazione di alleanza, l'ebraismo non si preoccupa di ''ciò che ha causato'' il mondo, ma di ''chi lo ha creato'', dall'al di là dell'essere, e di come dobbiamo considerare la nostra relazione con il Creatore. Considerando Dio una presenza viva e autorevole con cui l'essere umano entra in relazione, il pensiero ebraico che appartiene all'ebraismo è relazionale, come evidenziato, ad esempio, nel "pensiero parlante" di Rosenzweig. Rosenzweig asserisce: "''Speaking thinking'' is oriented toward the need of an other and, what is the same thing, in the taking of time seriously".<ref>[[Franz Rosenzweig]], ''Franz Rosenzweig’s “The New Thinking”'', trad. e ed. Alan Udoff & Barbara E. Galli (Syracuse, NY: Syracuse University Press, 1999), 87.</ref> Prendere sul serio il significato significa prendere sul serio il tempo: il significato risiede in ciò che deve ''ancora essere'' compiuto. Nelle parole di [[Abraham Joshua Heschel]] (1901-1972), "Time is the presence of God in the world of space".<ref>[[Abraham Joshua Heschel]], ''The Sabbath: Its Meaning for Modern Man'' (New York: Farrar, Straus and Giroux, 1981), 100.</ref> La determinazione di chi siamo, come ebrei e come esseri umani, non si dispiega entro i confini dell'ego, ma in una liberazione dall'ego; la verità non sta nel cartesiano "Penso, dunque sono",<ref>René Descartes, ''Meditations on First Philosophy'', 3a ed., trad. Donald A. Cress (Indianapolis, IN: Hackett, 1993), 19–20.</ref> ma piuttosto in "Dio pensa, dunque sono". Vale a dire: "Sono convocato per amore di un altro, dunque sono".
Il Primo Principio dei filosofi è totalmente indifferente all'essere umano e quindi totalmente estraneo all'ebraismo. Inteso come perfezione, un tale dio non ha bisogno di nulla: come afferma Aristotele (384-322 AEV), non ama né ha bisogno di amore (si veda, ad esempio, l’''[[w:Etica Eudemia|Etica Eudemia]]'' di Aristotele, VII, 1244b). Né chiede ciò che Dio chiede ad Adamo e a ciascuno di noi in ogni istante: "Dove sei?". La domanda del Santo non è "Cosa pensi?" o "Come ti senti?", ma "Dove sei rispetto al tuo prossimo e a Me?". Ecco perché "non è bene che l'uomo sia solo" ({{passo biblico2|Genesi|2:18}}). Nell'ebraismo, siamo ciò che siamo nel mezzo di una relazione, non nei recessi dell'ego pensante. L’ebraismo si fonda su questo spazio intermedio di relazione concreta, cosicché l’essere umano è isolato – da oltre sé stesso, nonostante sé stesso – come lo fu Adamo.
Questa condizione di essere già individuata fin dal tempo immemorabile di Adamo, una condizione che conferisce già significato a qualsiasi contesto dato prima di ogni contesto, emerge con l'apparizione del Tu. Quindi, analizzando più approfonditamente il verso iniziale della [[Torah]], ricordiamo un altro insegnamento dello ''[[Zohar]]''. Invece di leggere ''Bereshit bara Elokim et ha-...'' come "In principio Dio creò il...", lo ''Zohar'' lo legge come "In principio Dio creò ''alef, tav, hey'' di ''atah'': Tu". Dice lo ''Zohar'': "La parola ''et'' è composta dalle lettere ''alef'' e ''tav'', che includono tra loro tutte le lettere, essendo la prima e l'ultima dell'alfabeto. In seguito fu aggiunto ''hey'', in modo che tutte le lettere fossero collegate a ''hey'', e questo diede il nome ''atah'' (Tu)" (''[[Zohar]]'' I 15b). Solo un ''chi'' – solo chi porta un nome e non un'essenza – può dire ''tu'' ed essere chiamato ''tu''. Se, come sostiene [[w:Martin Buber|Martin Buber]] (1878–1965), la parola ''Tu'' può essere detta solo con tutto l’essere,<ref>Martin Buber, ''I and Thou'', trad. Walter Kaufmann (New York: Charles Scribner’s Sons, 1970), 54.</ref> parlare con tutto l’essere, corpo e anima, significa dire Tu.
=== Il collegamento post-Olocausto con la questione ===
=== In cosa differisce l'ebraismo? ===
=== Significato ed elezione nell'ebraismo ===
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== Note ==
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}}
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[[Categoria:Connessioni|Capitolo 1]]
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== Cosa fa dell'ebreo un ebreo? ==
{{Vedi pedia|Portale:Ebraismo|Ebraismo|Ebrei|Ebrei (popolo antico)}}
Forse dovremmo iniziare con ciò che ''non'' rende gli ebrei ebrei. Il popolo ebraico non è una razza, una cultura o un gruppo etnico. Non esiste una parola nell'ebraico biblico che significhi "razza", almeno non come intendiamo il termine ai nostri giorni; abbiamo ''[[w:goy (ebraismo)|goy]]'', ovvero "nazione", e ''am'', ovvero "popolo". Esistono nazioni e gruppi di persone, ma sono proprio questo: ''persone'', esseri umani, ''benei adam'', "figli di Adamo" e figli di Dio. Non c'è nulla nell'ebraico biblico paragonabile al termine greco ''barbaros'', ovvero "barbaro", che significa "non-greco" e quindi in qualche modo meno umano del greco. Il [[w:Tempio di Gerusalemme|Beit HaMikdash]], che era il Sacro Tempio di Gerusalemme, aveva un Cortile dei Gentili, un luogo dove i nonebrei erano liberi di riunirsi nel luogo sacro – qualcosa, per quanto ne so, che era unico nel mondo antico. In gran parte del mondo antico, stranieri e "nonmembri" non avevano posto nei luoghi santi, così come un non-musulmano non ha posto alla Mecca.
Il termine ''razza'' è disumanizzante perché in ultima analisi è essenzializzante, come ha dimostrato la modernità: essere inseriti in una tale categoria significa ricevere un carattere ineluttabile e irrevocabile, che viene gerarchizzato. Colui che consideriamo in termini di razza viene relegato alla categoria di un Esso che può essere pesato e misurato, osservato e contato, manipolato, sfruttato e schiavizzato. "L'umanità è sempre assente", disse una volta [[Franz Rosenzweig]] (1886-1929). "Presente è un uomo, questo o quello".<ref>Franz Rosenzweig, ''Understanding the Sick and the Healthy'', trad. Nahum Glatzer (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1999), 72.</ref> L'umanità è un'astrazione e quindi non ci pone alcuna richiesta etica, richiesta che può sorgere solo da questo essere umano in carne e ossa davanti a me. Ciò che egli dice dell'umanità si applica anche alla razza: è un'astrazione, mai presente in una relazione faccia a faccia – ''non c'è razza in faccia''. [[Emmanuel Levinas]] ha detto: "Il modo migliore per incontrare l'Altro è non notare nemmeno il colore dei suoi occhi",<ref>Emmanuel Levinas, ''Ethics and Infinity'', trad. Richard A. Cohen (Pittsburgh, PA: Duquesne University Press, 1985), 85.</ref> anche mentre li fissiamo negli occhi. "Quegli occhi", dice Lévinas, "che sono assolutamente senza protezione, la parte più nuda del corpo umano, offrono tuttavia una resistenza assoluta al possesso".<ref>Emmanuel Levinas, ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. Sean Hand (Baltimore, MD: Johns Hopkins University Press, 1990), 8.</ref> Secondo l’insegnamento ebraico, lo stesso si può dire della pelle, dove il vero incontro tra umano e umano sta nel non notare nemmeno il colore della pelle, che non risiede nel suo colore ma nel suo essere esposta, nel confine vulnerabile tra il mondo e tutto ciò che è umano nell’essere umano.
Le persone non sono né astrazioni né oggetti: sono carne e sangue, esseri umani con un nome. Quindi la disumanizzazione dell'essere umano avviene con la cancellazione del nome, come è accaduto durante l'Olocausto. Chi "ha un nome", dice Rosenzweig, "non può più essere una cosa... Esso [il nome] è incapace di essere completamente assorbito nella categoria, perché non può esserci alcuna categoria a cui appartenere; esso è la sua propria categoria".<ref>Franz Rosenzweig, ''The Star of Redemption'', trad. William W. Hallo (Boston, MA: Beacon Press, 1972), 186–187.</ref> Ciò che Levinas dice del volto si può dire anche del nome: "Il volto è significazione, e significazione ''senza contesto''. Voglio dire che l'Altro, nella rettitudine del suo volto, non è un personaggio all'interno di un contesto. Di solito,... il significato di qualcosa è nella sua relazione con un'altra cosa. Qui, al contrario, il volto ''è significato in sé''".<ref>Levinas, ''Ethics and Infinity'', 86–87; emphasis added.</ref> Il popolo ebraico ha un nome. È il nome di un individuo ebreo che lo ha strappato a Dio come una benedizione ({{passo biblico2|Genesi|32:27-29}}), poiché ciascuno dei nostri nomi, ciascuna delle nostre identità destinate, deve, in un certo senso, essere strappato a Dio come una benedizione da Dio. Un nome che può essere visto come letteralmente strappato a Dio è il nome che significa "colui che lotta con Dio": è Israele. Israele non è una razza, una cultura o un ethnos: Israele è un incontro, un evento, un verbo. Basta percorrere un isolato o due per le strade di Tel Aviv per vedere che gli ebrei sono di tutti i colori e provengono da tutte le culture. Eppure ognuno appartiene ad ''Am Yisrael'', il Popolo di Israele, a prescindere dal colore o dalla cultura.
Persino la definizione nazista di ebreo non lo collocava in una categoria strettamente razziale. Una delle [[w:Leggi di Norimberga|Leggi di Norimberga]] promulgate il 15 settembre 1935 era la [[w:Leggi di Norimberga#Legge sulla cittadinanza del_Reich|Legge sulla Cittadinanza del Reich]]. L'Articolo 2, Comma 2, di tale legge stabiliva che chiunque avesse "uno o due" nonni ebrei era un ebreo di sangue misto, e che "i nonni ebrei purosangue [erano] coloro che appartenevano alla comunità religiosa ebraica", ovvero coloro che erano seguaci dell'ebraismo. L'Articolo 5, Comma 2, stabilisce che anche chiunque si converta all'ebraismo deve essere considerato ebreo.<ref>Cfr. Yehuda Bauer, ''A History of the Holocaust, revised edition'' (New York: Franklin Watts, 2002), 111–112.</ref> Non ci si può convertire a una razza o a un gruppo etnico. Tra gli autori delle leggi figurano il Dr. Franz Albrecht Medicus (1890-1967), il Dr. Bernhard Lösner (1890-1952) e il Dr. Wilhelm Stückart (1902-1953),<ref>Paul R. Bartrop e Eve E. Grimm, ''Perpetrating the Holocaust: Leaders, Enablers, and Collaborators'' (Santa Barbara, CA: ABC-CLIO, 2019), 276.</ref> uomini tra i più istruiti d'Europa. Includendo i convertiti all'ebraismo nella definizione di chi è ebreo, sapevano benissimo che un ebreo è fondamentalmente definito dall'ebraismo. Come insisteva l'ideologo nazista Alfred Rosenberg (1893-1946), tutti gli ebrei sono inclini a pensare in modo talmudico, "che siano speculatori in Borsa atei, fanatici religiosi o ebrei talmudici osservanti".<ref>Alfred Rosenberg, ''Race and Race History and Other Essays'', ed. Robert Pois (New York: Harper & Row, 1974), 181.</ref> Perché? Perché tutti gli ebrei sono portatori del "contagio" dell'ebraismo, come dichiarò Rosenberg, insistendo sul fatto che l'umanità è avvelenata non dal sangue ebraico, ma dall'ebraismo.<ref>''Ibid.'', 131–132.</ref> Se qualcuno si converte all'ebraismo, è perché è portatore del contagio. La chiave per capire cosa rende gli ebrei ebrei, quindi, è l’''ebraismo''.
Mi è stato spesso chiesto: "Gli ebrei sono ebrei per via dell'incidente biologico di avere una madre ebrea o perché scelgono di seguire l'ebraismo?". La domanda stessa tradisce un pregiudizio caratteristico del pensiero moderno, dove supponiamo che tutto ciò che accade sia un incidente della natura o il risultato della volontà umana. La risposta da un punto di vista ebraico è: nessuna delle due. Un ebreo è un'anima che Dio ha ''creato'' come ebreo, che ha mandato in questo reame per intraprendere il compito della ''redenzione'' attraverso i mezzi ''rivelati'' nella [[Torah]]. L'individuo non sceglie di essere ebreo: è Dio che sceglie. E non è un incidente.
E i convertiti? Non scelgono forse di essere ebrei? Non sono "ebrei per scelta"? La risposta breve è: no. Il [[w:Talmud|Talmud]] ci dice che anche i convertiti erano tra le anime ebraiche che si trovavano sul Monte Sinai, vive, morte e ancora da nascere (''Shevuot'' 39a). Un convertito all'ebraismo è un'anima ebrea che si è risvegliata alla consapevolezza di essere ebreo, eletto fin dalla nascita. Non esiste un ebreo per scelta: un ebreo è ''già'' scelto, già incaricato di dire al mondo che ''ogni'' essere umano è scelto per un compito ''indispensabile'' a tutta la creazione. È alla luce di questa consapevolezza che un ebreo, convertito o meno, deve ora fare una scelta. In effetti, un convertito è colui che sta agendo sulla base della consapevolezza di essere sempre stato ebreo. Una volta avvenuta la conversione all'ebraismo, l'individuo non è più un convertito: è un ebreo, come intesero gli autori delle Leggi di Norimberga. Capivano che senza la Torah non ci sarebbero stati ebrei, e senza gli ebrei non ci sarebbe stata la Torah. Sapevano che l'[[w:Alleanza (Bibbia)|Alleanza della Torah]] che definisce l'ebraismo porta con sé un certo insegnamento e una certa testimonianza contrari alla tradizione totalitaria e ontologica che ha origine ad Atene e che alla fine porta ad Auschwitz.
=== Atene e Gerusalemme ===
Emil Fackenheim ha affermato che "nulla rende un filosofo ''ebreo'' in modo così potente quanto la ‘Torah’".<ref>Emil L. Fackenheim, ''Jewish Philosophers and Jewish Philosophy'', ed. Michael L. Morgan (Bloomington: Indiana University Press, 1996), 107–108.</ref> Ciò che Fackenheim dice del filosofo ebreo può essere detto dell'ebreo. Perché essere ebreo risiede in un modo di pensare, che sia abbandonato o abbracciato. Risiede in un modo di pensare a Dio, al mondo e all'umanità. Per un ebreo, come ha affermato Rabbi [[w:Adin Steinsaltz|Adin Steinsaltz]] (1937-2020), "it is not only that one thinks in terms of Torah, but also that the Torah thinks within oneself. It is an object that becomes a subject, capable of expressing itself in one’s own thoughts ''and actions''".<ref>Adin Steinsaltz, ''The Long Shorter Way: Discourses on Chasidic Thought'', trad. Yehuda Hanegbi (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1988), 28; mio corsivo.</ref> Dal punto di vista dell'ebraismo, la Torah che rende ebreo un ebreo non è un datum morto né un pittoresco e curioso volume di sapere dimenticato; no, è il respiro della vita che si trae dall'agire secondo i suoi comandamenti rivelati, santificando così Dio, il mondo e l'umanità. Proprio come il nome Israele è un verbo, così anche l'ebreo è un verbo.
Questa visione del rapporto tra la Torah e ciò che rende ebrei gli ebrei è al centro della tensione tra Atene e Gerusalemme, anche prima della rivolta dei Maccabei contro i Greci, dal 167 al 160 AEV. "In order to understand ourselves and to illuminate our trackless way into the future", scrive [[w:Leo Strauss|Leo Strauss]] (1899-1973), "we must understand Jerusalem and Athens".<ref>Leo Strauss, ''Studies in Platonic Political Philosophy'' (Chicago: University of Chicago Press, 1985), 147.</ref> Mentre Atene, spiega, significa "free inquiry", Gerusalemme denota "obedient love".<ref>Leo Strauss, ''The Rebirth of Classical Political Rationalism: An Introduction to the Thought of Leo Strauss, selected by Thomas L. Pangle'' (Chicago: University of Chicago Press, 1989), 72.</ref> Se la differenza tra Atene e Gerusalemme risiede nella libera ricerca contrapposta all'amore obbediente, risiede nell'autolegislazione autonoma contrapposta al comandamento divino. E se è così, allora scopriamo un percorso che conduce da Atene ad Auschwitz, dove nessuno era più autonomo o più autolegislatore dei nazisti e nessuna verità subì un attacco più radicale della verità del comandamento divinamente rivelato, a cominciare dall'assoluto divieto divino di omicidio. Ciò che è iniziato con l'escludere Dio dalla realtà si è concluso con lo spingere gli ebrei nelle camere a gas. La filosofia volge l'orecchio ad Auschwitz e non sente altro che [[wikt:sound and fury|un suono e una furia]] che non significano nulla. Ed è paralizzata.
In contrasto con questa paralisi, abbiamo la risposta degli Israeliti quando Mosè presentò loro la Torah: "Tutto ciò che il Signore ha detto, noi lo faremo ed eseguiremo" ({{passo biblico2|Esodo|24:7}}). Questa è esattamente la risposta alla Voce Imponente di Auschwitz che ora deve essere data, come ha sostenuto Fackenheim.<ref>Cfr. Emil L. Fackenheim, ''The Jewish Return into History: Reflections in the Age of Auschwitz and a New Jerusalem'' (New York: Schocken Books, 1978), 19ff.</ref> Il che significa: a differenza di un pensatore che sostiene che dopo Auschwitz gli ebrei debbano rifiutare le nozioni di alleanza e di elezione,<ref>Cfr. per esempio, Richard L. Rubenstein, ''After Auschwitz: History, Theology, and Contemporary Judaism'', 2ad ed. (Baltimore, MD: The Johns Hopkins University Press, 1992), 173.</ref> Fackenheim insiste sul fatto che dopo Auschwitz un ebreo è eletto più profondamente che mai. E afferma: "Judaism survives through Jews, and Jews, however indirectly, survive through Judaism".<ref>Emil L. Fackenheim, "The Rebirth of the Holy Remnant", lezione presentata al Yad Vashem, 17 giugno 1993, manoscritto inedito.</ref> Ciò che sopravvive in entrambi è una testimonianza della sacralità dell'essere umano che i nazisti si proponevano di cancellare. La via verso la verità, ieri come oggi, risiede, ancora una volta, nell'agire per amore, in risposta alla parola rivelata della Torah, perché solo dando vita alla parola attraverso le nostre azioni possiamo sperare di ascoltarla e comprenderla. Questo, in parte, è ciò che rende gli ebrei ebrei.
Insistendo sul fatto che la via verso la verità risieda nella "libera ricerca" dell'alta corte della ragione, la filosofia speculativa della tradizione ellenistica avrebbe prima dedotto la strada giusta e poi compiuto il primo passo. Sicurezza e protezione, assicurazione e rassicurazione sono di fondamentale importanza, come vediamo quando Adamo rispose al grido di Dio "Dove sei?" dicendo: "Ho avuto paura" ({{passo biblico2|Genesi|3:9-10}}). La filosofia avrebbe prima ascoltato e poi agito, come [[w:Talete|Talete di Mileto]] (ca. 624-548 AEV), che una notte cadde in una fossa mentre camminava e guardava il cielo; non appena ne uscì, giurò che da quel momento in poi avrebbe avuto la certezza della terra ferma sotto i suoi piedi prima di muovere un passo.<ref>Cfr. Platone, ''[[w:Teeteto|Teeteto]]'', ''ad hoc''.</ref> Determinato a essere sicuro di quella terra ferma, tuttavia, perse la visione del cielo, della dimensione dell'altezza, senza la quale non c'è significato. A dire il vero, il significato promesso dalla terra ferma della ragione sillogistica è, in definitiva, un inganno. Nelle parole di Strauss, "by saying that we wish to hear first and then to act, we have already decided in favor of Athens against Jerusalem".<ref>Strauss, ''Studies in Platonic Political Philosophy'', 150.</ref> La differenza sta proprio nell'oggetto della [[w:Rivolta maccabea|rivolta dei Maccabei]] contro i Greci. Con l'istituzione nel 163 AEV dell'ultimo stato ebraico prima del 1948, i Maccabei decisero a favore di Gerusalemme contro Atene.
Decidere a favore di Gerusalemme rispetto ad Atene significa decidere a favore della Torah, della preghiera e degli atti di amorevole gentilezza (cfr. ''Pirke Avot'' 1:2) rispetto all'autorità e al potere della ragione, della volontà e della determinazione – atti di amorevole gentilezza soprattutto, che richiedono una certa rinuncia all'autorità e al potere. Questa decisione è ciò che rende gli ebrei ebrei. Il maestro chassidico [[w:Nachman di Breslov|Nachman di Breslov]] (1772-1810) insegnò che gli atti di amorevole gentilezza sono essenziali per qualsiasi comprensione che il pensiero possa raggiungere, poiché senza gentilezza non c'è saggezza, non c'è umanità.<ref>Cfr. Louis I. Newman, ed., ''The Hasidic Anthology'' (New York: Schocken Books, 1963), 257.</ref> Questo punto essenziale è illustrato nella storia di come uno dei più grandi saggi talmudici, [[w:Rabbi Akiva|Rabbi Akiva]], ottenne la sua dottrina. Un giorno il profeta Elia apparve alla porta di Akiva, afflitto dalla povertà, e della sua novella sposa Rachele, in uno dei suoi travestimenti preferiti: quello di mendicante. Spiegò che aveva un disperato bisogno di un po' di paglia su cui sua moglie potesse sdraiarsi, poiché stava per partorire. Akiva gli diede la paglia che aveva chiesto e disse a Rachele: "Vedi? Alcune persone sono più povere di noi". Avendo assistito alla compassione del marito per i bisognosi, la giovane Rachele riconobbe la sua saggezza, sebbene Akiva fosse un povero pastore che non sapeva né leggere né scrivere. E così ebbe la saggezza di mandarlo a studiare con Rabbi [[w:Eliezer ben Hurcanus|Eliezer ben Hyrkanos]] e [[w:Joshua ben Hananiah|Rabbi Yeoshua]]. Quando tornò a casa dodici anni dopo, espresse il desiderio che tornasse a studiare per altri dodici anni. Quando tornò a casa da sua moglie, dopo il secondo periodo di apprendimento, aveva con sé {{FORMATNUM:24000}} discepoli (''Nedarim'' 50a).
Anche qui, nella visione della gentilezza come espressione di saggezza, scopriamo che l'ebraismo che determina chi è ebreo non è tanto un sistema di credenze quanto un modo di vivere derivato da un modo di pensare, un punto profondamente compreso da [[Franz Rosenzweig]]. Nella sua opera più importante, ''[[w:La stella della redenzione|La Stella della Redenzione]]'' (1919), egli contrappone la vita concreta dell'ebraismo al ragionamento astratto della [[w:idealismo|filosofia idealista]]. In contrasto con il discorso di causalità, razionalità e moralità, Rosenzweig identifica le categorie chiave dell'ebraismo come creazione, rivelazione e redenzione. Partendo dalla nozione ebraica di Dio come colui che è altro dall'essere, scrive: "Revelation is at all times new only because it is primordially old. It makes the primeval creation over into an ever newly created present... The divine word... is revelation only because it is at the same time the word of creation".<ref>Rosenzweig, ''The Star of Redemption'', 111.</ref> Questa intuizione è centrale nel pensiero proprio dell'ebraismo: la parola della rivelazione è parola della creazione proprio perché ciascuna è un movimento verso una relazione che apre la strada alla redenzione.
=== La centralità della relazione nell'ebraismo ===
{{Vedi anche|La Coscienza di Levinas}}
Tra i molti pensatori ebrei profondamente influenzati da Rosenzweig, [[Emmanuel Levinas]] è il più importante. Considerando la relazione che definisce l'ebraismo in termini di etica, Levinas interpreta Dio come Colui che ci rivela una certa "connessione" con Lui, una ''tzavta'', e ''tzavta'' è la radice di ''[[w:mitzvah|mitzvah]]'' {{lang|he|מצווה}}, la parola che significa "comandamento". La rivelazione è la rivelazione di una connessione con il Creatore attraverso il comandamento; è la rivelazione della responsabilità di cui solo io posso rispondere. "Gli attributi di Dio", sottolinea Levinas, "non sono dati all'indicativo, ma all'imperativo. La conoscenza di Dio ci giunge come un comandamento, come una ''mitzvah''. Conoscere Dio significa sapere ciò che si deve fare".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 17.</ref> Anche quando Dio ci pone una domanda, come fece con Adamo ({{passo biblico2|Genesi|3:9}}) e Caino ({{passo biblico2|Genesi|4:9-10}}), parla all'imperativo. Tale conoscenza non può essere dedotta: ci giunge solo quando ci viene comandato, solo quando siamo chiamati a rispondere: "''Hineni'' – Eccomi per te", a e per un altro. Levinas vede l'etica al centro dell'ebraismo e della vita ebraica come un'"etica dell'eteronomia che non è una servitù, ma il servizio di Dio attraverso la responsabilità per il prossimo, in cui sono insostituibile".<ref>Emmanuel Levinas, ''Outside the Subject'', trad. Michael B. Smith (Stanford, CA: Stanford University Press, 1994), 35.</ref> Egli sostiene che l'etica caratteristica dell'ebraismo non è un momento nell'essere o concepita dal pensiero speculativo.<ref>Emmanuel Levinas, ''Of God Who Comes to Mind'', trad. Bettina Bergo (Stanford, CA: Stanford University Press, 1998), 56.</ref> Piuttosto, è diversa o migliore dell'essere: è il dover divino che entra nell'essere come un comandamento da oltre l'essere (rivelazione), prima dell'essere (creazione).<ref>Cfr. Levinas, ''Ethics and Infinity'', 109.</ref>
Similmente, Dio e l'umanità non condividono un'essenza; piuttosto, ciascuno è al di là dell'essenza, poiché ciascuno è ''insostituibile''. In una parola, Dio Creatore e colui che è stato creato a Sua immagine e somiglianza sono ''santi''. In quanto essere etico, quindi, l'essere umano è una "frattura dell'essere", manifestata nel movimento divinamente comandato verso l'altro essere umano, un movimento verso una relazione, per il bene dell'altro essere umano. Poiché la rivelazione della ''mitzvah'' da parte della Torah è l'affermazione di una relazione, la ''mitzvah'', dice Levinas, "non è un formalismo morale", ma è piuttosto "la ''presenza'' viva dell'amore",<ref>Levinas, ''Outside the Subject'', 57.</ref> che si manifesta proprio nel comandamento di amare. Dio non è amore, dice Levinas; piuttosto, Dio è il ''comandamento'' di amare,<ref>Cfr. Emmanuel Levinas, “The Paradox of Morality,” in Robert Bernasconi e David Wood, eds., ''The Provocation of Levinas: Rethinking the Other'' (London: Routledge and Kegan Paul, 1988), 176–177.</ref> di "amare il prossimo tuo", ''veahavta lereakha'' (Levitico 19:18), e di "amare lo straniero", ''veahavta lo [hager] kamokha'', "come te stesso" (Levitico 19:34). Secondo il [[w:Ba'al Shem Tov|Baal Shem Tov]] (1698-1760), fondatore del [[w:chassidismo|chassidismo]], questo comandamento di amare l'altro, prossimo o straniero che sia, è il fondamento dell'ebraismo e dell'intera Torah (''Toledot Yaakov Yosef, Korach'' 2). Questo amore per l'altro è ciò che rende gli ebrei ebrei. Se esaminiamo la parola ebraica ''kamokha'', "come te stesso", così come ''le-'' in ''lereakha'', "il tuo prossimo", una traduzione migliore sarebbe: "Mostrerai amore ''verso'' il tuo prossimo, perché quella relazione d'amore è ciò che sei", come suggeriva il Baal Shem (''Toledot Yaakov Yosef, Veetchanan'' 5). Il comandamento di amare il prossimo è seguito dalla frase "Io sono HaShem", a indicare che la relazione umana e la relazione superiore sono un tutt'uno.
Mentre il pensiero speculativo deriva il concetto di Dio da un principio morale,<ref>Cfr. per esempio, Immanuel Kant, ''Religion Within the Limits of Reason Alone'', trad. Theodore M. Greene e Hoyt H. Hudson (New York: HarperOne, 1960), 171.</ref> l'ebraismo vede Dio non come un concetto, un principio o una causa, ma come la Voce vivente del comandamento etico, che si manifesta nel comandamento.<ref>Cfr. per esempio, Emmanuel Levinas, ''Collected Philosophical Papers'', trad. Alphonso Lingis (Dordrecht: Martinus Nijhoff, 1987), 59.</ref> Rabbi [[:en:w:Kalonymus Kalman Shapira|Kalonymos Kalmish Shapira]] (1889–1943 nella [[Shoah]]), il Rebbe del [[w:Ghetto di Varsavia|Ghetto di Varsavia]], chiarisce il collegamento tra il Santo e la ''mitzvah'' che Egli comanda. Secondo i mistici, la parola ''mitzvah'' (''mem-tzadi-vav-hey'' {{lang|he|מצווה}}) contiene il Santo Nome di quattro lettere (''yud-heh-vav-hey''), cosicché il Santo è nella ''mitzvah''. Mentre le ultime due lettere del Nome, ''vav-hey'', sono evidenti nelle ultime due lettere della ''mitzvah'', le prime due sono nascoste nelle lettere ''mem-tzadi'' della ''mitzvah''. Trasformate secondo il metodo interpretativo di ''[[:en:w:Atbash|At-bash]]'' {{lang|he|אתבש}}, ''mem'' e ''tzadi'' diventano ''yud'' e ''heh'', le prime due lettere del Nome. I comandamenti della Torah formano un portale attraverso il quale il Santo Nome entra nel mondo: Dio è presente concretamente nel comandamento.<ref>Kalonymos Kalmish Shapira, ''Sacred Fire: Torah from the Years of Fury 1939–1942'', trad. J. Hershy Worch, ed. Deborah Miller (Northvale, NJ: Jason Aronson, 2000), 61; la trasformazione ''[[w:Atbash|At-bash]]'' è un mezzo di interpretazione, mediante il quale la prima lettera dell'alfabeto viene scambiata con l'ultima lettera, la seconda lettera dell'alfabeto con la penultima lettera e così via.</ref>
Mentre il pensiero speculativo enfatizza l'autonomia del sé, il comandamento dell'amore, fondante dell'ebraismo, si concentra sulla responsabilità eteronoma del sé nei confronti dell'altro. Mentre il pensiero speculativo è interessato alla libertà autonoma del sé, la Torah insiste sulla ricerca della giustizia: ''Tzedek, tzedek tirdof'', "Giustizia, giustizia perseguirai" ({{passo biblico2|Deuteronomio|16:20}}). La parola ebraica ''tzedek'' o "giustizia" significa anche "rettitudine" ed è la radice della parola per "carità", ''tzedakah'', sottolineando ancora una volta l'accento della Torah su una relazione di carne e sangue, e non sul concetto astratto. "Il senso dell'essere, il senso della creazione", afferma Levinas, "è realizzare la Torah"<ref>Emmanuel Levinas, ''Nine Talmudic Readings'', trad. Annette Aronowicz (Bloomington: Indiana University Press, 1990), 41.</ref> attraverso un atto concreto di [[:en:w:Chesed|amorevole gentilezza]] verso il nostro prossimo. In effetti, questa realizzazione della Torah è il senso dell'ebraismo e di ciò che rende gli ebrei ebrei.
La realizzazione della Torah non avviene nella mente e nemmeno nel cuore, ma ''tra'' due esseri umani, in una parola gentile o in un semplice saluto rivolto dall'uno all'altro. Così il saggio talmudico [[:en:w:Helbo|Rabbi Chelbo]] insegnò, in nome di [[:en:w:Rav Huna|Rabbi Huna]], che ogni volta che si incontra un'altra persona, si dovrebbe essere il primo a porgere un saluto (''Berakhot'' 6b). Allo stesso modo, Levinas considera il benvenuto o il saluto offerto all'altra persona il fondamento dell'ebraismo.<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 173.</ref> Poiché salutare l'altra persona è un dovere per ''me'', non condivido alcuna uguaglianza con l'altro essere umano; anzi, lui o lei viene sempre per primo, un concetto profondo che trova espressione in qualcosa di così banale come dire a un altro: "Dopo di te". Poiché l'altra persona è ''superiore'' a me, ho una responsabilità in ''più'' rispetto all'altra, ovvero la responsabilità di morire piuttosto che infliggere la morte all'altro, come insegnato nel Talmud (''Pesachim'' 25a–25b). "Il timore di Dio", afferma Levinas, "è concretamente il mio timore per il prossimo",<ref>Levinas, ''Outside the Subject'', 47.</ref> così che la morte che mi riguarda/preoccupa non è la mia morte, ma la morte del mio prossimo. E devo testimoniare questa preoccupazione anche a costo della mia vita. Per l'ebraismo che rende gli ebrei ebrei, la relazione è tutto. Nel mezzo della relazione tra esseri umani si trova lo spazio intermedio da cui l'anima (''neshamah'') trae il suo respiro (''neshimah''): l'anima non vive dentro di noi, ma ''tra'' di noi. Pertanto, nel ''Midrash'', Menachem bar Rabbi Yose insegna che tra i Dieci Detti che danno vita al cielo e alla terra ci sono le parole di {{passo biblico2|Genesi|2:18}}: "Non è bene che l'uomo sia solo" (''Bereshit Rabbah'' 17:1), perché tutta la creazione si fonda sulla ''relazione''.
Questo insegnamento è la chiave per la comprensione della Torah, fondamento dell'ebraismo. È l'insegnamento che rende ebrei gli ebrei. È l'insegnamento con cui inizia la Torah: ''Bereshit bara Elokim et hashamayim v’et haaretz'', "In principio Dio creò i cieli e la terra" ({{passo biblico2|Genesi|1:1}}).
=== "In principio...": l’essenza dell’ebraismo ===
''Bereshit'', "in principio", non si riferisce al primo di una sequenza di cose, ma piuttosto alla cosa più importante, ovvero che Dio ha ''creato'': ''Bereshit bara Elokim...'' Ciò che precede l'inizio, tuttavia, è sigillato dal muro che forma il lato destro della lettera ''beit''. Nel margine della creazione – nello spazio vuoto prima della ''beit'' – c'è solo il silenzio divino pre-originario che "precede" la creazione. Eppure è un silenzio che non è lasciato al margine. Piuttosto, come la creazione stessa, questo silenzio è continuo. Il maestro chassidico [[:en:w:Levi Yitzchok of Berditchev|Levi Yitzchak di Berditchev]] (1740-1809) insegnò che quando Dio diede la Torah, Egli diede non solo le parole, ma anche il silenzio tra le parole.<ref>[[Elie Wiesel]], ''Against Silence: The Voice and Vision of Elie Wiesel'', vol. 2, ed. Irving Abrahamson (New York: Holocaust Library, 1985), 82.</ref> Esso dimora nell’''alef'', nella lettera silenziosa che, secondo il Baal Shem, è nascosta in ogni parola della lingua sacra (''Keter Shem Tov'' 45). Il silenzio che è l’''alef'' è il Santo nella lingua santa: secondo i saggi, l’''alef'' è composta da uno ''yud'' sopra, uno ''yud'' sotto e un ''vav'' che li collega.<ref>Cfr. per esempio, Nechunia ben Hakanah, ''Sefer HaTemunah'' (Jerusalem: Nezer Sharga, 1998), 2.</ref> Il valore numerico di ''yud'' (10) più ''vav'' (6) più ''yud'' (10) è ventisei, che è il valore del ''[[w:Tetragramma biblico|Tetragrammaton]]'', il Nome di Dio di quattro lettere.
Avvenendo attraverso una parola divina, la creazione è un movimento verso una relazione: la parola è pronunciata da ''qualcuno'', da una ''persona'', non da un principio. Il movimento verso una relazione è indicato dalla parola ''bara'', che significa "creato". Infatti, bara, come osservò [[Nahmanide]] (1194–1270), è un termine affine a ''brit'', che significa "alleanza".<ref>Cfr. Nachmanides, ''Commentary on the Torah'', vol. 1, trad. Charles B. Chavel (New York: Shilo, 1971), 112.</ref> In questo versetto, inoltre, la parola per "Dio" è ''Elokim''. Lo ''[[Zohar]]'' spiega:
{{citazione|Quando il Misteriosissimo desiderò rivelarSi, Egli produsse dapprima un singolo punto che fu trasmutato in un pensiero, e in questo Egli eseguì innumerevoli disegni e incise innumerevoli incisioni. Inoltre, incise con la sacra e mistica lampada un disegno mistico e santissimo, che era un meraviglioso edificio che emergeva dal centro del pensiero. Questo è chiamato ''Mi'', o "Chi", e fu l'inizio dell'edificio, esistente e non-esistente, profondamente sepolto, inconoscibile per nome. Fu chiamato solo ''Mi''. Desiderava manifestarsi ed essere chiamato per nome. Pertanto si rivestì di una veste fulgida e preziosa e creò ''Eleh'', o "Questi", ed ''Eleh'' acquisì un nome. Le lettere delle due parole si mescolarono, formando il nome completo ''E-l-o-k-i-m''.|''[[Zohar]]'' I 2a}}
Sebbene l'insegnamento secondo cui ''Dio creò'' sia un Primo Principio della Torah e dell'ebraismo, Dio non è né un Primo Principio né una Causa Prima: Dio è un ''Chi'', e non un ''Cosa''. Non è possibile stipulare un'alleanza con un principio o una causa. Nessuno ha mai gridato "Padre!" al Primo Principio, né Abramo è mai entrato in una disputa sui giusti di Sodoma e Gomorra per cercare di muovere il Motore Immobile (cfr. {{passo biblico2|Genesi|18:16-33}}). La frase orante "chi è come Te", pronunciata da Mosè mentre attraversava il mare ({{passo biblico2|Esodo|15:11}}), non è solo una domanda retorica ― è un'affermazione: proprio il ''Chi'' è ciò che assomiglia a Dio. Dal punto di vista dell'ebraismo che rende ebrei gli ebrei, quindi, la presenza stessa di un ''Chi'' nel mezzo dell'essere è una trascendenza dell'essere.
Poiché la creazione implica un movimento verso una relazione di alleanza, l'ebraismo non si preoccupa di ''ciò che ha causato'' il mondo, ma di ''chi lo ha creato'', dall'al di là dell'essere, e di come dobbiamo considerare la nostra relazione con il Creatore. Considerando Dio una presenza viva e autorevole con cui l'essere umano entra in relazione, il pensiero ebraico che appartiene all'ebraismo è relazionale, come evidenziato, ad esempio, nel "pensiero parlante" di Rosenzweig. Rosenzweig asserisce: "''Speaking thinking'' is oriented toward the need of an other and, what is the same thing, in the taking of time seriously".<ref>[[Franz Rosenzweig]], ''Franz Rosenzweig’s “The New Thinking”'', trad. e ed. Alan Udoff & Barbara E. Galli (Syracuse, NY: Syracuse University Press, 1999), 87.</ref> Prendere sul serio il significato significa prendere sul serio il tempo: il significato risiede in ciò che deve ''ancora essere'' compiuto. Nelle parole di [[Abraham Joshua Heschel]] (1901-1972), "Time is the presence of God in the world of space".<ref>[[Abraham Joshua Heschel]], ''The Sabbath: Its Meaning for Modern Man'' (New York: Farrar, Straus and Giroux, 1981), 100.</ref> La determinazione di chi siamo, come ebrei e come esseri umani, non si dispiega entro i confini dell'ego, ma in una liberazione dall'ego; la verità non sta nel cartesiano "Penso, dunque sono",<ref>René Descartes, ''Meditations on First Philosophy'', 3a ed., trad. Donald A. Cress (Indianapolis, IN: Hackett, 1993), 19–20.</ref> ma piuttosto in "Dio pensa, dunque sono". Vale a dire: "Sono convocato per amore di un altro, dunque sono".
Il Primo Principio dei filosofi è totalmente indifferente all'essere umano e quindi totalmente estraneo all'ebraismo. Inteso come perfezione, un tale dio non ha bisogno di nulla: come afferma Aristotele (384-322 AEV), non ama né ha bisogno di amore (si veda, ad esempio, l’''[[w:Etica Eudemia|Etica Eudemia]]'' di Aristotele, VII, 1244b). Né chiede ciò che Dio chiede ad Adamo e a ciascuno di noi in ogni istante: "Dove sei?". La domanda del Santo non è "Cosa pensi?" o "Come ti senti?", ma "Dove sei rispetto al tuo prossimo e a Me?". Ecco perché "non è bene che l'uomo sia solo" ({{passo biblico2|Genesi|2:18}}). Nell'ebraismo, siamo ciò che siamo nel mezzo di una relazione, non nei recessi dell'ego pensante. L’ebraismo si fonda su questo spazio intermedio di relazione concreta, cosicché l’essere umano è isolato – da oltre sé stesso, nonostante sé stesso – come lo fu Adamo.
Questa condizione di essere già individuata fin dal tempo immemorabile di Adamo, una condizione che conferisce già significato a qualsiasi contesto dato prima di ogni contesto, emerge con l'apparizione del Tu. Quindi, analizzando più approfonditamente il verso iniziale della [[Torah]], ricordiamo un altro insegnamento dello ''[[Zohar]]''. Invece di leggere ''Bereshit bara Elokim et ha-...'' come "In principio Dio creò il...", lo ''Zohar'' lo legge come "In principio Dio creò ''alef, tav, hey'' di ''atah'': Tu". Dice lo ''Zohar'': "La parola ''et'' è composta dalle lettere ''alef'' e ''tav'', che includono tra loro tutte le lettere, essendo la prima e l'ultima dell'alfabeto. In seguito fu aggiunto ''hey'', in modo che tutte le lettere fossero collegate a ''hey'', e questo diede il nome ''atah'' (Tu)" (''[[Zohar]]'' I 15b). Solo un ''chi'' – solo chi porta un nome e non un'essenza – può dire ''tu'' ed essere chiamato ''tu''. Se, come sostiene [[w:Martin Buber|Martin Buber]] (1878–1965), la parola ''Tu'' può essere detta solo con tutto l’essere,<ref>Martin Buber, ''I and Thou'', trad. Walter Kaufmann (New York: Charles Scribner’s Sons, 1970), 54.</ref> parlare con tutto l’essere, corpo e anima, significa dire Tu.
