Wikibooks itwikibooks https://it.wikibooks.org/wiki/Pagina_principale MediaWiki 1.45.0-wmf.5 first-letter Media Speciale Discussione Utente Discussioni utente Wikibooks Discussioni Wikibooks File Discussioni file MediaWiki Discussioni MediaWiki Template Discussioni template Aiuto Discussioni aiuto Categoria Discussioni categoria Progetto Discussioni progetto Ripiano Discussioni ripiano TimedText TimedText talk Modulo Discussioni modulo Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/India 0 17152 477784 456176 2025-06-12T15:14:27Z Eumolpo 4673 ortografia 477784 wikitext text/x-wiki {{Forze armate mondiali}} [[File:Fin Flash of India.svg|150px|left|thumb]] L' '''[[w:India|India]]''', l'attuale ascendente superpotenza asiatica, nonché la più grande democrazia del mondo, ha uno strumento militare di tutto rispetto. Terra di antica civilizzazione, ma non unificata come successe altrove, entra nella storia occidentale con le campagne di '''[[w:Alessandro Magno|Alessandro Magno]]''' che sull'Idaspe sconfisse Re Poro in una incerta e discussa battaglia, la più famosa di tante altre combattute dopo che il passaggio attraverso l'Afghanistan meridionale portò il suo esercito a confrontarsi con l'Himalaya, non lasciando altra alternativa che deviare verso sud. La sua forza moderna iniziò a costruirsi anche prima dell'indipendenza, per esempio l'aviazione anglo-indiana nacque nel 1932. Durante degli anni '40 la lotta contro il Pakistan si era conclusa nella prima, sanguinosa guerra indo-pakistana, in cui musulmani e induisti si massacrarono in un conflitto civile di grande violenza. In seguito vi fu una guerra contro la Cina nel 1962, contro il Pakistan nel 1965 e infine contro ancora il Pakistan nel 1971. Nel tempo vi sono state molte altre tensioni: la guerra combattuta ai confini per il ghiacciaio Siachen, praticamente ignota ai mass-media occidentali, ha visto il campo di battaglia più alto del mondo, spesso con operazioni oltre i 6.000 metri, mettendo a durissima prova gli uomini coinvolti. Più di recente, un'altra misconosciuta guerra ha visto l'Aviazione Indiana e le forze di terra contro forze pakistane nel Kargil. In quell'occasione 2 aerei e un elicottero indiani vennero abbattuti da missili, probabilmente Stinger o i nuovi Anza. Le tensioni non sono diminuite molto contro il Pakistan, ed entrambe le nazioni hanno una capacità, ancorché limitata, nel campo nucleare, come anche nel campo dei missili balistici. In ogni caso, con una popolazione di oltre un miliardo di persone (con una densità di circa 300 abitanti per kmq malgrado le immensità della superficie del subcontinente indiano) di cui oltre l'81% di religione induista (contro il 95% di musulmani del Pakistan), l'India ha potenziali problemi di tipo sociale e alimentare immensi. Con il Pakistan la differenziazione è avvenuta soprattutto dopo il 1948: prima gli induisti erano comuni anche lì, ma la guerra civile ha alzato un vero e proprio muro etnico-religioso tra le due nazioni che sono sorte dal tempo dell'indipendenza il 15 agosto 1947. La secessione del Bangladesh il 16 dicembre 1971 fu un fatto importante, come anche la disputa per il Kashmir e le sue riserve d'acqua (il ghiacciaio Siachen) che dura dal 1965, dopo un momentaneo abbassamento della tensione che già nel 1947 aveva cominciato ad esserci su chi dovesse prendere il controllo di questa regione. L'India era uno dei Paesi più importanti tra quelli 'non allineati', ma dopo la fine della Jugoslavia e lo 'sbilanciamento' dell'Egitto verso gli USA si considera il leader di questi, anche se oramai la Guerra fredda è finita. L'India è nemica anche della Cina. La Cina e il Pakistan, piuttosto freddi con gli USA sono tra di loro alleati. L'India è invece assiduo cliente dell'URSS e poi della Russia, ma anche di Israele. Visto che la Cina a sua volta è cliente della Russia e di Israele, finisce che per esempio, i Su-30 siano, in versioni diverse, in carico in entrambe le nazioni, come anche gli aerei della famiglia MiG-21, i missili SA-2 e altro ancora. In effetti, indirettamente o direttamente, entrambe sono fornite dai russi, dagli italiani, francesi e israeliani. Visto che molti dei sistemi europei e israeliani hanno tecnologie americane, di fatto anche gli USA, che non hanno mai fornito direttamente di armi l'India, sono un loro fornitore in termini di tecnologie militari, anche se per 'interposta persona' e senza nessun particolare entusiasmo. ===Le guerre indiane: il 1947-1948=== Dal 1858 l'intero subcontinente indiano venne messo sotto il controllo della Gran Bretagna, di cui divenne il gioiello della Corona. Ma le proteste aumentavano nella prima metà del XX secolo e Gandhi cercò di usare al meglio la sua autorità morale per impedire che si arrivasse ad uno scontro violento e frontale con gli Inglesi, i quali del resto apprezzarono la cosa e si impegnarono, non senza dispiacere, ad accordare all'India l'indipendenza a seguito della sua partecipazione alla Seconda guerra Mondiale. Il ritiro inglese avvenne ufficialmente il 15 agosto 1947. Ma purtroppo, questo non diede nessuna pace all'area. Dopo un anno, si formò l'Unione Indiana, legata al Commonwealth, formata da India, Bengala e Belucistan, questi ultimi uniti nella nazione del Pakistan (indipendente dal 15 luglio 1947), una scelta infelice dato che non c'era modo di amministrare due parti di una stessa nazione divise da oltre 1.000 km di distanza; ma la guerra civile eruppe perché vi fu la disputa sul Kashmir, a maggioranza musulmana, incluso nel territorio dell'India induista. Quando i Pakistani passarono il confine e puntarono su Shrinangar, capitale della regione, gli indiani intervennero con i paracadutisti trasportati dai Dakota. La RIAF indiana era similmente equipaggiata rispetto alla PAF in termini qualitativi, ma maggiore in termini quantitativi. Essa aveva non meno di 89 Tempest FB. Mk2 una quarantina di B-24 e alcuni trasporti C-47 Dakota. Dal 1948 ebbe i suoi primi aviogetti, anche se si trattava dei modesti Vampire. La PAF aveva aerei simili, ma con i bombardieri pesanti rappresentati dagli Halifax. L'ONU risolse la controversia dando un terzo del Kashmir al Pakistan, ma i processi di riarmi continuavano, per esempio con i circa 60 Sea Fury Mk.60 e i Supermarine Attacker per la PAF, più ulteriori Halifax, aerei da trasporto ecc. Ad un certo punto però si alleò agli USA con F-86, B-57 e F-104. ===1965<ref>Sgarlato Nico: ''Le guerre dei Poveri'', Aerei novembre 1995</ref>=== Durante la guerra del 1965 non vi fu una netta superiorità da una parte sull'altra. Le forze aeree indiane erano state, negli ultimi anni, riequipaggiate con materiali di ogni genere, ed erano tra le più potenti a livello mondiale. Questo fatto derivò dalla guerra condotta contro la Cina nel 1962, anche se in tal caso l'aviazione indiana non venne portata in azione per motivi essenzialmente politici. Esse vertevano su 27 squadroni con: *diversi MiG-21(almeno 8-10 in servizio, numerosi altri in ordinazione) * 118 Hunter (forniti negli anni 1957-60 in 182 Mk 56) * 120 Dassault Mystere IVA, di cui almeno 80 in servizio al 1965(servizio 1956-74) * 50 Folland Gnat (forniti negli anni 1957-62 in 238 esemplari) * 56 Dassault Ouragan (arrivati in 104 esemplari, servizio 1953-67) * 132 De Havilland Vampire (forniti in 500 esemplari dal 1948, servizio fino al 1992 ma fuori dalla prima linea dal 1965) * 60 BAC Camberra (forniti negli anni 1957-60 in 93 Mk 8) Tutto questo arsenale di aerei, decisamente poderoso per una nazione del Terzo Mondo, era ripartito in 27 squadron da caccia e tre bombardieri. L'aviazione di marina aveva una portaerei e i Sea Hawk (forniti negli anni 1960-66 in 81 esemplari) * elicotteri Bell 47, dal 1957 * Mi-4 (121) dai primi anni '60 * Aluette II e III, oltre 800 comprati nel 1961-79 * 89 C-119 * 9 Super Constellation * 68 Avro Hs.748 * 65 An-12 * 26 Il-14 In pratica, questa forza aerea era stata concepita per operare ai massimi livelli di potenza possibili per un Paese del Terzo mondo: il numero di caccia a reazione di prima generazione arrivava a circa 700 esemplari, ed era basata sugli eccellenti caccia Hunter Mk56 inglesi, appoggiati dai Folland Gnat, minuscoli ma agili apparecchi, mentre un cospicuo numero di aerei era costituito dai Mystere francesi, gli stessi apparecchi che consentirono alla HHA israeliana di sopraffare i MiG-15 egiziani nel '56. Macchine ben più vecchie erano i Vampire, mentre gli Ouragan, chiamati localmente Toofani erano abbastanza efficaci, ma obsoleti. La componente da bombardamento verteva su quasi 100 Camberra ultima versione, che costituivano un fatto insolito per una forza aerea del Terzo mondo, equipaggiata con un potente strumento di attacco a lungo raggio, nonché da ricognizione ad alta quota. Gli aerei da trasporto vertevano su macchine inglesi, americane e sovietiche. Tra quelle significative vi erano ben 65 Cub, che erano gli equivalenti russi del C-130. Missili di vario tipo cominciavano ad entrare in servizio, con gli AA-2 Atoll per i MiG, e gli SA-2 per i siti terrestri. Gli elicotteri erano numerosi e nel caso dei Mi-4, potenti. L'Esercito indiano, sempre nel 1965 aveva un totale di circa 1.450 carri armati tra Centurion, T-54/55, M4, PT-176 e AMX-13. La PAF aveva solo 92 F-86, 25 B-57, 10 F-104 e due F-104B, 12 T-33. La guerra nondimeno venne iniziata dai Pakistani, forse perché pensavano che gli Indiani fossero già preoccupati abbastanza dai Cinesi, con i qualie ebbero una guerra nel '62 (senza uso di aerei per limitarne la portata) sul fronte tibetano. L'ONU aveva deciso che ci volesse una consultazione popolare per stabilire a chi andasse il Kashmir, ma nessun referendum venne mai indetto e gli Indiani nel '64 vollero far presente che intendevano annettersi i 2 terzi della regione che già controllavano in maniera amministrativa. A questa dichiarazione i bellicosi pakistani mandarono in azione guerriglieri che innescarono l'intervento dei due eserciti. Il 1 settembre i Pakistani entrarono oltreconfine dando inizio a quella che venne chiamata 'guerra dei Poveri', forse ingenerosamente data l'entità delle forze in campo. La IAF reagì con 28 sortite dei Vampire, FB Mk.9 e Ouragan, rivendicando 14 carri e 30 veicoli, ma due F-86 abbatterono un quartetto di Vampire e questo fece sì che i superstiti venissero ritirati in seconda linea, un grosso colpo per la IAF. Gli Gnat, il 3 settembre, abbatterono un F-86F e un altro venne abbattuto dalla contraerea, il 4 settembre rivendicarono altri 2 Sabre. Nondimeno le forze di terra pakistane stavano cercando di circondare quelle indiane, e gli F-86 attaccarono con i razzi da 127 mm la base di Armitsar. Le divisioni indiane mandarono allora un attacco diversivo il 6 settembre su Lahore, pesantemente appoggiati dall'aviazione. Vi furono parecchi attacchi e combattimenti tra Sabre e Hunter e sorprendentemente i primi si dimostrarono migliori dei secondi, prevalentemente per i missili AIM-9 (che pure appesantivano di circa 250 kg l'aereo). Bombardieri Camberra e B-57 erano impegnati durante la notte, con uno dei secondi abbattuto dalla contraerea, e uno dei primi colpito da un F-104A. IL 7 settembre venne attaccato Sargodha nel Punjab con sei Mystère, la contraerea abbatteva uno degli attaccanti, un altro venne colpito da un F-104 che poi venne distrutto da un secondo aereo. Poi ci fu il famoso episodio di Alam, che era a capo di una formazione di 4 F-86 e che distrusse 5 Hunter in pochi secondi con missili e mitragliatrici. In effetti il successo ci fu, ma secondo le ricostruzioni si trattò di 2-3 aerei. Gli Hunter erano robusti e le mitragliatrici da 12,7 erano poco efficaci contro i più piccoli MiG-15. Forse la presenza di serbatoi posteriori, sopra il motore, rendevano gli Hunter più vulnerabili al tiro dei caccia? In ogni caso Allam dichiarerà alla fine della guerra 11 vittorie, diventando l'eroe della situazione. In seguito divenne un predicatore islamico dopo una crisi personale negli anni successivi. Secondo osservatori internazionali, dopo 10 giorni c'erano 50 perdite per la PAF e 45 per la IAF, mentre già l'11 settembre vi fu uno scontro senza effetto tra F-104 e 4 MiG-21F decollati da Halwara, ancora in addestramento. Poi vi furono perdite il 14 settembre con un Hunter e un F-86. Il 17 settembre vi fu un attacco al suolo al suolo contro gli aeroporti pakistani, i Sabre colpirono un convoglio stradale vicino Sialkot e i B-57 sulla base di Sirsa a 150 km da Nuova Delhi. Finalmente, il 18 settembre vi fu l'inizio delle trattative per la pace in ambito ONU, ma ancora nel 19 settembre si dichiarò l'abbattimento di 2 F-86 contro un caccia Gnat, e un altro ancora vide la vittoria degli Gnat sul Sabre.Il 20 settembre un F-104A abbatté un Camberra con un Sidewinder, la prima intercettazione notturna senza contatto ottico, mentre il 19 settembre un F-104 andò distrutto durante l'atterraggio a causa di una tempesta di sabbia a Peshawar. La tregua venne accettata dal Pakistan il 23, dall'India già il 22. Oramai del resto, non c'erano più le risorse per continuare la guerra, dopo l'embargo USA e inglese. Le dichiarazioni parlavano da parte indiana di: 5.259 uccisi o catturati tra i Pakistani, 471 carri, 73 aerei distrutti. I Pakistani rivendicavano 8.200 uccisi o prigionieri, 500 carri, 113 aerei. L'ammissione delle perdite fu invece di 33 per la IAF e 19 appena per la PAF in termini di aerei. Le vittorie erano, secondo i Pakistani, 35 di cui ben 19 su Hunter, 6 Gnat, 4 Vampire, 1 Mystère colpiti dagli F-86 e deu Mystère e un Camberra da parte degli F-104, contro 7 Sabre e un F-104. Poi però si ridusse notevolmente a 12 Hunter, 4 Vampire, 3 Mystere, 2 Gnat e un Camberra. I missili AAM erano in servizio solo nella PAF e nei reparti non ancora operativi della IAF su MiG-21; la IAF però aveva anche i missili SA-2 che danneggiarono gravemente un RB-57 e ad abbattere un C-130B in missione di bombardiere notturno, che era usualmente svolta con 22 bombe da 454 kg. La PAF usò anche T-6 e T-33. Dato che gli Gnat riuscirono ad abbattere almeno 6 F-86, mentre i Mistèere si consolarono con la vittoria contro un F-104, e gli Hunter al contrario ottennero solo qualche successo contro gli F-86, forse perché usato soprattutto per l'attacco al suolo. Nonostante questa potenza, superiore in numero di 3-4:1 a quella pakistana, l'IAF non fu capace di surclassare i suoi oppositori pakistani. I caccia supersonici erano, da entrambe le parti, solo una manciata ma i missili aria-aria erano maggiormente diffuse nella PAF pakistana, con una parte degli F-86 già equipaggiati in merito. Nell'insieme la guerra si esaurì senza progressi sostanziali per i contendenti, anche se la IAF subì perdite superiori, e in una battaglia ad oltranza non è facile dire quale delle due forze aeree avrebbe cancellato l'altra. Il ridotto raggio d'azione degli aerei rendeva difficile far valere, su di un fronte ristretto, la superiorità numerica indiana, anche perché erano necessari vari reparti aerei per tenere sotto controllo il confine con la Cina. ===1971=== Durante la guerra del 1971 vi erano i seguenti equipaggiamenti: * 7 sqn. con 88 MiG-21FL, in fase di consegna altri 50 MiG-21MF * 3 con 60 Camberra Mk 8,15,16,58 * 4 con 100 Su-7BKL * 7 con 166 Gnat/Ahejeet * 150 Hunter+ 26 biposto T.Mk66 * 60 HF-24 Marut * alcuni [[w:Tu-16|Tu-16]] * 2 sqn. con [[w: Dassault Mystère|Mystère IVA]] *C-119, An-12, Il-14, Mi-4, Mi-8 e altre macchine minori. Più gli aerei della Marina: * 35 Sea Hawk * otto Lockheed Constellation, pare trasformati in AWACS * 6 Camberra PR. Mk 57 * 12 Alizé ASW *2 Sea King, 10 Alouette (la Vikraant in genere aveva 18 Sea Hawk, 4 Alizé, 2 elicotteri per volta). A tutto questo si aggiungevano gli aerei d'addestramento e gli elicotteri dell'aviazione dell'Esercito: Alouette, Mi-8, e Bell 47. L''''esercito''' aveva disponibili, al dicembre 1971, un totale di 200 [[w:Centurion|Centurion]], 250 Sherman, 450 [[w:T-54/55|T-54/55]], 300 Vijantia, 150 [[w:PT-76|PT-76]] e 140 AMX-13<ref>Pignato, op cit</ref>. Essi erano ripartiti in due divisioni corazzate e tre brigate corazzate indipendenti. Questa dotazione di carri armati era realmente cosmopolita, mancando soltanto i carri armati tedeschi per completare una costellazione di Paesi fornitori che comprendeva 4 delle 5 potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale. Una novità rispetto alla guerra precedente era il Vjantia, ovvero il Vickers Mk1, un carro armato per l' 'export', con elementi dello Chieftain ma una stazza minore e un costo più modesto. Esso venne prodotto su licenza in India e utilizzato per modernizzare la linea carri dell'Esercito, grazie anche al cannone da 105 mm e al sistema di controllo del tiro che possedeva. Nell'insieme si trattò di un buon affare, e permise di attendere con una certa serenità l'arrivo di carri più moderni, quali i T-72. Quanto ai Pakistani, alle forze corazzate nemiche rispondevano con 135 M47, 65 M48, 50 T-55 e 200 T-59, più 200 blindati leggeri, ripartiti in una divisione corazzata e due brigate corazzate indipendenti. Tutti gli scontri principali di terra, esattamente al contrario di quelli aerei, si ebbero stavolta nella zona orientale, giustamente indicata dagli strateghi indiani come il punto debole dello strano stato 'composito' che era il Pakistan all'epoca. Lanciando i carri armati in zone dove il loro impiego era ritenuto impossibile, gli indiani vinsero in particolare a Shakargarh con i Centurion contro la 6a Divisione pakistana con M47 e 48, che venne sconfitta dal tiro dei carri indiani. Quanto alla campagna aerea e navale, esse meritano senz'altro un approfondimento, così come la situazione politica dell'epoca<ref>per la campagna aerea vedi Sgarlato, Nico: ''La terza guerra indo-Pakistana'', Aerei ago 1998</ref>. Dunque, con la guerra del '65 non si riuscì a superare con la forza quello che la politica si era dimostrata incapace di risolvere con la diplomazia, specialmente per il Kashmir, a tutt'oggi conteso (e il cui grande ghiacciaio di Siachen è definito 'il campo di battaglia più alto del mondo', con incursioni di commandos e bombardamenti d'artiglieria continui e migliaia di morti in quella che resta una guerra non dichiarata tra le due potenze nucleari asiatiche). Nel marzo del '71 il Pakistan Orientale, ovvero il Bengala, si proclamò indipendente, il che era dovuto alle troppe differenze, anche economiche, tra le due 'parti' del Pakistan, ma soprattutto al regime militare e oppressivo che all'epoca aveva Islamabad, e che esasperò gli animi dei Bengalesi. A tutto questo ci si aggiunse il terribile uragano del '71 che provocò una catastrofe tra le maggiori (persino peggiore dello Tsunami del 2004) mai avute dall'umanità. La situazione era drammatica e visto che il governo in esilio del Bengala aveva sede in India, tanto valse che quest'ultima tentasse di recidere il legame tra i due Pakistan, che oggettivamente era molto debole di suo, se per l'appunto il Pakistan orientale si era dichiarato indipendente, e i Pakistani avevano represso con migliaia di esecuzioni i dissidenti. La cosa era favorevole all'India, ma bisognava stare attenti, perché sempre ai confini orientali c'era pur sempre la Cina, alleata del Pakistan e nemica degli indiani. All'epoca la IAF era nota, localmente, come Satyamewa Jyate Bharat, e disponeva delle maggiori forze aeree asiatiche, eccetto la Cina. Il Pakistan al confronto possedeva solo per la sua Fizai Fogg (PAF) 24 B-57B, C e D, nonché RB-57B ed F (4 in tutto, inclusi nel totale), e 5 Il-28 cinesi(?); 15 Mirage IIIEP, 3 IIIRP, 130 Sabre di cui 90 Mk 6 ex-LW, 17 F-104A e B di cui una decina giordani del No.9 Sqn, 70 (o forse meno, visto che la prima fornitura pare fosse solo di 60 in tutto) F-6 e 5 MiG-15UTI; non mancavano poi 25 T-37B e C, 5 RT-33A, 9 C-130B e E, 8 C-47, forse altri aerei tra cui una decina di C-130 sauditi; 14 Bell OH-13, 14 Alouette III, 7 UH-19, 4 HH-43B e 5-6 Mi-4 o Mi-8 cinesi, oltre a qualche altro elicottero fornito da nazioni amiche del mondo arabo. Dopo tanta tensione, la PAF entrò in azione per prima il 3 dicembre 1971, anche stavolta quindi si trattò di una guerra tutt'altro che improvvisa e imprevista, ma aggravata dall'incapacità politica di trovare una soluzione ragionevole (che d'altro canto, a quel punto avrebbe significato l'indipendenza del Pakistan Orientale, inaccettabile per Islamabad), con un'azione di Sabre e B-57 contro vari obiettivi militari e civili. Il 4 dicembre gli Indiani non si fecero indietro dal cercare una guerra a quel punto, totale: i MiG-21 andarono su Dakka e bastarono 4 di essi per metterne KO l'aeroporto con un preciso attacco in picchiata e 8 bombe da 500 kg in pieno sulla pista. Per i dettagli vedi la pagina del Bangladesh. Certo è che i piloti indiani si dimostrarono molto preparati, usando come interdittori dei caccia dalle capacità a dire il minimo limitate, anche se si trattava dei MiG-21FL e non dei primi F. La contraerea e i 14 Sabre Mk.6 presenti localmente dichiararono complessivamente 5 aerei, ma persero 3 caccia e soprattutto l'aeroporto rimase chiuso per la giornata, e definitivamente al terzo attacco del quartetto dei MiG. Allora i Pakistani puntarono sul Kashmir per alleggerire la pressione su Dakka. Dal 4 dicembre entrò in azione anche il Marut, ultimo caccia di Kurt Tank (quello dell'FW-190), una macchina dalla linea aggressiva ed elegante, ma piuttosto deludente in servizio operativo. Nondimeno, il 7 dicembre gli indiani rivendicarono un F-86 pakistano con tali aerei. L'8 dicembre contro il Pakistan orientale volarono anche i Sea Hawk della portaerei indiana. I Pakistani tentarono disperantamente di dissuadere gli Indiani a colpire il Bengala con attacchi condotto da Ovest con l'uso anche dei Mirage III. Ma nonostante vari successi, gli Indiani continuarono la pressione colpendo anche Karachi e poi, con Marut e Hunter, molti carri del 27th reggimento di cavalleria pakistano a Longewala. Era passata una settimana dall'inizio della guerra quando le dichiarazioni nei duelli aerei parlavano di 73 vittorie indiane e 102 pakistane. Si sà che un F-104 abbatté il 10 dicembre un Alizé, sempre vicino a Karachi, l'11 i paracadutisti indiani sbarcarono vicino a Dakka, il 12 era oramai quasi finita per questo teatro di guerra, mentre un MiG-21 abbatteva uno Starfighter pakistano, che era sfuggito ai missili Atoll con i flare, ma non riuscì a scappare anche al tiro del cannone da 23 mm, appositamente richiesto dagli indiani. Dal 15 dicembre i Pakistani trattarono la resa del Bengala, e alle 20 del 17 gli indiani sospesero ogni ostilità. Il Bengala venne sottoposto ad una votazione popolare e divenne indipendente come attuale Bangladesh, mentre i Pakistani avevano pagato il vano tentativo di difenderlo con 8.000 morti, 25.000 feriti e 85.000 prigionieri. Il Pakistan perse anche 22 navi di vario tipo (inclusi due sottomarini, rimasti imbottigliati con la caduta del Pakistan orientale), ma affondò la fregata Kukri indiana con 197 vittime grazie al suo sottomarino Anghkor, che dimostrò se ce ne fosse bisogno (vedi la fine dell'HMS Barham, della Shokaku, del Belgrano e di tanti altri) come il siluro pesante sia un'arma dalle capacità devastanti e pericoloso non solo per la nave, ma anche per il suo equipaggio. I reparti di terra persero anche non meno di 220 carri. L'aviazione avrebbe avuto 94 perdite secondo gli Indiani, con 54 Sabre, 9 F-104, 6 Mirage III e 25 altri tipi, ma la PAF riconosce solo 25 perdite. I comunicati indiani parlano delle proprie perdite come di 3.000 morti e 12.000 feriti, ma secondo fonti internazionali le perdite sarebbero state in tutto circa 20.000, oltre a 83 carri, la fregata e 106 aerei di cui 32 Hunter, 32 Su-7, 10 Camberra, 9 MiG-21, 5 Mystère IVA, 5 Marut, 3 Gnat, un Alizé, un Mi-8 e altri 8 di tipo non precisato. La IAF, però, riconosce solo 54 perdite. Dopo la guerra la fornitura di macchine supersoniche continuò, con il potenziamento dei reparti su MiG-21 fino all'introduzione dell'MF. In ogni caso l'FL era già un modello migliorato dell'F, in quanto aveva un cannone da 23mm in aggiunta ai poco affidabili missili AA-2. Gli Indiani reclamano parecchi F-104 distrutti, di cui almeno 4-5 dai MIG-21; i Pakistani ne ammettono, almeno in duello aria-aria, due. In ogni caso, dato che i MiG ebbero due sole perdite sicuramente avvenute, una contro un F-86 e una contro un F-6, è chiaro che il confronto, giusto rimandato nel '65, vide il MiG superare il '104, uno dei pochi confronti in cui un caccia dell'Est superò in pariclasse occidentale. Una delle innovazioni rispetto al 1971 fu l'introduzione del Marut, un progetto indigeno per un cacciabombardiere supersonico. Esso ottenne un successo limitato, ma comunque rappresentò un esercizio progettuale notevole per l'India. Un Marut abbatté durante la guerra un F-6 pakistano con i suoi 4 cannoni da 30 mm. I Su-7 erano un'altra innovazione, che comunque non mancò di suscitare perplessità. Esso venne ampiamente utilizzato e i pakistani reclamarono 32 vittorie a suo danno, mentre gli indiani ne riconobbero 14. Esso si dimostrò una macchina dai comandi pesanti, dal modesto raggio d'azione ed avionica. Tuttavia, nonostante questi ed altri difetti come l'alta velocità d'atterraggio, esso era una stabile piattaforma di tiro, molto robusto e capace di portare attacchi tattici devastanti. Non aveva il raggio e l'avionica del suo omologo americano F-105, ma era un cacciabombardiere d'appoggio tattico che superava notevolmente quanto in precedenza era a disposizione della IAF e come tale ebbe vari successi, tra cui uno a danno di un F-6 pakistano. Infine erano entrati in servizio le copie indiane degli Gnat, gli Hajeet, ora prodotte in quantità dalla HAL. Tra gli episodi meritevoli di menzione l'uso degli An-12 'Cub' come bombardieri pesanti a lungo raggio. Già i pakistani usarono in tal modo, pur avendo anche i B-57, i C-130A durante la precedente guerra, e gli indiani utilizzarono allo stesso modo gli An-12, tutto sommato più adatti in tale ruolo degli omologhi americani, essendo molto più veloci (con oltre 700 kmh) e dotati di una torretta caudale, utile anche per dare l'allarme ai piloti. Non uno di questi Antonov fu in effetti abbattuto, nonostante vari tentativi di intercettazione dei Mirage pakistani. Quanto alle operazioni navali, accennato del successo (l'unico di cui si abbia notizia) del sottomarino pakistano, e dell'impiego della portaerei indiana, ecco la vera novità della guerra sul mare: l'impiego massiccio delle unità missilistiche. Ma solo da parte indiana. Se le 'Komar' erano state le autrici dell'attacco all'EILAT israeliano nell'ottobre del '67, stavolta fu l'uso delle ben più potenti 'Osa' a catturare l'attenzione. L'attacco venne svolto contro Karachi con azioni notturne, per evitare che le forze aeree pakistane reagissero con la loro usuale rapidità<ref>Per tutta questa parte, vedi [http://www.bharat-rakshak.com/MONITOR/ISSUE4-4/harry.html Articolo sulle missioni navali indiane durante la guerra del '71]</ref>. La prima di queste azioni era la 'Trident', e venne svolta nella notte del 3 dicembre dalle INS Nipat (Lt.-Cdr B.N Kavina, VrC), INS Nirghat (Lt.-Cdr I.J Sharma, AVSM, VrC), INS Veer (Lt.-Cdr O.P Mehta, VrC, NM). Avanzarono a 'cuneo', viaggiando a 24 nodi, dopo essere state rifornite in mare e con una quarta unità che copriva il fianco da eventuali attacchi pakistani. C'era anche una corvetta 'Petja', la INS Kiltan(Cdr K.P Gopal Rao MVC VSM). Avvicinandosi al principale porto del Pakistan, alle 20.30 localizzarono un bersaglio di grosse dimensioni. Nondimeno, è sorprendente come l'acquisizione dell'INS Nirgat avvenisse già a ben 45 miglia, che se si tratta di miglia nautiche equivalgono a ben 83 km, ben oltre i 40 km di linea d'orizzonte che teoricamente sarebbero il limite entro cui un'antenna, posta a circa 15 metri d'altezza, possa localizzare un altro bersaglio alla stessa altezza [http://radarproblems.com/calculators/horizon.htm vedi l'apposito calcolatore]. Evidentemente le riflessioni anomale, se possono cancellare contatti radar (specie aerei) aiutano spesso, grazie ai 'rimbalzi' sulla ionosfera, a beccare navi più lontane del dovuto. I radar appositamente costruiti sono chiamati anche OTH (Over the Horizon) e molti tipi navali hanno una certa capacità di fare questo tipo di scoperte, anche se non è una cosa così affidabile come l'acquisizione diretta e riguarda essenzialmente navi o al più, obiettivi lenti come elicotteri in hovering. In ogni caso, la nave avvistata era il KHAIBAR, una grossa silurante ex-britannica della classe 'Battle', particolarmente pensata proprio per il contrasto antiaereo, con 5 pezzi da 114 mm e e vari da 40. Non gli sarà però d'aiuto, quando l'equipaggio vide la 'luce brillante' che gli si dirigeva contro e a cui prontalmente si sparò. Ma nonostante lo Styx offrisse un valido punto di mira con il bagliore del suo potente razzo, non vi fu alcun successo e quello che si credeva il postbruciatore di un aereo in volo a bassa quota, si avvicinò ed esplose contro la nave alle 22.45 (c'era stato bisogno di serrare le distanze, solo gli Styx-C hanno una gittata pari alla portata di scoperta dimostrata dai radar quel giorno). Nonostante stesse viaggiando a 20 nodi, non ebbe modo di evitare l'attacco nemmeno contromanovrando e si ritrovò senza elettricità e motore, centrati in pieno dalla testata HEAT. Sparò nondimeno contro il secondo missile in arrivo, pochi minuti dopo, sempre credendo che fosse un caccia. Ma quest'arma, impattata 4 minuti dopo, era per l'appunto un altro missile e centrò in pieno la nave pakistana. Se c'erano volute 2 ore e 3 impatti diretti per l'Eilat, bastarono 2 missili e pochi minuti per il pur più grosso (2.400 vs 1.700 t) Khaiber, che presto affondò in fiamme. Mentre la Nirgat distrusse il caccia pakistano, la Nipat lanciò missili contro il cargo 'Venus Challenger' che stava portando munizioni da Saigon, e il caccia di scorta PNS Shahjahan, simile al Kheiber. La prima nave venne distrutta da un missile della Nipat, a cui seguì un'enorme esplosione che la spezzò in due e la affondò in 8 minuti. Erano poco dopo le 23. L'altro missile sparato nella circostanza dalla NIPAT colpì presumibilmente il caccia che la scortava, ma la cosa è dibattuta e a tutt'oggi non si sa cosa colpì il secondo missile (in ogni caso, notevole è che le 'Osa' potessero già attaccare due bersagli in simultanea), mentre si sa che il caccia fu danneggiato (da cosa non è chiaro) oltre le condizioni per essere riparato. Il porto era a 32 miglia lontano e venne lanciato un altro missile, stavolta contro il INS Muhafiz, un grosso dragamine che venne colpito e disintegrato, senza nemmeno che avesse il tempo di lanciare un SOS alla radio. Nonostante la paura di attacchi aerei pakistani, con le difese oramai allertate, la NIPAT serrò fino a 14 miglia e lanciò un missile contro un bersaglio del porto, nonostante che gli Styx fossero solo missili 'antinave'. Ma dato il risalto radar dei serbatoi giganti di petrolio, si provò. Il primo missile colpì l'obiettivo, il secondo malfunzionò e con esso la NIPAT finì le munizioni, dopo avere affondato il caccia e colpito un serbatoio di petrolio, mentre nel frattempo i Camberra della IAF stavano bombardando il porto dalle 22.00 di notte. Nonostante i problemi di comunicazione, e quelli ai motori della Veer, la formazione si ritirò indenne. La corvetta ebbe dei problemi non propriamente marginali quando in rapida sequenza, le sue due turbine andarono in avaria, lasciandola sui soli diesel a 13 nodi. Anche la Nipat ebbe problemi con il sistema di lubrificazione: a pochi km dalla costa nemica, dovette diminuire a 7 nodi, per poi riamuentare, ma solo dopo 2 ore, a 30, limitandosi ai due terzi della velocità massima per non avere altri problemi meccanici, tanto che venne data per 'presumibilmente affondata'. Dopo l'arrivo a Mangrol, anche i diesel della corvetta di supporto INS Kiltan andarono in avaria. Decisamente, i motori delle unità sovietiche non si dimostrarono nella circostanza affidabili, benché fossero navi moderne (problemi simili li ebbero anche le 'Osa' arabe nel '73, quando difficilmente poterono tenere oltre i 23 nodi, non riuscendo a seminare le navi israeliane). Solo la notte del 4 dicembre una nave pakistana scoprì i superstiti del Muhafiz, che nemmeno si sapeva distrutto, mentre il caccia Shahjahan era rientrato in porto evidentemente danneggiato da qualcosa, se non poteva fare nessun'altra uscita in mare per il soccorso ai naufraghi del Kheiber. Il 5 dicembre i superstiti del caccia vennero presi, dopo quasi due giorni in mare, dalle navi mandate in soccorso e inizialmente indotte all'errore data la posizione riportata in maniera non corretta del caccia prima dell'affondamento. Nel frattempo vi furono discussioni animate tra il comandante della Marina pakistana e quello dell'aviazione, che nondimeno non ordinò un attacco aereo sulle unità indiane in ritirata, ma che non potevano essere andate molto lontane in 6 ore. In compenso, per proteggere Karachi venne istituita una piccola flotta di aerei da sorveglianza, anche civili. Ma l'unico risultato fu l'identificazione di una nave missilistica indiana che in realtà era l'INS Zulfiquar, mandata anch'essa in ricerca delle navi indiane e che venne invece mitragliata dagli F-86, con varie vittime e 900 proiettili a bordo. Fu un fatto veramente incredibile, che una fregata di rispettabili dimensioni fosse scambiata per una motocannoniera missilistica dai piloti della PAF, che evidentemente non avevano alcuna idea di come fosse fatta una 'Osa'. Mentre la flotta pakistana era tenuta prudentemente nelle acque costiere, anche perché l'attacco delle navi missilistiche indiane aveva dimostrato che ancor prima di essere localizzate potevano distruggere facilmente qualunque nave pakistana, gli Indiani iniziarono un'altra operazione, flagellata anche stavolta da guai meccanici ai motori, come quello della fregata KUTHAR e della motomissilistica VIJETA. Fu un grosso problema, perché la fregata venne addirittura trainata in porto dalla 'Kirpan' e con la scorta della Khukri, così avvenne per la VIJETA, il che decimò la flotta d'attacco partita il 2 dicembre da Bombay. Nel frattempo c'erano indizi che dei sottomarini pakistani fossero in azione, e vi furono anche contatti sonar da parte delle navi indiane. La presenza di un aereo da pattugliamento marittimo pakistano aumentò il timore di un prossimo attacco. Si divise la flotta in due parti per evitare d'essere localizzati in massa, ma così l'attacco simultaneo a Karachi e Makran dovette essere rinviato. Così avvenne fino al 5 dicembre, con un raggruppamento e un rifornimento in mare della flotta indiana. Il 6 dicembre l'attacco su Karachi venne annullato per ragioni ignote, forse perché, bene o male, l'attacco alla INS Zulfiquar aveva dato l'idea di come le navi di superficie fossero vulnerabili. Dopo varie manovre navali, venne ordinato un altro attacco a Karachi da farsi con le piccole navi missilistiche 'Osa' nella notte del 7/8 dicembre. Era stavolta solo la motomissilistica VINASH, scortata dalle fregate veloci INS Trishul e Talwar, del 15th Frigate Squadron. Nel frattempo l'incrociatore MYSORE e due navi di scorta tra caccia e fregate avrebbe attaccato la costa di Makran, e un terzo gruppo avrebbe continuato il pattugliamento anti-contrabbando (di armi). Alla fine di tutte queste rielaborazioni, venne fuori l'Operazion Grandslam, dopo la 'Python' già avvenuta. Era da farsi con l'incrociatore e le navi di scorta, una fregata e un caccia, contro Makrhan nella notte dell'8/9 dicembre. Prima fermarono, nel pomeriggio dell'8, un mercantile a cannonate, era il 'Madhumati' carico di riso Basmati. La nave venne catturata, e l'attacco annullato per il timore che i Pakistani reagissero con le loro forze aeree. Ma l'Operazione 'Python' andò avanti, dando parziale soddisfazione ad una frustrata marina che era ansiosa di vendicarsi del raid su Dwarka del '65. Ma il comando decise che non valeva la pena lanciare un attacco costiero del genere, troppo rischioso per i risultati ottenibili. L'Operazione Python fu fatta dalla sola VINASH, scortata dalle due grosse fregate, che localizzarono le emissioni radio di una nave pattuglia pakistana, demolita subito a cannonate da 114 e 40 m dalla Talwar, mentre la Trishul localizzò un radar costiero, che a sua volta le aveva 'viste' e le puntava. Alle 23.15 la VINASH chiese l'autorizzazione di sparare e da 12 miglia lanciò i missili in rapida sequenza contro tre navi e un bersaglio costiero. Poco dopo avvenne anche un attacco aereo indiano, che a dire il vero doveva partire prima. La flotta pakistana era frammista a navi civili, cercando di passare inosservata ai radar nemici. Il primo missile colpì un altro grande serbatoio di petrolio, che esplose e continuò l'incendio appena spento di tre giorni prima, sempre causato da un missile in azione 'land-attack' come i moderni sistemi antinave bivalenti. Una nave civile inglese, la Harmanattan, venne colpita dal secondo missile e affondata, il missile successivo centrò e affondò una nave panamense, la Gulfstar. La grande petroliera PNS Dacca, il rifornitore della flotta, venne colpita dal quarto, mortale ordigno, e prese presto fuoco, anche se riuscirono a salvarla dopo una lunga lotta. I cannoni a.a. spararono all'impazzata, credendo di avere a che fare con aerei indiani, e distrussero altre cisterne di petrolio nonché la nave mercantile greca Zoe. Solo in seguito arrivarono i Camberra del No.35 Sqn su Drigh Road e Mansoor, ma anche come 'bersaglio d'occasione' un altro gruppo di serbatoi. Gli attacchi continuarono fino alle 2 del nove dicembre, così da mettere KO l'aeroporto e far scappare le navi indiane. La Vinash, tanto per cambiare, ebbe un'avaria che la costrinse all'immobilità, ma poi, prima di essere rimorchiata, ripartì a tutto gas. La flotta venne ancora flagellata da guasti ai sistemi motori (a quanto pare, la Indian Navy era o molto sfortunata, o senza grande competenza per la manutenzione, dato che per tale missione a corto raggio ebbe forse più avarie di tutta la RN durante la guerra delle Falklands). Finalmente, il 13 dicembre la flotta ritornò alla base senza altri danni e senza altre missioni, dato che per il 16 dicembre i Pakistani erano già pronti alla resa del Bengala. A parte questo, i Pakistani, dal canto loro, dopo la seconda azione su Karachi presero la decisione (il 9 dicembre) di ridurre le munizioni delle navi militari del porto, cosa che praticamente lasciava le navi, già costrette al 'fermo' nelle loro basi, del tutto inerti di fronte al procedere delle guerra e al dominio indiano (guasti permettendo) del mare. Fu un'azione assolutamente degradante sul piano morale per la pur piccola Marina, e aspramente contestata. Forse così alcune navi vennero salvate, ma la guerra era a quel punto totalmente persa. Il blocco dell'Indian Navy aveva funzionato e i danni causati ammontarono a circa 3 miliardi di dollari, per una nazione già povera come il Pakistan, includendo riserve di petrolio e munizioni. La terza azione d'attacco missilistico, la 'Triumph' venne programmata per il 10 dicembre, ma c'era rimasto poco da fare per le unità indiane, tranne correre rischi inutili. La cosa fu chiara la notte del 9 dicembre, quando la KUKRI venne distrutta dall'HANGOR, della classe 'Daphne', con l'attacco silurante di cui sopra, mentre era impegnata in un'azione di pattugliamento. Le seguenti azioni navali indiane si limitarono quindi al pattugliamento al largo del Pakistan e anche in funzione ASW. La Marina indiana riuscì quindi ad ottenere un chiaro successo strategico nel neutralizzare il traffico navale nemico, e dei successi tattici parimenti e al solo merito delle piccole (e quindi 'sacrificabili') 'Osa' e dei loro micidiali missili Styx, poi ridicolizzati da Israeliani e Iraniani nelle guerre successive, ma in condizioni ideali si trattava di armi capaci di mettere a segno 10 colpi su 11, con effetti sempre devastanti, anche contro bersagli terrestri, e affondando complessivamente un caccia, un dragamine, 3 navi civili, danneggiando una petroliera e forse un secondo caccia, oltre ai serbatoi di carburante. Paradossalmente, nonostante le critiche fatte spesso all'elettronica sovietica, fu piuttosto la componente motoristica a lasciar desiderare. Ma questo fu un problema diffuso nelle navi indiane, anche di provenienza britannica, per cui è piuttosto plausibile che siano stati i problemi di base della marina indiana a causare tali avarie. ===1985=== Organizzazione Indian Air Force: *4 comandi operativi: SO, O, centrale, E. *50 squadrons con 12-18 aerei ciascuno, batterie missilistiche e unità di supporto. *Comando logistico *Comando addestrativo Equipaggiamento: *12 squadroni da difesa aerea e 6 di attacco con il [[w:MiG-21|MiG-21]], precisamente il 1°,3,4,7,8,15,17,21,23,24,26,28,29,30,37,45,47,101,108 *2 con i [[w:MiG-23|MiG-23MF]], *3 squadroni da attacco con [[w:MiG-23|MiG-23BN]], il 10, 220, 221° *2 (20 e 27°) con l'Hunter Mk 56 *31° gruppo con i HAL Marut *221 (?) e 222° con i Su-7BM *2,9,18 sqn con l'HAL Ajeet (Folland Gnat su licenza) *5 e 14 sqn con i Jaguar *6 e 57° con i Camberra *12, 19, 48° sqn con i C-119G *33° Gruppo con i DHC Caribou *43 e 49° con i C-47 *41 e 59° con i DHC Otter *11 e 106° con l'Hs748 ? reparti con gli An-12 *Mi-8 e 17 in servizio con il 105,109,110,118,119,121 sqn *SA 319 Aluette III in servizio con il 104, 107, 113, 115, 116° Addestramento: la scuola basica di Bidar aveva l'HT2, in sostituzione con l'HT-4 e la sua versione a turboelica HTT-34. L'accademia aeronautica di Dundigal con i superstiti di 190 Kiran a reazione e 50 TS-11 polacchi per la scuola di Hakimpet. Kalaikunda aveva gli Hunter mono e biposto. La scuola bombardieri di Agra aveva i Camberra T.Mk 54, lo stormo trasporto aereo di Yelahanka aveva 17 Hs 748 e altri 7 dello stesso tipo per la scuola di navigazione di Begumpet. La scuola paracadutisti di Agra aveva i C-119, quella istruttori di volo di Tambaram i Kiran. Infine, 27 battaglioni missili SAM avevano in totale 500 rampe SA-2 e altrettante SA-3. I reparti dell'Aviazione dell'Esercito avevano 12 Mi-24, e gran parte dei 200 Aluette III e 150 Lama prodotti su licenza, infine alcuni HT-2 ex-IAF erano usati come addestratori. La difesa aerea era in parte a carico dell'Esercito con un totale di sei battaglioni di SA-6 e SA-8. Note: all'epoca i [[w:MiG-21|MiG-21]] erano i principali apparecchi da combattimento della IAF, anche se erano pure i più limitati. In tutto, l'URSS fornì 42 MiG-21Fl a partire dal 1963 come 'antidoto' agli [[w:F-104|F-104]] pakistani, e ad esso seguirono 200 aerei montati su licenza a Nasik, prodotti per 8 anni fino al 1974. Nel frattempo vennero prodotti su licenza anche gli AA-2 e i motori R-11. La Hindustan Aviation Limited (HAL) si è adoperata fin dai primordi a consentire una relativa indipendenza all'India riguardo agli equipaggiamenti aerei, con progetti originali, versioni speciali o semplici costruzioni o montaggi su licenza delle macchine provenienti da tutto il mondo, essendo l'India una nazione non allineata. La produzione continuò con il MiG-21MF di cui l'URSS consegnò 50 esemplari mentre la HAL ne produsse altri 150. Infine, nel 1976 l'URSS consegnò decine di MiG-21 Bis per tre gruppi, e a Nasik venne impostata anche in questo caso la produzione su licenza, durata fino al 1986 con altre 150 macchine presumibilmente costruite, per un totale di ben 800 MiG delle tre generazioni. I caccia [[w:MiG-23|MiG-23]] furono il successore adottato dalla IAF, ma il Flogger da caccia venne considerato un poco costoso e complesso, e usato solo con 40 macchine per un paio di gruppi, in attesa di qualcosa di più moderno (dopotutto, il progetto era già vecchio di oltre 10 anni) e ad integrazione degli ultimi MiG-21 bis. Sono noti come 'Rashak', guardiani, chiara allusione alla loro capacità di intercettori, i primi con un sistema d'arma realmente complesso nella IAF. Sono stati consegnati al 223 'Tridents' e al 224 Sqn 'Warlords'. I Flogger vennero consegnati nel 1983. Prima ancora, nel 1980-82 i MiG-23BN vennero consegnati smontati e allestiti dalla HAL a Nasik. In tutto, 95 monoposto e 15 biposto UB. Queste macchine, con una lunga autonomia e un sofisticato sistema d'arma erano in grado di sostituire vantaggiosamente i vecchi cacciabombardieri indiani. Andarono agli Sqn 10 'Winged Dagger', 221 'Valiant' (a Jodhpur), 31 'Ocelot' e 220 'Desert Tigers' (Halwara). [[Immagine:Mig-27.jpg|360px|right|thumb|Assieme ai Jaguar, i Flogger sono i principali striker della IAF]] Dal 1984 iniziò la produzione su licenza del MiG-23BN. Esso sostituì a Nasik il prededente MiG-21, mentre la licenza per il MiG-23MF non venne mai presa, nonostante i limiti del MiG-21. Nessuna traccia, invece, del successore del Su-7, il Su-22, cosicché il vecchio fitter, come anche i Marut, era in procinto di essere sostituito dal MiG. Il Flogger, nella versione d'attacco incontrò molta fortuna in India e la produzione, come al solito piuttosto lenta, ha totalizzato non meno di 165 esemplari fino agli inizi degli anni '90. Noto in Russia per il suo muso a 'becco di papero', che gli giova anche all'estetica ma soprattutto alla visibilità per il pilota, in India è conosciuto come 'Vijai'. La produzione indiana progressivamente arrivò a costruire la maggior parte delle parti dell'aereo. Poi, nel 1986 arrivò la produzione del [[w:MiG-27|MiG-27]]'Bahadur', 'prode', in riferimento alla sua capacità d'attacco. Era il cacciabombardiere tattico più moderno che l'URSS poteva offrire, superato solo dal bombardiere Su-24 Fencer. La produzione consentì di disporre del modello L, versione export del MiG-27M, con gli Sqn. 2 'Winged Arrow' a Kailakunda, 9 'Wolf Pack' e 18 'Flyng Bullets' a Hashimara, e poi, verso i primi anni '90 il n.20 'Thunderbolts'. Col tempo la HAL ha prodotto l'aereo in tutte le sue componenti, concludendo un processo durato anni, e il risultato è che il motore R-29-300 da 11,5 t. di spinta è stato prodotto a Koraput, l'avionica a Hyderabad. Sempre nel 1984 l'URSS autorizzò l'export del nuovissimo [[w:MiG-29|MiG-29]], che stava giusto entrando in servizio nella V-VS. L'anno dopo iniziarono le consegne del [[w:Mirage 2000|Mirage 2000]] ordinato in 36 monoposto e 4 biposto come primo vero cacciabombardiere multiruolo della IAF, tanto da essere usato prevalentemente per l'attacco a lungo raggio. [[Immagine:India.Military.03.jpg|300px|right|thumb|I Jaguar, ancora preziose risorse per la IAF nel 2003]] Un'altra macchina importante, simile al MiG-23BN ma con maggiore autonomia (avendo due poco potenti turbofan invece di un singolo turbogetto da 11t. di spinta) era il SEPECAT Jaguar, prodotto su licenza in India. La fornitura di tali macchine ebbe luogo alla fine degli anni '70 o inizio anni '80 con 35 monoposto e 5 biposto costruiti in Gran Bretagna. Ad essi vennero sommati 18 aerei della RAF dati 'in prestito' nell'attesa dell'avvento dei 76 apparecchi prodotti su licenza, gli ultimi dei quali con un radar Agave nel muso e missili Exocet antinave, per il 6° Gruppo antinave. La ricognizione vedeva all'opera ancora i Camberra, ma anche un altro eccezionale apparecchio: il MiG-25R, comprato in 6 esemplari nel 1981. Nessun apparecchio delle versioni da caccia venne invece acquisito. I Camberra avevano compiti a lungo raggio, mentre i MiG erano capaci di penetrare lo spazio aereo nei settori più difesi grazie alla velocità trisonica che sviluppavano. Tra le altre macchine, giova ricordare che i Kiran vennero prodotti in 190 esemplari anche del tipo armato, mentre i vecchi aerei da trasporto, che nell'insieme costituivano una forte componente erano in procinto di essere sostituiti da 95 An-32, il più moderno trasporto tattico sovietico. 40 dei 100 Do228 costruiti su licenza a Bengalore avrebbero sostituito invece le macchine più leggere come i vecchi DHC Caribou e Otter. I Mi-8 vennero consegnati in oltre 100 esemplari esautorando i compiti dei C-47 Dakota oltre a sostituire i Mi-4 Hound. Lafornitura continuava con i Mi-17. Alcuni di questi elicotteri russi erano usati nell'attacco con i razzi aria-terra e forse anche missili e mitragliere. Nell'insieme, il principale problema della IAF era la mancanza di un addestratore moderno, essendo il Kiran men che modesto, ma questa carenza non si sapeva come colmarla all'epoca, e nemmeno dopo si è riusciti nell'intento. Inoltre, nonostante i MiG-27, Jaguar, Mirage 2000 e anche i MiG-25R non esisteva un vero bombardiere a lungo raggio classe Tornado o Su-24, moderno e a lunga autonomia al tempo stesso, che non fosse insomma obsoleto come i Camberra ancora in linea e che fosse di maggiore autonomia dei caccia monomotore, possibilmente con avionica ognitempo adeguata. Dati gli ampi spazi del subcontinente indiano, dei possibili combattimenti contro il Pakistan e la Cina la cosa era ovviamente non poco limitante, data l'impossibilità pratica di utilizzare la maggior parte dell'aviazione in simultanea sullo stesso fronte. La mancanza di AWACS e di aerorifornitori aggravava tale problema, mentre la radiazione dei vecchi Camberra non era esattamente compensata dai Jaguar o dai MiG, anche se si trattava di macchine piuttosto capaci. '''Esercito''': Già all'epoca l'India, attualmente superante il miliardi di individui, aveva raggiunto una popolazione di 745 milioni, che si è incrementata di non meno del 30% nei successivi 20 anni appena. L'Esercito indiano, sparso su di una superficie di 3 milioni di km<sup>2</sup> non appariva eccessivo in confronto alla popolazione, pur ammontando a 1 milione di soldati. L'organizzazione era prevalentemente britannica, con le divisioni e le brigate, ma le divisioni razziali e di casta interne mantenute in molte unità. I comandi erano 5, relativi alle regioni nord, meridione (PUne), occidente (Chandi Mandir), centro (Lucknow), orientale (Calcutta). Il comando settentrionale, per motivi di sicurezza, non era stato riportato nella sua ubicazione. Organizzazione: *2 divisioni corazzate, in fase di riduzione a brigate, 1 divisione meccanizzata, 5 brigate corazzate autonome *10 divisioni da montagna *18 divisioni di fanteria *1 brigata paracadutisti, sette brigate autonome di fanteria, diversi reggimenti Gurkha. *17 brigate autonome di artiglierie, comprendenti anche 20 reggimenti di difesa contraerei. *85.000 uomini parzialmente militarizzati erano guardie di confine *21 battaglioni sicurezza dipendenti dal Ministero degli interni Dopo l'indipendenza l'India si diede molto da fare per produrre e talvolta progettare armi moderne, ma la situazione non venne mai totalmente risolta per via dell'enorme numero di armamenti da comprare e della povertà sostanziale della nazione, che nondimeno, doveva spendere il 20% del PIL per le Forze armate (contro il 6% degli USA, il 3% di molte nazioni come l'Australia e varie della NATO, l'1% del Giappone). Questo significava un profondo impatto sociale per spese puren non enormi in termini assoluti. La dotazione di armamenti variava molto. La fanteria aveva in ordine i missili MILAN (3700) ma anche in molti casi, i vecchi fucili Enfield Mk. III. Armi come i missili controcarro Harjion si sono dimostrate un costoso fallimento (da qui l'ordine per i MILAN), mentre altri programmi hanno avuto molto più successo, come la produzione su licenza del fucile FAL e soprattutto del Vickers Vjiantia, il principale MBT indiano, da cui venne estrapolato anche un potente semovente da 130 mm a lunga gittata con i cannoni M46. Questi facevano parte della politica di acquisizione armamenti di una nazione non allineata, come è l'India. Essa conservava il sistema sociale all'interno dell'esercito, adottava l'ordinamento britannico (come del resto anche il Pakistan e l'Irak) ed era equipaggiata prevalentemente con armamenti sovietici, se non altro perché non v'era modo di ottenerne abbastanza dall'Occidente, che aveva prodotti più efficienti ma anche troppo costosi. '''Dotazione''': Carri armati e blindati: 700 T-54/55, 300 T-72, 1900 Vijantia (nella divisione meccanizzata e nelle brigate indipendenti), BMP-1, BMP-2, PT-76, OT-62, OT-64, BTR-60. Artiglieria: pezzi da 76 da montagna, jugoslavi, da 57, 88, 94 e 140 mm ex-inglesi, da 105 mm ROF, da 122, 130, 180 mm sovietici, lanciarazzi multipli BM-21. Missili: MILAN, AT-3, AT-4, AT-5 controcarro, SA-6,7,8 antiaerei. Aviazione: centinaia di elicotteri leggeri e 12 Mi-24 Hind '''Marina''': all'epoca la più potente della regione, status conservato anche in seguito. Essa era basata su: *8 sottomarini Classe Foxtrot e 4 altri ordinati *4 Type 209 in ordinazione *1 portaerei, la Vikrant, ex britannica, munita di uno sky-jump nel 1983-84 per i Sea Harrier *3 cacciatorpediniere Kashin II e altri 3 previsti *23 fregate, tra cui 6 Type 12 inglesi missilistiche e con elicottero ASW *3 corvette missilistiche Tarantul, altre 3 in ordine *16 motovedette missilistiche 'Osa' *7 navi pattugliamento di grande stazza *16 dragamine, di cui 6 oceanici, 4 costieri, 6 litoranei *10 mezzi da sbarco di cui 6 per mezzi corazzati (LCT) e 4 per veicoli LCV '''Aviazione navale''': *1 gruppo (300 Squadron) con 8 Sea Harrier e altri 12 in ordine *1 gruppo ASW con Alizé *2 gruppi ricognizione marittima con 4 Super Constellation e 3+3 in ordinazione Il-38 * 4 gruppi elicotteri navali con: 10+12 ordinati Westland Sea King, 5 Ka-25 (per i caccia Kashin II), 8 Aluette III armati con siluri, destinati alle Type 12 *1 gruppo comunicazioni con 18 BN Defender *1 gruppo elicotteri SAR/collegamento con 10 Aluette 2 gruppi addestramento con 8 aerei e 7 elicotteri Note: i Kashin sono cacciatorpediniere sovietici, armati di due cannoni da 76 mm, 2 lanciarazzi, 1 lanciasiluri ASW e di due rampe per missili a medio raggio SA-N 1 (Versione navale dell'SA-3). Modifiche richieste dagli indiani hanno dato origine, su tali navi, ad un hangar per un elicottero Ka-25 al posto dell'artiglieria poppiera, mentre 4 missili SS-N 2 Styx sono stati installati, rendendo così le navi molto più flessibili operativamente. Inoltre l'armamento antiaereo è stato rinforzato con 4 torrette da 30 mm, non è chiaro se si trattava di cannoni binati del tipo AKM-230 (come quelli delle OSA) oppure delle nuove torrette gatling con capacità effettiva antimissile del tipo AK-630 principalmente grazie al volume di fuoco di 3000-5000 c.min, e alla direzione di tiro su radar 'Bass Tilt'. Tutto questo consentiva di attaccare naviglio nemico fino a circa 80 km, come anche di difendersi da missili antinave nemici, mentre l'elicottero era importante per la lotta ASW. Anche i sovietici hanno ricostruito alcuni dei 20 caccia come Kashin II: 5 navi in tutto, dotate di 4 CIWS e di 4 missili antinave, come tante altre navi occidentali che di lì a poco sarebbero entrate nell'era della lotta missilistica antinave (che presupponeva sia armi offensive che difensive). [[Immagine:INS Ravir (D54).jpg|400px|right|thumb|Le 'Rajput' sono state tra le più grandi e significative navi della IN]] Nel caso delle navi sovietiche il secondo impianto da 76 a poppa rimase, ma anche così restò la dimostrazione di come i loro scafi avessero una buona capacità di crescita con nuovi sistemi d'arma aggiunti agli esistenti. Le navi apparivano anche assai automatizzate, con appena 280-300 membri dell'equipaggio. Di sicuro per la Marina indiana furono un notevole progresso e le prime capaci di offrire una certa copertura antiaerea di zona. Altre 3 navi del genere erano in ordinazione, in una versione migliorata. Di fatto, questo non sarebbe accaduto in questi termini, perché sebbene all'epoca probabilmente in Occidente non se ne avesse nessun avviso, le 3 nuove navi erano in realtà ben più grandi e moderne delle precedenti: sarebbero diventate, dopo varie riprogettazioni durate fino al 1988, la Classe Delhi. Le Tarantul cominciavano a sostituire le piccole 'Osa' offrendo maggiore potenza e capacità di sopravvivenza in guerra, e numerose altre navi sarebbero state ordinate in seguito. La principale risorsa offensiva della Marina era la Vikrant, capace di ospitare fino a 35 aerei, ma normalmente equipaggiata con non più di 18-24. Radiati i Sea Hawk, gli Harrier erano ancora troppo pochi. A parte questo, erano in ordine o consegnati molti equipaggiamenti aggiuntivi: elicotteri Sea King di costruzione inglese con missili Sea Eagle antinave a lungo raggio, elicotteri ASW Kamov Ka-25, e addirittura i Tupolev Tu-142 Bear a lungo raggio, da affiancare (l'India ne è stata l'unico utente estero) agli Il-38, già simili alle prime versioni dei P-3 Orion. Se la componente di superficie era impressionante per numero e potenza, la componente subacquea era ancora più insidiosa. Al momento basata sui vecchi sottomarini Foxtrot, ne possedeva nondimeno 8 esemplari di quelle che sono state forse le unità subacquee sovietiche di maggior successo tra i battelli convenzionali. Esse erano navi a lunga crociera, di grandi dimensioni. Un nemico a più corto raggio ma più moderno ed elusivo (come dimostrò il St. Louis contro gli inglesi alle Falklands) erano i Type 209, ordinati in 4 esemplari da aumentare anch'essi. In prospettiva vi erano anche i 'Kilo' con i quali si sarebbero raggiunte nuove capacità operative in potenza e autonomia. La componente subacquea indiana era quindi molto superiore a quella pakistana, limitata a soli 3, anche se moderni 'Agosta' e un paio di vecchi Dafpne. Uno di questi, il Bankgor affondò durante la guerra del 1971 la fregata indiana Kukri, confermando la pericolosità di un attacco sottomarino. Da notare che tale nave affondò in 3 minuti con quasi 200 vittime. Il Coventry inglese, devastato da 3 bombe, ci impiegò 45 minuti, mentre il suo gemello Sheffield, anch'esso perso alle Falklands, impiegò 5 giorni per affondare a causa di un missile Exocet che lo colpì ed incendiò (senza far esplodere le munizioni di bordo). Questi affondamenti dimostrano appieno come i siluri siano armi estremamente pericolose, anche rispetto alle bombe, e sebbene la perdita della nave sia occorsa in tutti questi casi, solo nel caso della Kukri l'equipaggio non ebbe scampo e andò ucciso quasi totalmente durante tale affondamento. ===1992=== ====Forze aeree==== L'evoluzione della IAF continuò con l'introduzione dei Mirage 2000 e dei MiG-29, oltre che di grandi quantità di Jaguar e MiG-27. Arrivati anche numerosi Il-76, possenti quadrireattori da trasporto, simili ai C-141 ma ancora più potenti e capaci di operare da piste non preparate. LA IN ebbe invece una seconda portaerei, la HMS Hermes, immessa in servizio come Viraant. Altri Sea Harrier vennero forniti, come anche una intera squadriglia degli enormi quadrimotori Bear-F da pattugliamento marittimo. Altri elicotteri erano gli Helix sovietici ASW e i Sea King, ora disponibili per ruoli di macchine navali multiruolo, armati con missili Sea Eagle antinave e armi antisommergibile, e nella versione Commando da assalto navale. '''IAF, 1991''' * 38 Mirage 2000H e 7 Mirage 2000TH 'Vajra' * 44 MiG-29A e 4 MiG-29B 'Baatz' * 30 MiG-23MF e 10 MiG-23UV(Flogger-B) (No.223-224 Sqn) * 165 MiG-27ML (Flogger-J) 'Bahadur' (No. 8, 18, 222) * 70 MiG-23BN (Flogger-H) 'Vijai' (No.10, 31, 220, 221 Sqn, in queste unità militano anche i MiG-23UV) * 50+ MiG-21M (Fishbed-M) * 100+ MiG-21bis (Fishbed-N)(No.15, 21, 23, 26 Sqn) * 115 Hindustan Jaguar 'Shamster'(No.5, 6, 14, 16, 27 Sqn) * 9 Hunter Mk.56A (No.20 Sqn) * 25 BAC CAmberra PR. Mk 57(No.6 Sqn) * 6 MiG-25RB 'Nimbus' '''IN''' * 11 Tupolev Tu-142M Bear-F * 5 Il-38 * 23 BAe Sea Harrier Mk 51 e 4 T Mk 60 * 23 Westland Sea King Mk 43 * 6 Westland Commando Mk.43C * 23 Kamov Ka-25 Helix-A Gli addestratori indiani meritano un approfondimento. I jet sono costituiti dal Kiran, ovvero l'HAL HJT-16 Kiran I e II. Si trattava di un velivolo modesto, che venne prodotto come primo jet da addestramento con un motore Viper, posti affiancati, ala bassa, piccole prese d'aria laterali. Ne vennero prodotti 190 esemplari di cui 72 Mk IA armati. Il Kiran II era una versione migliorata ma ritardata da 10 anni di ritardo per i tanti problemi incontrati. Volò nel 1976 ed entrò in servizio non prima dell'84. Ne sono stati costruiti 100, inizialmente in 57 esemplari. Dotato di motore Orpheus da 1900 kgs, dimensioni 10,7 x 10,6 m, 4700 kg di peso massimo al decollo, l'aereo avrebbe una potenza paragonabile a quella dell'MB-339, ma essendo a posti affiancati non è molto veloce, con appena 705 kmh a livello del mare, tangenza di 12000 m, autonomia di 615 km, se non altro ha due mitragliatrici come armamento standard di bordo e 1000 kg di carico su 4 punti d'aggancio. Caratteristica l'antenna dorsale 'ad asciugamano' per la navigazione a lungo raggio. Esso è un velivolo di modeste prestazioni, con aspetto squadrato e al tempo stesso abbastanza grazioso. E pensare che con un motore da 1800 kgs Viper, il Super Galeb e l'MB.339 arrivano a circa 900 kmh e sono praticamente coevi. Purtroppo il Kiran non consente lo stesso livello di efficacia per addestrare i piloti. Per l'addestramento basico è stato introdotto l'HPT-2 e poi la sua versione evolute, la -32. Quest'ultima ha abitacoli affiancati, per migliorare la fase di apprendimento a scapito della resistenza aerodinamica. La HPT-32 volò nel 1977, ma lo sviluppo successivo, tanto per cambiare, andò per le lunghe e solo nel 1985 iniziarono le consegne di quello che dopotutto è solo un aereo leggero di tipo del tutto convenzionale, con motore Lycomibg da 264 hp, peso di 1250 kg, capacità di caricare se necessario 255 kg di carico in 4 piloni subalari, velocità di 253 kmh, quindi grossomodo un pariclasse dell'SF-260 ma essendo dotato di carrello fisso è più lento e con meno autonomia (745 km). La versione turboelica HTT-34 era oggetto d'interesse, alla fine degli anni '80 per 90 esemplari, mentre la versione a carrello retrattile venne abbandonata, non reputandola evidentemente vantaggiosa rispetto al costo da sostenere. ==Anni '90== ===Corazzati=== Le forze corazzate continuavano ad essere le più considerate nell'organico dell'immenso esercito indiano, forte di personale ma non di equipaggiamenti, particolarmente di mezzi da trasporto truppe corazzati o anche meccanizzati. La concezione sovietica di grandi operazioni offensive in profondità è stata adottata per colpire con forze corazzate, artiglieria e aviazione settori profondi fino a 150 km, provocando il collasso logistico dell'esercito nemico in contemporanea con la sconfitta delle prime linee. Le forze corazzate indiane ebbero un ruolo fin dall'inizio, quando per esempio, carri leggeri Stuart conquistarono il passo di Zoji e quello di Kargil, arrivano a 4800 metri di altezza sul mare. Dopo avere subito l'operazione Grand Slam pakistana, che quasi accerchiò l'XI Corpo d'armata indiano (100,000 uomini) nel Punjab, ma l'operazione non riuscì grazie all'aviazione indiana. Nel 1971 furono gli indiani ad attaccare su tutto il confine sconfiggendo il Pakistan dopo diverse settimane. Le superpotenze riuscirono a far cessare le ostilità, ma dopo di allora il Pakistan perse lo stato orientale, che divenne il Bangladesh. Per combattere le forze pakistane, date le difficoltà di attraversare canali e fiumi, tra cui l'Indo del Pakistan orientale, è stato pensato da parte indiana che le migliori condizioni per le forze corazzate fossero presenti in zone come il deserto sabbioso di Thar. Là vi sono dune sabbiose alte fino a 15 metri, orientate da SO a NE, il terreno attorno ai tals, dove l'acqua si accumula in piccoli bacini durante le piogge, è molto duro e adatto anche come pista d'atterraggio. La popolazione è quasi assente. Le condizioni meteo sono estreme, con escursioni termiche elevate, e tempeste di sabbia anche a 150 kmh. Per sfruttare eventualmente questo settore di fronte onde sviluppare massicciamente la propria superiorità numerica, l'Esercito Indiano, nel 1992, aveva il I e il II Corpo d'Armata corazzati, con l'apporto degli altri Corpi d'armata di fanteria, schierati ad Occidente: X, XI, XII, XV, XVI. In tutto vi erano 2 sole divisioni corazzate, ma anche 8 brigate corazzate e una di fanteria meccanizzata indipendenti. Materiali ed aggiornamento dei mezzi corazzati: *Il Vijantia ha costituito un economico carro medio per l'India, simile in prestazioni a macchine come i Leopard 1. Esso ha meritato un ammodernamento, limitato peraltro a solo 400 dei 1.250 carri disponibili. Di questi, gli altri 800 hanno ottenuto il sistema di controllo del tiro BEL Mk-1B, con calcolatore Motorola MC-6800 e telemetro laser, e consente l'ingaggio di un bersaglio entro 8 secondi. Il BISON, iniziato nel 1981, riguardava tutte le componenti base del mezzo. Vi era un periscopio di visione notturno per il conducente. Il motore era il nuovo MTU MB833 da 750hp, parente del modello per il Leopard 1, ma meno potente. Esso eroga nondimeno 215hp di più del precedente, compatto Leyland Boxer, ma la mancanza di spazio non ha consentito di sostituirlo con un motore MTU più potente. Il sistema di controllo tiro era il Marconi SFCS-600, corazzatura aggiuntiva reattiva Kanchan e passiva, sui fianchi Jackal. Tre sistemi derivati sono stati il semovente da 130 mm con cannone M46 a lungo raggio, carro del genio e carro recupero con capacità di traino di 25t. e sollevamento di 10. I T-55 hanno avuto in 500 esemplari su 750 il programma GULHMOUR, consistente, grazie all'aiuto polacco, di sostituire il cannone con un pezzo da 105mm inglese, sensibilmente più potente, sistema di tiro ognitempo SUV-55, turbodiesel del T-72, telemetro laser, corazze reattive KANCHAN e sistema di navigazione terrestre, come per il BISON GLN-2. Il telemetro laser, sviluppato in India dalla IRDA, è in grado di eseguire anche 6 misurazioni al minuto, eseguendone anche 2 simultaneamente se molto vicine in azimuth. I BMP-1 sono stati sottoposti all'aggiornamento in particolare, a partire dal 1987 con un programma sviluppato dall'CVRDE di Avadi. Si pensava di sostituire la torretta monoposto con una torre triposto che prima era da 90 mm, poi è stata scelta la TLM-105 da 105 mm. Si pensava di farne un carro leggero per interventi rapidi, aviotrasportabile e utilizzabile in montagna. Nel frattempo i BMP-2 Sabah erano in produzione su licenza in India dalla IOF. I T-72 erano stati comprati dal 1982 in un totale di 500 esemplari dall'URSS, e 900 costruiti su licenza dall'HVFVA di Avadi, che ha consentito di mantenere l'efficienza della flotta anche dopo la caduta dell'URSS e la mancanza di parti di ricambio susseguente per molti clienti senza capacità produttiva. Per sopperire ai ritardi del programma ARJUN, 500 mezzi dal 1988 sono stati aggiornati, nonostante fossero mezzi molto potenti e moderni rispetto agli altri veicoli indiani. L'aggiornamento ha comportato nuove munizioni, mentre il cannone è rimasto lo stesso. Il sistema di tiro jugoslavo e corazze KANCHAN. I carri ARJUN venne lanciato nel 1974. Estremamente ambizioso, puntava ad un mezzo di nuova generazione e al 1992 aveva assorbito quasi 290 milioni di dollari (quasi 400 Crore, ovvero milioni di rupie). Il programma inizialmente aveva un budget di 15 milioni, aumentati a 56 nel 1979, 90 nel 1981, 292 nel 1986. Questo carro armato da 57 t. avrebbe dovuto avere elevata mobilità con bassa pressione specifica dei cingoli, motore tedesco periscopio per il comandante, motore MTU da 1400hp, sospensioni idropneumatiche, corazze avanzate. Innumerevoli gli inconvenienti che hanno piagato questo programma. Esso doveva essere da 45 t, aumentato a 57. I 17 prototipi vennero provati dal 1988, ma già dall'anno precedente rapporti dettagliati dimostrarono che la cadenza di tiro era di 4 colpi al minuto, i colpi pronti al tiro in torretta 3 anziché 12, e aumento di peso di 12 tonnellate. Nel 1988 i prototipi funzionali dimostrarono che; il sistema di raffreddamento, il radiatore era corroso da 600 km di percorrenza, i cingoli da 5000 km garantiti erano ridotti ad appena 300 di percorso utile, e nuove unità basate su quelle del T-72 vennero richieste. Le sospensioni idropneumatiche perdevano di continuo gas, ed erano di complessa manutenzione con 8 ore di lavoro e un veicolo specifico; richieste 130 bombole di azoto per reggimento, e 10 volte tanto se anziché sul deserto sabbioso si trattava di zone rocciose. Le prove di questo carro in sviluppo da 14 anni vennero interrotte dopo 600 km rispetto ai 4000 previsti. Le ruote del treno di rotolamento dovevano essere sostituite nella ragione di 3 per 3000 km, ma invece accadde che ne venissero sostituite 130 per 3.000 km. Questi sono solo alcuni dei problemi mostrati nel 1988, e l'anno dopo il cannone da 120 mm ha mostrato altri problemi, non direttamente correlati con esso ma con il sistema di movimentazione, esclusivamente elettrico senza il back-up meccanico richiesto, e infine la protezione, richiesta anche contro munizionamento attaccante dall'alto, e invece assente, pur essendo abbondante sul resto della torre. I sistemi di comunicazione avanzata, infine, non era ancora stato installato. In una prova ulteriore, l'Arjun nome del mitico arciere del Bagavad Gita, è rimasto operativo 5 giorni su 28, mentre ancora le prove di tiro non erano possibili senza gli appositi algoritmi di tiro, all'epoca non ancora approntati. ===IAF, 1997<ref>Khan, M.A. ''L'aviazione militare indiana'' RID Aprile 1997 pagg. 46-51</ref> === Nel 1997 la situazione della IAF, come sempre, presentava luci ed ombre. La consistenza numerica complessiva e l'introduzione di nuovi tipi di aerei erano parte delle prime, mentre la carenza di sicurezza e i numerosi incidenti facevano parte del 'lato oscuro'. All'epoca la Indian Air Force comprendeva un totale di oltre 114.000 uomini e tra le esperienze recenti aveva avuto il supporto ONU per la missione in Sri Lanka, che di fatto era indetta per debellare i terroristi delle Tigri Tamil, ovvero il movimento indipendentista del Nord dell'isola. Nell'occasione uno dei suoi aerei abbatté anche un velivolo noleggiato dai guerriglieri per portare munizioni e armi.Il comando della IAF era suddiviso in settori: Occidentale, Sud-Occidentale, Orientale, Centrale e Meridionale (vedi anche la IAR nel 2002, nella pagina successiva), più i comandi Addestramento e manutenzione, molto sotto sforzo dovendo supportare un tal numero di aerei, di tipi, generazioni e capacità molto diversi. I reparti, 15 squadroni da caccia, erano per lo più usati solo come intercettori, e i 3 con i MiG-29 e i 2 con i Mirage 2000H erano senz'altro i migliori (il secondo anche come componente d'attacco), ma c'erano anche 9 unità con i vecchi ma ancora non sostituibili con modelli più moderni, del tipo MiG-21, in fase d'aggiornamento allo standard MiG-21-93. La componente d'attacco era rappresentata da ben 22 squadroni, con MiG-21MF, FL e M, e sei squadroni costituiti invece dai MiG-27M, 4 di Jaguar e tre di MiG-23BN, che nell'insieme rappresentavano ovviamente la componente maggiore. Poi c'erano 15 squadroni di elicotteri di ricognizione e osservazione, trasporto leggero ecc., come i SA.315 Lama e Alouette III prodotti su licenza come Cheetah e Chetak. Gli An-32 Sutlej, aerei con motori potenti ma piuttosto assetati, erano invece presenti in sei dei dodici squadroni da trasporto e per il resto non mancavano Il-76 quadrireattori e tipi più piccoli. Gli Il-76, aerei di notevole importanza e interesse, erano certo i mezzi più importanti, ma gli An-32 erano i più numerosi e fondamentali per i ruoli tattici, data la loro capacità STOL e la possibilità di volare ad alta quota, per questo erano apprezzati dalla IAF che ha a che fare con le montagne più alte del mondo. Non mancavano i Mi-8 e 17, circa 200, i MiG-25RB e gli addestratori HPT-32 e HJT-16 ad elica e reazione rispettivamente. I missili erano di un gran numero di tipi, ovvero AA-2,7,8,10,11, R550, Super R530, AS-30, AS-7, AS-10, LGB russe da 500, 750 e 1.000 kg. Dopo che molti processi di ammodernamento, e il blocco degli ulteriori F-16 ordinati dal Pakistan sono andati a concretizzarsi, la IAF si è ritrovata piuttosto soddisfatta di sé, ma dopo il 1991, con la traumatica esperienza della Guerra del Golfo (II), ci si è chiesti come migliorare le capacità di difesa, come anche di offesa, dell'aviazione di Nuova Delhi. Anzitutto si è voluto aggiornare i sistemi disponibili, comprare sistemi più moderni e avviare produzioni in loco; il MiG-21 aggiornato allo standard MiG-21-93, con pochi milioni di dollari per aereo, era possibile allungare la vita operativa dell'aereo a 4.000 ore e un radar multiruolo, con consegne dal 1998 per un totale di 130 aerei, da mobilitare dalla HAL di Bengalore e Nasik. Altri sistemi erano i Su-30, ordinati con un primo ordine per 142 milioni (di anticipo), con altri 32 Mk II da comprare subito dopo come primo lotto (come è stato davvero) entro il 2001. I satelliti erano un altro problema, con il satellite INSAT per la comunicazione e una rete di comunicazione SAMYUKTA. I sistemi ELINT erano rappresentati da pod EW per i Mirage 2000H con appositi pod e 7 B-707 con appositi sistemi, ex-Air India. Per i progetti futuri spiccava l'elicottero ALH anche con armi come cannoni da 20 e missili controcarri, i missili AKASH simili ad un sistema SA-6 (il missile è praticamente uguale fisicamente) su scafo che sembra in effetti un BMP, associati al radar Phased-Array RAJENDRA, per rimpiazzare i sistemi SA-3 (S-125 Neva); un sistema AEW era invece sistemato su di un aereo HS-748 e programmi per aerorifornitori e sperabilmente, il caccia LCA leggero, aereo in sviluppo da moltissimi anni. L'addestratore avanzato doveva essere l'Hawk ma poi la gara era stata riaperta con contendenti come lo Yak-130 e il MiG-AT, e persino Alpha Jet ex-LW. Le spese erano di 185 milioni di dollari per la sola gestione ordinaria, ma gli ordini previsti erano per 3,2 miliardi di dollari; in tutto nel '96 erano previsti 2 miliardi di dollari, che restavano comunque molto ridotti quale spesa per una forza aerea moderna e attiva, con oltre 2.000 velivoli di ogni tipo. Evidentemente c'era un vantaggio nei bassi redditi dei militari, ma il problema era quello degli incidenti e della sicurezza. Un po' per via del clima, un po' per gli stormi di volatili, che a bassa quota sono un problema enorme per gli aerei, specie in atterraggio o al decollo. Ma soprattutto c'era il problema di aerei obsoleti e di addestratori parimenti inadatti per tali velivoli di questo tipo. Così è accaduto che in appena 3 anni ben 77 aerei indiani sono andati perduti ad un ritmo di 2 al mese circa, e la cosa è solo marginalmente migliorata nel '96, con la perdita di 15 aerei in 8 mesi. Tra gli aerei persi in quegli ultimi anni c'era da rilevare ben 24 Jaguar, 4 Mirage 2000, 4 MiG-29 e 2 MiG-25. Pare che l'apertura di mattatoi e di campi coltivati vicino a molte basi aeree ha causato parte di tali problemi. Però è anche vero che sia i Mirage 2000 che i MiG-29 hanno subito le stesse perdite, pur essendo i secondi bimotori e dotati delle piastre anti-FOD che dovrebbero prevenire i problemi di questo tipo, specie al decollo (il sistema anti-FOD è una delle novità più interessanti del progetto, anche se pagato con una riduzione del carburante di bordo notevole per via dell'ingombro necessitante). Le perdite di bireattori Jaguar sono anch'esse elevatissime (circa il 20% del totale), con aerei del resto destinati al volo a bassa quota. La situazione negli anni '90 è stata in effetti drammatica, e non è stato facile migliorare la situazione, che in realtà era pesantemente afflitta, secondo gli osservatori internazionali, dalla disastrosa situazione dei vecchi addestratori a reazione Kiran, troppo lenti e superati per addestrare bene i piloti. La situazione in effetti ha continuato ad essere molto critica per la IAF, come è spiegato anche nella sezione del XXI secolo. '''Forze disponibili''': * 15 Sqn. da difesa aerea ( 3 su 55 MiG-29, 2 con 35 M.2000, 10 con 240 MiG-21PFMA/Bis/U, 1 con 20 MiG-23): ** 28 Sqn. 'First supersonics' su '''MiG-29''', Poona **223 - 'Tridents', MiG-29, Adampur ** 47 - 'Black Archers', MiG-29, Poona ** 1 - 'Tigers', 18 '''Mirage 2000''', Gwallor ** 7 - 'Battle axes', 17 Mirage 2000, Gwallor ** 3 - 'Rattlers', '''MiG-21''', Pathankot ** 15 - 'Flying Lances' MiG-21, Pathankot ** 4 - 'Oorials', MiG-21, Jaisselmer ** 21 - 'Ankush',MiG-21, Chandigarh ** 23 - 'Cheetahs', MiG-21, Ambala ** 24 - MiG-21, Ambala ** 26 - 'Warrior', MiG-21 ** 37 - 'Black Panthers', MiG-21 ** 45 - 'Colts', MiG-21 **224 - MiG-23MF, Adamampour *22 Sqn. da caccia e attacco al suolo (5 con 90 Jaguar, 3 con 60 MiG-23BN, 8 con 140 MiG-27M/UM, 9 con 120 MiG-21M/MF/FL): ** 5 - 'Tuskers', '''Jaguar''', Ambala ** 6 - '''Jaguar Maritime''' ** 14 - 'Bulls', Jaguar, Ambala ** 16 - 'Cobras', Jaguar, Gorakhpur ** 27 - 'Flying Arrows', Jaguar, Gorakhpur ** 29 - MiG-21 **221 - 'Valiants', '''MiG-23BN''', Jodhpur **220 - 'Desert Lions', MiG-23BN, Halwara ** 2 - 'Winged Arrows', '''MiG-27''', Hindan ** 9 - 'Wolfpack', MiG-27, Hindan ** 18 - 'Flying Bullets', MiG-27, Hindan ** 10 - 'Winged daggers', MiG-23BN, Jodhpur ** 22 - 'Swift', MiG-27, Hashimara **222 - 'Tigersharks', MiG-23BN, Hashimara ** 31 -, MiG-27, Halwara ** 32 -, MiG-27 ** 8 - 'Eight Pursoot', '''Mig-21''', Adampur ** 17 - 'Golden Arrow', MiG-21 ** 30 - 'Charging Rhinos', MiG-21 ** 51 - MiG21 ** 52 - MiG-21 **101 - 'Falcons', MiG-21 **108 - 'Hawkeyes', MiG-21 * 3 reparti elicotteristici d'attacco: 104 e 125 sqn, Pathankot, 116 sqn, con un complesso di 40 Mi-25 e 20 Mi-35. *1 Sqn. d'attacco marittimo: 6 'Dragons' su 8 Jaguar GR.1 *3 Sqn. da ricognizione: 25 'Trisonics', Bareilly' su 6 MiG-25+2 MiG-25U, 35 e 106 'Lynxes', Agra, con 40 Camberra B.58/T.54. * 12 Sqn. da trasporto (119 An-32 'Suttlej', 43 Do-228, 30 HS.748, 30 Il-76, 2 Boeing 737-248, 30 HS.748M, 6 SA-365 Dauphin): ** 12 Sqn. 'Bisons', An-32, Angra ** 19 Sqn., An-32, Tambaran ** 33 -, An.32, Gauhati ** 43 - 'Ibexes',An-32, Chandingarh ** 48 - 'Camel', An-32, Chandigarh ** 49 - 'Para Spears', An-32, Jorhat ** 58 - 'Hornbills',Do-228, Gauhati ** 41 - 'Otters', Do-228, Palam ** 25 - 'Himalayan Eagles', Il-76, Chandigarh ** 44 - 'Mighty Jets' Il-76, Agra **11 - Hs.748 **106 - Hs.748 ** Sezione VIP con 2 Boeing 737-248, 7 HS.748M, 6 SA-365 Dauphin Addestratori: 100 HPT-32 e HJT-16, 30 PZL TS-11 ISKRA ELINT-EW: 2 Learjet 29A, 3 Gulfstream III SRA, alcuni MiG-23BN Elicotteri: 15 squadroni per collegamento e osservazione con 160 SA.315B Lama/'Cheeta', 180 SA316B Aloutte/'Chetak'. 4 reparti (Stormi?) da trasporto con 60 Cheetah, 80 Mi-17, 10 Mi-26, 50 Mi-8. SAM: 30 batterie SA-3, 8 SA-8, 100 S-13 Basi principali: Allahabad, Bamrauli, Bangalore, Dundigal (Accademia aeronautica), Hakimpet (Addestramento caccia), Hyderabad, Jamnagar, Jodhpur, Nagpur,Nuova Delhi, Shillong, e altri per un totaled di oltre 60. Dotazione velivoli: *758 combattimento: circa 35 Mirage 2000 (Vajra), 55 MiG-29 (Baaz), 60 MiG-23BN, 140 MiG-27, 8 MiG-25, 360 MiG-21, 100 Jaguar. *229 Trasporti: 119 An-32 (Sutlej), 30 Il-76, 43 Do-228, 37 HS-748 *130 Addestramento: 100 HPT-32/HJT-16, 30 TS-11 *620 Elicotteri: 240 SA-315B (Cheetah), 180 SA-316 (Chetak), 50 Mi-8, 80 Mi-17, 40 Mi-25, 20 Mi-35, 10 Mi-26. Totale, 1.737 velivoli (4a forza aerea mondiale). ===Note e bibliografia=== <references/> {{Avanzamento|100%}} [[Categoria:Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo|India]] f4crcpj92ksn8ih4heo0fpai3ubm79r Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Corea del nord-3 0 21360 477783 456855 2025-06-12T15:06:20Z Eumolpo 4673 ortografia 477783 wikitext text/x-wiki {{forze armate mondiali}} =Operazioni aeree= ==Prologo== [[Immagine:F82 twin mustang.jpg|300px|left|thumb|Un Twin Mustang in volo; trattandosi di un velivolo apparso appena dopo la II Guerra Mondiale, e obsolescente già nel 1950, esso è uno dei caccia americani meno noti]] Come si è detto altrove chi aveva una qualche forza aerea in Corea erano inizialmente i Nordisti, che in tutto avevano un contingente aereo molto apprezzabile per l'Estremo Oriente: * 70 '''[[w:Yak-7|Yak-7]]''', '''[[w:Yak-3|Yak-3]]''' e Yak-9, in misura variamente indicata a seconda degli autori consultati, nonché probabilmente anche '''La-7''' e '''La-9''' * 60 assaltatori '''Il-10''' * 30 '''Yak-18''' e più vecchi '''Po-2'''<ref>dati portati da T.Marcon e non molto dissimili da quelli riportati da altre fonti</ref>. Si trattava prevalentemente delle versioni migliori dei progetti sovietici bellici: per esempio, gli Il-10 erano totalmente metallici rispetto ai loro antenati diretti Il-2 'Sturmovik', che invece avevano parte dell'ala realizzata in legno. Lo '''Il-10''' era più moderno e robusto, anche se le prestazioni non erano molto superiori per via del peso maggiore. Gli Yak-9P da 670 km/h erano appena inferiori ai 700 km/h della versione U, con lo stesso motore [[w:Klimov VK-107|Klimov VK-107]], ma erano metallici e vennero usati nel dopoguerra, agili ed efficaci, diventando famosi proprio in Corea. Anche i La-9 erano ottimi velivoli, superiori persino agli eccellenti La-7 con cui l'asso [[w:Ivan Kunebhub|Ivan Kunebhub]] abbatté un Me.262 e anche due '''P-51D Mustang''' che lo scambiarono, durante una furiosa battaglia aerea vicino ai bombardieri, per un FW-190 tedesco. Piloti e aerei americani, nel '45, erano al 'top' e l'impresa di abbattere due Mustang (per giunta ad alta quota, nel loro 'territorio' migliore) non fu certo cosa facile, ma il La-7 era effettivamente un apparecchio molto temibile in mani esperte. Questa battaglia rimase comunque secretata per decenni, tanto che solo da qualche tempo se ne ha notizia. Fin'allora non compariva nelle 62 vittorie aeree accreditate a questo pilota, che quanto a vittorie era il migliore tra i piloti Alleati. Anche gli scontri che sostennero i suoi compatrioti in Corea, come vedremo, sono rimasti un capitolo segreto fino a qualche anno fa. [[Immagine:Yak 9 1.jpg|300px|right|thumb|Un altro aereo protagonista delle operazioni aeree nel '50, lo Yak-9, che era già ben noto per l'uso durante la precedente guerra mondiale]] === Velivoli da combattimento === Ora nel '50, la [[w:FEAF|FEAF]] (Far East Air Force) dell'USAF possedeva solo circa 500 apparecchi di prima linea, più quelli da trasporto, collegamento e i velivoli da combattimento non di primo impiego. Erano certo più che sufficienti e poi stupisce il numero di jets: esattamente: * 365 '''[[w:F-80|F-80]]''' in 5 Wing * 32 '''F-82''' ognitempo in 3 ''squadron'' * 26 '''B-26 Invader''' in due Squadoron * Mentre a livello strategico c'erano: * 22 bombardieri '''B-29''' in un Wing (ridotto) * 6 '''RB-29''' per uno squadron da ricognizione * 29 '''WB-29''' del servizio meteo * 30 '''F-51 Mustang''' (usati come riserva). L'organizzazione dell'[[w:USAF|USAF]], nata come arma indipendente il 26 luglio 1947 sulla scorta soprattutto delle esperienze strategiche del conflitto (in cui l'Esercito come arma terrestre non aveva avuto che una minima parte), comprendeva gli squadron di: * 12 aerei per i [[wikt:quadrimotori|quadrimotori]] * 16 per i [[wikt:bimotori|bimotori]] * 25 per i caccia [[wikt:monomotori|monomotori]]. * I Group erano al livello superiore con: * 3 squadron e 75 '''caccia''' * 4 squadronn per ''64'' bimotori e 4 con 48 apparecchi per i quadrimotori mentre i Wing esistevano solo per situazioni particolari e aggregavano almeno 2 Groups. Delle forze aeree sulle portaerei si è già detto, poi c'era anche uno squadron di '''P-51''' della [[w:RAAF|RAAF]] australiana. ==Inizia la guerra== All'inizio delle operazioni aeree, gli americani vennero sorpresi dall'attacco quando un loro C-54 venne distrutto sull'aeroporto di Seul dai velivoli Nordisti, giusto all'inizio della guerra. Gli Americani mobilitarono alcuni dei loro caccia e in particolare i P-82 ora ribattezzati, da quando esisteva l'USAF, F-82<ref>per la prima battaglia aerea, vedi Sgarlato, Nico ''Prima vittoria in Corea'' Aerei Feb 1992 p. 54-55</ref>. La loro filosofia nasceva da un'idea del '38, quando si ipotizzava un caccia bifusoliera leggero con due motori da 300 hp circa, il cui vantaggio consisteva nel ridurre la resistenza aerodinamica: se ci voleva, per un bimotore, una navicella o fusoliera al centro dell'ala lasciando i due motori in apposite gondole (tipo il Bf-110), magari collegate alle derive di coda come se fossero davvero delle fusoliere (P-38), allora perché non provare con due fusoliere vere? Certo la visibilità del pilota era sacrificata (diciamo 'asimmetrizzata') ma almeno c'era la possibilità di ottenere una macchina più veloce, e se vi fosse stato bisogno di un secondo uomo c'era l'altra fusoliera (per capire meglio la questione vedi la foto del Twin Mustang qui sopra). Così nasce, riprendendo l'idea nel '44, il P-82, che però volò solo il 15 aprile del '45. Divenne un caccia notturno come F-82F, G (con radar SRC-720C del P-61) o H per operazioni sull'artico, e nel '48 tutti gli esemplari, inclusi quelli notturni con il prominente pod sotto il tronco centrale dell'ala (che, differentemente dai concetti originari ospitava anche l'armamento), vennero mandati al Carebbean Air Command e poi alla 5th AF che era in Estremo Oriente. Tra le poche unità con gli F-82, ottenuti con le fusoliere allungate dei P-51H Mustang ma senza emularne appieno le caratteristiche brillanti, c'era il 68th Fighter Squadron (ognitempo) della Itazuke AB, a Kyushu, che possedeva circa 12 F-82G. Ad esso si aggiunsero il 339th di Yokota AB (Tokyo) e il 4th FS di Naha, costituendo quindi il 347th FG (Provisional). Questo fu necessario per affrontare l'emergenza coreana. Già il 26 giugno gli F-82G offrirono copertura aerea sulla capitale, visto che gli F-80 con serbatoi standard erano capaci di permanere solo 10 minuti sulla capitale, anche se ve n'erano molti disponibili (in seguito avrebbero adottato i 'Misawa tanks' più grossi). Seul venne evacuata rapidamente dagli Americani, che a ragione la ritenevano indifendibile; sulla città portuale di Inchon vennero mandati 4 aerei del 68th e 4 del 339th. Caccia La-7 attaccarono i velivoli americani ma mancarono il bersaglio e siccome gli americani avevano l'ordine di non attaccare ma di fatto nemmeno di rispondere al fuoco, la cosa finì lì. Il 27 Mc Arthur fece evacuare i civili anche per via aerea e a quel punto entrarono in azione anche gli F-80C dell'8th FBW. Sopra Kimpo v'erano nel frattempo 4 F-82 del 4th in volo a 3.650 m, 4 del 68th a bassa quota e 3 del 339th nelle quote intermedie. Nonostante la disparità di prestazioni, vennero ardimentosamente attaccati da due Yak-11 che se la presero con gli aerei del 68th pur avendo solo una mitragliatrice UBS da 12,7 mm con 100 colpi (erano possibili anche due bombe fino a 100 kg l'una), nonché dai ben più temibili La-7 per un totale di 5 aerei. Uno Yak portò via una parte degli impennagi di un Twin Mustang, per cui si può dire che i primi colpi a segno in duelli aerei li misero a segno i Coreani. Ma un secondo F-82 intervenne (equipaggio: Hudson e Frazer) e colpì l'aereo coreano nonostante che esso cercasse una salita tra le nuvole. Il coreano prese fuoco e il pilota si girò verso l'osservatore, che però non si mosse, prima di saltare col paracadute e finire catturato dai sudcoreani. Il Twin Mustang danneggiato cadde in stallo e si ritrovò poi addosso casualmente ad un altro coreano, identificandolo come La-7 o Yak, ma in realtà un altro Yak-11, abbattuto dopo un breve inseguimento. Ancora altre due vittorie furono a danno di un La-7 e di un altro Yak-11, probabilmente abbattuto (tra l'altro, Joe Baugher dà un La-7 e uno Yak-9, dice che i registri dell'unità sono andati persi, per cui non c'è assoluta certezza di quello che è successo quel giorno; ma almeno Carl Fraser, operatore radar del primo F-82, ricorda l'abbattimento del primo Yak-11 con dovizia di particolari). La carriera degli F-82 terminò presto in Corea e quello fu l'unico giorno in cui ottennero vittorie aeree. Ma distrussero anche 16 aerei al suolo, prima che la FEAF li ritirasse entro il dicembre del '52. Vennero usati quindi anche come incursori. La loro velocità massima era di circa 730 kmh a 6.300 m, raggio massimo di ben 4.000 km, tangenza di 12.000 m e salita di circa 1100 m.min, per cui assieme al suo armamento di 6 M2 erano un vero incrociatore aereo, anche se senza le prestazioni di combattimento manovrato del Mustang originale. Non passò molto tempo che gli americani ottennero 11 vittorie aeree e distrussero anche numerosi apparecchi al suolo. Durante i primi duelli, che praticamente furono subito combattuti data la necessità di proteggere il personale americano nella capitale, gli americani anticiparono le forze di terra e aeree, e ovviamente l'ONU che il 7 luglio prese atto della situazione quando già in Corea gli americani e inglesi combattevano. La capitale era stata spostata provvisoriamente a Taejon, ma questa cadde entro il 20 luglio. Il primo pilota dei Marines caduto in combattimento fu il Capt VM Moses l'11 agosto, mentre la prima missione di un caccia USMC a reazione la fece il Capt L.E. Brown il 9 settembre, ma su di un F-80 dell'USAF. Sempre a proposito degli [[w:F-80|F-80]], la loro ora nel combattimento aereo scoccò presto, quello stesso 27 giugno, e se la cavarono bene. Avvistati degli aerei, non erano sicuri se si trattasse di una formazione amica o nemica (ammesso che allora si fosse già ufficialmente in guerra), ma dal fuoco di ritorno dei mitraglieri dorsali capirono che si trattava di Coreani: erano infatti degli Il-10. Nonostante che gli F-80 non avessero un armamento poderoso, i 4 F-80C abbatterono in poco tempo altrettanti Il-10. Altre vittorie le ottennero gli F-51. I motori a pistoni degli aerei di vecchia generazione erano parchi nei consumi e al tempo stesso capaci di far operare da aeroporti non preparati, date le limitazioni delle turbine (vedi il FOD). Erano più lenti sui bersagli da attaccare, ma per questo anche più precisi, e potevano volare per più tempo e con maggiore carico. Per quanto possa sembrare assurdo, questo fece sì che i [[w:P-51|P-51]] sostituissero gli F-80 in almeno uno (18th FBW) se non tre dei 5 Wing con gli F-80 della FEAF. Per questo compito ben 145 Mustang vennero prontamente consegnati, provenienti dall'ANG, con la portaerei USS Boxer. La questione che qui si potrebbe porre è un'altra: perché i P-51D e K sì e i P-51H no? Questi erano considerevolmente alleggeriti e al contempo più potenti come motore, e la fusoliera più lunga di 61 cm. Ma tutto questo, se faceva guadagnare circa 80 kmh di velocità, dimezzando il vantaggio dei Me-262 (mentre in salita passavano addirittura in testa con 27 ms contro 19 dei 'D' e 20 dei '262), rendeva l'aereo decisamente più fragile e vulnerabile al fuoco contraereo. Per cui, nonostante le qualità di manovra fossero addirittura migliori dato il miglior rapporto potenza peso, dei pochi 'H' prodotti (555 esatti) nessuno venne mai inviato in Corea. Così questo bell'aereo, che si riconosceva per la sagoma più armoniosa rispetto alla versione 'D', non vide alcun combattimento, lasciando alla fantasia i risultati di eventuali battaglie tra questi 'Super Mustang' e i MiG-15. I P-51D erano capaci di migliori prestazioni STOL rispetto ai pochi F-82, e anche per questo vennero preferiti a questi nei rischieramenti in aeroporti della Corea: combatterono duramente in missioni CAS che non erano tanto congeniali ad un velivolo con motore singolo e raffreddato a liquido. Così vennero abbattuti a centinaia: Baugher dà la cifra di 351 aerei (quindi devono esserci state altre forniture) persi in oltre 62.600 sortite. Furono loro a incontrare per primi i MiG-15 e anche se scapparono indenni(era il 1 novembre), la cosa fu un vero shock per gli Alleati, fin'allora padroni della situazione. Ora che arrivavano i caccia con ali a freccia voleva dire che i Sovietici erano disposti a fare sul serio. [[Immagine:P-51 Mustang - ILA2002-02.jpg|300px|left|thumb|Un P-51, ancora oggi in volo negli airshows]] Gli F-51 sono stati anche importanti per l'impiego con altre forze aeree: i caccia del No.77 sqn della RAAF erano tra le truppe occupanti il Giappone (assieme tra l'altro al No.76 e al No.82, poi ritirati) nella poco ricordata (per usare un eufemismo) missione australiana nel territorio giapponese. Il No.77 era ancora in Giappone e presto si congiunse alla 5th AF, volando ben 2.600 missioni in sei mesi di guerra. In tutto avrebbe volato 3.800 missioni durante il conflitto perdendo 18 aerei e 8 piloti, ma non è chiaro quanti fossero le perdite di Mustang dato che dall'ottobre del '51 passarono ai Meteor F Mk.8. I Sudafricani furono altri utenti del Mustang in Corea, con il loro No.2 'Cheetah' Sqn affiliato al 18th FBW dell'USAF. Operarono da basi come la K-9 di Pusan, da cui iniziarono il 19 novembre 1950 le loro missioni. Cambiarono varie volte la loro base durante le ostilità e in particolare finirono sull'aeroporto K-10 di Chinhae. Ebbero in carico ben 95 F-51D, ma ne persero 74 in ben 10.373 missioni. Ebbero 12 piloti uccisi e 30 dispersi o prigionieri, e per completezza, 4 feriti. All'inizio del 1953 vennero riequipaggiati con gli F-86F. Non bastasse questo, anche la RoKAF coreana ebbe gli F-51, sostituiti solo nel '55 con gli F-86 dopo circa 5 anni di uso. Non si sa bene quanti ne vennero usati e quanti persi, né se i Cinesi comunisti utilizzarono qualcuno dei P-51 catturati ai Nazionalisti. Quindi, valutare quanti P-51 vennero persi è davvero difficile. ==B-29<ref>tra gli altri: Vaccari, P.F. ''Le operazioni dei B-29 durante la guerra di Corea'' RID Maggio 2008 p.82-90; altre fonti vengono elencate nel testo</ref>== [[Immagine:Olive-drab painted B-29 superfortress.jpg|300px|left|thumb|Il B-29 fu protagonista delle missioni aeree sulla Corea e subì poche perdite nonostante la forte difesa comunista]] Con la fine della guerra nel settembre del '45 vennero cancellati ordini per qualcosa come 5.092 B-29, ma questo non metteva certo l'USAAC in una condizione di inferiorità verso chicchessia. Gli ultimi B-29 vennero prodotti entro il 10 giugno del '46 ed erano gli epigoni di 3.627 esemplari, gran parte dei quali sopravvissuta alla guerra. Molti andarono in riserva ma nessuno venne decommissionato per il mercato civile o per altre forze aeree, e anche per questo, dei tanti B-29 prodotti pochissimi sopravvivono a tutt'oggi. Nel '47 c'erano solo 6 gruppi con i B-29, di cui il 509th era specializzato per il bombardamento nucleare. Classificato come bombardiere 'medio' nel '50, quando oramai c'erano i B-36, il B-29 non fu mai superato numericamente da nessuno dei suoi discendenti, nemmeno dal B-47. Ancora in quell'anno c'erano 1.787 B-29 e 162 non meno importanti RB-29 strategici, naturalmente la maggior parte erano in riserva, ma i gruppi nel frattempo erano riaumentati a 8 più uno da ricognizione strategica. Secondo Vaccari, i Nordcoreani avevano 150 carri (che come si è visto in altra sede, non erano tuttavia il totale), 1.700 cannoni e la NKPAAF (definizione in inglese dell'aviazione) aveva piloti che in non pochi casi avevano servito già durante la guerra nei reparti giapponesi, e aveva 129 caccia Yak-9P e U, 53 Il-10, alcuni La-7 e biplani Po-2. Insomma, l'ennesima 'variazione sul tema', ma il Vaccaro è solitamente uno studioso accurato e vale la pena di riportare le cifre fornite, anche se lo scrivente non le ritiene le più affidabili. Sempre secondo il suo studio, la 5th AF aveva quasi 300 caccia F-80C, 16 F-82 notturni (e quindi non 'E'), 25 (uno in meno di altre fonti..) B-26 Invader, 22 B-29, di cui quelli del 19th Group a Guam, e poi c'erano anche 6 RB-29. Mentre i civili occidentali presenti a Seul cominciarono a scappare dall'aeroporto di Kimpo, Mc Arthur iniziò subito le operazioni belliche con i B-26, e già il 28 giugno i B-29 lanciarono un attacco con scalo a Kadena. Erano 4 aerei, i primi dei tanti. Gli attacchi contro le truppe erano di scarsa efficacia per i B-29, anche se come si è detto in altra sede (Baugher), erano armati con 48 bombe l'uno. I ponti sul fiume Han erano più interessanti quali bersagli per tali bombardieri pesanti, e su questi ponti a su di Seul, oramai caduta. Il 3 luglio il SAC mandò i gruppi 22 e 92nd con altri B-29, mentre si racimolavano i caccia F-51 e si inviavano le portaerei USS Valley Forge, Sicily, Badoeing Strait e la HMS Triumph Inglese. Per usare al meglio i B-29, gli unici capaci di colpire senza problemi (inizialmente col solo 19th BG) la penisola coreana, venne creato l'8 luglio il FEAF Bomber Command, che dal 13 ebbe il comando anche sui due nuovi arrivati 22 e 92nd BG provenienti dal SAC. I BG 98th e 307th sarebbero arrivati poi, come anche il 31st SRS. I bombardieri B-26 e B-29 continuavano gli attacchi diurni e senza scorta, in piccole formazioni. Ma i caccia Nordisti erano abbastanza temibili in tali condizioni, a bassa-media quota, tanto che il 12 luglio l'aviazione nordcoreana ottenne il suo miglior successo aereo quando uno Yak-9 colpì un B-29 (44-69866) del 28th, usando il suo potente cannone da 37 mm NS-37, quello che sarà poi usato anche dai MiG. Il motore n.3 si incendiò e l'aereo precipitò al suolo. La tensione per questi numerosi attacchi fu tale da rendere i mitraglieri guardinghi: il 19 luglio un Seafire Mk 47 venne abbattuto per errore dai B-29. Poi dalla metà del mese di luglio i B-29 cominciarono un uso meno disgregato e incursioni anche di cinquanta macchine vennero lanciate contro i nodi ferroviari di Seul e una fabbrica di esplosivi di Hungnam, distruggendoli, ai primi d'agosto bombardarono anche Pyongyang (stazione ferroviaria) e le raffinerie di Wonsan, tra i pochi obiettivi strategici reperibili. Per giunta, tra il 12 e il 20 agosto 1950 vennero attaccati dai B-29 ben 44 ponti e ne dichiararono ben 37. I B-29 che attaccarono il complesso chimico di Bogun erano 39, e 47 contro il Cho-Sen N.E.P.K. di Konan, l'impianto per la produzione di esplosivi. I B-29 del 19th BG trasportavano armi da 454 kg, ma gli aerei del 22 e 92nd potevano portare solo quelle da 227 kg, troppo poco per distruggere i robusti ponti. Uno dei quali venne attaccato quotidianamente per 3 settimane prima di dichiararlo distrutto e la costanza premiò i reparti di bombardieri. Per settembre, grazie all'arrivo dei due nuovi Wings, il 98 e 307, tutti i centri industriali conosciuti in Corea del Nord erano distrutti. Eccetto Rashin, troppo vicina al confine sovietico. In tutto c'erano 18 bersagli primari, e dal 26 settembre eliminati questi si passò a quelli secondari, come gli impianti idroelettrici di Fusen. Si cercò anche un bombardamento a tappeto contro gli assedianti Pusan, ma senza molto risultato. Dopo lo sbarco a Inchon, 30 km da Seul, del 15 settembre, alle 4 divisioni americane di Pusan se ne aggiunsero altre 2, pronte a tagliare le comunicazioni tra il Nord e il Sud, prendendo Seul e convergendo a Sud per intrappolare i Nordisti. Questi scapparono in fretta e furia, lasciando addirittura a Kimpo vari Yak e Il-10. I B-29 continuarono le loro azioni strategiche contro le linee di comunicazione, tanto che due di essi vennero abbattuti dall'antiaerea il 9 e il 19 settembre. Non molto, e la disfatta dei Nordisti era al contempo enorme. Forse troppo, tanto che la Cina e l'URSS decisero di intervenire. Già il 23 ottobre i B-29 avevano visto dei jet presso il confine, ma la spedizione sovietica decise di non scendere sotto il fiume Yalu per evitare di far cadere prigionieri alcuni dei suoi piloti. Le forze ONU, dopo gli sbarchi, erano tanto convinte della vittoria e dell'invasione sul Nord che i due BW 22 e 92 vennero rimandati negli USA il 27 ottobre, mentre il FEAF Bomber Command venne sciolto. Proprio allora, precisamente il 23 ottobre, i primi equipaggi affermavano di avere visto i jet da caccia nemici.. All'epoca non sapevano che Stalin aveva ordinato la mobilitazione per la Corea, sia pure senza darne ufficialmente notizia, di 16 reggimenti da caccia. La loro identità ufficiale era nord-coreana, e per non cadere prigionieri i sovietici tendevano a non scendere a Sud del fiume Yalu. Nel frattempo i Cinesi, con le armi date dai sovietici, organizzavano un corpo di spedizione terrestre di ben 300.000 uomini, e questo, sebbene camuffato sotto la definizione di 'volontari', non poté essere a lungo nascosto. Vaccari commette un errore parlando di F-86 come antidoto nella versione E, che apparve invece solo dopo vari mesi, mentre il primo tipo era l'A, leggermente inferiore. Ma poco importa per l'ottica dei B-29, di cui viene confermata la perdita da parte dei MiG di un ricognitore del 31st SRS il 9 novembre 1950, poi un bombardiere del 307th BG e danni gravi per altri 3 aerei. Gli RB-29 d'allora vennero sostituiti dagli RF-80 assai più veloci. Verso la fine di dicembre, Mc Arthur cominciò a ipotizzare di usare bombe al plutonio contro i Cinesi, ma la cosa non ebbe seguito, anche perché oramai anche i Sovietici erano 'atomici' e l'arma assoluta non era più esclusiva di Zio Sam. I B-29 attaccarono gli aeroporti e le ferrovie di Pyongyang. Nel '51, il 3 e 4 gennaio colpirono fabbriche e ferrovie di Pyongyang. Come contro i Giapponesi, la loro azione previde l'uso di bombe incendiarie. Azione criminale contro una città, che inevitabilmente ebbe danni pesanti per via della pioggia mortale che gli si abbatté addosso, con conseguenze tanto devastanti anche per le molte casette di legno addossate alle zone industriali. La neve alta ridusse gli effetti di queste armi micidiali, ma questa fu un'azione che non mancò di causare indignazione almeno nella parte del mondo Comunista. Inoltre gli attacchi sui fiumi dello Yalu vennero fermati per le minacce dei MiG, capaci di attaccare e abbattere persino un RB-45 scortato. Solo il 1 marzo del '51 ricominciarono le missioni su Pyongyang. 18 aerei del 98th BG dovevano attaccare con la scorta di 22 F-80, ma non riuscirono a ricongiungersi e proseguirono da soli. Gli andò anche troppo bene, visto che i MiG non riuscirono ad abbatterli, ma ne danneggiarono 10, tre dei quali fracassati al suolo con atterraggi sulla Corea del Sud, presumibilmente tutti e tre perduti. Ad un certo punto arrivò un'arma 'segreta', simile ad una bomba Tallboy inglese con sistema di guida radio del tipo di una Fritz-X tedesca: l'immensa bomba TARZON, parente di armi come l'AZON e la RAZON. Questa bomba era nota con la sigla MX-674, e pesava ben 5.443 kg, tanto che sporgeva fuori dalla fusoliera, tanto era enorme. Ebbero risultati discordanti. Da un lato archiviarono una precisione di circa 66 m di CEP, e riuscirono a demolire ben 6 ponti, una media niente male del 20% di probabilità di distruzione, dato che i soli 3 bombardieri con tali ordigni ne tirarono solo 30 esemplari. Ma le TARZON non erano del tutto sicure, e due di questi bombardieri, costretti a sganciarle anzitempo sul mare, vennero distrutti dalle loro esplosioni! Non c'è da stupirsi, erano armi ripiene di esplosivo RDX, potentissimo ma oramai vecchio di qualche anno e tendenzialmente instabile. Per questo in genere si miscela con il TNT ben più affidabile. Così queste armi sarebbero state ritirate già nell'agosto del '51. Nel frattempo, scorta o meno di F-80, F-84 e F-86, i MiG ricominciavano a farsi vedere. Il 7 aprile colpirono i bombardieri del 98 e 307th BG su Uiju e Sinuju, e riuscirono ad abbatterne uno. IL 12 aprile toccò ai B-29 dei BG 19, 98 e 307th. La battaglia aerea del 12 aprile 1951 è un esempio di come un singolo, famoso scontro possa essere letto con varie angolazioni, specie quando le informazioni sono parziali e senza riscontri incrociati. Quel giorno 48 B-29 andarono in missione con la scorta di circa 36 F-84 e 18 F-86, e affrontarono complessivamente dozzine di MiG. Qui vi sono state discordanze, e vale la pena riassumerle per far capire come studiare più a fondo la questione spesso riserva sorprese. Uno dei numeri dell'enciclopedia Take Off dice che circa 80 MiG tentarono di attaccare gli aerei americani, ma 46 vennero abbattuti contro perdite trascurabili da parte americana. Altre fonti dicono, per esempio Sgarlato su Aerei Luglio 1993, che i MiG erano 60 e abbatterono 3 B-29 ma subendo 13 perdite di caccia sino-coreani: come a dire, inflissero danni consistenti ma ebbero a loro volta perdite elevate (ed erano caccia 'asiatici'). Altre fonti parlano di soli 4 aerei comunisti abbattuti. In effetti in genere vengono attribuite 4 perdite dai caccia americani e 9, talvolta solo sette, dai B-29. Ora, il problema è che gli studi più recenti dimostrano invece (articolo ACIG, per esempio, di D. Zampini e Joe Brennan) che al contrario, solo un MiG venne abbattuto quel giorno, ufficialmente da un mitragliere di B-29 -che venne premiato 47 anni più tardi per l'azione (perché mai gli altri 8 no?)