"In principio", scrive [[Elie Wiesel]] (1928-2016), "l'uomo è solo. Solo come Dio è solo. Aprendo gli occhi non chiede: Chi sono io? Chiede: Chi sei tu?".<ref>Elie Wiesel, ''Messengers of God: Biblical Portraits and Legends'', trad. Marion Wiesel (New York: Random House, 1976), 1.</ref> Tuttavia, nel suo romanzo ''[[:en:w:The Oath (Wiesel novel)|The Oath]]'' leggiamo: "When he opened his eyes, Adam did not ask God: Who are ''you''? He asked: Who am ''I''?".<ref>[[Elie Wiesel]], ''The Oath'' (New York: Avon, 1973), 19.</ref> Una contraddizione? No. Per l'anima che prende vita nel mezzo di una relazione, non c'è un Io senza il Tu. Nelle parole di Buber, "When one says You, the I of the word pair I–You is said, too".<ref>Buber, ''I and Thou'', 54.</ref> Proprio come questo è vero per l'essere umano, così è vero per il Creatore: quando Egli dice Tu, Si rivela come Io, come ''Anokhi'', che è la prima parola della rivelazione pronunciata sul Monte Sinai ({{passo biblico2|Esodo|20:2}}), la parola che, secondo l'ebraismo, corrisponde a "In principio" (cfr. ''Mekilta de-Rabbi Ismael, Bachodesh'' 8; ''Pesikta Rabbati'' 21:19; ''Zohar'' I 90a). La parola "Io" pronunciata da Dio al momento della Rivelazione significa la Sua pronuncia del Tu al momento della Creazione.
Nell'atto della creazione, quindi, il Creatore si rivela non come una potenza autoritaria, ma come Colui che dice "Tu" con cura, sollecitudine e gentilezza in un "diminuire" o ''tzimtzum'' di Sé stesso. Da oltre l'essere, Egli convoca il cielo e la terra all'esistenza e ci grida: "Dove sei ''tu''?". In quel grido, Egli Si rivela come una Presenza autorevole che anela a una relazione con noi: "Dove sei tu?" è ''Ayekah?!'', e la sua radice ''eikhah'' significa "Come?!", come in un grido di lamento, un grido di chi è stato ferito dalla caduta da una relazione: come hai potuto minare il significato stesso della tua vita infinitamente preziosa? Rivelando il Suo desiderio per la relazione che conferisce significato alla Sua creazione, Dio rivela un aspetto intimo di Se Stesso; ponendoci una domanda, Egli suscita in noi una risposta e annuncia la nostra responsabilità.
Il ''Midrash'' insegna che Dio crea i cieli, ''et hashamayim'', prima di creare la terra, per elevare una dimensione di altezza da cui tutto ciò che è al di sotto riceve il suo significato (''Tanchuma Bereshit'' 1). "L'altezza ordina l'essere", scrive Levinas:
{{citazione|Height introduces a sense into being. It is already lived across the experience of the human body. It leads human societies to raise up altars. It is not because men, through their bodies, have an experience of the vertical that the human is placed under the sign of height; because being is ordained to height the human body is placed in a space in which the high and the low are distinguished and the sky is discovered.|Levinas, ''Collected Philosophical Papers'', 100}}
=== Il collegamento post-Olocausto con la questione ===
=== In cosa differisce l'ebraismo? ===
=== Significato ed elezione nell'ebraismo ===
{{clear}}
== Note ==
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}}
<div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div>
{{Avanzamento|25%|6 giugno 2025}}
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{{Immagine grande|Maurycy Gottlieb - Jews Praying in the Synagogue on Yom Kippur.jpg|740px|}}
== Cosa fa dell'ebreo un ebreo? ==
{{Vedi pedia|Portale:Ebraismo|Ebraismo|Ebrei|Ebrei (popolo antico)}}
Forse dovremmo iniziare con ciò che ''non'' rende gli ebrei ebrei. Il popolo ebraico non è una razza, una cultura o un gruppo etnico. Non esiste una parola nell'ebraico biblico che significhi "razza", almeno non come intendiamo il termine ai nostri giorni; abbiamo ''[[w:goy (ebraismo)|goy]]'', ovvero "nazione", e ''am'', ovvero "popolo". Esistono nazioni e gruppi di persone, ma sono proprio questo: ''persone'', esseri umani, ''benei adam'', "figli di Adamo" e figli di Dio. Non c'è nulla nell'ebraico biblico paragonabile al termine greco ''barbaros'', ovvero "barbaro", che significa "non-greco" e quindi in qualche modo meno umano del greco. Il [[w:Tempio di Gerusalemme|Beit HaMikdash]], che era il Sacro Tempio di Gerusalemme, aveva un Cortile dei Gentili, un luogo dove i nonebrei erano liberi di riunirsi nel luogo sacro – qualcosa, per quanto ne so, che era unico nel mondo antico. In gran parte del mondo antico, stranieri e "nonmembri" non avevano posto nei luoghi santi, così come un non-musulmano non ha posto alla Mecca.
Il termine ''razza'' è disumanizzante perché in ultima analisi è essenzializzante, come ha dimostrato la modernità: essere inseriti in una tale categoria significa ricevere un carattere ineluttabile e irrevocabile, che viene gerarchizzato. Colui che consideriamo in termini di razza viene relegato alla categoria di un Esso che può essere pesato e misurato, osservato e contato, manipolato, sfruttato e schiavizzato. "L'umanità è sempre assente", disse una volta [[Franz Rosenzweig]] (1886-1929). "Presente è un uomo, questo o quello".<ref>Franz Rosenzweig, ''Understanding the Sick and the Healthy'', trad. Nahum Glatzer (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1999), 72.</ref> L'umanità è un'astrazione e quindi non ci pone alcuna richiesta etica, richiesta che può sorgere solo da questo essere umano in carne e ossa davanti a me. Ciò che egli dice dell'umanità si applica anche alla razza: è un'astrazione, mai presente in una relazione faccia a faccia – ''non c'è razza in faccia''. [[Emmanuel Levinas]] ha detto: "Il modo migliore per incontrare l'Altro è non notare nemmeno il colore dei suoi occhi",<ref>Emmanuel Levinas, ''Ethics and Infinity'', trad. Richard A. Cohen (Pittsburgh, PA: Duquesne University Press, 1985), 85.</ref> anche mentre li fissiamo negli occhi. "Quegli occhi", dice Lévinas, "che sono assolutamente senza protezione, la parte più nuda del corpo umano, offrono tuttavia una resistenza assoluta al possesso".<ref>Emmanuel Levinas, ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. Sean Hand (Baltimore, MD: Johns Hopkins University Press, 1990), 8.</ref> Secondo l’insegnamento ebraico, lo stesso si può dire della pelle, dove il vero incontro tra umano e umano sta nel non notare nemmeno il colore della pelle, che non risiede nel suo colore ma nel suo essere esposta, nel confine vulnerabile tra il mondo e tutto ciò che è umano nell’essere umano.
Le persone non sono né astrazioni né oggetti: sono carne e sangue, esseri umani con un nome. Quindi la disumanizzazione dell'essere umano avviene con la cancellazione del nome, come è accaduto durante l'Olocausto. Chi "ha un nome", dice Rosenzweig, "non può più essere una cosa... Esso [il nome] è incapace di essere completamente assorbito nella categoria, perché non può esserci alcuna categoria a cui appartenere; esso è la sua propria categoria".<ref>Franz Rosenzweig, ''The Star of Redemption'', trad. William W. Hallo (Boston, MA: Beacon Press, 1972), 186–187.</ref> Ciò che Levinas dice del volto si può dire anche del nome: "Il volto è significazione, e significazione ''senza contesto''. Voglio dire che l'Altro, nella rettitudine del suo volto, non è un personaggio all'interno di un contesto. Di solito,... il significato di qualcosa è nella sua relazione con un'altra cosa. Qui, al contrario, il volto ''è significato in sé''".<ref>Levinas, ''Ethics and Infinity'', 86–87; emphasis added.</ref> Il popolo ebraico ha un nome. È il nome di un individuo ebreo che lo ha strappato a Dio come una benedizione ({{passo biblico2|Genesi|32:27-29}}), poiché ciascuno dei nostri nomi, ciascuna delle nostre identità destinate, deve, in un certo senso, essere strappato a Dio come una benedizione da Dio. Un nome che può essere visto come letteralmente strappato a Dio è il nome che significa "colui che lotta con Dio": è Israele. Israele non è una razza, una cultura o un ethnos: Israele è un incontro, un evento, un verbo. Basta percorrere un isolato o due per le strade di Tel Aviv per vedere che gli ebrei sono di tutti i colori e provengono da tutte le culture. Eppure ognuno appartiene ad ''Am Yisrael'', il Popolo di Israele, a prescindere dal colore o dalla cultura.
Persino la definizione nazista di ebreo non lo collocava in una categoria strettamente razziale. Una delle [[w:Leggi di Norimberga|Leggi di Norimberga]] promulgate il 15 settembre 1935 era la [[w:Leggi di Norimberga#Legge sulla cittadinanza del_Reich|Legge sulla Cittadinanza del Reich]]. L'Articolo 2, Comma 2, di tale legge stabiliva che chiunque avesse "uno o due" nonni ebrei era un ebreo di sangue misto, e che "i nonni ebrei purosangue [erano] coloro che appartenevano alla comunità religiosa ebraica", ovvero coloro che erano seguaci dell'ebraismo. L'Articolo 5, Comma 2, stabilisce che anche chiunque si converta all'ebraismo deve essere considerato ebreo.<ref>Cfr. Yehuda Bauer, ''A History of the Holocaust, revised edition'' (New York: Franklin Watts, 2002), 111–112.</ref> Non ci si può convertire a una razza o a un gruppo etnico. Tra gli autori delle leggi figurano il Dr. Franz Albrecht Medicus (1890-1967), il Dr. Bernhard Lösner (1890-1952) e il Dr. Wilhelm Stückart (1902-1953),<ref>Paul R. Bartrop e Eve E. Grimm, ''Perpetrating the Holocaust: Leaders, Enablers, and Collaborators'' (Santa Barbara, CA: ABC-CLIO, 2019), 276.</ref> uomini tra i più istruiti d'Europa. Includendo i convertiti all'ebraismo nella definizione di chi è ebreo, sapevano benissimo che un ebreo è fondamentalmente definito dall'ebraismo. Come insisteva l'ideologo nazista Alfred Rosenberg (1893-1946), tutti gli ebrei sono inclini a pensare in modo talmudico, "che siano speculatori in Borsa atei, fanatici religiosi o ebrei talmudici osservanti".<ref>Alfred Rosenberg, ''Race and Race History and Other Essays'', ed. Robert Pois (New York: Harper & Row, 1974), 181.</ref> Perché? Perché tutti gli ebrei sono portatori del "contagio" dell'ebraismo, come dichiarò Rosenberg, insistendo sul fatto che l'umanità è avvelenata non dal sangue ebraico, ma dall'ebraismo.<ref>''Ibid.'', 131–132.</ref> Se qualcuno si converte all'ebraismo, è perché è portatore del contagio. La chiave per capire cosa rende gli ebrei ebrei, quindi, è l’''ebraismo''.
Mi è stato spesso chiesto: "Gli ebrei sono ebrei per via dell'incidente biologico di avere una madre ebrea o perché scelgono di seguire l'ebraismo?". La domanda stessa tradisce un pregiudizio caratteristico del pensiero moderno, dove supponiamo che tutto ciò che accade sia un incidente della natura o il risultato della volontà umana. La risposta da un punto di vista ebraico è: nessuna delle due. Un ebreo è un'anima che Dio ha ''creato'' come ebreo, che ha mandato in questo reame per intraprendere il compito della ''redenzione'' attraverso i mezzi ''rivelati'' nella [[Torah]]. L'individuo non sceglie di essere ebreo: è Dio che sceglie. E non è un incidente.
E i convertiti? Non scelgono forse di essere ebrei? Non sono "ebrei per scelta"? La risposta breve è: no. Il [[w:Talmud|Talmud]] ci dice che anche i convertiti erano tra le anime ebraiche che si trovavano sul Monte Sinai, vive, morte e ancora da nascere (''Shevuot'' 39a). Un convertito all'ebraismo è un'anima ebrea che si è risvegliata alla consapevolezza di essere ebreo, eletto fin dalla nascita. Non esiste un ebreo per scelta: un ebreo è ''già'' scelto, già incaricato di dire al mondo che ''ogni'' essere umano è scelto per un compito ''indispensabile'' a tutta la creazione. È alla luce di questa consapevolezza che un ebreo, convertito o meno, deve ora fare una scelta. In effetti, un convertito è colui che sta agendo sulla base della consapevolezza di essere sempre stato ebreo. Una volta avvenuta la conversione all'ebraismo, l'individuo non è più un convertito: è un ebreo, come intesero gli autori delle Leggi di Norimberga. Capivano che senza la Torah non ci sarebbero stati ebrei, e senza gli ebrei non ci sarebbe stata la Torah. Sapevano che l'[[w:Alleanza (Bibbia)|Alleanza della Torah]] che definisce l'ebraismo porta con sé un certo insegnamento e una certa testimonianza contrari alla tradizione totalitaria e ontologica che ha origine ad Atene e che alla fine porta ad Auschwitz.
=== Atene e Gerusalemme ===
Emil Fackenheim ha affermato che "nulla rende un filosofo ''ebreo'' in modo così potente quanto la ‘Torah’".<ref>Emil L. Fackenheim, ''Jewish Philosophers and Jewish Philosophy'', ed. Michael L. Morgan (Bloomington: Indiana University Press, 1996), 107–108.</ref> Ciò che Fackenheim dice del filosofo ebreo può essere detto dell'ebreo. Perché essere ebreo risiede in un modo di pensare, che sia abbandonato o abbracciato. Risiede in un modo di pensare a Dio, al mondo e all'umanità. Per un ebreo, come ha affermato Rabbi [[w:Adin Steinsaltz|Adin Steinsaltz]] (1937-2020), "it is not only that one thinks in terms of Torah, but also that the Torah thinks within oneself. It is an object that becomes a subject, capable of expressing itself in one’s own thoughts ''and actions''".<ref>Adin Steinsaltz, ''The Long Shorter Way: Discourses on Chasidic Thought'', trad. Yehuda Hanegbi (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1988), 28; mio corsivo.</ref> Dal punto di vista dell'ebraismo, la Torah che rende ebreo un ebreo non è un datum morto né un pittoresco e curioso volume di sapere dimenticato; no, è il respiro della vita che si trae dall'agire secondo i suoi comandamenti rivelati, santificando così Dio, il mondo e l'umanità. Proprio come il nome Israele è un verbo, così anche l'ebreo è un verbo.
Questa visione del rapporto tra la Torah e ciò che rende ebrei gli ebrei è al centro della tensione tra Atene e Gerusalemme, anche prima della rivolta dei Maccabei contro i Greci, dal 167 al 160 AEV. "In order to understand ourselves and to illuminate our trackless way into the future", scrive [[w:Leo Strauss|Leo Strauss]] (1899-1973), "we must understand Jerusalem and Athens".<ref>Leo Strauss, ''Studies in Platonic Political Philosophy'' (Chicago: University of Chicago Press, 1985), 147.</ref> Mentre Atene, spiega, significa "free inquiry", Gerusalemme denota "obedient love".<ref>Leo Strauss, ''The Rebirth of Classical Political Rationalism: An Introduction to the Thought of Leo Strauss, selected by Thomas L. Pangle'' (Chicago: University of Chicago Press, 1989), 72.</ref> Se la differenza tra Atene e Gerusalemme risiede nella libera ricerca contrapposta all'amore obbediente, risiede nell'autolegislazione autonoma contrapposta al comandamento divino. E se è così, allora scopriamo un percorso che conduce da Atene ad Auschwitz, dove nessuno era più autonomo o più autolegislatore dei nazisti e nessuna verità subì un attacco più radicale della verità del comandamento divinamente rivelato, a cominciare dall'assoluto divieto divino di omicidio. Ciò che è iniziato con l'escludere Dio dalla realtà si è concluso con lo spingere gli ebrei nelle camere a gas. La filosofia volge l'orecchio ad Auschwitz e non sente altro che [[wikt:sound and fury|un suono e una furia]] che non significano nulla. Ed è paralizzata.
In contrasto con questa paralisi, abbiamo la risposta degli Israeliti quando Mosè presentò loro la Torah: "Tutto ciò che il Signore ha detto, noi lo faremo ed eseguiremo" ({{passo biblico2|Esodo|24:7}}). Questa è esattamente la risposta alla Voce Imponente di Auschwitz che ora deve essere data, come ha sostenuto Fackenheim.<ref>Cfr. Emil L. Fackenheim, ''The Jewish Return into History: Reflections in the Age of Auschwitz and a New Jerusalem'' (New York: Schocken Books, 1978), 19ff.</ref> Il che significa: a differenza di un pensatore che sostiene che dopo Auschwitz gli ebrei debbano rifiutare le nozioni di alleanza e di elezione,<ref>Cfr. per esempio, Richard L. Rubenstein, ''After Auschwitz: History, Theology, and Contemporary Judaism'', 2ad ed. (Baltimore, MD: The Johns Hopkins University Press, 1992), 173.</ref> Fackenheim insiste sul fatto che dopo Auschwitz un ebreo è eletto più profondamente che mai. E afferma: "Judaism survives through Jews, and Jews, however indirectly, survive through Judaism".<ref>Emil L. Fackenheim, "The Rebirth of the Holy Remnant", lezione presentata al Yad Vashem, 17 giugno 1993, manoscritto inedito.</ref> Ciò che sopravvive in entrambi è una testimonianza della sacralità dell'essere umano che i nazisti si proponevano di cancellare. La via verso la verità, ieri come oggi, risiede, ancora una volta, nell'agire per amore, in risposta alla parola rivelata della Torah, perché solo dando vita alla parola attraverso le nostre azioni possiamo sperare di ascoltarla e comprenderla. Questo, in parte, è ciò che rende gli ebrei ebrei.
Insistendo sul fatto che la via verso la verità risieda nella "libera ricerca" dell'alta corte della ragione, la filosofia speculativa della tradizione ellenistica avrebbe prima dedotto la strada giusta e poi compiuto il primo passo. Sicurezza e protezione, assicurazione e rassicurazione sono di fondamentale importanza, come vediamo quando Adamo rispose al grido di Dio "Dove sei?" dicendo: "Ho avuto paura" ({{passo biblico2|Genesi|3:9-10}}). La filosofia avrebbe prima ascoltato e poi agito, come [[w:Talete|Talete di Mileto]] (ca. 624-548 AEV), che una notte cadde in una fossa mentre camminava e guardava il cielo; non appena ne uscì, giurò che da quel momento in poi avrebbe avuto la certezza della terra ferma sotto i suoi piedi prima di muovere un passo.<ref>Cfr. Platone, ''[[w:Teeteto|Teeteto]]'', ''ad hoc''.</ref> Determinato a essere sicuro di quella terra ferma, tuttavia, perse la visione del cielo, della dimensione dell'altezza, senza la quale non c'è significato. A dire il vero, il significato promesso dalla terra ferma della ragione sillogistica è, in definitiva, un inganno. Nelle parole di Strauss, "by saying that we wish to hear first and then to act, we have already decided in favor of Athens against Jerusalem".<ref>Strauss, ''Studies in Platonic Political Philosophy'', 150.</ref> La differenza sta proprio nell'oggetto della [[w:Rivolta maccabea|rivolta dei Maccabei]] contro i Greci. Con l'istituzione nel 163 AEV dell'ultimo stato ebraico prima del 1948, i Maccabei decisero a favore di Gerusalemme contro Atene.
Decidere a favore di Gerusalemme rispetto ad Atene significa decidere a favore della Torah, della preghiera e degli atti di amorevole gentilezza (cfr. ''Pirke Avot'' 1:2) rispetto all'autorità e al potere della ragione, della volontà e della determinazione – atti di amorevole gentilezza soprattutto, che richiedono una certa rinuncia all'autorità e al potere. Questa decisione è ciò che rende gli ebrei ebrei. Il maestro chassidico [[w:Nachman di Breslov|Nachman di Breslov]] (1772-1810) insegnò che gli atti di amorevole gentilezza sono essenziali per qualsiasi comprensione che il pensiero possa raggiungere, poiché senza gentilezza non c'è saggezza, non c'è umanità.<ref>Cfr. Louis I. Newman, ed., ''The Hasidic Anthology'' (New York: Schocken Books, 1963), 257.</ref> Questo punto essenziale è illustrato nella storia di come uno dei più grandi saggi talmudici, [[w:Rabbi Akiva|Rabbi Akiva]], ottenne la sua dottrina. Un giorno il profeta Elia apparve alla porta di Akiva, afflitto dalla povertà, e della sua novella sposa Rachele, in uno dei suoi travestimenti preferiti: quello di mendicante. Spiegò che aveva un disperato bisogno di un po' di paglia su cui sua moglie potesse sdraiarsi, poiché stava per partorire. Akiva gli diede la paglia che aveva chiesto e disse a Rachele: "Vedi? Alcune persone sono più povere di noi". Avendo assistito alla compassione del marito per i bisognosi, la giovane Rachele riconobbe la sua saggezza, sebbene Akiva fosse un povero pastore che non sapeva né leggere né scrivere. E così ebbe la saggezza di mandarlo a studiare con Rabbi [[w:Eliezer ben Hurcanus|Eliezer ben Hyrkanos]] e [[w:Joshua ben Hananiah|Rabbi Yeoshua]]. Quando tornò a casa dodici anni dopo, espresse il desiderio che tornasse a studiare per altri dodici anni. Quando tornò a casa da sua moglie, dopo il secondo periodo di apprendimento, aveva con sé {{FORMATNUM:24000}} discepoli (''Nedarim'' 50a).
Anche qui, nella visione della gentilezza come espressione di saggezza, scopriamo che l'ebraismo che determina chi è ebreo non è tanto un sistema di credenze quanto un modo di vivere derivato da un modo di pensare, un punto profondamente compreso da [[Franz Rosenzweig]]. Nella sua opera più importante, ''[[w:La stella della redenzione|La Stella della Redenzione]]'' (1919), egli contrappone la vita concreta dell'ebraismo al ragionamento astratto della [[w:idealismo|filosofia idealista]]. In contrasto con il discorso di causalità, razionalità e moralità, Rosenzweig identifica le categorie chiave dell'ebraismo come creazione, rivelazione e redenzione. Partendo dalla nozione ebraica di Dio come colui che è altro dall'essere, scrive: "Revelation is at all times new only because it is primordially old. It makes the primeval creation over into an ever newly created present... The divine word... is revelation only because it is at the same time the word of creation".<ref>Rosenzweig, ''The Star of Redemption'', 111.</ref> Questa intuizione è centrale nel pensiero proprio dell'ebraismo: la parola della rivelazione è parola della creazione proprio perché ciascuna è un movimento verso una relazione che apre la strada alla redenzione.
=== La centralità della relazione nell'ebraismo ===
{{Vedi anche|La Coscienza di Levinas}}
Tra i molti pensatori ebrei profondamente influenzati da Rosenzweig, [[Emmanuel Levinas]] è il più importante. Considerando la relazione che definisce l'ebraismo in termini di etica, Levinas interpreta Dio come Colui che ci rivela una certa "connessione" con Lui, una ''tzavta'', e ''tzavta'' è la radice di ''[[w:mitzvah|mitzvah]]'' {{lang|he|מצווה}}, la parola che significa "comandamento". La rivelazione è la rivelazione di una connessione con il Creatore attraverso il comandamento; è la rivelazione della responsabilità di cui solo io posso rispondere. "Gli attributi di Dio", sottolinea Levinas, "non sono dati all'indicativo, ma all'imperativo. La conoscenza di Dio ci giunge come un comandamento, come una ''mitzvah''. Conoscere Dio significa sapere ciò che si deve fare".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 17.</ref> Anche quando Dio ci pone una domanda, come fece con Adamo ({{passo biblico2|Genesi|3:9}}) e Caino ({{passo biblico2|Genesi|4:9-10}}), parla all'imperativo. Tale conoscenza non può essere dedotta: ci giunge solo quando ci viene comandato, solo quando siamo chiamati a rispondere: "''Hineni'' – Eccomi per te", a e per un altro. Levinas vede l'etica al centro dell'ebraismo e della vita ebraica come un'"etica dell'eteronomia che non è una servitù, ma il servizio di Dio attraverso la responsabilità per il prossimo, in cui sono insostituibile".<ref>Emmanuel Levinas, ''Outside the Subject'', trad. Michael B. Smith (Stanford, CA: Stanford University Press, 1994), 35.</ref> Egli sostiene che l'etica caratteristica dell'ebraismo non è un momento nell'essere o concepita dal pensiero speculativo.<ref>Emmanuel Levinas, ''Of God Who Comes to Mind'', trad. Bettina Bergo (Stanford, CA: Stanford University Press, 1998), 56.</ref> Piuttosto, è diversa o migliore dell'essere: è il dover divino che entra nell'essere come un comandamento da oltre l'essere (rivelazione), prima dell'essere (creazione).<ref>Cfr. Levinas, ''Ethics and Infinity'', 109.</ref>
Similmente, Dio e l'umanità non condividono un'essenza; piuttosto, ciascuno è al di là dell'essenza, poiché ciascuno è ''insostituibile''. In una parola, Dio Creatore e colui che è stato creato a Sua immagine e somiglianza sono ''santi''. In quanto essere etico, quindi, l'essere umano è una "frattura dell'essere", manifestata nel movimento divinamente comandato verso l'altro essere umano, un movimento verso una relazione, per il bene dell'altro essere umano. Poiché la rivelazione della ''mitzvah'' da parte della Torah è l'affermazione di una relazione, la ''mitzvah'', dice Levinas, "non è un formalismo morale", ma è piuttosto "la ''presenza'' viva dell'amore",<ref>Levinas, ''Outside the Subject'', 57.</ref> che si manifesta proprio nel comandamento di amare. Dio non è amore, dice Levinas; piuttosto, Dio è il ''comandamento'' di amare,<ref>Cfr. Emmanuel Levinas, “The Paradox of Morality,” in Robert Bernasconi e David Wood, eds., ''The Provocation of Levinas: Rethinking the Other'' (London: Routledge and Kegan Paul, 1988), 176–177.</ref> di "amare il prossimo tuo", ''veahavta lereakha'' (Levitico 19:18), e di "amare lo straniero", ''veahavta lo [hager] kamokha'', "come te stesso" (Levitico 19:34). Secondo il [[w:Ba'al Shem Tov|Baal Shem Tov]] (1698-1760), fondatore del [[w:chassidismo|chassidismo]], questo comandamento di amare l'altro, prossimo o straniero che sia, è il fondamento dell'ebraismo e dell'intera Torah (''Toledot Yaakov Yosef, Korach'' 2). Questo amore per l'altro è ciò che rende gli ebrei ebrei. Se esaminiamo la parola ebraica ''kamokha'', "come te stesso", così come ''le-'' in ''lereakha'', "il tuo prossimo", una traduzione migliore sarebbe: "Mostrerai amore ''verso'' il tuo prossimo, perché quella relazione d'amore è ciò che sei", come suggeriva il Baal Shem (''Toledot Yaakov Yosef, Veetchanan'' 5). Il comandamento di amare il prossimo è seguito dalla frase "Io sono HaShem", a indicare che la relazione umana e la relazione superiore sono un tutt'uno.
Mentre il pensiero speculativo deriva il concetto di Dio da un principio morale,<ref>Cfr. per esempio, Immanuel Kant, ''Religion Within the Limits of Reason Alone'', trad. Theodore M. Greene e Hoyt H. Hudson (New York: HarperOne, 1960), 171.</ref> l'ebraismo vede Dio non come un concetto, un principio o una causa, ma come la Voce vivente del comandamento etico, che si manifesta nel comandamento.<ref>Cfr. per esempio, Emmanuel Levinas, ''Collected Philosophical Papers'', trad. Alphonso Lingis (Dordrecht: Martinus Nijhoff, 1987), 59.</ref> Rabbi [[:en:w:Kalonymus Kalman Shapira|Kalonymos Kalmish Shapira]] (1889–1943 nella [[Shoah]]), il Rebbe del [[w:Ghetto di Varsavia|Ghetto di Varsavia]], chiarisce il collegamento tra il Santo e la ''mitzvah'' che Egli comanda. Secondo i mistici, la parola ''mitzvah'' (''mem-tzadi-vav-hey'' {{lang|he|מצווה}}) contiene il Santo Nome di quattro lettere (''yud-heh-vav-hey''), cosicché il Santo è nella ''mitzvah''. Mentre le ultime due lettere del Nome, ''vav-hey'', sono evidenti nelle ultime due lettere della ''mitzvah'', le prime due sono nascoste nelle lettere ''mem-tzadi'' della ''mitzvah''. Trasformate secondo il metodo interpretativo di ''[[:en:w:Atbash|At-bash]]'' {{lang|he|אתבש}}, ''mem'' e ''tzadi'' diventano ''yud'' e ''heh'', le prime due lettere del Nome. I comandamenti della Torah formano un portale attraverso il quale il Santo Nome entra nel mondo: Dio è presente concretamente nel comandamento.<ref>Kalonymos Kalmish Shapira, ''Sacred Fire: Torah from the Years of Fury 1939–1942'', trad. J. Hershy Worch, ed. Deborah Miller (Northvale, NJ: Jason Aronson, 2000), 61; la trasformazione ''[[w:Atbash|At-bash]]'' è un mezzo di interpretazione, mediante il quale la prima lettera dell'alfabeto viene scambiata con l'ultima lettera, la seconda lettera dell'alfabeto con la penultima lettera e così via.</ref>
Mentre il pensiero speculativo enfatizza l'autonomia del sé, il comandamento dell'amore, fondante dell'ebraismo, si concentra sulla responsabilità eteronoma del sé nei confronti dell'altro. Mentre il pensiero speculativo è interessato alla libertà autonoma del sé, la Torah insiste sulla ricerca della giustizia: ''Tzedek, tzedek tirdof'', "Giustizia, giustizia perseguirai" ({{passo biblico2|Deuteronomio|16:20}}). La parola ebraica ''tzedek'' o "giustizia" significa anche "rettitudine" ed è la radice della parola per "carità", ''tzedakah'', sottolineando ancora una volta l'accento della Torah su una relazione di carne e sangue, e non sul concetto astratto. "Il senso dell'essere, il senso della creazione", afferma Levinas, "è realizzare la Torah"<ref>Emmanuel Levinas, ''Nine Talmudic Readings'', trad. Annette Aronowicz (Bloomington: Indiana University Press, 1990), 41.</ref> attraverso un atto concreto di [[:en:w:Chesed|amorevole gentilezza]] verso il nostro prossimo. In effetti, questa realizzazione della Torah è il senso dell'ebraismo e di ciò che rende gli ebrei ebrei.
La realizzazione della Torah non avviene nella mente e nemmeno nel cuore, ma ''tra'' due esseri umani, in una parola gentile o in un semplice saluto rivolto dall'uno all'altro. Così il saggio talmudico [[:en:w:Helbo|Rabbi Chelbo]] insegnò, in nome di [[:en:w:Rav Huna|Rabbi Huna]], che ogni volta che si incontra un'altra persona, si dovrebbe essere il primo a porgere un saluto (''Berakhot'' 6b). Allo stesso modo, Levinas considera il benvenuto o il saluto offerto all'altra persona il fondamento dell'ebraismo.<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 173.</ref> Poiché salutare l'altra persona è un dovere per ''me'', non condivido alcuna uguaglianza con l'altro essere umano; anzi, lui o lei viene sempre per primo, un concetto profondo che trova espressione in qualcosa di così banale come dire a un altro: "Dopo di te". Poiché l'altra persona è ''superiore'' a me, ho una responsabilità in ''più'' rispetto all'altra, ovvero la responsabilità di morire piuttosto che infliggere la morte all'altro, come insegnato nel Talmud (''Pesachim'' 25a–25b). "Il timore di Dio", afferma Levinas, "è concretamente il mio timore per il prossimo",<ref>Levinas, ''Outside the Subject'', 47.</ref> così che la morte che mi riguarda/preoccupa non è la mia morte, ma la morte del mio prossimo. E devo testimoniare questa preoccupazione anche a costo della mia vita. Per l'ebraismo che rende gli ebrei ebrei, la relazione è tutto. Nel mezzo della relazione tra esseri umani si trova lo spazio intermedio da cui l'anima (''neshamah'') trae il suo respiro (''neshimah''): l'anima non vive dentro di noi, ma ''tra'' di noi. Pertanto, nel ''Midrash'', Menachem bar Rabbi Yose insegna che tra i Dieci Detti che danno vita al cielo e alla terra ci sono le parole di {{passo biblico2|Genesi|2:18}}: "Non è bene che l'uomo sia solo" (''Bereshit Rabbah'' 17:1), perché tutta la creazione si fonda sulla ''relazione''.
Questo insegnamento è la chiave per la comprensione della Torah, fondamento dell'ebraismo. È l'insegnamento che rende ebrei gli ebrei. È l'insegnamento con cui inizia la Torah: ''Bereshit bara Elokim et hashamayim v’et haaretz'', "In principio Dio creò i cieli e la terra" ({{passo biblico2|Genesi|1:1}}).
=== "In principio...": l’essenza dell’ebraismo ===
''Bereshit'', "in principio", non si riferisce al primo di una sequenza di cose, ma piuttosto alla cosa più importante, ovvero che Dio ha ''creato'': ''Bereshit bara Elokim...'' Ciò che precede l'inizio, tuttavia, è sigillato dal muro che forma il lato destro della lettera ''beit''. Nel margine della creazione – nello spazio vuoto prima della ''beit'' – c'è solo il silenzio divino pre-originario che "precede" la creazione. Eppure è un silenzio che non è lasciato al margine. Piuttosto, come la creazione stessa, questo silenzio è continuo. Il maestro chassidico [[:en:w:Levi Yitzchok of Berditchev|Levi Yitzchak di Berditchev]] (1740-1809) insegnò che quando Dio diede la Torah, Egli diede non solo le parole, ma anche il silenzio tra le parole.<ref>[[Elie Wiesel]], ''Against Silence: The Voice and Vision of Elie Wiesel'', vol. 2, ed. Irving Abrahamson (New York: Holocaust Library, 1985), 82.</ref> Esso dimora nell’''alef'', nella lettera silenziosa che, secondo il Baal Shem, è nascosta in ogni parola della lingua sacra (''Keter Shem Tov'' 45). Il silenzio che è l’''alef'' è il Santo nella lingua santa: secondo i saggi, l’''alef'' è composta da uno ''yud'' sopra, uno ''yud'' sotto e un ''vav'' che li collega.<ref>Cfr. per esempio, Nechunia ben Hakanah, ''Sefer HaTemunah'' (Jerusalem: Nezer Sharga, 1998), 2.</ref> Il valore numerico di ''yud'' (10) più ''vav'' (6) più ''yud'' (10) è ventisei, che è il valore del ''[[w:Tetragramma biblico|Tetragrammaton]]'', il Nome di Dio di quattro lettere.
Avvenendo attraverso una parola divina, la creazione è un movimento verso una relazione: la parola è pronunciata da ''qualcuno'', da una ''persona'', non da un principio. Il movimento verso una relazione è indicato dalla parola ''bara'', che significa "creato". Infatti, bara, come osservò [[Nahmanide]] (1194–1270), è un termine affine a ''brit'', che significa "alleanza".<ref>Cfr. Nachmanides, ''Commentary on the Torah'', vol. 1, trad. Charles B. Chavel (New York: Shilo, 1971), 112.</ref> In questo versetto, inoltre, la parola per "Dio" è ''Elokim''. Lo ''[[Zohar]]'' spiega:
{{citazione|Quando il Misteriosissimo desiderò rivelarSi, Egli produsse dapprima un singolo punto che fu trasmutato in un pensiero, e in questo Egli eseguì innumerevoli disegni e incise innumerevoli incisioni. Inoltre, incise con la sacra e mistica lampada un disegno mistico e santissimo, che era un meraviglioso edificio che emergeva dal centro del pensiero. Questo è chiamato ''Mi'', o "Chi", e fu l'inizio dell'edificio, esistente e non-esistente, profondamente sepolto, inconoscibile per nome. Fu chiamato solo ''Mi''. Desiderava manifestarsi ed essere chiamato per nome. Pertanto si rivestì di una veste fulgida e preziosa e creò ''Eleh'', o "Questi", ed ''Eleh'' acquisì un nome. Le lettere delle due parole si mescolarono, formando il nome completo ''E-l-o-k-i-m''.|''[[Zohar]]'' I 2a}}
Sebbene l'insegnamento secondo cui ''Dio creò'' sia un Primo Principio della Torah e dell'ebraismo, Dio non è né un Primo Principio né una Causa Prima: Dio è un ''Chi'', e non un ''Cosa''. Non è possibile stipulare un'alleanza con un principio o una causa. Nessuno ha mai gridato "Padre!" al Primo Principio, né Abramo è mai entrato in una disputa sui giusti di Sodoma e Gomorra per cercare di muovere il Motore Immobile (cfr. {{passo biblico2|Genesi|18:16-33}}). La frase orante "chi è come Te", pronunciata da Mosè mentre attraversava il mare ({{passo biblico2|Esodo|15:11}}), non è solo una domanda retorica ― è un'affermazione: proprio il ''Chi'' è ciò che assomiglia a Dio. Dal punto di vista dell'ebraismo che rende ebrei gli ebrei, quindi, la presenza stessa di un ''Chi'' nel mezzo dell'essere è una trascendenza dell'essere.
Poiché la creazione implica un movimento verso una relazione di alleanza, l'ebraismo non si preoccupa di ''ciò che ha causato'' il mondo, ma di ''chi lo ha creato'', dall'al di là dell'essere, e di come dobbiamo considerare la nostra relazione con il Creatore. Considerando Dio una presenza viva e autorevole con cui l'essere umano entra in relazione, il pensiero ebraico che appartiene all'ebraismo è relazionale, come evidenziato, ad esempio, nel "pensiero parlante" di Rosenzweig. Rosenzweig asserisce: "''Speaking thinking'' is oriented toward the need of an other and, what is the same thing, in the taking of time seriously".<ref>[[Franz Rosenzweig]], ''Franz Rosenzweig’s “The New Thinking”'', trad. e ed. Alan Udoff & Barbara E. Galli (Syracuse, NY: Syracuse University Press, 1999), 87.</ref> Prendere sul serio il significato significa prendere sul serio il tempo: il significato risiede in ciò che deve ''ancora essere'' compiuto. Nelle parole di [[Abraham Joshua Heschel]] (1901-1972), "Time is the presence of God in the world of space".<ref>[[Abraham Joshua Heschel]], ''The Sabbath: Its Meaning for Modern Man'' (New York: Farrar, Straus and Giroux, 1981), 100.</ref> La determinazione di chi siamo, come ebrei e come esseri umani, non si dispiega entro i confini dell'ego, ma in una liberazione dall'ego; la verità non sta nel cartesiano "Penso, dunque sono",<ref>René Descartes, ''Meditations on First Philosophy'', 3a ed., trad. Donald A. Cress (Indianapolis, IN: Hackett, 1993), 19–20.</ref> ma piuttosto in "Dio pensa, dunque sono". Vale a dire: "Sono convocato per amore di un altro, dunque sono".
Il Primo Principio dei filosofi è totalmente indifferente all'essere umano e quindi totalmente estraneo all'ebraismo. Inteso come perfezione, un tale dio non ha bisogno di nulla: come afferma Aristotele (384-322 AEV), non ama né ha bisogno di amore (si veda, ad esempio, l’''[[w:Etica Eudemia|Etica Eudemia]]'' di Aristotele, VII, 1244b). Né chiede ciò che Dio chiede ad Adamo e a ciascuno di noi in ogni istante: "Dove sei?". La domanda del Santo non è "Cosa pensi?" o "Come ti senti?", ma "Dove sei rispetto al tuo prossimo e a Me?". Ecco perché "non è bene che l'uomo sia solo" ({{passo biblico2|Genesi|2:18}}). Nell'ebraismo, siamo ciò che siamo nel mezzo di una relazione, non nei recessi dell'ego pensante. L’ebraismo si fonda su questo spazio intermedio di relazione concreta, cosicché l’essere umano è isolato – da oltre sé stesso, nonostante sé stesso – come lo fu Adamo.
Questa condizione di essere già individuata fin dal tempo immemorabile di Adamo, una condizione che conferisce già significato a qualsiasi contesto dato prima di ogni contesto, emerge con l'apparizione del Tu. Quindi, analizzando più approfonditamente il verso iniziale della [[Torah]], ricordiamo un altro insegnamento dello ''[[Zohar]]''. Invece di leggere ''Bereshit bara Elokim et ha-...'' come "In principio Dio creò il...", lo ''Zohar'' lo legge come "In principio Dio creò ''alef, tav, hey'' di ''atah'': Tu". Dice lo ''Zohar'': "La parola ''et'' è composta dalle lettere ''alef'' e ''tav'', che includono tra loro tutte le lettere, essendo la prima e l'ultima dell'alfabeto. In seguito fu aggiunto ''hey'', in modo che tutte le lettere fossero collegate a ''hey'', e questo diede il nome ''atah'' (Tu)" (''[[Zohar]]'' I 15b). Solo un ''chi'' – solo chi porta un nome e non un'essenza – può dire ''tu'' ed essere chiamato ''tu''. Se, come sostiene [[w:Martin Buber|Martin Buber]] (1878–1965), la parola ''Tu'' può essere detta solo con tutto l’essere,<ref>Martin Buber, ''I and Thou'', trad. Walter Kaufmann (New York: Charles Scribner’s Sons, 1970), 54.</ref> parlare con tutto l’essere, corpo e anima, significa dire Tu.
"In principio", scrive [[Elie Wiesel]] (1928-2016), "l'uomo è solo. Solo come Dio è solo. Aprendo gli occhi non chiede: Chi sono io? Chiede: Chi sei tu?".<ref>Elie Wiesel, ''Messengers of God: Biblical Portraits and Legends'', trad. Marion Wiesel (New York: Random House, 1976), 1.</ref> Tuttavia, nel suo romanzo ''[[:en:w:The Oath (Wiesel novel)|The Oath]]'' leggiamo: "When he opened his eyes, Adam did not ask God: Who are ''you''? He asked: Who am ''I''?".<ref>[[Elie Wiesel]], ''The Oath'' (New York: Avon, 1973), 19.</ref> Una contraddizione? No. Per l'anima che prende vita nel mezzo di una relazione, non c'è un Io senza il Tu. Nelle parole di Buber, "When one says You, the I of the word pair I–You is said, too".<ref>Buber, ''I and Thou'', 54.</ref> Proprio come questo è vero per l'essere umano, così è vero per il Creatore: quando Egli dice Tu, Si rivela come Io, come ''Anokhi'', che è la prima parola della rivelazione pronunciata sul Monte Sinai ({{passo biblico2|Esodo|20:2}}), la parola che, secondo l'ebraismo, corrisponde a "In principio" (cfr. ''Mekilta de-Rabbi Ismael, Bachodesh'' 8; ''Pesikta Rabbati'' 21:19; ''Zohar'' I 90a). La parola "Io" pronunciata da Dio al momento della Rivelazione significa la Sua pronuncia del Tu al momento della Creazione.
Nell'atto della creazione, quindi, il Creatore si rivela non come una potenza autoritaria, ma come Colui che dice "Tu" con cura, sollecitudine e gentilezza in un "diminuire" o ''tzimtzum'' di Sé stesso. Da oltre l'essere, Egli convoca il cielo e la terra all'esistenza e ci grida: "Dove sei ''tu''?". In quel grido, Egli Si rivela come una Presenza autorevole che anela a una relazione con noi: "Dove sei tu?" è ''Ayekah?!'', e la sua radice ''eikhah'' significa "Come?!", come in un grido di lamento, un grido di chi è stato ferito dalla caduta da una relazione: come hai potuto minare il significato stesso della tua vita infinitamente preziosa? Rivelando il Suo desiderio per la relazione che conferisce significato alla Sua creazione, Dio rivela un aspetto intimo di Se Stesso; ponendoci una domanda, Egli suscita in noi una risposta e annuncia la nostra responsabilità.
Il ''Midrash'' insegna che Dio crea i cieli, ''et hashamayim'', prima di creare la terra, per elevare una dimensione di altezza da cui tutto ciò che è al di sotto riceve il suo significato (''Tanchuma Bereshit'' 1). "L'altezza ordina l'essere", scrive Levinas:
{{citazione|Height introduces a sense into being. It is already lived across the experience of the human body. It leads human societies to raise up altars. It is not because men, through their bodies, have an experience of the vertical that the human is placed under the sign of height; because being is ordained to height the human body is placed in a space in which the high and the low are distinguished and the sky is discovered.|Levinas, ''Collected Philosophical Papers'', 100}}
Da qui lo stupore umano per il cielo. Quando Heschel dichiara: "I asked for wonder", dichiara la sua meraviglia per il cielo.<ref>[[Abraham Joshua Heschel]], ''I Asked for Wonder'' (New York: Crossroad, 1983).</ref> E così nei Salmi leggiamo: "La tua potenza è nei cieli" ({{passo biblico2|Salmi|19}}). Al tempo dell'Olocausto, tuttavia, mentre il Regno della Notte discendeva per inghiottire la Luce dell'eterno, così le nubi di fumo dei crematori si levarono per cancellare i cieli. Ma ne parleremo più avanti.
Dove, secondo l'ebraismo che rende ebrei gli ebrei, incontriamo questa dimensione di altezza? Non nell'isolamento delle nostre speculazioni astratte o dei nostri sentimenti spirituali, per quanto elevati possano essere, ma nell'incontro concreto con ''questo essere umano''. In tale incontro siamo scossi dal sonno del nostro compiacimento. Rendendomi conto che non deduco ciò che è necessario, che non determino se sono chiamato, e che ''chi sono'' risiede nella mia capacità di rispondere: "Eccomi, per te", realizzo chi sono, come ebreo e come essere umano. Ciò che rende ebrei gli ebrei risiede nell'eteronomia di questo turbamento causato dalla presenza concreta dell'altro essere umano, e non, come sosteneva [[w:Immanuel Kant|Immanuel Kant]] (1724-1804), nella propria autonoma autolegislazione.<ref>Cfr. Immanuel Kant, ''Grounding for the Metaphysics of Morals'', trad. James W. Ellington, 3rd ed. (Indianapolis, IN: Hackett, 1993), 52.</ref> Dio Si rivela attraverso il turbamento del testimone, come ha detto Levinas,<ref>Levinas, ''Ethics and Infinity'', 109.</ref> perché Dio stesso è turbato, a tal punto da gridare: ''"Ayekah!?"''
[[w:Pesach|Pesach]], la liberazione dall'Egitto, è un momento decisivo in ciò che definisce gli ebrei come tali; è chiamata ''zman cheruteinu'', la "stagione della nostra liberazione". La liberazione, tuttavia, non risiede nella fuga dall'Egitto, ma nella Rivelazione al Sinai, nelle tavole della [[Torah]]. E così, quando leggiamo che i comandamenti furono "incisi", ''charut'', il Talmud ci insegna a leggerlo non come ''charut'' ma come ''cherut'', come "libertà" (''Eruvin'' 54a): essere liberi significa essere comandati, inviati in missione, con un senso di scopo e significato. Nessuno è più schiavo di chi cade nella morsa dell'assenza di scopo e di significato che è la disperazione. La mia liberazione da questa disperazione non consiste nel fare ciò che io voglio fare, ma nella realizzazione di ciò che io ''devo'' fare, di ciò che mi viene ''comandato'' di fare, non da dentro di me ma mio malgrado, in un'abrogazione dell'ego, come dice Levinas: "All my inwardness is invested in the form of a despite-me, for-another... It is the very fact of finding oneselfwhile losing oneself".<ref>Emmanuel Levinas, ''Otherwise Than Being or Beyond Essence'', trad. Alphonso Lingis (The Hague: Nijhoff, 1981), 11.</ref> Proprio l'illusione chiamata ''il sé'' è il covo della disperazione che si nutre del sé. Così il Talmud insegna che è meglio agire perché siamo comandati dall'alto piuttosto che agire di nostra spontanea volontà (''Avodah Zarah'' 3a). Inteso nei termini di una relazione primordiale con Colui che comanda, il sé non è mai uguale a se stesso. Nella transizione dal pensiero alla parola all'azione – una transizione che è una caratteristica distintiva dell'ebraismo – c'è sempre qualcosa ''di più'' che l'essere umano deve diventare ma non ''è'' mai.
Comprendiamo più profondamente cosa significhi dire che l'essere umano è una breccia nell'essere. Questo è ciò che significa avere un nome, e non un'essenza: significa essere chiamati ''per nome'' a essere ''di più''. Così abbiamo il comandamento di amare il Santo con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima e con tutto il nostro "di più", ''bekol meodekha'' ({{passo biblico2|Deuteronomio|6:5}}). Il ''più'' qui è più di ciò che siamo: è ciò che ''non siamo ancora''. È più di tutto ciò che esiste, più dell'essere, ciò che Levinas chiama "altrimenti che essere (otherwise than being)". È ''kadosh'', "santo", così che ci viene comandato di essere santi ({{passo biblico2|Levitico|11:44}}). Questo ''di più'' è ciò che rende gli ebrei ebrei. Significa una condizione di essere scelti per fare di più, essere di più, come una luce per le nazioni ({{passo biblico2|Isaia|49:6}}), non eletti ma ''incaricati, assegnati''. Trabocca dalle pareti del Tempio, le cui finestre furono progettate non per far entrare la luce ma per farla uscire (''Midrash Tanchuma Tetzaveh'' 6). Come il Tempio, quindi, il popolo ebraico simboleggia la presenza del Santo nel mondo; è la ''Knesset Yisrael'', la "Comunità di Israele", che lo ''[[Zohar]]'' equipara alla [[w:Shekhinah|Shekhinah]] o Presenza Divina (''Zohar'' II 93a). Questo è ciò che rende gli ebrei ebrei.
=== Il collegamento post-Olocausto con la questione ===
=== In cosa differisce l'ebraismo? ===
=== Significato ed elezione nell'ebraismo ===
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== Note ==
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}}
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[[Categoria:Connessioni|Capitolo 1]]
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== Cosa fa dell'ebreo un ebreo? ==
{{Vedi pedia|Portale:Ebraismo|Ebraismo|Ebrei|Ebrei (popolo antico)}}
Forse dovremmo iniziare con ciò che ''non'' rende gli ebrei ebrei. Il popolo ebraico non è una razza, una cultura o un gruppo etnico. Non esiste una parola nell'ebraico biblico che significhi "razza", almeno non come intendiamo il termine ai nostri giorni; abbiamo ''[[w:goy (ebraismo)|goy]]'', ovvero "nazione", e ''am'', ovvero "popolo". Esistono nazioni e gruppi di persone, ma sono proprio questo: ''persone'', esseri umani, ''benei adam'', "figli di Adamo" e figli di Dio. Non c'è nulla nell'ebraico biblico paragonabile al termine greco ''barbaros'', ovvero "barbaro", che significa "non-greco" e quindi in qualche modo meno umano del greco. Il [[w:Tempio di Gerusalemme|Beit HaMikdash]], che era il Sacro Tempio di Gerusalemme, aveva un Cortile dei Gentili, un luogo dove i nonebrei erano liberi di riunirsi nel luogo sacro – qualcosa, per quanto ne so, che era unico nel mondo antico. In gran parte del mondo antico, stranieri e "nonmembri" non avevano posto nei luoghi santi, così come un non-musulmano non ha posto alla Mecca.
Il termine ''razza'' è disumanizzante perché in ultima analisi è essenzializzante, come ha dimostrato la modernità: essere inseriti in una tale categoria significa ricevere un carattere ineluttabile e irrevocabile, che viene gerarchizzato. Colui che consideriamo in termini di razza viene relegato alla categoria di un Esso che può essere pesato e misurato, osservato e contato, manipolato, sfruttato e schiavizzato. "L'umanità è sempre assente", disse una volta [[Franz Rosenzweig]] (1886-1929). "Presente è un uomo, questo o quello".<ref>Franz Rosenzweig, ''Understanding the Sick and the Healthy'', trad. Nahum Glatzer (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1999), 72.</ref> L'umanità è un'astrazione e quindi non ci pone alcuna richiesta etica, richiesta che può sorgere solo da questo essere umano in carne e ossa davanti a me. Ciò che egli dice dell'umanità si applica anche alla razza: è un'astrazione, mai presente in una relazione faccia a faccia – ''non c'è razza in faccia''. [[Emmanuel Levinas]] ha detto: "Il modo migliore per incontrare l'Altro è non notare nemmeno il colore dei suoi occhi",<ref>Emmanuel Levinas, ''Ethics and Infinity'', trad. Richard A. Cohen (Pittsburgh, PA: Duquesne University Press, 1985), 85.</ref> anche mentre li fissiamo negli occhi. "Quegli occhi", dice Lévinas, "che sono assolutamente senza protezione, la parte più nuda del corpo umano, offrono tuttavia una resistenza assoluta al possesso".<ref>Emmanuel Levinas, ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. Sean Hand (Baltimore, MD: Johns Hopkins University Press, 1990), 8.</ref> Secondo l’insegnamento ebraico, lo stesso si può dire della pelle, dove il vero incontro tra umano e umano sta nel non notare nemmeno il colore della pelle, che non risiede nel suo colore ma nel suo essere esposta, nel confine vulnerabile tra il mondo e tutto ciò che è umano nell’essere umano.
Le persone non sono né astrazioni né oggetti: sono carne e sangue, esseri umani con un nome. Quindi la disumanizzazione dell'essere umano avviene con la cancellazione del nome, come è accaduto durante l'Olocausto. Chi "ha un nome", dice Rosenzweig, "non può più essere una cosa... Esso [il nome] è incapace di essere completamente assorbito nella categoria, perché non può esserci alcuna categoria a cui appartenere; esso è la sua propria categoria".<ref>Franz Rosenzweig, ''The Star of Redemption'', trad. William W. Hallo (Boston, MA: Beacon Press, 1972), 186–187.</ref> Ciò che Levinas dice del volto si può dire anche del nome: "Il volto è significazione, e significazione ''senza contesto''. Voglio dire che l'Altro, nella rettitudine del suo volto, non è un personaggio all'interno di un contesto. Di solito,... il significato di qualcosa è nella sua relazione con un'altra cosa. Qui, al contrario, il volto ''è significato in sé''".<ref>Levinas, ''Ethics and Infinity'', 86–87; emphasis added.</ref> Il popolo ebraico ha un nome. È il nome di un individuo ebreo che lo ha strappato a Dio come una benedizione ({{passo biblico2|Genesi|32:27-29}}), poiché ciascuno dei nostri nomi, ciascuna delle nostre identità destinate, deve, in un certo senso, essere strappato a Dio come una benedizione da Dio. Un nome che può essere visto come letteralmente strappato a Dio è il nome che significa "colui che lotta con Dio": è Israele. Israele non è una razza, una cultura o un ethnos: Israele è un incontro, un evento, un verbo. Basta percorrere un isolato o due per le strade di Tel Aviv per vedere che gli ebrei sono di tutti i colori e provengono da tutte le culture. Eppure ognuno appartiene ad ''Am Yisrael'', il Popolo di Israele, a prescindere dal colore o dalla cultura.
Persino la definizione nazista di ebreo non lo collocava in una categoria strettamente razziale. Una delle [[w:Leggi di Norimberga|Leggi di Norimberga]] promulgate il 15 settembre 1935 era la [[w:Leggi di Norimberga#Legge sulla cittadinanza del_Reich|Legge sulla Cittadinanza del Reich]]. L'Articolo 2, Comma 2, di tale legge stabiliva che chiunque avesse "uno o due" nonni ebrei era un ebreo di sangue misto, e che "i nonni ebrei purosangue [erano] coloro che appartenevano alla comunità religiosa ebraica", ovvero coloro che erano seguaci dell'ebraismo. L'Articolo 5, Comma 2, stabilisce che anche chiunque si converta all'ebraismo deve essere considerato ebreo.<ref>Cfr. Yehuda Bauer, ''A History of the Holocaust, revised edition'' (New York: Franklin Watts, 2002), 111–112.</ref> Non ci si può convertire a una razza o a un gruppo etnico. Tra gli autori delle leggi figurano il Dr. Franz Albrecht Medicus (1890-1967), il Dr. Bernhard Lösner (1890-1952) e il Dr. Wilhelm Stückart (1902-1953),<ref>Paul R. Bartrop e Eve E. Grimm, ''Perpetrating the Holocaust: Leaders, Enablers, and Collaborators'' (Santa Barbara, CA: ABC-CLIO, 2019), 276.</ref> uomini tra i più istruiti d'Europa. Includendo i convertiti all'ebraismo nella definizione di chi è ebreo, sapevano benissimo che un ebreo è fondamentalmente definito dall'ebraismo. Come insisteva l'ideologo nazista Alfred Rosenberg (1893-1946), tutti gli ebrei sono inclini a pensare in modo talmudico, "che siano speculatori in Borsa atei, fanatici religiosi o ebrei talmudici osservanti".<ref>Alfred Rosenberg, ''Race and Race History and Other Essays'', ed. Robert Pois (New York: Harper & Row, 1974), 181.</ref> Perché? Perché tutti gli ebrei sono portatori del "contagio" dell'ebraismo, come dichiarò Rosenberg, insistendo sul fatto che l'umanità è avvelenata non dal sangue ebraico, ma dall'ebraismo.<ref>''Ibid.'', 131–132.</ref> Se qualcuno si converte all'ebraismo, è perché è portatore del contagio. La chiave per capire cosa rende gli ebrei ebrei, quindi, è l’''ebraismo''.
Mi è stato spesso chiesto: "Gli ebrei sono ebrei per via dell'incidente biologico di avere una madre ebrea o perché scelgono di seguire l'ebraismo?". La domanda stessa tradisce un pregiudizio caratteristico del pensiero moderno, dove supponiamo che tutto ciò che accade sia un incidente della natura o il risultato della volontà umana. La risposta da un punto di vista ebraico è: nessuna delle due. Un ebreo è un'anima che Dio ha ''creato'' come ebreo, che ha mandato in questo reame per intraprendere il compito della ''redenzione'' attraverso i mezzi ''rivelati'' nella [[Torah]]. L'individuo non sceglie di essere ebreo: è Dio che sceglie. E non è un incidente.
E i convertiti? Non scelgono forse di essere ebrei? Non sono "ebrei per scelta"? La risposta breve è: no. Il [[w:Talmud|Talmud]] ci dice che anche i convertiti erano tra le anime ebraiche che si trovavano sul Monte Sinai, vive, morte e ancora da nascere (''Shevuot'' 39a). Un convertito all'ebraismo è un'anima ebrea che si è risvegliata alla consapevolezza di essere ebreo, eletto fin dalla nascita. Non esiste un ebreo per scelta: un ebreo è ''già'' scelto, già incaricato di dire al mondo che ''ogni'' essere umano è scelto per un compito ''indispensabile'' a tutta la creazione. È alla luce di questa consapevolezza che un ebreo, convertito o meno, deve ora fare una scelta. In effetti, un convertito è colui che sta agendo sulla base della consapevolezza di essere sempre stato ebreo. Una volta avvenuta la conversione all'ebraismo, l'individuo non è più un convertito: è un ebreo, come intesero gli autori delle Leggi di Norimberga. Capivano che senza la Torah non ci sarebbero stati ebrei, e senza gli ebrei non ci sarebbe stata la Torah. Sapevano che l'[[w:Alleanza (Bibbia)|Alleanza della Torah]] che definisce l'ebraismo porta con sé un certo insegnamento e una certa testimonianza contrari alla tradizione totalitaria e ontologica che ha origine ad Atene e che alla fine porta ad Auschwitz.
=== Atene e Gerusalemme ===
Emil Fackenheim ha affermato che "nulla rende un filosofo ''ebreo'' in modo così potente quanto la ‘Torah’".<ref>Emil L. Fackenheim, ''Jewish Philosophers and Jewish Philosophy'', ed. Michael L. Morgan (Bloomington: Indiana University Press, 1996), 107–108.</ref> Ciò che Fackenheim dice del filosofo ebreo può essere detto dell'ebreo. Perché essere ebreo risiede in un modo di pensare, che sia abbandonato o abbracciato. Risiede in un modo di pensare a Dio, al mondo e all'umanità. Per un ebreo, come ha affermato Rabbi [[w:Adin Steinsaltz|Adin Steinsaltz]] (1937-2020), "it is not only that one thinks in terms of Torah, but also that the Torah thinks within oneself. It is an object that becomes a subject, capable of expressing itself in one’s own thoughts ''and actions''".<ref>Adin Steinsaltz, ''The Long Shorter Way: Discourses on Chasidic Thought'', trad. Yehuda Hanegbi (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1988), 28; mio corsivo.</ref> Dal punto di vista dell'ebraismo, la Torah che rende ebreo un ebreo non è un datum morto né un pittoresco e curioso volume di sapere dimenticato; no, è il respiro della vita che si trae dall'agire secondo i suoi comandamenti rivelati, santificando così Dio, il mondo e l'umanità. Proprio come il nome Israele è un verbo, così anche l'ebreo è un verbo.
Questa visione del rapporto tra la Torah e ciò che rende ebrei gli ebrei è al centro della tensione tra Atene e Gerusalemme, anche prima della rivolta dei Maccabei contro i Greci, dal 167 al 160 AEV. "In order to understand ourselves and to illuminate our trackless way into the future", scrive [[w:Leo Strauss|Leo Strauss]] (1899-1973), "we must understand Jerusalem and Athens".<ref>Leo Strauss, ''Studies in Platonic Political Philosophy'' (Chicago: University of Chicago Press, 1985), 147.</ref> Mentre Atene, spiega, significa "free inquiry", Gerusalemme denota "obedient love".<ref>Leo Strauss, ''The Rebirth of Classical Political Rationalism: An Introduction to the Thought of Leo Strauss, selected by Thomas L. Pangle'' (Chicago: University of Chicago Press, 1989), 72.</ref> Se la differenza tra Atene e Gerusalemme risiede nella libera ricerca contrapposta all'amore obbediente, risiede nell'autolegislazione autonoma contrapposta al comandamento divino. E se è così, allora scopriamo un percorso che conduce da Atene ad Auschwitz, dove nessuno era più autonomo o più autolegislatore dei nazisti e nessuna verità subì un attacco più radicale della verità del comandamento divinamente rivelato, a cominciare dall'assoluto divieto divino di omicidio. Ciò che è iniziato con l'escludere Dio dalla realtà si è concluso con lo spingere gli ebrei nelle camere a gas. La filosofia volge l'orecchio ad Auschwitz e non sente altro che [[wikt:sound and fury|un suono e una furia]] che non significano nulla. Ed è paralizzata.
In contrasto con questa paralisi, abbiamo la risposta degli Israeliti quando Mosè presentò loro la Torah: "Tutto ciò che il Signore ha detto, noi lo faremo ed eseguiremo" ({{passo biblico2|Esodo|24:7}}). Questa è esattamente la risposta alla Voce Imponente di Auschwitz che ora deve essere data, come ha sostenuto Fackenheim.<ref>Cfr. Emil L. Fackenheim, ''The Jewish Return into History: Reflections in the Age of Auschwitz and a New Jerusalem'' (New York: Schocken Books, 1978), 19ff.</ref> Il che significa: a differenza di un pensatore che sostiene che dopo Auschwitz gli ebrei debbano rifiutare le nozioni di alleanza e di elezione,<ref>Cfr. per esempio, Richard L. Rubenstein, ''After Auschwitz: History, Theology, and Contemporary Judaism'', 2ad ed. (Baltimore, MD: The Johns Hopkins University Press, 1992), 173.</ref> Fackenheim insiste sul fatto che dopo Auschwitz un ebreo è eletto più profondamente che mai. E afferma: "Judaism survives through Jews, and Jews, however indirectly, survive through Judaism".<ref>Emil L. Fackenheim, "The Rebirth of the Holy Remnant", lezione presentata al Yad Vashem, 17 giugno 1993, manoscritto inedito.</ref> Ciò che sopravvive in entrambi è una testimonianza della sacralità dell'essere umano che i nazisti si proponevano di cancellare. La via verso la verità, ieri come oggi, risiede, ancora una volta, nell'agire per amore, in risposta alla parola rivelata della Torah, perché solo dando vita alla parola attraverso le nostre azioni possiamo sperare di ascoltarla e comprenderla. Questo, in parte, è ciò che rende gli ebrei ebrei.
Insistendo sul fatto che la via verso la verità risieda nella "libera ricerca" dell'alta corte della ragione, la filosofia speculativa della tradizione ellenistica avrebbe prima dedotto la strada giusta e poi compiuto il primo passo. Sicurezza e protezione, assicurazione e rassicurazione sono di fondamentale importanza, come vediamo quando Adamo rispose al grido di Dio "Dove sei?" dicendo: "Ho avuto paura" ({{passo biblico2|Genesi|3:9-10}}). La filosofia avrebbe prima ascoltato e poi agito, come [[w:Talete|Talete di Mileto]] (ca. 624-548 AEV), che una notte cadde in una fossa mentre camminava e guardava il cielo; non appena ne uscì, giurò che da quel momento in poi avrebbe avuto la certezza della terra ferma sotto i suoi piedi prima di muovere un passo.<ref>Cfr. Platone, ''[[w:Teeteto|Teeteto]]'', ''ad hoc''.</ref> Determinato a essere sicuro di quella terra ferma, tuttavia, perse la visione del cielo, della dimensione dell'altezza, senza la quale non c'è significato. A dire il vero, il significato promesso dalla terra ferma della ragione sillogistica è, in definitiva, un inganno. Nelle parole di Strauss, "by saying that we wish to hear first and then to act, we have already decided in favor of Athens against Jerusalem".<ref>Strauss, ''Studies in Platonic Political Philosophy'', 150.</ref> La differenza sta proprio nell'oggetto della [[w:Rivolta maccabea|rivolta dei Maccabei]] contro i Greci. Con l'istituzione nel 163 AEV dell'ultimo stato ebraico prima del 1948, i Maccabei decisero a favore di Gerusalemme contro Atene.
Decidere a favore di Gerusalemme rispetto ad Atene significa decidere a favore della Torah, della preghiera e degli atti di amorevole gentilezza (cfr. ''Pirke Avot'' 1:2) rispetto all'autorità e al potere della ragione, della volontà e della determinazione – atti di amorevole gentilezza soprattutto, che richiedono una certa rinuncia all'autorità e al potere. Questa decisione è ciò che rende gli ebrei ebrei. Il maestro chassidico [[w:Nachman di Breslov|Nachman di Breslov]] (1772-1810) insegnò che gli atti di amorevole gentilezza sono essenziali per qualsiasi comprensione che il pensiero possa raggiungere, poiché senza gentilezza non c'è saggezza, non c'è umanità.<ref>Cfr. Louis I. Newman, ed., ''The Hasidic Anthology'' (New York: Schocken Books, 1963), 257.</ref> Questo punto essenziale è illustrato nella storia di come uno dei più grandi saggi talmudici, [[w:Rabbi Akiva|Rabbi Akiva]], ottenne la sua dottrina. Un giorno il profeta Elia apparve alla porta di Akiva, afflitto dalla povertà, e della sua novella sposa Rachele, in uno dei suoi travestimenti preferiti: quello di mendicante. Spiegò che aveva un disperato bisogno di un po' di paglia su cui sua moglie potesse sdraiarsi, poiché stava per partorire. Akiva gli diede la paglia che aveva chiesto e disse a Rachele: "Vedi? Alcune persone sono più povere di noi". Avendo assistito alla compassione del marito per i bisognosi, la giovane Rachele riconobbe la sua saggezza, sebbene Akiva fosse un povero pastore che non sapeva né leggere né scrivere. E così ebbe la saggezza di mandarlo a studiare con Rabbi [[w:Eliezer ben Hurcanus|Eliezer ben Hyrkanos]] e [[w:Joshua ben Hananiah|Rabbi Yeoshua]]. Quando tornò a casa dodici anni dopo, espresse il desiderio che tornasse a studiare per altri dodici anni. Quando tornò a casa da sua moglie, dopo il secondo periodo di apprendimento, aveva con sé {{FORMATNUM:24000}} discepoli (''Nedarim'' 50a).
Anche qui, nella visione della gentilezza come espressione di saggezza, scopriamo che l'ebraismo che determina chi è ebreo non è tanto un sistema di credenze quanto un modo di vivere derivato da un modo di pensare, un punto profondamente compreso da [[Franz Rosenzweig]]. Nella sua opera più importante, ''[[w:La stella della redenzione|La Stella della Redenzione]]'' (1919), egli contrappone la vita concreta dell'ebraismo al ragionamento astratto della [[w:idealismo|filosofia idealista]]. In contrasto con il discorso di causalità, razionalità e moralità, Rosenzweig identifica le categorie chiave dell'ebraismo come creazione, rivelazione e redenzione. Partendo dalla nozione ebraica di Dio come colui che è altro dall'essere, scrive: "Revelation is at all times new only because it is primordially old. It makes the primeval creation over into an ever newly created present... The divine word... is revelation only because it is at the same time the word of creation".<ref>Rosenzweig, ''The Star of Redemption'', 111.</ref> Questa intuizione è centrale nel pensiero proprio dell'ebraismo: la parola della rivelazione è parola della creazione proprio perché ciascuna è un movimento verso una relazione che apre la strada alla redenzione.
=== La centralità della relazione nell'ebraismo ===
{{Vedi anche|La Coscienza di Levinas}}
Tra i molti pensatori ebrei profondamente influenzati da Rosenzweig, [[Emmanuel Levinas]] è il più importante. Considerando la relazione che definisce l'ebraismo in termini di etica, Levinas interpreta Dio come Colui che ci rivela una certa "connessione" con Lui, una ''tzavta'', e ''tzavta'' è la radice di ''[[w:mitzvah|mitzvah]]'' {{lang|he|מצווה}}, la parola che significa "comandamento". La rivelazione è la rivelazione di una connessione con il Creatore attraverso il comandamento; è la rivelazione della responsabilità di cui solo io posso rispondere. "Gli attributi di Dio", sottolinea Levinas, "non sono dati all'indicativo, ma all'imperativo. La conoscenza di Dio ci giunge come un comandamento, come una ''mitzvah''. Conoscere Dio significa sapere ciò che si deve fare".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 17.</ref> Anche quando Dio ci pone una domanda, come fece con Adamo ({{passo biblico2|Genesi|3:9}}) e Caino ({{passo biblico2|Genesi|4:9-10}}), parla all'imperativo. Tale conoscenza non può essere dedotta: ci giunge solo quando ci viene comandato, solo quando siamo chiamati a rispondere: "''Hineni'' – Eccomi per te", a e per un altro. Levinas vede l'etica al centro dell'ebraismo e della vita ebraica come un'"etica dell'eteronomia che non è una servitù, ma il servizio di Dio attraverso la responsabilità per il prossimo, in cui sono insostituibile".<ref>Emmanuel Levinas, ''Outside the Subject'', trad. Michael B. Smith (Stanford, CA: Stanford University Press, 1994), 35.</ref> Egli sostiene che l'etica caratteristica dell'ebraismo non è un momento nell'essere o concepita dal pensiero speculativo.<ref>Emmanuel Levinas, ''Of God Who Comes to Mind'', trad. Bettina Bergo (Stanford, CA: Stanford University Press, 1998), 56.</ref> Piuttosto, è diversa o migliore dell'essere: è il dover divino che entra nell'essere come un comandamento da oltre l'essere (rivelazione), prima dell'essere (creazione).<ref>Cfr. Levinas, ''Ethics and Infinity'', 109.</ref>
Similmente, Dio e l'umanità non condividono un'essenza; piuttosto, ciascuno è al di là dell'essenza, poiché ciascuno è ''insostituibile''. In una parola, Dio Creatore e colui che è stato creato a Sua immagine e somiglianza sono ''santi''. In quanto essere etico, quindi, l'essere umano è una "frattura dell'essere", manifestata nel movimento divinamente comandato verso l'altro essere umano, un movimento verso una relazione, per il bene dell'altro essere umano. Poiché la rivelazione della ''mitzvah'' da parte della Torah è l'affermazione di una relazione, la ''mitzvah'', dice Levinas, "non è un formalismo morale", ma è piuttosto "la ''presenza'' viva dell'amore",<ref>Levinas, ''Outside the Subject'', 57.</ref> che si manifesta proprio nel comandamento di amare. Dio non è amore, dice Levinas; piuttosto, Dio è il ''comandamento'' di amare,<ref>Cfr. Emmanuel Levinas, “The Paradox of Morality,” in Robert Bernasconi e David Wood, eds., ''The Provocation of Levinas: Rethinking the Other'' (London: Routledge and Kegan Paul, 1988), 176–177.</ref> di "amare il prossimo tuo", ''veahavta lereakha'' (Levitico 19:18), e di "amare lo straniero", ''veahavta lo [hager] kamokha'', "come te stesso" (Levitico 19:34). Secondo il [[w:Ba'al Shem Tov|Baal Shem Tov]] (1698-1760), fondatore del [[w:chassidismo|chassidismo]], questo comandamento di amare l'altro, prossimo o straniero che sia, è il fondamento dell'ebraismo e dell'intera Torah (''Toledot Yaakov Yosef, Korach'' 2). Questo amore per l'altro è ciò che rende gli ebrei ebrei. Se esaminiamo la parola ebraica ''kamokha'', "come te stesso", così come ''le-'' in ''lereakha'', "il tuo prossimo", una traduzione migliore sarebbe: "Mostrerai amore ''verso'' il tuo prossimo, perché quella relazione d'amore è ciò che sei", come suggeriva il Baal Shem (''Toledot Yaakov Yosef, Veetchanan'' 5). Il comandamento di amare il prossimo è seguito dalla frase "Io sono HaShem", a indicare che la relazione umana e la relazione superiore sono un tutt'uno.
Mentre il pensiero speculativo deriva il concetto di Dio da un principio morale,<ref>Cfr. per esempio, Immanuel Kant, ''Religion Within the Limits of Reason Alone'', trad. Theodore M. Greene e Hoyt H. Hudson (New York: HarperOne, 1960), 171.</ref> l'ebraismo vede Dio non come un concetto, un principio o una causa, ma come la Voce vivente del comandamento etico, che si manifesta nel comandamento.<ref>Cfr. per esempio, Emmanuel Levinas, ''Collected Philosophical Papers'', trad. Alphonso Lingis (Dordrecht: Martinus Nijhoff, 1987), 59.</ref> Rabbi [[:en:w:Kalonymus Kalman Shapira|Kalonymos Kalmish Shapira]] (1889–1943 nella [[Shoah]]), il Rebbe del [[w:Ghetto di Varsavia|Ghetto di Varsavia]], chiarisce il collegamento tra il Santo e la ''mitzvah'' che Egli comanda. Secondo i mistici, la parola ''mitzvah'' (''mem-tzadi-vav-hey'' {{lang|he|מצווה}}) contiene il Santo Nome di quattro lettere (''yud-heh-vav-hey''), cosicché il Santo è nella ''mitzvah''. Mentre le ultime due lettere del Nome, ''vav-hey'', sono evidenti nelle ultime due lettere della ''mitzvah'', le prime due sono nascoste nelle lettere ''mem-tzadi'' della ''mitzvah''. Trasformate secondo il metodo interpretativo di ''[[:en:w:Atbash|At-bash]]'' {{lang|he|אתבש}}, ''mem'' e ''tzadi'' diventano ''yud'' e ''heh'', le prime due lettere del Nome. I comandamenti della Torah formano un portale attraverso il quale il Santo Nome entra nel mondo: Dio è presente concretamente nel comandamento.<ref>Kalonymos Kalmish Shapira, ''Sacred Fire: Torah from the Years of Fury 1939–1942'', trad. J. Hershy Worch, ed. Deborah Miller (Northvale, NJ: Jason Aronson, 2000), 61; la trasformazione ''[[w:Atbash|At-bash]]'' è un mezzo di interpretazione, mediante il quale la prima lettera dell'alfabeto viene scambiata con l'ultima lettera, la seconda lettera dell'alfabeto con la penultima lettera e così via.</ref>
Mentre il pensiero speculativo enfatizza l'autonomia del sé, il comandamento dell'amore, fondante dell'ebraismo, si concentra sulla responsabilità eteronoma del sé nei confronti dell'altro. Mentre il pensiero speculativo è interessato alla libertà autonoma del sé, la Torah insiste sulla ricerca della giustizia: ''Tzedek, tzedek tirdof'', "Giustizia, giustizia perseguirai" ({{passo biblico2|Deuteronomio|16:20}}). La parola ebraica ''tzedek'' o "giustizia" significa anche "rettitudine" ed è la radice della parola per "carità", ''tzedakah'', sottolineando ancora una volta l'accento della Torah su una relazione di carne e sangue, e non sul concetto astratto. "Il senso dell'essere, il senso della creazione", afferma Levinas, "è realizzare la Torah"<ref>Emmanuel Levinas, ''Nine Talmudic Readings'', trad. Annette Aronowicz (Bloomington: Indiana University Press, 1990), 41.</ref> attraverso un atto concreto di [[:en:w:Chesed|amorevole gentilezza]] verso il nostro prossimo. In effetti, questa realizzazione della Torah è il senso dell'ebraismo e di ciò che rende gli ebrei ebrei.
La realizzazione della Torah non avviene nella mente e nemmeno nel cuore, ma ''tra'' due esseri umani, in una parola gentile o in un semplice saluto rivolto dall'uno all'altro. Così il saggio talmudico [[:en:w:Helbo|Rabbi Chelbo]] insegnò, in nome di [[:en:w:Rav Huna|Rabbi Huna]], che ogni volta che si incontra un'altra persona, si dovrebbe essere il primo a porgere un saluto (''Berakhot'' 6b). Allo stesso modo, Levinas considera il benvenuto o il saluto offerto all'altra persona il fondamento dell'ebraismo.<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 173.</ref> Poiché salutare l'altra persona è un dovere per ''me'', non condivido alcuna uguaglianza con l'altro essere umano; anzi, lui o lei viene sempre per primo, un concetto profondo che trova espressione in qualcosa di così banale come dire a un altro: "Dopo di te". Poiché l'altra persona è ''superiore'' a me, ho una responsabilità in ''più'' rispetto all'altra, ovvero la responsabilità di morire piuttosto che infliggere la morte all'altro, come insegnato nel Talmud (''Pesachim'' 25a–25b). "Il timore di Dio", afferma Levinas, "è concretamente il mio timore per il prossimo",<ref>Levinas, ''Outside the Subject'', 47.</ref> così che la morte che mi riguarda/preoccupa non è la mia morte, ma la morte del mio prossimo. E devo testimoniare questa preoccupazione anche a costo della mia vita. Per l'ebraismo che rende gli ebrei ebrei, la relazione è tutto. Nel mezzo della relazione tra esseri umani si trova lo spazio intermedio da cui l'anima (''neshamah'') trae il suo respiro (''neshimah''): l'anima non vive dentro di noi, ma ''tra'' di noi. Pertanto, nel ''Midrash'', Menachem bar Rabbi Yose insegna che tra i Dieci Detti che danno vita al cielo e alla terra ci sono le parole di {{passo biblico2|Genesi|2:18}}: "Non è bene che l'uomo sia solo" (''Bereshit Rabbah'' 17:1), perché tutta la creazione si fonda sulla ''relazione''.
Questo insegnamento è la chiave per la comprensione della Torah, fondamento dell'ebraismo. È l'insegnamento che rende ebrei gli ebrei. È l'insegnamento con cui inizia la Torah: ''Bereshit bara Elokim et hashamayim v’et haaretz'', "In principio Dio creò i cieli e la terra" ({{passo biblico2|Genesi|1:1}}).
=== "In principio...": l’essenza dell’ebraismo ===
''Bereshit'', "in principio", non si riferisce al primo di una sequenza di cose, ma piuttosto alla cosa più importante, ovvero che Dio ha ''creato'': ''Bereshit bara Elokim...'' Ciò che precede l'inizio, tuttavia, è sigillato dal muro che forma il lato destro della lettera ''beit''. Nel margine della creazione – nello spazio vuoto prima della ''beit'' – c'è solo il silenzio divino pre-originario che "precede" la creazione. Eppure è un silenzio che non è lasciato al margine. Piuttosto, come la creazione stessa, questo silenzio è continuo. Il maestro chassidico [[:en:w:Levi Yitzchok of Berditchev|Levi Yitzchak di Berditchev]] (1740-1809) insegnò che quando Dio diede la Torah, Egli diede non solo le parole, ma anche il silenzio tra le parole.<ref>[[Elie Wiesel]], ''Against Silence: The Voice and Vision of Elie Wiesel'', vol. 2, ed. Irving Abrahamson (New York: Holocaust Library, 1985), 82.</ref> Esso dimora nell’''alef'', nella lettera silenziosa che, secondo il Baal Shem, è nascosta in ogni parola della lingua sacra (''Keter Shem Tov'' 45). Il silenzio che è l’''alef'' è il Santo nella lingua santa: secondo i saggi, l’''alef'' è composta da uno ''yud'' sopra, uno ''yud'' sotto e un ''vav'' che li collega.<ref>Cfr. per esempio, Nechunia ben Hakanah, ''Sefer HaTemunah'' (Jerusalem: Nezer Sharga, 1998), 2.</ref> Il valore numerico di ''yud'' (10) più ''vav'' (6) più ''yud'' (10) è ventisei, che è il valore del ''[[w:Tetragramma biblico|Tetragrammaton]]'', il Nome di Dio di quattro lettere.
Avvenendo attraverso una parola divina, la creazione è un movimento verso una relazione: la parola è pronunciata da ''qualcuno'', da una ''persona'', non da un principio. Il movimento verso una relazione è indicato dalla parola ''bara'', che significa "creato". Infatti, bara, come osservò [[Nahmanide]] (1194–1270), è un termine affine a ''brit'', che significa "alleanza".<ref>Cfr. Nachmanides, ''Commentary on the Torah'', vol. 1, trad. Charles B. Chavel (New York: Shilo, 1971), 112.</ref> In questo versetto, inoltre, la parola per "Dio" è ''Elokim''. Lo ''[[Zohar]]'' spiega:
{{citazione|Quando il Misteriosissimo desiderò rivelarSi, Egli produsse dapprima un singolo punto che fu trasmutato in un pensiero, e in questo Egli eseguì innumerevoli disegni e incise innumerevoli incisioni. Inoltre, incise con la sacra e mistica lampada un disegno mistico e santissimo, che era un meraviglioso edificio che emergeva dal centro del pensiero. Questo è chiamato ''Mi'', o "Chi", e fu l'inizio dell'edificio, esistente e non-esistente, profondamente sepolto, inconoscibile per nome. Fu chiamato solo ''Mi''. Desiderava manifestarsi ed essere chiamato per nome. Pertanto si rivestì di una veste fulgida e preziosa e creò ''Eleh'', o "Questi", ed ''Eleh'' acquisì un nome. Le lettere delle due parole si mescolarono, formando il nome completo ''E-l-o-k-i-m''.|''[[Zohar]]'' I 2a}}
Sebbene l'insegnamento secondo cui ''Dio creò'' sia un Primo Principio della Torah e dell'ebraismo, Dio non è né un Primo Principio né una Causa Prima: Dio è un ''Chi'', e non un ''Cosa''. Non è possibile stipulare un'alleanza con un principio o una causa. Nessuno ha mai gridato "Padre!" al Primo Principio, né Abramo è mai entrato in una disputa sui giusti di Sodoma e Gomorra per cercare di muovere il Motore Immobile (cfr. {{passo biblico2|Genesi|18:16-33}}). La frase orante "chi è come Te", pronunciata da Mosè mentre attraversava il mare ({{passo biblico2|Esodo|15:11}}), non è solo una domanda retorica ― è un'affermazione: proprio il ''Chi'' è ciò che assomiglia a Dio. Dal punto di vista dell'ebraismo che rende ebrei gli ebrei, quindi, la presenza stessa di un ''Chi'' nel mezzo dell'essere è una trascendenza dell'essere.
Poiché la creazione implica un movimento verso una relazione di alleanza, l'ebraismo non si preoccupa di ''ciò che ha causato'' il mondo, ma di ''chi lo ha creato'', dall'al di là dell'essere, e di come dobbiamo considerare la nostra relazione con il Creatore. Considerando Dio una presenza viva e autorevole con cui l'essere umano entra in relazione, il pensiero ebraico che appartiene all'ebraismo è relazionale, come evidenziato, ad esempio, nel "pensiero parlante" di Rosenzweig. Rosenzweig asserisce: "''Speaking thinking'' is oriented toward the need of an other and, what is the same thing, in the taking of time seriously".<ref>[[Franz Rosenzweig]], ''Franz Rosenzweig’s “The New Thinking”'', trad. e ed. Alan Udoff & Barbara E. Galli (Syracuse, NY: Syracuse University Press, 1999), 87.</ref> Prendere sul serio il significato significa prendere sul serio il tempo: il significato risiede in ciò che deve ''ancora essere'' compiuto. Nelle parole di [[Abraham Joshua Heschel]] (1901-1972), "Time is the presence of God in the world of space".<ref>[[Abraham Joshua Heschel]], ''The Sabbath: Its Meaning for Modern Man'' (New York: Farrar, Straus and Giroux, 1981), 100.</ref> La determinazione di chi siamo, come ebrei e come esseri umani, non si dispiega entro i confini dell'ego, ma in una liberazione dall'ego; la verità non sta nel cartesiano "Penso, dunque sono",<ref>René Descartes, ''Meditations on First Philosophy'', 3a ed., trad. Donald A. Cress (Indianapolis, IN: Hackett, 1993), 19–20.</ref> ma piuttosto in "Dio pensa, dunque sono". Vale a dire: "Sono convocato per amore di un altro, dunque sono".