- oppure fu una vittima di J.Jabara, asso di F-86 (secondo l'articolo ACIG). Inoltre gli aerei non erano né 80 né 60 ma 6 più altri 38 decollati su allarme. La ricostruzione dell'articolo ACIG è molto completa, con unità . E non erano cinesi né coreani (come avrebbero potuto essere addestrati in così poco tempo?) ma sovietici, anche se con insegne coreane. E quell'azione fu un loro grosso successo. Anche se dichiararono una dozzina di B-29 e due-tre caccia, di fatto pur essendo relativamente pochi abbatterono 3 B-29 e ne danneggiarono almeno altri 6-7 di cui alcuni vennero messi fuori uso dopo il rientro (o anche l'ammaraggio). Da allora le missioni diurne sul Nord vennero annullate (almeno per un certo periodo), segno inequivocabile che la vittoria era stata chiaramente sovietica, o meglio 'comunista'. Per via di queste perdite alla fine di aprile la FEAF aveva 75 B-29 quando in teoria ne avrebbe dovuti avere 99. I Risultati non erano disprezzabili, però: 48 ponti rivendicati come distrutti su 60 attaccati, così come 27 aree industriali su 39. I B-29 cominciarono a quel punto ad operare di giorno, ma solo al Sud e con pesante scorta caccia. I B-26 dovevano operare solo di notte. Del resto con la perdita 188 caccia, 33 bombardieri, 9 cargo e 17 da collegamento, e soprattutto di 857 aviatori, questa guerra non era più una passeggiata. I MiG non intervennero molto contro i B-29 durante l'estate, nemmeno quando 35 aerei si inoltrarono al nord attaccando il 25 agosto le officine di Rashin, con la scorta da parte di Panther e Banshee della USS Boxer, del resto scorta indispensabile se si voleva coprire un volo di ben 11 ore, troppo al di fuori dei caccia basati nelle retrovie. Da quell'estate alcuni aerei ebbero lo SHORAN, con ricetrasmettitori AN/APN-3 asserviti ai radiofari radar AN/APN-2 basati a terra. Questo sistema era capace di funzionare con elevata precisione, ma solo se c'erano operatori esperti. I B-29 ebbero ancora i loro guai in autunno: il 22 ottobre uno venne abbattuto su 9 del 19th BG, sia pure scortati da 24 F-84: attaccati da 40 MiG, uno dei Superfortress venne distrutto. Poi il giorno veramente 'della verità': il 23 ottobre appena 8 B-29 del 307th BG andarono contro un altro obiettivo, l'aeroporto di Sinuiju sulla foce dello Yalu, ma vennero attaccati appena prima dell'arrivo sull'obiettivo da circa 100 MiG-15. Circa la metà penetrò la difesa dei Sabre e degli F-84, che pure erano rispettivamente 34 e 55. I Sabre erano in quota per coprire meglio le formazioni, mentre gli F-84 erano più in basso e non superavano i 700 kmh per non distanziare i bombardieri (ed erano costretti comunque a volare a zig-zag). I MiG approfittarono della velocità iniziale maggiore e riuscirono a fare un massacro: abbatterono 3 B-29, 3 vennero danneggiate al punto che atterrarono in emergenza a Kimpo e due delle quali andarono poi rottamate; le altre 2 rientrarono in Giappone, ma erano gravemente danneggiate dai colpi da 37 mm. Qualche caccia sovietico venne dichiarato abbattuto assieme ad un F-84, ma il giorno prima c'era stata già una Fortezza abbattuta, e il giorno dopo, nell'ambito di un altro attacco da parte di 8 B-29 del 98th BG scortati da appena 16 Meteor e 10 F-84 contro il ponte ferroviario di Suchon, un altro B-29 venne abbattuto. Il 28 ottobre gli attacchi diurni, anche se fortemente scortati, vennero annullati e addirittura si pensò di ritirare i B-29 per rimpiazzarli con alcuni dei nuovi, ma rari, bombardieri B-36 o B-50. Ma era difficile fare di meglio anche con questi nuovi velivoli, sarebbero stati necessari i B-47, ancora nemmeno in servizio operativo. Il mese di ottobre erano stati abbattuti 5 B-29, più 7 F-86, 2 F-84 e un RF-80, tutto sommato pochi, ma la superiorità aerea in mano ai comunisti almeno sopra lo Yalu. Solo nell'incursione del 23 ottobre, ben 34 aviatori vennero uccisi o risultarono dispersi. Per questo lo si chiamò 'il martedì nero' dei B-29. Le missioni continuarono di notte con l'uso dello SHORAN, anche se l'8 novembre un altro B-29, il 42-93974 venne abbattuto dalla contraerea, e dal 4 dicembre si registrarono danni dovuti a caccia che avventurosamente andavano in azione con i B-29 illuminati dai proiettori. Era rischioso farlo con i caccia ad elica, figuriamoci con quelli a reazione. Gli Americani non trovarono di meglio da fare che un'altra incursione, il 3 gennaio, su Pyongyang con bombe incendiarie. Anche se la neve diminuì gli effetti, tra quest'incursione con 63 aerei e quella del 5 con altri 60, venne distrutto il 35% della città. Solo una venne abbattuta dalla contraerea. Incidenti coinvolsero un B-29 il 29 gennaio e un altro il 7 febbraio. Marzo-aprile, con l'operazione STRANGLE per interrompere i rifornimenti ai cinesi, videro azioni contro le linee di comunicazione, ma nonostante la notte il 44-61872 si schiantò a Kimpo in un atterraggio d'emergenza del 22 aprile, dopo essere stato colpito da un MiG-15, i cui esemplari cominciavano anche ad essere usati nella versione caccia notturno. A Maggio ne venne abbattuto un altro, ma soprattutto a Giugno, il 10, su 4 aerei del 19th BG in missione sui ponti ferroviari di Kwaksan, intervennero i proiettori ad inquadrarli: ben 24 unità che permisero ad una dozzina di MiG di abbatterne 2 e di danneggiarne un terzo, che si fracassò a Kimpo. Allora gli americani fecero (finalmente) dipingere in nero le superfici inferiori dei B-29 e possibilmente autorizzarne l'azione solo nelle notti nuvolose per 'stoppare' i fasci dei proiettori. Così il 24-27 giugno, nelle missioni contro le centrali elettriche coreane nessuno andò perduto. Anche gli aerei della marina attaccarono, di giorno, e la riduzione della capacità di produzione elettrica ammontò al 90%. A luglio gli attacchi con lo SHORAN su piccoli scali e officine della ferrovia non diedero risultati eccelsi, il 3/4 luglio un RB-29 venne abbattuto dai MiG su Sinanju (44-61-727). Seguirono altre missioni, tra la fine di luglio e settembre, come quella contro un cementificio, uno stabilimento metallurgico, e persino un attacco contro delle truppe il 19 settembre da parte di 35 aerei. Ad ottobre gli obiettivi erano oramai costituiti da piccoli villaggi di confine, su cui tuttavia passavano i rifornimento. Gli equipaggi non erano convinti che l'attacco valesse la ricompensa, ma quando si accorsero degli incendi e delle esplosioni che c'erano a terra dopo i bombardamenti si convinsero che in effetti c'erano materiali degni d'essere inceneriti dalle loro bombe. Per ben 44 giorni dal 26 gennaio 1952 i B-29 attaccarono il villaggio di Wadong, per esempio. Dall'ottobre caccia F3D dell'USN e gli F-94 dell'USAF fecero la scorta durante la notte ai bombardieri; oramai si stimava che c'erano almeno due reggimenti di MiG specializzati nelle missioni d'intercettazione notturne e per giunta, serviti da ottimi sistemi di scoperta radar. Spesso però erano ancora privi di radar di bordo. Ma c'era un escamotage: far volare aerei a pistoni sopra le formazioni inquadrate, nonostante il rischio di essere colpiti dai caccia notturni. Questi erano diventati un deterrente per i caccia Comunisti di tutto rispetto, ma nondimeno, in una missione del 19 novembre un B-29 venne abbattuto. In una del 30-31 dicembre 1952 3 B-29 vennero visti tramite i bengala e di questi i MiG abbatterono un esemplare e ne danneggiarono gravemente altri due, costringendoli ad atterrare in Corea del Sud. All'inizio del '53 toccò ai B-29 una nuova serie di incursioni sul centro di comunicazioni di Sinanju. Un primo attacco del 9 gennaio da parte di 17 aerei del 307th BG non riportò perdite, ma l'11 uno fu abbattuto da un MiG, il 12 fu la volta di un ricognitore RB-29 del 91st SRS, un altro il 28-29 gennaio. Era chiaro che i B-29 fossero superati: capaci oramai di operare solo di notte e con aerei di scorta, ma non ci fu verso di rimpiazzarli nemmeno allora con i nuovissimi B-36, 50 e 47. I B-29 vennero organizzati per sganciare tutti insieme sul bersaglio minimizzando il tempo d'esposizione, e la caccia notturna venne rinforzata, tanto che il 30-31 gennaio un F-94B abbatté un La-9, essa fu la prima vittoria notturna USAF; ma un B-29 venne costretto ad un atterraggio di fortuna in Corea del Sud dai soliti MiG. Durante il mese di febbraio ci fu un bombardamento di precisione contro un centro di comunicazioni a Pyongyang, eseguito con bombe da 907 kg semiperforanti. Durante i mesi successivi i B-29 non subirono altre perdite, eppure bombardarono indiscrimatamente (tanto per cambiare) centri abitativi come a Sinanju il 19 maggio e 7 giugno. Visto che i negoziati per la pace durarono 18 mesi con i Comunisti che non avevano fretta, gli Alleati pensarono di causare loro preoccupazione maggiore attaccando bersagli vari. Per ragioni politiche, i B-29 non potevano attaccare la Cina o tanto meno l'URSS, e così dovettero comunque limitare le loro possibilità strategiche alla penisola coreana. Solo l'11 luglio 1952 vennero attaccati 30 differenti bersagli a Pyongyang. L'ultima offensiva cinese venne contenuta anche grazie alle missioni dei B-29, che attaccarono anche Pyongyang, tanto che il 20 luglio si vendicarono distruggendo al suolo circa 20 MiG-15. Ma il 6 marzo 1953 Stalin era morto e Mao era sempre più perplesso dei sacrifici per tenere l'offensiva in Corea. Alla fine, il 27 luglio 1953, venne firmato un armistizio. Una delle ragioni di dedicarsi agli attacchi contro gli aeroporti era quella che tra la sigla dell'armistizio e la sua entrata in servizio ci sarebbero state 12 ore di tempo, abbastanza per muovere gli aerei sui dieci campi d'aviazione Nordcoreani principali. Secondo le cifre di P.F. Vaccari i morti furono 100.000 delle truppe ONU di cui 33.700 americani, 500.000 cinesi e Nordcoreani (militari), 400.000 civili; l'USN e USMC persero 1.033 aerei, l'USAF 971. I B-29, dei quali alla fine del conflitto c'erano solo 62 esemplari con il 19 e 37th BW di Okinawa e 31 a Yokota con il 98th BW, ebbero in tutto un'attività notevole e soprattutto, con molte meno perdite rispetto a quanto avvenuto contro in Giappone. Ecco i dati relativi alle due guerre: *Sortite: 27.180---21.000 *Bombe, t: 165.000-167.000 *Aerei persi per caccia nemici (almeno secondo l'USAF): 93---16 *B-29 abbattuti dalla flak: 55---4 *Perdite per cause ignote: 115---0 *Incidenti: 230----14 *Totale: 493----34 Ai B-29 durante la II GM vennero accreditati ben 1.188 caccia giapponesi. In Corea ebbero accreditati (in maniera altrettanto inflazionata, se non di più, basti pensare alla battaglia del 12 aprile) ben 34 aerei di cui 16 MiG-15, 17 probabili e 11 danneggiati (tutti MiG-15), mentre il rateo di perdite fu circa lo 0,15% contro il 2% circa. Questi dati meritano indubbiamente un attento studio: solo 34 aerei persi contro 493. Come è possibile? La difesa giapponese abbatté molti più aerei che quella sovietica-cinese pur essendo queste molto più temibili: ma ve lo figurate un Ki-44 contro un MiG-15? Eppure i dati sono questi. Va detto che molti aerei americani, una volta rientrati nel proprio territorio, anche se cadevano o si fracassavano per i danni subiti erano considerati come 'incidenti' piuttosto che come perdite per causa di fuoco nemico. In ogni caso i B-29 operavano da basi distanti circa la metà di quelle usate durante il conflitto con il Giappone e questo limitava le perdite per incidenti e aumentava notevolmente il tonnellaggio di bombe trasportabili per missione. Inoltre se il B-29 era invecchiato, è anche vero che ancora era piuttosto 'arzillo' e che il tempo caso mai gli aveva giovato visto che i moltissimi inconvenienti che aveva in origine, specie ai motori, erano in buona parte risolti. In ogni modo, anche se costretto a volare di notte e con scorta di caccia, era ancora una macchina temibile e negli ultimi mesi non subì perdite. Tra le ragioni, quella di volare in piccoli gruppi che rendevano difficile 'sparare nel mucchio' alla contraerea nemica. Eppure quest'ultima fece una strage di circa 2.000 e passa aerei ONU. Ancora, è difficile capire come le cose possano essere state tanto benevoli con il vecchio B-29, che di fatto fu un protagonista assoluto durante questa guerra, anche se di 'basso profilo'. ==Invader== [[Immagine:B-26-korea.gif|300px|left|thumb|Il B-26 Invader, protagonista della guerra notturna sulla Corea]] I B-26 erano aerei davvero ben armati, ma dovevano fare attenzione ai caccia sovietici. Erano pesantemente armati, anzi divennero addirittura dei bombardieri medi da circa 18 tonnellate. Una tipica installazione di B-26 Invader era così ben superiore a quelle della II Guerra mondiale. Aveva aumentato le mitragliatrici da 6 a 8 nel muso, non mancavano le 4 difensive di cui due della torretta dorsale bloccabili in avanti, ciascuna con 500 cp. Il vano portabombe era capace di portare 1.800 kg di bombe, sotto le ali c'erano altre 6 mitragliatrici (non capisco bene come, visto che i pod-mitragliatrice erano binati, con un massimo di 2 per ala, ma è quello che dice J.Baugher, forse era una diversa installazione o si è sbagliato?), e infine una batteria di 14 razzi da 127 mm che si sommavano ai 6.000 colpi da 12,7 mm, praticamente quanti quelli delle 12 mitragliere di un B-17F. Era veramente una batteria formidabile e per giunta con un aereo da circa 600 kmh e assai maneggevole, anche se scarsamente capace di operare su campi d'aviazione improvvisati(anche durante la II GM, quando razzi o mitragliatrici erano solo in alternativa e mai in unione tra di loro sotto le ali, almeno non nella misura poi raggiunta, e le mtg nel muso erano solo 6). Le perdite dei B-26 furono proporzionate alla grande attività che sostennero: qualcosa come 55.000 missioni, in cui dichiararono ben 38.500 veicoli, 3.700 vagoni, 406 locomotive e 7 aerei. Persero 226 velivoli, di cui ufficialmente 56 per azione nemica, dato francamente piuttosto bassino anche considerando le cattive condimeteo (nel senso che i danni dovuti all'azione nemica devono essere stati ben maggiori, nessun aereo ha avuto incidenti per l'80% delle perdite subite), e quasi uguale ai 224 F-86 persi ufficialmente per tutte le cause. ==Sabre vs MiG== [[Immagine:MiG-15 Hu.jpg|350px|left|thumb|L'altro protagonista della Corea, il MiG-15]] Ora andiamo all'argomento più spinoso di tutti, almeno nelle discussioni aviatorie sulla guerra (come si è visto, la geopolitica e i danni subiti alla popolazione meriterebbero ben altra considerazione). Quello che riguarda i duelli aerei, specialmente i MiG-15 contro i loro oppositori occidentali, il cui campione è stato senza dubbio l'F-86 Sabre. Praticamente, se si può trovare un parallelo, si tratta di una specie di replica di quello che era 'andato in onda' 15 anni prima, sempre in un conflitto di tre anni circa, con altri '15', ovvero i temibili I-15, contro altri aerei armati con le 12,7 mm, i CR.32. Anche allora il velivolo sovietico era per certi versi migliore, in particolare manovrava bene e (come il MiG) saliva più rapidamente anche se le prestazioni in quota erano a favore del CR.32. Le differenze erano, per l'I-15 vs CR.32: maggiore salita, manovrabilità e rapporto potenza-peso per il sovietico, armamento più pesante per l'italiano che aveva velocità di picchiata superiore (come nel caso dell'F-86) e velocità orizzontale con in leggero vantaggio per il CR (grossomodo così era anche per i MiG vs F-86); tangenza migliore per l'italiano (invece il MiG era superiore al Sabre). Ma soprattutto erano i piloti a fare la differenza sul risultato finale, visto che alla fine contò la loro migliore preparazione media, con un rateo di successi superiore e non tanto dissimile con quanto fecero gli americani contro i Comunisti, sebbene l'I-15, differentemente dal MiG, si pilotasse molto meglio della sua controparte. La differenza d'armamento era leggermente a favore dell'italiano, differentemente che nel caso coreano dove era il russo ad avere una certa superiorità, ma con armi non troppo adatte a colpire un caccia. In ogni caso in Spagna la sfida venne maggiormente dai veloci I-16, peraltro meno agili e armati dell'I-15, e dai loro nemici d'elezione Bf-109B, che vennero identificati come i migliori caccia della guerra. Ma per numero di vittorie i CR.32, del resto impiegati in circa 400 esemplari e da subito, ottennero più degli altri, e il loro successo era complessivamente paragonabile (come anche le perdite) a quello che fecero i Sabre sulla Corea. ===La storia=== [[Immagine:F-86A 01.jpg|300px|left|thumb|La prima versione del Sabre, l'F-86A]] Detto questo, i jets inizialmente presenti sulla Corea erano solo gli F-80C, e fu proprio una formazione di quattro Shooting Star che incontrò l'8 novembre 1950 altrettanti MiG, i quali però si disimpegnarono. Gli F-80C appartenevano al 51 FIW (Fighter Interceptor Wing) e la loro missione era quella di attaccare la flak attorno all'aeroporto di Sineuiju. Ma il ten. Russel Brown, alcune fonti dicono addirittura con una singola mitragliatrice funzionante (davvero difficile crederci, vista la difficoltà con cui anche con sei armi pienamente funzionati si poteva avere successo) abbatté un MiG, e si ritagliò il suo posticino nella Storia come primo 'MiG killer'. Secondo le fonti sovietiche il 'suo' MiG non fu in realtà abbattuto, e le esplosioni al suolo erano solo i serbatoi ausiliari sganciati ancora semipieni. Nel volgere di qualche giorno i MiG, tutt'altro che impressionati, abbatterono un RB-29, un B-29 con gravi danni per altri 3. Ora come mai prima era necessaria la presenza di caccia realmente moderni (e anche qui torna il paragone con la Spagna: gli He-51, inizialmente ben utilizzati, proprio come gli F-80 o i Panther, vennero retrocessi di fronte al superiore I-15, la differenza è che in Spagna i CR.32 operavano già, mentre gli F-86 giunsero dopo la comparsa dei MiG). Poco conta che il giorno dopo, il 9 novembre, il pilota della W. Amen abbatté con il suo F9F un MiG (stavolta confermato dai sovietici): c'era bisogno di aerei capaci di sfidarli ad alta quota e scortare i B-29: i caccia F-86A del 4° FIW all'epoca di stanza a North Island AB, California. Vennero portati con due navi in Giappone e per il 13 dicembre stabilirono una prima formazione di combattimento sulla Johnson AB, che era vicino a Tokyo. Poi, passati decisamente i tempi della 'vita bella' californiana, vennero mandati sull'aeroporto di Kimpo. Il 17 dicembre 4 F-86 e altrettanti MiG si scontrarono e il T.Col Hinton del 336° FG abbatté un MiG, il primo di tanti altri<ref>Questa sequenza di dati è tratta da Armi da guerra Fascicolo 45</ref>. Il 22 dicembre fu un F-86A ad avere la peggio, ma nelle 5 ore successive vennero dichiarati almeno 6 MiG, poi con l'offensiva cinese il 4° FIW dovette ritirarsi in Giappone e i primi due mesi di guerra nel '51 ebbero poca storia. Da marzo però si riprese con accanimento, ma senza molti risultati. Nel mese di aprile furono dichiarati 14 MiG, e il 20 maggio il cap. James Jabara divenne il primo asso su jet con una doppietta che lo portò a quota 6, nonostante che gli F-86 fossero solo 36 a fronte di 50 MiG. Entro il 1951 i risultati ufficiali parlavano di 130 MiG contro 24 F-86. Dal settembre del '51 ai pochi F-86A si aggiunsero gli 'È con un piano orizzontale di coda del tutto mobile che migliorava la manovrabilità. Anche se il 4th FIW ebbe modo di introdurre quest'aereo in servizio, alla fine del '52 restavano ancora alcuni F-86A nella sua linea di caccia. Sempre nel tardo 1951 giunse anche il 51th FIW su Suweon, dove cominciò le operazioni il primo dicembre. Nonostante che i MiG fossero aumentati di numero in maniera impressionante, e nonostante che difendessero il proprio territorio, gli F-86 di appena due Wing furono in grado di mantenere l'iniziativa. Circa 200 aerei, per intendersi, contro una forza che all'inizio era di circa 400, e poi salì anche a un migliaio nonostante le perdite. Nella seconda metà dell'anno 1952 arrivarono gli 'F' con il motore potenziato e altre migliorie, e grazie alla loro manovrabilità maggiore ad alta quota e velocità si ritrovarono a combattere i MiG competendo anche alle quote dove loro erano avvantaggiati. Nel '52 vennero distrutti -secondo gli americani- 375 MiG, nonostante che oramai molti di questi fossero del tipo migliorato -Bis, mentre gli F-86 dichiarati persi furono 53. Nel solo '53 vennero dichiarati altri 287 MiG contro 33 F-86, grazie anche all'arrivo ad Osan del 18° FBW, prima utente dei superati F-51, e poi dal gennaio 1953 riequipaggiato con gli F-86F-30, tra i migliori Sabre mai ottenuti grazie all'ala migliorata. Il 25 febbraio gli aerei di questo Wing ottennero la loro prima vittoria sullo Yalu. Erano soprattutto aerei d'attacco al suolo, almeno nel ruolo ad essi assegnato, ma spesso ebbero a che fare con i MiG e non si tirarono indietro. In seguito giunsero i Sabre anche all'8° FBW, che prima aveva gli F-80C e operava da Suweon. Già l'8 aprile, dopo circa 2 mesi dall'inizio della conversione, i Sabre vennero portati in azione. Non bastasse questo, arrivarono anche gli F-96F del 9° FBW. In tutto, durante i primi 4 mesi di combattimenti nel '53 si ebbero 31 MiG abbattuti al mese, cioè 124 in tutto. A maggio ben 56 MiG vennero distrutti contro un solo F-86, mentre a giugno si raggiunsero addirittura 77 vittorie aeree, ma contro 14 F-86, ovvero 5,5: 1 (paradossalmente, un decimo del risultato relativo del mese precedente). Infine vi fu luglio, il cui ultimo combattimento tra Sabre e MiG comportò l'abbattimento di un aereo da parte del ltn. Sam Young del 51°, precisamente il 22 luglio. Era il 30imo distrutto durante quel mese. Non fu l'ultima vittoria aerea per gli F-86, che avvenne il 27 ai danni di un raro Il-12 da trasporto, abbattuto dal capt. Ralph Parr. Poche ore dopo arrivò l'armistizio. [[Immagine:F-86F.jpg|300px|left|thumb|L'ultimo e più agile Sabre della Corea, l'F-86F]] Dunque in tutto sarebbero 792 MiG abbattuti contro 110 Sabre. 506 vittorie vennero conseguite dal solo 51° FIW. Curioso come sia l'aeronautica italiana che quella americana abbiano in comune due stormi da caccia di punta, entrambi numerati come 'Quarto' e 'Cinquantunesimo'. Questi dati però sono per così dire 'ballerini'. Dei 224 F-86 Sabre perduti, le statistiche iniziali parlavano di 78 appena persi in combattimento, 29 per l'antiaerea, 13 per cause sconosciute e 114 distrutti per altre ragioni che sarebbero state: 61 non per causa nemica, 13 dispersi, 34 per incidenti non operativi e 6 per 'voli non autorizzati' (Sgarlato, Aerei nella Storia Gen-feb 2003 p.61). L'enciclopedia Take-Off, a pag. 805 ci dice invece che i dati iniziali parlavano di appena 58 Sabre contro 802 MiG, dati apparsi subito dopo la guerra di Corea in un rapporto ufficiale USAF. Nel '63 un altro studio di R.Wagner corresse a 792 contro 104, ma soprattutto nel '70 un altro rapporto ufficiale USAF parlò di 757 contro 103. Come se non bastasse, nel '78 una ricerca di Maurice Allward dichiarò 103 perdite americane contro, notare bene, 379 aerei sovietici. Dunque, il rapporto era stato scremato da 14: 1, a 7:1, a meno di 4:1. Altri dati, su Aerei nella Storia N.7, p. 68-69, parlano di 445 MiG presenti al giugno 1951 su un totale di 1.000 aerei circa, e a metà del '52 si giunse a 1.800 aerei di cui 900 MiG; si parla di un totale di 827 MiG abbattuti, 148 probabilmente abbattuti e 951 danneggiati. Dei 2.800 apparecchi persi dall'ONU solo 121 furono quelli americani abbattuti dai MiG, mentre il totale di aerei abbattuti in combattimento dall'ONU, oltre ai MiG, avrebbe raggiunto quota 976. Anche considerando alcuni aerei distrutti al suolo e altri per incidenti, è evidente che i velivoli persi dall'ONU, per mantenere lo status quo, furono molti di più di quelli persi dai comunisti, e che i MiG, seppure superiori in numero ai Sabre, erano praticamente i soli a dover affrontare un'armata aerea formidabile. Lo stesso numero di AnS ci dice anche che il totale di MiG abbattuti dai Sabre sarebbe stato di 792 (i B-29 erano al secondo posto, almeno nelle dichiarazioni d'abbattimento riportati), contro la perdita di 78 aerei, e che per abbattere ciascun MiG vennero usati in media 1.024 colpi da 12,7 mm, praticamente i due terzi del totale disponibile su ciascun F-86. In combattimento vi furono anche perdite non causate da azioni nemiche dirette, i MiG erano instabili quando superavano mach 0,86, avevano un numero mach limite di 0,93 e gli aerofreni si aprivano automaticamente a mach 0,92, mentre i Sabre potevano picchiare superando mach 1; i loro piloti erano avvantaggiati dalle tute anti-g che potevano in effetti aiutare durante i combattimenti aerei. Va detto che anche i MiG-15 bis erano migliorati. Inoltre il ritmo produttivo venne aumentato in maniera impressionante. I MiG-15 costruiti nel '51 erano circa 200 al mese, qualcosa come 2.400 l'anno (il che in appena 2,5 anni circa avrebbe equivalso tutti gli F-86), ma nel '54, quando la produzione in URSS terminò, si era arrivati a ben 450 aerei al mese, 15 al giorno, quasi 1 all'ora! Gli aerei dunque non sarebbero mai mancati ai reparti. Il MiG-15 venne prodotto in circa 20.000 esemplari, in appena 6 anni, 1948-54. ===La tecnica=== Il MiG-15Bis, aveva un Klimov KV-1 che aumentava la spinta da 2.700 kgs, come gli ultimi MiG-15S (che avevano l'RD-45A con pale raffreddate ad acqua), ma poteva arrivare a 3.060 kgs per brevi periodi con l'iniezione d'acqua; i cannoni erano ora gli NR-23 anziché gli NS-23, il che significava che le due armi disponibili arrivavano adesso a 1.700 c.min anziché 1.100. C'erano IFF SRO, VHF, ricevitori radiofari, radioussola ARK-5 etc. e 1.407 l di carburante interno. C'erano versioni cacciabombardieri come la SB, ricognitori come la BisR, e altri tipi ancora. Al totale dei MiG-15 e Bis costruiti non bisogna dimenticare di aggiungere l'UTI biposto, con serbatoi ridotti a 815 litri, velocità di mach 0,83, due cannoni da 23 mm. Da questo aereo, ancora capace di combattere ma con qualcosa in meno rispetto al monoposto, venne poi derivato un intercettore MiG-15P, tornato monoposto, con radar Izumrud e due soli cannoni da 23 mm. Venne usato anche in Corea, dove talvolta si scontrò con il meglio equipaggiato ma più goffo F3D. I caccia MiG 15 Bis erano, secondo alcune fonti, capaci di arrivare a mach 1 e possedevano tute anti-g (ma altre smentiscono l'una e l'altra cosa). In ogni caso Chuck Yaeger ne provò uno portato da un disertore coreano, il quale si dichiarò all'oscuro della ricompensa di 100 mila dollari (che gli venne pagata). La sua valutazione era impietosa: ''Il MiG è un'ottima macchina da guerra, ma ha tutta una serie di difetti: ondeggia, è instabile, se vai in vite è la fine. Questo non è un aereo, è una mina volante, e nessuno si sorprenderebbe se ci lasciassi la pelle''(da Take Off, 'Quando si vola con l'aereo giusto' parte 2). Detto dall'uomo che per primo superò la velocità del suono, è un giudizio pesante. Eppure il MiG-15UTI piacque così tanto che (a parte alcuni incidenti, vedi la fine di Gagarin), è rimasto in servizio a tutt'oggi come addestratore avanzato, e con una diffusione enorme. È l'equivalente del T-33, anche se le sue ali a freccia lo rendono leggermente superiore in prestazioni e più impegnativo come pilotaggio (un po' come il G-91T). Quello che non cambia sono le difficoltà in vite. A Yeager venne detto dal disertore che se non si riusciva ad uscire dalla vite entro 3 giri, bisognava buttarsi fuori col seggiolino. Dei 32 MiG visti cadere in vite durante i combattimenti (saranno stati conteggiati come vittorie?), solo in otto casi il pilota sopravvisse gettandosi col paracadute. Il MiG stringeva troppo nelle virate, anche se era migliore in tal senso dell'F-86, ma se stallava la sua coda parzialmente a T lo mandava in micidiali viti e superstalli. Che fosse un'ottima macchina da guerra in mano a piloti in gamba è vero, e uno di loro, tale La Woon Yung (cinese) abbatté un F-86 durante un combattimento, oltre a danneggiarne altri 8 di cui 4 gravemente. Difficile credere a questa dichiarazione (Aerei nella Storia ago-set 1999), il MiG aveva solo 40 colpi per il pezzo da 37 mm e 80 per ciascun cannone da 23, che con la cadenza di tiro aumentata diventava molto più temibile, ma con soli 6 secondi di fuoco disponibili. Difficile ingaggiare in combattimento un caccia con appena un secondo di fuoco. Ma ancora oggi si ignora come le cose siano andate davvero. Quello che è sicuro è che i Sabre erano meno numerosi, erano in parte usati come cacciabombardieri, e ottennero nondimeno una superiorità sui MiG che pure non si muovevano quasi mai al di sotto dello Yalu. Se vogliamo sintetizzare la questione: per vincere un duello aereo bisogna prima vedere l'avversario; poi bisogna manovrare meglio di lui; mettersi in posizione di tiro favorevole; mirare bene; sparare; colpire; abbattere. L'F-86 aveva un abitacolo per il pilota molto più spazioso di quello del MiG. All'epoca era normale che tutti i caccia a reazione avessero un abitacolo con tettuccio a goccia, dopo che i piloti avevano sofferto così tanto il passaggio -sui monoplani- agli stretti abitacoli chiusi, così angusti per migliorare la penetrazione aerodinamica. Pochi anni dopo i jet sarebbero tornati a questa configurazione (insomma, i MiG-21 come il Bf-109) data la necessità di superare la barriera del suono e arrivare anche sopra mach 2, al limite delle possibilità tecniche dell'epoca. Finalmente, da circa 30 anni i caccia sono tornati ad un maggiore equilibrio, con abitacolo a visibibilità totale nonostante le prestazioni da mach 2. Ma all'epoca l'F-86, continuando la tradizione del P-51D Mustang, aveva davvero un eccellente abitacolo in termini di visuale, non tanto per il tettuccio, quanto per le dimensioni dello stesso e per la facilità a girarsi e guardarsi attorno. Così superava anche il MiG, pure ben messo. Un altro vantaggio era la posizione sopraelevata dell'abitacolo del Sabre, che secondo i sovietici era un caccia 'a gobba', e che migliorava la visuale verso il basso. Poi, il passo successivo era la manovra. Come si è visto, il MiG era potente, ma come l'I-16, difficile da controllare con seri rischi di avvitamento. Il Sabre poteva essere spinto al limite e quindi reagire meglio, anche se non era capace di virare stretto come i MiG ad alta quota: era un aereo meno critico e più stabile. Inoltre i piloti americani, date le esperienze ad alta velocità (Mustang) avevano già tute anti-g, che permettevano di ridurre gli effetti dell'accelerazione, magari ritardando di uno o due g la 'visione grigia' e sostenendo meglio le accelerazioni in combattimento. Una volta che fossero riusciti a mettersi in posizione di tiro, il loro collimatore computerizzato poteva ricevere i dati da un preciso radar telemetrico sul labbro superiore, e questo consentiva di sfruttare al meglio l'armamento (mentre i caccia sovietici avevano ancora la tecnologia della II GM, con un semplice sistema a riflessione). Sparando avevano la certezza di possedere non solo una notevole autonomia di fuoco (circa il doppio dei MiG, ovvero una quindicina di secondi); ma anche un armamento monocalibro con traiettoria uniforme (a differenza dei MiG, il cui pezzo da 37 era molto più preciso delle armi da 23: problemi simili a quelli incontrati dai Bf-109E e Zero, che comunque non limitarono granché il loro successo operativo, segno che in battaglia contano soprattutto altri fattori), molto tesa e precisa (circa 850 m.sec), alta cadenza di tiro (quasi il 50% più delle M2 aeronautiche e oltre il doppio delle M2 terrestri), e ragionevole, anche se non eccezionale, letalità. In tutta questa catena di avvistamento, manovra, mira, sparo, i Sabre erano superiori e nell'insieme contava più avere armi precise che potenti (ma imprecise). Il MiG era armato pesantemente, il che era ottimo per azioni antibombardiere e di attacco al suolo; ma non era quella la migliore combinazione per duellare contro bersagli piccoli e veloci come i caccia. Quanto all'F-86, esso non era scevro di difetti a sua volta. L'F-86A poteva andare in supersonico, ma sopra mach 1 i suoi comandi di coda diventavano largamente inefficaci, tanto che era necessario un notevole sforzo per uscire da una picchiata a quella velocità. Già vicino alla velocità del suono i piloti spesso trovavano che l'aereo si comportava in maniera 'strana': se era in picchiata e il pilota richiamava, esso continuava la picchiata, così si pensava che i comandi subissero l'infame 'inversione' che affliggeva i vecchi caccia ad elica. In realtà, semplicemente i piani di coda non erano sufficientemente efficaci. Questo in quanto essi erano attivati da comandi meccanici con potenziamento idraulico, sia per l'elevatore orizzontale che il timone verticale. Ma prima ancora dell'impiego in Corea, dopo poco più di un anno di impiego, venne posto rimedio con il volo, nel settembre del '50, dell'F-86E, ai comandi di George Welch. Esso era dotato degli elevatori orizzontali totalmente idraulici, mentre solo il timone era ancora misto. Questo rese l'F-86E molto più efficace ad alta velocità, con un recupero molto più facile dalle picchiate ad alta velocità, così necessarie per togliersi di torno (o per inseguire) i MiG-15, che restavano aerei subsonici per problemi di controllabilità (anche se migliorarono con i MiG-15bis). Tuttavia, il sistema idraulico toglieva al pilota il 'feeling' del controllo della macchina, data l'assenza di un collegamento diretto tra cloche e superfici di coda. Questo rendeva il velivolo di qualcosa meno efficace alle basse velocità, dove contava lavorare 'di fino'; ma era necessario per migliorarne l'efficacia. Anche il sistema di mira A-1CM ebbe come standard il radar AN/APG-30, che era stato installato solo negli ultimi 24 F-86A-5. Il tutto diede luogo ad una macchina largamente migliorata in precisione di manovra e di tiro. Paradossalmente, volava già prima dell'impiego in Corea e della conoscenza dei MiG. I primi 60 vennero prodotti nel febbraio 1951 e presto il 4 FIW li portò in Corea durante il mese di Aprile. Tuttavia, se si pensa che essi sostituirono subito gli F-86A, ci si sbaglia di grosso: gli ultimi 'A' vennero ritirati dalla Corea solo nel luglio del '52, per poi essere inviati all'ANG<ref>Pagina di J.Baugher, F-86E</ref>. Quanto all'armamento, ecco il confronto tra F-86 e MiG-15: *MiG-15 base, 2 NS-23 (80 cp, 550 c.min, circa 200 gr per proiettile): 9,6 sec di fuoco. NS-37 (725 gr, 250 c.min, 40 cp), 9,6 sec di fuoco. Peso raffica, 20 kg in 3 sec *MiG-15bis, uguale ma con 2 NR-23 da 850 c.min: peso raffica (12,5 colpi da 37 mm, ma 42 e non 27,5 da 23 mm) 25,8 kg in 3 sec; autonomia di fuoco, 9,6 sec per il 37 mm, solo 5,6 per i 23 mm *F-86A/E: 6 M3 (1.100 c.min, 0,48 gr, 267 cp), 15 sec di autonomia di fuoco, raffica di 15,9 kg in tre secondi *F-86E-10: solo pochi aerei, sperimentalmente, ebbero quest'armamento: 4 M39, dei quali solo 2 azionabili in simultanea (20 mm, circa 100 gr, 120 colpi per arma, 1.500 c.min): peso totale 15,9 kg in tre secondi. Si trattava dei nuovi cannoni-revolver ad alta cadenza di tiro. Autonomia di fuoco: 5 secondi appena, e forse anche per questo si usavano due per volta. Sebbene il MiG-15bis avesse gli NR-23 a maggiore cadenza di tiro, la soluzione poteva solo arrivare dalla classica scelta dell'epoca (per tutti, tranne USAF e V-VS): 4 cannoni da 20 mm. I Sovietici avevano i B-20, piccoli e molto potenti, ideali per il MiG. Ma stranamente, non si accettò di impiegarli, forse temendo di non poter affrontare adeguatamente i B-29, ma di sicuro sprecando un gran numero di soluzioni di tiro con un armamento non sufficientemente valido. Questo, sebbene il 37 mm fosse estremamente temuto e temibile (l'asso degli assi McConnell venne ucciso proprio da quest'arma). Stranamente, nonostante le molte modifiche al MiG-15bis, non si intervenne in maniera radicale sull'armamento, così palesemente inadatto (con numerosi casi in cui, tirando da distanza, i proiettili da 23 passavano sotto il Sabre, e quelli da 37 sopra). Il quesito resta, dunque: quale sarebbe stato il riscontro operativo del cambio dell'armamento? Quante vittorie o danneggiamenti in più avrebbe consentito un armamento più preciso, che poteva anche essere di 4-6 armi da 12,7 o 14,5 (le KPV, all'epoca in approntamento)? La domanda resta aperta, ma presumibilmente si sarebbe trattato di una scelta migliore. Il tutto è valutabile con criteri anche più difficili perché i caccia che in Corea combatterono con i 20 mm erano, al contempo, tutte macchine dalle prestazioni modeste, cosicché ottennero ben poco: Panther, Skyknight, Meteor e Fury, e non c'era armamento che li potesse valorizzare appieno contro i migliori jet dell'epoca, proprio un'epoca in cui sia la V-VS che l'USAF avevano deciso difformemente da tutti gli altri contendenti. Gli unici caccia a freccia con cannoni da 20 mm, i Cougar e i Tunnan, all'epoca presenti, non parteciparono alla guerra e così il problema dell'armamento rimase senza conferme. I Sabre provarono timidamente ad introdurre i cannoni da 20 mm, ma il tipo impiegato era capace di usare solo due delle 4 armi contemporaneamente, troppo poco per assicurarsi un netto miglioramento rispetto alla batteria da 12,7. Per giunta, i cannoni americani non erano affidabili come le mitragliatrici. Così la superiorità dell'armamento da 20 mm sugli altri tipi rimase in dubbio, e l'USAF l'accettò solo con gli M39 e poi i Vulcan. Il problema dell'armamento è dato anche da un altro fatto. Se fossero state pronte altre armi per impiego antibombardieri, la cosa sarebbe stata facile, ma così non era. Eppure, proprio i sovietici introdussero i razzi nel combattimento aereo (a parte i tipi incendiari francesi, usati nella I GM come armi anti-pallone d'osservazione), con gli RS-75 e 82, poi divenuti armi aria-superficie. Per ottenere razzi meno ingombranti, ma più precisi, i Tedeschi realizzarono gli R4M, 4,5 kg di cui 0,5 di esplosivo, ma soprattutto capaci di circa mach 2. Questi razzi da 55 mm furono la base di tutti gli altri tipi post-bellici, come quelli da 51 inglesi, da 57 sovietici, da 68 francesi e da 70 americani. Ma all'epoca questi razzi non erano apparentemente disponibili, eccetto che per gli intercettori dell'USAF. Agli americani andava bene così: in Corea dovevano affrontare solo i caccia e non avevano bisogno di armi pesanti per farlo. I Sovietici dovevano combattere anche i bombardieri, per questo insistevano sui cannoni di grosso calibro (rivelatisi molto efficaci contro bersagli del genere). Stranamente, però, già nel '45 i Me.262 tedeschi (tra l'altro, come i tipi sovietici penalizzati da un armamento pensato soprattutto per compiti antibombardiere, gli Mk-108, ma poco efficaci contro i caccia) potevano utilizzare anche 24 razzi R4M, con effetti molto validi contro i bombardieri. Per qualche ragione, dopo ben 5 anni -nei quali v'erano stati progressi sensazionali in tutti i campi applicativi- non c'erano ancora risultati pratici con i razzi. Se i MiG avessero ottenuto un paio di dozzine di razzi da 57 mm in appositi lanciatori, l'esigenza di avere un armamento di cannoni lenti e pesanti sarebbe venuta meno, ma non fu così e si seguitò ad impiegarli contro i Sabre, con risultati non del tutto all'altezza della situazione (sommati ad altri problemi e limiti tecnici). Altri aerei che potevano intervenire efficacemente in quella guerra furono poco usati. Strana la presenza degli Yak-15 (e forse anche dei loro successori), mentre i La-15, caccia da duello aereo molto maneggevoli, ebbero una produzione ridotta e solo alcuni andarono a combattere in Corea. Questi si dimostrarono un pericolo notevole, perché potevano duellare molto bene nelle battaglie ravvicinate, anche se avevano solo due cannoni da 23 mm (se non altro, un armamento monocalibro). Ma il problema era a terra: all'epoca le costose piste asfaltata erano rare, e per operare nei mesi invernali ci voleva il carrello robusto dei MiG. Resta il fatto che in Europa i La-15 erano molto popolari, e che avrebbero potuto e dovuto conoscere un maggiore impiego anche in Corea. Ma soltanto 22 dei 500 apparecchi prodotti vennero usati -e per un breve periodo- prima di essere dimenticati data l'esigenza di standardizzare la produzione sul miglior aereo disponibile, che venne reputato essere il MiG-15. Che quest'ultimo non fosse privo di difetti lo si sapeva anche in URSS; quando fu possibile mettere mano ad un F-86 costretto ad un atterraggio d'emergenza a causa dei danni subiti, l'aereo (portato avventurosamente in URSS nonostante i tentativi americani di distruggerlo) venne molto elogiato per la sua tecnologia e maneggevolezza, nonché per la razionale disposizione degli strumenti del cruscotto. Ci fu chi propose un progetto apposito per clonarlo. A parte che era un po' tardi (oramai si cominciava a lavorare sui caccia supersonici), la cosa ricorda un po' la volontà di molti ufficiali tedeschi di clonare il T-34. Questo non accadde per carenze di alluminio (che la Germania, saggiamente, riservava agli aerei e non ai motori di carro armato, al contrario dell'URSS), e perché venne approntato un carro superiore, il Panther, comunque influenzato pesantemente dal tipo sovietico. Nel caso dell' F-86 'Russo', la cosa non andò in porto perché si riuscì a modificare il MiG-15, difettoso ma con notevoli qualità. Pochi centimetri tolti qui, e alcuni aggiunti là, una fusoliera snellita, correntini sul dorso alare, finirono per trasformare le qualità di volo dell'aereo, che da 'forza bruta' divenne una macchina più raffinata e facile da portare: il MiG-17, che non doveva invidiare granché a nessun F-86. Anche se contro gli aerei taiwanesi pure i nuovi arrivati (nel '58) ebbero la peggio, il MiG-17 si rifarà in seguito, dando molto filo da torcere ai pesanti caccia supersonici americani F-4 e F-105, e restando in generale uno dei migliori 'dogfighter' della storia, tant'é che gli A-4 Skyhwak della Top Gun sono stati pensati soprattutto per imitarne il comportamento in volo. Ma quello che non si sa, al di là della componente tecnica, sono i retroscena politici e operativi di tanti aspetti della guerra di Corea, alle volte si tratta di misteri così importanti da celare, che per decenni vi sono state solo deboli e incerte illazioni. Ma ora che è finita anche la Guerra fredda, qualche segreto è stato finalmente svelato. In particolare, solo ultimamente è stata confermata oltre ogni dubbio la presenza della V-VS sovietica. ==USAF vs V-VS== All'epoca della Guerra di Corea la propaganda non era certo all'oscuro della questione, anzi il conflitto era visto come confronto tra USA e URSS; ma in seguito si 'revisionò' questa impostazione e si disse che solo pochi consiglieri militari sovietici erano in Corea del Nord, al massimo i militari di Mosca saranno stati in Cina. Ma non era vero e lo sapevano anche i piloti Alleati. La presenza degli 'Oncho pilots' era nota, e questi, noti anche con altri nomi come 'Old professor' e simili, erano piloti che si notavano platealmente per le loro capacità molto migliori rispetto alla media, ed erano estremamente temibili anche per un buon pilota di F-86. Come stupirsene, visto che la missione sovietica era stata preparata senza badare a spese. Fino all'inizio di questo decennio non si sapeva niente di preciso, poi i documenti sono venuti fuori e i conti sono cominciati a tornare. Per esempio, alle volte capitava ai piloti americani di vedere saltare fuori dall'aereo colpito gente con la pelle chiara e i capelli biondi; oppure capitava di sentire parlare in russo nelle frequenze radio. I Sovietici non erano riusciti a prepararsi bene in coreano o in cinese, non c'era tempo. E la limitazione di non parlare in russo è venuta meno dopo breve tempo, visto che la sicurezza era più importante della dissimulazione di questo 'segreto di Pulcinella'. Anche se i sovietici fecero del loro meglio per non farsi scoprire, per stare 'bassi' in termini di visibilità, il loro corpo di spedizione è stato enorme<ref>Sgarlato Nico ''MiG e Sabre a Sud dello Yalu'' Aerei nella Storia dic gen 2003</ref>. Si parla di 72.000 militari con sei divisioni aeree di caccia diurni e un reggimento di caccia notturni. E che dire della contraerea e della rete radar? Ora torniamo ai dati dell'ultimo numero di Aerei Nella Storia che se n'é occupato. Citando Ray Wagner e il suo libro sull'F-86, si parla di 792 MiG abbattuti dai Sabre, 6 da F-80, 6 da F-84, uno da un F-94, oltre alla perdita di 224 F-86 per le ragioni già ricordate. L'Enciclopedia dell'USAF aircraft and Missile System di M.S.Knaak parla di 40 MiG abbattuti, sei probabili, 71 danneggiati contro sei 6 F-86A e uno perso per incidente, più 778 MiG contro la perdita di 58 F-86E e F. Ma al dunque la cifra potrebbe essere solo di 345 aerei. Il punto è anche: questa cifra comprende tutti i MiG oppure solo quelli sovietici? Ora i sovietici arrivarono in zona con una spedizione ricca di piloti esperti, proprio come quelli americani che vantavano elementi come Gabby Gabresky, già asso durante la II GM. Tra questi piloti c'era anche l'asso degli assi russi e Alleati, Ivan Konedhub, a cui comunque fu impedito di combattere per evitare spiacevoli conseguenze se fosse stato abbattuto. Knaak dice che gli F-86A fecero 4.885 missioni dal 15 dicembre 1950, mentre gli F-86E arrivarono solo l'1 dicembre del '51. I Sovietici erano stati più rapidi nella loro missione ad Est. All'epoca solo il MiG-15 e l'F-86 erano definibili come aerei da caccia a reazione di seconda generazione. La ragione era nella loro ala a freccia, che era frutto delle ricerche ed esperienze tedesche. Quando si considera che un'ala con freccia relativamente moderata scompone la resistenza in due vettori e riduce quello longitudinale ad un valore tale che volare a 1.200 kmh equivale ad 870, si può capire che razza di vantaggio ne derivava e perché l'F-86 era così prestante pur avendo un motore grossomodo della potenza di quello dell'F-80. Ora i Sovietici erano in Estremo Oriente dal 13 febbraio 1950 con la loro 50 IAD (che significa: 50a Divisione aerea da caccia), addestrando già i Cinesi. Combatterono anche durante alcune azioni ai danni di aerei Taiwanesi ottenendo là le loro prime vittorie (articolo Acig dixit), ma il 14 febbraio Mosca e Pechino firmarono anche per gli aiuti militari diretti, costituiti da 289 caccia La-9, 198 Tu-2, 108 aerei d'altro tipo, ma in ogni caso già a giugno 1950 l'AFPLA cinese schierò una brigata aerea con 38 MiG-15, 39 La-11, 39 Tu-2, 25 Il-10 e 14 Yak-12. Il meglio che i Sovietici potessero offrire all'epoca. Dal 1 novembre 1950 mobilitarono la 50 IAD, 28 IAD e la 151 GvIAD -ovvero un'unità della Guardia-, oltre all'83 IAK per il supporto tecnico dei MiG. Secondo i sovietici, ottennero quel giorno la loro prima vittoria aerea contro un F-51 (pilota Chuzh del 72 GvIAP), ma esistono altre fonti su quando e come avvenne, magari ai danni di un F-80 anche se per quest'aereo l'USAF parlò di contraerea come causa della perdita, vicino all'aeroporto di Sinuiju. Brown attaccò e abbatté un MiG l'8 novembre secondo l'USAF, ma i Sovietici hanno parlato dei soli serbatoi esplosi a terra dopo lo sgancio dall'aereo che stava scappando dall'F-80, il MiG era pilotato dal ten. Kharitonov. Il giorno dopo invece è stata confermata la perdita del MiG colpito dal Panther di Amen, era pilotato dal ten.Gracev. Quindi furono i Panther ad ottenere la prima vittoria aerea sui MiG. Già al dicembre 1950 gli Alleati pensavano che i Comunisti avessero 250 aerei da caccia a reazione, ma in realtà erano oltre 400, riuniti dalla V-VS nel 64 IAK, corpo d'armata da caccia. La vittoria di Hinton del 17 dicembre era stata ottenuta contro il magg Jakob Efromenko, istruttore della 50 IAD. Il 21 dicembre i sovietici rivendicarono un Sabre, mentre i Cinesi schierarono una squadriglia di 10 aerei della Quarta Armata Aerea. Il 22 scontri violenti portarono secondo i piloti alla perdita di 3 F-86, 2 F-80, 6 MiG, ma pare che le perdite in realtà furono solo di 1 F-86 e 2 MiG. Il 26 fu la prima volta in azione per i MiG cinesi e la 7a Divisione Aerea cinese in generale entrò in scena a fianco della 50 IAD. Dal primo aprile cominciarono le azioni della 324 IAD, mentre già dal 15 marzo tutti gli 'Alleati' Nordisti, Cinesi e Sovietici erano riuniti nella 'Forza aerea unificata' con comando ad Antung, il cui capo era Liu Zhen. Dal 1 maggio entrò in azione il MiG-15Bis (anche qui ci sono discrepanze tra le varie fonti), il 20 maggio Scebanov divenne il primo Asso con 5 vittorie su jet, mentre il 13 giugno Stalin protestò con i Cinesi perché non impegnavano i B-29 con i MiG-9 e i caccia di scorta con i MiG-15, ma il primo era considerato piuttosto inadeguato per le necessità (quando poi sia stato consegnato è un mistero). La FEAF alla fine di giugno rese noto che aveva perso 247 aerei fin'allora tra cui 188 caccia, con 857 caduti o dispersi, e oltre 200 MiG abbattuti, aumentati al 26 giugno del '52 a ben 336 oltre a 75 probabili, su di un totale di ben 1.180 vittorie aeree, mentre le perdite erano di 261 jet e 376 aerei ad elica. In tutto i piloti sovietici disponevano di circa 500 aerei, i Cinesi di quasi altrettanti e i Coreani ebbero circa 125 apparecchi che entrarono in azione solo dal '52. I Sovietici erano i migliori e la loro operatività consistette in 63.229 missioni contro le 22.300 degli Alleati. Avrebbero perso circa 335 aerei e altri 10 in incidenti, ebbero ben 30 assi con 243 vittorie, capitanti da Sutjagin con 22, Pepelyaev con 19 o forse 23, e altri ancora. I due migliori Coreani ebbero 14 vittorie, i sei migliori cinesi 48, ma non si sa a danno di chi. I Sovietici valutavano il rateo di perdite di circa 13:1 a danno dei loro alleati contro i Sabre. Il migliore degli americani fu J. McConnell Jr, con 16 vittorie, ma le dichiarazioni americane sembrano meglio supportate dai fatti di quelle sovietiche, che non combaciano spesso con gli aerei persi dall'USAF nello stesso tempo. I Sovietici tentarono di catturare un caccia americano addirittura con un'apposita unità al comando del 151 GvIAD, ma fallirono e il gruppo di piloti collaudatori che costituivano quest'unità cessò l'attività dopo pochi giorni, già il 7 giugno. Ma il 6 ottobre Pepeljaev riuscì ad abbattere un F-86, costringendolo ad un atterraggio forzato, almeno dopo che anche un altro MiG gli sparò alcuni colpi. Quest'aereo, del 4 FIW, venne recuperato sulla spiaggia di Phenvon. Un F-84 cercò di attaccare i sovietici che stavano recuperando l'aereo, ma le nubi basse impedirono risultati positivi. Con l'impiego di 500 cinesi l'F-86 venne smontato e caricato su autocarri. Vennero attaccati da un B-26 e solo una provvidenziale galleria li salvò dai razzi da 127 mm dell'aereo americano. Studiato con ammirazione al NII di Mosca, venne poi raggiunto da un Sabre, sempre del 4 FIW, colpito durante un'azione di mitragliamento al suolo, pilotato dall'asso Mahurin (che aveva la caratteristica unica di aver ottenuto vittorie in Europa, in Pacifico e in Corea) e che era all'epoca niente di meno che il comandante dello Stormo. Non è chiaro se venne colpito dalla flak o da un MiG. Ma il comandante americano venne fatto prigioniero e l'aereo venne mandato in URSS, visto che rimase abbastanza integro dopo l'atterraggio forzato. Questo era un modello E, che si aggiunse all'F-86A (erano rispettivamente i 51-2789 e 49-1319). Già detto di come gli Americani trovarono il MiG, va detto anche che i Sovietici analizzarono gli F-86 e lo trovarono tecnicamente superiore. Erano impressionati dalla visibilità che aveva il pilota, anche se pure il MiG possedeva un tettuccio a goccia, ma evidentemente con meno spazio per rigirarsi e guardarsi all'indietro. Il collimatore A-1CM era servito da un telemetro radar e venne trovato migliore del sistema ottico del MiG; la strumentazione in generale era migliore e più leggibile, incluso l'orizzonte artificiale, poi copiato con l'AGI-1 del successivo MiG-17. L'impianto idraulico era servito da un sistema a più basso punto di congelamento e anche per questo fatto (copiato poi dai sovietici) era più facile da manovrare. Apparentemente il MiG era più facile da far virare stretto, ma era troppo lento e duro da far cambiare di rotta e tipo di manovra una volta lanciato in azione. L'armamento era superiore per il russo anche se ovviamente questo non era tanto vero nei combattimenti. Stupisce come l'unica cosa in cui questi aerei erano del tutto diversi era il tipo di armamento: 3 cannoni con 2 mila c.min per il russo, 6 mitragliatrici con 7 mila c.min per l'americano, un po' come la differenza tra Bf-109E e Spitfire Mk 1. I Sovietici volevano copiare le migliori caratteristiche dell'aereo americano, ma ci voleva del tempo e allora tanto valeva copiarlo del tutto: l'OKB-1 dello TsAGI tentò l'opera di farne una versione sovietica. Ma c'era già il MiG SF in volo, concepito da R.A. Beljakov, che onestamente non aveva da invidiare quasi niente all'F-86, pur essendo solo un MiG-15 perfezionato, cosicché l'idea venne lasciata. Ma non senza frutto: grazie all'OKB-1, Pavel O. Sukhoi, che aveva fallito pesantemente con i suoi aerei del periodo bellico, ebbe modo di rientrare in scena, con i risultati che poi si sarebbero visti. ==La caccia notturna<ref>Sgarlato, Nico: ''I Marines della Notte'', Aerei nella Storia Ott nov. 007</ref>== [[Immagine:F7F-3P Tigercat.jpg|280px|right|thumb|Il veloce F7F, con la sua linea snella data dalla ricerca di elevate prestazioni, accentuata dalla verniciatura blu scuro tipica dell'USN]] In particolare, si parla di quella dei Marines, che ebbero una loro fisionomia autonoma in questo settore. In origine iniziarono le loro missioni nel '43 e i primi reparti avevano gli F4U appositamente muniti di radar, anche se utilizzarono poi anche F6F. Solo un pilota ottenne la qualifica di asso durante la guerra (ovvero almeno 5 vittorie), si trattava di un impegno notevole perché tutti i caccia del servizio erano monomotore e monoposto; quindi, le capacità erano 'compattate' in un piccolo aereo, in cui il pilota doveva fare tutto: volare, comunicare, controllare il piccolo schermo radar; la prima vittoria arrise però, ad onor del vero, al VMF(N)-532, operativo dal 1 aprile 1943 con i pattugliatori PV-1 Ventura, veloci e ben armati bimotori, per i quali l'uso come caccia notturni, con apposito radar, era ovviamente estemporaneo. Un Ventura abbatté un altro bimotore, un G4M 'Betty' il 31 luglio di quell'anno, e questo rappresentò il primo successo materiale. Dopo la metà del '44 i PV-1 non ebbero più vittorie, mentre si facevano largo i monomotori, più prestanti ma anche con il problema di avere un solo uomo d'equipaggio. Alcuni reparti tuttavia contribuirono con un certo numero di vittorie e assieme ai P-61 dell'USAAF resero meno facili le cose agli aviatori giapponesi anche nelle ore di oscurità. L'aereo capace di mettere d'accordo tutte le varie esigenze non giunse in tempo, ma rimase in servizio per gli anni successivi. Era l'[[w:F7F Tigercat|F7F Tigercat]], che aveva qualità adatte a tutti i desiderata: compatto abbastanza per operare da portaerei, era nondimeno un caccia bimotore; con 700 kmh non era inferiore in velocità a Corsair e Bearcat, e superiore agli Hellcat. Essendo bimotore, era molto più sicuro e capace dei monomotori con lo stesso propulsore. Ma il VMF(N)-531 proveniva da Cherry Point dove venne costituito nel tardo 1944, arrivando sulla MCAS Eagle Mountain Lake nel gennaio del '45. L'addestramento venne curato molto in fretta, ma solo nel giugno del '45 si era pronti per l'impiego. Il reparto era sulla USS ATTU quando scoppiarono le 'atomiche'. Svolse poi lavoro di pattuglia da Iwo Jima e poi a Tientsin, Cina. In Corea, nel 1950, vi erano subito disponibili gli aerei del VMF(N)-513, sulla Itazuke AB, Giappone. Ma aveva gli F4U-5N. Poco dopo, a dar man forte arrivò anche il VMF(N)542, ed entrambi vennero trasferiti sull'aeroporto K-14 di Kimpo. I loro compiti non erano solo di caccia notturna, tipicamente difensiva, ma anche di incursori. Il 20 settembre gli F7F iniziarono le loro azioni offensive con la distruzione di due locomotori; poi, da Yonpo, i due reparti usarono bombe, cannoni e razzi contro bersagli a terra. Finito un primo periodo di impiego all'inizio del 1951, continuarono dal gennaio dello stesso anno con un nuovo ciclo operativo. Ora c'erano per entrambi gli F7F, che il 27 maggio 1951, di notte, attaccarono bersagli illuminati da bengala (lanciati da aereo R4D) massacrando centinaia di sventurati soldati cinesi, sorpresi dall'attacco del -513 sqn. Solo il 1 luglio arrivò una vittoria aerea, da parte del -513, su di un Po-2 biplano usati negli attacchi notturni, vittoria replicata il 12 luglio e il 23 settembre. Solo il 7 giugno 1952 questo squadron ottenne una vittoria aerea ulteriore, ai danni di uno Yak-9. Il mese successivo arrivarono 12 F3D a reazione, assieme ai 6 F4U e 9 F7F-3N. Con questi nuovi aerei venne abbattuto uno Yak-15, l'unico di cui si sappia l'esistenza (sempre che confermato realment), nel primo scontro notturno da aviogetti (3 novembre 1952) dall'aereo di Stratton-Hoglind. 5 giorni dopo arrivò una vittoria contro un MiG-15. In tutto vennero distrutti 4 MiG-15, 1 Yak-15, 4 Po-2, 1 Yak-9 entro il 1953, quando la guerra finì. Gli F3D non subirono perdite aeree, ma nel percorrere i cieli per scortare i bombardieri B-29, talvolta si scontrarono con qualcuno dei MiG-15 muniti di radar, il che causò problemi ai grossi aerei americani, concepiti per l'intercettazione notturna, ma sottopotenziati e poco prestanti. ==Gli F-84 di Taegu<ref>Sgarlato, Nico ''I Super Hogs di Taegu'' Aerei gen 1992 p.54-55</ref>== [[Immagine:F-84e-36fbw-1951.jpg|300px|right|thumb|F-84E, 1951]] Quanto agli F-84 Thunderjet, essi sono un'altra 'istituzione' dell'epoca. Nati dal progetto XP-69, di fatto i pesanti aerei della Republic erano diretti discendenti concettuali del P-47. Lenti in salita, piuttosto pesanti e con una corsa di decollo tanto lunga da meritarsi il nome di 'Ground Hog', essi avevano nondimeno 1.800 colpi da 12,7 per le 4 M3 site nella parte superiore del muso. Possedeva due serbatoi ausiliari da 870 litri alle estremità alari, due bombe M65A1 del periodo bellico, 12 razzi HVAR da 127 mm pesanti 60,4 kg, per un totale di circa 2.700 kg di carico massimo esterno. Dal giugno del '53, quando la guerra in Corea era bell'e finita, ebbe le prime atomiche tattiche Mk.7 Thor da 760 kg sotto un'ala (sotto l'altra c'era un serbatoio) e dal potenziale di 31 Kt. La loro entrata in servizio avvenne col modello P-84B nel dicembre 1947, tra questi il 49th FBW. Ma ebbero dei problemi e vennero messi a terra, rimpiazzati dal meno prestante F-80. Nel maggio del '51 il Wing venne riequipaggiato con l'F-84E, che rimpiazzarono gli Shooting Star, in quel momento in uso per la guerra di Corea. Entrata in servizio nel '51, questa versione era più pesante e potente delle precedenti e ne furono equipaggiati gli squadrons 7, 8 e 9th, con le sotto versioni E-25 e E-30. Operarono dall'aeroporto K-2 ovvero quello di Taegu. Il primo successo del 49th venne ascritto, nel combattimento aria-aria, al cap. Kenneth L. Skeen il 19 settembre 1951. Era parte di una formazione di ben 48 aerei con 2 bombe da 227 kg l'uno del tipo M57A1 sulla linea ferroviaria Sinauju-Pyongyang. In seguito il 49th fece parte della Mission Strangle, per 'strangolare' i rifornimenti nemici nelle retrovie, e poi assieme al 136th FBW iniziò le missioni di appoggio tattico nel marzo del '52. A maggio era rimasto con appena 41 aerei efficienti. L'attività era stata intensa: settembre 1951, 1.727 missioni con 70 aerei; marzo 1952, 1.039 missioni con 42 aerei. Alla fine di maggio tutti gli 'E' vennero passati al 49th dal 136th, che invece era stato riequipaggiato con 102 F-84D più vecchi. Entro i primi sei mesi del '52 il 49th da solo fece 6.042 missioni con 335 t di bombe al napalm, 406 di bombe HE, 2.536 razzi da 127 mm, e oltre un milione di colpi da 12,7 mm recapitati sui bersagli a terra. I velivoli potevano usare solo le bombe da 227 kg, fino a che nel giugno del '52 una pista di ben 2.750 m consentì di usare anche quelle da 454 kg AN/M65A1. Infine, tra il luglio e l'ottobre del '52 giunsero i nuovi F-84G. Non che questo fu di molto aiuto nei primi tre mesi del '53, dato che il maltempo aveva coperto di neve la pista e inibito le operazioni di volo, e nondimeno vennero eseguite altre 2.549 missioni, anche se il 9th Sqn aveva preso la via del Giappone con i suoi 25 aerei dal dicembre precedente. Il primo aprile finì anche l'attività del 49th FBW, ma solo in termini formali perché i due squadroni ancora presenti a Taegu vennero rinforzati dal 430th e assunsero la denominazione di 58th Wing. In tutta l'attività sulla Corea i Thunderjet ebbero largo impiego, addirittura più degli F-86, tanto che ben 6 Wings si alternarono in zona. Ottennero l'abbattimento di 8 MiG e di un Yak-3 ad elica, subirono però 16 abbattimenti e per il resto ebbero una serie di incidenti e perdite dovuti alla loro principale attività: anche se inizialmente vennero richiesti per la loro capacità di caccia di scorta ai B-29, di fatto divennero sempre di più cacciabombardieri, il che li esponeva alle 'imboscate' dei MiG, ma al tempo stesso erano in volo a bassa quota e quindi avvantaggiati in agilità rispetto ai MiG, che erano più macchine da alta quota e velocità. Eseguirono decine di migliaia di missioni e persero centinaia di apparecchi, ma operarono in maniera convincente per i bisogni dell'USAF. ==Statistiche== L'aridità delle cifre conosciute, ci dice che la Guerra di Corea (Sgarlato, Luglio 1993) è stata pagata con 25.604 vittime e 137.051 feriti censiti tra gli Americani (circa la metà del Vietnam, ma in un tempo molto minore), i Sud coreani hanno subito molto di più con 415.004 vittime e 1.312.800 feriti solo considerando i militari, mentre i Nordisti ebbero almeno 2 milioni di morti e feriti tra Cinesi e Coreani del Nord, se non peggio. E ancora 50 anni dopo la fine della guerra, se si può dire questo di un conflitto congelato da un armistizio, non si sa quante furono le vittime civili, certamente molte. Come si capisce, la guerra fu pesante per gli americani -che ebbero pur sempre 'appena' un ordine di grandezza in meno al riguardo delle battaglie della Seconda guerra mondiale- ma fu devastante per la relativamente piccola e poverissima Corea, sia del nord che del sud. Le sole vittime militari del Sud sono paragonabili a tutte quelle che ha avuto l'Italia, civili inclusi, nella guerra del 1940-45. L'US Navy e i Marines hanno reso pubbliche molte statistiche sulla loro partecipazione al conflitto. Per quello che riguarda lo strumento aereo, l'USN ha usato 11 grandi portaerei 'Essex', 10 di scorta 'Casablanca' e 'Commencement Bay' e una sola portaerei leggera, la USS Bataan. I piloti della Marina sono stati poco impegnati in duelli aerei e hanno abbattuto almeno 13 aerei, 16 con i piloti distaccati presso l'USAF (5th Air Force) e altri 36 apparecchi distrutti al suolo. I Marines hanno combattuto apparentemente di più con 35 vittorie. Le perdite, a motivo delle incessanti attività aeree, sono state molto alte: 814 aerei USN e 368 dei Marines, che sono parte degli oltre 2.600 perduti per tutte le cause. Le perdite furono dovute soprattutto alla contraerea e ad incidenti, che sono stati registrati in qualcosa come 274.855 missioni di cui 167.552 dell'USN e 107.303 USMC; nonostante si trattasse quasi esclusivamente di monomotori, grazie soprattutto all'uso degli AD-1 Skyrider e degli ultimi modelli di Corsair vennero scaricate qualcosa come 120.000 t di bombe per i soli aerei della Marina, e circa 82.000 per l'USMC: 202 mila tonnellate su 275 mila missioni, una media di tutto rispetto per dei velivoli monomotori! Evidentemente la gran parte delle loro azioni le hanno dedicate all'attacco al suolo e all'appoggio. Non è chiaro se vennero conteggiate nelle tonnellate di bombe (ergo se queste si riferivano alla generale 'montagna' di armi aria-superficie scaricate), oppure erano una voce a parte qualcosa come 272.000 razzi, in genere da 127 mm. Si tratta quindi di una media di circa 3 quarti di tonnellata e un razzo per missione! Tutto questo non considera -probabilmente- una indefinibile quantità (milioni) di colpi di arma automatica, sia da 12,7 mm che da 20 mm, del cui uso l'USN era forte fautrice come anche gli Inglesi, peccato che poi non avessero gli aerei per usare al meglio i cannoni automatici. == Note == <references/> [[Categoria:Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo|Corea del Nord]] 9o0r7ao0hr4z67cjtpaoux054a6to0r Collezione Artgate Fondazione Cariplo/2 0 31045 477774 381391 2025-06-12T14:27:08Z CommonsDelinker 1518 Removing [[:c:File:Artgate_Fondazione_Cariplo_-_De_Rocchi_Francesco,_Venezia_-_San_Marco.jpg|Artgate_Fondazione_Cariplo_-_De_Rocchi_Francesco,_Venezia_-_San_Marco.jpg]], it has been deleted from Commons by [[:c:User:Abzeronow|Abzeronow]] because: per [[:c 477774 wikitext text/x-wiki {{w}} <gallery> File:Artgate Fondazione Cariplo - Bortolotti Timo - Mondina; Massaia rurale.