Il Primo Principio dei filosofi è totalmente indifferente all'essere umano e quindi totalmente estraneo all'ebraismo. Inteso come perfezione, un tale dio non ha bisogno di nulla: come afferma Aristotele (384-322 AEV), non ama né ha bisogno di amore (si veda, ad esempio, l’''[[w:Etica Eudemia|Etica Eudemia]]'' di Aristotele, VII, 1244b). Né chiede ciò che Dio chiede ad Adamo e a ciascuno di noi in ogni istante: "Dove sei?". La domanda del Santo non è "Cosa pensi?" o "Come ti senti?", ma "Dove sei rispetto al tuo prossimo e a Me?". Ecco perché "non è bene che l'uomo sia solo" ({{passo biblico2|Genesi|2:18}}). Nell'ebraismo, siamo ciò che siamo nel mezzo di una relazione, non nei recessi dell'ego pensante. L’ebraismo si fonda su questo spazio intermedio di relazione concreta, cosicché l’essere umano è isolato – da oltre sé stesso, nonostante sé stesso – come lo fu Adamo.
Questa condizione di essere già individuata fin dal tempo immemorabile di Adamo, una condizione che conferisce già significato a qualsiasi contesto dato prima di ogni contesto, emerge con l'apparizione del Tu. Quindi, analizzando più approfonditamente il verso iniziale della [[Torah]], ricordiamo un altro insegnamento dello ''[[Zohar]]''. Invece di leggere ''Bereshit bara Elokim et ha-...'' come "In principio Dio creò il...", lo ''Zohar'' lo legge come "In principio Dio creò ''alef, tav, hey'' di ''atah'': Tu". Dice lo ''Zohar'': "La parola ''et'' è composta dalle lettere ''alef'' e ''tav'', che includono tra loro tutte le lettere, essendo la prima e l'ultima dell'alfabeto. In seguito fu aggiunto ''hey'', in modo che tutte le lettere fossero collegate a ''hey'', e questo diede il nome ''atah'' (Tu)" (''[[Zohar]]'' I 15b). Solo un ''chi'' – solo chi porta un nome e non un'essenza – può dire ''tu'' ed essere chiamato ''tu''. Se, come sostiene [[w:Martin Buber|Martin Buber]] (1878–1965), la parola ''Tu'' può essere detta solo con tutto l’essere,<ref>Martin Buber, ''I and Thou'', trad. Walter Kaufmann (New York: Charles Scribner’s Sons, 1970), 54.</ref> parlare con tutto l’essere, corpo e anima, significa dire Tu.
"In principio", scrive [[Elie Wiesel]] (1928-2016), "l'uomo è solo. Solo come Dio è solo. Aprendo gli occhi non chiede: Chi sono io? Chiede: Chi sei tu?".<ref>Elie Wiesel, ''Messengers of God: Biblical Portraits and Legends'', trad. Marion Wiesel (New York: Random House, 1976), 1.</ref> Tuttavia, nel suo romanzo ''[[:en:w:The Oath (Wiesel novel)|The Oath]]'' leggiamo: "When he opened his eyes, Adam did not ask God: Who are ''you''? He asked: Who am ''I''?".<ref>[[Elie Wiesel]], ''The Oath'' (New York: Avon, 1973), 19.</ref> Una contraddizione? No. Per l'anima che prende vita nel mezzo di una relazione, non c'è un Io senza il Tu. Nelle parole di Buber, "When one says You, the I of the word pair I–You is said, too".<ref>Buber, ''I and Thou'', 54.</ref> Proprio come questo è vero per l'essere umano, così è vero per il Creatore: quando Egli dice Tu, Si rivela come Io, come ''Anokhi'', che è la prima parola della rivelazione pronunciata sul Monte Sinai ({{passo biblico2|Esodo|20:2}}), la parola che, secondo l'ebraismo, corrisponde a "In principio" (cfr. ''Mekilta de-Rabbi Ismael, Bachodesh'' 8; ''Pesikta Rabbati'' 21:19; ''Zohar'' I 90a). La parola "Io" pronunciata da Dio al momento della Rivelazione significa la Sua pronuncia del Tu al momento della Creazione.
Nell'atto della creazione, quindi, il Creatore si rivela non come una potenza autoritaria, ma come Colui che dice "Tu" con cura, sollecitudine e gentilezza in un "diminuire" o ''tzimtzum'' di Sé stesso. Da oltre l'essere, Egli convoca il cielo e la terra all'esistenza e ci grida: "Dove sei ''tu''?". In quel grido, Egli Si rivela come una Presenza autorevole che anela a una relazione con noi: "Dove sei tu?" è ''Ayekah?!'', e la sua radice ''eikhah'' significa "Come?!", come in un grido di lamento, un grido di chi è stato ferito dalla caduta da una relazione: come hai potuto minare il significato stesso della tua vita infinitamente preziosa? Rivelando il Suo desiderio per la relazione che conferisce significato alla Sua creazione, Dio rivela un aspetto intimo di Se Stesso; ponendoci una domanda, Egli suscita in noi una risposta e annuncia la nostra responsabilità.
Il ''Midrash'' insegna che Dio crea i cieli, ''et hashamayim'', prima di creare la terra, per elevare una dimensione di altezza da cui tutto ciò che è al di sotto riceve il suo significato (''Tanchuma Bereshit'' 1). "L'altezza ordina l'essere", scrive Levinas:
{{citazione|Height introduces a sense into being. It is already lived across the experience of the human body. It leads human societies to raise up altars. It is not because men, through their bodies, have an experience of the vertical that the human is placed under the sign of height; because being is ordained to height the human body is placed in a space in which the high and the low are distinguished and the sky is discovered.|Levinas, ''Collected Philosophical Papers'', 100}}
Da qui lo stupore umano per il cielo. Quando Heschel dichiara: "I asked for wonder", dichiara la sua meraviglia per il cielo.<ref>[[Abraham Joshua Heschel]], ''I Asked for Wonder'' (New York: Crossroad, 1983).</ref> E così nei Salmi leggiamo: "La tua potenza è nei cieli" ({{passo biblico2|Salmi|19}}). Al tempo dell'Olocausto, tuttavia, mentre il Regno della Notte discendeva per inghiottire la Luce dell'eterno, così le nubi di fumo dei crematori si levarono per cancellare i cieli. Ma ne parleremo più avanti.
Dove, secondo l'ebraismo che rende ebrei gli ebrei, incontriamo questa dimensione di altezza? Non nell'isolamento delle nostre speculazioni astratte o dei nostri sentimenti spirituali, per quanto elevati possano essere, ma nell'incontro concreto con ''questo essere umano''. In tale incontro siamo scossi dal sonno del nostro compiacimento. Rendendomi conto che non deduco ciò che è necessario, che non determino se sono chiamato, e che ''chi sono'' risiede nella mia capacità di rispondere: "Eccomi, per te", realizzo chi sono, come ebreo e come essere umano. Ciò che rende ebrei gli ebrei risiede nell'eteronomia di questo turbamento causato dalla presenza concreta dell'altro essere umano, e non, come sosteneva [[w:Immanuel Kant|Immanuel Kant]] (1724-1804), nella propria autonoma autolegislazione.<ref>Cfr. Immanuel Kant, ''Grounding for the Metaphysics of Morals'', trad. James W. Ellington, 3rd ed. (Indianapolis, IN: Hackett, 1993), 52.</ref> Dio Si rivela attraverso il turbamento del testimone, come ha detto Levinas,<ref>Levinas, ''Ethics and Infinity'', 109.</ref> perché Dio stesso è turbato, a tal punto da gridare: ''"Ayekah!?"''
[[w:Pesach|Pesach]], la liberazione dall'Egitto, è un momento decisivo in ciò che definisce gli ebrei come tali; è chiamata ''zman cheruteinu'', la "stagione della nostra liberazione". La liberazione, tuttavia, non risiede nella fuga dall'Egitto, ma nella Rivelazione al Sinai, nelle tavole della [[Torah]]. E così, quando leggiamo che i comandamenti furono "incisi", ''charut'', il Talmud ci insegna a leggerlo non come ''charut'' ma come ''cherut'', come "libertà" (''Eruvin'' 54a): essere liberi significa essere comandati, inviati in missione, con un senso di scopo e significato. Nessuno è più schiavo di chi cade nella morsa dell'assenza di scopo e di significato che è la disperazione. La mia liberazione da questa disperazione non consiste nel fare ciò che io voglio fare, ma nella realizzazione di ciò che io ''devo'' fare, di ciò che mi viene ''comandato'' di fare, non da dentro di me ma mio malgrado, in un'abrogazione dell'ego, come dice Levinas: "All my inwardness is invested in the form of a despite-me, for-another... It is the very fact of finding oneselfwhile losing oneself".<ref>Emmanuel Levinas, ''Otherwise Than Being or Beyond Essence'', trad. Alphonso Lingis (The Hague: Nijhoff, 1981), 11.</ref> Proprio l'illusione chiamata ''il sé'' è il covo della disperazione che si nutre del sé. Così il Talmud insegna che è meglio agire perché siamo comandati dall'alto piuttosto che agire di nostra spontanea volontà (''Avodah Zarah'' 3a). Inteso nei termini di una relazione primordiale con Colui che comanda, il sé non è mai uguale a se stesso. Nella transizione dal pensiero alla parola all'azione – una transizione che è una caratteristica distintiva dell'ebraismo – c'è sempre qualcosa ''di più'' che l'essere umano deve diventare ma non ''è'' mai.
Comprendiamo più profondamente cosa significhi dire che l'essere umano è una breccia nell'essere. Questo è ciò che significa avere un nome, e non un'essenza: significa essere chiamati ''per nome'' a essere ''di più''. Così abbiamo il comandamento di amare il Santo con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima e con tutto il nostro "di più", ''bekol meodekha'' ({{passo biblico2|Deuteronomio|6:5}}). Il ''più'' qui è più di ciò che siamo: è ciò che ''non siamo ancora''. È più di tutto ciò che esiste, più dell'essere, ciò che Levinas chiama "altrimenti che essere (otherwise than being)". È ''kadosh'', "santo", così che ci viene comandato di essere santi ({{passo biblico2|Levitico|11:44}}). Questo ''di più'' è ciò che rende gli ebrei ebrei. Significa una condizione di essere scelti per fare di più, essere di più, come una luce per le nazioni ({{passo biblico2|Isaia|49:6}}), non eletti ma ''incaricati, assegnati''. Trabocca dalle pareti del Tempio, le cui finestre furono progettate non per far entrare la luce ma per farla uscire (''Midrash Tanchuma Tetzaveh'' 6). Come il Tempio, quindi, il popolo ebraico simboleggia la presenza del Santo nel mondo; è la ''Knesset Yisrael'', la "Comunità di Israele", che lo ''[[Zohar]]'' equipara alla [[w:Shekhinah|Shekhinah]] o Presenza Divina (''Zohar'' II 93a). Questo è ciò che rende gli ebrei ebrei.
=== Il collegamento post-Olocausto con la questione ===
La domanda che guida questa riflessione – cosa rende gli ebrei ebrei? – ha i suoi contesti moderni. È una domanda post-Olocausto. Si tratta di una domanda sulle origini dell'Olocausto e su cosa definisca l'antisemitismo che ha trovato la sua espressione più estrema nell'Olocausto. Il mio caro amico e mentore, Rabbi [[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]] {{lang|he|ז״ל}} (1948-2020) offre un'importante intuizione:
{{citazione|Kant called for its [Judaism’s] euthanasia. Hegel took Judaism as his model of a slave morality. Nietzsche fulminated against it as the “falsification” of all natural values. In the twentieth century, Sartre could see no content to Jewish existence other than the defiance of anti-Semitism. Martin Heidegger, the greatest German philosopher of his time, became an active Nazi. Modern Western philosophy, promising a new era of tolerance, manifestly failed to extend that tolerance to Judaism and the Jews. Against this background, the transition from Enlightenment to Holocaust is less paradoxical than it might otherwise seem.|[[:en:w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]], ''Crisis and Covenant: Jewish Thought after the Holocaust'' (Manchester, UK: Manchester University Press, 1992), 268–269}}
Fin dall'Illuminismo, come ha sottolineato Fackenheim, "the denial of the living God was an essential aspect of man’s scientific and moral self-emancipation. If man was to be fully free in his world, God had to be expelled from it... The living God had to become a mere ‘Deity,’ a ‘Cosmic Principle’ – remote, indifferent, and mute"<ref>Emil L. Fackenheim, "Jewish Existence and the Living God: The Religious Duty of Survival", in Arthur A. Cohen, ed., ''Arguments and Doctrines: A Reader of Jewish Thinking in the Aftermath of the Holocaust'' (New York: Harper & Row, 1970), 260.</ref> – ancora una volta, un ''Cosa'', e non un ''Chi''. E aggiunge: "The moment the living God became questionable, Jewish existence became questionable".<ref>''Ibid.'', 261.</ref> Inizia così il processo di eliminazione di tutto ciò che rende gli ebrei ebrei. E l'eliminazione di ciò che rende gli ebrei ebrei apre la porta allo sterminio degli ebrei.
Poiché il pensiero speculativo fondato sulla ragione non può pensare in termini di più di tutto ciò che esiste, non può pensare in termini di sacro ma, al massimo, solo di bene – non un bene assoluto, morale, comandato, bensì un bene ontologico, una buona condizione determinata dalla volontà dell'ego autonomo. Nell'ebraismo la categoria del "santo", del ''kadosh'', è la categoria di ciò che è diverso da qualsiasi altra cosa: ''ain kamokha'', come è scritto nei Salmi, "non c'è nulla come Te" ({{passo biblico|Salmi|86:8}}). Significando "separato" o "distinto" da tutte le altre cose, ''kadosh'' non si riferisce a una cosa speciale tra le tante nel panorama ontologico. Piuttosto, designa ciò che si trova al di fuori di tutte le categorie ontologiche e quindi ciò che conferisce significato all'essere. L'essere non può essere il fondamento del proprio significato più di quanto un uomo possa sollevarsi prendendosi per i capelli. Se il significato dell'essere è realizzare la [[Torah]], il significato dell'essere è portare la santità in questo reame: per l'ebraismo, il significato dell'essere è portare significato all'essere da ciò che è diverso dall'essere. Altrimenti, l'essere non può avere alcun significato. Per l'ebraismo, il ''Santo'', che in un inizio antecedente a tutti gli inizi creò i cieli e la terra, non è l'"Essere Supremo". Non è il "Bene", la "Perfezione", la "Potenza" ultimi, né alcun'altra cosa che appartenga ai superlativi ontologici del pensiero speculativo. Al di là di ogni superlativo, al di là di ogni vita, Egli è Colui che dà significato alla vita comandandoci di ''vivere'' come ebrei.
=== In cosa differisce l'ebraismo? ===
=== Significato ed elezione nell'ebraismo ===
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== Note ==
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}}
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== Cosa fa dell'ebreo un ebreo? ==
{{Vedi pedia|Portale:Ebraismo|Ebraismo|Ebrei|Ebrei (popolo antico)}}
Forse dovremmo iniziare con ciò che ''non'' rende gli ebrei ebrei. Il popolo ebraico non è una razza, una cultura o un gruppo etnico. Non esiste una parola nell'ebraico biblico che significhi "razza", almeno non come intendiamo il termine ai nostri giorni; abbiamo ''[[w:goy (ebraismo)|goy]]'', ovvero "nazione", e ''am'', ovvero "popolo". Esistono nazioni e gruppi di persone, ma sono proprio questo: ''persone'', esseri umani, ''benei adam'', "figli di Adamo" e figli di Dio. Non c'è nulla nell'ebraico biblico paragonabile al termine greco ''barbaros'', ovvero "barbaro", che significa "non-greco" e quindi in qualche modo meno umano del greco. Il [[w:Tempio di Gerusalemme|Beit HaMikdash]], che era il Sacro Tempio di Gerusalemme, aveva un Cortile dei Gentili, un luogo dove i nonebrei erano liberi di riunirsi nel luogo sacro – qualcosa, per quanto ne so, che era unico nel mondo antico. In gran parte del mondo antico, stranieri e "nonmembri" non avevano posto nei luoghi santi, così come un non-musulmano non ha posto alla Mecca.
Il termine ''razza'' è disumanizzante perché in ultima analisi è essenzializzante, come ha dimostrato la modernità: essere inseriti in una tale categoria significa ricevere un carattere ineluttabile e irrevocabile, che viene gerarchizzato. Colui che consideriamo in termini di razza viene relegato alla categoria di un Esso che può essere pesato e misurato, osservato e contato, manipolato, sfruttato e schiavizzato. "L'umanità è sempre assente", disse una volta [[Franz Rosenzweig]] (1886-1929). "Presente è un uomo, questo o quello".<ref>Franz Rosenzweig, ''Understanding the Sick and the Healthy'', trad. Nahum Glatzer (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1999), 72.</ref> L'umanità è un'astrazione e quindi non ci pone alcuna richiesta etica, richiesta che può sorgere solo da questo essere umano in carne e ossa davanti a me. Ciò che egli dice dell'umanità si applica anche alla razza: è un'astrazione, mai presente in una relazione faccia a faccia – ''non c'è razza in faccia''. [[Emmanuel Levinas]] ha detto: "Il modo migliore per incontrare l'Altro è non notare nemmeno il colore dei suoi occhi",<ref>Emmanuel Levinas, ''Ethics and Infinity'', trad. Richard A. Cohen (Pittsburgh, PA: Duquesne University Press, 1985), 85.</ref> anche mentre li fissiamo negli occhi. "Quegli occhi", dice Lévinas, "che sono assolutamente senza protezione, la parte più nuda del corpo umano, offrono tuttavia una resistenza assoluta al possesso".<ref>Emmanuel Levinas, ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. Sean Hand (Baltimore, MD: Johns Hopkins University Press, 1990), 8.</ref> Secondo l’insegnamento ebraico, lo stesso si può dire della pelle, dove il vero incontro tra umano e umano sta nel non notare nemmeno il colore della pelle, che non risiede nel suo colore ma nel suo essere esposta, nel confine vulnerabile tra il mondo e tutto ciò che è umano nell’essere umano.
Le persone non sono né astrazioni né oggetti: sono carne e sangue, esseri umani con un nome. Quindi la disumanizzazione dell'essere umano avviene con la cancellazione del nome, come è accaduto durante l'Olocausto. Chi "ha un nome", dice Rosenzweig, "non può più essere una cosa... Esso [il nome] è incapace di essere completamente assorbito nella categoria, perché non può esserci alcuna categoria a cui appartenere; esso è la sua propria categoria".<ref>Franz Rosenzweig, ''The Star of Redemption'', trad. William W. Hallo (Boston, MA: Beacon Press, 1972), 186–187.</ref> Ciò che Levinas dice del volto si può dire anche del nome: "Il volto è significazione, e significazione ''senza contesto''. Voglio dire che l'Altro, nella rettitudine del suo volto, non è un personaggio all'interno di un contesto. Di solito,... il significato di qualcosa è nella sua relazione con un'altra cosa. Qui, al contrario, il volto ''è significato in sé''".<ref>Levinas, ''Ethics and Infinity'', 86–87; emphasis added.</ref> Il popolo ebraico ha un nome. È il nome di un individuo ebreo che lo ha strappato a Dio come una benedizione ({{passo biblico2|Genesi|32:27-29}}), poiché ciascuno dei nostri nomi, ciascuna delle nostre identità destinate, deve, in un certo senso, essere strappato a Dio come una benedizione da Dio. Un nome che può essere visto come letteralmente strappato a Dio è il nome che significa "colui che lotta con Dio": è Israele. Israele non è una razza, una cultura o un ethnos: Israele è un incontro, un evento, un verbo. Basta percorrere un isolato o due per le strade di Tel Aviv per vedere che gli ebrei sono di tutti i colori e provengono da tutte le culture. Eppure ognuno appartiene ad ''Am Yisrael'', il Popolo di Israele, a prescindere dal colore o dalla cultura.
Persino la definizione nazista di ebreo non lo collocava in una categoria strettamente razziale. Una delle [[w:Leggi di Norimberga|Leggi di Norimberga]] promulgate il 15 settembre 1935 era la [[w:Leggi di Norimberga#Legge sulla cittadinanza del_Reich|Legge sulla Cittadinanza del Reich]]. L'Articolo 2, Comma 2, di tale legge stabiliva che chiunque avesse "uno o due" nonni ebrei era un ebreo di sangue misto, e che "i nonni ebrei purosangue [erano] coloro che appartenevano alla comunità religiosa ebraica", ovvero coloro che erano seguaci dell'ebraismo. L'Articolo 5, Comma 2, stabilisce che anche chiunque si converta all'ebraismo deve essere considerato ebreo.<ref>Cfr. Yehuda Bauer, ''A History of the Holocaust, revised edition'' (New York: Franklin Watts, 2002), 111–112.</ref> Non ci si può convertire a una razza o a un gruppo etnico. Tra gli autori delle leggi figurano il Dr. Franz Albrecht Medicus (1890-1967), il Dr. Bernhard Lösner (1890-1952) e il Dr. Wilhelm Stückart (1902-1953),<ref>Paul R. Bartrop e Eve E. Grimm, ''Perpetrating the Holocaust: Leaders, Enablers, and Collaborators'' (Santa Barbara, CA: ABC-CLIO, 2019), 276.</ref> uomini tra i più istruiti d'Europa. Includendo i convertiti all'ebraismo nella definizione di chi è ebreo, sapevano benissimo che un ebreo è fondamentalmente definito dall'ebraismo. Come insisteva l'ideologo nazista Alfred Rosenberg (1893-1946), tutti gli ebrei sono inclini a pensare in modo talmudico, "che siano speculatori in Borsa atei, fanatici religiosi o ebrei talmudici osservanti".<ref>Alfred Rosenberg, ''Race and Race History and Other Essays'', ed. Robert Pois (New York: Harper & Row, 1974), 181.</ref> Perché? Perché tutti gli ebrei sono portatori del "contagio" dell'ebraismo, come dichiarò Rosenberg, insistendo sul fatto che l'umanità è avvelenata non dal sangue ebraico, ma dall'ebraismo.<ref>''Ibid.'', 131–132.</ref> Se qualcuno si converte all'ebraismo, è perché è portatore del contagio. La chiave per capire cosa rende gli ebrei ebrei, quindi, è l’''ebraismo''.
Mi è stato spesso chiesto: "Gli ebrei sono ebrei per via dell'incidente biologico di avere una madre ebrea o perché scelgono di seguire l'ebraismo?". La domanda stessa tradisce un pregiudizio caratteristico del pensiero moderno, dove supponiamo che tutto ciò che accade sia un incidente della natura o il risultato della volontà umana. La risposta da un punto di vista ebraico è: nessuna delle due. Un ebreo è un'anima che Dio ha ''creato'' come ebreo, che ha mandato in questo reame per intraprendere il compito della ''redenzione'' attraverso i mezzi ''rivelati'' nella [[Torah]]. L'individuo non sceglie di essere ebreo: è Dio che sceglie. E non è un incidente.
E i convertiti? Non scelgono forse di essere ebrei? Non sono "ebrei per scelta"? La risposta breve è: no. Il [[w:Talmud|Talmud]] ci dice che anche i convertiti erano tra le anime ebraiche che si trovavano sul Monte Sinai, vive, morte e ancora da nascere (''Shevuot'' 39a). Un convertito all'ebraismo è un'anima ebrea che si è risvegliata alla consapevolezza di essere ebreo, eletto fin dalla nascita. Non esiste un ebreo per scelta: un ebreo è ''già'' scelto, già incaricato di dire al mondo che ''ogni'' essere umano è scelto per un compito ''indispensabile'' a tutta la creazione. È alla luce di questa consapevolezza che un ebreo, convertito o meno, deve ora fare una scelta. In effetti, un convertito è colui che sta agendo sulla base della consapevolezza di essere sempre stato ebreo. Una volta avvenuta la conversione all'ebraismo, l'individuo non è più un convertito: è un ebreo, come intesero gli autori delle Leggi di Norimberga. Capivano che senza la Torah non ci sarebbero stati ebrei, e senza gli ebrei non ci sarebbe stata la Torah. Sapevano che l'[[w:Alleanza (Bibbia)|Alleanza della Torah]] che definisce l'ebraismo porta con sé un certo insegnamento e una certa testimonianza contrari alla tradizione totalitaria e ontologica che ha origine ad Atene e che alla fine porta ad Auschwitz.
=== Atene e Gerusalemme ===
Emil Fackenheim ha affermato che "nulla rende un filosofo ''ebreo'' in modo così potente quanto la ‘Torah’".<ref>Emil L. Fackenheim, ''Jewish Philosophers and Jewish Philosophy'', ed. Michael L. Morgan (Bloomington: Indiana University Press, 1996), 107–108.</ref> Ciò che Fackenheim dice del filosofo ebreo può essere detto dell'ebreo. Perché essere ebreo risiede in un modo di pensare, che sia abbandonato o abbracciato. Risiede in un modo di pensare a Dio, al mondo e all'umanità. Per un ebreo, come ha affermato Rabbi [[w:Adin Steinsaltz|Adin Steinsaltz]] (1937-2020), "it is not only that one thinks in terms of Torah, but also that the Torah thinks within oneself. It is an object that becomes a subject, capable of expressing itself in one’s own thoughts ''and actions''".<ref>Adin Steinsaltz, ''The Long Shorter Way: Discourses on Chasidic Thought'', trad. Yehuda Hanegbi (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1988), 28; mio corsivo.</ref> Dal punto di vista dell'ebraismo, la Torah che rende ebreo un ebreo non è un datum morto né un pittoresco e curioso volume di sapere dimenticato; no, è il respiro della vita che si trae dall'agire secondo i suoi comandamenti rivelati, santificando così Dio, il mondo e l'umanità. Proprio come il nome Israele è un verbo, così anche l'ebreo è un verbo.
Questa visione del rapporto tra la Torah e ciò che rende ebrei gli ebrei è al centro della tensione tra Atene e Gerusalemme, anche prima della rivolta dei Maccabei contro i Greci, dal 167 al 160 AEV. "In order to understand ourselves and to illuminate our trackless way into the future", scrive [[w:Leo Strauss|Leo Strauss]] (1899-1973), "we must understand Jerusalem and Athens".<ref>Leo Strauss, ''Studies in Platonic Political Philosophy'' (Chicago: University of Chicago Press, 1985), 147.</ref> Mentre Atene, spiega, significa "free inquiry", Gerusalemme denota "obedient love".<ref>Leo Strauss, ''The Rebirth of Classical Political Rationalism: An Introduction to the Thought of Leo Strauss, selected by Thomas L. Pangle'' (Chicago: University of Chicago Press, 1989), 72.</ref> Se la differenza tra Atene e Gerusalemme risiede nella libera ricerca contrapposta all'amore obbediente, risiede nell'autolegislazione autonoma contrapposta al comandamento divino. E se è così, allora scopriamo un percorso che conduce da Atene ad Auschwitz, dove nessuno era più autonomo o più autolegislatore dei nazisti e nessuna verità subì un attacco più radicale della verità del comandamento divinamente rivelato, a cominciare dall'assoluto divieto divino di omicidio. Ciò che è iniziato con l'escludere Dio dalla realtà si è concluso con lo spingere gli ebrei nelle camere a gas. La filosofia volge l'orecchio ad Auschwitz e non sente altro che [[wikt:sound and fury|un suono e una furia]] che non significano nulla. Ed è paralizzata.
In contrasto con questa paralisi, abbiamo la risposta degli Israeliti quando Mosè presentò loro la Torah: "Tutto ciò che il Signore ha detto, noi lo faremo ed eseguiremo" ({{passo biblico2|Esodo|24:7}}). Questa è esattamente la risposta alla Voce Imponente di Auschwitz che ora deve essere data, come ha sostenuto Fackenheim.<ref>Cfr. Emil L. Fackenheim, ''The Jewish Return into History: Reflections in the Age of Auschwitz and a New Jerusalem'' (New York: Schocken Books, 1978), 19ff.</ref> Il che significa: a differenza di un pensatore che sostiene che dopo Auschwitz gli ebrei debbano rifiutare le nozioni di alleanza e di elezione,<ref>Cfr. per esempio, Richard L. Rubenstein, ''After Auschwitz: History, Theology, and Contemporary Judaism'', 2ad ed. (Baltimore, MD: The Johns Hopkins University Press, 1992), 173.</ref> Fackenheim insiste sul fatto che dopo Auschwitz un ebreo è eletto più profondamente che mai. E afferma: "Judaism survives through Jews, and Jews, however indirectly, survive through Judaism".<ref>Emil L. Fackenheim, "The Rebirth of the Holy Remnant", lezione presentata al Yad Vashem, 17 giugno 1993, manoscritto inedito.</ref> Ciò che sopravvive in entrambi è una testimonianza della sacralità dell'essere umano che i nazisti si proponevano di cancellare. La via verso la verità, ieri come oggi, risiede, ancora una volta, nell'agire per amore, in risposta alla parola rivelata della Torah, perché solo dando vita alla parola attraverso le nostre azioni possiamo sperare di ascoltarla e comprenderla. Questo, in parte, è ciò che rende gli ebrei ebrei.
Insistendo sul fatto che la via verso la verità risieda nella "libera ricerca" dell'alta corte della ragione, la filosofia speculativa della tradizione ellenistica avrebbe prima dedotto la strada giusta e poi compiuto il primo passo. Sicurezza e protezione, assicurazione e rassicurazione sono di fondamentale importanza, come vediamo quando Adamo rispose al grido di Dio "Dove sei?" dicendo: "Ho avuto paura" ({{passo biblico2|Genesi|3:9-10}}). La filosofia avrebbe prima ascoltato e poi agito, come [[w:Talete|Talete di Mileto]] (ca. 624-548 AEV), che una notte cadde in una fossa mentre camminava e guardava il cielo; non appena ne uscì, giurò che da quel momento in poi avrebbe avuto la certezza della terra ferma sotto i suoi piedi prima di muovere un passo.<ref>Cfr. Platone, ''[[w:Teeteto|Teeteto]]'', ''ad hoc''.</ref> Determinato a essere sicuro di quella terra ferma, tuttavia, perse la visione del cielo, della dimensione dell'altezza, senza la quale non c'è significato. A dire il vero, il significato promesso dalla terra ferma della ragione sillogistica è, in definitiva, un inganno. Nelle parole di Strauss, "by saying that we wish to hear first and then to act, we have already decided in favor of Athens against Jerusalem".<ref>Strauss, ''Studies in Platonic Political Philosophy'', 150.</ref> La differenza sta proprio nell'oggetto della [[w:Rivolta maccabea|rivolta dei Maccabei]] contro i Greci. Con l'istituzione nel 163 AEV dell'ultimo stato ebraico prima del 1948, i Maccabei decisero a favore di Gerusalemme contro Atene.
Decidere a favore di Gerusalemme rispetto ad Atene significa decidere a favore della Torah, della preghiera e degli atti di amorevole gentilezza (cfr. ''Pirke Avot'' 1:2) rispetto all'autorità e al potere della ragione, della volontà e della determinazione – atti di amorevole gentilezza soprattutto, che richiedono una certa rinuncia all'autorità e al potere. Questa decisione è ciò che rende gli ebrei ebrei. Il maestro chassidico [[w:Nachman di Breslov|Nachman di Breslov]] (1772-1810) insegnò che gli atti di amorevole gentilezza sono essenziali per qualsiasi comprensione che il pensiero possa raggiungere, poiché senza gentilezza non c'è saggezza, non c'è umanità.<ref>Cfr. Louis I. Newman, ed., ''The Hasidic Anthology'' (New York: Schocken Books, 1963), 257.</ref> Questo punto essenziale è illustrato nella storia di come uno dei più grandi saggi talmudici, [[w:Rabbi Akiva|Rabbi Akiva]], ottenne la sua dottrina. Un giorno il profeta Elia apparve alla porta di Akiva, afflitto dalla povertà, e della sua novella sposa Rachele, in uno dei suoi travestimenti preferiti: quello di mendicante. Spiegò che aveva un disperato bisogno di un po' di paglia su cui sua moglie potesse sdraiarsi, poiché stava per partorire. Akiva gli diede la paglia che aveva chiesto e disse a Rachele: "Vedi? Alcune persone sono più povere di noi". Avendo assistito alla compassione del marito per i bisognosi, la giovane Rachele riconobbe la sua saggezza, sebbene Akiva fosse un povero pastore che non sapeva né leggere né scrivere. E così ebbe la saggezza di mandarlo a studiare con Rabbi [[w:Eliezer ben Hurcanus|Eliezer ben Hyrkanos]] e [[w:Joshua ben Hananiah|Rabbi Yeoshua]]. Quando tornò a casa dodici anni dopo, espresse il desiderio che tornasse a studiare per altri dodici anni. Quando tornò a casa da sua moglie, dopo il secondo periodo di apprendimento, aveva con sé {{FORMATNUM:24000}} discepoli (''Nedarim'' 50a).
Anche qui, nella visione della gentilezza come espressione di saggezza, scopriamo che l'ebraismo che determina chi è ebreo non è tanto un sistema di credenze quanto un modo di vivere derivato da un modo di pensare, un punto profondamente compreso da [[Franz Rosenzweig]]. Nella sua opera più importante, ''[[w:La stella della redenzione|La Stella della Redenzione]]'' (1919), egli contrappone la vita concreta dell'ebraismo al ragionamento astratto della [[w:idealismo|filosofia idealista]]. In contrasto con il discorso di causalità, razionalità e moralità, Rosenzweig identifica le categorie chiave dell'ebraismo come creazione, rivelazione e redenzione. Partendo dalla nozione ebraica di Dio come colui che è altro dall'essere, scrive: "Revelation is at all times new only because it is primordially old. It makes the primeval creation over into an ever newly created present... The divine word... is revelation only because it is at the same time the word of creation".<ref>Rosenzweig, ''The Star of Redemption'', 111.</ref> Questa intuizione è centrale nel pensiero proprio dell'ebraismo: la parola della rivelazione è parola della creazione proprio perché ciascuna è un movimento verso una relazione che apre la strada alla redenzione.
=== La centralità della relazione nell'ebraismo ===
{{Vedi anche|La Coscienza di Levinas}}
Tra i molti pensatori ebrei profondamente influenzati da Rosenzweig, [[Emmanuel Levinas]] è il più importante. Considerando la relazione che definisce l'ebraismo in termini di etica, Levinas interpreta Dio come Colui che ci rivela una certa "connessione" con Lui, una ''tzavta'', e ''tzavta'' è la radice di ''[[w:mitzvah|mitzvah]]'' {{lang|he|מצווה}}, la parola che significa "comandamento". La rivelazione è la rivelazione di una connessione con il Creatore attraverso il comandamento; è la rivelazione della responsabilità di cui solo io posso rispondere. "Gli attributi di Dio", sottolinea Levinas, "non sono dati all'indicativo, ma all'imperativo. La conoscenza di Dio ci giunge come un comandamento, come una ''mitzvah''. Conoscere Dio significa sapere ciò che si deve fare".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 17.</ref> Anche quando Dio ci pone una domanda, come fece con Adamo ({{passo biblico2|Genesi|3:9}}) e Caino ({{passo biblico2|Genesi|4:9-10}}), parla all'imperativo. Tale conoscenza non può essere dedotta: ci giunge solo quando ci viene comandato, solo quando siamo chiamati a rispondere: "''Hineni'' – Eccomi per te", a e per un altro. Levinas vede l'etica al centro dell'ebraismo e della vita ebraica come un'"etica dell'eteronomia che non è una servitù, ma il servizio di Dio attraverso la responsabilità per il prossimo, in cui sono insostituibile".<ref>Emmanuel Levinas, ''Outside the Subject'', trad. Michael B. Smith (Stanford, CA: Stanford University Press, 1994), 35.</ref> Egli sostiene che l'etica caratteristica dell'ebraismo non è un momento nell'essere o concepita dal pensiero speculativo.<ref>Emmanuel Levinas, ''Of God Who Comes to Mind'', trad. Bettina Bergo (Stanford, CA: Stanford University Press, 1998), 56.</ref> Piuttosto, è diversa o migliore dell'essere: è il dover divino che entra nell'essere come un comandamento da oltre l'essere (rivelazione), prima dell'essere (creazione).<ref>Cfr. Levinas, ''Ethics and Infinity'', 109.</ref>
Similmente, Dio e l'umanità non condividono un'essenza; piuttosto, ciascuno è al di là dell'essenza, poiché ciascuno è ''insostituibile''. In una parola, Dio Creatore e colui che è stato creato a Sua immagine e somiglianza sono ''santi''. In quanto essere etico, quindi, l'essere umano è una "frattura dell'essere", manifestata nel movimento divinamente comandato verso l'altro essere umano, un movimento verso una relazione, per il bene dell'altro essere umano. Poiché la rivelazione della ''mitzvah'' da parte della Torah è l'affermazione di una relazione, la ''mitzvah'', dice Levinas, "non è un formalismo morale", ma è piuttosto "la ''presenza'' viva dell'amore",<ref>Levinas, ''Outside the Subject'', 57.</ref> che si manifesta proprio nel comandamento di amare. Dio non è amore, dice Levinas; piuttosto, Dio è il ''comandamento'' di amare,<ref>Cfr. Emmanuel Levinas, “The Paradox of Morality,” in Robert Bernasconi e David Wood, eds., ''The Provocation of Levinas: Rethinking the Other'' (London: Routledge and Kegan Paul, 1988), 176–177.</ref> di "amare il prossimo tuo", ''veahavta lereakha'' (Levitico 19:18), e di "amare lo straniero", ''veahavta lo [hager] kamokha'', "come te stesso" (Levitico 19:34). Secondo il [[w:Ba'al Shem Tov|Baal Shem Tov]] (1698-1760), fondatore del [[w:chassidismo|chassidismo]], questo comandamento di amare l'altro, prossimo o straniero che sia, è il fondamento dell'ebraismo e dell'intera Torah (''Toledot Yaakov Yosef, Korach'' 2). Questo amore per l'altro è ciò che rende gli ebrei ebrei. Se esaminiamo la parola ebraica ''kamokha'', "come te stesso", così come ''le-'' in ''lereakha'', "il tuo prossimo", una traduzione migliore sarebbe: "Mostrerai amore ''verso'' il tuo prossimo, perché quella relazione d'amore è ciò che sei", come suggeriva il Baal Shem (''Toledot Yaakov Yosef, Veetchanan'' 5). Il comandamento di amare il prossimo è seguito dalla frase "Io sono HaShem", a indicare che la relazione umana e la relazione superiore sono un tutt'uno.
Mentre il pensiero speculativo deriva il concetto di Dio da un principio morale,<ref>Cfr. per esempio, Immanuel Kant, ''Religion Within the Limits of Reason Alone'', trad. Theodore M. Greene e Hoyt H. Hudson (New York: HarperOne, 1960), 171.</ref> l'ebraismo vede Dio non come un concetto, un principio o una causa, ma come la Voce vivente del comandamento etico, che si manifesta nel comandamento.<ref>Cfr. per esempio, Emmanuel Levinas, ''Collected Philosophical Papers'', trad. Alphonso Lingis (Dordrecht: Martinus Nijhoff, 1987), 59.</ref> Rabbi [[:en:w:Kalonymus Kalman Shapira|Kalonymos Kalmish Shapira]] (1889–1943 nella [[Shoah]]), il Rebbe del [[w:Ghetto di Varsavia|Ghetto di Varsavia]], chiarisce il collegamento tra il Santo e la ''mitzvah'' che Egli comanda. Secondo i mistici, la parola ''mitzvah'' (''mem-tzadi-vav-hey'' {{lang|he|מצווה}}) contiene il Santo Nome di quattro lettere (''yud-heh-vav-hey''), cosicché il Santo è nella ''mitzvah''. Mentre le ultime due lettere del Nome, ''vav-hey'', sono evidenti nelle ultime due lettere della ''mitzvah'', le prime due sono nascoste nelle lettere ''mem-tzadi'' della ''mitzvah''. Trasformate secondo il metodo interpretativo di ''[[:en:w:Atbash|At-bash]]'' {{lang|he|אתבש}}, ''mem'' e ''tzadi'' diventano ''yud'' e ''heh'', le prime due lettere del Nome. I comandamenti della Torah formano un portale attraverso il quale il Santo Nome entra nel mondo: Dio è presente concretamente nel comandamento.<ref>Kalonymos Kalmish Shapira, ''Sacred Fire: Torah from the Years of Fury 1939–1942'', trad. J. Hershy Worch, ed. Deborah Miller (Northvale, NJ: Jason Aronson, 2000), 61; la trasformazione ''[[w:Atbash|At-bash]]'' è un mezzo di interpretazione, mediante il quale la prima lettera dell'alfabeto viene scambiata con l'ultima lettera, la seconda lettera dell'alfabeto con la penultima lettera e così via.</ref>
Mentre il pensiero speculativo enfatizza l'autonomia del sé, il comandamento dell'amore, fondante dell'ebraismo, si concentra sulla responsabilità eteronoma del sé nei confronti dell'altro. Mentre il pensiero speculativo è interessato alla libertà autonoma del sé, la Torah insiste sulla ricerca della giustizia: ''Tzedek, tzedek tirdof'', "Giustizia, giustizia perseguirai" ({{passo biblico2|Deuteronomio|16:20}}). La parola ebraica ''tzedek'' o "giustizia" significa anche "rettitudine" ed è la radice della parola per "carità", ''tzedakah'', sottolineando ancora una volta l'accento della Torah su una relazione di carne e sangue, e non sul concetto astratto. "Il senso dell'essere, il senso della creazione", afferma Levinas, "è realizzare la Torah"<ref>Emmanuel Levinas, ''Nine Talmudic Readings'', trad. Annette Aronowicz (Bloomington: Indiana University Press, 1990), 41.</ref> attraverso un atto concreto di [[:en:w:Chesed|amorevole gentilezza]] verso il nostro prossimo. In effetti, questa realizzazione della Torah è il senso dell'ebraismo e di ciò che rende gli ebrei ebrei.
La realizzazione della Torah non avviene nella mente e nemmeno nel cuore, ma ''tra'' due esseri umani, in una parola gentile o in un semplice saluto rivolto dall'uno all'altro. Così il saggio talmudico [[:en:w:Helbo|Rabbi Chelbo]] insegnò, in nome di [[:en:w:Rav Huna|Rabbi Huna]], che ogni volta che si incontra un'altra persona, si dovrebbe essere il primo a porgere un saluto (''Berakhot'' 6b). Allo stesso modo, Levinas considera il benvenuto o il saluto offerto all'altra persona il fondamento dell'ebraismo.<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 173.</ref> Poiché salutare l'altra persona è un dovere per ''me'', non condivido alcuna uguaglianza con l'altro essere umano; anzi, lui o lei viene sempre per primo, un concetto profondo che trova espressione in qualcosa di così banale come dire a un altro: "Dopo di te". Poiché l'altra persona è ''superiore'' a me, ho una responsabilità in ''più'' rispetto all'altra, ovvero la responsabilità di morire piuttosto che infliggere la morte all'altro, come insegnato nel Talmud (''Pesachim'' 25a–25b). "Il timore di Dio", afferma Levinas, "è concretamente il mio timore per il prossimo",<ref>Levinas, ''Outside the Subject'', 47.</ref> così che la morte che mi riguarda/preoccupa non è la mia morte, ma la morte del mio prossimo. E devo testimoniare questa preoccupazione anche a costo della mia vita. Per l'ebraismo che rende gli ebrei ebrei, la relazione è tutto. Nel mezzo della relazione tra esseri umani si trova lo spazio intermedio da cui l'anima (''neshamah'') trae il suo respiro (''neshimah''): l'anima non vive dentro di noi, ma ''tra'' di noi. Pertanto, nel ''Midrash'', Menachem bar Rabbi Yose insegna che tra i Dieci Detti che danno vita al cielo e alla terra ci sono le parole di {{passo biblico2|Genesi|2:18}}: "Non è bene che l'uomo sia solo" (''Bereshit Rabbah'' 17:1), perché tutta la creazione si fonda sulla ''relazione''.
Questo insegnamento è la chiave per la comprensione della Torah, fondamento dell'ebraismo. È l'insegnamento che rende ebrei gli ebrei. È l'insegnamento con cui inizia la Torah: ''Bereshit bara Elokim et hashamayim v’et haaretz'', "In principio Dio creò i cieli e la terra" ({{passo biblico2|Genesi|1:1}}).
=== "In principio...": l’essenza dell’ebraismo ===
''Bereshit'', "in principio", non si riferisce al primo di una sequenza di cose, ma piuttosto alla cosa più importante, ovvero che Dio ha ''creato'': ''Bereshit bara Elokim...'' Ciò che precede l'inizio, tuttavia, è sigillato dal muro che forma il lato destro della lettera ''beit''. Nel margine della creazione – nello spazio vuoto prima della ''beit'' – c'è solo il silenzio divino pre-originario che "precede" la creazione. Eppure è un silenzio che non è lasciato al margine. Piuttosto, come la creazione stessa, questo silenzio è continuo. Il maestro chassidico [[:en:w:Levi Yitzchok of Berditchev|Levi Yitzchak di Berditchev]] (1740-1809) insegnò che quando Dio diede la Torah, Egli diede non solo le parole, ma anche il silenzio tra le parole.<ref>[[Elie Wiesel]], ''Against Silence: The Voice and Vision of Elie Wiesel'', vol. 2, ed. Irving Abrahamson (New York: Holocaust Library, 1985), 82.</ref> Esso dimora nell’''alef'', nella lettera silenziosa che, secondo il Baal Shem, è nascosta in ogni parola della lingua sacra (''Keter Shem Tov'' 45). Il silenzio che è l’''alef'' è il Santo nella lingua santa: secondo i saggi, l’''alef'' è composta da uno ''yud'' sopra, uno ''yud'' sotto e un ''vav'' che li collega.<ref>Cfr. per esempio, Nechunia ben Hakanah, ''Sefer HaTemunah'' (Jerusalem: Nezer Sharga, 1998), 2.</ref> Il valore numerico di ''yud'' (10) più ''vav'' (6) più ''yud'' (10) è ventisei, che è il valore del ''[[w:Tetragramma biblico|Tetragrammaton]]'', il Nome di Dio di quattro lettere.
Avvenendo attraverso una parola divina, la creazione è un movimento verso una relazione: la parola è pronunciata da ''qualcuno'', da una ''persona'', non da un principio. Il movimento verso una relazione è indicato dalla parola ''bara'', che significa "creato". Infatti, bara, come osservò [[Nahmanide]] (1194–1270), è un termine affine a ''brit'', che significa "alleanza".<ref>Cfr. Nachmanides, ''Commentary on the Torah'', vol. 1, trad. Charles B. Chavel (New York: Shilo, 1971), 112.</ref> In questo versetto, inoltre, la parola per "Dio" è ''Elokim''. Lo ''[[Zohar]]'' spiega:
{{citazione|Quando il Misteriosissimo desiderò rivelarSi, Egli produsse dapprima un singolo punto che fu trasmutato in un pensiero, e in questo Egli eseguì innumerevoli disegni e incise innumerevoli incisioni. Inoltre, incise con la sacra e mistica lampada un disegno mistico e santissimo, che era un meraviglioso edificio che emergeva dal centro del pensiero. Questo è chiamato ''Mi'', o "Chi", e fu l'inizio dell'edificio, esistente e non-esistente, profondamente sepolto, inconoscibile per nome. Fu chiamato solo ''Mi''. Desiderava manifestarsi ed essere chiamato per nome. Pertanto si rivestì di una veste fulgida e preziosa e creò ''Eleh'', o "Questi", ed ''Eleh'' acquisì un nome. Le lettere delle due parole si mescolarono, formando il nome completo ''E-l-o-k-i-m''.|''[[Zohar]]'' I 2a}}
Sebbene l'insegnamento secondo cui ''Dio creò'' sia un Primo Principio della Torah e dell'ebraismo, Dio non è né un Primo Principio né una Causa Prima: Dio è un ''Chi'', e non un ''Cosa''. Non è possibile stipulare un'alleanza con un principio o una causa. Nessuno ha mai gridato "Padre!" al Primo Principio, né Abramo è mai entrato in una disputa sui giusti di Sodoma e Gomorra per cercare di muovere il Motore Immobile (cfr. {{passo biblico2|Genesi|18:16-33}}). La frase orante "chi è come Te", pronunciata da Mosè mentre attraversava il mare ({{passo biblico2|Esodo|15:11}}), non è solo una domanda retorica ― è un'affermazione: proprio il ''Chi'' è ciò che assomiglia a Dio. Dal punto di vista dell'ebraismo che rende ebrei gli ebrei, quindi, la presenza stessa di un ''Chi'' nel mezzo dell'essere è una trascendenza dell'essere.
Poiché la creazione implica un movimento verso una relazione di alleanza, l'ebraismo non si preoccupa di ''ciò che ha causato'' il mondo, ma di ''chi lo ha creato'', dall'al di là dell'essere, e di come dobbiamo considerare la nostra relazione con il Creatore. Considerando Dio una presenza viva e autorevole con cui l'essere umano entra in relazione, il pensiero ebraico che appartiene all'ebraismo è relazionale, come evidenziato, ad esempio, nel "pensiero parlante" di Rosenzweig. Rosenzweig asserisce: "''Speaking thinking'' is oriented toward the need of an other and, what is the same thing, in the taking of time seriously".<ref>[[Franz Rosenzweig]], ''Franz Rosenzweig’s “The New Thinking”'', trad. e ed. Alan Udoff & Barbara E. Galli (Syracuse, NY: Syracuse University Press, 1999), 87.</ref> Prendere sul serio il significato significa prendere sul serio il tempo: il significato risiede in ciò che deve ''ancora essere'' compiuto. Nelle parole di [[Abraham Joshua Heschel]] (1901-1972), "Time is the presence of God in the world of space".<ref>[[Abraham Joshua Heschel]], ''The Sabbath: Its Meaning for Modern Man'' (New York: Farrar, Straus and Giroux, 1981), 100.</ref> La determinazione di chi siamo, come ebrei e come esseri umani, non si dispiega entro i confini dell'ego, ma in una liberazione dall'ego; la verità non sta nel cartesiano "Penso, dunque sono",<ref>René Descartes, ''Meditations on First Philosophy'', 3a ed., trad. Donald A. Cress (Indianapolis, IN: Hackett, 1993), 19–20.</ref> ma piuttosto in "Dio pensa, dunque sono". Vale a dire: "Sono convocato per amore di un altro, dunque sono".
Il Primo Principio dei filosofi è totalmente indifferente all'essere umano e quindi totalmente estraneo all'ebraismo. Inteso come perfezione, un tale dio non ha bisogno di nulla: come afferma Aristotele (384-322 AEV), non ama né ha bisogno di amore (si veda, ad esempio, l’''[[w:Etica Eudemia|Etica Eudemia]]'' di Aristotele, VII, 1244b). Né chiede ciò che Dio chiede ad Adamo e a ciascuno di noi in ogni istante: "Dove sei?". La domanda del Santo non è "Cosa pensi?" o "Come ti senti?", ma "Dove sei rispetto al tuo prossimo e a Me?". Ecco perché "non è bene che l'uomo sia solo" ({{passo biblico2|Genesi|2:18}}). Nell'ebraismo, siamo ciò che siamo nel mezzo di una relazione, non nei recessi dell'ego pensante. L’ebraismo si fonda su questo spazio intermedio di relazione concreta, cosicché l’essere umano è isolato – da oltre sé stesso, nonostante sé stesso – come lo fu Adamo.
Questa condizione di essere già individuata fin dal tempo immemorabile di Adamo, una condizione che conferisce già significato a qualsiasi contesto dato prima di ogni contesto, emerge con l'apparizione del Tu. Quindi, analizzando più approfonditamente il verso iniziale della [[Torah]], ricordiamo un altro insegnamento dello ''[[Zohar]]''. Invece di leggere ''Bereshit bara Elokim et ha-...'' come "In principio Dio creò il...", lo ''Zohar'' lo legge come "In principio Dio creò ''alef, tav, hey'' di ''atah'': Tu". Dice lo ''Zohar'': "La parola ''et'' è composta dalle lettere ''alef'' e ''tav'', che includono tra loro tutte le lettere, essendo la prima e l'ultima dell'alfabeto. In seguito fu aggiunto ''hey'', in modo che tutte le lettere fossero collegate a ''hey'', e questo diede il nome ''atah'' (Tu)" (''[[Zohar]]'' I 15b). Solo un ''chi'' – solo chi porta un nome e non un'essenza – può dire ''tu'' ed essere chiamato ''tu''. Se, come sostiene [[w:Martin Buber|Martin Buber]] (1878–1965), la parola ''Tu'' può essere detta solo con tutto l’essere,<ref>Martin Buber, ''I and Thou'', trad. Walter Kaufmann (New York: Charles Scribner’s Sons, 1970), 54.</ref> parlare con tutto l’essere, corpo e anima, significa dire Tu.
"In principio", scrive [[Elie Wiesel]] (1928-2016), "l'uomo è solo. Solo come Dio è solo. Aprendo gli occhi non chiede: Chi sono io? Chiede: Chi sei tu?".<ref>Elie Wiesel, ''Messengers of God: Biblical Portraits and Legends'', trad. Marion Wiesel (New York: Random House, 1976), 1.</ref> Tuttavia, nel suo romanzo ''[[:en:w:The Oath (Wiesel novel)|The Oath]]'' leggiamo: "When he opened his eyes, Adam did not ask God: Who are ''you''? He asked: Who am ''I''?".<ref>[[Elie Wiesel]], ''The Oath'' (New York: Avon, 1973), 19.</ref> Una contraddizione? No. Per l'anima che prende vita nel mezzo di una relazione, non c'è un Io senza il Tu. Nelle parole di Buber, "When one says You, the I of the word pair I–You is said, too".<ref>Buber, ''I and Thou'', 54.</ref> Proprio come questo è vero per l'essere umano, così è vero per il Creatore: quando Egli dice Tu, Si rivela come Io, come ''Anokhi'', che è la prima parola della rivelazione pronunciata sul Monte Sinai ({{passo biblico2|Esodo|20:2}}), la parola che, secondo l'ebraismo, corrisponde a "In principio" (cfr. ''Mekilta de-Rabbi Ismael, Bachodesh'' 8; ''Pesikta Rabbati'' 21:19; ''Zohar'' I 90a). La parola "Io" pronunciata da Dio al momento della Rivelazione significa la Sua pronuncia del Tu al momento della Creazione.
Nell'atto della creazione, quindi, il Creatore si rivela non come una potenza autoritaria, ma come Colui che dice "Tu" con cura, sollecitudine e gentilezza in un "diminuire" o ''tzimtzum'' di Sé stesso. Da oltre l'essere, Egli convoca il cielo e la terra all'esistenza e ci grida: "Dove sei ''tu''?". In quel grido, Egli Si rivela come una Presenza autorevole che anela a una relazione con noi: "Dove sei tu?" è ''Ayekah?!'', e la sua radice ''eikhah'' significa "Come?!", come in un grido di lamento, un grido di chi è stato ferito dalla caduta da una relazione: come hai potuto minare il significato stesso della tua vita infinitamente preziosa? Rivelando il Suo desiderio per la relazione che conferisce significato alla Sua creazione, Dio rivela un aspetto intimo di Se Stesso; ponendoci una domanda, Egli suscita in noi una risposta e annuncia la nostra responsabilità.
Il ''Midrash'' insegna che Dio crea i cieli, ''et hashamayim'', prima di creare la terra, per elevare una dimensione di altezza da cui tutto ciò che è al di sotto riceve il suo significato (''Tanchuma Bereshit'' 1). "L'altezza ordina l'essere", scrive Levinas:
{{citazione|Height introduces a sense into being. It is already lived across the experience of the human body. It leads human societies to raise up altars. It is not because men, through their bodies, have an experience of the vertical that the human is placed under the sign of height; because being is ordained to height the human body is placed in a space in which the high and the low are distinguished and the sky is discovered.|Levinas, ''Collected Philosophical Papers'', 100}}
Da qui lo stupore umano per il cielo. Quando Heschel dichiara: "I asked for wonder", dichiara la sua meraviglia per il cielo.<ref>[[Abraham Joshua Heschel]], ''I Asked for Wonder'' (New York: Crossroad, 1983).</ref> E così nei Salmi leggiamo: "La tua potenza è nei cieli" ({{passo biblico2|Salmi|19}}). Al tempo dell'Olocausto, tuttavia, mentre il Regno della Notte discendeva per inghiottire la Luce dell'eterno, così le nubi di fumo dei crematori si levarono per cancellare i cieli. Ma ne parleremo più avanti.
Dove, secondo l'ebraismo che rende ebrei gli ebrei, incontriamo questa dimensione di altezza? Non nell'isolamento delle nostre speculazioni astratte o dei nostri sentimenti spirituali, per quanto elevati possano essere, ma nell'incontro concreto con ''questo essere umano''. In tale incontro siamo scossi dal sonno del nostro compiacimento. Rendendomi conto che non deduco ciò che è necessario, che non determino se sono chiamato, e che ''chi sono'' risiede nella mia capacità di rispondere: "Eccomi, per te", realizzo chi sono, come ebreo e come essere umano. Ciò che rende ebrei gli ebrei risiede nell'eteronomia di questo turbamento causato dalla presenza concreta dell'altro essere umano, e non, come sosteneva [[w:Immanuel Kant|Immanuel Kant]] (1724-1804), nella propria autonoma autolegislazione.<ref>Cfr. Immanuel Kant, ''Grounding for the Metaphysics of Morals'', trad. James W. Ellington, 3rd ed. (Indianapolis, IN: Hackett, 1993), 52.</ref> Dio Si rivela attraverso il turbamento del testimone, come ha detto Levinas,<ref>Levinas, ''Ethics and Infinity'', 109.</ref> perché Dio stesso è turbato, a tal punto da gridare: ''"Ayekah!?"''
[[w:Pesach|Pesach]], la liberazione dall'Egitto, è un momento decisivo in ciò che definisce gli ebrei come tali; è chiamata ''zman cheruteinu'', la "stagione della nostra liberazione". La liberazione, tuttavia, non risiede nella fuga dall'Egitto, ma nella Rivelazione al Sinai, nelle tavole della [[Torah]]. E così, quando leggiamo che i comandamenti furono "incisi", ''charut'', il Talmud ci insegna a leggerlo non come ''charut'' ma come ''cherut'', come "libertà" (''Eruvin'' 54a): essere liberi significa essere comandati, inviati in missione, con un senso di scopo e significato. Nessuno è più schiavo di chi cade nella morsa dell'assenza di scopo e di significato che è la disperazione. La mia liberazione da questa disperazione non consiste nel fare ciò che io voglio fare, ma nella realizzazione di ciò che io ''devo'' fare, di ciò che mi viene ''comandato'' di fare, non da dentro di me ma mio malgrado, in un'abrogazione dell'ego, come dice Levinas: "All my inwardness is invested in the form of a despite-me, for-another... It is the very fact of finding oneselfwhile losing oneself".<ref>Emmanuel Levinas, ''Otherwise Than Being or Beyond Essence'', trad. Alphonso Lingis (The Hague: Nijhoff, 1981), 11.</ref> Proprio l'illusione chiamata ''il sé'' è il covo della disperazione che si nutre del sé. Così il Talmud insegna che è meglio agire perché siamo comandati dall'alto piuttosto che agire di nostra spontanea volontà (''Avodah Zarah'' 3a). Inteso nei termini di una relazione primordiale con Colui che comanda, il sé non è mai uguale a se stesso. Nella transizione dal pensiero alla parola all'azione – una transizione che è una caratteristica distintiva dell'ebraismo – c'è sempre qualcosa ''di più'' che l'essere umano deve diventare ma non ''è'' mai.
Comprendiamo più profondamente cosa significhi dire che l'essere umano è una breccia nell'essere. Questo è ciò che significa avere un nome, e non un'essenza: significa essere chiamati ''per nome'' a essere ''di più''. Così abbiamo il comandamento di amare il Santo con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima e con tutto il nostro "di più", ''bekol meodekha'' ({{passo biblico2|Deuteronomio|6:5}}). Il ''più'' qui è più di ciò che siamo: è ciò che ''non siamo ancora''. È più di tutto ciò che esiste, più dell'essere, ciò che Levinas chiama "altrimenti che essere (otherwise than being)". È ''kadosh'', "santo", così che ci viene comandato di essere santi ({{passo biblico2|Levitico|11:44}}). Questo ''di più'' è ciò che rende gli ebrei ebrei. Significa una condizione di essere scelti per fare di più, essere di più, come una luce per le nazioni ({{passo biblico2|Isaia|49:6}}), non eletti ma ''incaricati, assegnati''. Trabocca dalle pareti del Tempio, le cui finestre furono progettate non per far entrare la luce ma per farla uscire (''Midrash Tanchuma Tetzaveh'' 6). Come il Tempio, quindi, il popolo ebraico simboleggia la presenza del Santo nel mondo; è la ''Knesset Yisrael'', la "Comunità di Israele", che lo ''[[Zohar]]'' equipara alla [[w:Shekhinah|Shekhinah]] o Presenza Divina (''Zohar'' II 93a). Questo è ciò che rende gli ebrei ebrei.
=== Il collegamento post-Olocausto con la questione ===
La domanda che guida questa riflessione – cosa rende gli ebrei ebrei? – ha i suoi contesti moderni. È una domanda post-Olocausto. Si tratta di una domanda sulle origini dell'Olocausto e su cosa definisca l'antisemitismo che ha trovato la sua espressione più estrema nell'Olocausto. Il mio caro amico e mentore, Rabbi [[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]] {{lang|he|ז״ל}} (1948-2020) offre un'importante intuizione:
{{citazione|Kant called for its [Judaism’s] euthanasia. Hegel took Judaism as his model of a slave morality. Nietzsche fulminated against it as the “falsification” of all natural values. In the twentieth century, Sartre could see no content to Jewish existence other than the defiance of anti-Semitism. Martin Heidegger, the greatest German philosopher of his time, became an active Nazi. Modern Western philosophy, promising a new era of tolerance, manifestly failed to extend that tolerance to Judaism and the Jews. Against this background, the transition from Enlightenment to Holocaust is less paradoxical than it might otherwise seem.|[[:en:w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]], ''Crisis and Covenant: Jewish Thought after the Holocaust'' (Manchester, UK: Manchester University Press, 1992), 268–269}}
Fin dall'Illuminismo, come ha sottolineato Fackenheim, "the denial of the living God was an essential aspect of man’s scientific and moral self-emancipation. If man was to be fully free in his world, God had to be expelled from it... The living God had to become a mere ‘Deity,’ a ‘Cosmic Principle’ – remote, indifferent, and mute"<ref>Emil L. Fackenheim, "Jewish Existence and the Living God: The Religious Duty of Survival", in Arthur A. Cohen, ed., ''Arguments and Doctrines: A Reader of Jewish Thinking in the Aftermath of the Holocaust'' (New York: Harper & Row, 1970), 260.</ref> – ancora una volta, un ''Cosa'', e non un ''Chi''. E aggiunge: "The moment the living God became questionable, Jewish existence became questionable".<ref>''Ibid.'', 261.</ref> Inizia così il processo di eliminazione di tutto ciò che rende gli ebrei ebrei. E l'eliminazione di ciò che rende gli ebrei ebrei apre la porta allo sterminio degli ebrei.
Poiché il pensiero speculativo fondato sulla ragione non può pensare in termini di più di tutto ciò che esiste, non può pensare in termini di sacro ma, al massimo, solo di bene – non un bene assoluto, morale, comandato, bensì un bene ontologico, una buona condizione determinata dalla volontà dell'ego autonomo. Nell'ebraismo la categoria del "santo", del ''kadosh'', è la categoria di ciò che è diverso da qualsiasi altra cosa: ''ain kamokha'', come è scritto nei Salmi, "non c'è nulla come Te" ({{passo biblico|Salmi|86:8}}). Significando "separato" o "distinto" da tutte le altre cose, ''kadosh'' non si riferisce a una cosa speciale tra le tante nel panorama ontologico. Piuttosto, designa ciò che si trova al di fuori di tutte le categorie ontologiche e quindi ciò che conferisce significato all'essere. L'essere non può essere il fondamento del proprio significato più di quanto un uomo possa sollevarsi prendendosi per i capelli. Se il significato dell'essere è realizzare la [[Torah]], il significato dell'essere è portare la santità in questo reame: per l'ebraismo, il significato dell'essere è portare significato all'essere da ciò che è diverso dall'essere. Altrimenti, l'essere non può avere alcun significato. Per l'ebraismo, il ''Santo'', che in un inizio antecedente a tutti gli inizi creò i cieli e la terra, non è l'"Essere Supremo". Non è il "Bene", la "Perfezione", la "Potenza" ultimi, né alcun'altra cosa che appartenga ai superlativi ontologici del pensiero speculativo. Al di là di ogni superlativo, al di là di ogni vita, Egli è Colui che dà significato alla vita comandandoci di ''vivere'' come ebrei.
=== In cosa differisce l'ebraismo? ===
Abbiamo visto che le categorie di creazione, rivelazione e redenzione plasmano l'ebraismo che rende gli ebrei ebrei. Da quanto detto, quindi, ci si può chiedere: "Anche le tradizioni delle religioni di Abramo, come il Cristianesimo e l'Islam, aderiscono alle nozioni di creazione, rivelazione e redenzione. In che cosa si differenzia quindi l'ebraismo?". In effetti, con l'Incarnazione – Dio fatto carne – al centro della sua dottrina, il cristianesimo tradizionale può sembrare concreto in tutto e per tutto. Eppure, non esiste essere meno concreto dell'Incarnazione. Una chiave per comprendere perché tale sia il caso risiede nella [[Serie cristologica|cristologia]] del cristianesimo. Lo stesso insegnamento che trasforma Dio in un essere umano in carne e ossa trasforma l'essere umano in carne e ossa in un'astrazione, eterizzando l'uomo che è al centro della religione in un concetto astratto: l'Incarnazione. Man mano che il Gesù [[w:kenosis|kenotico]] diventa oggetto di adorazione, diventa sempre meno carne e sangue. Perché non esiste adorazione della carne e del sangue. Con quell'astrazione dell'ebreo in carne e ossa che ha portato la religione cristiana al mondo, si astrae l'essere umano in un "peccatore" fin dalla nascita. Proprio come il crimine dell'ebreo sotto il Terzo Reich sarebbe stato il crimine di essere nato, così il peccato di ogni essere umano risiederebbe nell'eredità del peccato di Adamo, nel peccato di essere nato.
Un'idea sbagliata comune riguardo alla differenza tra ebraismo e cristianesimo è che gli ebrei continuino ad attendere la venuta del Messia, mentre i cristiani credono che il Messia sia già venuto. Verissimo. Ma il Messia che gli ebrei attendono ha poca somiglianza con colui che, secondo i cristiani, è già venuto. La visione cristiana fondamentale del Messia è espressa nel Credo degli Apostoli,<ref>Cfr. C. E. B. Cranfield, ''The Apostles’ Creed: A Faith to Live By'' (London: Continuum, 2004), 3.</ref> che, in breve, afferma che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, fu concepito dallo Spirito Santo e nacque dalla Vergine Maria. Fu mandato nel mondo per essere crocifisso come espiazione per l'essenza peccaminosa dell'umanità. Espiando il peccato inerente al nostro essere, sconfisse la morte e così risuscitò dai morti il terzo giorno dopo la sua crocifissione. Asceso al cielo, tornerà un giorno per giudicare l'umanità secondo la loro fede in lui come Cristo, il Figlio di Dio, parte della Trinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Poiché il peccato è associato alla morte, il Messia che espia il peccato attraverso la Crocifissione sconfigge anche la morte attraverso la Resurrezione. Una volta compiuto questo compito con il grido "È compiuto" ({{passo biblico2|Giovanni|19:30}}), la storia diventa una questione di attesa del Giudizio Universale, quando i credenti saranno separati dai non credenti ({{passo biblico2|Matteo|25:31}}). Per coloro che credono in lui e meritano così la vita eterna ({{passo biblico2|Giovanni|3:16}}), il tempo diventa poco più che la durata dell'attesa: non lavorare per la venuta del Messia, ma semplicemente aspettare, mentre ci inoltriamo in questa valle di lacrime, alla ricerca della nostra vita autentica in cielo. Il pensiero cristiano sul Messia è sublime e profondo, ma non è ebraico.
Il Talmud insegna che il Messia è in mezzo a noi in ogni generazione (''Sanhedrin'' 98a), quindi non dobbiamo attendere la sua venuta; piuttosto, dobbiamo rendere possibile la sua manifestazione attraverso la pratica delle ''mitzvot''. Questa missione messianica, e non l'adesione a un credo, è ciò che rende gli ebrei ebrei. Realizzare questa missione senza fine è lo scopo ultimo dei comandamenti della Torah. Con la venuta del Messia, vedremo la Torah vissuta nei pensieri, nelle parole e nelle azioni di tutta l'umanità. Le categorie dell'ebraismo non possono adattarsi alle categorie del cristianesimo, né il pensiero cristiano può adattarsi a questo pensiero ebraico, in particolare per quanto riguarda la redenzione. Questo spiega molto dell'antisemitismo cristiano che, come vedremo, avrebbe contribuito all'Olocausto. L'antisemitismo, cristiano e di altro tipo, non deve essere contrastato semplicemente con qualcosa come l'educazione alla tolleranza e certamente non con una qualche forma di assimilazione degli ebrei, che è di per sé un tentativo antisemita. No, va contrapposta a una concezione ebraica del messianismo, dove il messianismo non è visto come un'astrazione escatologica, ma come una questione di concreta urgenza, qui e ora. Approfondiremo questo argomento nel [[Connessioni/Capitolo 4|Capitolo 4]].
Rabbi [[:en:w:Pinchas Shapiro of Koretz|Pinchas di Koretz]] (1726-1791), discepolo del Baal Shem Tov, dichiarò una volta che "essere ebreo significa legare il proprio destino a quello del Messia – a quello di tutti coloro che lo attendono".<ref>Cfr. Elie Wiesel, ''Somewhere a Master: Further Hasidic Portraits and Legends'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1982), 23.</ref> Per un ebreo, questo legame non è una questione di fede, se per fede intendiamo semplicemente credere o accettare. Sì, abbiamo la cosiddetta fede nella venuta del Messia, espressa nel dodicesimo dei Tredici Principi dell'ebraismo delineati da [[Maimonide]] (1135-1204) nel suo commentario alla ''Mishnah'' (''Sanhedrin'' 10): "Credo con fede completa nella venuta del Messia; anche se dovesse tardare, qualunque cosa accada, attenderò la sua venuta ogni giorno". La parola ebraica ''emunah'', qui tradotta come “fede”, non è "l’assenso dell’intelletto a ciò che si crede", come [[w:Tommaso d’Aquino|Tommaso d’Aquino]] (1225-1274) definisce la fede,<ref>Cfr. Thomas Aquinas, ''On Faith'', trad. Mark D. Jordan (Notre Dame, IN: University of Notre Dame Press, 1990), 39.</ref> né tantomeno la passione che [[w:Søren Kierkegaard|Søren Kierkegaard]] (1813-1855) considera fede.<ref>Cfr. Søren Kierkegaard, ''Fear and Trembling'', trad. Alastair Hannay (New York: Penguin Books, 1985), 95.</ref> ''Emunah'' è "coscienziosità", "onestà" e "fiducia". Nel Talmud una persona che non mantiene la parola data è chiamata ''mechusar amanah'', "colui che manca di onestà" (cfr per es., ''Bava Metzia'' 49a). La fede, quindi, implica un certo carattere, una certa condizione dell’anima, che a sua volta richiede di vivere in una relazione d’amore con gli altri, e non solo con Dio. Sono questioni di onestà e devozione a rendere ebrei gli ebrei, e non la confessione di un credo o di una credenza. Dio non è l’oggetto della fede; piuttosto, Egli è il soggetto che comanda atti di amorevole gentilezza.
Come nel caso del cristianesimo, e contrariamente all'ebraismo, il fattore fondamentale nell'Islam è la ''fede'', che può essere vista nei Cinque Pilastri dell'Islam, il primo dei quali è la ''Shahada'', la professione di fede in Allah come unico Dio e in Maometto come suo profeta. La ''Salat'', o preghiera, si concentra su una relazione interiore con Allah. Il pilastro del ''sawm'', o digiuno per il mese di Ramadan, è indicativo della visione secondo cui l'aspetto carnale dell'essere umano è qualcosa che deve essere superato piuttosto che santificato. Un altro pilastro della fede islamica, l'elemosina o ''zakat'', assomiglia alla pratica ebraica, ma c'è chi sostiene che donare al ''jihad'' – la guerra contro i miscredenti – soddisfi l'obbligo della ''zakat'', così che la "carità", nella sua versione jihadista islamica, si trasforma nell'uccidere gli infedeli, oltre che nel nutrire gli affamati.<ref>Cfr. Sayyid Qutb, ''Social Justice in Islam'', trad. John B. Hardie (New York: Octagon Books, 1963), 137.</ref> Il quinto pilastro dell'Islam è l’''hajj'', l'obbligo di compiere un pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita del credente. Abbiamo quindi i cinque pilastri dell'Islam in contrasto con i tre pilastri dell'ebraismo: Torah, ''Avodah'' e ''gemilut chasadim'': studio della Torah, preghiera o servizio e atti di amorevole gentilezza (''Pirke Avot'' 1:2).
Il punto fondamentale per il cristianesimo e l'Islam è sostanzialmente lo stesso: l'ingresso in un paradiso ultraterreno si ottiene attraverso una fede personale e interiore. La fede che permette di accedere al Regno di Dio è ciò che rende un cristiano cristiano o un musulmano musulmano. Mentre la [[w:Tanakh|Bibbia ebraica]] non parla mai della "ricompensa eterna", essa è un tema frequente sia nelle scritture cristiane (ad esempio, {{passo biblico2|Giovanni|1:12-13}}; {{passo biblico2|Giovanni|3:14-16}}; {{passo biblico2|Atti|4:12}}; {{passo biblico2|Ebrei|2:3}}) sia nel Corano (ad esempio, [https://sufi.it/il-sacro-corano/23-surat-al-muminun/ Corano 23:99-104]; [https://sufi.it/il-sacro-corano/28-surat-al-qasas/ Corano 28:61]; [https://sufi.it/il-sacro-corano/34-sura-saba/ Corano 34:3-5]; [https://sufi.it/il-sacro-corano/45-sura-al-jathiya/ Corano 45:24-26]; [https://sufi.it/il-sacro-corano/69-sura-al-haqqah-linevitabile/ Corano 69:13-33]). Questa enfasi sull'aldilà nel cristianesimo e nell'Islam è pressoché sconosciuta nell'ebraismo. Per un ebreo, l’obiettivo non è entrare nel Regno di Dio, ma far entrare Dio in ''questo'' regno: questo sforzo è ciò che rende gli ebrei ebrei.
Quando il valore umano deriva dalla fede e la redenzione umana è ultraterrena, l'omicidio di massa di esseri umani in questo mondo può essere presto giustificato. Maometto sterminò gli ebrei [[w:Banū Qurayẓa|Banū Qurayẓa]] nel 627 e i Crociati massacrarono gli ebrei della Renania nel 1096, non perché gli ebrei si fossero macchiati di certi crimini o atti di crudeltà, ma perché si rifiutarono di adottare una certa fede. Naturalmente, gli ebrei non furono le uniche vittime dell'omicidio di massa dei credenti, come dimostrano la colonizzazione cristiana dell'Africa e delle Americhe e la conquista musulmana dell'India, del Nord Africa e della Spagna. Le Crociate, i massacri di Chmielnicki e i pogrom potrebbero non essere rappresentativi del vero cristianesimo più di quanto le azioni omicide del jihadismo islamico siano rappresentative del vero Islam. Ma non è un caso che tali azioni derivino da queste tradizioni. Sebbene sia vero che le Scritture Ebraiche raccontano un resoconto lugubre e orribile della conquista israelita della Terra Promessa, la ragione dichiarata per attaccare le sette tribù colpite (Ittiti, Amorrei, Gergesei, Cananei, Perizziti, Evei e Gebusei) non era che fossero miscredenti, ma che offrivano i loro figli in olocausto ai loro dèi "passandoli attraverso il fuoco" (cfr., ad esempio, {{passo biblico2|Deuteronomio|12:31}}), cosa abominevole per Dio.
Nella Torah, che il Corano afferma essere una falsificazione ebraica della Parola di Dio (cfr. 2:59; 3:78), è scritto: "Io pongo oggi davanti a te la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita" ({{passo biblico2|Deuteronomio|30:19}}). Scegliere la vita significa scegliere la santità, scegliere il bene, scegliere la gentilezza amorevole verso l'altro essere umano, incluso lo straniero in mezzo a noi. Significa rendere la propria vita una benedizione per la vita degli altri. Significa scegliere di ''non'' uccidere, anche a costo della propria vita. Significa scegliere di salvare vite, senza considerazioni di credo. In netto contrasto con questo insegnamento ebraico, il jihadismo islamico non solo sceglie la morte, ma la venera. [[:en:w:Laurent Murawiec|Laurent Murawiec]] spiega: "The constant repetition of the same stock phrases that prescribe and exalt killing and the veneration of death means that Allah wants blood, needs blood, that blood pleases Allah, whether the blood is that of His martyrs or that of His enemies. Allah demands blood as evidence of worship".<ref>Laurent Murawiec, ''The Mind of Jihad'' (Cambridge: Cambridge University Press, 2008), 59–60.</ref> Una simile mentalità è caratteristica dell'insistenza totalitaria e omicida che tutti aderiscano allo stesso ''-ismo''. Per l'ebraismo che determina ciò che rende ebrei gli ebrei, tuttavia, scegliere la vita significa scegliere non di salvare la propria pelle, ma di salvare la vita degli altri, non di imporre un'accettazione diffusa della dottrina, ma di generare atti diffusi di amorevole gentilezza, a prescindere da ciò che gli altri credono.
=== Significato ed elezione nell'ebraismo ===
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== Note ==
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}}
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[[Categoria:Connessioni|Capitolo 1]]
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== Cosa fa dell'ebreo un ebreo? ==
{{Vedi pedia|Portale:Ebraismo|Ebraismo|Ebrei|Ebrei (popolo antico)}}
Forse dovremmo iniziare con ciò che ''non'' rende gli ebrei ebrei. Il popolo ebraico non è una razza, una cultura o un gruppo etnico. Non esiste una parola nell'ebraico biblico che significhi "razza", almeno non come intendiamo il termine ai nostri giorni; abbiamo ''[[w:goy (ebraismo)|goy]]'', ovvero "nazione", e ''am'', ovvero "popolo". Esistono nazioni e gruppi di persone, ma sono proprio questo: ''persone'', esseri umani, ''benei adam'', "figli di Adamo" e figli di Dio. Non c'è nulla nell'ebraico biblico paragonabile al termine greco ''barbaros'', ovvero "barbaro", che significa "non-greco" e quindi in qualche modo meno umano del greco. Il [[w:Tempio di Gerusalemme|Beit HaMikdash]], che era il Sacro Tempio di Gerusalemme, aveva un Cortile dei Gentili, un luogo dove i nonebrei erano liberi di riunirsi nel luogo sacro – qualcosa, per quanto ne so, che era unico nel mondo antico. In gran parte del mondo antico, stranieri e "nonmembri" non avevano posto nei luoghi santi, così come un non-musulmano non ha posto alla Mecca.
Il termine ''razza'' è disumanizzante perché in ultima analisi è essenzializzante, come ha dimostrato la modernità: essere inseriti in una tale categoria significa ricevere un carattere ineluttabile e irrevocabile, che viene gerarchizzato. Colui che consideriamo in termini di razza viene relegato alla categoria di un Esso che può essere pesato e misurato, osservato e contato, manipolato, sfruttato e schiavizzato. "L'umanità è sempre assente", disse una volta [[Franz Rosenzweig]] (1886-1929). "Presente è un uomo, questo o quello".<ref>Franz Rosenzweig, ''Understanding the Sick and the Healthy'', trad. Nahum Glatzer (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1999), 72.</ref> L'umanità è un'astrazione e quindi non ci pone alcuna richiesta etica, richiesta che può sorgere solo da questo essere umano in carne e ossa davanti a me. Ciò che egli dice dell'umanità si applica anche alla razza: è un'astrazione, mai presente in una relazione faccia a faccia – ''non c'è razza in faccia''. [[Emmanuel Levinas]] ha detto: "Il modo migliore per incontrare l'Altro è non notare nemmeno il colore dei suoi occhi",<ref>Emmanuel Levinas, ''Ethics and Infinity'', trad. Richard A. Cohen (Pittsburgh, PA: Duquesne University Press, 1985), 85.</ref> anche mentre li fissiamo negli occhi. "Quegli occhi", dice Lévinas, "che sono assolutamente senza protezione, la parte più nuda del corpo umano, offrono tuttavia una resistenza assoluta al possesso".<ref>Emmanuel Levinas, ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. Sean Hand (Baltimore, MD: Johns Hopkins University Press, 1990), 8.</ref> Secondo l’insegnamento ebraico, lo stesso si può dire della pelle, dove il vero incontro tra umano e umano sta nel non notare nemmeno il colore della pelle, che non risiede nel suo colore ma nel suo essere esposta, nel confine vulnerabile tra il mondo e tutto ciò che è umano nell’essere umano.
Le persone non sono né astrazioni né oggetti: sono carne e sangue, esseri umani con un nome. Quindi la disumanizzazione dell'essere umano avviene con la cancellazione del nome, come è accaduto durante l'Olocausto. Chi "ha un nome", dice Rosenzweig, "non può più essere una cosa... Esso [il nome] è incapace di essere completamente assorbito nella categoria, perché non può esserci alcuna categoria a cui appartenere; esso è la sua propria categoria".<ref>Franz Rosenzweig, ''The Star of Redemption'', trad. William W. Hallo (Boston, MA: Beacon Press, 1972), 186–187.</ref> Ciò che Levinas dice del volto si può dire anche del nome: "Il volto è significazione, e significazione ''senza contesto''. Voglio dire che l'Altro, nella rettitudine del suo volto, non è un personaggio all'interno di un contesto. Di solito,... il significato di qualcosa è nella sua relazione con un'altra cosa. Qui, al contrario, il volto ''è significato in sé''".<ref>Levinas, ''Ethics and Infinity'', 86–87; emphasis added.</ref> Il popolo ebraico ha un nome. È il nome di un individuo ebreo che lo ha strappato a Dio come una benedizione ({{passo biblico2|Genesi|32:27-29}}), poiché ciascuno dei nostri nomi, ciascuna delle nostre identità destinate, deve, in un certo senso, essere strappato a Dio come una benedizione da Dio. Un nome che può essere visto come letteralmente strappato a Dio è il nome che significa "colui che lotta con Dio": è Israele. Israele non è una razza, una cultura o un ethnos: Israele è un incontro, un evento, un verbo. Basta percorrere un isolato o due per le strade di Tel Aviv per vedere che gli ebrei sono di tutti i colori e provengono da tutte le culture. Eppure ognuno appartiene ad ''Am Yisrael'', il Popolo di Israele, a prescindere dal colore o dalla cultura.
Persino la definizione nazista di ebreo non lo collocava in una categoria strettamente razziale. Una delle [[w:Leggi di Norimberga|Leggi di Norimberga]] promulgate il 15 settembre 1935 era la [[w:Leggi di Norimberga#Legge sulla cittadinanza del_Reich|Legge sulla Cittadinanza del Reich]]. L'Articolo 2, Comma 2, di tale legge stabiliva che chiunque avesse "uno o due" nonni ebrei era un ebreo di sangue misto, e che "i nonni ebrei purosangue [erano] coloro che appartenevano alla comunità religiosa ebraica", ovvero coloro che erano seguaci dell'ebraismo. L'Articolo 5, Comma 2, stabilisce che anche chiunque si converta all'ebraismo deve essere considerato ebreo.<ref>Cfr. Yehuda Bauer, ''A History of the Holocaust, revised edition'' (New York: Franklin Watts, 2002), 111–112.</ref> Non ci si può convertire a una razza o a un gruppo etnico. Tra gli autori delle leggi figurano il Dr. Franz Albrecht Medicus (1890-1967), il Dr. Bernhard Lösner (1890-1952) e il Dr. Wilhelm Stückart (1902-1953),<ref>Paul R. Bartrop e Eve E. Grimm, ''Perpetrating the Holocaust: Leaders, Enablers, and Collaborators'' (Santa Barbara, CA: ABC-CLIO, 2019), 276.</ref> uomini tra i più istruiti d'Europa. Includendo i convertiti all'ebraismo nella definizione di chi è ebreo, sapevano benissimo che un ebreo è fondamentalmente definito dall'ebraismo. Come insisteva l'ideologo nazista Alfred Rosenberg (1893-1946), tutti gli ebrei sono inclini a pensare in modo talmudico, "che siano speculatori in Borsa atei, fanatici religiosi o ebrei talmudici osservanti".<ref>Alfred Rosenberg, ''Race and Race History and Other Essays'', ed. Robert Pois (New York: Harper & Row, 1974), 181.</ref> Perché? Perché tutti gli ebrei sono portatori del "contagio" dell'ebraismo, come dichiarò Rosenberg, insistendo sul fatto che l'umanità è avvelenata non dal sangue ebraico, ma dall'ebraismo.<ref>''Ibid.'', 131–132.</ref> Se qualcuno si converte all'ebraismo, è perché è portatore del contagio. La chiave per capire cosa rende gli ebrei ebrei, quindi, è l’''ebraismo''.