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Bozzi Carlo, La conca di Porta Venezia; mattino d'estate.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brancaccio Giovanni - Cestino con frutta e fruttiera bianca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Breddo Gastone - Composizione.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Breveglieri Cesare, San Martino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brignoli Luigi - Ritratto del marchese avvocato Giuseppe De' Capitani d'Arzago.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brindisi Remo - Profili.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brindisi Remo - Tre profili.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brindisi Remo - Venezia (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brindisi Remo - Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Bucci Anselmo - Il governo dei cavalli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Bucci Anselmo - Monza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Bucci Anselmo - Sorelle brianzole.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Bussolino Vittorio, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cadorin Guido - Zinie.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Caligiani Alberto, Fiori - Natura morta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Calvi Ercole - Brughiera lombarda.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Calvi Ercole - Fontana settecentesca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Calvi Ercole - Veduta della Brianza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Calvi Pompeo - Interno del Duomo di Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Campestrini Gianfranco, Le ginestre (Verso il mare).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Carlo - Il Duomo di Milano e la Corsia dei Servi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Carlo - Veduta della chiesa di Santa Maria della Pace in Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Giuseppe, Barconi a Rialto.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Giuseppe, Canale olandese con barca, case e mulini a vento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Giuseppe, Veduta del canale Naviglio preso sul ponte di S. Marco in Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Giuseppe, Veduta presa sul Lago di Como.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canonica Pietro, Ritratto di Benito Mussolini.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canonica Pietro, Ritratto di Vittorio Emanuele III.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Allegoria della Carità.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Allegoria della Giustizia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Allegoria della Speranza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Briseide consegnata da Achille agli araldi di Agamennone.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Critone chiude gli occhi a Socrate.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Danza dei figli di Alcinoo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Dar da mangiare agli affamati.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Insegnare agli ignoranti.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Offerta del peplo a Pallade.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Ritorno di Telemaco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Socrate beve la cicuta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Socrate congeda la propria famiglia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Uccisione di Priamo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cantinotti Innocente, Ritratto del conte Galeazzo Manna Roncadelli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carbone Giovanni Bernardo, Ritratto di gentiluomo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carcano Filippo, Il gregge o L'Umanità.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carcano Filippo, In pieno inverno o Inverno in Engadina.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carcano Filippo, Tipi di una famiglia di contadini nel Veneto o Scena di vita montana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carini Francesco, Fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carini Francesco, Sottobosco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carini Francesco, Tempo instabile.jpg File:Artgate_Fondazione_Cariplo_-_Carlevarijs_Luca,_Capriccio_con_scene_di_vita_in_una_città_portuale.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carnovali Giovanni, Ritratto di Pietro Ronzoni.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carpi Aldo, Guardando in alto.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carpi Aldo, Il bacino di San Marco a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carrer Guido, Conchiglie sulla spiaggia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carriera Rosalba, Ritratto femminile con maschera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cascella, L'ingresso del Portello.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cascella, Londra.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cascella, Lungo il Naviglio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cascella, Portofino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cascella, Via San Calimero a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Casorati Maugham Daphne, Rosa bianca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Castiglioni Giannino, ... Et Angelus Domini custodiebat domum.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Castiglioni Giannino, Ritratto del senatore ingegnere Giuseppe Speroni.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Il Naviglio a Porta Ticinese.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Il Naviglio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Il tombone di San Marco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Interno della chiesa di Sant'Ambrogio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, L'alzaia del Naviglio Grande a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Veduta dei Navigli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cauda Luigi, Ritratto di Camillo Benso Conte di Cavour.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cavaleri Ludovico, Canale a Chioggia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cavaleri Ludovico, Mattino d'autunno o Mattino (Lago di Lugano) o Luci mattutine sul Lago di Lugano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cavallini Attilio, Boulevard Saint Denis.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ceresa Carlo, Ritratto di gentiluomo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cerrina Giuseppe, Natura morta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Chierici Gaetano, La lezione al convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, La preparazione alla festa del Redentore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, Laguna veneziana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, Sera sul Sile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, Settembre a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Emma, Rio di San Giovanni e Paolo a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Canal della Giudecca mattino (Venezia) o Canale della Giudecca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Fondamenta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, In valle - Laguna veneziana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, La gondola, Venezia o Gondola in laguna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Laguna di Venezia con pescatore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Sera - Canal Grande.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cifrondi Antonio, Euclide.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciminaghi Virginio, I quattro Evangelisti.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cittadini Pier Francesco (attribuito a), Ritratto di Gentiluomo con corazza e sciarpa rossa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codazzi Viviano (ambito di), Rovine romane.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codazzi Viviano, Capriccio con un arco e scena di genere.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codre Florin, Accoglienza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codre Florin, Colonna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codre Florin, Totem femminile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Colombo Augusto, La siesta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Colombo Augusto, Ritratto del conte Stefano Jacini.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Colombo Giovanni, Via Monte di Pietà nel 1840.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comboni Adone, Piana d'Abruzzo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Autunno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Mattino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Paesaggio con alberi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Sole di novembre.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Conconi Luigi, La rosa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Conconi Luigi, Visione romantica.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consadori Silvio, Burano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consadori Silvio, Famiglia buranella.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consadori Silvio, Studio per Gesù alla colonna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consortini Raffaello, Ritratto di giovinetta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Conti Aldo, Santa Margherita Ligure.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Corradi Alfonso, Lo stagno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Corvaya Salvatore, Barbagli plenilunari.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosentino Gino, Donna che annaffia i fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosentino Gino, Il sogno di una futura madre.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosentino Gino, La famiglia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosomati Ettore, Pianura verso Roma, da Tivoli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Costa Nino, Strada in pianura.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Courtois Jacques detto il Borgognone, Battaglia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Crespi Giuseppe Maria, Ritrovamento di Gesù nel Tempio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cressini Carlo, Tramonto sereno (Foscagno - Valtellina).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Crippa Luigi, Ritratto del conte Alessandro Porro.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dalbono Edoardo, Studio o Il Vesuvio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dall'Oca Bianca Angelo, Pescatori di sabbia o Verona.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dazzi Arturo, Natura morta (frutta) - 2.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dazzi Arturo, Natura morta (frutta).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Albertis Sebastiano, Il richiamo dei cavalli sbandati o Suoneria della biada.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - 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Et Angelus Domini custodiebat domum.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Castiglioni Giannino, Ritratto del senatore ingegnere Giuseppe Speroni.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Il Naviglio a Porta Ticinese.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Il Naviglio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Il tombone di San Marco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Interno della chiesa di Sant'Ambrogio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, L'alzaia del Naviglio Grande a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Veduta dei Navigli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cauda Luigi, Ritratto di Camillo Benso Conte di Cavour.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cavaleri Ludovico, Canale a Chioggia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cavaleri Ludovico, Mattino d'autunno o Mattino (Lago di Lugano) o Luci mattutine sul Lago di Lugano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cavallini Attilio, Boulevard Saint Denis.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ceresa Carlo, Ritratto di gentiluomo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cerrina Giuseppe, Natura morta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Chierici Gaetano, La lezione al convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, La preparazione alla festa del Redentore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, Laguna veneziana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, Sera sul Sile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, Settembre a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Emma, Rio di San Giovanni e Paolo a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Canal della Giudecca mattino (Venezia) o Canale della Giudecca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Fondamenta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, In valle - Laguna veneziana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, La gondola, Venezia o Gondola in laguna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Laguna di Venezia con pescatore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Sera - Canal Grande.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cifrondi Antonio, Euclide.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciminaghi Virginio, I quattro Evangelisti.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cittadini Pier Francesco (attribuito a), Ritratto di Gentiluomo con corazza e sciarpa rossa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codazzi Viviano (ambito di), Rovine romane.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codazzi Viviano, Capriccio con un arco e scena di genere.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codre Florin, Accoglienza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codre Florin, Colonna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codre Florin, Totem femminile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Colombo Augusto, La siesta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Colombo Augusto, Ritratto del conte Stefano Jacini.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Colombo Giovanni, Via Monte di Pietà nel 1840.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comboni Adone, Piana d'Abruzzo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Autunno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Mattino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Paesaggio con alberi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Sole di novembre.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Conconi Luigi, La rosa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Conconi Luigi, Visione romantica.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consadori Silvio, Burano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consadori Silvio, Famiglia buranella.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consadori Silvio, Studio per Gesù alla colonna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consortini Raffaello, Ritratto di giovinetta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Conti Aldo, Santa Margherita Ligure.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Corradi Alfonso, Lo stagno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Corvaya Salvatore, Barbagli plenilunari.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosentino Gino, Donna che annaffia i fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosentino Gino, Il sogno di una futura madre.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - 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Ceresa Carlo, Ritratto di gentiluomo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cerrina Giuseppe, Natura morta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Chierici Gaetano, La lezione al convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, La preparazione alla festa del Redentore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, Laguna veneziana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, Sera sul Sile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, Settembre a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Emma, Rio di San Giovanni e Paolo a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Canal della Giudecca mattino (Venezia) o Canale della Giudecca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Fondamenta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, In valle - Laguna veneziana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, La gondola, Venezia o Gondola in laguna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Laguna di Venezia con pescatore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Sera - Canal Grande.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cifrondi Antonio, Euclide.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciminaghi Virginio, I quattro Evangelisti.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cittadini Pier Francesco (attribuito a), Ritratto di Gentiluomo con corazza e sciarpa rossa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codazzi Viviano (ambito di), Rovine romane.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codazzi Viviano, Capriccio con un arco e scena di genere.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codre Florin, Accoglienza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codre Florin, Colonna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codre Florin, Totem femminile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Colombo Augusto, La siesta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Colombo Augusto, Ritratto del conte Stefano Jacini.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Colombo Giovanni, Via Monte di Pietà nel 1840.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comboni Adone, Piana d'Abruzzo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Autunno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Mattino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Paesaggio con alberi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Sole di novembre.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Conconi Luigi, La rosa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Conconi Luigi, Visione romantica.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consadori Silvio, Burano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consadori Silvio, Famiglia buranella.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consadori Silvio, Studio per Gesù alla colonna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consortini Raffaello, Ritratto di giovinetta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Conti Aldo, Santa Margherita Ligure.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Corradi Alfonso, Lo stagno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Corvaya Salvatore, Barbagli plenilunari.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosentino Gino, Donna che annaffia i fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosentino Gino, Il sogno di una futura madre.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosentino Gino, La famiglia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosomati Ettore, Pianura verso Roma, da Tivoli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Costa Nino, Strada in pianura.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Courtois Jacques detto il Borgognone, Battaglia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Crespi Giuseppe Maria, Ritrovamento di Gesù nel Tempio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cressini Carlo, Tramonto sereno (Foscagno - Valtellina).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Crippa Luigi, Ritratto del conte Alessandro Porro.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dalbono Edoardo, Studio o Il Vesuvio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dall'Oca Bianca Angelo, Pescatori di sabbia o Verona.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dazzi Arturo, Natura morta (frutta) - 2.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dazzi Arturo, Natura morta (frutta).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Albertis Sebastiano, Il richiamo dei cavalli sbandati o Suoneria della biada.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Albertis Sebastiano, L'artiglieria della III Divisione all'attacco durante la battaglia di San Martino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Amicis Cristoforo, La casa bianca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Amicis Cristoforo, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Bernardi Domenico, La stazione di Seregno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Bernardi Domenico, Mattino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Corsi Nicolas, Costa napoletana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Filippi Fernando, Il risvolto di una ambiguità.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Grada Raffaele, Le Alpi di Glarus.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Grada Raffaele, Neve o Nevicata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Grada Raffaele, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Grada Raffaele, Stagno o Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Pisis Filippo, Fiori di campo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Pisis Filippo, Paesaggio con passero e casolare.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Rocchi Francesco, Bocca di Magra.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Rocchi Francesco, Composizione.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dehaussy Jules Jean-Baptiste, La cartomante.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Della Foglia Mario, Naviglio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Delleani Lorenzo, Autunno dorato o Tramonto a novembre (effetti di luce).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Delleani Lorenzo, Autunno dorato.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Delleani Lorenzo, Campagna verso l'inverno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Desubleo Michele, Suicidio di Cleopatra.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Devalle Beppe, Garden party.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Di Liagno Filippo Teodoro, Incendio di Troia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Di Spilimbergo Adriano, Anversa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Di Spilimbergo Adriano, Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Discovolo Antonio, Grano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Diziani Gaspare, Orazione nell'orto del Getsemani.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Doneda Giovanni Stefano, Predica di San Giovanni Battista.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Donghi Antonio, Convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dudreville Leonardo, Amore discorso primo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dughet Gaspard, Veduta del monastero di Camaldoli presso Frascati.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Elena Giuseppe, Veduta della piazza della Vetra in Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fabbi Fabio, Le confidenze.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Farina Guido, Mattino d'estate sull'Adige o Lungo Adige a Verona.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Favretto Giacomo, La pollivendola.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fayod Charles, Fiori.jpg <gallery> File:Artgate Fondazione Cariplo - Feragutti Visconti Adolfo, Ricordati della mamma.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fernandez Gregorio, Vergine addolorata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Arturo, Chiesa e case.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Arturo, Cortile quattrocentesco a Castiglioine Olona o Cortile antico.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Arturo, Interno del Duomo di Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Arturo, La chiesa di Santo Stefano in Borgogna in Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Arturo, Nella vecchia via o Via San Bernardino in Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Carlo, Doni alla patria.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrata Giuseppe, Paesaggio lombardo o Gallarate o Campagna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Festa Tano, Rebus.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Filippini Francesco, Prime nevi o Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Filocamo Luigi, Natività.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Filocamo Luigi, Sera rossa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fiumi Napoleone Giovanni, L'altipiano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Foglia Pietro, Testina di adolescente.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Brioni o Paesaggio con alberi e mare.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Isola Broni.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Pescatore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Pola.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Rovigno (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Rovigno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Zara.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Formis Achille, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Formis Achille, Presso Sesto Calende o Pascolo nella pianura.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fornasetti Piero, Varenna dal Castello di Vezio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fossombrone Andrea, Assisi - San Damiano. Coretto di Santa Chiara.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fraccaroli Innocenzo, Davide che lancia la fionda.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fragiacomo Pietro, Armonie verdi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fragiacomo Pietro, La Riva degli Schiavoni a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fragiacomo Pietro, Laguna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Frai Felicita, Fiori alpestri e anforetta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Franzosi Umberto, Nevicata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Frattini Vittore, Forme dall'alto.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Freiesleben Ernst, Episodio di genere o Ragazzo con sciabola.jpg </gallery> [[Categoria:Collezione Artgate Fondazione Cariplo|2]] px7ydz01sd6z686dy4vmjxh4dw6m887 477777 477776 2025-06-12T14:30:35Z CommonsDelinker 1518 Removing [[:c:File:Artgate_Fondazione_Cariplo_-_Ferrata_Giuseppe,_Paesaggio_lombardo_o_Gallarate_o_Campagna.jpg|Artgate_Fondazione_Cariplo_-_Ferrata_Giuseppe,_Paesaggio_lombardo_o_Gallarate_o_Campagna.jpg]], it has been deleted from Commons by [[:c:User:A 477777 wikitext text/x-wiki {{w}} <gallery> File:Artgate Fondazione Cariplo - Bortolotti Timo - Mondina; Massaia rurale.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Bozzi Carlo, La conca di Porta Venezia; mattino d'estate.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brancaccio Giovanni - Cestino con frutta e fruttiera bianca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Breddo Gastone - Composizione.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Breveglieri Cesare, San Martino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brignoli Luigi - Ritratto del marchese avvocato Giuseppe De' Capitani d'Arzago.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brindisi Remo - Profili.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brindisi Remo - Tre profili.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brindisi Remo - Venezia (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brindisi Remo - Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Bucci Anselmo - Il governo dei cavalli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Bucci Anselmo - Monza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Bucci Anselmo - Sorelle brianzole.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Bussolino Vittorio, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cadorin Guido - Zinie.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Caligiani Alberto, Fiori - Natura morta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Calvi Ercole - Brughiera lombarda.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Calvi Ercole - Fontana settecentesca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Calvi Ercole - Veduta della Brianza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Calvi Pompeo - Interno del Duomo di Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Campestrini Gianfranco, Le ginestre (Verso il mare).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Carlo - Il Duomo di Milano e la Corsia dei Servi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Carlo - Veduta della chiesa di Santa Maria della Pace in Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Giuseppe, Barconi a Rialto.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Giuseppe, Canale olandese con barca, case e mulini a vento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Giuseppe, Veduta del canale Naviglio preso sul ponte di S. Marco in Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Giuseppe, Veduta presa sul Lago di Como.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canonica Pietro, Ritratto di Benito Mussolini.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canonica Pietro, Ritratto di Vittorio Emanuele III.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Allegoria della Carità.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Allegoria della Giustizia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Allegoria della Speranza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Briseide consegnata da Achille agli araldi di Agamennone.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Critone chiude gli occhi a Socrate.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Danza dei figli di Alcinoo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Dar da mangiare agli affamati.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Insegnare agli ignoranti.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Offerta del peplo a Pallade.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Ritorno di Telemaco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Socrate beve la cicuta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Socrate congeda la propria famiglia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Uccisione di Priamo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cantinotti Innocente, Ritratto del conte Galeazzo Manna Roncadelli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carbone Giovanni Bernardo, Ritratto di gentiluomo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carcano Filippo, Il gregge o L'Umanità.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carcano Filippo, In pieno inverno o Inverno in Engadina.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carcano Filippo, Tipi di una famiglia di contadini nel Veneto o Scena di vita montana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carini Francesco, Fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carini Francesco, Sottobosco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carini Francesco, Tempo instabile.jpg File:Artgate_Fondazione_Cariplo_-_Carlevarijs_Luca,_Capriccio_con_scene_di_vita_in_una_città_portuale.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carnovali Giovanni, Ritratto di Pietro Ronzoni.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carpi Aldo, Guardando in alto.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carpi Aldo, Il bacino di San Marco a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carrer Guido, Conchiglie sulla spiaggia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carriera Rosalba, Ritratto femminile con maschera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cascella, L'ingresso del Portello.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cascella, Londra.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cascella, Lungo il Naviglio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cascella, Portofino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cascella, Via San Calimero a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Casorati Maugham Daphne, Rosa bianca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Castiglioni Giannino, ... Et Angelus Domini custodiebat domum.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Castiglioni Giannino, Ritratto del senatore ingegnere Giuseppe Speroni.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Il Naviglio a Porta Ticinese.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Il Naviglio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Il tombone di San Marco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Interno della chiesa di Sant'Ambrogio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, L'alzaia del Naviglio Grande a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Veduta dei Navigli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cauda Luigi, Ritratto di Camillo Benso Conte di Cavour.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cavaleri Ludovico, Canale a Chioggia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cavaleri Ludovico, Mattino d'autunno o Mattino (Lago di Lugano) o Luci mattutine sul Lago di Lugano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cavallini Attilio, Boulevard Saint Denis.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ceresa Carlo, Ritratto di gentiluomo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cerrina Giuseppe, Natura morta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Chierici Gaetano, La lezione al convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, La preparazione alla festa del Redentore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, Laguna veneziana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, Sera sul Sile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, Settembre a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Emma, Rio di San Giovanni e Paolo a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Canal della Giudecca mattino (Venezia) o Canale della Giudecca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Fondamenta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, In valle - Laguna veneziana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, La gondola, Venezia o Gondola in laguna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Laguna di Venezia con pescatore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Sera - Canal Grande.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cifrondi Antonio, Euclide.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciminaghi Virginio, I quattro Evangelisti.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cittadini Pier Francesco (attribuito a), Ritratto di Gentiluomo con corazza e sciarpa rossa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codazzi Viviano (ambito di), Rovine romane.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codazzi Viviano, Capriccio con un arco e scena di genere.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codre Florin, Accoglienza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codre Florin, Colonna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codre Florin, Totem femminile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Colombo Augusto, La siesta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Colombo Augusto, Ritratto del conte Stefano Jacini.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Colombo Giovanni, Via Monte di Pietà nel 1840.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comboni Adone, Piana d'Abruzzo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Autunno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Mattino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Paesaggio con alberi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Sole di novembre.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Conconi Luigi, La rosa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Conconi Luigi, Visione romantica.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consadori Silvio, Burano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consadori Silvio, Famiglia buranella.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consadori Silvio, Studio per Gesù alla colonna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consortini Raffaello, Ritratto di giovinetta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Conti Aldo, Santa Margherita Ligure.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Corradi Alfonso, Lo stagno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Corvaya Salvatore, Barbagli plenilunari.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosentino Gino, Donna che annaffia i fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosentino Gino, Il sogno di una futura madre.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosentino Gino, La famiglia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosomati Ettore, Pianura verso Roma, da Tivoli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Costa Nino, Strada in pianura.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Courtois Jacques detto il Borgognone, Battaglia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Crespi Giuseppe Maria, Ritrovamento di Gesù nel Tempio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cressini Carlo, Tramonto sereno (Foscagno - Valtellina).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Crippa Luigi, Ritratto del conte Alessandro Porro.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dalbono Edoardo, Studio o Il Vesuvio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dall'Oca Bianca Angelo, Pescatori di sabbia o Verona.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dazzi Arturo, Natura morta (frutta) - 2.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dazzi Arturo, Natura morta (frutta).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Albertis Sebastiano, Il richiamo dei cavalli sbandati o Suoneria della biada.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Albertis Sebastiano, L'artiglieria della III Divisione all'attacco durante la battaglia di San Martino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Amicis Cristoforo, La casa bianca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Amicis Cristoforo, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Bernardi Domenico, La stazione di Seregno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Bernardi Domenico, Mattino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Corsi Nicolas, Costa napoletana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Filippi Fernando, Il risvolto di una ambiguità.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Grada Raffaele, Le Alpi di Glarus.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Grada Raffaele, Neve o Nevicata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Grada Raffaele, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Grada Raffaele, Stagno o Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Pisis Filippo, Fiori di campo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Pisis Filippo, Paesaggio con passero e casolare.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Rocchi Francesco, Bocca di Magra.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Rocchi Francesco, Composizione.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dehaussy Jules Jean-Baptiste, La cartomante.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Della Foglia Mario, Naviglio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Delleani Lorenzo, Autunno dorato o Tramonto a novembre (effetti di luce).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Delleani Lorenzo, Autunno dorato.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Delleani Lorenzo, Campagna verso l'inverno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Desubleo Michele, Suicidio di Cleopatra.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Devalle Beppe, Garden party.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Di Liagno Filippo Teodoro, Incendio di Troia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Di Spilimbergo Adriano, Anversa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Di Spilimbergo Adriano, Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Discovolo Antonio, Grano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Diziani Gaspare, Orazione nell'orto del Getsemani.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Doneda Giovanni Stefano, Predica di San Giovanni Battista.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Donghi Antonio, Convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dudreville Leonardo, Amore discorso primo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dughet Gaspard, Veduta del monastero di Camaldoli presso Frascati.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Elena Giuseppe, Veduta della piazza della Vetra in Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fabbi Fabio, Le confidenze.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Farina Guido, Mattino d'estate sull'Adige o Lungo Adige a Verona.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Favretto Giacomo, La pollivendola.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fayod Charles, Fiori.jpg <gallery> File:Artgate Fondazione Cariplo - Feragutti Visconti Adolfo, Ricordati della mamma.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fernandez Gregorio, Vergine addolorata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Arturo, Chiesa e case.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Arturo, Cortile quattrocentesco a Castiglioine Olona o Cortile antico.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Arturo, Interno del Duomo di Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Arturo, La chiesa di Santo Stefano in Borgogna in Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Arturo, Nella vecchia via o Via San Bernardino in Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Carlo, Doni alla patria.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Festa Tano, Rebus.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Filippini Francesco, Prime nevi o Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Filocamo Luigi, Natività.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Filocamo Luigi, Sera rossa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fiumi Napoleone Giovanni, L'altipiano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Foglia Pietro, Testina di adolescente.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Brioni o Paesaggio con alberi e mare.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Isola Broni.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Pescatore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Pola.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Rovigno (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Rovigno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Zara.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Formis Achille, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Formis Achille, Presso Sesto Calende o Pascolo nella pianura.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fornasetti Piero, Varenna dal Castello di Vezio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fossombrone Andrea, Assisi - San Damiano. Coretto di Santa Chiara.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fraccaroli Innocenzo, Davide che lancia la fionda.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fragiacomo Pietro, Armonie verdi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fragiacomo Pietro, La Riva degli Schiavoni a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fragiacomo Pietro, Laguna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Frai Felicita, Fiori alpestri e anforetta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Franzosi Umberto, Nevicata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Frattini Vittore, Forme dall'alto.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Freiesleben Ernst, Episodio di genere o Ragazzo con sciabola.jpg </gallery> [[Categoria:Collezione Artgate Fondazione Cariplo|2]] jcdqkkueqvea2662kw2xvl4ju902s2h 477778 477777 2025-06-12T14:31:31Z CommonsDelinker 1518 Removing [[:c:File:Artgate_Fondazione_Cariplo_-_Frai_Felicita,_Fiori_alpestri_e_anforetta.jpg|Artgate_Fondazione_Cariplo_-_Frai_Felicita,_Fiori_alpestri_e_anforetta.jpg]], it has been deleted from Commons by [[:c:User:Abzeronow|Abzeronow]] because: per [[ 477778 wikitext text/x-wiki {{w}} <gallery> File:Artgate Fondazione Cariplo - Bortolotti Timo - Mondina; Massaia rurale.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Bozzi Carlo, La conca di Porta Venezia; mattino d'estate.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brancaccio Giovanni - Cestino con frutta e fruttiera bianca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Breddo Gastone - Composizione.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Breveglieri Cesare, San Martino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brignoli Luigi - Ritratto del marchese avvocato Giuseppe De' Capitani d'Arzago.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brindisi Remo - Profili.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brindisi Remo - Tre profili.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brindisi Remo - Venezia (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Brindisi Remo - Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Bucci Anselmo - Il governo dei cavalli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Bucci Anselmo - Monza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Bucci Anselmo - Sorelle brianzole.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Bussolino Vittorio, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cadorin Guido - Zinie.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Caligiani Alberto, Fiori - Natura morta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Calvi Ercole - Brughiera lombarda.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Calvi Ercole - Fontana settecentesca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Calvi Ercole - Veduta della Brianza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Calvi Pompeo - Interno del Duomo di Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Campestrini Gianfranco, Le ginestre (Verso il mare).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Carlo - Il Duomo di Milano e la Corsia dei Servi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Carlo - Veduta della chiesa di Santa Maria della Pace in Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Giuseppe, Barconi a Rialto.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Giuseppe, Canale olandese con barca, case e mulini a vento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Giuseppe, Veduta del canale Naviglio preso sul ponte di S. Marco in Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Giuseppe, Veduta presa sul Lago di Como.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canonica Pietro, Ritratto di Benito Mussolini.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canonica Pietro, Ritratto di Vittorio Emanuele III.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Allegoria della Carità.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Allegoria della Giustizia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Allegoria della Speranza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Briseide consegnata da Achille agli araldi di Agamennone.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Critone chiude gli occhi a Socrate.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Danza dei figli di Alcinoo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Dar da mangiare agli affamati.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Insegnare agli ignoranti.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Offerta del peplo a Pallade.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Ritorno di Telemaco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Socrate beve la cicuta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Socrate congeda la propria famiglia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Canova Antonio, Uccisione di Priamo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cantinotti Innocente, Ritratto del conte Galeazzo Manna Roncadelli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carbone Giovanni Bernardo, Ritratto di gentiluomo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carcano Filippo, Il gregge o L'Umanità.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carcano Filippo, In pieno inverno o Inverno in Engadina.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carcano Filippo, Tipi di una famiglia di contadini nel Veneto o Scena di vita montana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carini Francesco, Fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carini Francesco, Sottobosco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carini Francesco, Tempo instabile.jpg File:Artgate_Fondazione_Cariplo_-_Carlevarijs_Luca,_Capriccio_con_scene_di_vita_in_una_città_portuale.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carnovali Giovanni, Ritratto di Pietro Ronzoni.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carpi Aldo, Guardando in alto.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carpi Aldo, Il bacino di San Marco a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carrer Guido, Conchiglie sulla spiaggia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Carriera Rosalba, Ritratto femminile con maschera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cascella, L'ingresso del Portello.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cascella, Londra.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cascella, Lungo il Naviglio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cascella, Portofino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cascella, Via San Calimero a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Casorati Maugham Daphne, Rosa bianca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Castiglioni Giannino, ... Et Angelus Domini custodiebat domum.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Castiglioni Giannino, Ritratto del senatore ingegnere Giuseppe Speroni.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Il Naviglio a Porta Ticinese.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Il Naviglio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Il tombone di San Marco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Interno della chiesa di Sant'Ambrogio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, L'alzaia del Naviglio Grande a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cattaneo, Veduta dei Navigli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cauda Luigi, Ritratto di Camillo Benso Conte di Cavour.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cavaleri Ludovico, Canale a Chioggia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cavaleri Ludovico, Mattino d'autunno o Mattino (Lago di Lugano) o Luci mattutine sul Lago di Lugano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cavallini Attilio, Boulevard Saint Denis.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ceresa Carlo, Ritratto di gentiluomo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cerrina Giuseppe, Natura morta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Chierici Gaetano, La lezione al convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, La preparazione alla festa del Redentore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, Laguna veneziana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, Sera sul Sile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Beppe, Settembre a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Emma, Rio di San Giovanni e Paolo a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Canal della Giudecca mattino (Venezia) o Canale della Giudecca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Fondamenta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, In valle - Laguna veneziana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, La gondola, Venezia o Gondola in laguna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Laguna di Venezia con pescatore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciardi Guglielmo, Sera - Canal Grande.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cifrondi Antonio, Euclide.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ciminaghi Virginio, I quattro Evangelisti.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cittadini Pier Francesco (attribuito a), Ritratto di Gentiluomo con corazza e sciarpa rossa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codazzi Viviano (ambito di), Rovine romane.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codazzi Viviano, Capriccio con un arco e scena di genere.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codre Florin, Accoglienza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codre Florin, Colonna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Codre Florin, Totem femminile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Colombo Augusto, La siesta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Colombo Augusto, Ritratto del conte Stefano Jacini.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Colombo Giovanni, Via Monte di Pietà nel 1840.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comboni Adone, Piana d'Abruzzo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Autunno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Mattino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Paesaggio con alberi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Comolli Gigi, Sole di novembre.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Conconi Luigi, La rosa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Conconi Luigi, Visione romantica.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consadori Silvio, Burano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consadori Silvio, Famiglia buranella.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consadori Silvio, Studio per Gesù alla colonna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Consortini Raffaello, Ritratto di giovinetta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Conti Aldo, Santa Margherita Ligure.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Corradi Alfonso, Lo stagno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Corvaya Salvatore, Barbagli plenilunari.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosentino Gino, Donna che annaffia i fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosentino Gino, Il sogno di una futura madre.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosentino Gino, La famiglia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cosomati Ettore, Pianura verso Roma, da Tivoli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Costa Nino, Strada in pianura.