Mi è stato spesso chiesto: "Gli ebrei sono ebrei per via dell'incidente biologico di avere una madre ebrea o perché scelgono di seguire l'ebraismo?". La domanda stessa tradisce un pregiudizio caratteristico del pensiero moderno, dove supponiamo che tutto ciò che accade sia un incidente della natura o il risultato della volontà umana. La risposta da un punto di vista ebraico è: nessuna delle due. Un ebreo è un'anima che Dio ha ''creato'' come ebreo, che ha mandato in questo reame per intraprendere il compito della ''redenzione'' attraverso i mezzi ''rivelati'' nella [[Torah]]. L'individuo non sceglie di essere ebreo: è Dio che sceglie. E non è un incidente.
E i convertiti? Non scelgono forse di essere ebrei? Non sono "ebrei per scelta"? La risposta breve è: no. Il [[w:Talmud|Talmud]] ci dice che anche i convertiti erano tra le anime ebraiche che si trovavano sul Monte Sinai, vive, morte e ancora da nascere (''Shevuot'' 39a). Un convertito all'ebraismo è un'anima ebrea che si è risvegliata alla consapevolezza di essere ebreo, eletto fin dalla nascita. Non esiste un ebreo per scelta: un ebreo è ''già'' scelto, già incaricato di dire al mondo che ''ogni'' essere umano è scelto per un compito ''indispensabile'' a tutta la creazione. È alla luce di questa consapevolezza che un ebreo, convertito o meno, deve ora fare una scelta. In effetti, un convertito è colui che sta agendo sulla base della consapevolezza di essere sempre stato ebreo. Una volta avvenuta la conversione all'ebraismo, l'individuo non è più un convertito: è un ebreo, come intesero gli autori delle Leggi di Norimberga. Capivano che senza la Torah non ci sarebbero stati ebrei, e senza gli ebrei non ci sarebbe stata la Torah. Sapevano che l'[[w:Alleanza (Bibbia)|Alleanza della Torah]] che definisce l'ebraismo porta con sé un certo insegnamento e una certa testimonianza contrari alla tradizione totalitaria e ontologica che ha origine ad Atene e che alla fine porta ad Auschwitz.
=== Atene e Gerusalemme ===
Emil Fackenheim ha affermato che "nulla rende un filosofo ''ebreo'' in modo così potente quanto la ‘Torah’".<ref>Emil L. Fackenheim, ''Jewish Philosophers and Jewish Philosophy'', ed. Michael L. Morgan (Bloomington: Indiana University Press, 1996), 107–108.</ref> Ciò che Fackenheim dice del filosofo ebreo può essere detto dell'ebreo. Perché essere ebreo risiede in un modo di pensare, che sia abbandonato o abbracciato. Risiede in un modo di pensare a Dio, al mondo e all'umanità. Per un ebreo, come ha affermato Rabbi [[w:Adin Steinsaltz|Adin Steinsaltz]] (1937-2020), "it is not only that one thinks in terms of Torah, but also that the Torah thinks within oneself. It is an object that becomes a subject, capable of expressing itself in one’s own thoughts ''and actions''".<ref>Adin Steinsaltz, ''The Long Shorter Way: Discourses on Chasidic Thought'', trad. Yehuda Hanegbi (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1988), 28; mio corsivo.</ref> Dal punto di vista dell'ebraismo, la Torah che rende ebreo un ebreo non è un datum morto né un pittoresco e curioso volume di sapere dimenticato; no, è il respiro della vita che si trae dall'agire secondo i suoi comandamenti rivelati, santificando così Dio, il mondo e l'umanità. Proprio come il nome Israele è un verbo, così anche l'ebreo è un verbo.
Questa visione del rapporto tra la Torah e ciò che rende ebrei gli ebrei è al centro della tensione tra Atene e Gerusalemme, anche prima della rivolta dei Maccabei contro i Greci, dal 167 al 160 AEV. "In order to understand ourselves and to illuminate our trackless way into the future", scrive [[w:Leo Strauss|Leo Strauss]] (1899-1973), "we must understand Jerusalem and Athens".<ref>Leo Strauss, ''Studies in Platonic Political Philosophy'' (Chicago: University of Chicago Press, 1985), 147.</ref> Mentre Atene, spiega, significa "free inquiry", Gerusalemme denota "obedient love".<ref>Leo Strauss, ''The Rebirth of Classical Political Rationalism: An Introduction to the Thought of Leo Strauss, selected by Thomas L. Pangle'' (Chicago: University of Chicago Press, 1989), 72.</ref> Se la differenza tra Atene e Gerusalemme risiede nella libera ricerca contrapposta all'amore obbediente, risiede nell'autolegislazione autonoma contrapposta al comandamento divino. E se è così, allora scopriamo un percorso che conduce da Atene ad Auschwitz, dove nessuno era più autonomo o più autolegislatore dei nazisti e nessuna verità subì un attacco più radicale della verità del comandamento divinamente rivelato, a cominciare dall'assoluto divieto divino di omicidio. Ciò che è iniziato con l'escludere Dio dalla realtà si è concluso con lo spingere gli ebrei nelle camere a gas. La filosofia volge l'orecchio ad Auschwitz e non sente altro che [[wikt:sound and fury|un suono e una furia]] che non significano nulla. Ed è paralizzata.
In contrasto con questa paralisi, abbiamo la risposta degli Israeliti quando Mosè presentò loro la Torah: "Tutto ciò che il Signore ha detto, noi lo faremo ed eseguiremo" ({{passo biblico2|Esodo|24:7}}). Questa è esattamente la risposta alla Voce Imponente di Auschwitz che ora deve essere data, come ha sostenuto Fackenheim.<ref>Cfr. Emil L. Fackenheim, ''The Jewish Return into History: Reflections in the Age of Auschwitz and a New Jerusalem'' (New York: Schocken Books, 1978), 19ff.</ref> Il che significa: a differenza di un pensatore che sostiene che dopo Auschwitz gli ebrei debbano rifiutare le nozioni di alleanza e di elezione,<ref>Cfr. per esempio, Richard L. Rubenstein, ''After Auschwitz: History, Theology, and Contemporary Judaism'', 2ad ed. (Baltimore, MD: The Johns Hopkins University Press, 1992), 173.</ref> Fackenheim insiste sul fatto che dopo Auschwitz un ebreo è eletto più profondamente che mai. E afferma: "Judaism survives through Jews, and Jews, however indirectly, survive through Judaism".<ref>Emil L. Fackenheim, "The Rebirth of the Holy Remnant", lezione presentata al Yad Vashem, 17 giugno 1993, manoscritto inedito.</ref> Ciò che sopravvive in entrambi è una testimonianza della sacralità dell'essere umano che i nazisti si proponevano di cancellare. La via verso la verità, ieri come oggi, risiede, ancora una volta, nell'agire per amore, in risposta alla parola rivelata della Torah, perché solo dando vita alla parola attraverso le nostre azioni possiamo sperare di ascoltarla e comprenderla. Questo, in parte, è ciò che rende gli ebrei ebrei.
Insistendo sul fatto che la via verso la verità risieda nella "libera ricerca" dell'alta corte della ragione, la filosofia speculativa della tradizione ellenistica avrebbe prima dedotto la strada giusta e poi compiuto il primo passo. Sicurezza e protezione, assicurazione e rassicurazione sono di fondamentale importanza, come vediamo quando Adamo rispose al grido di Dio "Dove sei?" dicendo: "Ho avuto paura" ({{passo biblico2|Genesi|3:9-10}}). La filosofia avrebbe prima ascoltato e poi agito, come [[w:Talete|Talete di Mileto]] (ca. 624-548 AEV), che una notte cadde in una fossa mentre camminava e guardava il cielo; non appena ne uscì, giurò che da quel momento in poi avrebbe avuto la certezza della terra ferma sotto i suoi piedi prima di muovere un passo.<ref>Cfr. Platone, ''[[w:Teeteto|Teeteto]]'', ''ad hoc''.</ref> Determinato a essere sicuro di quella terra ferma, tuttavia, perse la visione del cielo, della dimensione dell'altezza, senza la quale non c'è significato. A dire il vero, il significato promesso dalla terra ferma della ragione sillogistica è, in definitiva, un inganno. Nelle parole di Strauss, "by saying that we wish to hear first and then to act, we have already decided in favor of Athens against Jerusalem".<ref>Strauss, ''Studies in Platonic Political Philosophy'', 150.</ref> La differenza sta proprio nell'oggetto della [[w:Rivolta maccabea|rivolta dei Maccabei]] contro i Greci. Con l'istituzione nel 163 AEV dell'ultimo stato ebraico prima del 1948, i Maccabei decisero a favore di Gerusalemme contro Atene.
Decidere a favore di Gerusalemme rispetto ad Atene significa decidere a favore della Torah, della preghiera e degli atti di amorevole gentilezza (cfr. ''Pirke Avot'' 1:2) rispetto all'autorità e al potere della ragione, della volontà e della determinazione – atti di amorevole gentilezza soprattutto, che richiedono una certa rinuncia all'autorità e al potere. Questa decisione è ciò che rende gli ebrei ebrei. Il maestro chassidico [[w:Nachman di Breslov|Nachman di Breslov]] (1772-1810) insegnò che gli atti di amorevole gentilezza sono essenziali per qualsiasi comprensione che il pensiero possa raggiungere, poiché senza gentilezza non c'è saggezza, non c'è umanità.<ref>Cfr. Louis I. Newman, ed., ''The Hasidic Anthology'' (New York: Schocken Books, 1963), 257.</ref> Questo punto essenziale è illustrato nella storia di come uno dei più grandi saggi talmudici, [[w:Rabbi Akiva|Rabbi Akiva]], ottenne la sua dottrina. Un giorno il profeta Elia apparve alla porta di Akiva, afflitto dalla povertà, e della sua novella sposa Rachele, in uno dei suoi travestimenti preferiti: quello di mendicante. Spiegò che aveva un disperato bisogno di un po' di paglia su cui sua moglie potesse sdraiarsi, poiché stava per partorire. Akiva gli diede la paglia che aveva chiesto e disse a Rachele: "Vedi? Alcune persone sono più povere di noi". Avendo assistito alla compassione del marito per i bisognosi, la giovane Rachele riconobbe la sua saggezza, sebbene Akiva fosse un povero pastore che non sapeva né leggere né scrivere. E così ebbe la saggezza di mandarlo a studiare con Rabbi [[w:Eliezer ben Hurcanus|Eliezer ben Hyrkanos]] e [[w:Joshua ben Hananiah|Rabbi Yeoshua]]. Quando tornò a casa dodici anni dopo, espresse il desiderio che tornasse a studiare per altri dodici anni. Quando tornò a casa da sua moglie, dopo il secondo periodo di apprendimento, aveva con sé {{FORMATNUM:24000}} discepoli (''Nedarim'' 50a).
Anche qui, nella visione della gentilezza come espressione di saggezza, scopriamo che l'ebraismo che determina chi è ebreo non è tanto un sistema di credenze quanto un modo di vivere derivato da un modo di pensare, un punto profondamente compreso da [[Franz Rosenzweig]]. Nella sua opera più importante, ''[[w:La stella della redenzione|La Stella della Redenzione]]'' (1919), egli contrappone la vita concreta dell'ebraismo al ragionamento astratto della [[w:idealismo|filosofia idealista]]. In contrasto con il discorso di causalità, razionalità e moralità, Rosenzweig identifica le categorie chiave dell'ebraismo come creazione, rivelazione e redenzione. Partendo dalla nozione ebraica di Dio come colui che è altro dall'essere, scrive: "Revelation is at all times new only because it is primordially old. It makes the primeval creation over into an ever newly created present... The divine word... is revelation only because it is at the same time the word of creation".<ref>Rosenzweig, ''The Star of Redemption'', 111.</ref> Questa intuizione è centrale nel pensiero proprio dell'ebraismo: la parola della rivelazione è parola della creazione proprio perché ciascuna è un movimento verso una relazione che apre la strada alla redenzione.
=== La centralità della relazione nell'ebraismo ===
{{Vedi anche|La Coscienza di Levinas}}
Tra i molti pensatori ebrei profondamente influenzati da Rosenzweig, [[Emmanuel Levinas]] è il più importante. Considerando la relazione che definisce l'ebraismo in termini di etica, Levinas interpreta Dio come Colui che ci rivela una certa "connessione" con Lui, una ''tzavta'', e ''tzavta'' è la radice di ''[[w:mitzvah|mitzvah]]'' {{lang|he|מצווה}}, la parola che significa "comandamento". La rivelazione è la rivelazione di una connessione con il Creatore attraverso il comandamento; è la rivelazione della responsabilità di cui solo io posso rispondere. "Gli attributi di Dio", sottolinea Levinas, "non sono dati all'indicativo, ma all'imperativo. La conoscenza di Dio ci giunge come un comandamento, come una ''mitzvah''. Conoscere Dio significa sapere ciò che si deve fare".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 17.</ref> Anche quando Dio ci pone una domanda, come fece con Adamo ({{passo biblico2|Genesi|3:9}}) e Caino ({{passo biblico2|Genesi|4:9-10}}), parla all'imperativo. Tale conoscenza non può essere dedotta: ci giunge solo quando ci viene comandato, solo quando siamo chiamati a rispondere: "''Hineni'' – Eccomi per te", a e per un altro. Levinas vede l'etica al centro dell'ebraismo e della vita ebraica come un'"etica dell'eteronomia che non è una servitù, ma il servizio di Dio attraverso la responsabilità per il prossimo, in cui sono insostituibile".<ref>Emmanuel Levinas, ''Outside the Subject'', trad. Michael B. Smith (Stanford, CA: Stanford University Press, 1994), 35.</ref> Egli sostiene che l'etica caratteristica dell'ebraismo non è un momento nell'essere o concepita dal pensiero speculativo.<ref>Emmanuel Levinas, ''Of God Who Comes to Mind'', trad. Bettina Bergo (Stanford, CA: Stanford University Press, 1998), 56.</ref> Piuttosto, è diversa o migliore dell'essere: è il dover divino che entra nell'essere come un comandamento da oltre l'essere (rivelazione), prima dell'essere (creazione).<ref>Cfr. Levinas, ''Ethics and Infinity'', 109.</ref>
Similmente, Dio e l'umanità non condividono un'essenza; piuttosto, ciascuno è al di là dell'essenza, poiché ciascuno è ''insostituibile''. In una parola, Dio Creatore e colui che è stato creato a Sua immagine e somiglianza sono ''santi''. In quanto essere etico, quindi, l'essere umano è una "frattura dell'essere", manifestata nel movimento divinamente comandato verso l'altro essere umano, un movimento verso una relazione, per il bene dell'altro essere umano. Poiché la rivelazione della ''mitzvah'' da parte della Torah è l'affermazione di una relazione, la ''mitzvah'', dice Levinas, "non è un formalismo morale", ma è piuttosto "la ''presenza'' viva dell'amore",<ref>Levinas, ''Outside the Subject'', 57.</ref> che si manifesta proprio nel comandamento di amare. Dio non è amore, dice Levinas; piuttosto, Dio è il ''comandamento'' di amare,<ref>Cfr. Emmanuel Levinas, “The Paradox of Morality,” in Robert Bernasconi e David Wood, eds., ''The Provocation of Levinas: Rethinking the Other'' (London: Routledge and Kegan Paul, 1988), 176–177.</ref> di "amare il prossimo tuo", ''veahavta lereakha'' (Levitico 19:18), e di "amare lo straniero", ''veahavta lo [hager] kamokha'', "come te stesso" (Levitico 19:34). Secondo il [[w:Ba'al Shem Tov|Baal Shem Tov]] (1698-1760), fondatore del [[w:chassidismo|chassidismo]], questo comandamento di amare l'altro, prossimo o straniero che sia, è il fondamento dell'ebraismo e dell'intera Torah (''Toledot Yaakov Yosef, Korach'' 2). Questo amore per l'altro è ciò che rende gli ebrei ebrei. Se esaminiamo la parola ebraica ''kamokha'', "come te stesso", così come ''le-'' in ''lereakha'', "il tuo prossimo", una traduzione migliore sarebbe: "Mostrerai amore ''verso'' il tuo prossimo, perché quella relazione d'amore è ciò che sei", come suggeriva il Baal Shem (''Toledot Yaakov Yosef, Veetchanan'' 5). Il comandamento di amare il prossimo è seguito dalla frase "Io sono HaShem", a indicare che la relazione umana e la relazione superiore sono un tutt'uno.
Mentre il pensiero speculativo deriva il concetto di Dio da un principio morale,<ref>Cfr. per esempio, Immanuel Kant, ''Religion Within the Limits of Reason Alone'', trad. Theodore M. Greene e Hoyt H. Hudson (New York: HarperOne, 1960), 171.</ref> l'ebraismo vede Dio non come un concetto, un principio o una causa, ma come la Voce vivente del comandamento etico, che si manifesta nel comandamento.<ref>Cfr. per esempio, Emmanuel Levinas, ''Collected Philosophical Papers'', trad. Alphonso Lingis (Dordrecht: Martinus Nijhoff, 1987), 59.</ref> Rabbi [[:en:w:Kalonymus Kalman Shapira|Kalonymos Kalmish Shapira]] (1889–1943 nella [[Shoah]]), il Rebbe del [[w:Ghetto di Varsavia|Ghetto di Varsavia]], chiarisce il collegamento tra il Santo e la ''mitzvah'' che Egli comanda. Secondo i mistici, la parola ''mitzvah'' (''mem-tzadi-vav-hey'' {{lang|he|מצווה}}) contiene il Santo Nome di quattro lettere (''yud-heh-vav-hey''), cosicché il Santo è nella ''mitzvah''. Mentre le ultime due lettere del Nome, ''vav-hey'', sono evidenti nelle ultime due lettere della ''mitzvah'', le prime due sono nascoste nelle lettere ''mem-tzadi'' della ''mitzvah''. Trasformate secondo il metodo interpretativo di ''[[:en:w:Atbash|At-bash]]'' {{lang|he|אתבש}}, ''mem'' e ''tzadi'' diventano ''yud'' e ''heh'', le prime due lettere del Nome. I comandamenti della Torah formano un portale attraverso il quale il Santo Nome entra nel mondo: Dio è presente concretamente nel comandamento.<ref>Kalonymos Kalmish Shapira, ''Sacred Fire: Torah from the Years of Fury 1939–1942'', trad. J. Hershy Worch, ed. Deborah Miller (Northvale, NJ: Jason Aronson, 2000), 61; la trasformazione ''[[w:Atbash|At-bash]]'' è un mezzo di interpretazione, mediante il quale la prima lettera dell'alfabeto viene scambiata con l'ultima lettera, la seconda lettera dell'alfabeto con la penultima lettera e così via.</ref>
Mentre il pensiero speculativo enfatizza l'autonomia del sé, il comandamento dell'amore, fondante dell'ebraismo, si concentra sulla responsabilità eteronoma del sé nei confronti dell'altro. Mentre il pensiero speculativo è interessato alla libertà autonoma del sé, la Torah insiste sulla ricerca della giustizia: ''Tzedek, tzedek tirdof'', "Giustizia, giustizia perseguirai" ({{passo biblico2|Deuteronomio|16:20}}). La parola ebraica ''tzedek'' o "giustizia" significa anche "rettitudine" ed è la radice della parola per "carità", ''tzedakah'', sottolineando ancora una volta l'accento della Torah su una relazione di carne e sangue, e non sul concetto astratto. "Il senso dell'essere, il senso della creazione", afferma Levinas, "è realizzare la Torah"<ref>Emmanuel Levinas, ''Nine Talmudic Readings'', trad. Annette Aronowicz (Bloomington: Indiana University Press, 1990), 41.</ref> attraverso un atto concreto di [[:en:w:Chesed|amorevole gentilezza]] verso il nostro prossimo. In effetti, questa realizzazione della Torah è il senso dell'ebraismo e di ciò che rende gli ebrei ebrei.
La realizzazione della Torah non avviene nella mente e nemmeno nel cuore, ma ''tra'' due esseri umani, in una parola gentile o in un semplice saluto rivolto dall'uno all'altro. Così il saggio talmudico [[:en:w:Helbo|Rabbi Chelbo]] insegnò, in nome di [[:en:w:Rav Huna|Rabbi Huna]], che ogni volta che si incontra un'altra persona, si dovrebbe essere il primo a porgere un saluto (''Berakhot'' 6b). Allo stesso modo, Levinas considera il benvenuto o il saluto offerto all'altra persona il fondamento dell'ebraismo.<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 173.</ref> Poiché salutare l'altra persona è un dovere per ''me'', non condivido alcuna uguaglianza con l'altro essere umano; anzi, lui o lei viene sempre per primo, un concetto profondo che trova espressione in qualcosa di così banale come dire a un altro: "Dopo di te". Poiché l'altra persona è ''superiore'' a me, ho una responsabilità in ''più'' rispetto all'altra, ovvero la responsabilità di morire piuttosto che infliggere la morte all'altro, come insegnato nel Talmud (''Pesachim'' 25a–25b). "Il timore di Dio", afferma Levinas, "è concretamente il mio timore per il prossimo",<ref>Levinas, ''Outside the Subject'', 47.</ref> così che la morte che mi riguarda/preoccupa non è la mia morte, ma la morte del mio prossimo. E devo testimoniare questa preoccupazione anche a costo della mia vita. Per l'ebraismo che rende gli ebrei ebrei, la relazione è tutto. Nel mezzo della relazione tra esseri umani si trova lo spazio intermedio da cui l'anima (''neshamah'') trae il suo respiro (''neshimah''): l'anima non vive dentro di noi, ma ''tra'' di noi. Pertanto, nel ''Midrash'', Menachem bar Rabbi Yose insegna che tra i Dieci Detti che danno vita al cielo e alla terra ci sono le parole di {{passo biblico2|Genesi|2:18}}: "Non è bene che l'uomo sia solo" (''Bereshit Rabbah'' 17:1), perché tutta la creazione si fonda sulla ''relazione''.
Questo insegnamento è la chiave per la comprensione della Torah, fondamento dell'ebraismo. È l'insegnamento che rende ebrei gli ebrei. È l'insegnamento con cui inizia la Torah: ''Bereshit bara Elokim et hashamayim v’et haaretz'', "In principio Dio creò i cieli e la terra" ({{passo biblico2|Genesi|1:1}}).
=== "In principio...": l’essenza dell’ebraismo ===
''Bereshit'', "in principio", non si riferisce al primo di una sequenza di cose, ma piuttosto alla cosa più importante, ovvero che Dio ha ''creato'': ''Bereshit bara Elokim...'' Ciò che precede l'inizio, tuttavia, è sigillato dal muro che forma il lato destro della lettera ''beit''. Nel margine della creazione – nello spazio vuoto prima della ''beit'' – c'è solo il silenzio divino pre-originario che "precede" la creazione. Eppure è un silenzio che non è lasciato al margine. Piuttosto, come la creazione stessa, questo silenzio è continuo. Il maestro chassidico [[:en:w:Levi Yitzchok of Berditchev|Levi Yitzchak di Berditchev]] (1740-1809) insegnò che quando Dio diede la Torah, Egli diede non solo le parole, ma anche il silenzio tra le parole.<ref>[[Elie Wiesel]], ''Against Silence: The Voice and Vision of Elie Wiesel'', vol. 2, ed. Irving Abrahamson (New York: Holocaust Library, 1985), 82.</ref> Esso dimora nell’''alef'', nella lettera silenziosa che, secondo il Baal Shem, è nascosta in ogni parola della lingua sacra (''Keter Shem Tov'' 45). Il silenzio che è l’''alef'' è il Santo nella lingua santa: secondo i saggi, l’''alef'' è composta da uno ''yud'' sopra, uno ''yud'' sotto e un ''vav'' che li collega.<ref>Cfr. per esempio, Nechunia ben Hakanah, ''Sefer HaTemunah'' (Jerusalem: Nezer Sharga, 1998), 2.</ref> Il valore numerico di ''yud'' (10) più ''vav'' (6) più ''yud'' (10) è ventisei, che è il valore del ''[[w:Tetragramma biblico|Tetragrammaton]]'', il Nome di Dio di quattro lettere.
Avvenendo attraverso una parola divina, la creazione è un movimento verso una relazione: la parola è pronunciata da ''qualcuno'', da una ''persona'', non da un principio. Il movimento verso una relazione è indicato dalla parola ''bara'', che significa "creato". Infatti, bara, come osservò [[Nahmanide]] (1194–1270), è un termine affine a ''brit'', che significa "alleanza".<ref>Cfr. Nachmanides, ''Commentary on the Torah'', vol. 1, trad. Charles B. Chavel (New York: Shilo, 1971), 112.</ref> In questo versetto, inoltre, la parola per "Dio" è ''Elokim''. Lo ''[[Zohar]]'' spiega:
{{citazione|Quando il Misteriosissimo desiderò rivelarSi, Egli produsse dapprima un singolo punto che fu trasmutato in un pensiero, e in questo Egli eseguì innumerevoli disegni e incise innumerevoli incisioni. Inoltre, incise con la sacra e mistica lampada un disegno mistico e santissimo, che era un meraviglioso edificio che emergeva dal centro del pensiero. Questo è chiamato ''Mi'', o "Chi", e fu l'inizio dell'edificio, esistente e non-esistente, profondamente sepolto, inconoscibile per nome. Fu chiamato solo ''Mi''. Desiderava manifestarsi ed essere chiamato per nome. Pertanto si rivestì di una veste fulgida e preziosa e creò ''Eleh'', o "Questi", ed ''Eleh'' acquisì un nome. Le lettere delle due parole si mescolarono, formando il nome completo ''E-l-o-k-i-m''.|''[[Zohar]]'' I 2a}}
Sebbene l'insegnamento secondo cui ''Dio creò'' sia un Primo Principio della Torah e dell'ebraismo, Dio non è né un Primo Principio né una Causa Prima: Dio è un ''Chi'', e non un ''Cosa''. Non è possibile stipulare un'alleanza con un principio o una causa. Nessuno ha mai gridato "Padre!" al Primo Principio, né Abramo è mai entrato in una disputa sui giusti di Sodoma e Gomorra per cercare di muovere il Motore Immobile (cfr. {{passo biblico2|Genesi|18:16-33}}). La frase orante "chi è come Te", pronunciata da Mosè mentre attraversava il mare ({{passo biblico2|Esodo|15:11}}), non è solo una domanda retorica ― è un'affermazione: proprio il ''Chi'' è ciò che assomiglia a Dio. Dal punto di vista dell'ebraismo che rende ebrei gli ebrei, quindi, la presenza stessa di un ''Chi'' nel mezzo dell'essere è una trascendenza dell'essere.
Poiché la creazione implica un movimento verso una relazione di alleanza, l'ebraismo non si preoccupa di ''ciò che ha causato'' il mondo, ma di ''chi lo ha creato'', dall'al di là dell'essere, e di come dobbiamo considerare la nostra relazione con il Creatore. Considerando Dio una presenza viva e autorevole con cui l'essere umano entra in relazione, il pensiero ebraico che appartiene all'ebraismo è relazionale, come evidenziato, ad esempio, nel "pensiero parlante" di Rosenzweig. Rosenzweig asserisce: "''Speaking thinking'' is oriented toward the need of an other and, what is the same thing, in the taking of time seriously".<ref>[[Franz Rosenzweig]], ''Franz Rosenzweig’s “The New Thinking”'', trad. e ed. Alan Udoff & Barbara E. Galli (Syracuse, NY: Syracuse University Press, 1999), 87.</ref> Prendere sul serio il significato significa prendere sul serio il tempo: il significato risiede in ciò che deve ''ancora essere'' compiuto. Nelle parole di [[Abraham Joshua Heschel]] (1901-1972), "Time is the presence of God in the world of space".<ref>[[Abraham Joshua Heschel]], ''The Sabbath: Its Meaning for Modern Man'' (New York: Farrar, Straus and Giroux, 1981), 100.</ref> La determinazione di chi siamo, come ebrei e come esseri umani, non si dispiega entro i confini dell'ego, ma in una liberazione dall'ego; la verità non sta nel cartesiano "Penso, dunque sono",<ref>René Descartes, ''Meditations on First Philosophy'', 3a ed., trad. Donald A. Cress (Indianapolis, IN: Hackett, 1993), 19–20.</ref> ma piuttosto in "Dio pensa, dunque sono". Vale a dire: "Sono convocato per amore di un altro, dunque sono".
Il Primo Principio dei filosofi è totalmente indifferente all'essere umano e quindi totalmente estraneo all'ebraismo. Inteso come perfezione, un tale dio non ha bisogno di nulla: come afferma Aristotele (384-322 AEV), non ama né ha bisogno di amore (si veda, ad esempio, l’''[[w:Etica Eudemia|Etica Eudemia]]'' di Aristotele, VII, 1244b). Né chiede ciò che Dio chiede ad Adamo e a ciascuno di noi in ogni istante: "Dove sei?". La domanda del Santo non è "Cosa pensi?" o "Come ti senti?", ma "Dove sei rispetto al tuo prossimo e a Me?". Ecco perché "non è bene che l'uomo sia solo" ({{passo biblico2|Genesi|2:18}}). Nell'ebraismo, siamo ciò che siamo nel mezzo di una relazione, non nei recessi dell'ego pensante. L’ebraismo si fonda su questo spazio intermedio di relazione concreta, cosicché l’essere umano è isolato – da oltre sé stesso, nonostante sé stesso – come lo fu Adamo.
Questa condizione di essere già individuata fin dal tempo immemorabile di Adamo, una condizione che conferisce già significato a qualsiasi contesto dato prima di ogni contesto, emerge con l'apparizione del Tu. Quindi, analizzando più approfonditamente il verso iniziale della [[Torah]], ricordiamo un altro insegnamento dello ''[[Zohar]]''. Invece di leggere ''Bereshit bara Elokim et ha-...'' come "In principio Dio creò il...", lo ''Zohar'' lo legge come "In principio Dio creò ''alef, tav, hey'' di ''atah'': Tu". Dice lo ''Zohar'': "La parola ''et'' è composta dalle lettere ''alef'' e ''tav'', che includono tra loro tutte le lettere, essendo la prima e l'ultima dell'alfabeto. In seguito fu aggiunto ''hey'', in modo che tutte le lettere fossero collegate a ''hey'', e questo diede il nome ''atah'' (Tu)" (''[[Zohar]]'' I 15b). Solo un ''chi'' – solo chi porta un nome e non un'essenza – può dire ''tu'' ed essere chiamato ''tu''. Se, come sostiene [[w:Martin Buber|Martin Buber]] (1878–1965), la parola ''Tu'' può essere detta solo con tutto l’essere,<ref>Martin Buber, ''I and Thou'', trad. Walter Kaufmann (New York: Charles Scribner’s Sons, 1970), 54.</ref> parlare con tutto l’essere, corpo e anima, significa dire Tu.
"In principio", scrive [[Elie Wiesel]] (1928-2016), "l'uomo è solo. Solo come Dio è solo. Aprendo gli occhi non chiede: Chi sono io? Chiede: Chi sei tu?".<ref>Elie Wiesel, ''Messengers of God: Biblical Portraits and Legends'', trad. Marion Wiesel (New York: Random House, 1976), 1.</ref> Tuttavia, nel suo romanzo ''[[:en:w:The Oath (Wiesel novel)|The Oath]]'' leggiamo: "When he opened his eyes, Adam did not ask God: Who are ''you''? He asked: Who am ''I''?".<ref>[[Elie Wiesel]], ''The Oath'' (New York: Avon, 1973), 19.</ref> Una contraddizione? No. Per l'anima che prende vita nel mezzo di una relazione, non c'è un Io senza il Tu. Nelle parole di Buber, "When one says You, the I of the word pair I–You is said, too".<ref>Buber, ''I and Thou'', 54.</ref> Proprio come questo è vero per l'essere umano, così è vero per il Creatore: quando Egli dice Tu, Si rivela come Io, come ''Anokhi'', che è la prima parola della rivelazione pronunciata sul Monte Sinai ({{passo biblico2|Esodo|20:2}}), la parola che, secondo l'ebraismo, corrisponde a "In principio" (cfr. ''Mekilta de-Rabbi Ismael, Bachodesh'' 8; ''Pesikta Rabbati'' 21:19; ''Zohar'' I 90a). La parola "Io" pronunciata da Dio al momento della Rivelazione significa la Sua pronuncia del Tu al momento della Creazione.
Nell'atto della creazione, quindi, il Creatore si rivela non come una potenza autoritaria, ma come Colui che dice "Tu" con cura, sollecitudine e gentilezza in un "diminuire" o ''tzimtzum'' di Sé stesso. Da oltre l'essere, Egli convoca il cielo e la terra all'esistenza e ci grida: "Dove sei ''tu''?". In quel grido, Egli Si rivela come una Presenza autorevole che anela a una relazione con noi: "Dove sei tu?" è ''Ayekah?!'', e la sua radice ''eikhah'' significa "Come?!", come in un grido di lamento, un grido di chi è stato ferito dalla caduta da una relazione: come hai potuto minare il significato stesso della tua vita infinitamente preziosa? Rivelando il Suo desiderio per la relazione che conferisce significato alla Sua creazione, Dio rivela un aspetto intimo di Se Stesso; ponendoci una domanda, Egli suscita in noi una risposta e annuncia la nostra responsabilità.
Il ''Midrash'' insegna che Dio crea i cieli, ''et hashamayim'', prima di creare la terra, per elevare una dimensione di altezza da cui tutto ciò che è al di sotto riceve il suo significato (''Tanchuma Bereshit'' 1). "L'altezza ordina l'essere", scrive Levinas:
{{citazione|Height introduces a sense into being. It is already lived across the experience of the human body. It leads human societies to raise up altars. It is not because men, through their bodies, have an experience of the vertical that the human is placed under the sign of height; because being is ordained to height the human body is placed in a space in which the high and the low are distinguished and the sky is discovered.|Levinas, ''Collected Philosophical Papers'', 100}}
Da qui lo stupore umano per il cielo. Quando Heschel dichiara: "I asked for wonder", dichiara la sua meraviglia per il cielo.<ref>[[Abraham Joshua Heschel]], ''I Asked for Wonder'' (New York: Crossroad, 1983).</ref> E così nei Salmi leggiamo: "La tua potenza è nei cieli" ({{passo biblico2|Salmi|19}}). Al tempo dell'Olocausto, tuttavia, mentre il Regno della Notte discendeva per inghiottire la Luce dell'eterno, così le nubi di fumo dei crematori si levarono per cancellare i cieli. Ma ne parleremo più avanti.
Dove, secondo l'ebraismo che rende ebrei gli ebrei, incontriamo questa dimensione di altezza? Non nell'isolamento delle nostre speculazioni astratte o dei nostri sentimenti spirituali, per quanto elevati possano essere, ma nell'incontro concreto con ''questo essere umano''. In tale incontro siamo scossi dal sonno del nostro compiacimento. Rendendomi conto che non deduco ciò che è necessario, che non determino se sono chiamato, e che ''chi sono'' risiede nella mia capacità di rispondere: "Eccomi, per te", realizzo chi sono, come ebreo e come essere umano. Ciò che rende ebrei gli ebrei risiede nell'eteronomia di questo turbamento causato dalla presenza concreta dell'altro essere umano, e non, come sosteneva [[w:Immanuel Kant|Immanuel Kant]] (1724-1804), nella propria autonoma autolegislazione.<ref>Cfr. Immanuel Kant, ''Grounding for the Metaphysics of Morals'', trad. James W. Ellington, 3rd ed. (Indianapolis, IN: Hackett, 1993), 52.</ref> Dio Si rivela attraverso il turbamento del testimone, come ha detto Levinas,<ref>Levinas, ''Ethics and Infinity'', 109.</ref> perché Dio stesso è turbato, a tal punto da gridare: ''"Ayekah!?"''
[[w:Pesach|Pesach]], la liberazione dall'Egitto, è un momento decisivo in ciò che definisce gli ebrei come tali; è chiamata ''zman cheruteinu'', la "stagione della nostra liberazione". La liberazione, tuttavia, non risiede nella fuga dall'Egitto, ma nella Rivelazione al Sinai, nelle tavole della [[Torah]]. E così, quando leggiamo che i comandamenti furono "incisi", ''charut'', il Talmud ci insegna a leggerlo non come ''charut'' ma come ''cherut'', come "libertà" (''Eruvin'' 54a): essere liberi significa essere comandati, inviati in missione, con un senso di scopo e significato. Nessuno è più schiavo di chi cade nella morsa dell'assenza di scopo e di significato che è la disperazione. La mia liberazione da questa disperazione non consiste nel fare ciò che io voglio fare, ma nella realizzazione di ciò che io ''devo'' fare, di ciò che mi viene ''comandato'' di fare, non da dentro di me ma mio malgrado, in un'abrogazione dell'ego, come dice Levinas: "All my inwardness is invested in the form of a despite-me, for-another... It is the very fact of finding oneselfwhile losing oneself".<ref>Emmanuel Levinas, ''Otherwise Than Being or Beyond Essence'', trad. Alphonso Lingis (The Hague: Nijhoff, 1981), 11.</ref> Proprio l'illusione chiamata ''il sé'' è il covo della disperazione che si nutre del sé. Così il Talmud insegna che è meglio agire perché siamo comandati dall'alto piuttosto che agire di nostra spontanea volontà (''Avodah Zarah'' 3a). Inteso nei termini di una relazione primordiale con Colui che comanda, il sé non è mai uguale a se stesso. Nella transizione dal pensiero alla parola all'azione – una transizione che è una caratteristica distintiva dell'ebraismo – c'è sempre qualcosa ''di più'' che l'essere umano deve diventare ma non ''è'' mai.
Comprendiamo più profondamente cosa significhi dire che l'essere umano è una breccia nell'essere. Questo è ciò che significa avere un nome, e non un'essenza: significa essere chiamati ''per nome'' a essere ''di più''. Così abbiamo il comandamento di amare il Santo con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima e con tutto il nostro "di più", ''bekol meodekha'' ({{passo biblico2|Deuteronomio|6:5}}). Il ''più'' qui è più di ciò che siamo: è ciò che ''non siamo ancora''. È più di tutto ciò che esiste, più dell'essere, ciò che Levinas chiama "altrimenti che essere (otherwise than being)". È ''kadosh'', "santo", così che ci viene comandato di essere santi ({{passo biblico2|Levitico|11:44}}). Questo ''di più'' è ciò che rende gli ebrei ebrei. Significa una condizione di essere scelti per fare di più, essere di più, come una luce per le nazioni ({{passo biblico2|Isaia|49:6}}), non eletti ma ''incaricati, assegnati''. Trabocca dalle pareti del Tempio, le cui finestre furono progettate non per far entrare la luce ma per farla uscire (''Midrash Tanchuma Tetzaveh'' 6). Come il Tempio, quindi, il popolo ebraico simboleggia la presenza del Santo nel mondo; è la ''Knesset Yisrael'', la "Comunità di Israele", che lo ''[[Zohar]]'' equipara alla [[w:Shekhinah|Shekhinah]] o Presenza Divina (''Zohar'' II 93a). Questo è ciò che rende gli ebrei ebrei.
=== Il collegamento post-Olocausto con la questione ===
La domanda che guida questa riflessione – cosa rende gli ebrei ebrei? – ha i suoi contesti moderni. È una domanda post-Olocausto. Si tratta di una domanda sulle origini dell'Olocausto e su cosa definisca l'antisemitismo che ha trovato la sua espressione più estrema nell'Olocausto. Il mio caro amico e mentore, Rabbi [[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]] {{lang|he|ז״ל}} (1948-2020) offre un'importante intuizione:
{{citazione|Kant called for its [Judaism’s] euthanasia. Hegel took Judaism as his model of a slave morality. Nietzsche fulminated against it as the “falsification” of all natural values. In the twentieth century, Sartre could see no content to Jewish existence other than the defiance of anti-Semitism. Martin Heidegger, the greatest German philosopher of his time, became an active Nazi. Modern Western philosophy, promising a new era of tolerance, manifestly failed to extend that tolerance to Judaism and the Jews. Against this background, the transition from Enlightenment to Holocaust is less paradoxical than it might otherwise seem.|[[:en:w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]], ''Crisis and Covenant: Jewish Thought after the Holocaust'' (Manchester, UK: Manchester University Press, 1992), 268–269}}
Fin dall'Illuminismo, come ha sottolineato Fackenheim, "the denial of the living God was an essential aspect of man’s scientific and moral self-emancipation. If man was to be fully free in his world, God had to be expelled from it... The living God had to become a mere ‘Deity,’ a ‘Cosmic Principle’ – remote, indifferent, and mute"<ref>Emil L. Fackenheim, "Jewish Existence and the Living God: The Religious Duty of Survival", in Arthur A. Cohen, ed., ''Arguments and Doctrines: A Reader of Jewish Thinking in the Aftermath of the Holocaust'' (New York: Harper & Row, 1970), 260.</ref> – ancora una volta, un ''Cosa'', e non un ''Chi''. E aggiunge: "The moment the living God became questionable, Jewish existence became questionable".<ref>''Ibid.'', 261.</ref> Inizia così il processo di eliminazione di tutto ciò che rende gli ebrei ebrei. E l'eliminazione di ciò che rende gli ebrei ebrei apre la porta allo sterminio degli ebrei.
Poiché il pensiero speculativo fondato sulla ragione non può pensare in termini di più di tutto ciò che esiste, non può pensare in termini di sacro ma, al massimo, solo di bene – non un bene assoluto, morale, comandato, bensì un bene ontologico, una buona condizione determinata dalla volontà dell'ego autonomo. Nell'ebraismo la categoria del "santo", del ''kadosh'', è la categoria di ciò che è diverso da qualsiasi altra cosa: ''ain kamokha'', come è scritto nei Salmi, "non c'è nulla come Te" ({{passo biblico|Salmi|86:8}}). Significando "separato" o "distinto" da tutte le altre cose, ''kadosh'' non si riferisce a una cosa speciale tra le tante nel panorama ontologico. Piuttosto, designa ciò che si trova al di fuori di tutte le categorie ontologiche e quindi ciò che conferisce significato all'essere. L'essere non può essere il fondamento del proprio significato più di quanto un uomo possa sollevarsi prendendosi per i capelli. Se il significato dell'essere è realizzare la [[Torah]], il significato dell'essere è portare la santità in questo reame: per l'ebraismo, il significato dell'essere è portare significato all'essere da ciò che è diverso dall'essere. Altrimenti, l'essere non può avere alcun significato. Per l'ebraismo, il ''Santo'', che in un inizio antecedente a tutti gli inizi creò i cieli e la terra, non è l'"Essere Supremo". Non è il "Bene", la "Perfezione", la "Potenza" ultimi, né alcun'altra cosa che appartenga ai superlativi ontologici del pensiero speculativo. Al di là di ogni superlativo, al di là di ogni vita, Egli è Colui che dà significato alla vita comandandoci di ''vivere'' come ebrei.
=== In cosa differisce l'ebraismo? ===
Abbiamo visto che le categorie di creazione, rivelazione e redenzione plasmano l'ebraismo che rende gli ebrei ebrei. Da quanto detto, quindi, ci si può chiedere: "Anche le tradizioni delle religioni di Abramo, come il Cristianesimo e l'Islam, aderiscono alle nozioni di creazione, rivelazione e redenzione. In che cosa si differenzia quindi l'ebraismo?". In effetti, con l'Incarnazione – Dio fatto carne – al centro della sua dottrina, il cristianesimo tradizionale può sembrare concreto in tutto e per tutto. Eppure, non esiste essere meno concreto dell'Incarnazione. Una chiave per comprendere perché tale sia il caso risiede nella [[Serie cristologica|cristologia]] del cristianesimo. Lo stesso insegnamento che trasforma Dio in un essere umano in carne e ossa trasforma l'essere umano in carne e ossa in un'astrazione, eterizzando l'uomo che è al centro della religione in un concetto astratto: l'Incarnazione. Man mano che il Gesù [[w:kenosis|kenotico]] diventa oggetto di adorazione, diventa sempre meno carne e sangue. Perché non esiste adorazione della carne e del sangue. Con quell'astrazione dell'ebreo in carne e ossa che ha portato la religione cristiana al mondo, si astrae l'essere umano in un "peccatore" fin dalla nascita. Proprio come il crimine dell'ebreo sotto il Terzo Reich sarebbe stato il crimine di essere nato, così il peccato di ogni essere umano risiederebbe nell'eredità del peccato di Adamo, nel peccato di essere nato.
Un'idea sbagliata comune riguardo alla differenza tra ebraismo e cristianesimo è che gli ebrei continuino ad attendere la venuta del Messia, mentre i cristiani credono che il Messia sia già venuto. Verissimo. Ma il Messia che gli ebrei attendono ha poca somiglianza con colui che, secondo i cristiani, è già venuto. La visione cristiana fondamentale del Messia è espressa nel Credo degli Apostoli,<ref>Cfr. C. E. B. Cranfield, ''The Apostles’ Creed: A Faith to Live By'' (London: Continuum, 2004), 3.</ref> che, in breve, afferma che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, fu concepito dallo Spirito Santo e nacque dalla Vergine Maria. Fu mandato nel mondo per essere crocifisso come espiazione per l'essenza peccaminosa dell'umanità. Espiando il peccato inerente al nostro essere, sconfisse la morte e così risuscitò dai morti il terzo giorno dopo la sua crocifissione. Asceso al cielo, tornerà un giorno per giudicare l'umanità secondo la loro fede in lui come Cristo, il Figlio di Dio, parte della Trinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Poiché il peccato è associato alla morte, il Messia che espia il peccato attraverso la Crocifissione sconfigge anche la morte attraverso la Resurrezione. Una volta compiuto questo compito con il grido "È compiuto" ({{passo biblico2|Giovanni|19:30}}), la storia diventa una questione di attesa del Giudizio Universale, quando i credenti saranno separati dai non credenti ({{passo biblico2|Matteo|25:31}}). Per coloro che credono in lui e meritano così la vita eterna ({{passo biblico2|Giovanni|3:16}}), il tempo diventa poco più che la durata dell'attesa: non lavorare per la venuta del Messia, ma semplicemente aspettare, mentre ci inoltriamo in questa valle di lacrime, alla ricerca della nostra vita autentica in cielo. Il pensiero cristiano sul Messia è sublime e profondo, ma non è ebraico.
Il Talmud insegna che il Messia è in mezzo a noi in ogni generazione (''Sanhedrin'' 98a), quindi non dobbiamo attendere la sua venuta; piuttosto, dobbiamo rendere possibile la sua manifestazione attraverso la pratica delle ''mitzvot''. Questa missione messianica, e non l'adesione a un credo, è ciò che rende gli ebrei ebrei. Realizzare questa missione senza fine è lo scopo ultimo dei comandamenti della Torah. Con la venuta del Messia, vedremo la Torah vissuta nei pensieri, nelle parole e nelle azioni di tutta l'umanità. Le categorie dell'ebraismo non possono adattarsi alle categorie del cristianesimo, né il pensiero cristiano può adattarsi a questo pensiero ebraico, in particolare per quanto riguarda la redenzione. Questo spiega molto dell'antisemitismo cristiano che, come vedremo, avrebbe contribuito all'Olocausto. L'antisemitismo, cristiano e di altro tipo, non deve essere contrastato semplicemente con qualcosa come l'educazione alla tolleranza e certamente non con una qualche forma di assimilazione degli ebrei, che è di per sé un tentativo antisemita. No, va contrapposta a una concezione ebraica del messianismo, dove il messianismo non è visto come un'astrazione escatologica, ma come una questione di concreta urgenza, qui e ora. Approfondiremo questo argomento nel [[Connessioni/Capitolo 4|Capitolo 4]].
Rabbi [[:en:w:Pinchas Shapiro of Koretz|Pinchas di Koretz]] (1726-1791), discepolo del Baal Shem Tov, dichiarò una volta che "essere ebreo significa legare il proprio destino a quello del Messia – a quello di tutti coloro che lo attendono".<ref>Cfr. Elie Wiesel, ''Somewhere a Master: Further Hasidic Portraits and Legends'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1982), 23.</ref> Per un ebreo, questo legame non è una questione di fede, se per fede intendiamo semplicemente credere o accettare. Sì, abbiamo la cosiddetta fede nella venuta del Messia, espressa nel dodicesimo dei Tredici Principi dell'ebraismo delineati da [[Maimonide]] (1135-1204) nel suo commentario alla ''Mishnah'' (''Sanhedrin'' 10): "Credo con fede completa nella venuta del Messia; anche se dovesse tardare, qualunque cosa accada, attenderò la sua venuta ogni giorno". La parola ebraica ''emunah'', qui tradotta come “fede”, non è "l’assenso dell’intelletto a ciò che si crede", come [[w:Tommaso d’Aquino|Tommaso d’Aquino]] (1225-1274) definisce la fede,<ref>Cfr. Thomas Aquinas, ''On Faith'', trad. Mark D. Jordan (Notre Dame, IN: University of Notre Dame Press, 1990), 39.</ref> né tantomeno la passione che [[w:Søren Kierkegaard|Søren Kierkegaard]] (1813-1855) considera fede.<ref>Cfr. Søren Kierkegaard, ''Fear and Trembling'', trad. Alastair Hannay (New York: Penguin Books, 1985), 95.</ref> ''Emunah'' è "coscienziosità", "onestà" e "fiducia". Nel Talmud una persona che non mantiene la parola data è chiamata ''mechusar amanah'', "colui che manca di onestà" (cfr per es., ''Bava Metzia'' 49a). La fede, quindi, implica un certo carattere, una certa condizione dell’anima, che a sua volta richiede di vivere in una relazione d’amore con gli altri, e non solo con Dio. Sono questioni di onestà e devozione a rendere ebrei gli ebrei, e non la confessione di un credo o di una credenza. Dio non è l’oggetto della fede; piuttosto, Egli è il soggetto che comanda atti di amorevole gentilezza.
Come nel caso del cristianesimo, e contrariamente all'ebraismo, il fattore fondamentale nell'Islam è la ''fede'', che può essere vista nei Cinque Pilastri dell'Islam, il primo dei quali è la ''Shahada'', la professione di fede in Allah come unico Dio e in Maometto come suo profeta. La ''Salat'', o preghiera, si concentra su una relazione interiore con Allah. Il pilastro del ''sawm'', o digiuno per il mese di Ramadan, è indicativo della visione secondo cui l'aspetto carnale dell'essere umano è qualcosa che deve essere superato piuttosto che santificato. Un altro pilastro della fede islamica, l'elemosina o ''zakat'', assomiglia alla pratica ebraica, ma c'è chi sostiene che donare al ''jihad'' – la guerra contro i miscredenti – soddisfi l'obbligo della ''zakat'', così che la "carità", nella sua versione jihadista islamica, si trasforma nell'uccidere gli infedeli, oltre che nel nutrire gli affamati.<ref>Cfr. Sayyid Qutb, ''Social Justice in Islam'', trad. John B. Hardie (New York: Octagon Books, 1963), 137.</ref> Il quinto pilastro dell'Islam è l’''hajj'', l'obbligo di compiere un pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita del credente. Abbiamo quindi i cinque pilastri dell'Islam in contrasto con i tre pilastri dell'ebraismo: Torah, ''Avodah'' e ''gemilut chasadim'': studio della Torah, preghiera o servizio e atti di amorevole gentilezza (''Pirke Avot'' 1:2).
Il punto fondamentale per il cristianesimo e l'Islam è sostanzialmente lo stesso: l'ingresso in un paradiso ultraterreno si ottiene attraverso una fede personale e interiore. La fede che permette di accedere al Regno di Dio è ciò che rende un cristiano cristiano o un musulmano musulmano. Mentre la [[w:Tanakh|Bibbia ebraica]] non parla mai della "ricompensa eterna", essa è un tema frequente sia nelle scritture cristiane (ad esempio, {{passo biblico2|Giovanni|1:12-13}}; {{passo biblico2|Giovanni|3:14-16}}; {{passo biblico2|Atti|4:12}}; {{passo biblico2|Ebrei|2:3}}) sia nel Corano (ad esempio, [https://sufi.it/il-sacro-corano/23-surat-al-muminun/ Corano 23:99-104]; [https://sufi.it/il-sacro-corano/28-surat-al-qasas/ Corano 28:61]; [https://sufi.it/il-sacro-corano/34-sura-saba/ Corano 34:3-5]; [https://sufi.it/il-sacro-corano/45-sura-al-jathiya/ Corano 45:24-26]; [https://sufi.it/il-sacro-corano/69-sura-al-haqqah-linevitabile/ Corano 69:13-33]). Questa enfasi sull'aldilà nel cristianesimo e nell'Islam è pressoché sconosciuta nell'ebraismo. Per un ebreo, l’obiettivo non è entrare nel Regno di Dio, ma far entrare Dio in ''questo'' regno: questo sforzo è ciò che rende gli ebrei ebrei.
Quando il valore umano deriva dalla fede e la redenzione umana è ultraterrena, l'omicidio di massa di esseri umani in questo mondo può essere presto giustificato. Maometto sterminò gli ebrei [[w:Banū Qurayẓa|Banū Qurayẓa]] nel 627 e i Crociati massacrarono gli ebrei della Renania nel 1096, non perché gli ebrei si fossero macchiati di certi crimini o atti di crudeltà, ma perché si rifiutarono di adottare una certa fede. Naturalmente, gli ebrei non furono le uniche vittime dell'omicidio di massa dei credenti, come dimostrano la colonizzazione cristiana dell'Africa e delle Americhe e la conquista musulmana dell'India, del Nord Africa e della Spagna. Le Crociate, i massacri di Chmielnicki e i pogrom potrebbero non essere rappresentativi del vero cristianesimo più di quanto le azioni omicide del jihadismo islamico siano rappresentative del vero Islam. Ma non è un caso che tali azioni derivino da queste tradizioni. Sebbene sia vero che le Scritture Ebraiche raccontano un resoconto lugubre e orribile della conquista israelita della Terra Promessa, la ragione dichiarata per attaccare le sette tribù colpite (Ittiti, Amorrei, Gergesei, Cananei, Perizziti, Evei e Gebusei) non era che fossero miscredenti, ma che offrivano i loro figli in olocausto ai loro dèi "passandoli attraverso il fuoco" (cfr., ad esempio, {{passo biblico2|Deuteronomio|12:31}}), cosa abominevole per Dio.
Nella Torah, che il Corano afferma essere una falsificazione ebraica della Parola di Dio (cfr. 2:59; 3:78), è scritto: "Io pongo oggi davanti a te la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita" ({{passo biblico2|Deuteronomio|30:19}}). Scegliere la vita significa scegliere la santità, scegliere il bene, scegliere la gentilezza amorevole verso l'altro essere umano, incluso lo straniero in mezzo a noi. Significa rendere la propria vita una benedizione per la vita degli altri. Significa scegliere di ''non'' uccidere, anche a costo della propria vita. Significa scegliere di salvare vite, senza considerazioni di credo. In netto contrasto con questo insegnamento ebraico, il jihadismo islamico non solo sceglie la morte, ma la venera. [[:en:w:Laurent Murawiec|Laurent Murawiec]] spiega: "The constant repetition of the same stock phrases that prescribe and exalt killing and the veneration of death means that Allah wants blood, needs blood, that blood pleases Allah, whether the blood is that of His martyrs or that of His enemies. Allah demands blood as evidence of worship".<ref>Laurent Murawiec, ''The Mind of Jihad'' (Cambridge: Cambridge University Press, 2008), 59–60.</ref> Una simile mentalità è caratteristica dell'insistenza totalitaria e omicida che tutti aderiscano allo stesso ''-ismo''. Per l'ebraismo che determina ciò che rende ebrei gli ebrei, tuttavia, scegliere la vita significa scegliere non di salvare la propria pelle, ma di salvare la vita degli altri, non di imporre un'accettazione diffusa della dottrina, ma di generare atti diffusi di amorevole gentilezza, a prescindere da ciò che gli altri credono.
=== Significato ed elezione nell'ebraismo ===
"The important question of the meaning of being", come afferma [[Emmanuel Levinas]], esprimendo una visione prettamente ebraica, "is not: why is there something rather than nothing – the Leibnizian question so much commented upon by Heidegger – but: do I not kill by being?"<ref>Levinas, ''Ethics and Infinity'', 120.</ref> Il significato può essere realizzato solo attraverso una relazione con un altro, solo attraverso un orientamento verso qualcuno al di fuori di me, un orientamento che è comandato dall'alto, e non deciso da me attraverso la mia ragione o la mia determinazione. La parola ebraica per "significato", ''mashmaut'', ha come radice la parola ''shma'', che significa "udire". Avere un senso di significato e di missione significa avere il senso di udire una chiamata a cui dobbiamo rispondere, il che significa: devo rispondere a e per un altro, per il bene di un altro, anche fino alla morte. Altrimenti la mia vita non ha significato. Né ha senso la questione di cosa renda gli ebrei ebrei. Dal punto di vista dell'ebraismo, la questione del significato non ha a che fare né con l'essenza né con la fede, ma con l'atto dell'omicidio. Ciò che è in gioco nel nostro confronto con la questione di ciò che rende gli ebrei ebrei è il modo in cui intendiamo la relazione tra omicidio e significato.
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== Note ==
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}}
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[[Categoria:Connessioni|Capitolo 1]]
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== Cosa fa dell'ebreo un ebreo? ==
{{Vedi pedia|Portale:Ebraismo|Ebraismo|Ebrei|Ebrei (popolo antico)}}
Forse dovremmo iniziare con ciò che ''non'' rende gli ebrei ebrei. Il popolo ebraico non è una razza, una cultura o un gruppo etnico. Non esiste una parola nell'ebraico biblico che significhi "razza", almeno non come intendiamo il termine ai nostri giorni; abbiamo ''[[w:goy (ebraismo)|goy]]'', ovvero "nazione", e ''am'', ovvero "popolo". Esistono nazioni e gruppi di persone, ma sono proprio questo: ''persone'', esseri umani, ''benei adam'', "figli di Adamo" e figli di Dio. Non c'è nulla nell'ebraico biblico paragonabile al termine greco ''barbaros'', ovvero "barbaro", che significa "non-greco" e quindi in qualche modo meno umano del greco. Il [[w:Tempio di Gerusalemme|Beit HaMikdash]], che era il Sacro Tempio di Gerusalemme, aveva un Cortile dei Gentili, un luogo dove i nonebrei erano liberi di riunirsi nel luogo sacro – qualcosa, per quanto ne so, che era unico nel mondo antico. In gran parte del mondo antico, stranieri e "nonmembri" non avevano posto nei luoghi santi, così come un non-musulmano non ha posto alla Mecca.
Il termine ''razza'' è disumanizzante perché in ultima analisi è essenzializzante, come ha dimostrato la modernità: essere inseriti in una tale categoria significa ricevere un carattere ineluttabile e irrevocabile, che viene gerarchizzato. Colui che consideriamo in termini di razza viene relegato alla categoria di un Esso che può essere pesato e misurato, osservato e contato, manipolato, sfruttato e schiavizzato. "L'umanità è sempre assente", disse una volta [[Franz Rosenzweig]] (1886-1929). "Presente è un uomo, questo o quello".<ref>Franz Rosenzweig, ''Understanding the Sick and the Healthy'', trad. Nahum Glatzer (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1999), 72.</ref> L'umanità è un'astrazione e quindi non ci pone alcuna richiesta etica, richiesta che può sorgere solo da questo essere umano in carne e ossa davanti a me. Ciò che egli dice dell'umanità si applica anche alla razza: è un'astrazione, mai presente in una relazione faccia a faccia – ''non c'è razza in faccia''. [[Emmanuel Levinas]] ha detto: "Il modo migliore per incontrare l'Altro è non notare nemmeno il colore dei suoi occhi",<ref>Emmanuel Levinas, ''Ethics and Infinity'', trad. Richard A. Cohen (Pittsburgh, PA: Duquesne University Press, 1985), 85.</ref> anche mentre li fissiamo negli occhi. "Quegli occhi", dice Lévinas, "che sono assolutamente senza protezione, la parte più nuda del corpo umano, offrono tuttavia una resistenza assoluta al possesso".<ref>Emmanuel Levinas, ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. Sean Hand (Baltimore, MD: Johns Hopkins University Press, 1990), 8.</ref> Secondo l’insegnamento ebraico, lo stesso si può dire della pelle, dove il vero incontro tra umano e umano sta nel non notare nemmeno il colore della pelle, che non risiede nel suo colore ma nel suo essere esposta, nel confine vulnerabile tra il mondo e tutto ciò che è umano nell’essere umano.
Le persone non sono né astrazioni né oggetti: sono carne e sangue, esseri umani con un nome. Quindi la disumanizzazione dell'essere umano avviene con la cancellazione del nome, come è accaduto durante l'Olocausto. Chi "ha un nome", dice Rosenzweig, "non può più essere una cosa... Esso [il nome] è incapace di essere completamente assorbito nella categoria, perché non può esserci alcuna categoria a cui appartenere; esso è la sua propria categoria".<ref>Franz Rosenzweig, ''The Star of Redemption'', trad. William W. Hallo (Boston, MA: Beacon Press, 1972), 186–187.</ref> Ciò che Levinas dice del volto si può dire anche del nome: "Il volto è significazione, e significazione ''senza contesto''. Voglio dire che l'Altro, nella rettitudine del suo volto, non è un personaggio all'interno di un contesto. Di solito,... il significato di qualcosa è nella sua relazione con un'altra cosa. Qui, al contrario, il volto ''è significato in sé''".<ref>Levinas, ''Ethics and Infinity'', 86–87; emphasis added.</ref> Il popolo ebraico ha un nome. È il nome di un individuo ebreo che lo ha strappato a Dio come una benedizione ({{passo biblico2|Genesi|32:27-29}}), poiché ciascuno dei nostri nomi, ciascuna delle nostre identità destinate, deve, in un certo senso, essere strappato a Dio come una benedizione da Dio. Un nome che può essere visto come letteralmente strappato a Dio è il nome che significa "colui che lotta con Dio": è Israele. Israele non è una razza, una cultura o un ethnos: Israele è un incontro, un evento, un verbo. Basta percorrere un isolato o due per le strade di Tel Aviv per vedere che gli ebrei sono di tutti i colori e provengono da tutte le culture. Eppure ognuno appartiene ad ''Am Yisrael'', il Popolo di Israele, a prescindere dal colore o dalla cultura.
Persino la definizione nazista di ebreo non lo collocava in una categoria strettamente razziale. Una delle [[w:Leggi di Norimberga|Leggi di Norimberga]] promulgate il 15 settembre 1935 era la [[w:Leggi di Norimberga#Legge sulla cittadinanza del_Reich|Legge sulla Cittadinanza del Reich]]. L'Articolo 2, Comma 2, di tale legge stabiliva che chiunque avesse "uno o due" nonni ebrei era un ebreo di sangue misto, e che "i nonni ebrei purosangue [erano] coloro che appartenevano alla comunità religiosa ebraica", ovvero coloro che erano seguaci dell'ebraismo. L'Articolo 5, Comma 2, stabilisce che anche chiunque si converta all'ebraismo deve essere considerato ebreo.<ref>Cfr. Yehuda Bauer, ''A History of the Holocaust, revised edition'' (New York: Franklin Watts, 2002), 111–112.</ref> Non ci si può convertire a una razza o a un gruppo etnico. Tra gli autori delle leggi figurano il Dr. Franz Albrecht Medicus (1890-1967), il Dr. Bernhard Lösner (1890-1952) e il Dr. Wilhelm Stückart (1902-1953),<ref>Paul R. Bartrop e Eve E. Grimm, ''Perpetrating the Holocaust: Leaders, Enablers, and Collaborators'' (Santa Barbara, CA: ABC-CLIO, 2019), 276.</ref> uomini tra i più istruiti d'Europa. Includendo i convertiti all'ebraismo nella definizione di chi è ebreo, sapevano benissimo che un ebreo è fondamentalmente definito dall'ebraismo. Come insisteva l'ideologo nazista Alfred Rosenberg (1893-1946), tutti gli ebrei sono inclini a pensare in modo talmudico, "che siano speculatori in Borsa atei, fanatici religiosi o ebrei talmudici osservanti".<ref>Alfred Rosenberg, ''Race and Race History and Other Essays'', ed. Robert Pois (New York: Harper & Row, 1974), 181.</ref> Perché? Perché tutti gli ebrei sono portatori del "contagio" dell'ebraismo, come dichiarò Rosenberg, insistendo sul fatto che l'umanità è avvelenata non dal sangue ebraico, ma dall'ebraismo.<ref>''Ibid.'', 131–132.</ref> Se qualcuno si converte all'ebraismo, è perché è portatore del contagio. La chiave per capire cosa rende gli ebrei ebrei, quindi, è l’''ebraismo''.
Mi è stato spesso chiesto: "Gli ebrei sono ebrei per via dell'incidente biologico di avere una madre ebrea o perché scelgono di seguire l'ebraismo?". La domanda stessa tradisce un pregiudizio caratteristico del pensiero moderno, dove supponiamo che tutto ciò che accade sia un incidente della natura o il risultato della volontà umana. La risposta da un punto di vista ebraico è: nessuna delle due. Un ebreo è un'anima che Dio ha ''creato'' come ebreo, che ha mandato in questo reame per intraprendere il compito della ''redenzione'' attraverso i mezzi ''rivelati'' nella [[Torah]]. L'individuo non sceglie di essere ebreo: è Dio che sceglie. E non è un incidente.
E i convertiti? Non scelgono forse di essere ebrei? Non sono "ebrei per scelta"? La risposta breve è: no. Il [[w:Talmud|Talmud]] ci dice che anche i convertiti erano tra le anime ebraiche che si trovavano sul Monte Sinai, vive, morte e ancora da nascere (''Shevuot'' 39a). Un convertito all'ebraismo è un'anima ebrea che si è risvegliata alla consapevolezza di essere ebreo, eletto fin dalla nascita. Non esiste un ebreo per scelta: un ebreo è ''già'' scelto, già incaricato di dire al mondo che ''ogni'' essere umano è scelto per un compito ''indispensabile'' a tutta la creazione. È alla luce di questa consapevolezza che un ebreo, convertito o meno, deve ora fare una scelta. In effetti, un convertito è colui che sta agendo sulla base della consapevolezza di essere sempre stato ebreo. Una volta avvenuta la conversione all'ebraismo, l'individuo non è più un convertito: è un ebreo, come intesero gli autori delle Leggi di Norimberga. Capivano che senza la Torah non ci sarebbero stati ebrei, e senza gli ebrei non ci sarebbe stata la Torah. Sapevano che l'[[w:Alleanza (Bibbia)|Alleanza della Torah]] che definisce l'ebraismo porta con sé un certo insegnamento e una certa testimonianza contrari alla tradizione totalitaria e ontologica che ha origine ad Atene e che alla fine porta ad Auschwitz.
=== Atene e Gerusalemme ===
Emil Fackenheim ha affermato che "nulla rende un filosofo ''ebreo'' in modo così potente quanto la ‘Torah’".<ref>Emil L. Fackenheim, ''Jewish Philosophers and Jewish Philosophy'', ed. Michael L. Morgan (Bloomington: Indiana University Press, 1996), 107–108.</ref> Ciò che Fackenheim dice del filosofo ebreo può essere detto dell'ebreo. Perché essere ebreo risiede in un modo di pensare, che sia abbandonato o abbracciato. Risiede in un modo di pensare a Dio, al mondo e all'umanità. Per un ebreo, come ha affermato Rabbi [[w:Adin Steinsaltz|Adin Steinsaltz]] (1937-2020), "it is not only that one thinks in terms of Torah, but also that the Torah thinks within oneself. It is an object that becomes a subject, capable of expressing itself in one’s own thoughts ''and actions''".<ref>Adin Steinsaltz, ''The Long Shorter Way: Discourses on Chasidic Thought'', trad. Yehuda Hanegbi (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1988), 28; mio corsivo.</ref> Dal punto di vista dell'ebraismo, la Torah che rende ebreo un ebreo non è un datum morto né un pittoresco e curioso volume di sapere dimenticato; no, è il respiro della vita che si trae dall'agire secondo i suoi comandamenti rivelati, santificando così Dio, il mondo e l'umanità. Proprio come il nome Israele è un verbo, così anche l'ebreo è un verbo.
Questa visione del rapporto tra la Torah e ciò che rende ebrei gli ebrei è al centro della tensione tra Atene e Gerusalemme, anche prima della rivolta dei Maccabei contro i Greci, dal 167 al 160 AEV. "In order to understand ourselves and to illuminate our trackless way into the future", scrive [[w:Leo Strauss|Leo Strauss]] (1899-1973), "we must understand Jerusalem and Athens".<ref>Leo Strauss, ''Studies in Platonic Political Philosophy'' (Chicago: University of Chicago Press, 1985), 147.</ref> Mentre Atene, spiega, significa "free inquiry", Gerusalemme denota "obedient love".<ref>Leo Strauss, ''The Rebirth of Classical Political Rationalism: An Introduction to the Thought of Leo Strauss, selected by Thomas L. Pangle'' (Chicago: University of Chicago Press, 1989), 72.</ref> Se la differenza tra Atene e Gerusalemme risiede nella libera ricerca contrapposta all'amore obbediente, risiede nell'autolegislazione autonoma contrapposta al comandamento divino. E se è così, allora scopriamo un percorso che conduce da Atene ad Auschwitz, dove nessuno era più autonomo o più autolegislatore dei nazisti e nessuna verità subì un attacco più radicale della verità del comandamento divinamente rivelato, a cominciare dall'assoluto divieto divino di omicidio. Ciò che è iniziato con l'escludere Dio dalla realtà si è concluso con lo spingere gli ebrei nelle camere a gas. La filosofia volge l'orecchio ad Auschwitz e non sente altro che [[wikt:sound and fury|un suono e una furia]] che non significano nulla. Ed è paralizzata.
In contrasto con questa paralisi, abbiamo la risposta degli Israeliti quando Mosè presentò loro la Torah: "Tutto ciò che il Signore ha detto, noi lo faremo ed eseguiremo" ({{passo biblico2|Esodo|24:7}}). Questa è esattamente la risposta alla Voce Imponente di Auschwitz che ora deve essere data, come ha sostenuto Fackenheim.<ref>Cfr. Emil L. Fackenheim, ''The Jewish Return into History: Reflections in the Age of Auschwitz and a New Jerusalem'' (New York: Schocken Books, 1978), 19ff.</ref> Il che significa: a differenza di un pensatore che sostiene che dopo Auschwitz gli ebrei debbano rifiutare le nozioni di alleanza e di elezione,<ref>Cfr. per esempio, Richard L. Rubenstein, ''After Auschwitz: History, Theology, and Contemporary Judaism'', 2ad ed. (Baltimore, MD: The Johns Hopkins University Press, 1992), 173.</ref> Fackenheim insiste sul fatto che dopo Auschwitz un ebreo è eletto più profondamente che mai. E afferma: "Judaism survives through Jews, and Jews, however indirectly, survive through Judaism".<ref>Emil L. Fackenheim, "The Rebirth of the Holy Remnant", lezione presentata al Yad Vashem, 17 giugno 1993, manoscritto inedito.</ref> Ciò che sopravvive in entrambi è una testimonianza della sacralità dell'essere umano che i nazisti si proponevano di cancellare. La via verso la verità, ieri come oggi, risiede, ancora una volta, nell'agire per amore, in risposta alla parola rivelata della Torah, perché solo dando vita alla parola attraverso le nostre azioni possiamo sperare di ascoltarla e comprenderla. Questo, in parte, è ciò che rende gli ebrei ebrei.
Insistendo sul fatto che la via verso la verità risieda nella "libera ricerca" dell'alta corte della ragione, la filosofia speculativa della tradizione ellenistica avrebbe prima dedotto la strada giusta e poi compiuto il primo passo. Sicurezza e protezione, assicurazione e rassicurazione sono di fondamentale importanza, come vediamo quando Adamo rispose al grido di Dio "Dove sei?" dicendo: "Ho avuto paura" ({{passo biblico2|Genesi|3:9-10}}). La filosofia avrebbe prima ascoltato e poi agito, come [[w:Talete|Talete di Mileto]] (ca. 624-548 AEV), che una notte cadde in una fossa mentre camminava e guardava il cielo; non appena ne uscì, giurò che da quel momento in poi avrebbe avuto la certezza della terra ferma sotto i suoi piedi prima di muovere un passo.<ref>Cfr. Platone, ''[[w:Teeteto|Teeteto]]'', ''ad hoc''.</ref> Determinato a essere sicuro di quella terra ferma, tuttavia, perse la visione del cielo, della dimensione dell'altezza, senza la quale non c'è significato. A dire il vero, il significato promesso dalla terra ferma della ragione sillogistica è, in definitiva, un inganno. Nelle parole di Strauss, "by saying that we wish to hear first and then to act, we have already decided in favor of Athens against Jerusalem".<ref>Strauss, ''Studies in Platonic Political Philosophy'', 150.</ref> La differenza sta proprio nell'oggetto della [[w:Rivolta maccabea|rivolta dei Maccabei]] contro i Greci. Con l'istituzione nel 163 AEV dell'ultimo stato ebraico prima del 1948, i Maccabei decisero a favore di Gerusalemme contro Atene.
Decidere a favore di Gerusalemme rispetto ad Atene significa decidere a favore della Torah, della preghiera e degli atti di amorevole gentilezza (cfr. ''Pirke Avot'' 1:2) rispetto all'autorità e al potere della ragione, della volontà e della determinazione – atti di amorevole gentilezza soprattutto, che richiedono una certa rinuncia all'autorità e al potere. Questa decisione è ciò che rende gli ebrei ebrei. Il maestro chassidico [[w:Nachman di Breslov|Nachman di Breslov]] (1772-1810) insegnò che gli atti di amorevole gentilezza sono essenziali per qualsiasi comprensione che il pensiero possa raggiungere, poiché senza gentilezza non c'è saggezza, non c'è umanità.<ref>Cfr. Louis I. Newman, ed., ''The Hasidic Anthology'' (New York: Schocken Books, 1963), 257.</ref> Questo punto essenziale è illustrato nella storia di come uno dei più grandi saggi talmudici, [[w:Rabbi Akiva|Rabbi Akiva]], ottenne la sua dottrina. Un giorno il profeta Elia apparve alla porta di Akiva, afflitto dalla povertà, e della sua novella sposa Rachele, in uno dei suoi travestimenti preferiti: quello di mendicante. Spiegò che aveva un disperato bisogno di un po' di paglia su cui sua moglie potesse sdraiarsi, poiché stava per partorire. Akiva gli diede la paglia che aveva chiesto e disse a Rachele: "Vedi? Alcune persone sono più povere di noi". Avendo assistito alla compassione del marito per i bisognosi, la giovane Rachele riconobbe la sua saggezza, sebbene Akiva fosse un povero pastore che non sapeva né leggere né scrivere. E così ebbe la saggezza di mandarlo a studiare con Rabbi [[w:Eliezer ben Hurcanus|Eliezer ben Hyrkanos]] e [[w:Joshua ben Hananiah|Rabbi Yeoshua]]. Quando tornò a casa dodici anni dopo, espresse il desiderio che tornasse a studiare per altri dodici anni. Quando tornò a casa da sua moglie, dopo il secondo periodo di apprendimento, aveva con sé {{FORMATNUM:24000}} discepoli (''Nedarim'' 50a).
Anche qui, nella visione della gentilezza come espressione di saggezza, scopriamo che l'ebraismo che determina chi è ebreo non è tanto un sistema di credenze quanto un modo di vivere derivato da un modo di pensare, un punto profondamente compreso da [[Franz Rosenzweig]]. Nella sua opera più importante, ''[[w:La stella della redenzione|La Stella della Redenzione]]'' (1919), egli contrappone la vita concreta dell'ebraismo al ragionamento astratto della [[w:idealismo|filosofia idealista]]. In contrasto con il discorso di causalità, razionalità e moralità, Rosenzweig identifica le categorie chiave dell'ebraismo come creazione, rivelazione e redenzione. Partendo dalla nozione ebraica di Dio come colui che è altro dall'essere, scrive: "Revelation is at all times new only because it is primordially old. It makes the primeval creation over into an ever newly created present... The divine word... is revelation only because it is at the same time the word of creation".<ref>Rosenzweig, ''The Star of Redemption'', 111.</ref> Questa intuizione è centrale nel pensiero proprio dell'ebraismo: la parola della rivelazione è parola della creazione proprio perché ciascuna è un movimento verso una relazione che apre la strada alla redenzione.
=== La centralità della relazione nell'ebraismo ===
{{Vedi anche|La Coscienza di Levinas}}
Tra i molti pensatori ebrei profondamente influenzati da Rosenzweig, [[Emmanuel Levinas]] è il più importante. Considerando la relazione che definisce l'ebraismo in termini di etica, Levinas interpreta Dio come Colui che ci rivela una certa "connessione" con Lui, una ''tzavta'', e ''tzavta'' è la radice di ''[[w:mitzvah|mitzvah]]'' {{lang|he|מצווה}}, la parola che significa "comandamento". La rivelazione è la rivelazione di una connessione con il Creatore attraverso il comandamento; è la rivelazione della responsabilità di cui solo io posso rispondere. "Gli attributi di Dio", sottolinea Levinas, "non sono dati all'indicativo, ma all'imperativo. La conoscenza di Dio ci giunge come un comandamento, come una ''mitzvah''. Conoscere Dio significa sapere ciò che si deve fare".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 17.</ref> Anche quando Dio ci pone una domanda, come fece con Adamo ({{passo biblico2|Genesi|3:9}}) e Caino ({{passo biblico2|Genesi|4:9-10}}), parla all'imperativo. Tale conoscenza non può essere dedotta: ci giunge solo quando ci viene comandato, solo quando siamo chiamati a rispondere: "''Hineni'' – Eccomi per te", a e per un altro. Levinas vede l'etica al centro dell'ebraismo e della vita ebraica come un'"etica dell'eteronomia che non è una servitù, ma il servizio di Dio attraverso la responsabilità per il prossimo, in cui sono insostituibile".<ref>Emmanuel Levinas, ''Outside the Subject'', trad. Michael B. Smith (Stanford, CA: Stanford University Press, 1994), 35.</ref> Egli sostiene che l'etica caratteristica dell'ebraismo non è un momento nell'essere o concepita dal pensiero speculativo.<ref>Emmanuel Levinas, ''Of God Who Comes to Mind'', trad. Bettina Bergo (Stanford, CA: Stanford University Press, 1998), 56.</ref> Piuttosto, è diversa o migliore dell'essere: è il dover divino che entra nell'essere come un comandamento da oltre l'essere (rivelazione), prima dell'essere (creazione).<ref>Cfr. Levinas, ''Ethics and Infinity'', 109.</ref>
Similmente, Dio e l'umanità non condividono un'essenza; piuttosto, ciascuno è al di là dell'essenza, poiché ciascuno è ''insostituibile''. In una parola, Dio Creatore e colui che è stato creato a Sua immagine e somiglianza sono ''santi''. In quanto essere etico, quindi, l'essere umano è una "frattura dell'essere", manifestata nel movimento divinamente comandato verso l'altro essere umano, un movimento verso una relazione, per il bene dell'altro essere umano. Poiché la rivelazione della ''mitzvah'' da parte della Torah è l'affermazione di una relazione, la ''mitzvah'', dice Levinas, "non è un formalismo morale", ma è piuttosto "la ''presenza'' viva dell'amore",<ref>Levinas, ''Outside the Subject'', 57.</ref> che si manifesta proprio nel comandamento di amare. Dio non è amore, dice Levinas; piuttosto, Dio è il ''comandamento'' di amare,<ref>Cfr. Emmanuel Levinas, “The Paradox of Morality,” in Robert Bernasconi e David Wood, eds., ''The Provocation of Levinas: Rethinking the Other'' (London: Routledge and Kegan Paul, 1988), 176–177.</ref> di "amare il prossimo tuo", ''veahavta lereakha'' (Levitico 19:18), e di "amare lo straniero", ''veahavta lo [hager] kamokha'', "come te stesso" (Levitico 19:34). Secondo il [[w:Ba'al Shem Tov|Baal Shem Tov]] (1698-1760), fondatore del [[w:chassidismo|chassidismo]], questo comandamento di amare l'altro, prossimo o straniero che sia, è il fondamento dell'ebraismo e dell'intera Torah (''Toledot Yaakov Yosef, Korach'' 2). Questo amore per l'altro è ciò che rende gli ebrei ebrei. Se esaminiamo la parola ebraica ''kamokha'', "come te stesso", così come ''le-'' in ''lereakha'', "il tuo prossimo", una traduzione migliore sarebbe: "Mostrerai amore ''verso'' il tuo prossimo, perché quella relazione d'amore è ciò che sei", come suggeriva il Baal Shem (''Toledot Yaakov Yosef, Veetchanan'' 5). Il comandamento di amare il prossimo è seguito dalla frase "Io sono HaShem", a indicare che la relazione umana e la relazione superiore sono un tutt'uno.
Mentre il pensiero speculativo deriva il concetto di Dio da un principio morale,<ref>Cfr. per esempio, Immanuel Kant, ''Religion Within the Limits of Reason Alone'', trad. Theodore M. Greene e Hoyt H. Hudson (New York: HarperOne, 1960), 171.</ref> l'ebraismo vede Dio non come un concetto, un principio o una causa, ma come la Voce vivente del comandamento etico, che si manifesta nel comandamento.<ref>Cfr. per esempio, Emmanuel Levinas, ''Collected Philosophical Papers'', trad. Alphonso Lingis (Dordrecht: Martinus Nijhoff, 1987), 59.</ref> Rabbi [[:en:w:Kalonymus Kalman Shapira|Kalonymos Kalmish Shapira]] (1889–1943 nella [[Shoah]]), il Rebbe del [[w:Ghetto di Varsavia|Ghetto di Varsavia]], chiarisce il collegamento tra il Santo e la ''mitzvah'' che Egli comanda. Secondo i mistici, la parola ''mitzvah'' (''mem-tzadi-vav-hey'' {{lang|he|מצווה}}) contiene il Santo Nome di quattro lettere (''yud-heh-vav-hey''), cosicché il Santo è nella ''mitzvah''. Mentre le ultime due lettere del Nome, ''vav-hey'', sono evidenti nelle ultime due lettere della ''mitzvah'', le prime due sono nascoste nelle lettere ''mem-tzadi'' della ''mitzvah''. Trasformate secondo il metodo interpretativo di ''[[:en:w:Atbash|At-bash]]'' {{lang|he|אתבש}}, ''mem'' e ''tzadi'' diventano ''yud'' e ''heh'', le prime due lettere del Nome. I comandamenti della Torah formano un portale attraverso il quale il Santo Nome entra nel mondo: Dio è presente concretamente nel comandamento.<ref>Kalonymos Kalmish Shapira, ''Sacred Fire: Torah from the Years of Fury 1939–1942'', trad. J. Hershy Worch, ed. Deborah Miller (Northvale, NJ: Jason Aronson, 2000), 61; la trasformazione ''[[w:Atbash|At-bash]]'' è un mezzo di interpretazione, mediante il quale la prima lettera dell'alfabeto viene scambiata con l'ultima lettera, la seconda lettera dell'alfabeto con la penultima lettera e così via.</ref>
Mentre il pensiero speculativo enfatizza l'autonomia del sé, il comandamento dell'amore, fondante dell'ebraismo, si concentra sulla responsabilità eteronoma del sé nei confronti dell'altro. Mentre il pensiero speculativo è interessato alla libertà autonoma del sé, la Torah insiste sulla ricerca della giustizia: ''Tzedek, tzedek tirdof'', "Giustizia, giustizia perseguirai" ({{passo biblico2|Deuteronomio|16:20}}). La parola ebraica ''tzedek'' o "giustizia" significa anche "rettitudine" ed è la radice della parola per "carità", ''tzedakah'', sottolineando ancora una volta l'accento della Torah su una relazione di carne e sangue, e non sul concetto astratto. "Il senso dell'essere, il senso della creazione", afferma Levinas, "è realizzare la Torah"<ref>Emmanuel Levinas, ''Nine Talmudic Readings'', trad. Annette Aronowicz (Bloomington: Indiana University Press, 1990), 41.</ref> attraverso un atto concreto di [[:en:w:Chesed|amorevole gentilezza]] verso il nostro prossimo. In effetti, questa realizzazione della Torah è il senso dell'ebraismo e di ciò che rende gli ebrei ebrei.