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Courtois Jacques detto il Borgognone, Battaglia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Crespi Giuseppe Maria, Ritrovamento di Gesù nel Tempio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Cressini Carlo, Tramonto sereno (Foscagno - Valtellina).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Crippa Luigi, Ritratto del conte Alessandro Porro.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dalbono Edoardo, Studio o Il Vesuvio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dall'Oca Bianca Angelo, Pescatori di sabbia o Verona.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dazzi Arturo, Natura morta (frutta) - 2.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dazzi Arturo, Natura morta (frutta).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Albertis Sebastiano, Il richiamo dei cavalli sbandati o Suoneria della biada.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Albertis Sebastiano, L'artiglieria della III Divisione all'attacco durante la battaglia di San Martino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Amicis Cristoforo, La casa bianca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Amicis Cristoforo, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Bernardi Domenico, La stazione di Seregno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Bernardi Domenico, Mattino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Corsi Nicolas, Costa napoletana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Filippi Fernando, Il risvolto di una ambiguità.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Grada Raffaele, Le Alpi di Glarus.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Grada Raffaele, Neve o Nevicata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Grada Raffaele, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Grada Raffaele, Stagno o Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Pisis Filippo, Fiori di campo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Pisis Filippo, Paesaggio con passero e casolare.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Rocchi Francesco, Bocca di Magra.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - De Rocchi Francesco, Composizione.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dehaussy Jules Jean-Baptiste, La cartomante.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Della Foglia Mario, Naviglio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Delleani Lorenzo, Autunno dorato o Tramonto a novembre (effetti di luce).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Delleani Lorenzo, Autunno dorato.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Delleani Lorenzo, Campagna verso l'inverno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Desubleo Michele, Suicidio di Cleopatra.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Devalle Beppe, Garden party.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Di Liagno Filippo Teodoro, Incendio di Troia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Di Spilimbergo Adriano, Anversa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Di Spilimbergo Adriano, Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Discovolo Antonio, Grano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Diziani Gaspare, Orazione nell'orto del Getsemani.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Doneda Giovanni Stefano, Predica di San Giovanni Battista.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Donghi Antonio, Convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dudreville Leonardo, Amore discorso primo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Dughet Gaspard, Veduta del monastero di Camaldoli presso Frascati.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Elena Giuseppe, Veduta della piazza della Vetra in Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fabbi Fabio, Le confidenze.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Farina Guido, Mattino d'estate sull'Adige o Lungo Adige a Verona.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Favretto Giacomo, La pollivendola.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fayod Charles, Fiori.jpg <gallery> File:Artgate Fondazione Cariplo - Feragutti Visconti Adolfo, Ricordati della mamma.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fernandez Gregorio, Vergine addolorata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Arturo, Chiesa e case.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Arturo, Cortile quattrocentesco a Castiglioine Olona o Cortile antico.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Arturo, Interno del Duomo di Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Arturo, La chiesa di Santo Stefano in Borgogna in Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Arturo, Nella vecchia via o Via San Bernardino in Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari Carlo, Doni alla patria.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Festa Tano, Rebus.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Filippini Francesco, Prime nevi o Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Filocamo Luigi, Natività.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Filocamo Luigi, Sera rossa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fiumi Napoleone Giovanni, L'altipiano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Foglia Pietro, Testina di adolescente.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Brioni o Paesaggio con alberi e mare.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Isola Broni.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Pescatore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Pola.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Rovigno (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Rovigno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fonda Enrico - Zara.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Formis Achille, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Formis Achille, Presso Sesto Calende o Pascolo nella pianura.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fornasetti Piero, Varenna dal Castello di Vezio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fossombrone Andrea, Assisi - San Damiano. Coretto di Santa Chiara.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fraccaroli Innocenzo, Davide che lancia la fionda.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fragiacomo Pietro, Armonie verdi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fragiacomo Pietro, La Riva degli Schiavoni a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Fragiacomo Pietro, Laguna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Franzosi Umberto, Nevicata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Frattini Vittore, Forme dall'alto.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Freiesleben Ernst, Episodio di genere o Ragazzo con sciabola.jpg </gallery> [[Categoria:Collezione Artgate Fondazione Cariplo|2]] qieklw20zqr1va0ykf1ieb2dvcq5oet Collezione Artgate Fondazione Cariplo/3 0 31099 477779 425347 2025-06-12T14:32:18Z CommonsDelinker 1518 Removing [[:c:File:Artgate_Fondazione_Cariplo_-_Giunni_Piero,_Campo_luce.jpg|Artgate_Fondazione_Cariplo_-_Giunni_Piero,_Campo_luce.jpg]], it has been deleted from Commons by [[:c:User:Abzeronow|Abzeronow]] because: per [[:c:Commons:Deletion requests/File: 477779 wikitext text/x-wiki {{w}} <gallery> File:Artgate Fondazione Cariplo - Friant Emile, Profilo femminile. Studio per Les amoreux (Soir d'automne).jpg|Friant Emile, Profilo femminile. Studio per Les amoreux (Soir d'automne) File:Artgate Fondazione Cariplo - Frisia Donato, Castellammare.jpg|Frisia Donato, Castellammare File:Artgate Fondazione Cariplo - Funi Achille, Dea Roma (studio).jpg|Funi Achille, Dea Roma (studio) File:Artgate Fondazione Cariplo - Funi Achille, La Gloria (studio).jpg|Funi Achille, La Gloria (studio) File:Artgate Fondazione Cariplo - Funi Achille, Minerva (studio).jpg|Funi Achille, Minerva (studio) File:Artgate Fondazione Cariplo - Funi Achille, Soldato romano (studio).jpg|Funi Achille, Soldato romano (studio) File:Artgate Fondazione Cariplo - Gandi Giacomo, Un parere o Il piccolo calzolaio.jpg|Gandi Giacomo, Un parere o Il piccolo calzolaio File:Artgate Fondazione Cariplo - Gemito Vincenzo, Figura femminile genuflessa.jpg|Gemito Vincenzo, Figura femminile genuflessa File:Artgate Fondazione Cariplo - Gemito Vincenzo, Il filosofo (Masto Ciccio) o San Paolo.jpg|Gemito Vincenzo, Il filosofo (Masto Ciccio) o San Paolo File:Artgate Fondazione Cariplo - Gentilini Franco, Cattedrale con suonatore di tromba.jpg|Gentilini Franco, Cattedrale con suonatore di tromba File:Artgate Fondazione Cariplo - Gherardini Melchiorre, Sposalizio della Vergine.jpg|Gherardini Melchiorre, Sposalizio della Vergine File:Artgate Fondazione Cariplo - Gignous Eugenio, Dintorni di Milano o Lavandaie della Magolfa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gignous Eugenio, Marina ligure.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gignous Eugenio, Paesaggio con stagno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gignous Lorenzo, Case e montagne.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gignous Lorenzo, Veduta del Lago Maggiore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gioli Luigi, Signore in riva al mare.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giordano Luca, Ercole getta Diomede in pasto ai suoi cavalli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giordano Luca, Il sonno di Bacco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giuliano Bartolomeo, Le Villi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giunni Piero, Estate verde.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giunni Piero, Frumento - 2.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giunni Piero, Frumento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giunni Piero, Rustico e granoturco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giunni Piero, Stagione luminosa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gnecchi Francesco, Riviera (Lago Maggiore) o Il Sempione dal Lago Maggiore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Dal Sagrato o La vallata o Paesaggio brianzolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Il cipresso.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Lavandaia a Mondonico.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Lavandaie sul Naviglio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Marina di Alassio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Meriggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Ritratto di Signora.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Sulla spiaggia di Alassio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gozzi Marco, Paesaggio con figure in riva al fiume Adda.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grande Giovanni, Studio di testa maschile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grassi Nicola, Madonna Annunciata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grassi Nicola, Redentore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grassi Nicola, S. Giovanni Evangelista.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grassi Nicola, S. Paolo apostolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grassi Nicola, S. Pietro apostolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grolla Ottavio, Il risparmio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grolla Ottavio, La beneficenza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grossi Giannino, Caspoggio (Val Malenco).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grossi Giannino, Chiesetta del Sanatorio di Prasomaso.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grossi Giannino, Milano vecchia (a San Babila era così).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grosso Giacomo, Ritratto dell'onorevole avvocato Cesare Sarfatti.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grossoni Orazio Costante, La seminatrice.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guardi Giacomo (seguace di), Venezia - Chiesa della Salute con Punta della Dogana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guenzati Dubini Kriss, Ritratto del dottor ingegner Carlo Pesenti.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guenzati Dubini Kriss, Ritratto del professor Giampiero Cantoni.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guenzati Dubini Kriss, Ritratto del professor Mario Talamona.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guenzati Dubini Kriss, Ritratto del professor Siro Lombardini.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guerreschi Giuseppe, Casa della Fiducia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guerreschi Sergio, Pittura astratta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guidi Virgilio, Figura femminile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guidobono Bartolomeo, Allegoria della Primavera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guttuso Renato, Profilo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guzzi Beppe, Baracconi in periferia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Hayez Francesco, L'ultimo abboccamento di Giacomo Foscari figlio del doge Giuseppe.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Hayez Francesco, La morte di Abradate.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Hayez Francesco, Papa Urbano II sulla piazza di Clermont predica la prima crociata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Hayez Francesco, Valenza Gradenigo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, Il ritorno del soldato ferito.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, L'arrivo del bollettino di Villafranca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, L'artista nomade o La questua.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, La visita alla nutrice o La visita alla balia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, Visita alla puerpuera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Garibaldi a Sant'Angelo (Capua).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Idillio sotto la pergola.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Il garibaldino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La battaglia della Cernaia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La lezione di ballo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La partenza dei volontari.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La partenza del garibaldino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La pittrice.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La presa di Palestro del 30 Maggio 1859.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Pescarenico.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Ritratto di Vittorio Emanuele II.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Sentinella.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Inganni Angelo, Contadino che accende una candela con un tizzone.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Inganni Angelo, Uccelli di palude.jpg File:Vincenzo Irolli - The Angel Musician - 1900-05.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Irolli Vincenzo, Voluttà.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Joris Pio, Processione all'Aracoeli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Josz Italo, Ritratto del conte Diego Guicciardi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Josz Italo, Ritratto del conte Giovanni Pietro Porro.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Karpoff Ivan, Chioggia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Karpoff Ivan, Fiori - 2.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Karpoff Ivan, Fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Karpoff Ivan, Naviglio d'inverno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Kern Hermann, Il frate in cucina.JPG File:Artgate Fondazione Cariplo - Lanaro Dino, Autunno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lanaro Dino, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lanzani Andrea, Sacra Famiglia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Laurenti Cesare, La meraviglia in attesa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lelli Giovanni Battista, Veduta di Omegna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lilloni Umberto, Fuga in Egitto.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lilloni Umberto, Tramonto sul mare o Paesaggio di Lavagna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Locatelli Fausto, Ninì.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Locatelli Raffaello, Parigi - Pont des Arts.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lojacono Francesco, Le paludi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lojacono Francesco, Veduta di Palermo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Longoni Emilio, Primavera in alta montagna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lupo Alessandro, Andando al mercato.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lupo Alessandro, Il mercato di Chivasso.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Maggi Cesare, Paesaggio di montagna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Magistretti Emilio, Il 9 gennajo 1878 in Milano o Il 9 Gennaio 1878 o L'annuncio della morte di Vittorio Emanuele a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Magistretti Emilio, Quasi aurora consurgens.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Maimeri Gianni, Conversazione.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Albero.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Autoritratto (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Autoritratto.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Autostrada.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Balcone a Casapinta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Biancheria femminile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Bosco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Campo di grano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Campo di granoturco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Colorno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Estate a Bibbona.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Estate a Donoratico.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Finestra dello studio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Fiori su fondo nero.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Frutta e fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Interno controluce.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, L'argine di Gazzuolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, La lettura.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, La pineta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Mia madre.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Mio padre in ufficio (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Mio padre in ufficio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Natura morta gialla.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Nudo di schiena.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Nudo fra le persiane.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Nudo in piedi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Pineta del Tombolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Ragazza in camicia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Ritratto di mia moglie.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Ronchi (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Ronchi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Spiaggia del Po.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Strada padana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mancini Antonio, Riflessi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mancini Carlo, Buoi aggiogati al carro sulle rive del Lago di Annone.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mancini Francesco, Hyde Park.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manfrini Enrico, Madonna con Bambino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Corso Vittorio Emanuele a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Il Campidoglio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Piazza Cordusio a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Ripa Ticinese.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Roma o Veduta di Castel Sant'Angelo a Roma.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manzù Giacomo, Il risparmio familiare o La Famiglia nel Risparmio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Margotti Anacleto, Raccolta dei covoni o Composizione Figure in movimento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mariani Pompeo, Cascina Zelada.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mariani Pompeo, Marina a Bordighera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mariani Pompeo, Ulivi a Bordighera o La raccolta delle olive a Bordighera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Martina Piero, Madre con figlio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Martina Piero, Natura morta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Martini Arturo, Cavallo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Martini Carlo, La città di Crema.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Marussig Guido, Campanile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Marzano Ennio, Viale Papiniano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Marzola Arrigo Renato, Fine di giornata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Marzola Arrigo Renato, Fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mascarini Giuseppe, Interno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mazza Aldo, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Menato Giuseppe, La Darsena di Porta Ticinese a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Menato Giuseppe, Mattino nel porto di Cagliari.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Messina Francesco, Danzatrice.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Messina Francesco, Fractio Panis.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Messina Francesco, Pietà.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Messina Francesco, Romantica.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Michetti Francesco Paolo, Paesaggio abruzzese o Ritorno all'ovile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Michetti Francesco Paolo, Studio per figura femminile o Pastorella.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Frati in cucina.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno del monastero di Altacomba.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di chiesa l'Eucarestia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di convento (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di un convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di una chiesa (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di una chiesa in Lombardia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di una chiesa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Scena veneziana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta alle porte di un convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta con cavalli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta dei dintorni di Lecco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta del chiostro di S. 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Giovanni Evangelista.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grassi Nicola, S. Paolo apostolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grassi Nicola, S. Pietro apostolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grolla Ottavio, Il risparmio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grolla Ottavio, La beneficenza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grossi Giannino, Chiesetta del Sanatorio di Prasomaso.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grossi Giannino, Milano vecchia (a San Babila era così).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grosso Giacomo, Ritratto dell'onorevole avvocato Cesare Sarfatti.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grossoni Orazio Costante, La seminatrice.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guardi Giacomo (seguace di), Venezia - Chiesa della Salute con Punta della Dogana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guenzati Dubini Kriss, Ritratto del dottor ingegner Carlo Pesenti.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guenzati Dubini Kriss, Ritratto del professor Giampiero Cantoni.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guenzati Dubini Kriss, Ritratto del professor Mario Talamona.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guenzati Dubini Kriss, Ritratto del professor Siro Lombardini.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guerreschi Giuseppe, Casa della Fiducia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guerreschi Sergio, Pittura astratta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guidi Virgilio, Figura femminile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guidobono Bartolomeo, Allegoria della Primavera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guttuso Renato, Profilo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guzzi Beppe, Baracconi in periferia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Hayez Francesco, L'ultimo abboccamento di Giacomo Foscari figlio del doge Giuseppe.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Hayez Francesco, La morte di Abradate.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Hayez Francesco, Papa Urbano II sulla piazza di Clermont predica la prima crociata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Hayez Francesco, Valenza Gradenigo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, Il ritorno del soldato ferito.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, L'arrivo del bollettino di Villafranca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, L'artista nomade o La questua.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, La visita alla nutrice o La visita alla balia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, Visita alla puerpuera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Garibaldi a Sant'Angelo (Capua).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Idillio sotto la pergola.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Il garibaldino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La battaglia della Cernaia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La lezione di ballo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La partenza dei volontari.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La partenza del garibaldino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La pittrice.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La presa di Palestro del 30 Maggio 1859.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Pescarenico.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Ritratto di Vittorio Emanuele II.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Sentinella.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Inganni Angelo, Contadino che accende una candela con un tizzone.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Inganni Angelo, Uccelli di palude.jpg File:Vincenzo Irolli - The Angel Musician - 1900-05.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Irolli Vincenzo, Voluttà.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Joris Pio, Processione all'Aracoeli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Josz Italo, Ritratto del conte Diego Guicciardi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Josz Italo, Ritratto del conte Giovanni Pietro Porro.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Karpoff Ivan, Chioggia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Karpoff Ivan, Fiori - 2.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Karpoff Ivan, Fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Karpoff Ivan, Naviglio d'inverno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Kern Hermann, Il frate in cucina.JPG File:Artgate Fondazione Cariplo - Lanaro Dino, Autunno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lanaro Dino, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lanzani Andrea, Sacra Famiglia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Laurenti Cesare, La meraviglia in attesa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lelli Giovanni Battista, Veduta di Omegna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lilloni Umberto, Fuga in Egitto.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lilloni Umberto, Tramonto sul mare o Paesaggio di Lavagna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Locatelli Fausto, Ninì.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Locatelli Raffaello, Parigi - Pont des Arts.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lojacono Francesco, Le paludi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lojacono Francesco, Veduta di Palermo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Longoni Emilio, Primavera in alta montagna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lupo Alessandro, Andando al mercato.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lupo Alessandro, Il mercato di Chivasso.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Maggi Cesare, Paesaggio di montagna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Magistretti Emilio, Il 9 gennajo 1878 in Milano o Il 9 Gennaio 1878 o L'annuncio della morte di Vittorio Emanuele a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Magistretti Emilio, Quasi aurora consurgens.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Maimeri Gianni, Conversazione.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Albero.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Autoritratto (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Autoritratto.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Autostrada.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Balcone a Casapinta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Biancheria femminile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Bosco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Campo di grano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Campo di granoturco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Colorno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Estate a Bibbona.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Estate a Donoratico.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Finestra dello studio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Fiori su fondo nero.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Frutta e fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Interno controluce.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, L'argine di Gazzuolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, La lettura.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, La pineta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Mia madre.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Mio padre in ufficio (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Mio padre in ufficio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Natura morta gialla.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Nudo di schiena.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Nudo fra le persiane.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Nudo in piedi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Pineta del Tombolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Ragazza in camicia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Ritratto di mia moglie.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Ronchi (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Ronchi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Spiaggia del Po.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Strada padana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mancini Antonio, Riflessi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mancini Carlo, Buoi aggiogati al carro sulle rive del Lago di Annone.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mancini Francesco, Hyde Park.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manfrini Enrico, Madonna con Bambino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Corso Vittorio Emanuele a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Il Campidoglio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Piazza Cordusio a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Ripa Ticinese.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Roma o Veduta di Castel Sant'Angelo a Roma.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manzù Giacomo, Il risparmio familiare o La Famiglia nel Risparmio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Margotti Anacleto, Raccolta dei covoni o Composizione Figure in movimento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mariani Pompeo, Cascina Zelada.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mariani Pompeo, Marina a Bordighera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mariani Pompeo, Ulivi a Bordighera o La raccolta delle olive a Bordighera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Martina Piero, Madre con figlio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Martina Piero, Natura morta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - 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Michetti Francesco Paolo, Studio per figura femminile o Pastorella.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Frati in cucina.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno del monastero di Altacomba.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di chiesa l'Eucarestia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di convento (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di un convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di una chiesa (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di una chiesa in Lombardia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di una chiesa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Scena veneziana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta alle porte di un convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - 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Studio per Les amoreux (Soir d'automne) File:Artgate Fondazione Cariplo - Frisia Donato, Castellammare.jpg|Frisia Donato, Castellammare File:Artgate Fondazione Cariplo - Funi Achille, Dea Roma (studio).jpg|Funi Achille, Dea Roma (studio) File:Artgate Fondazione Cariplo - Funi Achille, La Gloria (studio).jpg|Funi Achille, La Gloria (studio) File:Artgate Fondazione Cariplo - Funi Achille, Minerva (studio).jpg|Funi Achille, Minerva (studio) File:Artgate Fondazione Cariplo - Funi Achille, Soldato romano (studio).jpg|Funi Achille, Soldato romano (studio) File:Artgate Fondazione Cariplo - Gandi Giacomo, Un parere o Il piccolo calzolaio.jpg|Gandi Giacomo, Un parere o Il piccolo calzolaio File:Artgate Fondazione Cariplo - Gemito Vincenzo, Figura femminile genuflessa.jpg|Gemito Vincenzo, Figura femminile genuflessa File:Artgate Fondazione Cariplo - Gemito Vincenzo, Il filosofo (Masto Ciccio) o San Paolo.jpg|Gemito Vincenzo, Il filosofo (Masto Ciccio) o San Paolo File:Artgate Fondazione Cariplo - Gentilini Franco, Cattedrale con suonatore di tromba.jpg|Gentilini Franco, Cattedrale con suonatore di tromba File:Artgate Fondazione Cariplo - Gherardini Melchiorre, Sposalizio della Vergine.jpg|Gherardini Melchiorre, Sposalizio della Vergine File:Artgate Fondazione Cariplo - Gignous Eugenio, Dintorni di Milano o Lavandaie della Magolfa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gignous Eugenio, Marina ligure.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gignous Eugenio, Paesaggio con stagno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gignous Lorenzo, Case e montagne.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gignous Lorenzo, Veduta del Lago Maggiore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gioli Luigi, Signore in riva al mare.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giordano Luca, Ercole getta Diomede in pasto ai suoi cavalli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giordano Luca, Il sonno di Bacco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giuliano Bartolomeo, Le Villi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giunni Piero, Estate verde.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giunni Piero, Frumento - 2.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giunni Piero, Frumento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giunni Piero, Rustico e granoturco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giunni Piero, Stagione luminosa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gnecchi Francesco, Riviera (Lago Maggiore) o Il Sempione dal Lago Maggiore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Dal Sagrato o La vallata o Paesaggio brianzolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Il cipresso.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Lavandaia a Mondonico.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Lavandaie sul Naviglio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Marina di Alassio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Meriggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Ritratto di Signora.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Sulla spiaggia di Alassio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gozzi Marco, Paesaggio con figure in riva al fiume Adda.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grande Giovanni, Studio di testa maschile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grassi Nicola, Madonna Annunciata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grassi Nicola, Redentore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grassi Nicola, S. Giovanni Evangelista.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grassi Nicola, S. Paolo apostolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grassi Nicola, S. Pietro apostolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grolla Ottavio, Il risparmio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grolla Ottavio, La beneficenza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grossi Giannino, Chiesetta del Sanatorio di Prasomaso.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grossi Giannino, Milano vecchia (a San Babila era così).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grosso Giacomo, Ritratto dell'onorevole avvocato Cesare Sarfatti.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grossoni Orazio Costante, La seminatrice.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guardi Giacomo (seguace di), Venezia - Chiesa della Salute con Punta della Dogana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guenzati Dubini Kriss, Ritratto del dottor ingegner Carlo Pesenti.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guenzati Dubini Kriss, Ritratto del professor Giampiero Cantoni.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guenzati Dubini Kriss, Ritratto del professor Mario Talamona.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guenzati Dubini Kriss, Ritratto del professor Siro Lombardini.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guerreschi Sergio, Pittura astratta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guidi Virgilio, Figura femminile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guidobono Bartolomeo, Allegoria della Primavera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guttuso Renato, Profilo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guzzi Beppe, Baracconi in periferia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Hayez Francesco, L'ultimo abboccamento di Giacomo Foscari figlio del doge Giuseppe.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Hayez Francesco, La morte di Abradate.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Hayez Francesco, Papa Urbano II sulla piazza di Clermont predica la prima crociata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Hayez Francesco, Valenza Gradenigo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, Il ritorno del soldato ferito.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, L'arrivo del bollettino di Villafranca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, L'artista nomade o La questua.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, La visita alla nutrice o La visita alla balia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, Visita alla puerpuera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Garibaldi a Sant'Angelo (Capua).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Idillio sotto la pergola.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Il garibaldino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La battaglia della Cernaia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La lezione di ballo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La partenza dei volontari.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La partenza del garibaldino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La pittrice.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La presa di Palestro del 30 Maggio 1859.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Pescarenico.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Ritratto di Vittorio Emanuele II.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Sentinella.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Inganni Angelo, Contadino che accende una candela con un tizzone.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Inganni Angelo, Uccelli di palude.jpg File:Vincenzo Irolli - The Angel Musician - 1900-05.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Irolli Vincenzo, Voluttà.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Joris Pio, Processione all'Aracoeli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Josz Italo, Ritratto del conte Diego Guicciardi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Josz Italo, Ritratto del conte Giovanni Pietro Porro.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Karpoff Ivan, Chioggia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Karpoff Ivan, Fiori - 2.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Karpoff Ivan, Fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Karpoff Ivan, Naviglio d'inverno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Kern Hermann, Il frate in cucina.JPG File:Artgate Fondazione Cariplo - Lanaro Dino, Autunno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lanaro Dino, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lanzani Andrea, Sacra Famiglia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Laurenti Cesare, La meraviglia in attesa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lelli Giovanni Battista, Veduta di Omegna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lilloni Umberto, Fuga in Egitto.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lilloni Umberto, Tramonto sul mare o Paesaggio di Lavagna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Locatelli Fausto, Ninì.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Locatelli Raffaello, Parigi - Pont des Arts.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lojacono Francesco, Le paludi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lojacono Francesco, Veduta di Palermo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Longoni Emilio, Primavera in alta montagna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lupo Alessandro, Andando al mercato.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lupo Alessandro, Il mercato di Chivasso.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Maggi Cesare, Paesaggio di montagna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Magistretti Emilio, Il 9 gennajo 1878 in Milano o Il 9 Gennaio 1878 o L'annuncio della morte di Vittorio Emanuele a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Magistretti Emilio, Quasi aurora consurgens.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Maimeri Gianni, Conversazione.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Albero.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Autoritratto (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Autoritratto.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Autostrada.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Balcone a Casapinta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Biancheria femminile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Bosco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Campo di grano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Campo di granoturco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Colorno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Estate a Bibbona.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Estate a Donoratico.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Finestra dello studio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Fiori su fondo nero.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Frutta e fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Interno controluce.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, L'argine di Gazzuolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, La lettura.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, La pineta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Mia madre.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Mio padre in ufficio (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Mio padre in ufficio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Natura morta gialla.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Nudo di schiena.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Nudo fra le persiane.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Nudo in piedi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Pineta del Tombolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Ragazza in camicia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Ritratto di mia moglie.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Ronchi (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Ronchi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Spiaggia del Po.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Strada padana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mancini Antonio, Riflessi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mancini Carlo, Buoi aggiogati al carro sulle rive del Lago di Annone.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mancini Francesco, Hyde Park.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manfrini Enrico, Madonna con Bambino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Corso Vittorio Emanuele a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Il Campidoglio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Piazza Cordusio a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Ripa Ticinese.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Roma o Veduta di Castel Sant'Angelo a Roma.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manzù Giacomo, Il risparmio familiare o La Famiglia nel Risparmio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Margotti Anacleto, Raccolta dei covoni o Composizione Figure in movimento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mariani Pompeo, Cascina Zelada.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mariani Pompeo, Marina a Bordighera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mariani Pompeo, Ulivi a Bordighera o La raccolta delle olive a Bordighera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Martina Piero, Madre con figlio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Martina Piero, Natura morta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Martini Arturo, Cavallo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Martini Carlo, La città di Crema.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Marussig Guido, Campanile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Marzano Ennio, Viale Papiniano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Marzola Arrigo Renato, Fine di giornata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Marzola Arrigo Renato, Fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mascarini Giuseppe, Interno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mazza Aldo, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Menato Giuseppe, La Darsena di Porta Ticinese a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Menato Giuseppe, Mattino nel porto di Cagliari.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Messina Francesco, Danzatrice.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Messina Francesco, Fractio Panis.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Messina Francesco, Pietà.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Messina Francesco, Romantica.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Michetti Francesco Paolo, Paesaggio abruzzese o Ritorno all'ovile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Michetti Francesco Paolo, Studio per figura femminile o Pastorella.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Frati in cucina.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno del monastero di Altacomba.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di chiesa l'Eucarestia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di convento (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di un convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di una chiesa (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di una chiesa in Lombardia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di una chiesa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Scena veneziana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta alle porte di un convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta con cavalli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta dei dintorni di Lecco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta del chiostro di S. Antonio a Padova.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta di fantasia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta di Palazzo Ducale a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta di piazza del Duomo in Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta di un chiostro.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta di una piazzetta a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliaro Vincenzo, Episodio di genere o La vendemmia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliaro Vincenzo, Popolana all'arcolaio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Milesi Alessandro, La traversata o La partenza del marinaio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Minerbi Arrigo, Madonna.jpg </gallery> [[Categoria:Collezione Artgate Fondazione Cariplo|3]] 0limr5n1gfllovdn5p7jj2fb35ad8ub 477782 477781 2025-06-12T14:35:29Z CommonsDelinker 1518 Removing [[:c:File:Artgate_Fondazione_Cariplo_-_Karpoff_Ivan,_Chioggia.jpg|Artgate_Fondazione_Cariplo_-_Karpoff_Ivan,_Chioggia.jpg]], it has been deleted from Commons by [[:c:User:Abzeronow|Abzeronow]] because: per [[:c:Commons:Deletion requests/File:Artg 477782 wikitext text/x-wiki {{w}} <gallery> File:Artgate Fondazione Cariplo - Friant Emile, Profilo femminile. Studio per Les amoreux (Soir d'automne).jpg|Friant Emile, Profilo femminile. Studio per Les amoreux (Soir d'automne) File:Artgate Fondazione Cariplo - Frisia Donato, Castellammare.jpg|Frisia Donato, Castellammare File:Artgate Fondazione Cariplo - Funi Achille, Dea Roma (studio).jpg|Funi Achille, Dea Roma (studio) File:Artgate Fondazione Cariplo - Funi Achille, La Gloria (studio).jpg|Funi Achille, La Gloria (studio) File:Artgate Fondazione Cariplo - Funi Achille, Minerva (studio).jpg|Funi Achille, Minerva (studio) File:Artgate Fondazione Cariplo - Funi Achille, Soldato romano (studio).jpg|Funi Achille, Soldato romano (studio) File:Artgate Fondazione Cariplo - Gandi Giacomo, Un parere o Il piccolo calzolaio.jpg|Gandi Giacomo, Un parere o Il piccolo calzolaio File:Artgate Fondazione Cariplo - Gemito Vincenzo, Figura femminile genuflessa.jpg|Gemito Vincenzo, Figura femminile genuflessa File:Artgate Fondazione Cariplo - Gemito Vincenzo, Il filosofo (Masto Ciccio) o San Paolo.jpg|Gemito Vincenzo, Il filosofo (Masto Ciccio) o San Paolo File:Artgate Fondazione Cariplo - Gentilini Franco, Cattedrale con suonatore di tromba.jpg|Gentilini Franco, Cattedrale con suonatore di tromba File:Artgate Fondazione Cariplo - Gherardini Melchiorre, Sposalizio della Vergine.jpg|Gherardini Melchiorre, Sposalizio della Vergine File:Artgate Fondazione Cariplo - Gignous Eugenio, Dintorni di Milano o Lavandaie della Magolfa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gignous Eugenio, Marina ligure.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gignous Eugenio, Paesaggio con stagno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gignous Lorenzo, Case e montagne.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gignous Lorenzo, Veduta del Lago Maggiore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gioli Luigi, Signore in riva al mare.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giordano Luca, Ercole getta Diomede in pasto ai suoi cavalli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giordano Luca, Il sonno di Bacco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giuliano Bartolomeo, Le Villi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giunni Piero, Estate verde.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giunni Piero, Frumento - 2.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giunni Piero, Frumento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giunni Piero, Rustico e granoturco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Giunni Piero, Stagione luminosa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gnecchi Francesco, Riviera (Lago Maggiore) o Il Sempione dal Lago Maggiore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Dal Sagrato o La vallata o Paesaggio brianzolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Il cipresso.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Lavandaia a Mondonico.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Lavandaie sul Naviglio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Marina di Alassio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Meriggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Ritratto di Signora.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gola Emilio, Sulla spiaggia di Alassio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Gozzi Marco, Paesaggio con figure in riva al fiume Adda.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grande Giovanni, Studio di testa maschile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grassi Nicola, Madonna Annunciata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grassi Nicola, Redentore.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grassi Nicola, S. Giovanni Evangelista.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grassi Nicola, S. Paolo apostolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grassi Nicola, S. Pietro apostolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grolla Ottavio, Il risparmio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grolla Ottavio, La beneficenza.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grossi Giannino, Chiesetta del Sanatorio di Prasomaso.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grossi Giannino, Milano vecchia (a San Babila era così).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grosso Giacomo, Ritratto dell'onorevole avvocato Cesare Sarfatti.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Grossoni Orazio Costante, La seminatrice.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guardi Giacomo (seguace di), Venezia - Chiesa della Salute con Punta della Dogana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guenzati Dubini Kriss, Ritratto del dottor ingegner Carlo Pesenti.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guenzati Dubini Kriss, Ritratto del professor Giampiero Cantoni.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guenzati Dubini Kriss, Ritratto del professor Mario Talamona.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guenzati Dubini Kriss, Ritratto del professor Siro Lombardini.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guerreschi Sergio, Pittura astratta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guidi Virgilio, Figura femminile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guidobono Bartolomeo, Allegoria della Primavera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guttuso Renato, Profilo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Guzzi Beppe, Baracconi in periferia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Hayez Francesco, L'ultimo abboccamento di Giacomo Foscari figlio del doge Giuseppe.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Hayez Francesco, La morte di Abradate.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Hayez Francesco, Papa Urbano II sulla piazza di Clermont predica la prima crociata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Hayez Francesco, Valenza Gradenigo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, Il ritorno del soldato ferito.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, L'arrivo del bollettino di Villafranca.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, L'artista nomade o La questua.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, La visita alla nutrice o La visita alla balia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Domenico, Visita alla puerpuera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Garibaldi a Sant'Angelo (Capua).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Idillio sotto la pergola.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Il garibaldino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La battaglia della Cernaia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La lezione di ballo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La partenza dei volontari.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La partenza del garibaldino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La pittrice.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, La presa di Palestro del 30 Maggio 1859.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Pescarenico.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Ritratto di Vittorio Emanuele II.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Induno Gerolamo, Sentinella.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Inganni Angelo, Contadino che accende una candela con un tizzone.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Inganni Angelo, Uccelli di palude.jpg File:Vincenzo Irolli - The Angel Musician - 1900-05.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Irolli Vincenzo, Voluttà.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Joris Pio, Processione all'Aracoeli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Josz Italo, Ritratto del conte Diego Guicciardi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Josz Italo, Ritratto del conte Giovanni Pietro Porro.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Karpoff Ivan, Fiori - 2.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Karpoff Ivan, Fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Karpoff Ivan, Naviglio d'inverno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Kern Hermann, Il frate in cucina.JPG File:Artgate Fondazione Cariplo - Lanaro Dino, Autunno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lanaro Dino, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lanzani Andrea, Sacra Famiglia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Laurenti Cesare, La meraviglia in attesa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lelli Giovanni Battista, Veduta di Omegna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lilloni Umberto, Fuga in Egitto.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lilloni Umberto, Tramonto sul mare o Paesaggio di Lavagna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Locatelli Fausto, Ninì.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Locatelli Raffaello, Parigi - Pont des Arts.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lojacono Francesco, Le paludi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lojacono Francesco, Veduta di Palermo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Longoni Emilio, Primavera in alta montagna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lupo Alessandro, Andando al mercato.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Lupo Alessandro, Il mercato di Chivasso.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Maggi Cesare, Paesaggio di montagna.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Magistretti Emilio, Il 9 gennajo 1878 in Milano o Il 9 Gennaio 1878 o L'annuncio della morte di Vittorio Emanuele a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Magistretti Emilio, Quasi aurora consurgens.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Maimeri Gianni, Conversazione.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Albero.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Autoritratto (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Autoritratto.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Autostrada.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Balcone a Casapinta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Biancheria femminile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Bosco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Campo di grano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Campo di granoturco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Colorno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Estate a Bibbona.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Estate a Donoratico.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Finestra dello studio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Fiori su fondo nero.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Frutta e fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Interno controluce.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, L'argine di Gazzuolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, La lettura.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, La pineta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Mia madre.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Mio padre in ufficio (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Mio padre in ufficio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Natura morta gialla.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Nudo di schiena.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Nudo fra le persiane.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Nudo in piedi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Pineta del Tombolo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Ragazza in camicia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Ritratto di mia moglie.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Ronchi (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Ronchi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Spiaggia del Po.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manara Gianfranco, Strada padana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mancini Antonio, Riflessi.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mancini Carlo, Buoi aggiogati al carro sulle rive del Lago di Annone.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mancini Francesco, Hyde Park.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manfrini Enrico, Madonna con Bambino.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Corso Vittorio Emanuele a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Il Campidoglio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Piazza Cordusio a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Ripa Ticinese.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mantovani Luigi, Roma o Veduta di Castel Sant'Angelo a Roma.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Manzù Giacomo, Il risparmio familiare o La Famiglia nel Risparmio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Margotti Anacleto, Raccolta dei covoni o Composizione Figure in movimento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mariani Pompeo, Cascina Zelada.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mariani Pompeo, Marina a Bordighera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mariani Pompeo, Ulivi a Bordighera o La raccolta delle olive a Bordighera.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Martina Piero, Madre con figlio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Martina Piero, Natura morta.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Martini Arturo, Cavallo.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Martini Carlo, La città di Crema.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Marussig Guido, Campanile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Marzano Ennio, Viale Papiniano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Marzola Arrigo Renato, Fine di giornata.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Marzola Arrigo Renato, Fiori.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mascarini Giuseppe, Interno.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Mazza Aldo, Paesaggio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Menato Giuseppe, La Darsena di Porta Ticinese a Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Menato Giuseppe, Mattino nel porto di Cagliari.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Messina Francesco, Danzatrice.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Messina Francesco, Fractio Panis.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Messina Francesco, Pietà.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Messina Francesco, Romantica.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Michetti Francesco Paolo, Paesaggio abruzzese o Ritorno all'ovile.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Michetti Francesco Paolo, Studio per figura femminile o Pastorella.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Frati in cucina.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno del monastero di Altacomba.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di chiesa l'Eucarestia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di convento (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di un convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di una chiesa (2).jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di una chiesa in Lombardia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Interno di una chiesa.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Scena veneziana.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta alle porte di un convento.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta con cavalli.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta dei dintorni di Lecco.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta del chiostro di S. Antonio a Padova.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta di fantasia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta di Palazzo Ducale a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta di piazza del Duomo in Milano.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta di un chiostro.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara Giovanni, Veduta di una piazzetta a Venezia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliaro Vincenzo, Episodio di genere o La vendemmia.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliaro Vincenzo, Popolana all'arcolaio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Milesi Alessandro, La traversata o La partenza del marinaio.jpg File:Artgate Fondazione Cariplo - Minerbi Arrigo, Madonna.jpg </gallery> [[Categoria:Collezione Artgate Fondazione Cariplo|3]] 5mrruekaqycy3nbuyo2uaba5zty4gp4 Flora italiana/Liliopsida o Monocotiledoni/Arecidae: la sottoclasse delle Palme 0 42534 477791 353673 2025-06-12T21:02:51Z CommonsDelinker 1518 Replacing Butia_capitata_Madrid.jpg with [[File:Butia_odorata_Madrid.jpg]] (by [[:c:User:CommonsDelinker|CommonsDelinker]] because: [[:c:COM:FR|File renamed]]: [[:c:COM:FR#FR3|Criterion 3]] (obvious error) · see [[:c:Commons:Village_pump#Butia_odorata_or_ 477791 wikitext text/x-wiki <noinclude>{{Flora italiana}}</noinclude> == Quadro generale == La sottoclasse ''Arecidae'' comprende un solo ordine, le ''Arecali'', e una sola famiglia, le ''[[w:Arecaceae|Arecacee]]'', indicate collettivamente con il nome comune di '''palme'''. Ampiamente diffuse nelle aree calde di tutti i continenti, le palme annoverano circa 3000 specie, di cui una è indigena anche dell'Italia: la '''palma nana''' (''Chamaerops humilis''). Molte altre specie sono presenti in Italia come piante ornamentali. == Palme presenti in Italia == === Caratteristiche principali === * altezza variabile da meno di un metro a circa 30 m * fusto legnoso, flessibile * foglie grandi, composte, palmate (a ventaglio) o pennate * fiori riuniti in infiorescenze, protette inizialmente da una grande brattea * singoli fiori piccoli, unisessuali, con 6 tepali * 3, 6 o 9 stami oppure pistillo con ovario supero a 3 logge (a volte distinte) * frutto drupa (i ''datteri'') o noce (tipo noce da cocco) * nella maggior parte delle specie ornamentali i frutti in Italia non si formano o non arrivano a maturità === Palme presenti in Italia === Il seguente genere è indigeno in Italia: * ''[[w:Chamaerops|Chamaerops]]'', la '''palma nana''' (spontanea nel centro-sud lungo le coste) <gallery> Immagine:Chamaerops_humilis_(Zingaro)015.jpg|Palme nane (''Chamaerops humilis'') fotografate in Sicilia Immagine:Chamaerops humilis (plants).jpg|Foglie di palma nana. Si tratta di foglie composte palmate (a ventaglio). Immagine:Chamaerops humilis (Zingaro)021.jpg|Frutti maturi di palma nana. Si noti una certa somiglianza con i datteri. Immagine:Chamaerops humilis (male flowers).jpg|Infiorescenze maschili di palma nana. Immagine:Chamaerops humilis (female flowers).jpg|Fiori femminili di palma nana. </gallery> Principali generi coltivati in Italia per ornamento (elenco incompleto): * ''[[w:Brahea|Brahea]]'', la ''palma blu'' del Messico * ''[[w:Butia|Butia]]'', comunemente detta ''palma sudamericana'' * ''[[w:Jubaea chilensis|Jubaea]]'', la ''palma da vino cilena'' (o semplicemente ''palma del Cile'') * ''[[w:Livistona|Livistona]]'', il ''ventaglio cinese'' * ''[[w:Phoenix|Phoenix]]'', la '''palma da datteri''' (spontanea nel bacino del Mediterraneo e occasionalmente avventizia in Italia)<ref>{{cita pubblicazione |url=https://www.researchgate.net/publication/258996848_Sullo_status_invasivo_di_Bidens_bipinnata_Phoenix_canariensis_Pistia_stratiotes_e_Tradescantia_fluminensis_in_Campania_Sud_Italia |titolo=Sullo status invasivo di Bidens bipinnata, Phoenix canariensis, Pistia stratiotes e Tradescantia fluminensis in Campania (Sud Italia) |autore=A.Stinca, G.D'Auria, R.Motti |rivista=Informatore Botanico Italiano |anno=2012 |volume=44 |numero=2 |pp=295-299 |accesso=24 novembre 2018}}</ref> * ''[[w:Syagrus|Syagrus]]'', la ''palma regina'' o ''palma pindò'' * ''[[w:Trachycarpus|Trachycarpus]]'', il ''trachicarpo'' o ''palma cinese'' o ''palma di Chusan'' * ''[[w:Washingtonia|Washingtonia]]'', comunemente detta ''palma americana'' <gallery> Immagine:Brahea armata 001.JPG|Giovane palma blu (''Brahea armata''); è evidente la sfumatura bluastra delle foglie a ventaglio. Immagine:Brahea armata001.jpg|Palma blu fotografata a Sanremo. La palma blu sopporta brevi periodi di freddo fino a -15°C. Immagine:Butia odorata Madrid.jpg|''Butia capitata'', palma di origine brasiliana, ha foglie pennate e fusto non molto alto. Immagine:Palma del cile.jpg|''Jubaea chilensis'', la palma del Cile, qui fotografata a Palermo. Le foglie sono pennate. Immagine:Jubaea chilensis Hyères gross.jpg|La palma del Cile ha un tronco particolarmente largo che, unitamente a una notevole altezza (fino a 30 m), la rende una delle palme più massicce. Immagine:Livistona-chinensis-Palermo01.jpg|''Livistona chinensis'' (ventaglio cinese) è una palma non molto alta, con foglie a ventaglio, originaria della Cina e del Giappone meridionali Immagine:Livistona-chinensis-Palermo04.jpg|I frutti di ''Livistona chinensis'' ricordano piccoli datteri (foto scattata a Palermo) Immagine:Orto_botanico,_fi,_phoenix_canariensis.JPG|Giovane esemplare di palma da datteri delle Canarie (''Phoenix canariensis'') all'Orto Botanico di Firenze Immagine:Phoenix canariensis located at the Victory Memorial Gardens.jpg|''Phoenix canariensis'' è una delle palme più diffuse in Italia. Le foglie sono pennate. Immagine:Phoenix canariensis (Barlovento) 07.jpg|I frutti della ''Phoenix canariensis'' sono molto simili ai datteri. La specie si è occasionalmente inselvatichita in Italia. Immagine:Phoenix dactylifera-Piazza Vittoria.jpg|Anche la vera palma da datteri (''Phoenix dactylifera'') - qui a Palermo - è usata come pianta ornamentale. Immagine:Dates_on_date_palm.jpg|Datteri su una ''Phoenix dactylifera''. In Sicilia i datteri arrivano a maturazione ma generalmente non vengono raccolti. Immagine:Gruppetto di Syagrus romanzoffiana - panoramio.jpg|La palma regina ''Syagrus romanzoffiana'' (qui a Genova) è una palma slanciata, a foglie pennate e tronco grigiastro Immagine:Trachycarpus_fortunei-Parc_du_Grand_Blottereau_(2).jpg|''Trachycarpus fortunei'' (qui in Francia), di origine cinese, è una palma di media altezza (fino a 12 m) con foglie a ventaglio Immagine:Washingtonia_filifera_(Villa_Hanbury,_Italy).jpg|''Washingtonia filifera'' (palma della California) fotografata a Ventimiglia. La foto rende ragione del nome della specie. Immagine:Washingtonia filifera Palermo 2006.jpg|La palma della California (qui un esemplare che svetta a Palermo) ha foglie a ventaglio e può arrivare a 25-30 m. Immagine:Washingtonia robusta group.JPG|''Washingtonia robusta'', molto simile alla specie precedente, ha tronco più sottile e crescita leggermente più rapida. </gallery> == Note == <references/> <br> <noinclude>[[Categoria:Flora italiana|Flora italiana]] {{Avanzamento|100%|24 novembre 2018}}</noinclude> h3tf6s80sz6b4mlylq9jycw3sjojhab Pensare Maimonide/Angeli Heikhalot 0 44778 477795 428739 2025-06-13T06:04:32Z Eumolpo 4673 ortografia 477795 wikitext text/x-wiki {{Pensare Maimonide}} [[File:Brosen bielsk podlaski aniol.jpg|center|480px|Angeli nella Letteratura Heikhalot (statua di angelo a Bielsk Podlaski, Polonia)]] == Angeli nella Letteratura Heikhalot == Il ruolo di angeli come intermediari tra esseri umani e Dio è una delle caratteristiche centrali della letteratura [[w:Heikhalot|Heikhalot]] (ebr. היכלות – "Palazzi [celesti]").<ref>Rachel Elior afferma che "Le tre caratteristiche primarie, che insieme costituiscono l'unicità della tradizione Heikhalot, sono ''misticismo'', ''angelologia'' e ''magia''" ("Mysticism, Magic, and Angelology", 6; vedi anche Swartz, ''Scholastic Magic'', 20). Riassumendo un vasto corpo di ricerca, Swartz identifica "tre elementi prevalenti dei testi magici ebraici: 1. l'enfasi sulla potenza del nome di Dio; 2. la medietà degli angeli nel negoziare tra divina provvidenza e bisogni umani; 3. l'uso dei nomi divini e le pratiche rituali per le necessità di individui specifici." I testi magici di cui parla Swartz fanno tutti parte della letteratura Heikhalot.</ref> Caratteristica di questa letteratura sono le miriadi di angeli che si pensa esistano, la loro capacità di aiutare o ostacolare gli esseri umani e la mancanza di limiti precisi tra gli angeli e Dio.<ref>A proposito dei testi [[w:Merkavah|Merkavah]], [[w:Gershom Scholem|Gershom Scholem]] fa riferimento al "frequente uso di nomi segreti o mistici di Dio, le difficoltà che sorgono da tale uso, e del conseguente offuscamento, in certi casi, dei confini tra questi nomi di Dio ed i nomi degli angeli". Si veda ''id.'', ''Jewish Gnosticism'', 10. Si veda inoltre Elior, "Musticism, Magic, and Angelolog" ''cit.'', 34: "L'abbondanza di angeli e l'appropriazione dell'unicità del nome di Dio indicano un cambiamento essenziale nella concezione religiosa... da un singolo Dio ad un complesso di forze divine, che nullificano l'unicità della singola entità divina".</ref> L'offuscamento delle distinzioni tra Dio e gli angeli è particolarmente chiara nel caso dell'angelo [[w:Metatron|Metatron]] (ebr. מֶטָטְרוֹן ''Meṭāṭrōn'', מְטַטְרוֹן ''Məṭaṭrōn'', מֵיטַטְרוֹן ''Mēṭaṭrōn'', מִיטַטְרוֹן ''Mīṭaṭrōn''), a volte chiamato il ''sar hapanim'' (ministro del volto), che viene spesso presentato come un tipo di Dio assistente.<ref>Per un'analisi dei testi di Metatron, si veda Deutsch, ''Guardian of the Gate'', e l'importante studio di Moshe Idel, "Enoch is Metatron". Yehudah Liebes cita testimonianze di mistici ebrei che in effetti pregavano Metatron: cfr. ''Elisha's Sin'', 21. Altri studi rilevanti includono Dan, "Seventy Names"; Abrams, "Boundaries of Divine Ontology"; infine Idel, "Metatron". I seguenti due studi in particolare contengono riferimenti alla vasta letteratura su Metatron: Bar-Ilan, "Throne of God" e L. Kaplan, "Adam, Enoch, and Metatron". Inoltre Metatron divenne una figura importante nella letteratura musulmana. Per una discussione su Metatron all'incrocio tra testi ebraici e testi musulmani, si veda Wasserstrom, ''Between Muslim and Jew", 181-205.</ref> Infatti, ci sono passi in cui Metatron sembra addirittura prendere il posto di Dio.<ref>Rabbi Abraham ben David di Posquières (Rabad), il grande polemista di Maimonide, riporta tradizioni secondo cui è Metatron e non Dio, che indossa i ''tefillin'', che appare a Mosè nel rovo ardente, e che appare ad Ezechiele sul carro e, più sorprendente di tutti, è a Metatron, non a Dio, che il genere umano è fatto a somoglianza. Si veda Idel, "Enoch is Metatron" ({{he}} pp. 156-7; {{en}} p. 232). L. Kaplan, "Adam, Enoch, and Metatron", 81, scrive: "In verità, l'affermazione del Rabad che fu Metatron nella cui immagine fu creato Adamo sembra essere stata anticipata da Abraham ibn Ezra, sia in ''Yesod mora'' [cap. 12, p. 20] sia nel suo commento a Genesi 1:26, sebbene ibn Ezra, come è suo solito quando tratta di materie esoteriche, non lo dica esplicitamente".</ref> Poiché gli angeli si pensa abbiano il potere di aiutare o far del male, gran parte della letteratura Heikhalot viene dedicata ad esortazioni indirizzate agli angeli.<ref>Su questo fenomento si veda Lesses, ''Ritual Practices to Gain Power''. Si confronti anche Elior, "Mysticism, Magic, and Angelology", 39, che sottolinea che nella letteratura Heikhalot gli angeli "sono serviti, adorati, lodati e adorati".</ref> Rachel Elior spiega: "Misticismo, magia e angelologia sono fondati su una visione cosmologica condivisa, che presume una continuità tra i reami superiori ed il mondo terreno, permettendo una relazione reciproca tra loro."<ref>Elior, "Mysticism, Magic, and Angelology", 12; a p. 29 Elior afferma addirittura che "la percezione degli angeli nella letteratura Heikhalot, riflette la continuazione del processo di mitizzazione che iniziò con la letteratura post scritturale [e che] fu consolidata... in un periodo quando politeismo, paganesimo, occulto e tradizioni magiche erano prominenti nelle culture circostanti". Lesses è d'accordo e caratterizza la visione della letteratura Heikhalot come "politeista", che assomiglia alla "profusione di divinità e di angeli a cui vengono dirette le esortazioni greco-egiziane" (''Ritual Practices to Gain Power'', 276). Ulteriormente sugli angeli nella letteratura Heikhalot, cfr. Gruenwald, "Song of the Angels".</ref> Questa confusione di confini deve essere stata irritante per un tipo come Maimonide, la cui visione di Dio è decisamente trascendente e che afferma con forza la distinzione aristotelica tra la natura del sublunare e quella del mondo sovralunare.<ref>Per un resoconto della letteratura rabbinica che sottolinea quegli aspetti da cui Maimonide intendeva purificare l'ebraismo, si veda Hayman, "Monotheism".</ref> <br/> [[File:Clonfert angels- south (adjusted) 2006-06-21.jpg|470px|center|"Clonfert angels", Irlanda]] <br/> {{Vedi anche|Guida maimonidea|La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah}} ==Note== *''Legenda'': '''TB''' = [[w:Talmud babilonese|Talmud babilonese]]; '''TG''' = [[w:Talmud di Gerusalemme|Talmud gerosolimitano]]; '''''MT''''' = ''[[Mishneh Torah]]'' <div style="height: 200px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4" > <references/></div> {{Avanzamento|100%|30 novembre 2019}} [[Categoria:Pensare Maimonide|Angeli Heikhalot]] i338wfnjama9d39uz5c5d2jtz8g77xt Wikibooks:GUS2Wiki 4 51801 477786 477373 2025-06-12T18:36:27Z Alexis Jazz 37143 Updating gadget usage statistics from [[Special:GadgetUsage]] ([[phab:T121049]]) 477786 wikitext text/x-wiki {{#ifexist:Project:GUS2Wiki/top|{{/top}}|This page provides a historical record of [[Special:GadgetUsage]] through its page history. To get the data in CSV format, see wikitext. To customize this message or add categories, create [[/top]].}} I dati che seguono sono estratti da una copia ''cache'' del database, il cui ultimo aggiornamento risale al 2025-06-10T08:03:41Z. Un massimo di {{PLURAL:5000|un risultato è disponibile|5000 risultati è disponibile}} in cache. {| class="sortable wikitable" ! 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Ma il giorno che esse scendono nell'arena delle lotte politiche – e non ne possono fare a meno, se sul serio si propongono la conquista dei diritti politici – ecco che l’incanto svanisce e le donne combattono non più come feministe, ma come appartenenti a date classi sociali e a dati partiti politici.|<small>''Anna Kuliscioff, [https://www.fondazioneannakuliscioff.it/wp-content/uploads/2020/12/anna-kuliscioff-scritti.pdf Scritti], Collana "Figure del 900", Fondazione Anna Kulisciof, p. 104''</small>}} </div> [[Categoria:Storia del femminismo italiano]] [[Categoria:Storia]] [[Categoria:Superiori]] [[Categoria:Formazione superiore]] [[Categoria:Libri per ordine alfabetico/S]] [[Categoria:Dewey 920]] [[Categoria:WikiDonne]] [[Categoria:Libri 100%]] {{Avanzamento|100%|10 giugno 2025}} i04a0tnnqhae7ts1p92c3xgtim3gu1j Utente:Eleonorapanunzi/Sandbox 2 57491 477788 475902 2025-06-12T20:41:34Z Eleonorapanunzi 52546 Bozza Modulo 2 corso Moodle 477788 wikitext text/x-wiki Sviluppo Modulo 2 per il corso Moodle ==== Modulo 2: Gender Gap e Wikimedia ==== * Cos'è il gender gap? Definizioni e dati globali * Il gender gap nei progetti Wikimedia * Analisi dei dati e statistiche sulla rappresentazione femminile * Slide con grafici e dati aggiornati * Discussione interattiva: strategie per ridurre il divario di genere '''BOZZA:''' === 1. Cos'è il gender gap? Definizioni e dati globali === ==== Definizione ==== Il ''gender gap'' (divario di genere) si riferisce alla disuguaglianza tra uomini e donne in diversi ambiti: accesso all’istruzione, partecipazione politica, occupazione, retribuzione, accesso alla tecnologia e rappresentazione nei media. Questa disparità non è solo una questione numerica, ma riflette squilibri strutturali e culturali radicati, che si ripercuotono sulla qualità della partecipazione e sull’autonomia delle donne nei vari contesti. ==== Dati globali (fonti: World Economic Forum, ONU, UNESCO) ==== * '''Global Gender Gap Report 2024 (WEF)''': ci vorranno circa '''134 anni''' per colmare completamente il divario globale di genere, se i trend attuali resteranno invariati. * '''Occupazione''': le donne costituiscono meno del '''50% della forza lavoro''' globale, a fronte del 76% degli uomini. * '''Accesso alla tecnologia''': nelle regioni a basso reddito, il '''divario di genere nell’accesso a Internet''' raggiunge anche il '''30%'''. * '''Rappresentanza politica''': solo '''26,5%''' dei parlamentari nel mondo sono donne. * '''Leadership economica''': meno del '''10%''' degli amministratori delegati delle aziende Fortune 500 sono donne. ==== Obiettivi del modulo ==== * Comprendere le dimensioni del gender gap. * Analizzare in che modo questi squilibri si riflettono nei progetti Wikimedia. * Discutere soluzioni pratiche e strategie per ridurre il divario. === 2. Il gender gap nei progetti Wikimedia === ==== Contesto ==== Wikimedia, e in particolare Wikipedia, è uno degli strumenti di conoscenza più usati al mondo. Tuttavia, soffre anch’esso di un marcato gender gap, sia dal punto di vista '''editoriale''' (contenuti) che '''partecipativo''' (editori). ==== Dati chiave ==== * Secondo uno studio del 2021 della Wikimedia Foundation, solo circa '''il 15-20%''' dei contributori attivi su Wikipedia si identifica come donna. * Meno del '''25% delle biografie su Wikipedia''' in lingua inglese riguarda donne (dato simile anche su it.wiki). * I contenuti su tematiche femminili sono spesso '''sottorappresentati''', '''marginali''' o '''mancano di fonti secondarie''' adeguate. ==== Cause principali ==== * '''Ambiente poco accogliente''': alcune donne segnalano esperienze di sessismo, gatekeeping e mancanza di supporto. * '''Barriere tecniche e culturali''': alcune utenti percepiscono Wikipedia come uno spazio “maschile” o elitario. * '''Mancanza di rappresentanza''' nelle comunità di moderatori/amministratori. === 3. Analisi dei dati e statistiche sulla rappresentazione femminile === ==== Rappresentazione nei contenuti ==== * In Wikipedia in lingua italiana (dati aggiornati al 2024), le '''biografie femminili''' rappresentano circa il '''20,6%''' del totale. * Nei settori scientifici, tecnologici e storici, la presenza femminile è '''notevolmente inferiore''' rispetto a quella maschile. ==== Rappresentazione tra editori ==== * Indagini condotte dalla Wikimedia Foundation indicano che le '''donne editrici''' sono ancora una netta minoranza. * Le barriere d’accesso comprendono mancanza di tempo, insicurezza nella scrittura enciclopedica, timore di conflitti. ==== Disparità qualitative ==== * Le voci biografiche femminili sono in media più '''corte''', meno '''referenziate''', e più frequentemente '''proposte per cancellazione'''. === 4. Slide con grafici e dati aggiornati === ==== (Possibili tipologie di slide da inserire) ==== * '''Grafico a barre''': Percentuale di biografie femminili su Wikipedia nelle principali lingue. * '''Grafico a torta''': Distribuzione di genere tra gli utenti attivi su Wikipedia. * '''Grafico temporale''': Evoluzione del gender gap nei contenuti dal 2010 al 2024. * '''Mappa interattiva''': Rappresentazione della distribuzione geografica delle biografie femminili. === 5. Discussione interattiva: strategie per ridurre il divario di genere === ==== Obiettivo ==== Stimolare la riflessione collettiva e la proposta di azioni concrete per promuovere la partecipazione femminile su Wikimedia. ==== Attività (possibili da proporre): ==== * '''Forum nel corso Moodle''': “Quali sono secondo te le cause principali del gender gap nei progetti Wikimedia? Hai idee o esperienze da condividere?” * '''Quiz o sondaggio anonimo''': raccogliere percezioni e suggerimenti dai partecipanti. * '''Studi di caso''': presentare progetti WikiDonne, Art+Feminism o Women in Red come modelli virtuosi. ==== Strategie (possibili da proporre): ==== * '''Collaborazioni''' '''con musei''' per ampliare la base dei contenuti e dei contributori. (Attivare una collaborazione tra WikiDonne e un museo dedicato alla storia delle donne per digitalizzare e inserire su Wikimedia Commons materiali utili a creare nuove voci biografiche.) * Creare nel corso Moodle una sezione “Scrivi la tua prima voce” con: ** una guida semplice passo-passo (testo + video), ** FAQ sulle paure comuni (es: “E se sbaglio?”), ** esempi positivi di contributi femminili. * '''Valorizzazione del lavoro delle donne già presenti''': visibilità e riconoscimento pubblico (Rendere visibili e riconoscere pubblicamente le contributrici attive su Wikimedia. Premiare e raccontare i loro percorsi per ispirare altre donne a partecipare. Esempio: Nel corso Moodle, una sezione “Storie di WikiDonne” con mini-interviste a donne che editano da anni, raccontano come hanno iniziato e danno consigli a chi vuole avvicinarsi.) ez3vrlycm7mrwghj3uq4z8mcafonq99 477789 477788 2025-06-12T20:43:45Z Eleonorapanunzi 52546 Sviluppo bozza Modulo 2 477789 wikitext text/x-wiki Sviluppo Modulo 2 per il corso Moodle ==== Modulo 2: Gender Gap e Wikimedia ==== ==== ''Cos'è il gender gap? Definizioni e dati globali'' ==== ==== ''Il gender gap nei progetti Wikimedia'' ==== ==== ''Analisi dei dati e statistiche sulla rappresentazione femminile'' ==== ==== ''Slide con grafici e dati aggiornati'' ==== ==== ''Discussione interattiva: strategie per ridurre il divario di genere'' ==== '''BOZZA:''' === 1. Cos'è il gender gap? Definizioni e dati globali === ==== Definizione ==== Il ''gender gap'' (divario di genere) si riferisce alla disuguaglianza tra uomini e donne in diversi ambiti: accesso all’istruzione, partecipazione politica, occupazione, retribuzione, accesso alla tecnologia e rappresentazione nei media. Questa disparità non è solo una questione numerica, ma riflette squilibri strutturali e culturali radicati, che si ripercuotono sulla qualità della partecipazione e sull’autonomia delle donne nei vari contesti. ==== Dati globali (fonti: World Economic Forum, ONU, UNESCO) ==== * '''Global Gender Gap Report 2024 (WEF)''': ci vorranno circa '''134 anni''' per colmare completamente il divario globale di genere, se i trend attuali resteranno invariati. * '''Occupazione''': le donne costituiscono meno del '''50% della forza lavoro''' globale, a fronte del 76% degli uomini. * '''Accesso alla tecnologia''': nelle regioni a basso reddito, il '''divario di genere nell’accesso a Internet''' raggiunge anche il '''30%'''. * '''Rappresentanza politica''': solo '''26,5%''' dei parlamentari nel mondo sono donne. * '''Leadership economica''': meno del '''10%''' degli amministratori delegati delle aziende Fortune 500 sono donne. ==== Obiettivi del modulo ==== * Comprendere le dimensioni del gender gap. * Analizzare in che modo questi squilibri si riflettono nei progetti Wikimedia. * Discutere soluzioni pratiche e strategie per ridurre il divario. === 2. Il gender gap nei progetti Wikimedia === ==== Contesto ==== Wikimedia, e in particolare Wikipedia, è uno degli strumenti di conoscenza più usati al mondo. Tuttavia, soffre anch’esso di un marcato gender gap, sia dal punto di vista '''editoriale''' (contenuti) che '''partecipativo''' (editori). ==== Dati chiave ==== * Secondo uno studio del 2021 della Wikimedia Foundation, solo circa '''il 15-20%''' dei contributori attivi su Wikipedia si identifica come donna. * Meno del '''25% delle biografie su Wikipedia''' in lingua inglese riguarda donne (dato simile anche su it.wiki). * I contenuti su tematiche femminili sono spesso '''sottorappresentati''', '''marginali''' o '''mancano di fonti secondarie''' adeguate. ==== Cause principali ==== * '''Ambiente poco accogliente''': alcune donne segnalano esperienze di sessismo, gatekeeping e mancanza di supporto. * '''Barriere tecniche e culturali''': alcune utenti percepiscono Wikipedia come uno spazio “maschile” o elitario. * '''Mancanza di rappresentanza''' nelle comunità di moderatori/amministratori. === 3. Analisi dei dati e statistiche sulla rappresentazione femminile === ==== Rappresentazione nei contenuti ==== * In Wikipedia in lingua italiana (dati aggiornati al 2024), le '''biografie femminili''' rappresentano circa il '''20,6%''' del totale. * Nei settori scientifici, tecnologici e storici, la presenza femminile è '''notevolmente inferiore''' rispetto a quella maschile. ==== Rappresentazione tra editori ==== * Indagini condotte dalla Wikimedia Foundation indicano che le '''donne editrici''' sono ancora una netta minoranza. * Le barriere d’accesso comprendono mancanza di tempo, insicurezza nella scrittura enciclopedica, timore di conflitti. ==== Disparità qualitative ==== * Le voci biografiche femminili sono in media più '''corte''', meno '''referenziate''', e più frequentemente '''proposte per cancellazione'''. === 4. Slide con grafici e dati aggiornati === ==== (Possibili tipologie di slide da inserire) ==== * '''Grafico a barre''': Percentuale di biografie femminili su Wikipedia nelle principali lingue. * '''Grafico a torta''': Distribuzione di genere tra gli utenti attivi su Wikipedia. * '''Grafico temporale''': Evoluzione del gender gap nei contenuti dal 2010 al 2024. * '''Mappa interattiva''': Rappresentazione della distribuzione geografica delle biografie femminili. === 5. Discussione interattiva: strategie per ridurre il divario di genere === ==== Obiettivo ==== Stimolare la riflessione collettiva e la proposta di azioni concrete per promuovere la partecipazione femminile su Wikimedia. ==== Attività (possibili da proporre): ==== * '''Forum nel corso Moodle''': “Quali sono secondo te le cause principali del gender gap nei progetti Wikimedia? Hai idee o esperienze da condividere?” * '''Quiz o sondaggio anonimo''': raccogliere percezioni e suggerimenti dai partecipanti. * '''Studi di caso''': presentare progetti WikiDonne, Art+Feminism o Women in Red come modelli virtuosi. ==== Strategie (possibili da proporre): ==== * '''Collaborazioni''' '''con musei''' per ampliare la base dei contenuti e dei contributori. (Attivare una collaborazione tra WikiDonne e un museo dedicato alla storia delle donne per digitalizzare e inserire su Wikimedia Commons materiali utili a creare nuove voci biografiche.) * Creare nel corso Moodle una sezione “Scrivi la tua prima voce” con: ** una guida semplice passo-passo (testo + video), ** FAQ sulle paure comuni (es: “E se sbaglio?”), ** esempi positivi di contributi femminili. * '''Valorizzazione del lavoro delle donne già presenti''': visibilità e riconoscimento pubblico (Rendere visibili e riconoscere pubblicamente le contributrici attive su Wikimedia. Premiare e raccontare i loro percorsi per ispirare altre donne a partecipare. Esempio: Nel corso Moodle, una sezione “Storie di WikiDonne” con mini-interviste a donne che editano da anni, raccontano come hanno iniziato e danno consigli a chi vuole avvicinarsi.) gj0hirwdrr0ymuuhklim9bnm6frjufn 477790 477789 2025-06-12T20:46:07Z Eleonorapanunzi 52546 477790 wikitext text/x-wiki Sviluppo Modulo 2 per il corso Moodle ==== Modulo 2: Gender Gap e Wikimedia ==== * Cos'è il gender gap? Definizioni e dati globali * Il gender gap nei progetti Wikimedia * Analisi dei dati e statistiche sulla rappresentazione femminile * Slide con grafici e dati aggiornati * Discussione interattiva: strategie per ridurre il divario di genere '''BOZZA:''' === 1. Cos'è il gender gap? Definizioni e dati globali === ==== Definizione ==== Il ''gender gap'' (divario di genere) si riferisce alla disuguaglianza tra uomini e donne in diversi ambiti: accesso all’istruzione, partecipazione politica, occupazione, retribuzione, accesso alla tecnologia e rappresentazione nei media. Questa disparità non è solo una questione numerica, ma riflette squilibri strutturali e culturali radicati, che si ripercuotono sulla qualità della partecipazione e sull’autonomia delle donne nei vari contesti. ==== Dati globali (fonti: World Economic Forum, ONU, UNESCO) ==== * '''Global Gender Gap Report 2024 (WEF)''': ci vorranno circa '''134 anni''' per colmare completamente il divario globale di genere, se i trend attuali resteranno invariati. * '''Occupazione''': le donne costituiscono meno del '''50% della forza lavoro''' globale, a fronte del 76% degli uomini. * '''Accesso alla tecnologia''': nelle regioni a basso reddito, il '''divario di genere nell’accesso a Internet''' raggiunge anche il '''30%'''. * '''Rappresentanza politica''': solo '''26,5%''' dei parlamentari nel mondo sono donne. * '''Leadership economica''': meno del '''10%''' degli amministratori delegati delle aziende Fortune 500 sono donne. ==== Obiettivi del modulo ==== * Comprendere le dimensioni del gender gap. * Analizzare in che modo questi squilibri si riflettono nei progetti Wikimedia. * Discutere soluzioni pratiche e strategie per ridurre il divario. === 2. Il gender gap nei progetti Wikimedia === ==== Contesto ==== Wikimedia, e in particolare Wikipedia, è uno degli strumenti di conoscenza più usati al mondo. Tuttavia, soffre anch’esso di un marcato gender gap, sia dal punto di vista '''editoriale''' (contenuti) che '''partecipativo''' (editori). ==== Dati chiave ==== * Secondo uno studio del 2021 della Wikimedia Foundation, solo circa '''il 15-20%''' dei contributori attivi su Wikipedia si identifica come donna. * Meno del '''25% delle biografie su Wikipedia''' in lingua inglese riguarda donne (dato simile anche su it.wiki). * I contenuti su tematiche femminili sono spesso '''sottorappresentati''', '''marginali''' o '''mancano di fonti secondarie''' adeguate. ==== Cause principali ==== * '''Ambiente poco accogliente''': alcune donne segnalano esperienze di sessismo, gatekeeping e mancanza di supporto. * '''Barriere tecniche e culturali''': alcune utenti percepiscono Wikipedia come uno spazio “maschile” o elitario. * '''Mancanza di rappresentanza''' nelle comunità di moderatori/amministratori. === 3. Analisi dei dati e statistiche sulla rappresentazione femminile === ==== Rappresentazione nei contenuti ==== * In Wikipedia in lingua italiana (dati aggiornati al 2024), le '''biografie femminili''' rappresentano circa il '''20,6%''' del totale. * Nei settori scientifici, tecnologici e storici, la presenza femminile è '''notevolmente inferiore''' rispetto a quella maschile. ==== Rappresentazione tra editori ==== * Indagini condotte dalla Wikimedia Foundation indicano che le '''donne editrici''' sono ancora una netta minoranza. * Le barriere d’accesso comprendono mancanza di tempo, insicurezza nella scrittura enciclopedica, timore di conflitti. ==== Disparità qualitative ==== * Le voci biografiche femminili sono in media più '''corte''', meno '''referenziate''', e più frequentemente '''proposte per cancellazione'''. === 4. Slide con grafici e dati aggiornati === ==== (Possibili tipologie di slide da inserire) ==== * '''Grafico a barre''': Percentuale di biografie femminili su Wikipedia nelle principali lingue. * '''Grafico a torta''': Distribuzione di genere tra gli utenti attivi su Wikipedia. * '''Grafico temporale''': Evoluzione del gender gap nei contenuti dal 2010 al 2024. * '''Mappa interattiva''': Rappresentazione della distribuzione geografica delle biografie femminili. === 5. Discussione interattiva: strategie per ridurre il divario di genere === ==== Obiettivo ==== Stimolare la riflessione collettiva e la proposta di azioni concrete per promuovere la partecipazione femminile su Wikimedia. ==== Attività (possibili da proporre): ==== * '''Forum nel corso Moodle''': “Quali sono secondo te le cause principali del gender gap nei progetti Wikimedia? Hai idee o esperienze da condividere?” * '''Quiz o sondaggio anonimo''': raccogliere percezioni e suggerimenti dai partecipanti. * '''Studi di caso''': presentare progetti WikiDonne, Art+Feminism o Women in Red come modelli virtuosi. ==== Strategie (possibili da proporre): ==== * '''Collaborazioni''' '''con musei''' per ampliare la base dei contenuti e dei contributori. (Attivare una collaborazione tra WikiDonne e un museo dedicato alla storia delle donne per digitalizzare e inserire su Wikimedia Commons materiali utili a creare nuove voci biografiche.) * Creare nel corso Moodle una sezione “Scrivi la tua prima voce” con: ** una guida semplice passo-passo (testo + video), ** FAQ sulle paure comuni (es: “E se sbaglio?”), ** esempi positivi di contributi femminili. * '''Valorizzazione del lavoro delle donne già presenti''': visibilità e riconoscimento pubblico (Rendere visibili e riconoscere pubblicamente le contributrici attive su Wikimedia. Premiare e raccontare i loro percorsi per ispirare altre donne a partecipare. Esempio: Nel corso Moodle, una sezione “Storie di WikiDonne” con mini-interviste a donne che editano da anni, raccontano come hanno iniziato e danno consigli a chi vuole avvicinarsi.) ez3vrlycm7mrwghj3uq4z8mcafonq99 Storia del femminismo italiano/6. Dal primo Novecento alla Prima guerra mondiale 0 57626 477785 477735 2025-06-12T15:53:49Z Camelia.boban 25520 Refuso 477785 wikitext text/x-wiki {{Storia del femminismo italiano}} {{Storia del femminismo italiano 1}} == 6. Dal primo Novecento alla Prima guerra mondiale == === 6.1. Il movimento delle donne nei primi decenni del Novecento === Nei primi anni del Novecento il movimento delle donne affermò la sua visibilità e si radicò lo stesso termine "[[w:Femminismo|femminismo]]". Si diffusero gruppi locali, crebbe notevolmente il numero delle riviste politiche femministe e nacquero le prime associazioni nazionali stabili.<ref name=":gazzetta1">{{Cita|Gazzetta|pp. 125-127}}</ref> Le organizzazioni femminili, con radici ideali molto diverse, si impegnarono in una miriade di attività pratiche in campo assistenziale, educativo e nei servizi, elaborando ipotesi di riforma. Furono presenti negli istituti Pro infanzia, nei Patronati, negli asili-famiglia, nelle casse di maternità, in associazioni e comitati contro la tratta delle bianche o in iniziative a favore dei minori. Nelle principali città stabilirono rapporti con le autorità politiche locali per partecipare alle nomine negli enti di assistenza o di carità, avviando forme embrionali di rappresentanza pubblica femminile.<ref name=":gazzetta1" /> La loro maggiore partecipazione negli organismi pubblici fu consentita da alcuni provvedimenti legislativi, come quello che nel 1910 estese alle donne titolari di attività commerciali, industriali o agricole che pagavano determinate imposte, il diritto di voto per le elezioni delle Camere di Commercio, e, nel 1911, quello che ammetteva il voto femminile e le candidature di donne alle cariche elettive negli istituti scolastici.<ref>{{Cita|Willson|p. 38}}</ref> Questo attivismo in ambito sociale e assistenziale, denominato anche "femminismo pratico", avrebbe costituito un terreno di crescita di competenze femminili, non semplicemente riconducibili alla [[w:Filantropia|filantropia]], che poteva tradursi in capacità utili per la gestione della sfera pubblica.<ref>{{Cita|Gazzetta|p. 126}}</ref> ==== 6.1.1. Le prime organizzazioni nazionali ==== Nei primi anni del Novecento si costituirono le prime organizzazioni femminili a carattere nazionale. L’Associazione per la donna, di orientamento democratico e radicale - tra le sue ispiratrici vi fu [[w:Anna_Maria_Mozzoni|Anna Maria Mozzoni]] - fu fondata nel 1897 a Roma. Soppressa dal governo nel 1898, e ricostituita nel 1900, dopo essersi diffusa in diverse città italiane, nel 1907 assunse la denominazione [[w:Associazione_Nazionale_per_la_Donna|Associazione Nazionale per la Donna]]. Tra le fondatrici vi furono [[w:Elisa_Agnini|Elisa Agnini]], Giacinta Martini Marescotti, Virginia Nathan, [[w:Maria_Montessori|Maria Montessori]] ed Eva De Vicentiis.<ref>{{Cita|Willson|p. 27}}</ref> [[File:Ersilia Majno.jpg|sinistra|miniatura|Ersilia Majno, tra le fondatrici dell'Unione Femminile Nazionale]] L'Unione Femminile, fondata a Milano nel 1899 da [[w:Ersilia_Bronzini|Ersilia Majno Bronzini]], Nina Rignano Sullam, Ada Garlanda Negri e altre emancipazioniste di diversa provenienza sociale, promosse un programma incentrato sull'impegno pratico - progetti di beneficenza, campagne per la riforma dell'assistenza e per la tutela delle lavoratrici (operaie, maestre, impiegate, insegnanti di scuola media) - sostenendo nel contempo anche il suffragio amministrativo e politico, l'abrogazione dell' [[w:Autorizzazione_maritale|autorizzazione maritale]] e il divorzio. Nel 1905, estesasi in molte città italiane, divenne l’[[w:Unione_femminile_nazionale|Unione femminile nazionale]] (UFN).<ref name=":12">{{Cita|Willson|p. 30}}</ref> Pur annoverando diverse militanti e simpatizzanti socialiste, mantenne un approccio interclassista e un programma ampio che poneva al centro l'assistenza, l'istruzione e l'emancipazione delle donne attraverso iniziative culturali e sociali. Molte donne che facevano parte dell'UFN, tra cui la stessa Majno, presero parte ai consigli di amministrazione degli istituti caritativi; nel 1907 circa 1500 donne erano direttrici o amministratrici di tali enti.<ref name=":12" /> L'associazione pubblicò il periodico ''Unione Femminile'' (1901-1905), importante strumento di diffusione delle idee emancipazioniste. <ref>{{Cita web|url=https://unionefemminile.it/la-nostra-storia/|titolo=Breve storia dell’Unione femminile nazionale|accesso=11 maggio 2025}}</ref> Il [[w:Consiglio_Nazionale_delle_Donne_Italiane|Consiglio Nazionale delle Donne Italiane]] (CNDI, costituito nel 1903 grazie ai contatti con l'[[w:International_Council_of_Women|International Council of Women]] (Icw), era un'organizzazione laica e interclassista di stampo conservatore, costituita per lo più da donne aristocratiche e dell'alta borghesia, in gran parte antisocialiste. Fondato, tra le altre, dalla [[w:Elena_d'Orléans|duchessa d’Aosta]], la principessa [[w:Maria_Letizia_Bonaparte|Letizia di Savoia]] e la contessa [[w:Gabriella_Rasponi_Spalletti|Spalletti Rasponi]], mirò fin dalla sua nascita al coordinamento delle diverse associazioni femminili italiane e a rappresentare il movimento a livello internazionale: nel 1914 contava 129 associazioni e circa 26.000 erano le aderenti.<ref>{{Cita|Gazzetta|p. 135}}</ref> Prima della Grande guerra non sostenne mai apertamente il suffragio femminile, nella convinzione che le donne fossero ancora impreparate al voto. Il suo organo di stampa fu ''Vita femminile italiana'' (1907-1911).<ref>{{Cita|Willson|pp. 34-35}}</ref> ==== 6.1.2. Il movimento per il suffragio ==== Intorno al 1905 cominciarono a diffondersi in diverse città italiane i Comitati pro suffragio e il tema del voto femminile divenne centrale nel movimento. Sulla base della legge elettorale del 1895 che non escludeva esplicitamente le donne, vennero incoraggiate a iscriversi alle liste elettorali quelle che fossero in possesso dei requisiti. Le commissioni elettorali spesso accettarono le iscrizioni, ma le Corti d'Appello le annullarono. Nel 1906 il comitato Pro suffragio di Roma, presieduto da Giacinta Martini Marescotti e divenuto il fulcro dell'azione dei comitati regionali, cambiò il proprio nome in Comitato nazionale pro-suffragio femminile e si affiliò all'[[w:International_Alliance_of_Women|International Women's Suffrage Alliance]]. Una petizione a favore del suffragio, redatta da Anna Maria Mozzoni e che raccolse migliaia di firme in tutta Italia, venne presentata al Parlamento all’inizio del 1907.<ref>{{Cita|Willson|pp. 38-39}}</ref> Nonostante l'appoggio di repubblicani e radicali, il progetto di legge Mirabelli fu respinto a febbraio, con un atteggiamento ambiguo da parte dei socialisti. Il dibattito parlamentare spinse [[w:Giolitti|Giolitti]] a istituire una commissione per valutare il voto amministrativo alle donne, che tuttavia non giunse a conclusioni, poiché l'esito del voto femminile venne ritenuto troppo incerto.<ref name=":4">{{Cita|Willson|p. 39}}</ref> ==== 6.1.3. Il femminismo cristiano ==== Nei primi due decenni del Novecento, il movimento femminile di area cattolica in Italia si configurò come un insieme eterogeneo di iniziative e orientamenti. Una delle espressioni più significative fu il femminismo cristiano e spiritualista, rappresentato principalmente da [[w:Adelaide_Coari|Adelaide Coari]], insegnante e attivista milanese. Coari fondò e diresse la rivista ''[[w:Pensiero_e_Azione|Pensiero e Azione]]'' (1904-1908), organo del Fascio femminile democratico cristiano e, dal 1905, della Federazione femminile milanese, un coordinamento di associazioni cattoliche femminili a livello locale. Il Fascio femminile, influenzato dal pensiero di [[w:Romolo_Murri|Romolo Murri]], costituì la corrente più progressista del femminismo cattolico, promuovendo la sindacalizzazione e l'istruzione delle operaie e rivendicando diritti civili, tra cui il voto amministrativo. La rivista ''Pensiero e Azione'' sostenne un "programma minimo femminista" che includeva la parità salariale e l'accesso alle professioni qualificate.<ref name=":02">{{Cita web|autore=Silvia Gazzola|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/adelaide-coari_(Dizionario-Biografico)/|titolo=Coari, Adelaide|accesso=14 maggio 2025}}</ref> Prima della conclusione dell'esperienza di Coari all'interno del movimento, a seguito della repressione antimodernista promossa dalla gerarchia ecclesiastica in ottemperanza all'enciclica ''Pascendi Dominici Gregis'' di [[w:Pio_X|Pio X]], la Federazione femminile organizzò un importante convegno finalizzato a un confronto con il femminismo laico, al fine di esplorare possibili convergenze.<ref name=":02" /> Nonostante questo evento avesse stimolato un proficuo dibattito tra le partecipanti, la collaborazione tra donne laiche e cattoliche subì una frattura l'anno successivo, durante il primo Congresso Nazionale delle donne (Roma, 1908), in merito alla questione dell'insegnamento religioso.<ref>{{Cita|Gazzetta|pp. 138-139}}</ref> L'inconciliabilità emersa tra i due ambiti fornì alla corrente più conservatrice delle donne cattoliche l'opportunità di affermarsi. Questo fronte, rappresentato dalla rivista ''L'Azione Muliebre'', diretta dal 1904 dalla contessa [[w:Elena_da_Persico|Elena da Persico]], esponente dell'intransigentismo cattolico, acquisì maggiore influenza e consistenza numerica dopo il Congresso del 1908. Tale tendenza promosse la fondazione dell'Unione Donne di Azione Cattolica (UDAC). Questa organizzazione, guidata dal 1909 al 1917 dalla principessa Cristina Giustiniani Bandini, fu posta sotto il controllo del [[w:Stato_Pontificio|Vaticano]], intenzionato a contrastare l'espansione del femminismo laico. L'obiettivo principale dell'UDAC fu il rafforzamento dell'identità religiosa delle donne e la promozione di un'azione culturale e sociale ispirata ai principi cristiani.<ref>{{Cita|Willson|p. 37}}</ref> L'UDAC concentrò la propria attività sull'insegnamento del catechismo, la promozione della libertà d'istruzione, la difesa del matrimonio religioso e l'opposizione al divorzio. Nel 1912, l'organizzazione contava 180 comitati e 30.000 socie. Durante la Prima Guerra Mondiale, l'associazione si dedicò all'assistenza delle famiglie dei combattenti, delle vedove e degli orfani, consolidando il proprio ruolo nel tessuto sociale italiano.<ref>{{Cita web|url=https://isacem.it/it/fondi-archivistici/unione-donne-di-azione-cattolica-1908-1970-ud|titolo=Unione donne di Azione cattolica, 1908-1970 (Ud)|accesso=14 maggio 2025}}</ref> ==== 6.1.4. Il Primo Congresso Nazionale delle Donne Italiane (1908) ==== [[File:Congresso_delle_donne_italiane_1908.jpg|miniatura|Il Congresso delle donne italiane 1908, illustrazione da ''La domenica del Corrier''e, maggio 1908]] Il Congresso di Roma del 1908, organizzato dal [[w:Consiglio_Nazionale_delle_Donne_Italiane|CNDI]] e inaugurato dalla [[w:Elena_del_Montenegro|Regina Elena]] fu il primo congresso nazionale del movimento femminile: vi parteciparono oltre 1.400 delegate di circa 70 organizzazioni in rappresentanza di tutte le posizioni politiche (radicali, socialiste, moderate, cattoliche). Venne strutturato in sei sezioni tematiche: Educazione e istruzione, Assistenza e previdenza, Condizione morale e giuridica della donna, Igiene, Letteratura e arte. Il Congresso mise in luce profonde divisioni, in particolare sull'opportunità o meno di richiedere la sovvenzione statale delle casse di maternità, sulle modalità del suffragio (universale o limitato) e sul ruolo della religione nell'educazione. Su quest'ultimo punto, in particolare, venne approvata la mozione di [[w:Linda_Malnati|Linda Malnati]] che proponeva la soppressione dell’insegnamento religioso nelle scuole elementari, da sostituirsi con lo studio comparato delle religioni. A seguito delle forti divergenze maturate durante i lavori del Congresso, si produsse una frattura, diventata insanabile, tra emancipazioniste laiche e cattoliche, cui, l'anno seguente, seguì un'ulteriore divisione all'interno dei Comitati pro suffragio, a seguito di un'iniziativa promossa da [[w:Teresa_Labriola|Teresa Labriola]].