La realizzazione della Torah non avviene nella mente e nemmeno nel cuore, ma ''tra'' due esseri umani, in una parola gentile o in un semplice saluto rivolto dall'uno all'altro. Così il saggio talmudico [[:en:w:Helbo|Rabbi Chelbo]] insegnò, in nome di [[:en:w:Rav Huna|Rabbi Huna]], che ogni volta che si incontra un'altra persona, si dovrebbe essere il primo a porgere un saluto (''Berakhot'' 6b). Allo stesso modo, Levinas considera il benvenuto o il saluto offerto all'altra persona il fondamento dell'ebraismo.<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 173.</ref> Poiché salutare l'altra persona è un dovere per ''me'', non condivido alcuna uguaglianza con l'altro essere umano; anzi, lui o lei viene sempre per primo, un concetto profondo che trova espressione in qualcosa di così banale come dire a un altro: "Dopo di te". Poiché l'altra persona è ''superiore'' a me, ho una responsabilità in ''più'' rispetto all'altra, ovvero la responsabilità di morire piuttosto che infliggere la morte all'altro, come insegnato nel Talmud (''Pesachim'' 25a–25b). "Il timore di Dio", afferma Levinas, "è concretamente il mio timore per il prossimo",<ref>Levinas, ''Outside the Subject'', 47.</ref> così che la morte che mi riguarda/preoccupa non è la mia morte, ma la morte del mio prossimo. E devo testimoniare questa preoccupazione anche a costo della mia vita. Per l'ebraismo che rende gli ebrei ebrei, la relazione è tutto. Nel mezzo della relazione tra esseri umani si trova lo spazio intermedio da cui l'anima (''neshamah'') trae il suo respiro (''neshimah''): l'anima non vive dentro di noi, ma ''tra'' di noi. Pertanto, nel ''Midrash'', Menachem bar Rabbi Yose insegna che tra i Dieci Detti che danno vita al cielo e alla terra ci sono le parole di {{passo biblico2|Genesi|2:18}}: "Non è bene che l'uomo sia solo" (''Bereshit Rabbah'' 17:1), perché tutta la creazione si fonda sulla ''relazione''.
Questo insegnamento è la chiave per la comprensione della Torah, fondamento dell'ebraismo. È l'insegnamento che rende ebrei gli ebrei. È l'insegnamento con cui inizia la Torah: ''Bereshit bara Elokim et hashamayim v’et haaretz'', "In principio Dio creò i cieli e la terra" ({{passo biblico2|Genesi|1:1}}).
=== "In principio...": l’essenza dell’ebraismo ===
''Bereshit'', "in principio", non si riferisce al primo di una sequenza di cose, ma piuttosto alla cosa più importante, ovvero che Dio ha ''creato'': ''Bereshit bara Elokim...'' Ciò che precede l'inizio, tuttavia, è sigillato dal muro che forma il lato destro della lettera ''beit''. Nel margine della creazione – nello spazio vuoto prima della ''beit'' – c'è solo il silenzio divino pre-originario che "precede" la creazione. Eppure è un silenzio che non è lasciato al margine. Piuttosto, come la creazione stessa, questo silenzio è continuo. Il maestro chassidico [[:en:w:Levi Yitzchok of Berditchev|Levi Yitzchak di Berditchev]] (1740-1809) insegnò che quando Dio diede la Torah, Egli diede non solo le parole, ma anche il silenzio tra le parole.<ref>[[Elie Wiesel]], ''Against Silence: The Voice and Vision of Elie Wiesel'', vol. 2, ed. Irving Abrahamson (New York: Holocaust Library, 1985), 82.</ref> Esso dimora nell’''alef'', nella lettera silenziosa che, secondo il Baal Shem, è nascosta in ogni parola della lingua sacra (''Keter Shem Tov'' 45). Il silenzio che è l’''alef'' è il Santo nella lingua santa: secondo i saggi, l’''alef'' è composta da uno ''yud'' sopra, uno ''yud'' sotto e un ''vav'' che li collega.<ref>Cfr. per esempio, Nechunia ben Hakanah, ''Sefer HaTemunah'' (Jerusalem: Nezer Sharga, 1998), 2.</ref> Il valore numerico di ''yud'' (10) più ''vav'' (6) più ''yud'' (10) è ventisei, che è il valore del ''[[w:Tetragramma biblico|Tetragrammaton]]'', il Nome di Dio di quattro lettere.
Avvenendo attraverso una parola divina, la creazione è un movimento verso una relazione: la parola è pronunciata da ''qualcuno'', da una ''persona'', non da un principio. Il movimento verso una relazione è indicato dalla parola ''bara'', che significa "creato". Infatti, bara, come osservò [[Nahmanide]] (1194–1270), è un termine affine a ''brit'', che significa "alleanza".<ref>Cfr. Nachmanides, ''Commentary on the Torah'', vol. 1, trad. Charles B. Chavel (New York: Shilo, 1971), 112.</ref> In questo versetto, inoltre, la parola per "Dio" è ''Elokim''. Lo ''[[Zohar]]'' spiega:
{{citazione|Quando il Misteriosissimo desiderò rivelarSi, Egli produsse dapprima un singolo punto che fu trasmutato in un pensiero, e in questo Egli eseguì innumerevoli disegni e incise innumerevoli incisioni. Inoltre, incise con la sacra e mistica lampada un disegno mistico e santissimo, che era un meraviglioso edificio che emergeva dal centro del pensiero. Questo è chiamato ''Mi'', o "Chi", e fu l'inizio dell'edificio, esistente e non-esistente, profondamente sepolto, inconoscibile per nome. Fu chiamato solo ''Mi''. Desiderava manifestarsi ed essere chiamato per nome. Pertanto si rivestì di una veste fulgida e preziosa e creò ''Eleh'', o "Questi", ed ''Eleh'' acquisì un nome. Le lettere delle due parole si mescolarono, formando il nome completo ''E-l-o-k-i-m''.|''[[Zohar]]'' I 2a}}
Sebbene l'insegnamento secondo cui ''Dio creò'' sia un Primo Principio della Torah e dell'ebraismo, Dio non è né un Primo Principio né una Causa Prima: Dio è un ''Chi'', e non un ''Cosa''. Non è possibile stipulare un'alleanza con un principio o una causa. Nessuno ha mai gridato "Padre!" al Primo Principio, né Abramo è mai entrato in una disputa sui giusti di Sodoma e Gomorra per cercare di muovere il Motore Immobile (cfr. {{passo biblico2|Genesi|18:16-33}}). La frase orante "chi è come Te", pronunciata da Mosè mentre attraversava il mare ({{passo biblico2|Esodo|15:11}}), non è solo una domanda retorica ― è un'affermazione: proprio il ''Chi'' è ciò che assomiglia a Dio. Dal punto di vista dell'ebraismo che rende ebrei gli ebrei, quindi, la presenza stessa di un ''Chi'' nel mezzo dell'essere è una trascendenza dell'essere.
Poiché la creazione implica un movimento verso una relazione di alleanza, l'ebraismo non si preoccupa di ''ciò che ha causato'' il mondo, ma di ''chi lo ha creato'', dall'al di là dell'essere, e di come dobbiamo considerare la nostra relazione con il Creatore. Considerando Dio una presenza viva e autorevole con cui l'essere umano entra in relazione, il pensiero ebraico che appartiene all'ebraismo è relazionale, come evidenziato, ad esempio, nel "pensiero parlante" di Rosenzweig. Rosenzweig asserisce: "''Speaking thinking'' is oriented toward the need of an other and, what is the same thing, in the taking of time seriously".<ref>[[Franz Rosenzweig]], ''Franz Rosenzweig’s “The New Thinking”'', trad. e ed. Alan Udoff & Barbara E. Galli (Syracuse, NY: Syracuse University Press, 1999), 87.</ref> Prendere sul serio il significato significa prendere sul serio il tempo: il significato risiede in ciò che deve ''ancora essere'' compiuto. Nelle parole di [[Abraham Joshua Heschel]] (1901-1972), "Time is the presence of God in the world of space".<ref>[[Abraham Joshua Heschel]], ''The Sabbath: Its Meaning for Modern Man'' (New York: Farrar, Straus and Giroux, 1981), 100.</ref> La determinazione di chi siamo, come ebrei e come esseri umani, non si dispiega entro i confini dell'ego, ma in una liberazione dall'ego; la verità non sta nel cartesiano "Penso, dunque sono",<ref>René Descartes, ''Meditations on First Philosophy'', 3a ed., trad. Donald A. Cress (Indianapolis, IN: Hackett, 1993), 19–20.</ref> ma piuttosto in "Dio pensa, dunque sono". Vale a dire: "Sono convocato per amore di un altro, dunque sono".
Il Primo Principio dei filosofi è totalmente indifferente all'essere umano e quindi totalmente estraneo all'ebraismo. Inteso come perfezione, un tale dio non ha bisogno di nulla: come afferma Aristotele (384-322 AEV), non ama né ha bisogno di amore (si veda, ad esempio, l’''[[w:Etica Eudemia|Etica Eudemia]]'' di Aristotele, VII, 1244b). Né chiede ciò che Dio chiede ad Adamo e a ciascuno di noi in ogni istante: "Dove sei?". La domanda del Santo non è "Cosa pensi?" o "Come ti senti?", ma "Dove sei rispetto al tuo prossimo e a Me?". Ecco perché "non è bene che l'uomo sia solo" ({{passo biblico2|Genesi|2:18}}). Nell'ebraismo, siamo ciò che siamo nel mezzo di una relazione, non nei recessi dell'ego pensante. L’ebraismo si fonda su questo spazio intermedio di relazione concreta, cosicché l’essere umano è isolato – da oltre sé stesso, nonostante sé stesso – come lo fu Adamo.
Questa condizione di essere già individuata fin dal tempo immemorabile di Adamo, una condizione che conferisce già significato a qualsiasi contesto dato prima di ogni contesto, emerge con l'apparizione del Tu. Quindi, analizzando più approfonditamente il verso iniziale della [[Torah]], ricordiamo un altro insegnamento dello ''[[Zohar]]''. Invece di leggere ''Bereshit bara Elokim et ha-...'' come "In principio Dio creò il...", lo ''Zohar'' lo legge come "In principio Dio creò ''alef, tav, hey'' di ''atah'': Tu". Dice lo ''Zohar'': "La parola ''et'' è composta dalle lettere ''alef'' e ''tav'', che includono tra loro tutte le lettere, essendo la prima e l'ultima dell'alfabeto. In seguito fu aggiunto ''hey'', in modo che tutte le lettere fossero collegate a ''hey'', e questo diede il nome ''atah'' (Tu)" (''[[Zohar]]'' I 15b). Solo un ''chi'' – solo chi porta un nome e non un'essenza – può dire ''tu'' ed essere chiamato ''tu''. Se, come sostiene [[w:Martin Buber|Martin Buber]] (1878–1965), la parola ''Tu'' può essere detta solo con tutto l’essere,<ref>Martin Buber, ''I and Thou'', trad. Walter Kaufmann (New York: Charles Scribner’s Sons, 1970), 54.</ref> parlare con tutto l’essere, corpo e anima, significa dire Tu.
"In principio", scrive [[Elie Wiesel]] (1928-2016), "l'uomo è solo. Solo come Dio è solo. Aprendo gli occhi non chiede: Chi sono io? Chiede: Chi sei tu?".<ref>Elie Wiesel, ''Messengers of God: Biblical Portraits and Legends'', trad. Marion Wiesel (New York: Random House, 1976), 1.</ref> Tuttavia, nel suo romanzo ''[[:en:w:The Oath (Wiesel novel)|The Oath]]'' leggiamo: "When he opened his eyes, Adam did not ask God: Who are ''you''? He asked: Who am ''I''?".<ref>[[Elie Wiesel]], ''The Oath'' (New York: Avon, 1973), 19.</ref> Una contraddizione? No. Per l'anima che prende vita nel mezzo di una relazione, non c'è un Io senza il Tu. Nelle parole di Buber, "When one says You, the I of the word pair I–You is said, too".<ref>Buber, ''I and Thou'', 54.</ref> Proprio come questo è vero per l'essere umano, così è vero per il Creatore: quando Egli dice Tu, Si rivela come Io, come ''Anokhi'', che è la prima parola della rivelazione pronunciata sul Monte Sinai ({{passo biblico2|Esodo|20:2}}), la parola che, secondo l'ebraismo, corrisponde a "In principio" (cfr. ''Mekilta de-Rabbi Ismael, Bachodesh'' 8; ''Pesikta Rabbati'' 21:19; ''Zohar'' I 90a). La parola "Io" pronunciata da Dio al momento della Rivelazione significa la Sua pronuncia del Tu al momento della Creazione.
Nell'atto della creazione, quindi, il Creatore si rivela non come una potenza autoritaria, ma come Colui che dice "Tu" con cura, sollecitudine e gentilezza in un "diminuire" o ''tzimtzum'' di Sé stesso. Da oltre l'essere, Egli convoca il cielo e la terra all'esistenza e ci grida: "Dove sei ''tu''?". In quel grido, Egli Si rivela come una Presenza autorevole che anela a una relazione con noi: "Dove sei tu?" è ''Ayekah?!'', e la sua radice ''eikhah'' significa "Come?!", come in un grido di lamento, un grido di chi è stato ferito dalla caduta da una relazione: come hai potuto minare il significato stesso della tua vita infinitamente preziosa? Rivelando il Suo desiderio per la relazione che conferisce significato alla Sua creazione, Dio rivela un aspetto intimo di Se Stesso; ponendoci una domanda, Egli suscita in noi una risposta e annuncia la nostra responsabilità.
Il ''Midrash'' insegna che Dio crea i cieli, ''et hashamayim'', prima di creare la terra, per elevare una dimensione di altezza da cui tutto ciò che è al di sotto riceve il suo significato (''Tanchuma Bereshit'' 1). "L'altezza ordina l'essere", scrive Levinas:
{{citazione|Height introduces a sense into being. It is already lived across the experience of the human body. It leads human societies to raise up altars. It is not because men, through their bodies, have an experience of the vertical that the human is placed under the sign of height; because being is ordained to height the human body is placed in a space in which the high and the low are distinguished and the sky is discovered.|Levinas, ''Collected Philosophical Papers'', 100}}
Da qui lo stupore umano per il cielo. Quando Heschel dichiara: "I asked for wonder", dichiara la sua meraviglia per il cielo.<ref>[[Abraham Joshua Heschel]], ''I Asked for Wonder'' (New York: Crossroad, 1983).</ref> E così nei Salmi leggiamo: "La tua potenza è nei cieli" ({{passo biblico2|Salmi|19}}). Al tempo dell'Olocausto, tuttavia, mentre il Regno della Notte discendeva per inghiottire la Luce dell'eterno, così le nubi di fumo dei crematori si levarono per cancellare i cieli. Ma ne parleremo più avanti.
Dove, secondo l'ebraismo che rende ebrei gli ebrei, incontriamo questa dimensione di altezza? Non nell'isolamento delle nostre speculazioni astratte o dei nostri sentimenti spirituali, per quanto elevati possano essere, ma nell'incontro concreto con ''questo essere umano''. In tale incontro siamo scossi dal sonno del nostro compiacimento. Rendendomi conto che non deduco ciò che è necessario, che non determino se sono chiamato, e che ''chi sono'' risiede nella mia capacità di rispondere: "Eccomi, per te", realizzo chi sono, come ebreo e come essere umano. Ciò che rende ebrei gli ebrei risiede nell'eteronomia di questo turbamento causato dalla presenza concreta dell'altro essere umano, e non, come sosteneva [[w:Immanuel Kant|Immanuel Kant]] (1724-1804), nella propria autonoma autolegislazione.<ref>Cfr. Immanuel Kant, ''Grounding for the Metaphysics of Morals'', trad. James W. Ellington, 3rd ed. (Indianapolis, IN: Hackett, 1993), 52.</ref> Dio Si rivela attraverso il turbamento del testimone, come ha detto Levinas,<ref>Levinas, ''Ethics and Infinity'', 109.</ref> perché Dio stesso è turbato, a tal punto da gridare: ''"Ayekah!?"''
[[w:Pesach|Pesach]], la liberazione dall'Egitto, è un momento decisivo in ciò che definisce gli ebrei come tali; è chiamata ''zman cheruteinu'', la "stagione della nostra liberazione". La liberazione, tuttavia, non risiede nella fuga dall'Egitto, ma nella Rivelazione al Sinai, nelle tavole della [[Torah]]. E così, quando leggiamo che i comandamenti furono "incisi", ''charut'', il Talmud ci insegna a leggerlo non come ''charut'' ma come ''cherut'', come "libertà" (''Eruvin'' 54a): essere liberi significa essere comandati, inviati in missione, con un senso di scopo e significato. Nessuno è più schiavo di chi cade nella morsa dell'assenza di scopo e di significato che è la disperazione. La mia liberazione da questa disperazione non consiste nel fare ciò che io voglio fare, ma nella realizzazione di ciò che io ''devo'' fare, di ciò che mi viene ''comandato'' di fare, non da dentro di me ma mio malgrado, in un'abrogazione dell'ego, come dice Levinas: "All my inwardness is invested in the form of a despite-me, for-another... It is the very fact of finding oneselfwhile losing oneself".<ref>Emmanuel Levinas, ''Otherwise Than Being or Beyond Essence'', trad. Alphonso Lingis (The Hague: Nijhoff, 1981), 11.</ref> Proprio l'illusione chiamata ''il sé'' è il covo della disperazione che si nutre del sé. Così il Talmud insegna che è meglio agire perché siamo comandati dall'alto piuttosto che agire di nostra spontanea volontà (''Avodah Zarah'' 3a). Inteso nei termini di una relazione primordiale con Colui che comanda, il sé non è mai uguale a se stesso. Nella transizione dal pensiero alla parola all'azione – una transizione che è una caratteristica distintiva dell'ebraismo – c'è sempre qualcosa ''di più'' che l'essere umano deve diventare ma non ''è'' mai.
Comprendiamo più profondamente cosa significhi dire che l'essere umano è una breccia nell'essere. Questo è ciò che significa avere un nome, e non un'essenza: significa essere chiamati ''per nome'' a essere ''di più''. Così abbiamo il comandamento di amare il Santo con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima e con tutto il nostro "di più", ''bekol meodekha'' ({{passo biblico2|Deuteronomio|6:5}}). Il ''più'' qui è più di ciò che siamo: è ciò che ''non siamo ancora''. È più di tutto ciò che esiste, più dell'essere, ciò che Levinas chiama "altrimenti che essere (otherwise than being)". È ''kadosh'', "santo", così che ci viene comandato di essere santi ({{passo biblico2|Levitico|11:44}}). Questo ''di più'' è ciò che rende gli ebrei ebrei. Significa una condizione di essere scelti per fare di più, essere di più, come una luce per le nazioni ({{passo biblico2|Isaia|49:6}}), non eletti ma ''incaricati, assegnati''. Trabocca dalle pareti del Tempio, le cui finestre furono progettate non per far entrare la luce ma per farla uscire (''Midrash Tanchuma Tetzaveh'' 6). Come il Tempio, quindi, il popolo ebraico simboleggia la presenza del Santo nel mondo; è la ''Knesset Yisrael'', la "Comunità di Israele", che lo ''[[Zohar]]'' equipara alla [[w:Shekhinah|Shekhinah]] o Presenza Divina (''Zohar'' II 93a). Questo è ciò che rende gli ebrei ebrei.
=== Il collegamento post-Olocausto con la questione ===
La domanda che guida questa riflessione – cosa rende gli ebrei ebrei? – ha i suoi contesti moderni. È una domanda post-Olocausto. Si tratta di una domanda sulle origini dell'Olocausto e su cosa definisca l'antisemitismo che ha trovato la sua espressione più estrema nell'Olocausto. Il mio caro amico e mentore, Rabbi [[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]] {{lang|he|ז״ל}} (1948-2020) offre un'importante intuizione:
{{citazione|Kant called for its [Judaism’s] euthanasia. Hegel took Judaism as his model of a slave morality. Nietzsche fulminated against it as the “falsification” of all natural values. In the twentieth century, Sartre could see no content to Jewish existence other than the defiance of anti-Semitism. Martin Heidegger, the greatest German philosopher of his time, became an active Nazi. Modern Western philosophy, promising a new era of tolerance, manifestly failed to extend that tolerance to Judaism and the Jews. Against this background, the transition from Enlightenment to Holocaust is less paradoxical than it might otherwise seem.|[[:en:w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]], ''Crisis and Covenant: Jewish Thought after the Holocaust'' (Manchester, UK: Manchester University Press, 1992), 268–269}}
Fin dall'Illuminismo, come ha sottolineato Fackenheim, "the denial of the living God was an essential aspect of man’s scientific and moral self-emancipation. If man was to be fully free in his world, God had to be expelled from it... The living God had to become a mere ‘Deity,’ a ‘Cosmic Principle’ – remote, indifferent, and mute"<ref>Emil L. Fackenheim, "Jewish Existence and the Living God: The Religious Duty of Survival", in Arthur A. Cohen, ed., ''Arguments and Doctrines: A Reader of Jewish Thinking in the Aftermath of the Holocaust'' (New York: Harper & Row, 1970), 260.</ref> – ancora una volta, un ''Cosa'', e non un ''Chi''. E aggiunge: "The moment the living God became questionable, Jewish existence became questionable".<ref>''Ibid.'', 261.</ref> Inizia così il processo di eliminazione di tutto ciò che rende gli ebrei ebrei. E l'eliminazione di ciò che rende gli ebrei ebrei apre la porta allo sterminio degli ebrei.
Poiché il pensiero speculativo fondato sulla ragione non può pensare in termini di più di tutto ciò che esiste, non può pensare in termini di sacro ma, al massimo, solo di bene – non un bene assoluto, morale, comandato, bensì un bene ontologico, una buona condizione determinata dalla volontà dell'ego autonomo. Nell'ebraismo la categoria del "santo", del ''kadosh'', è la categoria di ciò che è diverso da qualsiasi altra cosa: ''ain kamokha'', come è scritto nei Salmi, "non c'è nulla come Te" ({{passo biblico|Salmi|86:8}}). Significando "separato" o "distinto" da tutte le altre cose, ''kadosh'' non si riferisce a una cosa speciale tra le tante nel panorama ontologico. Piuttosto, designa ciò che si trova al di fuori di tutte le categorie ontologiche e quindi ciò che conferisce significato all'essere. L'essere non può essere il fondamento del proprio significato più di quanto un uomo possa sollevarsi prendendosi per i capelli. Se il significato dell'essere è realizzare la [[Torah]], il significato dell'essere è portare la santità in questo reame: per l'ebraismo, il significato dell'essere è portare significato all'essere da ciò che è diverso dall'essere. Altrimenti, l'essere non può avere alcun significato. Per l'ebraismo, il ''Santo'', che in un inizio antecedente a tutti gli inizi creò i cieli e la terra, non è l'"Essere Supremo". Non è il "Bene", la "Perfezione", la "Potenza" ultimi, né alcun'altra cosa che appartenga ai superlativi ontologici del pensiero speculativo. Al di là di ogni superlativo, al di là di ogni vita, Egli è Colui che dà significato alla vita comandandoci di ''vivere'' come ebrei.
=== In cosa differisce l'ebraismo? ===
Abbiamo visto che le categorie di creazione, rivelazione e redenzione plasmano l'ebraismo che rende gli ebrei ebrei. Da quanto detto, quindi, ci si può chiedere: "Anche le tradizioni delle religioni di Abramo, come il Cristianesimo e l'Islam, aderiscono alle nozioni di creazione, rivelazione e redenzione. In che cosa si differenzia quindi l'ebraismo?". In effetti, con l'Incarnazione – Dio fatto carne – al centro della sua dottrina, il cristianesimo tradizionale può sembrare concreto in tutto e per tutto. Eppure, non esiste essere meno concreto dell'Incarnazione. Una chiave per comprendere perché tale sia il caso risiede nella [[Serie cristologica|cristologia]] del cristianesimo. Lo stesso insegnamento che trasforma Dio in un essere umano in carne e ossa trasforma l'essere umano in carne e ossa in un'astrazione, eterizzando l'uomo che è al centro della religione in un concetto astratto: l'Incarnazione. Man mano che il Gesù [[w:kenosis|kenotico]] diventa oggetto di adorazione, diventa sempre meno carne e sangue. Perché non esiste adorazione della carne e del sangue. Con quell'astrazione dell'ebreo in carne e ossa che ha portato la religione cristiana al mondo, si astrae l'essere umano in un "peccatore" fin dalla nascita. Proprio come il crimine dell'ebreo sotto il Terzo Reich sarebbe stato il crimine di essere nato, così il peccato di ogni essere umano risiederebbe nell'eredità del peccato di Adamo, nel peccato di essere nato.
Un'idea sbagliata comune riguardo alla differenza tra ebraismo e cristianesimo è che gli ebrei continuino ad attendere la venuta del Messia, mentre i cristiani credono che il Messia sia già venuto. Verissimo. Ma il Messia che gli ebrei attendono ha poca somiglianza con colui che, secondo i cristiani, è già venuto. La visione cristiana fondamentale del Messia è espressa nel Credo degli Apostoli,<ref>Cfr. C. E. B. Cranfield, ''The Apostles’ Creed: A Faith to Live By'' (London: Continuum, 2004), 3.</ref> che, in breve, afferma che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, fu concepito dallo Spirito Santo e nacque dalla Vergine Maria. Fu mandato nel mondo per essere crocifisso come espiazione per l'essenza peccaminosa dell'umanità. Espiando il peccato inerente al nostro essere, sconfisse la morte e così risuscitò dai morti il terzo giorno dopo la sua crocifissione. Asceso al cielo, tornerà un giorno per giudicare l'umanità secondo la loro fede in lui come Cristo, il Figlio di Dio, parte della Trinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Poiché il peccato è associato alla morte, il Messia che espia il peccato attraverso la Crocifissione sconfigge anche la morte attraverso la Resurrezione. Una volta compiuto questo compito con il grido "È compiuto" ({{passo biblico2|Giovanni|19:30}}), la storia diventa una questione di attesa del Giudizio Universale, quando i credenti saranno separati dai non credenti ({{passo biblico2|Matteo|25:31}}). Per coloro che credono in lui e meritano così la vita eterna ({{passo biblico2|Giovanni|3:16}}), il tempo diventa poco più che la durata dell'attesa: non lavorare per la venuta del Messia, ma semplicemente aspettare, mentre ci inoltriamo in questa valle di lacrime, alla ricerca della nostra vita autentica in cielo. Il pensiero cristiano sul Messia è sublime e profondo, ma non è ebraico.
Il Talmud insegna che il Messia è in mezzo a noi in ogni generazione (''Sanhedrin'' 98a), quindi non dobbiamo attendere la sua venuta; piuttosto, dobbiamo rendere possibile la sua manifestazione attraverso la pratica delle ''mitzvot''. Questa missione messianica, e non l'adesione a un credo, è ciò che rende gli ebrei ebrei. Realizzare questa missione senza fine è lo scopo ultimo dei comandamenti della Torah. Con la venuta del Messia, vedremo la Torah vissuta nei pensieri, nelle parole e nelle azioni di tutta l'umanità. Le categorie dell'ebraismo non possono adattarsi alle categorie del cristianesimo, né il pensiero cristiano può adattarsi a questo pensiero ebraico, in particolare per quanto riguarda la redenzione. Questo spiega molto dell'antisemitismo cristiano che, come vedremo, avrebbe contribuito all'Olocausto. L'antisemitismo, cristiano e di altro tipo, non deve essere contrastato semplicemente con qualcosa come l'educazione alla tolleranza e certamente non con una qualche forma di assimilazione degli ebrei, che è di per sé un tentativo antisemita. No, va contrapposta a una concezione ebraica del messianismo, dove il messianismo non è visto come un'astrazione escatologica, ma come una questione di concreta urgenza, qui e ora. Approfondiremo questo argomento nel [[Connessioni/Capitolo 4|Capitolo 4]].
Rabbi [[:en:w:Pinchas Shapiro of Koretz|Pinchas di Koretz]] (1726-1791), discepolo del Baal Shem Tov, dichiarò una volta che "essere ebreo significa legare il proprio destino a quello del Messia – a quello di tutti coloro che lo attendono".<ref>Cfr. Elie Wiesel, ''Somewhere a Master: Further Hasidic Portraits and Legends'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1982), 23.</ref> Per un ebreo, questo legame non è una questione di fede, se per fede intendiamo semplicemente credere o accettare. Sì, abbiamo la cosiddetta fede nella venuta del Messia, espressa nel dodicesimo dei Tredici Principi dell'ebraismo delineati da [[Maimonide]] (1135-1204) nel suo commentario alla ''Mishnah'' (''Sanhedrin'' 10): "Credo con fede completa nella venuta del Messia; anche se dovesse tardare, qualunque cosa accada, attenderò la sua venuta ogni giorno". La parola ebraica ''emunah'', qui tradotta come “fede”, non è "l’assenso dell’intelletto a ciò che si crede", come [[w:Tommaso d’Aquino|Tommaso d’Aquino]] (1225-1274) definisce la fede,<ref>Cfr. Thomas Aquinas, ''On Faith'', trad. Mark D. Jordan (Notre Dame, IN: University of Notre Dame Press, 1990), 39.</ref> né tantomeno la passione che [[w:Søren Kierkegaard|Søren Kierkegaard]] (1813-1855) considera fede.<ref>Cfr. Søren Kierkegaard, ''Fear and Trembling'', trad. Alastair Hannay (New York: Penguin Books, 1985), 95.</ref> ''Emunah'' è "coscienziosità", "onestà" e "fiducia". Nel Talmud una persona che non mantiene la parola data è chiamata ''mechusar amanah'', "colui che manca di onestà" (cfr per es., ''Bava Metzia'' 49a). La fede, quindi, implica un certo carattere, una certa condizione dell’anima, che a sua volta richiede di vivere in una relazione d’amore con gli altri, e non solo con Dio. Sono questioni di onestà e devozione a rendere ebrei gli ebrei, e non la confessione di un credo o di una credenza. Dio non è l’oggetto della fede; piuttosto, Egli è il soggetto che comanda atti di amorevole gentilezza.
Come nel caso del cristianesimo, e contrariamente all'ebraismo, il fattore fondamentale nell'Islam è la ''fede'', che può essere vista nei Cinque Pilastri dell'Islam, il primo dei quali è la ''Shahada'', la professione di fede in Allah come unico Dio e in Maometto come suo profeta. La ''Salat'', o preghiera, si concentra su una relazione interiore con Allah. Il pilastro del ''sawm'', o digiuno per il mese di Ramadan, è indicativo della visione secondo cui l'aspetto carnale dell'essere umano è qualcosa che deve essere superato piuttosto che santificato. Un altro pilastro della fede islamica, l'elemosina o ''zakat'', assomiglia alla pratica ebraica, ma c'è chi sostiene che donare al ''jihad'' – la guerra contro i miscredenti – soddisfi l'obbligo della ''zakat'', così che la "carità", nella sua versione jihadista islamica, si trasforma nell'uccidere gli infedeli, oltre che nel nutrire gli affamati.<ref>Cfr. Sayyid Qutb, ''Social Justice in Islam'', trad. John B. Hardie (New York: Octagon Books, 1963), 137.</ref> Il quinto pilastro dell'Islam è l’''hajj'', l'obbligo di compiere un pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita del credente. Abbiamo quindi i cinque pilastri dell'Islam in contrasto con i tre pilastri dell'ebraismo: Torah, ''Avodah'' e ''gemilut chasadim'': studio della Torah, preghiera o servizio e atti di amorevole gentilezza (''Pirke Avot'' 1:2).
Il punto fondamentale per il cristianesimo e l'Islam è sostanzialmente lo stesso: l'ingresso in un paradiso ultraterreno si ottiene attraverso una fede personale e interiore. La fede che permette di accedere al Regno di Dio è ciò che rende un cristiano cristiano o un musulmano musulmano. Mentre la [[w:Tanakh|Bibbia ebraica]] non parla mai della "ricompensa eterna", essa è un tema frequente sia nelle scritture cristiane (ad esempio, {{passo biblico2|Giovanni|1:12-13}}; {{passo biblico2|Giovanni|3:14-16}}; {{passo biblico2|Atti|4:12}}; {{passo biblico2|Ebrei|2:3}}) sia nel Corano (ad esempio, [https://sufi.it/il-sacro-corano/23-surat-al-muminun/ Corano 23:99-104]; [https://sufi.it/il-sacro-corano/28-surat-al-qasas/ Corano 28:61]; [https://sufi.it/il-sacro-corano/34-sura-saba/ Corano 34:3-5]; [https://sufi.it/il-sacro-corano/45-sura-al-jathiya/ Corano 45:24-26]; [https://sufi.it/il-sacro-corano/69-sura-al-haqqah-linevitabile/ Corano 69:13-33]). Questa enfasi sull'aldilà nel cristianesimo e nell'Islam è pressoché sconosciuta nell'ebraismo. Per un ebreo, l’obiettivo non è entrare nel Regno di Dio, ma far entrare Dio in ''questo'' regno: questo sforzo è ciò che rende gli ebrei ebrei.
Quando il valore umano deriva dalla fede e la redenzione umana è ultraterrena, l'omicidio di massa di esseri umani in questo mondo può essere presto giustificato. Maometto sterminò gli ebrei [[w:Banū Qurayẓa|Banū Qurayẓa]] nel 627 e i Crociati massacrarono gli ebrei della Renania nel 1096, non perché gli ebrei si fossero macchiati di certi crimini o atti di crudeltà, ma perché si rifiutarono di adottare una certa fede. Naturalmente, gli ebrei non furono le uniche vittime dell'omicidio di massa dei credenti, come dimostrano la colonizzazione cristiana dell'Africa e delle Americhe e la conquista musulmana dell'India, del Nord Africa e della Spagna. Le Crociate, i massacri di Chmielnicki e i pogrom potrebbero non essere rappresentativi del vero cristianesimo più di quanto le azioni omicide del jihadismo islamico siano rappresentative del vero Islam. Ma non è un caso che tali azioni derivino da queste tradizioni. Sebbene sia vero che le Scritture Ebraiche raccontano un resoconto lugubre e orribile della conquista israelita della Terra Promessa, la ragione dichiarata per attaccare le sette tribù colpite (Ittiti, Amorrei, Gergesei, Cananei, Perizziti, Evei e Gebusei) non era che fossero miscredenti, ma che offrivano i loro figli in olocausto ai loro dèi "passandoli attraverso il fuoco" (cfr., ad esempio, {{passo biblico2|Deuteronomio|12:31}}), cosa abominevole per Dio.
Nella Torah, che il Corano afferma essere una falsificazione ebraica della Parola di Dio (cfr. 2:59; 3:78), è scritto: "Io pongo oggi davanti a te la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita" ({{passo biblico2|Deuteronomio|30:19}}). Scegliere la vita significa scegliere la santità, scegliere il bene, scegliere la gentilezza amorevole verso l'altro essere umano, incluso lo straniero in mezzo a noi. Significa rendere la propria vita una benedizione per la vita degli altri. Significa scegliere di ''non'' uccidere, anche a costo della propria vita. Significa scegliere di salvare vite, senza considerazioni di credo. In netto contrasto con questo insegnamento ebraico, il jihadismo islamico non solo sceglie la morte, ma la venera. [[:en:w:Laurent Murawiec|Laurent Murawiec]] spiega: "The constant repetition of the same stock phrases that prescribe and exalt killing and the veneration of death means that Allah wants blood, needs blood, that blood pleases Allah, whether the blood is that of His martyrs or that of His enemies. Allah demands blood as evidence of worship".<ref>Laurent Murawiec, ''The Mind of Jihad'' (Cambridge: Cambridge University Press, 2008), 59–60.</ref> Una simile mentalità è caratteristica dell'insistenza totalitaria e omicida che tutti aderiscano allo stesso ''-ismo''. Per l'ebraismo che determina ciò che rende ebrei gli ebrei, tuttavia, scegliere la vita significa scegliere non di salvare la propria pelle, ma di salvare la vita degli altri, non di imporre un'accettazione diffusa della dottrina, ma di generare atti diffusi di amorevole gentilezza, a prescindere da ciò che gli altri credono.
=== Significato ed elezione nell'ebraismo ===
"The important question of the meaning of being", come afferma [[Emmanuel Levinas]], esprimendo una visione prettamente ebraica, "is not: why is there something rather than nothing – the Leibnizian question so much commented upon by Heidegger – but: do I not kill by being?"<ref>Levinas, ''Ethics and Infinity'', 120.</ref> Il significato può essere realizzato solo attraverso una relazione con un altro, solo attraverso un orientamento verso qualcuno al di fuori di me, un orientamento che è comandato dall'alto, e non deciso da me attraverso la mia ragione o la mia determinazione. La parola ebraica per "significato", ''mashmaut'', ha come radice la parola ''shma'', che significa "udire". Avere un senso di significato e di missione significa avere il senso di udire una chiamata a cui dobbiamo rispondere, il che significa: devo rispondere a e per un altro, per il bene di un altro, anche fino alla morte. Altrimenti la mia vita non ha significato. Né ha senso la questione di cosa renda gli ebrei ebrei. Dal punto di vista dell'ebraismo, la questione del significato non ha a che fare né con l'essenza né con la fede, ma con l'atto dell'omicidio. Ciò che è in gioco nel nostro confronto con la questione di ciò che rende gli ebrei ebrei è il modo in cui intendiamo la relazione tra omicidio e significato.
{{clear}}
== Note ==
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}}
<div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div>
{{Avanzamento|75%|10 giugno 2025}}
[[Categoria:Connessioni|Capitolo 1]]
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Discussione:Storia del femminismo italiano
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Ciao @[[Utente:Hippias|Hippias]]. So che un tempo c'era la funzionalità di creazione pdf ''Crea libro'', ma non va più da un po' (ci sono anche state diverse discussioni anche durante le conferenze e nella mailing list Wikimedia sulle questioni tecniche di ripristino del servizio (ma non pare si facciano passi avanti). Vedo che nelle [[Aiuto:Come realizzare un PDF stampabile|pagine di aiuto]] viene proposto l'utilizzo di OpenOffice/LibreOffice, ma come? C'è un modo diverso dal creare le pagine pdf una ad una con il ''Print'' del browser e poi unirle in un unico pdf, che è la cosa più immediata che mi viene in mente ora? [[Utente:Camelia.boban|Camelia]] ([[Discussioni utente:Camelia.boban|disc.]]) 19:53, 10 giu 2025 (CEST)
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:Ciao @[[Utente:Camelia.boban|Camelia]]! Puoi provare a utilizzare questo: https://mediawiki2latex.wmcloud.org/ (però non garantisco sul risultato...). In alternativa o si fa come dici tu, cioè esportare ogni singola pagina in pdf e poi riunirle in un unico file con Acrobat (o equivalenti), oppure bisogna comunque copiare ogni singola pagina e poi incollarla in un altro programma (tipo LibreOffice) per impaginare il libro. Personalmente preferisco LaTeX: converto il markup wiki in markup LaTeX e poi genero il pdf – anche se in realtà non è un lavoro semplicissimo, qualche rogna salta sempre fuori e le immagini vanno riposizionate una a una... [[Utente:Hippias|<span style="font-family:Georgia, serif">Hippias</span>]] <sup>([[Discussioni utente:Hippias|msg]])</sup> 10:22, 11 giu 2025 (CEST)
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Imparare a insegnare in biblioteca/Mappe e bussole pedagogiche per l’azione educativa efficace del bibliotecario formatore
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Nuova pagina: Nel contesto digitale attuale, la Media and Information Literacy (MIL) e le competenze ad essa correlate, inclusa l’intelligenza artificiale, stanno assumendo un ruolo sempre più centrale come abilità fondamentali per la cittadinanza. I bibliotecari, indipendentemente dal fatto che operino in ambito scolastico, pubblico o accademico, ricoprono una funzione privilegiata nell’accompagnare utenti e studenti nello sviluppo di queste competenze. Tuttavia, spesso si trovano a...
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Nel contesto digitale attuale, la Media and Information Literacy (MIL) e le competenze ad essa correlate, inclusa l’intelligenza artificiale, stanno assumendo un ruolo sempre più centrale come abilità fondamentali per la cittadinanza. I bibliotecari, indipendentemente dal fatto che operino in ambito scolastico, pubblico o accademico, ricoprono una funzione privilegiata nell’accompagnare utenti e studenti nello sviluppo di queste competenze. Tuttavia, spesso si trovano a dover insegnare la MIL senza aver ricevuto una formazione pedagogica specifica o senza disporre di strumenti adeguati per progettare percorsi didattici efficaci.
La progettazione didattica deve essere considerata una competenza professionale essenziale per i bibliotecari impegnati nella formazione alla Media and Information Literacy (MIL). L’adozione di approcci fondati sulla progettazione didattica può potenziare la capacità dei bibliotecari di strutturare e offrire percorsi formativi incentrati sui bisogni dei discenti, rendendo l’insegnamento della MIL più efficace e mirato.
Si evidenzia la necessità di integrare i principi della progettazione didattica sia nella formazione iniziale sia nell’aggiornamento continuo dei bibliotecari, affinché possano rispondere in modo adeguato alle sfide poste dall’educazione alla MIL
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Nel contesto digitale attuale, la Media and Information Literacy (MIL) e le competenze ad essa correlate, inclusa l’intelligenza artificiale, stanno assumendo un ruolo sempre più centrale come abilità fondamentali per la cittadinanza. I bibliotecari, indipendentemente dal fatto che operino in ambito scolastico, pubblico o accademico, ricoprono una funzione privilegiata nell’accompagnare utenti e studenti nello sviluppo di queste competenze. Tuttavia, spesso si trovano a dover insegnare la MIL senza aver ricevuto una formazione pedagogica specifica o senza disporre di strumenti adeguati per progettare percorsi didattici efficaci.
La progettazione didattica deve essere considerata una competenza professionale essenziale per i bibliotecari impegnati nella formazione alla Media and Information Literacy (MIL). L’adozione di approcci fondati sulla progettazione didattica può potenziare la capacità dei bibliotecari di strutturare e offrire percorsi formativi incentrati sui bisogni dei discenti, rendendo l’insegnamento della MIL più efficace e mirato.
Si evidenzia la necessità di integrare i principi della progettazione didattica sia nella formazione iniziale sia nell’aggiornamento continuo dei bibliotecari, affinché possano rispondere in modo adeguato alle sfide poste dall’educazione alla MIL.
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