<ref>Claudia Frattini, ''Il primo congresso delle donne italiane, Roma 1908 : opinione pubblica e femminismo'', [Roma], Biblink, 2008</ref> Nel 1909, insieme ad altre giovani suffragiste, l'avvocata e attivista, figlia del filosofo marxista [[w:Antonio_Labriola|Antonio Labriola]], insieme ad altre giovani suffragiste, al fine di promuovere l'approvazione di una legge che consentisse il voto alle donne, propose una nuova tattica. Ispirandosi al movimento britannico, prospettò di sostenere la campagna elettorale di cinquanta deputati che si fossero dichiarati favorevoli al suffragio femminile. Questa proposta provocò una spaccatura nei comitati pro suffragio, portando alla destituzione della presidente e all'ascesa di Labriola alla guida del movimento; anche le socialiste, affatto inclini ad appoggiare candidati non socialiste, espressero irritazione per questa scelta.<ref name=":4" /> Un altro grave motivo di scontro, che portò alla definitiva uscita delle socialiste dai Comitati pro suffragio, sarebbe stato il sostegno offerto da parti consistenti del movimento alle guerre coloniali italiane. === 6.2. Le guerre coloniali (1882-1912). Pacifismo ed emancipazionismo === [[File:Possessions italiennes en Afrique-1896.jpg|miniatura|Possedimenti italiani in Africa, 1896]] Il periodo delle guerre coloniali italiane (1882–1912) rappresentò un momento cruciale per il movimento delle donne, evidenziando profonde divisioni interne tra pacifismo, patriottismo e aspirazioni emancipazioniste. Le prime [[w:colonialismo_italiano|imprese coloniali italiane]], a partire dall'occupazione di [[w:Assab|Assab]] nel 1882 e culminate con la [[w:Guerra_italo-turca|guerra di Libia nel 1911]], suscitarono reazioni contrastanti all'interno del movimento femminile. Dopo la sconfitta di [[w:Adua|Adua]] nel 1896, molte donne parteciparono attivamente a manifestazioni contro la guerra, organizzando cortei e occupazioni dei binari ferroviari per impedire la partenza dei soldati. Femministe con forti radici democratico-radicali e socialiste espressero una netta opposizione alle guerre coloniali, considerate aggressioni ingiustificate.<ref name=":0">{{Cita|Bianchi 2015|p. 8}}</ref> Le Leghe per la tutela degli interessi femminili, di ispirazione socialista, promossero una vasta mobilitazione anticoloniale in molti paesi e città italiane. A Roma, l'Associazione Femminile, cofondata dalla femminista [[w:Elisa_Lollini|Elisa Lollini]], nel 1896 elaborò un manifesto contro l'«insana impresa» coloniale in Africa, raccogliendo firme per il ritiro immediato delle truppe, in linea con la tradizione dell'emancipazionismo democratico-radicale.<ref name=":1">{{Cita|Gazzetta|pp. 161-162}}</ref> [[w:Teresita_Pasini_Bonfatti|Teresita Pasini Bonfatti]], nota come Alma Dolens, fu una delle figure più rappresentative del pacifismo femminile socialista. Relatrice alle Conferenze Nazionali per la Pace del 1909 e 1910, cercò di legare suffragismo, pacifismo e sindacalismo. Nel 1910 fondò a Milano la Società operaia pro arbitrato e disarmo, che divenne la più grande società pacifista del periodo prebellico, con la nascita di comitati locali in diverse città italiane.<ref name=":2">{{Cita|Bianchi 2015|p. 9}}</ref> ==== 6.2.1. Il femminismo moderato e il sostegno all'impresa libica ==== [[File:Cartolina Tripolitania e Cirenaica 1911.jpg|sinistra|miniatura|Cartolina diffusa nel 1911-1912 che esalta "i valorosi combattenti nel nome d'Italia nostra in Tripolitania e in Cirenaica"]] Nel primo decennio del Novecento la corrente del femminismo moderato, divenuta maggioritaria, si distinse per la posizione filogovernativa e i toni patriottici. Ampie fasce, legate al Consiglio Nazionale delle Donne Italiane (CNDI), sostennero l'impresa coloniale, così come la maggioranza delle forze politiche, compresi i radicali e una parte dei pacifisti italiani. [[w:Sofia_Bisi_Albini|Sofia Bisi Albini]] nel 1897 si era dichiarata contraria sia all'impresa crispina che alle proteste, svolgendo un ruolo di mediatrice tra coloro che condannavano le guerre e chi, come [[w:Ada_Negri|Ada Negri]], negava che tali posizioni pacifiste rappresentassero il sentimento della nazione e il "vero contegno delle madri italiane"; nel 1911, descrisse la guerra di Libia come «un meraviglioso risveglio di nobile sentimento patriottico».<ref name=":1" /> Questo sostegno era spesso motivato dalla convinzione che la partecipazione delle donne allo sforzo nazionale, attraverso attività di assistenza e sostegno, potesse contribuire al loro riconoscimento come cittadine a pieno titolo. L'Unione Femminile Nazionale, pur non appoggiando la guerra, si prodigò nell'assistenza alle famiglie dei combattenti, forse nella speranza di ottenere un qualche riconoscimento politico, come il diritto di voto . ==== 6.2.2. La frattura interna al movimento femminile ==== La frattura tra le diverse posizioni in seno al movimento si manifestò nell'autunno del 1911 in occasione del primo Congresso della Pro Suffragio svoltosi a Torino, nel quale vennero ignorati gli appelli di Alma Dolens e Elisa Lollini perché il Congresso approvasse una mozione contro la guerra e a favore dell'arbitrato.<ref name=":2" /> Pochi giorni dopo, nel Congresso socialista di Modena, i dirigenti del Partito Socialista, riferendosi al sostegno alla guerra di Libia offerto da Teresa Labriola e Giacinta Marescotti della Federazione pro suffragio, imposero alle aderenti di abbandonare tutti gli organismi pro suffragio di cui facevano parte, sancendo definitivamente, in nome della lotta di classe, la rottura di ogni rapporto con il "femminismo borghese" .<ref name=":3">{{Cita|Gazzetta|p. 165}}</ref> ==== 6.2.3. La stampa femminile socialista ==== [[File:La difesa delle lavoratrici.djvu|miniatura|''La difesa delle lavoratrici'' (1912-1925)]] Il periodo delle guerre coloniali vide anche l'emergere della stampa femminile politica e il consolidarsi di diverse posizioni all'interno del movimento, spesso animate dal dibattito sul tema del nazionalismo, vivificato dal mito risorgimentale che aveva profondamente influenzato il movimento emancipazionista.<ref name=":gazzetta1" /><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Stefania Bartoloni|anno=1992|titolo=L’associazionismo femminile nella prima guerra mondiale e la mobilitazione per l’assistenza civile e la propaganda|rivista=Donna lombarda, 1860-1945|città=Milano|pp=65-70|cid=Bartoloni}}</ref> In area socialista fecero la loro comparsa diversi periodici femminili socialisti, come ''La donna socialista'' (Bologna 1905-1906) diretto da [[w:Ines_Oddone|Ines Oddone]], ''Su compagne!'' (Venezia, 1911), diretto da [[w:Angelica_Balabanoff|Angelica Balabanoff]] e ''La difesa delle lavoratrici'' (1912-1925)''.'' Fu tuttavia quest'ultimo giornale, fondato a Milano nel 1912 da [[w:Anna_Kuliscioff|Anna Kuliscioff]] e rivolto alle donne lavoratrici, a diventare il primo giornale di donne socialiste ad essere finanziato interamente dal Partito. L'anno della sua nascita coincise con quello in cui, in seno al Congresso nazionale del PSI a Reggio Emilia, venne costituita l'Unione nazionale delle donne socialiste. Durante il suo primo anno di vita, la rivista promosse una campagna contro la guerra di Libia, assegnando al tema dell'antimilitarismo - centrato sul tema della maternità offesa - una notevole rilevanza. Il periodico uscì per circa tredici anni, cambiando spesso direzione editoriale. In precedenza diretto solo da donne, durante la prima guerra mondiale, a causa della linea filointerventista assunta dall'allora direttrice Giselda Brebbia, venne commissariato e la direzione assunta da un redattore dell'''[[w:Avanti|Avanti]]'' fino alla fine del confitto.<ref>{{Cita web|autore=Rosanna De Lomgis|url=https://www.treccani.it/enciclopedia/ines-oddone_(Dizionario-Biografico)/|titolo=Oddone, Ines|accesso=11 maggio 2025}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Bruna Bianchi|anno=2015|titolo=Il militarismo, la maternità, la pace. Voci dal femminismo italiano (1868-1918)|rivista=Memorie nuova serie|numero=3|pp=19-21}}</ref> La cessazione delle pubblicazioni avvenne nel 1925, in concomitanza con l'instaurazione del regime fascista. === 6.3. La Prima guerra mondiale === Durante la [[w:Prima_Guerra_Mondiale|Prima Guerra Mondiale]] la vita delle donne italiane fu sottoposta a profonde trasformazioni, a causa delle nuove condizioni create dal conflitto prolungato. [[File:Donna operaia in industria bellica.jpg|miniatura|Donna operaia in una industria bellica]] Nel Nord e nel Centro Italia circa 198.000 giovani donne furono impiegate nelle fabbriche che lavoravano per la produzione di guerra, sia nei grandi stabilimenti che in piccole fabbriche sorte in centri minori o campagne adiacenti.<ref name=":pescarolo">{{Cita|Pescarolo|pp. 2-20}}</ref> Molte donne svolsero un lavoro a domicilio, soprattutto per la confezione delle divise militari, attività gestita da associazioni patriottiche che diede lavoro a circa 600.000 donne, con salari molto bassi. Nelle campagne del Nord e del Centro, la manodopera femminile sostituì quella maschile nei lavori pesanti, con salari inferiori. Nel Sud, sia le opportunità di lavoro industriale che agricolo erano scarse, anche a causa di consuetudini culturali che rendevano difficile l'impiego femminile in certi settori <ref name=":procacci">{{Cita|Procacci|pp. 86-110}}</ref>. Nonostante la convinzione diffusa che le donne avessero sostituito gli uomini "nei lavori maschili", le fonti indicano che un vero e proprio travaso non avvenne, tranne che in alcuni rami dell'[[w:Industria_metalmeccanica|industria metalmeccanica]]. Questo accadde perché gli operai qualificati maschi spesso ottennero l'esonero dal servizio militare, e negli ambiti a prevalenza maschile si preferì impiegare ragazzi, sebbene meno precisi e più inclini agli incidenti rispetto alle donne. Secondo alcuni studi il "mito della sostituzione" sarebbe stato alimentato dal forte contrasto psicologico tra le ideologie consolidate del femminile, basate sull'immagine della donna madre e donatrice di vita, e la nuova visibilità di giovani donne che maneggiavano strumenti di morte come munizioni, che avrebbe dilatato la percezione di un "mondo alla rovescia"<ref name=":pescarolo" />. La guerra ebbe un impatto profondo sulla vita quotidiana delle donne sul fronte interno. Le donne sostituirono gli uomini nei lavori agricoli e nelle fabbriche, spesso in condizioni difficili e pericolose<ref name=":bianchi2016">{{Cita|Bianchi 2016|pp. 5-9}}</ref>. Le esperienze traumatiche legate alla guerra ebbero gravi conseguenze anche sulla loro salute psichica. Tra le varie ripercussioni, vi fu anche lo sfollamento di migliaia di persone, in prevalenza donne, che si trovarono a dover sviluppare nuove competenze decisionali e gestionali<ref name=":procacci" />. ==== 6.3.1. Interventismo patriottico e pacifismo ==== Nel periodo precedente la guerra e durante il conflitto, una parte del movimento femminile mantenne posizioni pacifiste e antimilitariste, organizzando proteste. Le anarchiche italiane si opposero alla guerra fin da prima del 1915, legando il rifiuto della guerra alla specificità femminile della maternità, al ruolo educativo delle madri e alla lotta contro il maschilismo militarista, come si rileva nelle loro riviste ''La donna libertaria'' (1912-1913) ''e'' ''L’Alba libertaria'' (1915)<ref name=":guidi1">{{Cita|Guidi|pp. 2-9}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|autore=Laura Fournier-Finocchiaro|anno=2021|titolo=Anarchismo e femminismo nelle riviste La donna libertaria (1912-1913) e L’Alba libertaria (1915)|rivista=Laboratoire italien|numero=26|url=https://journals.openedition.org/laboratoireitalien/6955?lang=it}}</ref>. Forte scalpore destarono nel mondo libertario le prese di posizione interventiste della nota e ammirata attivista [[w:Maria_Rygier|Maria Rygier]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Roberto Carocci|anno=2021|titolo=L’interventismo anarchico nella Prima guerra mondiale. Il caso di Attilio Paolinelli|rivista=Acronia. Studi di storia dell’anarchismo e dei movimenti radicali|numero=1}}</ref> All'interno dello schieramento socialista emersero differenze di vedute. In gran parte le donne socialiste rimasero fedeli all'ideale pacifista, tuttavia, accanto a militanti intransigenti che si opposero a qualsiasi forma di guerra, sia di difesa che di intervento, vi furono altre che, pur fedeli all'ideale della pace, sottolinearono la minaccia rappresentata dall'aggressività austro-tedesca per l'Italia e considerarono legittima una guerra di difesa<ref name=":bianchi2006">{{Cita|Bianchi 2016|pp. 1-17}}</ref>. In alcuni casi si assistette a un'inversione delle posizioni sostenute durante il periodo delle guerre coloniali; alcune esponenti sostennero l'intervento, con pubblicazioni che legavano la partecipazione alla guerra alle rivendicazioni politiche e promuovevano un nazionalismo declinato al femminile. [[w:Emilia_Mariani|Emilia Mariani]], [[w:Irma_Melany_Scodnik|Irma Melany Scodnik]] e Anna Maria Mozzoni si espressero fin da subito a favore dell'intervento; Anna Kuliscioff e altre, come [[w:Margherita_Sarfatti|Margherita Sarfatti]], assunsero un atteggiamento progressivamente indirizzato verso il richiamo al patriottismo.<ref name=":gazzetta3">{{Cita|Gazzetta|pp. 161-187}}</ref> Ampie fasce del movimento femminile, pur attraversate da divisioni interne sul tema dell'intervento, parteciparono attivamente allo sforzo bellico bellico<ref name=":guidi2">{{Cita|Guidi|pp. 86-195}}</ref>. Organizzazioni come l'Unione Femminile Nazionale e il CNDI si impegnarono in attività di assistenza e cooperazione con lo Stato.   L'Unione Femminile, che aveva come obiettivo dichiarato l'emancipazione femminile attraverso la crescita materiale e intellettuale, sviluppò iniziative di "maternità sociale" e assistenza ai combattenti, ritenendo che queste attività fossero un'occasione per attribuire un "valore politico al tradizionale lavoro sociale delle donne nell'ambito dell'istruzione, del volontariato e della protezione all'infanzia". <ref>{{Cita pubblicazione|autore=Francesco Scomazzon|anno=2016|titolo=Concordia parvae res crescunt, discordia maximae dilabuntur: l’Unione Femminile nazionale in tempo di guerra (1915-1919)|rivista=DEP - Deportate, esuli, profughe|numero=31|pp=36-53|url=https://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n31/004_Scomazzon_modello.pdf}}</ref> Il CNDI, a sua volta, svolse un ruolo di cooperazione con le strutture socio-assistenziali dello Stato, e fu totalmente coinvolto nello sforzo patriottico, vedendo nella guerra un fattore determinante per l'affermazione di una più ampia cittadinanza femminile<ref name=":gazzetta3" />. === 6.4. Guerra ed emancipazione delle donne === Con la Prima Guerra Mondiale e gli uomini al fronte, le donne furono spinte a occupare spazi e ruoli inediti, molte entrarono nel mondo del lavoro, inclusi settori precedentemente considerati esclusivamente maschili. Per molte donne questa rappresentò una "nuova esperienza di libertà e responsabilità" e portò all'acquisizione di nuove competenze e capacità decisionali<ref name=":pescarolo" />. Le strutture patriarcali resistettero; non furono accolte richieste come il suffragio e continuarono a persistere stereotipi sulla debolezza intellettuale o emotiva delle donne <ref>{{Cita pubblicazione|autore=Francesco Frizzera|anno=2016|titolo=Escluse dalla narrazione pubblica. Profughe trentine nella Grande guerra|rivista=DEP - Deportate, esuli, profughe|numero=31|pp=245-247}}</ref>. Il dopoguerra fu caratterizzato da una chiara "restaurazione dell'ordine" tradizionale. I valori militari esaltati dal conflitto rafforzarono i modelli patriarcali, ad esempio attraverso l'adozione di provvedimenti volti a facilitare il ritorno degli uomini nei posti di lavoro, che causarono una "espulsione" delle donne dall'industria. Le aspirazioni alla cittadinanza e ai diritti civili rimasero disattese<ref name=":procacci">{{Cita|Procacci|pp. 86-110}}</ref>. Per molte donne, quindi, l'esperienza di maggiore autonomia fu una "emancipazione in prestito", spesso seguita da un ritorno, atteso o imposto, ai ruoli tradizionali. L'unica significativa conquista sul piano formale fu l'approvazione della [[w:Legge_Sacchi|legge Sacchi]] nel 1919, che abolì l'autorizzazione maritale e aprì legalmente alle donne tutte le professioni, anche se con significative eccezioni. La sua piena applicazione richiese tuttavia molto tempo<ref name=":pescarolo" />. Questo quadro complesso ha alimentato un dibattito storiografico con interpretazioni divergenti sul rapporto donne e guerra. Se i primi studi hanno interpretato la guerra come uno "spartiacque" significativo nel percorso emancipatorio, altri hanno in seguito ridimensionato la narrazione di un progresso lineare, sottolineando il "carattere ciclico e disomogeneo" dell'emancipazione e ponendo l'accento sulla "restaurazione dell'ordine" che seguì al conflitto. == Note == <references /> == Bibliografia == * {{Cita pubblicazione|autore=Donatella Alesi|anno=2001|titolo=La donna 1904-1915: un progetto giornalistico di primo Novecento|rivista=Italia contemporanea:|numero=222|pp=43-63|cid=Alesi}} * {{Cita libro|autore=Stefania Bartoloni|titolo=L'associazionismo femminile nella prima guerra mondiale e la mobilitazione per l'assistenza e la propaganda|anno=1992|editore=Franco Angeli|città=Milano|pp=65-91|opera=Donna lombarda: 1860-1945|curatore=Ada Gigli Marchetti, Nanda Torcellan}} * {{Cita libro|autore=Bruna Bianchi|titolo=Militarismo e pacifismo nella sinistra italiana : dalla grande guerra alla Resistenza|anno=2006|editore=Unicopli|città=Milano|OCLC=878603919|cid=Bianchi2006}} * {{Cita pubblicazione|autore=Bruna Bianchi|anno=2015|titolo=Il militarismo, la maternità, la pace. Voci dal femminismo italiano (1868-1918)|rivista=Memorie nuova serie|numero=3|pp=1-38|cid=Bianchi 2015}} * {{Cita pubblicazione|autore=Bruna Bianchi|anno=2016|titolo=Living in War. Women in Italian Historiography|rivista=DEP - Deportate, esuli, profughe|numero=31|p=5-35|lingua=en|url=https://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n31/003_Bianchi_modello.pdf|cid=Bianchi 2016}} * {{Cita libro|titolo=Vivere in guerra. Le donne italiane nel primo conflitto mondiale [numero monografico]|anno=2016|curatore=Matteo Ermacora, Maria Grazia Suriano|opera=DEP - Deportate, esuli, profughe, n. 31|url=https://www.unive.it/pag/31211/}} * {{Cita pubblicazione|autore=Laura Fournier-Finocchiaro|anno=2021|titolo=Introduzione: Voci e percorsi del femminismo nelle riviste delle donne (1870-1970)|rivista=Laboratoire italien. Politique et société|numero=26|pp=1-8|cid=Finocchiaro, Gazzetta, Meazzi|autore2=Liviana Gazzetta|autore3=Barbara Meazzi}} * {{Cita pubblicazione|autore=Francesco Frizzera|anno=2016|titolo=Escluse dalla narrazione pubblica. Profughe trentine nella Grande guerra.|rivista=DEP - Deportate, esuli, profughe|volume=31|pp=215-247|url=https://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n31/012_Frizzera_modello.pdf}} * {{Cita libro|titolo=Orizzonti nuovi, Storia del primo femminismo in Italia|anno=2018|editore=Viella|OCLC=1404796897|cid=Gazzetta|nome=Liviana|cognome=Gazzetta}} * {{Cita libro|autore=Laura Guidi|titolo=Vivere la guerra: percorsi biografici e ruoli di genere tra Risorgimento e primo conflitto mondiale|anno=2007|editore=Clio Press|città=Napoli|OCLC=236550930|cid=Guidi}} * {{Cita libro|autore=Alessandra Pescarolo|titolo=Il lavoro delle donne nell'Italia contemporanea|anno=2019|editore=Viella|città=Roma|OCLC=1105615269|cid=Pescarolo}} * {{Cita pubblicazione|autore=Giovanna Procacci|anno=2016|titolo=Le donne e le manifestazioni popolari durante la neutralità e negli anni di guerra (1914-1918)|rivista=DEP - Deportate, esuli, profughe|numero=31|pp=86-121|url=https://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/DEP/numeri/n31/006_Procacci_modello.pdf|cid=Procacci}} * {{Cita pubblicazione|autore=Fiorenza Taricone|anno=2021|titolo=La Difesa delle Lavoratrici: socialiste a confronto|rivista=Laboratoire italien, politique et société|volume=26|url=https://journals.openedition.org/laboratoireitalien/6920|cid=Taricone}} * {{Cita libro|autore=Perry Willson|titolo=Women in Twentieth-Century Italy|anno=2010|editore=Palgrave Macmillan|città=Houndmills, Basingstoke|OCLC=474868220|cid=Willson|lingua=en}} 1qgm0cgfgdsgrtnjb4ojaa7kgg2qyyf Connessioni/Capitolo 2 0 57662 477787 477765 2025-06-12T19:33:52Z Monozigote 19063 /* La visione dello straniero nell'ebraismo */ testo 477787 wikitext text/x-wiki {{Connessioni}} {{Immagine grande|Mendelssohn, Lessing, Lavater.jpg|740px|[[w:Gotthold Ephraim Lessing|Lessing]] e [[w:Gotthold Ephraim Lessing|Lavater ospiti]] a casa di [[w:Moses Mendelssohn|Moses Mendelssohn]]<ref>Nel dipinto, a destra Johann Kaspar Lavater, teologo svizzero, che tenta di convertire al cristianesimo Moses Mendelssohn. Dietro ai due, Gotthold Ephraim Lessing vicino a una tavola per gli scacchi, il suo gioco preferito. Entra dalla porta la moglie di Mendelssohn con delle bevande.</ref> (dipinto di [[:en:w:Moritz Daniel Oppenheim|Moritz Daniel Oppenheim]], 1856)}} == Lo straniero, mio ​​fratello == "We encounter God in the face of the stranger", scrive Rabbi [[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]]. "That is, I believe, the Hebrew Bible’s single greatest and most counterintuitive contribution to ethics. The human other is a trace of the Divine Other".<ref>Jonathan Sacks, ''The Dignity of Difference: How to Avoid the Clash of Civilizations'' (New York: Continuum Publishing Group, 2003), 59–60.</ref> Poiché l'Altro Divino è l'Altro più radicalmente, nessun Altro è più estraneo di Dio. E scrive Martin Buber: "In that decisive hour, when we encounter God, we must forget everything we imagined we knew of God, when we dared to keep nothing handed down or learned or self-contrived, no shred of knowledge, and were plunged into the night".<ref>Martin Buber, ''Between Man and Man'', trad. Ronald Gregor-Smith (New York: Macmillan, 1965), 17.</ref> Poiché Dio è nel modo più radicale lo straniero, Lo si incontra nel modo più radicale nello straniero. Ecco perché il comandamento di prendersi cura dello straniero è il contributo più grande e controintuitivo dell'ebraismo all'etica, nonché il più frequentemente ripetuto nella [[Torah]]: trentasei volte. Perché questo costante richiamo? Perché è il primo comandamento che tendiamo a dimenticare: è del tutto controintuitivo. Non ho bisogno che mi venga ricordato così spesso di amare il mio prossimo, quello che è come me, che condivide la mia visione del mondo. È un ospite fisso alla mia tavola. Guardiamo le partite insieme e ogni tanto ci godiamo una birra insieme. Ma lo sconosciuto, lo straniero? Quello che non mi assomiglia o non la pensa come me, quello che considero un non-credente e politicamente arretrato, se non barbaro? Ho bisogno che mi venga ricordato ripetutamente di amarlo. Nel Capitolo precedente abbiamo visto che nel movimento della creazione, Dio, ''Elokim'', diventa un Chi. Nella misura in cui viviamo secondo ciò che incontriamo con gli occhi, come quando gli occhi si aprono dopo aver mangiato il frutto proibito ({{passo biblico2|Genesi|3:7}}), siamo ciechi al Chi. Sì, il Chi è l'Invisibile, ma invisibile non perché non possa essere visto, ma perché il Chi è, nelle parole di [[Emmanuel Levinas]], al di là della tematizzazione. "Invisibility", spiega Lévinas, "implies relations with what is not given, of which there is no idea. Vision is an adequation of the idea with the thing, a comprehension that encompasses".<ref>Emmanuel Levinas, ''Totality and Infinity'', trad. Alphonso Lingis (Pittsburgh: Duquesne University Press, 1969), 34.</ref> Il Chi invisibile, tuttavia, è l'includente, non l'incluso, al di là delle coordinate della realtà spazio-temporale. Solo il nascosto, solo Colui che invisibilmente trascende la creazione, può conferire significato alla creazione, così che ''contempliamo'' il Chi invisibile proprio ''come'' il nascosto. Così, dice Levinas, "a God invisible means not only a God unimaginable, but a God accessible in justice. Ethics is the spiritual optics".<ref>''Ibid.'', 78.</ref> E così è in ogni incontro con un Chi. Gli occhi ci rivelano solo il Cosa, un oggetto da appropriarci, possedere o opprimere. Accade ogni volta che ricorriamo all'etichetta, allo stereotipo, alla categoria in cui classifichiamo l'altro, la categoria di un Esso, così che scivoliamo troppo facilmente nell'illusione di conoscere l'altro, di conoscere "la sua specie". In questo modo liquidiamo l'altro, lo straniero, come uno di "loro". Accade ogni volta che osserviamo qualcuno o lo valutiamo, ogni volta che valutiamo qualcuno sulla base del suo curriculum o prendiamo nota dei tratti distintivi di colore, religione, cultura, politica ed etnia, o razza, classe e genere. Fissati sul Cosa questa persona è, secondo questi incidenti, diventiamo ciechi e sordi al Chi, ciechi alla fame e sordi al grido dell'altro. Quel giorno moriremo sicuramente (cfr. {{passo biblico2|Genesi|2:15}}), perché quel giorno cercheremo sicuramente giustificazioni per l'omicidio, come vediamo dai capitoli iniziali della Torah: l'anima soffre ciò che infligge. Emil Fackenheim va al cuore dell'Olocausto quando scrive che, in seguito, "philosophers must face a ''novum'' within a question as old as Socrates: what does it mean to be human?"<ref>Emil L. Fackenheim, ''Jewish Philosophers and Jewish Philosophy'', ed. Michael L. Morgan (Bloomington: Indiana University Press, 1996), 133.</ref> Sterminando gli ebrei, i nazisti tentarono di cancellare la testimonianza millenaria che gli ebrei e l'ebraismo rappresentano con la loro stessa presenza nel mondo. Centrale in quella testimonianza è un insegnamento su ciò che dà significato e valore all'altro essere umano, a partire dalla vedova, dall'orfano e dallo straniero (cfr. {{passo biblico2|Deuteronomio|10:18}}). La determinazione nazista del valore di un essere umano si basa su un accidente della natura: chi nasce ariano ha più valore di chi non nasce ariano. E chi è ariano assume una consistenza ancora maggiore secondo una [[w:volontà di potenza|volontà di potenza]]. Inoltre, un ariano non ha alcun legame essenziale con un non-ariano, e certamente non con un ebreo. Molte persone, molte nazioni, scrive [[Primo Levi]], possono ritrovarsi a ritenere, più o meno consapevolmente, che ogni straniero è un nemico. Per lo più, questa convinzione è radicata nel profondo, come un'infezione latente; si tradisce solo in atti casuali e sconnessi, e non sta alla base di un sistema di ragionamento. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa la premessa maggiore di un sillogismo, allora, "al termine della catena, c'è il Lager".<ref>Primo Levi, ''Se questo e un uomo'', ''loc cit.''</ref> A volte ci si chiede: "Come è potuto avvenire lo sterminio degli ebrei nel cuore della cristianità, in un'Europa illuminata?". A quanto pare, gli ebrei furono sterminati proprio perché erano intrappolati nel cuore della cristianità, in un'Europa illuminata. Anche i musulmani vi ebbero parte. Nel gennaio del 1942, il Gran Mufti Haj Amin al-Husseini (1896-1974) si recò in Bosnia per conto dei nazisti per convincere i leader musulmani che una [[w:Schutzstaffel|divisione SS]] musulmana avrebbe portato onore e gloria ai seguaci dell'Islam. La più numerosa delle unità di sterminio musulmane del Mufti era la [[w:13. Waffen-Gebirgs-Division der SS "Handschar"|13a Divisione Handschar]], composta da {{FORMATNUM:21065}} uomini. La divisione entrò in azione nel febbraio del 1944. Riporto maggiori informazioni al riguardo nel [[Connessioni/Capitolo 8|Capitolo 8]]. In gran parte perché affondano le radici nella tradizione ebraica, nel cristianesimo e nell'Islam si trovano sia il potenziale che la realtà di una prospettiva che esprime una relazione superiore, manifestata nella relazione tra esseri umani. Tuttavia, in ciascuna di queste tradizioni basate sul credo, vi sono alcuni insegnamenti che, in una misura o nell'altra, hanno escluso lo straniero noncredente, considerandolo come qualcuno al di fuori dei confini della "salvezza". Una tale usurpazione teologica del trono del Giudizio Divino può fornire un giustificativo teologico per l'omicidio di massa. Le prove storiche in tal senso sono schiaccianti. Se le astrazioni egocentriche della speculazione filosofica conducono a un'eclissi di Dio, la presunzione teologica che chiunque sia al di fuori del credo – lo straniero – sia eternamente dannato comporta un'usurpazione di Dio. L'amore e la cura comandati per lo straniero, incluso il noncredente, sono una testimonianza della prima parola pronunciata sul Monte Sinai: "Io sono Dio" ({{passo biblico2|Esodo|20:2}}). Se la formula per il filosofo è "Penso, dunque sono", per chi è fissato sul credo è "Io credo, dunque sono", con l'accento sull'io. In entrambi i casi lo straniero rappresenta una minaccia, o alla mia libertà o alla mia salvezza. Per l'ebreo, l'unica minaccia che lo straniero rappresenta per la mia "salvezza" (se questo termine è applicabile) risiede nella mia incapacità di trattarlo con amorevole gentilezza. Levinas sottolinea che "over the stranger... I have no power. He escapes my grasp by an essential dimension".<ref>Levinas, ''Totality and Infinity'', 39.</ref> Lo sforzo di convertire lo straniero o di salvare la sua anima è un tentativo mortale di afferrare ciò che nessun potere può rivendicare. La dimensione essenziale che sfugge alla mia presa? È la dimensione del sacro, della Voce Comandante dell'Altissimo. [[w:George Orwell|George Orwell]] ha affermato che "political language... is designed to make lies sound truthful and murder respectable, and to give an appearance of solidity to pure wind".<ref>George Orwell, ''A Collection of Essays'' (Boston, MA: Houghton Mifflin Harcourt, 1971), 171.</ref> Quando un programma politico si combina con il fanatismo religioso, l'omicidio dello straniero diventa più che rispettabile: si trasforma in un atto sacro gradito a Dio. Nella maggior parte delle tradizioni sacre, i martiri non si considerano meritevoli di nulla; per loro, il martirio non è una merce o un servizio per il quale si aspettano una giusta ricompensa: è una chiamata dall'alto, a cui rispondono, senza aspettarsi una ricompensa, offrendo tutto e per niente: il martirio non è una transazione commerciale. Il jihadismo islamico (a differenza di altre tradizioni islamiche), tuttavia, rappresenta una radicale perversione del male più antico e fondamentale – l'omicidio – nel bene supremo. Mentre nell'ebraismo il martirio significa morire ''rifiutandosi'' di commettere un omicidio e quindi santificando la vita, nel jihadismo islamico significa morire nel processo di uccidere lo straniero per la glorificazione di Dio. Ma i martiri jihadisti non glorificano Dio né santificano la vita. Piuttosto, glorificano un ego trasformato in Allah e quindi santificano l'omicidio, trasformandolo in martirio. Nonostante le loro numerose differenze, cristianesimo e Islam, a differenza dell'Ebraismo, hanno in comune un fondamentale disprezzo per il corpo. In gran parte del mondo, il disprezzo per la realtà carnale dell'essere umano deriva dalla tradizione speculativa greca (si veda, ad esempio, Platone, ''[[w:Fedone|Fedone]]'', 67d-68d), che ha avuto influenza sia sul cristianesimo che sull'Islam. Come affermò [[w:Clemente Alessandrino|Clemente Alessandrino]] (ca. 150 – ca. 215), la filosofia greca era "una preparazione, che spiana la strada a colui che è perfetto in Cristo".<ref>Clemente Alessandrino, ''[[w:Stromateis|Stromateis]]'', anche in Alexander Roberts & James Donaldson, eds., ''Clement of Alexandria: Ante Nicene Christian Library Translations of the Writings of the Fathers to AD 325, Part Four'' (Whitefish, MT: Kessinger, 2007), 366.</ref> E nel Medioevo furono i musulmani a reintrodurre i Greci in Europa. Il disprezzo cristiano per il corpo si ritrova anche nelle Scritture cristiane. Lì sta scritto: "Quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio" ({{passo biblico2|Romani|8:8}}), e "Non abbiate cura della carne per soddisfarne i desideri" ({{passo biblico2|Romani|13:14}}), perché "avere la mente secondo la carne è morte, ma avere la mente secondo lo Spirito è vita e pace" ({{passo biblico2|Romani|8:6}}). Da qui l'ingiunzione di Paolo: "mortificate le vostre membra che sono sulla terra" ({{passo biblico2|Colossesi|3:5}}). Per mezzo di Gesù, dice Paolo, l'anima è liberata "dalla carne" (cfr. {{passo biblico2|Colossesi|2:11-12}}). Ma essere liberati dalla carne corre il rischio di abbandonarsi all'indifferenza verso la sofferenza in carne e ossa dell'altro essere umano. Così, durante l'Inquisizione spagnola, ad esempio, le anime venivano salvate bruciando i corpi negli ''[[w:autodafé|autodafé]]''. Sebbene tali dirette condanne del corpo siano difficilmente riscontrabili nel Corano, tra gli sciiti si possono riscontrare nell'usanza del rito dell'autoflagellazione nel giorno sacro dell'[[w:Ashura|Ashura]], il decimo giorno del mese islamico di [[w:Muharram|Muharram]], anniversario del martirio di [[w:al-Husayn ibn Ali|Husayn ibn Ali]], nipote del Profeta.<ref>Cfr. John L. Esposito, ed., ''The Oxford Dictionary of Islam'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 2003), 27.</ref> Nelle versioni jihadiste moderne dell'Islam, ciò che è negato alla carne in questo mondo è promesso nell'aldilà: [[w:Osama bin Laden|Osama bin Laden]] (1957-2011), ad esempio, promette a chiunque annienti il ​​proprio corpo in questo mondo, allo scopo di uccidere "ebrei e crociati", che godrà dei corpi di settantadue vergini nell'aldilà.<ref>Osama bin Laden, ''Messages to the World: The Statements of Osama bin Laden'', trad. James Howarth, ed. Bruce Lawrence (London: Verso, 2005), 29.</ref> Una simile promessa per il corpo nell'altromondo – un mondo totalmente incorporeo – è indicativa di un disprezzo per la carne – e per lo straniero – in questo mondo. Quando il Jihad è "la via", il proprio corpo deve essere annientato in questo mondo per l'annientamento dello straniero, del miscredente, in quella che [[w:Hasan al-Banna|Hasan al-Banna]] (1906-1949) chiama "la padronanza dell'arte della morte".<ref>{{Lingue|en}} “the mastery of the art of death” ― Hasan al-Banna, ''Five Tracts of Hasan al-Banna: A Selection from the Majmuat Rasail al-Imam al-hahid Hasan al-Banna'', trad. Charles Wendell (Berkeley: University of California Press, 1978), 206–207.</ref> Nell'ebraismo, l'amore per lo straniero si manifesta nella cura del suo corpo, nutrendo gli affamati e alleviando la sofferenza fisica. Ovunque il corpo sia il nemico, alla fine lo è anche lo straniero. Se lo straniero esce dal cerchio della fede, allora ciò che accade al suo corpo può a volte diventare una questione di indifferenza, o peggio. === Il giudizio dello straniero basato sul credo === Pur differendo in molti aspetti significativi, cristianesimo e Islam si somigliano per quanto riguarda i loro insegnamenti su come Dio vede lo straniero, ovvero colui che rifiuta il loro credo, come se fossero a conoscenza non solo degli insegnamenti del Santo, ma anche dei Suoi giudizi. A chiunque ''creda'' in Gesù come suo Signore e Salvatore è promessa la vita eterna ({{passo biblico2|Giovanni|3:16}}). Abbiamo visto cosa ne è del noncredente. Tuttavia, in linea con il suo ebraismo, Gesù insegna un certo amore per lo straniero: "Ero straniero e mi avete accolto" ({{passo biblico2|Matteo|25:35}}). Affermazioni simili sulla santità di trattare lo straniero con amorevole benignità si trovano in {{passo biblico2|1Timoteo|5:10}} e {{passo biblico2|3Giovanni|1:5}}, così come in {{passo biblico2|Ebrei|13:2}}, dove è scritto: "Non dimenticate l'ospitalità; perché alcuni, praticandola, hanno ospitato degli angeli senza saperlo". Paolo dichiara ai Gentili che essere "senza Cristo" significa essere "stranieri nei patti della promessa, senza speranza” ({{passo biblico2|Efesini|2:12}}), ma coloro che credono non sono "più stranieri e pellegrini" ({{passo biblico2|Efesini|2:19}}). Essere stranieri, quindi, significa essere gravemente in errore. Le tradizioni basate sul credo non contengono alcun insegnamento paragonabile a quello ebraico sui [[w:Giusti tra le nazioni|Giusti tra le Nazioni]], i quali, come scritto nel Codice della Legge ebraica, lo ''[[w:Shulchan Arukh|Shulchan Arukh]]'' {{lang|he|שולחן ערוך}}, hanno una loro parte nel Mondo a Venire (''Yoreh Deah'' 367:1). Secondo l'insegnamento cristiano sul peccato ereditato, chi non crede non può essere giusto, per quanto lodevoli siano le sue azioni, poiché siamo "giustificati per sola fede, senza le opere della legge" ({{passo biblico2|Romani|3:28}}), e solo la fede in Cristo può purificarci dalla macchia del peccato di Adamo. Se Gesù viene a "chiamare i peccatori al pentimento" ({{passo biblico2|Marco|2:17}}; {{passo biblico2|Luca|5:32}}), coloro che devono pentirsi non sono solo coloro che hanno compiuto determinate azioni, ma anche coloro che non hanno adottato una determinata fede. Sebbene il Vangelo insegni che chi compie buone opere avrà vita, e chi compie opere malvagie subirà la dannazione (cfr. {{passo biblico2|Giovanni|5:29}}), le epistole insegnano anche che la dannazione incombe su chiunque non creda più (cfr. {{passo biblico2|1Timoteo|5:12}}). "In un fuoco fiammeggiante", scrive Paolo, Dio "fa vendetta su coloro che non conoscono Dio e su coloro che non obbediscono al vangelo del nostro Signore Gesù Cristo" ({{passo biblico2|2Tessalonicesi|1:8-9}}), dove "obbedire" significa non solo agire in un certo modo, ma anche "credere". Certo, le Scritture cristiane insegnano che "se non ha opere, la fede è morta" ({{passo biblico2|Giacomo|2:17}}), ma questo è stato spesso interpretato nel senso che le opere traggono il loro valore dalla fede, non la fede dalle opere. La tolleranza musulmana verso certi stranieri si ritrova nella nozione di ''[[w:dhimmi|dhimmi]]'' – ovvero ebrei, cristiani e [[:en:w:sabean|sabei]] – che, in quanto "[[w:Ahl al-Kitab|gente del Libro]]", godono di uno ''status dhimmi'' o "protetto" secondo la legge musulmana, purché paghino una tassa per la propria protezione. Agli stranieri che rientrano in questa categoria era proibito, pena la morte, portare armi; alzare le mani contro un musulmano, incluso aver tentato di ucciderlo; criticare l'Islam, il Profeta o gli angeli; sposare un musulmano; o ricoprire qualsiasi posizione di autorità su un musulmano. Gli stranieri considerati ''dhimmi'' erano tenuti a vivere separati dai musulmani, in aree che dovevano essere chiuse di notte; praticare la loro religione in segreto e in silenzio; distinguersi dai musulmani per il loro abbigliamento o per i distintivi; e seppellire i loro morti in modo diverso dai musulmani. Era loro proibito cavalcare cavalli o cammelli. Non potevano camminare sullo stesso lato della strada di un musulmano e dovevano accettare insulti dai musulmani senza risposta; La loro testimonianza non era ammessa in tribunale, nemmeno quando erano vittime di un crimine. L'omicidio di un ''dhimmi'' era raramente punibile, poiché un musulmano poteva sempre difendersi sostenendo di aver ucciso un noncredente, ovvero uno straniero.<ref>Cfr. Robert Spencer, ''The Myth of Islamic Tolerance: How Islamic Law Treats Non-Muslims'' (Amherst, NY: Prometheus Books, 2005), 117–119.</ref> Per gli stranieri che non avrebbero mai potuto godere della protezione della ''dhimmitudine'', le cose erano spesso molto più gravi, come sottolinea Serge Trifkovic: ad esempio, quando [[w:Muhammad ibn al-Qasim|Muhammad Qasim]] (695-715), sotto il governo di [[w:Al-Hajjaj ibn Yusuf|Al-Hajjaj ibn Yusuf]] (661-714), invase l'India nel 712 e mostrò misericordia agli indù, Al-Hajjaj gli ricordò che il Corano ordina ai musulmani di tagliare la testa ai miscredenti ovunque si trovino (47:4). Comanda inoltre ai fedeli di "uccidere coloro che uniscono altri dei a Dio ovunque li troviate" (9:5-6). Ne seguì un sanguinoso massacro di indiani.<ref>Serge Trifkovic, ''The Sword of the Prophet: Islam: History, Theology, Impact on the World'' (Boston, MA: Regina Orthodox Press, 2002), 109.</ref> Ciò che bisogna tenere a mente è che la nozione stessa di "noncredente" è un'astrazione teologica: il noncredente è un Cosa e non un Chi, un Esso e non un Tu, è senza volto e privo di santità. È molto più facile giustificare l'uccisione di un'astrazione che l'assassinio di un essere umano in carne e ossa. Chi può determinare dalle azioni di un essere umano perbene in cosa creda realmente? Anche la nozione di "credente", quindi, è un'astrazione. L'accento sulla fede giusta è molto più forte nel cristianesimo e nell'Islam che nell'ebraismo. E anche gli insegnamenti riguardanti il ​​trattamento dello straniero come noncredente sono piuttosto diversi. === La visione dello straniero nell'ebraismo === Ebraismo, cristianesimo e Islam condividono l'insegnamento secondo cui l'intera umanità deriva da un singolo essere umano, Adamo. Per l'insegnamento ebraico, Dio inizia con uno e non con due, così che nessuno possa dire a un altro: "La mia parte della famiglia è migliore della tua" (cfr.''Tosefta Sanhedrin'' 8:4-5). C'è un solo lato della famiglia, e ognuno di noi è legato sia spiritualmente che fisicamente all'altro: spiritualmente attraverso il Creatore e fisicamente attraverso Adamo. A dire il vero, il termine ebraico per "essere umano" è ''ben adam'', letteralmente "figlia/o di Adamo". Proprio come ogni raggio di luce che irradia da una stella è connesso, attraverso la stella, a ogni altro raggio di luce, così ogni anima è connessa a ogni altra anima attraverso Dio, da cui ogni anima emana. E ogni corpo è connesso, attraverso Adamo, a ogni altro corpo. Gli insegnamenti riguardanti la santità dell'essere umano fin dal tempo della creazione si ripercuotono sulla comprensione ebraica dell'Alleanza. Secondo la [[Torah]], il Creatore scelse Abramo per entrare in un'Alleanza non per il bene della sua famiglia, ma affinché attraverso l'Alleanza di Abramo "tutte le famiglie della terra siano benedette" ({{passo biblico2|Genesi|12:3}}); così, dice HaShem tramite il profeta Isaia, "[Io] ti ho posto come alleanza del popolo, come luce delle nazioni" ({{passo biblico2|}}). La benedizione e la luce risiedono nella testimonianza che l'Alleanza richiede ai figli di Abramo di portare al mondo. Come abbiamo visto, gli ebrei sono scelti per dire al mondo che ogni essere umano è scelto, ogni vita umana ha significato e valore, a prescindere da questo o quel credo, e che ognuno di noi è infinitamente responsabile verso e per gli altri. Il credo non determina, e non può determinare, l'esigenza etica, poiché l'esigenza del Bene è anteriore a ogni credo. Il Bene, nelle parole di Levinas, è un "non-present that is invisible, separated (or sacred) and thus a non-origin, an-archical".<ref>Emmanuel Levinas, ''Otherwise Than Being or Beyond Essence'', trad. Alphonso Lingis (The Hague: Nijhoff, 1981), 11.</ref> Pertanto la fede non ci porta a scegliere il Bene; piuttosto, essendo già stati scelti dal Bene, il Bene ci porta a scegliere la fede. Dal punto di vista dell'ebraismo, le astrazioni del credo non possono mai condurci a una relazione con il Santo: l'unica via verso la santità risiede nella relazione in carne e ossa con il nostro prossimo, soprattutto con lo straniero. Perché Dio dà a Mosè due tavole anziché una? Non perché non possa scrivere abbastanza piccolo da poterlo scrivere su una sola. No, serve ad articolare due ambiti di relazione: la prima tavola riguarda la relazione ''ben adam leMakom'' e la seconda la relazione ''ben adam lechevero'', rispettivamente "tra l'uomo e Dio" e "tra l'uomo e l'uomo".<ref>Cfr. per esempio, Abraham ibn Ezra, ''The Secret of the Torah'', trad. H. Norman Strickman (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1995), 64–65.</ref> Eppure ''esiste una sola relazione''. Si noti che nell'espressione della relazione con Dio, Dio è chiamato HaMakom, "il Luogo". Il che significa: Dio ha un posto in questo ambito solo dove l'altro essere umano, a cominciare dallo straniero, ha un posto in questo ambito. Come si apre un posto per lo straniero? Attraverso atti di amorevole gentilezza verso lo straniero, come ripetutamente comandato nella Torah. Il Talmud ci dice che finché il popolo ebraico vive secondo la Torah, i due cherubini in cima all'arca che contiene le tavole della Torah si fronteggiano in un abbraccio amorevole, e la Voce del Santo può essere udita. Ma quando il popolo ebraico si allontana dalla Torah e fa del male a se stesso e agli altri, a cominciare dallo straniero, i due cherubini si allontanano l'uno dall'altro, così che la Voce del Santo tace (''Bava Batra'' 99a), abbandonandoci all'orrore di un silenzio devastante, dove, dice [[w:André Neher|André Neher]] (1914-1988), "Il silenzio sostituisce la Parola perché il Nulla prende il posto dell'Essere", come accadde durante l'Olocausto.<ref>André Neher, ''The Exile of the Word: From the Silence of the Bible to the Silence of Auschwitz'', trad. David Maisel (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1981), I63.</ref> Sebbene l'arca stessa sia ora nascosta in esilio, rimane un'arca celeste, e i cherubini nell'alto si fronteggiano, a meno che non abbandoniamo la Torah. L'Olocausto, tuttavia, pone un problema. Sembra che il Santo sia rimasto in silenzio mentre coloro che Gli erano più devoti venivano massacrati, e mentre gli stessi cherubini venivano massacrati. Infatti lo ''[[Zohar]]'' ci dice che i cherubini hanno il volto di bambini (''Zohar'' I 18b; cfr. anche ''Talmud Bavli, Sukkah'' 5b). Rabbi [[w:Nachman di Breslov|Nachman di Breslov]] osserva che, attraverso i cherubini con i volti di bambini, un angelo porta la benedizione nel mondo, a cominciare dai bambini, come è scritto nella Torah: "L'angelo che mi redime da ogni male benedica i bambini" ({{passo biblico2|Genesi|48:16}}) (''Likutei Moharan'', Parte II, [[Torah]] 1:5). Come abbiamo visto, i nazisti iniziarono il loro assalto al popolo ebraico – il popolo che, dal punto di vista dei nazisti, incarna più radicalmente lo straniero – con un assalto ai bambini, all'angelo che benedice i bambini, alla Torah all'interno dell'arca e ai cherubini in cima all'arca, tra i quali il Santo parla. Ed Egli parla nel modo più profondo attraverso i Suoi comandamenti riguardanti lo straniero. === Il posto per lo straniero in un mondo fratturato === === La sorte dello straniero nella vita e dopo la morte === === Lo straniero, mio ​​fratello === {{clear}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|12 giugno 2025}} [[Categoria:Connessioni|Capitolo 2]] rl9lr8fwizmirgfthkja457lc5cc6bt 477792 477787 2025-06-12T21:07:16Z Monozigote 19063 /* La visione dello straniero nell'ebraismo */ testo 477792 wikitext text/x-wiki {{Connessioni}} {{Immagine grande|Mendelssohn, Lessing, Lavater.jpg|740px|[[w:Gotthold Ephraim Lessing|Lessing]] e [[w:Gotthold Ephraim Lessing|Lavater ospiti]] a casa di [[w:Moses Mendelssohn|Moses Mendelssohn]]<ref>Nel dipinto, a destra Johann Kaspar Lavater, teologo svizzero, che tenta di convertire al cristianesimo Moses Mendelssohn. Dietro ai due, Gotthold Ephraim Lessing vicino a una tavola per gli scacchi, il suo gioco preferito. Entra dalla porta la moglie di Mendelssohn con delle bevande.</ref> (dipinto di [[:en:w:Moritz Daniel Oppenheim|Moritz Daniel Oppenheim]], 1856)}} == Lo straniero, mio ​​fratello == "We encounter God in the face of the stranger", scrive Rabbi [[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]]. "That is, I believe, the Hebrew Bible’s single greatest and most counterintuitive contribution to ethics. The human other is a trace of the Divine Other".<ref>Jonathan Sacks, ''The Dignity of Difference: How to Avoid the Clash of Civilizations'' (New York: Continuum Publishing Group, 2003), 59–60.</ref> Poiché l'Altro Divino è l'Altro più radicalmente, nessun Altro è più estraneo di Dio. E scrive Martin Buber: "In that decisive hour, when we encounter God, we must forget everything we imagined we knew of God, when we dared to keep nothing handed down or learned or self-contrived, no shred of knowledge, and were plunged into the night".<ref>Martin Buber, ''Between Man and Man'', trad. Ronald Gregor-Smith (New York: Macmillan, 1965), 17.</ref> Poiché Dio è nel modo più radicale lo straniero, Lo si incontra nel modo più radicale nello straniero. Ecco perché il comandamento di prendersi cura dello straniero è il contributo più grande e controintuitivo dell'ebraismo all'etica, nonché il più frequentemente ripetuto nella [[Torah]]: trentasei volte. Perché questo costante richiamo? Perché è il primo comandamento che tendiamo a dimenticare: è del tutto controintuitivo. Non ho bisogno che mi venga ricordato così spesso di amare il mio prossimo, quello che è come me, che condivide la mia visione del mondo. È un ospite fisso alla mia tavola. Guardiamo le partite insieme e ogni tanto ci godiamo una birra insieme. Ma lo sconosciuto, lo straniero? Quello che non mi assomiglia o non la pensa come me, quello che considero un non-credente e politicamente arretrato, se non barbaro? Ho bisogno che mi venga ricordato ripetutamente di amarlo. Nel Capitolo precedente abbiamo visto che nel movimento della creazione, Dio, ''Elokim'', diventa un Chi. Nella misura in cui viviamo secondo ciò che incontriamo con gli occhi, come quando gli occhi si aprono dopo aver mangiato il frutto proibito ({{passo biblico2|Genesi|3:7}}), siamo ciechi al Chi. Sì, il Chi è l'Invisibile, ma invisibile non perché non possa essere visto, ma perché il Chi è, nelle parole di [[Emmanuel Levinas]], al di là della tematizzazione. "Invisibility", spiega Lévinas, "implies relations with what is not given, of which there is no idea. Vision is an adequation of the idea with the thing, a comprehension that encompasses".<ref>Emmanuel Levinas, ''Totality and Infinity'', trad. Alphonso Lingis (Pittsburgh: Duquesne University Press, 1969), 34.</ref> Il Chi invisibile, tuttavia, è l'includente, non l'incluso, al di là delle coordinate della realtà spazio-temporale. Solo il nascosto, solo Colui che invisibilmente trascende la creazione, può conferire significato alla creazione, così che ''contempliamo'' il Chi invisibile proprio ''come'' il nascosto. Così, dice Levinas, "a God invisible means not only a God unimaginable, but a God accessible in justice. Ethics is the spiritual optics".<ref>''Ibid.'', 78.</ref> E così è in ogni incontro con un Chi. Gli occhi ci rivelano solo il Cosa, un oggetto da appropriarci, possedere o opprimere. Accade ogni volta che ricorriamo all'etichetta, allo stereotipo, alla categoria in cui classifichiamo l'altro, la categoria di un Esso, così che scivoliamo troppo facilmente nell'illusione di conoscere l'altro, di conoscere "la sua specie". In questo modo liquidiamo l'altro, lo straniero, come uno di "loro". Accade ogni volta che osserviamo qualcuno o lo valutiamo, ogni volta che valutiamo qualcuno sulla base del suo curriculum o prendiamo nota dei tratti distintivi di colore, religione, cultura, politica ed etnia, o razza, classe e genere. Fissati sul Cosa questa persona è, secondo questi incidenti, diventiamo ciechi e sordi al Chi, ciechi alla fame e sordi al grido dell'altro. Quel giorno moriremo sicuramente (cfr. {{passo biblico2|Genesi|2:15}}), perché quel giorno cercheremo sicuramente giustificazioni per l'omicidio, come vediamo dai capitoli iniziali della Torah: l'anima soffre ciò che infligge. Emil Fackenheim va al cuore dell'Olocausto quando scrive che, in seguito, "philosophers must face a ''novum'' within a question as old as Socrates: what does it mean to be human?"<ref>Emil L. Fackenheim, ''Jewish Philosophers and Jewish Philosophy'', ed. Michael L. Morgan (Bloomington: Indiana University Press, 1996), 133.</ref> Sterminando gli ebrei, i nazisti tentarono di cancellare la testimonianza millenaria che gli ebrei e l'ebraismo rappresentano con la loro stessa presenza nel mondo. Centrale in quella testimonianza è un insegnamento su ciò che dà significato e valore all'altro essere umano, a partire dalla vedova, dall'orfano e dallo straniero (cfr. {{passo biblico2|Deuteronomio|10:18}}). La determinazione nazista del valore di un essere umano si basa su un accidente della natura: chi nasce ariano ha più valore di chi non nasce ariano. E chi è ariano assume una consistenza ancora maggiore secondo una [[w:volontà di potenza|volontà di potenza]]. Inoltre, un ariano non ha alcun legame essenziale con un non-ariano, e certamente non con un ebreo. Molte persone, molte nazioni, scrive [[Primo Levi]], possono ritrovarsi a ritenere, più o meno consapevolmente, che ogni straniero è un nemico. Per lo più, questa convinzione è radicata nel profondo, come un'infezione latente; si tradisce solo in atti casuali e sconnessi, e non sta alla base di un sistema di ragionamento. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa la premessa maggiore di un sillogismo, allora, "al termine della catena, c'è il Lager".<ref>Primo Levi, ''Se questo e un uomo'', ''loc cit.''</ref> A volte ci si chiede: "Come è potuto avvenire lo sterminio degli ebrei nel cuore della cristianità, in un'Europa illuminata?". A quanto pare, gli ebrei furono sterminati proprio perché erano intrappolati nel cuore della cristianità, in un'Europa illuminata. Anche i musulmani vi ebbero parte. Nel gennaio del 1942, il Gran Mufti Haj Amin al-Husseini (1896-1974) si recò in Bosnia per conto dei nazisti per convincere i leader musulmani che una [[w:Schutzstaffel|divisione SS]] musulmana avrebbe portato onore e gloria ai seguaci dell'Islam. La più numerosa delle unità di sterminio musulmane del Mufti era la [[w:13. Waffen-Gebirgs-Division der SS "Handschar"|13a Divisione Handschar]], composta da {{FORMATNUM:21065}} uomini. La divisione entrò in azione nel febbraio del 1944. Riporto maggiori informazioni al riguardo nel [[Connessioni/Capitolo 8|Capitolo 8]]. In gran parte perché affondano le radici nella tradizione ebraica, nel cristianesimo e nell'Islam si trovano sia il potenziale che la realtà di una prospettiva che esprime una relazione superiore, manifestata nella relazione tra esseri umani. Tuttavia, in ciascuna di queste tradizioni basate sul credo, vi sono alcuni insegnamenti che, in una misura o nell'altra, hanno escluso lo straniero noncredente, considerandolo come qualcuno al di fuori dei confini della "salvezza". Una tale usurpazione teologica del trono del Giudizio Divino può fornire un giustificativo teologico per l'omicidio di massa. Le prove storiche in tal senso sono schiaccianti. Se le astrazioni egocentriche della speculazione filosofica conducono a un'eclissi di Dio, la presunzione teologica che chiunque sia al di fuori del credo – lo straniero – sia eternamente dannato comporta un'usurpazione di Dio. L'amore e la cura comandati per lo straniero, incluso il noncredente, sono una testimonianza della prima parola pronunciata sul Monte Sinai: "Io sono Dio" ({{passo biblico2|Esodo|20:2}}). Se la formula per il filosofo è "Penso, dunque sono", per chi è fissato sul credo è "Io credo, dunque sono", con l'accento sull'io. In entrambi i casi lo straniero rappresenta una minaccia, o alla mia libertà o alla mia salvezza. Per l'ebreo, l'unica minaccia che lo straniero rappresenta per la mia "salvezza" (se questo termine è applicabile) risiede nella mia incapacità di trattarlo con amorevole gentilezza. Levinas sottolinea che "over the stranger... I have no power. He escapes my grasp by an essential dimension".<ref>Levinas, ''Totality and Infinity'', 39.</ref> Lo sforzo di convertire lo straniero o di salvare la sua anima è un tentativo mortale di afferrare ciò che nessun potere può rivendicare. La dimensione essenziale che sfugge alla mia presa? È la dimensione del sacro, della Voce Comandante dell'Altissimo. [[w:George Orwell|George Orwell]] ha affermato che "political language... is designed to make lies sound truthful and murder respectable, and to give an appearance of solidity to pure wind".<ref>George Orwell, ''A Collection of Essays'' (Boston, MA: Houghton Mifflin Harcourt, 1971), 171.</ref> Quando un programma politico si combina con il fanatismo religioso, l'omicidio dello straniero diventa più che rispettabile: si trasforma in un atto sacro gradito a Dio. Nella maggior parte delle tradizioni sacre, i martiri non si considerano meritevoli di nulla; per loro, il martirio non è una merce o un servizio per il quale si aspettano una giusta ricompensa: è una chiamata dall'alto, a cui rispondono, senza aspettarsi una ricompensa, offrendo tutto e per niente: il martirio non è una transazione commerciale. Il jihadismo islamico (a differenza di altre tradizioni islamiche), tuttavia, rappresenta una radicale perversione del male più antico e fondamentale – l'omicidio – nel bene supremo. Mentre nell'ebraismo il martirio significa morire ''rifiutandosi'' di commettere un omicidio e quindi santificando la vita, nel jihadismo islamico significa morire nel processo di uccidere lo straniero per la glorificazione di Dio. Ma i martiri jihadisti non glorificano Dio né santificano la vita. Piuttosto, glorificano un ego trasformato in Allah e quindi santificano l'omicidio, trasformandolo in martirio. Nonostante le loro numerose differenze, cristianesimo e Islam, a differenza dell'Ebraismo, hanno in comune un fondamentale disprezzo per il corpo. In gran parte del mondo, il disprezzo per la realtà carnale dell'essere umano deriva dalla tradizione speculativa greca (si veda, ad esempio, Platone, ''[[w:Fedone|Fedone]]'', 67d-68d), che ha avuto influenza sia sul cristianesimo che sull'Islam. Come affermò [[w:Clemente Alessandrino|Clemente Alessandrino]] (ca. 150 – ca. 215), la filosofia greca era "una preparazione, che spiana la strada a colui che è perfetto in Cristo".<ref>Clemente Alessandrino, ''[[w:Stromateis|Stromateis]]'', anche in Alexander Roberts & James Donaldson, eds., ''Clement of Alexandria: Ante Nicene Christian Library Translations of the Writings of the Fathers to AD 325, Part Four'' (Whitefish, MT: Kessinger, 2007), 366.</ref> E nel Medioevo furono i musulmani a reintrodurre i Greci in Europa. Il disprezzo cristiano per il corpo si ritrova anche nelle Scritture cristiane. Lì sta scritto: "Quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio" ({{passo biblico2|Romani|8:8}}), e "Non abbiate cura della carne per soddisfarne i desideri" ({{passo biblico2|Romani|13:14}}), perché "avere la mente secondo la carne è morte, ma avere la mente secondo lo Spirito è vita e pace" ({{passo biblico2|Romani|8:6}}). Da qui l'ingiunzione di Paolo: "mortificate le vostre membra che sono sulla terra" ({{passo biblico2|Colossesi|3:5}}). Per mezzo di Gesù, dice Paolo, l'anima è liberata "dalla carne" (cfr. {{passo biblico2|Colossesi|2:11-12}}). Ma essere liberati dalla carne corre il rischio di abbandonarsi all'indifferenza verso la sofferenza in carne e ossa dell'altro essere umano. Così, durante l'Inquisizione spagnola, ad esempio, le anime venivano salvate bruciando i corpi negli ''[[w:autodafé|autodafé]]''. Sebbene tali dirette condanne del corpo siano difficilmente riscontrabili nel Corano, tra gli sciiti si possono riscontrare nell'usanza del rito dell'autoflagellazione nel giorno sacro dell'[[w:Ashura|Ashura]], il decimo giorno del mese islamico di [[w:Muharram|Muharram]], anniversario del martirio di [[w:al-Husayn ibn Ali|Husayn ibn Ali]], nipote del Profeta.<ref>Cfr. John L. Esposito, ed., ''The Oxford Dictionary of Islam'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 2003), 27.</ref> Nelle versioni jihadiste moderne dell'Islam, ciò che è negato alla carne in questo mondo è promesso nell'aldilà: [[w:Osama bin Laden|Osama bin Laden]] (1957-2011), ad esempio, promette a chiunque annienti il ​​proprio corpo in questo mondo, allo scopo di uccidere "ebrei e crociati", che godrà dei corpi di settantadue vergini nell'aldilà.<ref>Osama bin Laden, ''Messages to the World: The Statements of Osama bin Laden'', trad. James Howarth, ed. Bruce Lawrence (London: Verso, 2005), 29.</ref> Una simile promessa per il corpo nell'altromondo – un mondo totalmente incorporeo – è indicativa di un disprezzo per la carne – e per lo straniero – in questo mondo. Quando il Jihad è "la via", il proprio corpo deve essere annientato in questo mondo per l'annientamento dello straniero, del miscredente, in quella che [[w:Hasan al-Banna|Hasan al-Banna]] (1906-1949) chiama "la padronanza dell'arte della morte".<ref>{{Lingue|en}} “the mastery of the art of death” ― Hasan al-Banna, ''Five Tracts of Hasan al-Banna: A Selection from the Majmuat Rasail al-Imam al-hahid Hasan al-Banna'', trad. Charles Wendell (Berkeley: University of California Press, 1978), 206–207.</ref> Nell'ebraismo, l'amore per lo straniero si manifesta nella cura del suo corpo, nutrendo gli affamati e alleviando la sofferenza fisica. Ovunque il corpo sia il nemico, alla fine lo è anche lo straniero. Se lo straniero esce dal cerchio della fede, allora ciò che accade al suo corpo può a volte diventare una questione di indifferenza, o peggio. === Il giudizio dello straniero basato sul credo === Pur differendo in molti aspetti significativi, cristianesimo e Islam si somigliano per quanto riguarda i loro insegnamenti su come Dio vede lo straniero, ovvero colui che rifiuta il loro credo, come se fossero a conoscenza non solo degli insegnamenti del Santo, ma anche dei Suoi giudizi. A chiunque ''creda'' in Gesù come suo Signore e Salvatore è promessa la vita eterna ({{passo biblico2|Giovanni|3:16}}). Abbiamo visto cosa ne è del noncredente. Tuttavia, in linea con il suo ebraismo, Gesù insegna un certo amore per lo straniero: "Ero straniero e mi avete accolto" ({{passo biblico2|Matteo|25:35}}). Affermazioni simili sulla santità di trattare lo straniero con amorevole benignità si trovano in {{passo biblico2|1Timoteo|5:10}} e {{passo biblico2|3Giovanni|1:5}}, così come in {{passo biblico2|Ebrei|13:2}}, dove è scritto: "Non dimenticate l'ospitalità; perché alcuni, praticandola, hanno ospitato degli angeli senza saperlo". Paolo dichiara ai Gentili che essere "senza Cristo" significa essere "stranieri nei patti della promessa, senza speranza” ({{passo biblico2|Efesini|2:12}}), ma coloro che credono non sono "più stranieri e pellegrini" ({{passo biblico2|Efesini|2:19}}). Essere stranieri, quindi, significa essere gravemente in errore. Le tradizioni basate sul credo non contengono alcun insegnamento paragonabile a quello ebraico sui [[w:Giusti tra le nazioni|Giusti tra le Nazioni]], i quali, come scritto nel Codice della Legge ebraica, lo ''[[w:Shulchan Arukh|Shulchan Arukh]]'' {{lang|he|שולחן ערוך}}, hanno una loro parte nel Mondo a Venire (''Yoreh Deah'' 367:1). Secondo l'insegnamento cristiano sul peccato ereditato, chi non crede non può essere giusto, per quanto lodevoli siano le sue azioni, poiché siamo "giustificati per sola fede, senza le opere della legge" ({{passo biblico2|Romani|3:28}}), e solo la fede in Cristo può purificarci dalla macchia del peccato di Adamo. Se Gesù viene a "chiamare i peccatori al pentimento" ({{passo biblico2|Marco|2:17}}; {{passo biblico2|Luca|5:32}}), coloro che devono pentirsi non sono solo coloro che hanno compiuto determinate azioni, ma anche coloro che non hanno adottato una determinata fede. Sebbene il Vangelo insegni che chi compie buone opere avrà vita, e chi compie opere malvagie subirà la dannazione (cfr. {{passo biblico2|Giovanni|5:29}}), le epistole insegnano anche che la dannazione incombe su chiunque non creda più (cfr. {{passo biblico2|1Timoteo|5:12}}). "In un fuoco fiammeggiante", scrive Paolo, Dio "fa vendetta su coloro che non conoscono Dio e su coloro che non obbediscono al vangelo del nostro Signore Gesù Cristo" ({{passo biblico2|2Tessalonicesi|1:8-9}}), dove "obbedire" significa non solo agire in un certo modo, ma anche "credere". Certo, le Scritture cristiane insegnano che "se non ha opere, la fede è morta" ({{passo biblico2|Giacomo|2:17}}), ma questo è stato spesso interpretato nel senso che le opere traggono il loro valore dalla fede, non la fede dalle opere. La tolleranza musulmana verso certi stranieri si ritrova nella nozione di ''[[w:dhimmi|dhimmi]]'' – ovvero ebrei, cristiani e [[:en:w:sabean|sabei]] – che, in quanto "[[w:Ahl al-Kitab|gente del Libro]]", godono di uno ''status dhimmi'' o "protetto" secondo la legge musulmana, purché paghino una tassa per la propria protezione. Agli stranieri che rientrano in questa categoria era proibito, pena la morte, portare armi; alzare le mani contro un musulmano, incluso aver tentato di ucciderlo; criticare l'Islam, il Profeta o gli angeli; sposare un musulmano; o ricoprire qualsiasi posizione di autorità su un musulmano. Gli stranieri considerati ''dhimmi'' erano tenuti a vivere separati dai musulmani, in aree che dovevano essere chiuse di notte; praticare la loro religione in segreto e in silenzio; distinguersi dai musulmani per il loro abbigliamento o per i distintivi; e seppellire i loro morti in modo diverso dai musulmani. Era loro proibito cavalcare cavalli o cammelli. Non potevano camminare sullo stesso lato della strada di un musulmano e dovevano accettare insulti dai musulmani senza risposta; La loro testimonianza non era ammessa in tribunale, nemmeno quando erano vittime di un crimine. L'omicidio di un ''dhimmi'' era raramente punibile, poiché un musulmano poteva sempre difendersi sostenendo di aver ucciso un noncredente, ovvero uno straniero.<ref>Cfr. Robert Spencer, ''The Myth of Islamic Tolerance: How Islamic Law Treats Non-Muslims'' (Amherst, NY: Prometheus Books, 2005), 117–119.</ref> Per gli stranieri che non avrebbero mai potuto godere della protezione della ''dhimmitudine'', le cose erano spesso molto più gravi, come sottolinea Serge Trifkovic: ad esempio, quando [[w:Muhammad ibn al-Qasim|Muhammad Qasim]] (695-715), sotto il governo di [[w:Al-Hajjaj ibn Yusuf|Al-Hajjaj ibn Yusuf]] (661-714), invase l'India nel 712 e mostrò misericordia agli indù, Al-Hajjaj gli ricordò che il Corano ordina ai musulmani di tagliare la testa ai miscredenti ovunque si trovino (47:4). Comanda inoltre ai fedeli di "uccidere coloro che uniscono altri dei a Dio ovunque li troviate" (9:5-6). Ne seguì un sanguinoso massacro di indiani.<ref>Serge Trifkovic, ''The Sword of the Prophet: Islam: History, Theology, Impact on the World'' (Boston, MA: Regina Orthodox Press, 2002), 109.</ref> Ciò che bisogna tenere a mente è che la nozione stessa di "noncredente" è un'astrazione teologica: il noncredente è un Cosa e non un Chi, un Esso e non un Tu, è senza volto e privo di santità. È molto più facile giustificare l'uccisione di un'astrazione che l'assassinio di un essere umano in carne e ossa. Chi può determinare dalle azioni di un essere umano perbene in cosa creda realmente? Anche la nozione di "credente", quindi, è un'astrazione. L'accento sulla fede giusta è molto più forte nel cristianesimo e nell'Islam che nell'ebraismo. E anche gli insegnamenti riguardanti il ​​trattamento dello straniero come noncredente sono piuttosto diversi. === La visione dello straniero nell'ebraismo === Ebraismo, cristianesimo e Islam condividono l'insegnamento secondo cui l'intera umanità deriva da un singolo essere umano, Adamo. Per l'insegnamento ebraico, Dio inizia con uno e non con due, così che nessuno possa dire a un altro: "La mia parte della famiglia è migliore della tua" (cfr.''Tosefta Sanhedrin'' 8:4-5). C'è un solo lato della famiglia, e ognuno di noi è legato sia spiritualmente che fisicamente all'altro: spiritualmente attraverso il Creatore e fisicamente attraverso Adamo. A dire il vero, il termine ebraico per "essere umano" è ''ben adam'', letteralmente "figlia/o di Adamo". Proprio come ogni raggio di luce che irradia da una stella è connesso, attraverso la stella, a ogni altro raggio di luce, così ogni anima è connessa a ogni altra anima attraverso Dio, da cui ogni anima emana. E ogni corpo è connesso, attraverso Adamo, a ogni altro corpo. Gli insegnamenti riguardanti la santità dell'essere umano fin dal tempo della creazione si ripercuotono sulla comprensione ebraica dell'Alleanza. Secondo la [[Torah]], il Creatore scelse Abramo per entrare in un'Alleanza non per il bene della sua famiglia, ma affinché attraverso l'Alleanza di Abramo "tutte le famiglie della terra siano benedette" ({{passo biblico2|Genesi|12:3}}); così, dice HaShem tramite il profeta Isaia, "[Io] ti ho posto come alleanza del popolo, come luce delle nazioni" ({{passo biblico2|}}). La benedizione e la luce risiedono nella testimonianza che l'Alleanza richiede ai figli di Abramo di portare al mondo. Come abbiamo visto, gli ebrei sono scelti per dire al mondo che ogni essere umano è scelto, ogni vita umana ha significato e valore, a prescindere da questo o quel credo, e che ognuno di noi è infinitamente responsabile verso e per gli altri. Il credo non determina, e non può determinare, l'esigenza etica, poiché l'esigenza del Bene è anteriore a ogni credo. Il Bene, nelle parole di Levinas, è un "non-present that is invisible, separated (or sacred) and thus a non-origin, an-archical".<ref>Emmanuel Levinas, ''Otherwise Than Being or Beyond Essence'', trad. Alphonso Lingis (The Hague: Nijhoff, 1981), 11.</ref> Pertanto la fede non ci porta a scegliere il Bene; piuttosto, essendo già stati scelti dal Bene, il Bene ci porta a scegliere la fede. Dal punto di vista dell'ebraismo, le astrazioni del credo non possono mai condurci a una relazione con il Santo: l'unica via verso la santità risiede nella relazione in carne e ossa con il nostro prossimo, soprattutto con lo straniero. Perché Dio dà a Mosè due tavole anziché una? Non perché non possa scrivere abbastanza piccolo da poterlo scrivere su una sola. No, serve ad articolare due ambiti di relazione: la prima tavola riguarda la relazione ''ben adam leMakom'' e la seconda la relazione ''ben adam lechevero'', rispettivamente "tra l'uomo e Dio" e "tra l'uomo e l'uomo".<ref>Cfr. per esempio, Abraham ibn Ezra, ''The Secret of the Torah'', trad. H. Norman Strickman (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1995), 64–65.</ref> Eppure ''esiste una sola relazione''. Si noti che nell'espressione della relazione con Dio, Dio è chiamato HaMakom, "il Luogo". Il che significa: Dio ha un posto in questo ambito solo dove l'altro essere umano, a cominciare dallo straniero, ha un posto in questo ambito. Come si apre un posto per lo straniero? Attraverso atti di amorevole gentilezza verso lo straniero, come ripetutamente comandato nella Torah. Il Talmud ci dice che finché il popolo ebraico vive secondo la Torah, i due cherubini in cima all'arca che contiene le tavole della Torah si fronteggiano in un abbraccio amorevole, e la Voce del Santo può essere udita. Ma quando il popolo ebraico si allontana dalla Torah e fa del male a se stesso e agli altri, a cominciare dallo straniero, i due cherubini si allontanano l'uno dall'altro, così che la Voce del Santo tace (''Bava Batra'' 99a), abbandonandoci all'orrore di un silenzio devastante, dove, dice [[w:André Neher|André Neher]] (1914-1988), "Il silenzio sostituisce la Parola perché il Nulla prende il posto dell'Essere", come accadde durante l'Olocausto.<ref>André Neher, ''The Exile of the Word: From the Silence of the Bible to the Silence of Auschwitz'', trad. David Maisel (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1981), I63.</ref> Sebbene l'arca stessa sia ora nascosta in esilio, rimane un'arca celeste, e i cherubini nell'alto si fronteggiano, a meno che non abbandoniamo la Torah. L'Olocausto, tuttavia, pone un problema. Sembra che il Santo sia rimasto in silenzio mentre coloro che Gli erano più devoti venivano massacrati, e mentre gli stessi cherubini venivano massacrati. Infatti lo ''[[Zohar]]'' ci dice che i cherubini hanno il volto di bambini (''Zohar'' I 18b; cfr. anche ''Talmud Bavli, Sukkah'' 5b). Rabbi [[w:Nachman di Breslov|Nachman di Breslov]] osserva che, attraverso i cherubini con i volti di bambini, un angelo porta la benedizione nel mondo, a cominciare dai bambini, come è scritto nella Torah: "L'angelo che mi redime da ogni male benedica i bambini" ({{passo biblico2|Genesi|48:16}}) (''Likutei Moharan'', Parte II, [[Torah]] 1:5). Come abbiamo visto, i nazisti iniziarono il loro assalto al popolo ebraico – il popolo che, dal punto di vista dei nazisti, incarna più radicalmente lo straniero – con un assalto ai bambini, all'angelo che benedice i bambini, alla Torah all'interno dell'arca e ai cherubini in cima all'arca, tra i quali il Santo parla. Ed Egli parla nel modo più profondo attraverso i Suoi comandamenti riguardanti lo straniero. È già stato osservato che la radice della parola ebraica per "comandamento", ''mitzvah'', è ''tzavta'', che significa "connessione". Un comandamento, quindi, non è una regola o un dettame da seguire; piuttosto, è un mezzo per entrare in contatto con Dio. Nell'ebraismo, inoltre, non esiste una connessione astratta o addirittura spirituale con Dio, ma solo una connessione in carne e ossa, che inizia con la mano tesa verso lo straniero – dico ''iniziando con'', come ho ripetuto prima, e non semplicemente includendo. Come abbiamo visto, l'ebraismo insegna che il mezzo più fondamentale per entrare in contatto con Dio risiede nella nostra connessione con l'altro essere umano. E la più fondamentale di queste connessioni risiede nei comandamenti della Torah riguardanti la nostra relazione con lo "straniero", o ''ger''. Tra i primi comandamenti dati dopo i Dieci Comandamenti c'è: "Non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perché anche voi siete stati stranieri in Egitto" ({{passo biblico2|Esodo|22:20}}). Anziché permettere che l'abuso che subiamo diventi una scusa per diventare abusatori, come è così di moda ai nostri tempi, la Torah insiste che debba accadere il contrario: perché "voi conoscete l'anima dello straniero, poiché siete stati stranieri nel paese d'Egitto" ({{passo biblico2|Esodo|23:9}}). L'espressione "perché conoscete l'anima dello straniero" è ''yedaatem etnefesh hager''. La parola per "conoscere", ''daat'', significa anche "essere unito insieme", suggerendo che ogni anima è legata all'altra, ebrea e non-ebrea. E poiché la parola per "anima" in questo brano è ''nefesh'', che indica la dimensione carnale dell'anima, ci viene comandato di prenderci cura del corpo dello straniero, nutrendolo quando ha fame e offrendogli da bere quando ha sete. Lo straniero che dimora tra voi sarà come uno di voi, perché siete legati a lui o a lei ''essenzialmente'' e ''fisicamente'', come figli di Adamo. La Torah lo afferma in modo piuttosto esplicito: "Tratterete lo straniero, che abita fra voi, come chi è nato fra voi; tu lo amerai come te stesso; poiché anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto: io sono HaShem, il vostro Dio" ({{passo biblico2|Levitico|19:34}}). Vale a dire, lo amerai ''kamokha'', "come te stesso", un'eco del comandamento di amare il prossimo, il tuo fratello ebreo, ''kamokha'' ({{passo biblico2|Levitico|19:18}}), che, come osservato nel Capitolo precedente, significa "così sei". In altre parole, "amerai lo straniero, perché l'amore che mostri verso lo straniero ''è'' ciò che sei": quell'amore è il ''chi'' che tu sei nel profondo del tuo essere. Amare il non-ebreo, compreso il noncredente, ha ''la stessa urgenza'' di amare il proprio fratello ebreo, ed entrambi, come ha affermato [[Elie Wiesel]], sono necessari al nostro amore per Dio.<ref>[[Elie Wiesel]], ''Evil and Exile'', trad. Jon Rothschild (Notre Dame, IN: University of Notre Dame Press, 1990), 46.</ref> Orientato all'amore per Dio e per la Torah, quindi, l'insegnamento ebraico è orientato verso l'altro essere umano, che, anche se è uno straniero, ''non è un estraneo altro''. E la frase "Io sono HaShem, il tuo Dio"? Significa che non possiamo avere alcun legame con HaShem senza questo legame di carne e sangue con ''ger''. L'aggiunta di "il tuo Dio", ''Elokeikhem'', significa che in questa relazione con lo straniero si subisce un giudizio. Perché il Nome ''HaShem'' designa misericordia, mentre il Nome ''Elokim'' significa giudizio, come insegnato dal grande mistico [[Rivelazione e Cabala/Moses Cordovero|Moses Cordovero]] (1522-70) (''Or Neerav'' 6:5:11). Pertanto, dice Levinas, "l'accoglienza riservata allo Straniero che la Bibbia ci chiede instancabilmente non costituisce un corollario dell'ebraismo e del suo amore per Dio, ma è il contenuto stesso della fede",<ref>[[Emmanuel Levinas]], ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. Sean Hand (Baltimore, MD: Johns Hopkins University Press, 1990), 173.</ref> il contenuto stesso dell'ebraismo. Poiché il ''ger'' non è un altro estraneo, ma qualcuno a cui l'ebreo è connesso nel profondo della sua anima, abbiamo questo comandamento: "Non pervertirai il diritto dovuto allo straniero" ({{passo biblico2|Deuteronomio|24:17}}), un comandamento che è in netto contrasto con la legge islamica che non consente allo straniero, al ''dhimmi'', di testimoniare in un tribunale di "giustizia" nemmeno per conto proprio. Naturalmente, bisogna tenere presente che in questi comandamenti della Torah la parola per "straniero" è ''ger'': un ''ger'' è un non ebreo che dimora tra gli ebrei, cercando solo la pace, solo per essere un buon vicino, solo la relazione umana che rende possibile la dimora. Altri due termini per "straniero" sono ''nochri'' e ''zar''. ''Nochri'' si riferisce semplicemente a qualcuno che è forestiero e nonfamiliare, ma con cui si potrebbe diventare familiari. Il ''nochri'' è qualcuno che potrebbe diventare un ''ger''. ''Zar'', tuttavia, si riferisce a qualcuno che è completamente estraneo, che è al di là di qualsiasi cosa possa diventare familiare, come in ''[[w:Avodah Zarah|avodah zarah]]'' {{lang|he|עבודה זרה‎}}, il culto estraneo che è "idolatria". Secondo l'insegnamento ebraico, non vi è alcun obbligo verso lo "straniero" in quanto ''zar'', cioè come qualcuno che è determinato a sterminare te o gli altri. Anche gli ebrei stessi possono rientrare in questa categoria: ad esempio, gli ebrei che ignorano i comandamenti della Torah riguardanti lo straniero. [[Elie Wiesel]] approfondisce questo punto: {{citazione|When are we suspicious of the stranger? When he or she comes from our midst. There is a difference between ''ger'', ''nochri'' and ''zar''. All three words refer to the stranger. Scripture is kind to the ''ger'', compassionate toward the ''nochri'', and harsh toward the ''zar''. For only the ''zar'' is Jewish. And a Jew who chooses to estrange himself from his people, a Jew who makes use of his Jewishness only to denigrate other Jews, a Jew of whom it may be said that “he removed himself from his community,” who shares neither its sorrow nor its joy, that Jew is not our brother.|Elie Wiesel, ''Sages and Dreamers: Biblical, Talmudic, and Hasidic Portraits and Legends'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1991), 55}} Pertanto, la categoria di straniero presente nei trentasei comandamenti relativi al nostro trattamento dello straniero non si applica all'ebreo che si è estraniato dalla comunità del Patto della Torah. Infatti, in quell'estraniamento dalla Torah si cela un'estraniazione dal comandamento della Torah di amare lo straniero. Bisogna riconoscere che il Talmud contiene insegnamenti sui Gentili come il seguente: "Un ebreo non deve associarsi con i Gentili perché sono spargitori di sangue" (''Avodah Zarah'' 22a). Il contesto di tali insegnamenti, tuttavia, non va dimenticato: chi sparge sangue rientra nella categoria dello ''zar''. Laddove lo straniero non abbia rappresentato una tale minaccia, gli insegnamenti ebraici della tradizione orale lo hanno trattato come un figlio di Dio; in generale, è qui che si applica il termine ''ger''. Sebbene l'ebraismo consideri gli ebrei un "popolo a parte" (cfr. {{passo biblico2|Levitico|20:24}}), essere un popolo a parte non significa far parte dell'élite o degli eletti. La loro distinzione tra le nazioni, piuttosto, risiede nella loro missione specifica di trasmettere determinati insegnamenti riguardanti, tra le altre cose, il trattamento dello straniero. Se un essere umano è considerato un ''medaber'' o "essere parlante", come insegnato, ad esempio, da [[Maimonide]] (''Moreh Nevuchim'' 1:51), il suo legame fondamentale con gli altri esseri umani risiede nella parola: per un ebreo, l'urgenza di dire la parola ''tu'' a un altro ebreo è pari all'urgenza di dire la parola ''tu'' a un non ebreo. Pertanto, la ''Mishnah'' insegna che il divieto di fare un torto a qualcuno nell'acquisto e nella vendita si applica anche al fare un torto a chiunque, incluso lo straniero, ''con le parole'' (''Bava Metzia'' 4:4). Tra le parole che un ebreo deve pronunciare a un altro essere umano, per non fargli un torto con le parole, spicca la parola ''tu'', pronunciata con "tutto il proprio essere", in un'espressione del tipo "''Hineni'' – Eccomi per ''te''". Vale la pena notare che, secondo il Talmud, una delle quattro domande che ci vengono poste quando ci troviamo davanti al Tribunale Celeste è: Sei stato onesto nei tuoi affari? – questo, insiste il Talmud, include i rapporti con lo straniero (''Shabbat'' 31a).<ref>Le altre tre domande sono: Hai atteso e operato per la venuta del Messia? Hai cercato di trovare il tempo per studiare la Torah? Ti sei dedicato alla crescita della tua famiglia?</ref> === Il posto per lo straniero in un mondo fratturato === === La sorte dello straniero nella vita e dopo la morte === === Lo straniero, mio ​​fratello === {{clear}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|12 giugno 2025}} [[Categoria:Connessioni|Capitolo 2]] s5963ylss0tg4vfg4ysflgq9hz59e2l 477793 477792 2025-06-12T21:34:40Z Monozigote 19063 /* La visione dello straniero nell'ebraismo */ testo 477793 wikitext text/x-wiki {{Connessioni}} {{Immagine grande|Mendelssohn, Lessing, Lavater.jpg|740px|[[w:Gotthold Ephraim Lessing|Lessing]] e [[w:Gotthold Ephraim Lessing|Lavater ospiti]] a casa di [[w:Moses Mendelssohn|Moses Mendelssohn]]<ref>Nel dipinto, a destra Johann Kaspar Lavater, teologo svizzero, che tenta di convertire al cristianesimo Moses Mendelssohn. Dietro ai due, Gotthold Ephraim Lessing vicino a una tavola per gli scacchi, il suo gioco preferito. Entra dalla porta la moglie di Mendelssohn con delle bevande.</ref> (dipinto di [[:en:w:Moritz Daniel Oppenheim|Moritz Daniel Oppenheim]], 1856)}} == Lo straniero, mio ​​fratello == "We encounter God in the face of the stranger", scrive Rabbi [[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]]. "That is, I believe, the Hebrew Bible’s single greatest and most counterintuitive contribution to ethics. The human other is a trace of the Divine Other".<ref>Jonathan Sacks, ''The Dignity of Difference: How to Avoid the Clash of Civilizations'' (New York: Continuum Publishing Group, 2003), 59–60.</ref> Poiché l'Altro Divino è l'Altro più radicalmente, nessun Altro è più estraneo di Dio. E scrive Martin Buber: "In that decisive hour, when we encounter God, we must forget everything we imagined we knew of God, when we dared to keep nothing handed down or learned or self-contrived, no shred of knowledge, and were plunged into the night".<ref>Martin Buber, ''Between Man and Man'', trad. Ronald Gregor-Smith (New York: Macmillan, 1965), 17.</ref> Poiché Dio è nel modo più radicale lo straniero, Lo si incontra nel modo più radicale nello straniero. Ecco perché il comandamento di prendersi cura dello straniero è il contributo più grande e controintuitivo dell'ebraismo all'etica, nonché il più frequentemente ripetuto nella [[Torah]]: trentasei volte. Perché questo costante richiamo? Perché è il primo comandamento che tendiamo a dimenticare: è del tutto controintuitivo. Non ho bisogno che mi venga ricordato così spesso di amare il mio prossimo, quello che è come me, che condivide la mia visione del mondo. È un ospite fisso alla mia tavola. Guardiamo le partite insieme e ogni tanto ci godiamo una birra insieme. Ma lo sconosciuto, lo straniero? Quello che non mi assomiglia o non la pensa come me, quello che considero un non-credente e politicamente arretrato, se non barbaro? Ho bisogno che mi venga ricordato ripetutamente di amarlo. Nel Capitolo precedente abbiamo visto che nel movimento della creazione, Dio, ''Elokim'', diventa un Chi. Nella misura in cui viviamo secondo ciò che incontriamo con gli occhi, come quando gli occhi si aprono dopo aver mangiato il frutto proibito ({{passo biblico2|Genesi|3:7}}), siamo ciechi al Chi. Sì, il Chi è l'Invisibile, ma invisibile non perché non possa essere visto, ma perché il Chi è, nelle parole di [[Emmanuel Levinas]], al di là della tematizzazione. "Invisibility", spiega Lévinas, "implies relations with what is not given, of which there is no idea. Vision is an adequation of the idea with the thing, a comprehension that encompasses".<ref>Emmanuel Levinas, ''Totality and Infinity'', trad. Alphonso Lingis (Pittsburgh: Duquesne University Press, 1969), 34.</ref> Il Chi invisibile, tuttavia, è l'includente, non l'incluso, al di là delle coordinate della realtà spazio-temporale. Solo il nascosto, solo Colui che invisibilmente trascende la creazione, può conferire significato alla creazione, così che ''contempliamo'' il Chi invisibile proprio ''come'' il nascosto. Così, dice Levinas, "a God invisible means not only a God unimaginable, but a God accessible in justice. Ethics is the spiritual optics".<ref>''Ibid.'', 78.</ref> E così è in ogni incontro con un Chi. Gli occhi ci rivelano solo il Cosa, un oggetto da appropriarci, possedere o opprimere. Accade ogni volta che ricorriamo all'etichetta, allo stereotipo, alla categoria in cui classifichiamo l'altro, la categoria di un Esso, così che scivoliamo troppo facilmente nell'illusione di conoscere l'altro, di conoscere "la sua specie". In questo modo liquidiamo l'altro, lo straniero, come uno di "loro". Accade ogni volta che osserviamo qualcuno o lo valutiamo, ogni volta che valutiamo qualcuno sulla base del suo curriculum o prendiamo nota dei tratti distintivi di colore, religione, cultura, politica ed etnia, o razza, classe e genere. Fissati sul Cosa questa persona è, secondo questi incidenti, diventiamo ciechi e sordi al Chi, ciechi alla fame e sordi al grido dell'altro. Quel giorno moriremo sicuramente (cfr. {{passo biblico2|Genesi|2:15}}), perché quel giorno cercheremo sicuramente giustificazioni per l'omicidio, come vediamo dai capitoli iniziali della Torah: l'anima soffre ciò che infligge. Emil Fackenheim va al cuore dell'Olocausto quando scrive che, in seguito, "philosophers must face a ''novum'' within a question as old as Socrates: what does it mean to be human?"<ref>Emil L. Fackenheim, ''Jewish Philosophers and Jewish Philosophy'', ed. Michael L. Morgan (Bloomington: Indiana University Press, 1996), 133.</ref> Sterminando gli ebrei, i nazisti tentarono di cancellare la testimonianza millenaria che gli ebrei e l'ebraismo rappresentano con la loro stessa presenza nel mondo. Centrale in quella testimonianza è un insegnamento su ciò che dà significato e valore all'altro essere umano, a partire dalla vedova, dall'orfano e dallo straniero (cfr. {{passo biblico2|Deuteronomio|10:18}}). La determinazione nazista del valore di un essere umano si basa su un accidente della natura: chi nasce ariano ha più valore di chi non nasce ariano. E chi è ariano assume una consistenza ancora maggiore secondo una [[w:volontà di potenza|volontà di potenza]]. Inoltre, un ariano non ha alcun legame essenziale con un non-ariano, e certamente non con un ebreo. Molte persone, molte nazioni, scrive [[Primo Levi]], possono ritrovarsi a ritenere, più o meno consapevolmente, che ogni straniero è un nemico. Per lo più, questa convinzione è radicata nel profondo, come un'infezione latente; si tradisce solo in atti casuali e sconnessi, e non sta alla base di un sistema di ragionamento. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa la premessa maggiore di un sillogismo, allora, "al termine della catena, c'è il Lager".<ref>Primo Levi, ''Se questo e un uomo'', ''loc cit.''</ref> A volte ci si chiede: "Come è potuto avvenire lo sterminio degli ebrei nel cuore della cristianità, in un'Europa illuminata?". A quanto pare, gli ebrei furono sterminati proprio perché erano intrappolati nel cuore della cristianità, in un'Europa illuminata. Anche i musulmani vi ebbero parte. Nel gennaio del 1942, il Gran Mufti Haj Amin al-Husseini (1896-1974) si recò in Bosnia per conto dei nazisti per convincere i leader musulmani che una [[w:Schutzstaffel|divisione SS]] musulmana avrebbe portato onore e gloria ai seguaci dell'Islam. La più numerosa delle unità di sterminio musulmane del Mufti era la [[w:13. Waffen-Gebirgs-Division der SS "Handschar"|13a Divisione Handschar]], composta da {{FORMATNUM:21065}} uomini. La divisione entrò in azione nel febbraio del 1944. Riporto maggiori informazioni al riguardo nel [[Connessioni/Capitolo 8|Capitolo 8]]. In gran parte perché affondano le radici nella tradizione ebraica, nel cristianesimo e nell'Islam si trovano sia il potenziale che la realtà di una prospettiva che esprime una relazione superiore, manifestata nella relazione tra esseri umani. Tuttavia, in ciascuna di queste tradizioni basate sul credo, vi sono alcuni insegnamenti che, in una misura o nell'altra, hanno escluso lo straniero noncredente, considerandolo come qualcuno al di fuori dei confini della "salvezza". Una tale usurpazione teologica del trono del Giudizio Divino può fornire un giustificativo teologico per l'omicidio di massa. Le prove storiche in tal senso sono schiaccianti. Se le astrazioni egocentriche della speculazione filosofica conducono a un'eclissi di Dio, la presunzione teologica che chiunque sia al di fuori del credo – lo straniero – sia eternamente dannato comporta un'usurpazione di Dio. L'amore e la cura comandati per lo straniero, incluso il noncredente, sono una testimonianza della prima parola pronunciata sul Monte Sinai: "Io sono Dio" ({{passo biblico2|Esodo|20:2}}). Se la formula per il filosofo è "Penso, dunque sono", per chi è fissato sul credo è "Io credo, dunque sono", con l'accento sull'io. In entrambi i casi lo straniero rappresenta una minaccia, o alla mia libertà o alla mia salvezza. Per l'ebreo, l'unica minaccia che lo straniero rappresenta per la mia "salvezza" (se questo termine è applicabile) risiede nella mia incapacità di trattarlo con amorevole gentilezza. Levinas sottolinea che "over the stranger... I have no power. He escapes my grasp by an essential dimension".<ref>Levinas, ''Totality and Infinity'', 39.</ref> Lo sforzo di convertire lo straniero o di salvare la sua anima è un tentativo mortale di afferrare ciò che nessun potere può rivendicare. La dimensione essenziale che sfugge alla mia presa? È la dimensione del sacro, della Voce Comandante dell'Altissimo. [[w:George Orwell|George Orwell]] ha affermato che "political language... is designed to make lies sound truthful and murder respectable, and to give an appearance of solidity to pure wind".<ref>George Orwell, ''A Collection of Essays'' (Boston, MA: Houghton Mifflin Harcourt, 1971), 171.</ref> Quando un programma politico si combina con il fanatismo religioso, l'omicidio dello straniero diventa più che rispettabile: si trasforma in un atto sacro gradito a Dio. Nella maggior parte delle tradizioni sacre, i martiri non si considerano meritevoli di nulla; per loro, il martirio non è una merce o un servizio per il quale si aspettano una giusta ricompensa: è una chiamata dall'alto, a cui rispondono, senza aspettarsi una ricompensa, offrendo tutto e per niente: il martirio non è una transazione commerciale. Il jihadismo islamico (a differenza di altre tradizioni islamiche), tuttavia, rappresenta una radicale perversione del male più antico e fondamentale – l'omicidio – nel bene supremo. Mentre nell'ebraismo il martirio significa morire ''rifiutandosi'' di commettere un omicidio e quindi santificando la vita, nel jihadismo islamico significa morire nel processo di uccidere lo straniero per la glorificazione di Dio. Ma i martiri jihadisti non glorificano Dio né santificano la vita. Piuttosto, glorificano un ego trasformato in Allah e quindi santificano l'omicidio, trasformandolo in martirio. Nonostante le loro numerose differenze, cristianesimo e Islam, a differenza dell'Ebraismo, hanno in comune un fondamentale disprezzo per il corpo. In gran parte del mondo, il disprezzo per la realtà carnale dell'essere umano deriva dalla tradizione speculativa greca (si veda, ad esempio, Platone, ''[[w:Fedone|Fedone]]'', 67d-68d), che ha avuto influenza sia sul cristianesimo che sull'Islam. Come affermò [[w:Clemente Alessandrino|Clemente Alessandrino]] (ca. 150 – ca. 215), la filosofia greca era "una preparazione, che spiana la strada a colui che è perfetto in Cristo".<ref>Clemente Alessandrino, ''[[w:Stromateis|Stromateis]]'', anche in Alexander Roberts & James Donaldson, eds., ''Clement of Alexandria: Ante Nicene Christian Library Translations of the Writings of the Fathers to AD 325, Part Four'' (Whitefish, MT: Kessinger, 2007), 366.</ref> E nel Medioevo furono i musulmani a reintrodurre i Greci in Europa. Il disprezzo cristiano per il corpo si ritrova anche nelle Scritture cristiane. Lì sta scritto: "Quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio" ({{passo biblico2|Romani|8:8}}), e "Non abbiate cura della carne per soddisfarne i desideri" ({{passo biblico2|Romani|13:14}}), perché "avere la mente secondo la carne è morte, ma avere la mente secondo lo Spirito è vita e pace" ({{passo biblico2|Romani|8:6}}). Da qui l'ingiunzione di Paolo: "mortificate le vostre membra che sono sulla terra" ({{passo biblico2|Colossesi|3:5}}). Per mezzo di Gesù, dice Paolo, l'anima è liberata "dalla carne" (cfr. {{passo biblico2|Colossesi|2:11-12}}). Ma essere liberati dalla carne corre il rischio di abbandonarsi all'indifferenza verso la sofferenza in carne e ossa dell'altro essere umano. Così, durante l'Inquisizione spagnola, ad esempio, le anime venivano salvate bruciando i corpi negli ''[[w:autodafé|autodafé]]''. Sebbene tali dirette condanne del corpo siano difficilmente riscontrabili nel Corano, tra gli sciiti si possono riscontrare nell'usanza del rito dell'autoflagellazione nel giorno sacro dell'[[w:Ashura|Ashura]], il decimo giorno del mese islamico di [[w:Muharram|Muharram]], anniversario del martirio di [[w:al-Husayn ibn Ali|Husayn ibn Ali]], nipote del Profeta.<ref>Cfr. John L. Esposito, ed., ''The Oxford Dictionary of Islam'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 2003), 27.</ref> Nelle versioni jihadiste moderne dell'Islam, ciò che è negato alla carne in questo mondo è promesso nell'aldilà: [[w:Osama bin Laden|Osama bin Laden]] (1957-2011), ad esempio, promette a chiunque annienti il ​​proprio corpo in questo mondo, allo scopo di uccidere "ebrei e crociati", che godrà dei corpi di settantadue vergini nell'aldilà.<ref>Osama bin Laden, ''Messages to the World: The Statements of Osama bin Laden'', trad. James Howarth, ed. Bruce Lawrence (London: Verso, 2005), 29.</ref> Una simile promessa per il corpo nell'altromondo – un mondo totalmente incorporeo – è indicativa di un disprezzo per la carne – e per lo straniero – in questo mondo. Quando il Jihad è "la via", il proprio corpo deve essere annientato in questo mondo per l'annientamento dello straniero, del miscredente, in quella che [[w:Hasan al-Banna|Hasan al-Banna]] (1906-1949) chiama "la padronanza dell'arte della morte".<ref>{{Lingue|en}} “the mastery of the art of death” ― Hasan al-Banna, ''Five Tracts of Hasan al-Banna: A Selection from the Majmuat Rasail al-Imam al-hahid Hasan al-Banna'', trad. Charles Wendell (Berkeley: University of California Press, 1978), 206–207.</ref> Nell'ebraismo, l'amore per lo straniero si manifesta nella cura del suo corpo, nutrendo gli affamati e alleviando la sofferenza fisica. Ovunque il corpo sia il nemico, alla fine lo è anche lo straniero. Se lo straniero esce dal cerchio della fede, allora ciò che accade al suo corpo può a volte diventare una questione di indifferenza, o peggio. === Il giudizio dello straniero basato sul credo === Pur differendo in molti aspetti significativi, cristianesimo e Islam si somigliano per quanto riguarda i loro insegnamenti su come Dio vede lo straniero, ovvero colui che rifiuta il loro credo, come se fossero a conoscenza non solo degli insegnamenti del Santo, ma anche dei Suoi giudizi. A chiunque ''creda'' in Gesù come suo Signore e Salvatore è promessa la vita eterna ({{passo biblico2|Giovanni|3:16}}). Abbiamo visto cosa ne è del noncredente. Tuttavia, in linea con il suo ebraismo, Gesù insegna un certo amore per lo straniero: "Ero straniero e mi avete accolto" ({{passo biblico2|Matteo|25:35}}). Affermazioni simili sulla santità di trattare lo straniero con amorevole benignità si trovano in {{passo biblico2|1Timoteo|5:10}} e {{passo biblico2|3Giovanni|1:5}}, così come in {{passo biblico2|Ebrei|13:2}}, dove è scritto: "Non dimenticate l'ospitalità; perché alcuni, praticandola, hanno ospitato degli angeli senza saperlo". Paolo dichiara ai Gentili che essere "senza Cristo" significa essere "stranieri nei patti della promessa, senza speranza” ({{passo biblico2|Efesini|2:12}}), ma coloro che credono non sono "più stranieri e pellegrini" ({{passo biblico2|Efesini|2:19}}). Essere stranieri, quindi, significa essere gravemente in errore. Le tradizioni basate sul credo non contengono alcun insegnamento paragonabile a quello ebraico sui [[w:Giusti tra le nazioni|Giusti tra le Nazioni]], i quali, come scritto nel Codice della Legge ebraica, lo ''[[w:Shulchan Arukh|Shulchan Arukh]]'' {{lang|he|שולחן ערוך}}, hanno una loro parte nel Mondo a Venire (''Yoreh Deah'' 367:1). Secondo l'insegnamento cristiano sul peccato ereditato, chi non crede non può essere giusto, per quanto lodevoli siano le sue azioni, poiché siamo "giustificati per sola fede, senza le opere della legge" ({{passo biblico2|Romani|3:28}}), e solo la fede in Cristo può purificarci dalla macchia del peccato di Adamo. Se Gesù viene a "chiamare i peccatori al pentimento" ({{passo biblico2|Marco|2:17}}; {{passo biblico2|Luca|5:32}}), coloro che devono pentirsi non sono solo coloro che hanno compiuto determinate azioni, ma anche coloro che non hanno adottato una determinata fede. Sebbene il Vangelo insegni che chi compie buone opere avrà vita, e chi compie opere malvagie subirà la dannazione (cfr. {{passo biblico2|Giovanni|5:29}}), le epistole insegnano anche che la dannazione incombe su chiunque non creda più (cfr. {{passo biblico2|1Timoteo|5:12}}). "In un fuoco fiammeggiante", scrive Paolo, Dio "fa vendetta su coloro che non conoscono Dio e su coloro che non obbediscono al vangelo del nostro Signore Gesù Cristo" ({{passo biblico2|2Tessalonicesi|1:8-9}}), dove "obbedire" significa non solo agire in un certo modo, ma anche "credere". Certo, le Scritture cristiane insegnano che "se non ha opere, la fede è morta" ({{passo biblico2|Giacomo|2:17}}), ma questo è stato spesso interpretato nel senso che le opere traggono il loro valore dalla fede, non la fede dalle opere. La tolleranza musulmana verso certi stranieri si ritrova nella nozione di ''[[w:dhimmi|dhimmi]]'' – ovvero ebrei, cristiani e [[:en:w:sabean|sabei]] – che, in quanto "[[w:Ahl al-Kitab|gente del Libro]]", godono di uno ''status dhimmi'' o "protetto" secondo la legge musulmana, purché paghino una tassa per la propria protezione. Agli stranieri che rientrano in questa categoria era proibito, pena la morte, portare armi; alzare le mani contro un musulmano, incluso aver tentato di ucciderlo; criticare l'Islam, il Profeta o gli angeli; sposare un musulmano; o ricoprire qualsiasi posizione di autorità su un musulmano. Gli stranieri considerati ''dhimmi'' erano tenuti a vivere separati dai musulmani, in aree che dovevano essere chiuse di notte; praticare la loro religione in segreto e in silenzio; distinguersi dai musulmani per il loro abbigliamento o per i distintivi; e seppellire i loro morti in modo diverso dai musulmani. Era loro proibito cavalcare cavalli o cammelli. Non potevano camminare sullo stesso lato della strada di un musulmano e dovevano accettare insulti dai musulmani senza risposta; La loro testimonianza non era ammessa in tribunale, nemmeno quando erano vittime di un crimine. L'omicidio di un ''dhimmi'' era raramente punibile, poiché un musulmano poteva sempre difendersi sostenendo di aver ucciso un noncredente, ovvero uno straniero.<ref>Cfr. Robert Spencer, ''The Myth of Islamic Tolerance: How Islamic Law Treats Non-Muslims'' (Amherst, NY: Prometheus Books, 2005), 117–119.</ref> Per gli stranieri che non avrebbero mai potuto godere della protezione della ''dhimmitudine'', le cose erano spesso molto più gravi, come sottolinea Serge Trifkovic: ad esempio, quando [[w:Muhammad ibn al-Qasim|Muhammad Qasim]] (695-715), sotto il governo di [[w:Al-Hajjaj ibn Yusuf|Al-Hajjaj ibn Yusuf]] (661-714), invase l'India nel 712 e mostrò misericordia agli indù, Al-Hajjaj gli ricordò che il Corano ordina ai musulmani di tagliare la testa ai miscredenti ovunque si trovino (47:4). Comanda inoltre ai fedeli di "uccidere coloro che uniscono altri dei a Dio ovunque li troviate" (9:5-6). Ne seguì un sanguinoso massacro di indiani.<ref>Serge Trifkovic, ''The Sword of the Prophet: Islam: History, Theology, Impact on the World'' (Boston, MA: Regina Orthodox Press, 2002), 109.</ref> Ciò che bisogna tenere a mente è che la nozione stessa di "noncredente" è un'astrazione teologica: il noncredente è un Cosa e non un Chi, un Esso e non un Tu, è senza volto e privo di santità. È molto più facile giustificare l'uccisione di un'astrazione che l'assassinio di un essere umano in carne e ossa. Chi può determinare dalle azioni di un essere umano perbene in cosa creda realmente? Anche la nozione di "credente", quindi, è un'astrazione. L'accento sulla fede giusta è molto più forte nel cristianesimo e nell'Islam che nell'ebraismo. E anche gli insegnamenti riguardanti il ​​trattamento dello straniero come noncredente sono piuttosto diversi. === La visione dello straniero nell'ebraismo === Ebraismo, cristianesimo e Islam condividono l'insegnamento secondo cui l'intera umanità deriva da un singolo essere umano, Adamo. Per l'insegnamento ebraico, Dio inizia con uno e non con due, così che nessuno possa dire a un altro: "La mia parte della famiglia è migliore della tua" (cfr.''Tosefta Sanhedrin'' 8:4-5). C'è un solo lato della famiglia, e ognuno di noi è legato sia spiritualmente che fisicamente all'altro: spiritualmente attraverso il Creatore e fisicamente attraverso Adamo. A dire il vero, il termine ebraico per "essere umano" è ''ben adam'', letteralmente "figlia/o di Adamo". Proprio come ogni raggio di luce che irradia da una stella è connesso, attraverso la stella, a ogni altro raggio di luce, così ogni anima è connessa a ogni altra anima attraverso Dio, da cui ogni anima emana. E ogni corpo è connesso, attraverso Adamo, a ogni altro corpo. Gli insegnamenti riguardanti la santità dell'essere umano fin dal tempo della creazione si ripercuotono sulla comprensione ebraica dell'Alleanza. Secondo la [[Torah]], il Creatore scelse Abramo per entrare in un'Alleanza non per il bene della sua famiglia, ma affinché attraverso l'Alleanza di Abramo "tutte le famiglie della terra siano benedette" ({{passo biblico2|Genesi|12:3}}); così, dice HaShem tramite il profeta Isaia, "[Io] ti ho posto come alleanza del popolo, come luce delle nazioni" ({{passo biblico2|}}). La benedizione e la luce risiedono nella testimonianza che l'Alleanza richiede ai figli di Abramo di portare al mondo. Come abbiamo visto, gli ebrei sono scelti per dire al mondo che ogni essere umano è scelto, ogni vita umana ha significato e valore, a prescindere da questo o quel credo, e che ognuno di noi è infinitamente responsabile verso e per gli altri. Il credo non determina, e non può determinare, l'esigenza etica, poiché l'esigenza del Bene è anteriore a ogni credo. Il Bene, nelle parole di Levinas, è un "non-present that is invisible, separated (or sacred) and thus a non-origin, an-archical".<ref>Emmanuel Levinas, ''Otherwise Than Being or Beyond Essence'', trad. Alphonso Lingis (The Hague: Nijhoff, 1981), 11.</ref> Pertanto la fede non ci porta a scegliere il Bene; piuttosto, essendo già stati scelti dal Bene, il Bene ci porta a scegliere la fede. Dal punto di vista dell'ebraismo, le astrazioni del credo non possono mai condurci a una relazione con il Santo: l'unica via verso la santità risiede nella relazione in carne e ossa con il nostro prossimo, soprattutto con lo straniero. Perché Dio dà a Mosè due tavole anziché una? Non perché non possa scrivere abbastanza piccolo da poterlo scrivere su una sola. No, serve ad articolare due ambiti di relazione: la prima tavola riguarda la relazione ''ben adam leMakom'' e la seconda la relazione ''ben adam lechevero'', rispettivamente "tra l'uomo e Dio" e "tra l'uomo e l'uomo".<ref>Cfr. per esempio, Abraham ibn Ezra, ''The Secret of the Torah'', trad. H. Norman Strickman (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1995), 64–65.</ref> Eppure ''esiste una sola relazione''. Si noti che nell'espressione della relazione con Dio, Dio è chiamato HaMakom, "il Luogo". Il che significa: Dio ha un posto in questo ambito solo dove l'altro essere umano, a cominciare dallo straniero, ha un posto in questo ambito. Come si apre un posto per lo straniero? Attraverso atti di amorevole gentilezza verso lo straniero, come ripetutamente comandato nella Torah. Il Talmud ci dice che finché il popolo ebraico vive secondo la Torah, i due cherubini in cima all'arca che contiene le tavole della Torah si fronteggiano in un abbraccio amorevole, e la Voce del Santo può essere udita. Ma quando il popolo ebraico si allontana dalla Torah e fa del male a se stesso e agli altri, a cominciare dallo straniero, i due cherubini si allontanano l'uno dall'altro, così che la Voce del Santo tace (''Bava Batra'' 99a), abbandonandoci all'orrore di un silenzio devastante, dove, dice [[w:André Neher|André Neher]] (1914-1988), "Il silenzio sostituisce la Parola perché il Nulla prende il posto dell'Essere", come accadde durante l'Olocausto.<ref>André Neher, ''The Exile of the Word: From the Silence of the Bible to the Silence of Auschwitz'', trad. David Maisel (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1981), I63.</ref> Sebbene l'arca stessa sia ora nascosta in esilio, rimane un'arca celeste, e i cherubini nell'alto si fronteggiano, a meno che non abbandoniamo la Torah. L'Olocausto, tuttavia, pone un problema. Sembra che il Santo sia rimasto in silenzio mentre coloro che Gli erano più devoti venivano massacrati, e mentre gli stessi cherubini venivano massacrati. Infatti lo ''[[Zohar]]'' ci dice che i cherubini hanno il volto di bambini (''Zohar'' I 18b; cfr. anche ''Talmud Bavli, Sukkah'' 5b). Rabbi [[w:Nachman di Breslov|Nachman di Breslov]] osserva che, attraverso i cherubini con i volti di bambini, un angelo porta la benedizione nel mondo, a cominciare dai bambini, come è scritto nella Torah: "L'angelo che mi redime da ogni male benedica i bambini" ({{passo biblico2|Genesi|48:16}}) (''Likutei Moharan'', Parte II, [[Torah]] 1:5). Come abbiamo visto, i nazisti iniziarono il loro assalto al popolo ebraico – il popolo che, dal punto di vista dei nazisti, incarna più radicalmente lo straniero – con un assalto ai bambini, all'angelo che benedice i bambini, alla Torah all'interno dell'arca e ai cherubini in cima all'arca, tra i quali il Santo parla. Ed Egli parla nel modo più profondo attraverso i Suoi comandamenti riguardanti lo straniero. È già stato osservato che la radice della parola ebraica per "comandamento", ''mitzvah'', è ''tzavta'', che significa "connessione". Un comandamento, quindi, non è una regola o un dettame da seguire; piuttosto, è un mezzo per entrare in contatto con Dio. Nell'ebraismo, inoltre, non esiste una connessione astratta o addirittura spirituale con Dio, ma solo una connessione in carne e ossa, che inizia con la mano tesa verso lo straniero – dico ''iniziando con'', come ho ripetuto prima, e non semplicemente includendo. Come abbiamo visto, l'ebraismo insegna che il mezzo più fondamentale per entrare in contatto con Dio risiede nella nostra connessione con l'altro essere umano. E la più fondamentale di queste connessioni risiede nei comandamenti della Torah riguardanti la nostra relazione con lo "straniero", o ''ger''. Tra i primi comandamenti dati dopo i Dieci Comandamenti c'è: "Non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perché anche voi siete stati stranieri in Egitto" ({{passo biblico2|Esodo|22:20}}). Anziché permettere che l'abuso che subiamo diventi una scusa per diventare abusatori, come è così di moda ai nostri tempi, la Torah insiste che debba accadere il contrario: perché "voi conoscete l'anima dello straniero, poiché siete stati stranieri nel paese d'Egitto" ({{passo biblico2|Esodo|23:9}}). L'espressione "perché conoscete l'anima dello straniero" è ''yedaatem etnefesh hager''. La parola per "conoscere", ''daat'', significa anche "essere unito insieme", suggerendo che ogni anima è legata all'altra, ebrea e non-ebrea. E poiché la parola per "anima" in questo brano è ''nefesh'', che indica la dimensione carnale dell'anima, ci viene comandato di prenderci cura del corpo dello straniero, nutrendolo quando ha fame e offrendogli da bere quando ha sete. Lo straniero che dimora tra voi sarà come uno di voi, perché siete legati a lui o a lei ''essenzialmente'' e ''fisicamente'', come figli di Adamo. La Torah lo afferma in modo piuttosto esplicito: "Tratterete lo straniero, che abita fra voi, come chi è nato fra voi; tu lo amerai come te stesso; poiché anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto: io sono HaShem, il vostro Dio" ({{passo biblico2|Levitico|19:34}}). Vale a dire, lo amerai ''kamokha'', "come te stesso", un'eco del comandamento di amare il prossimo, il tuo fratello ebreo, ''kamokha'' ({{passo biblico2|Levitico|19:18}}), che, come osservato nel Capitolo precedente, significa "così sei". In altre parole, "amerai lo straniero, perché l'amore che mostri verso lo straniero ''è'' ciò che sei": quell'amore è il ''chi'' che tu sei nel profondo del tuo essere. Amare il non-ebreo, compreso il noncredente, ha ''la stessa urgenza'' di amare il proprio fratello ebreo, ed entrambi, come ha affermato [[Elie Wiesel]], sono necessari al nostro amore per Dio.<ref>[[Elie Wiesel]], ''Evil and Exile'', trad. Jon Rothschild (Notre Dame, IN: University of Notre Dame Press, 1990), 46.</ref> Orientato all'amore per Dio e per la Torah, quindi, l'insegnamento ebraico è orientato verso l'altro essere umano, che, anche se è uno straniero, ''non è un estraneo altro''. E la frase "Io sono HaShem, il tuo Dio"? Significa che non possiamo avere alcun legame con HaShem senza questo legame di carne e sangue con ''ger''. L'aggiunta di "il tuo Dio", ''Elokeikhem'', significa che in questa relazione con lo straniero si subisce un giudizio. Perché il Nome ''HaShem'' designa misericordia, mentre il Nome ''Elokim'' significa giudizio, come insegnato dal grande mistico [[Rivelazione e Cabala/Moses Cordovero|Moses Cordovero]] (1522-70) (''Or Neerav'' 6:5:11). Pertanto, dice Levinas, "l'accoglienza riservata allo Straniero che la Bibbia ci chiede instancabilmente non costituisce un corollario dell'ebraismo e del suo amore per Dio, ma è il contenuto stesso della fede",<ref>[[Emmanuel Levinas]], ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. Sean Hand (Baltimore, MD: Johns Hopkins University Press, 1990), 173.</ref> il contenuto stesso dell'ebraismo. Poiché il ''ger'' non è un altro estraneo, ma qualcuno a cui l'ebreo è connesso nel profondo della sua anima, abbiamo questo comandamento: "Non pervertirai il diritto dovuto allo straniero" ({{passo biblico2|Deuteronomio|24:17}}), un comandamento che è in netto contrasto con la legge islamica che non consente allo straniero, al ''dhimmi'', di testimoniare in un tribunale di "giustizia" nemmeno per conto proprio. Naturalmente, bisogna tenere presente che in questi comandamenti della Torah la parola per "straniero" è ''ger'': un ''ger'' è un non ebreo che dimora tra gli ebrei, cercando solo la pace, solo per essere un buon vicino, solo la relazione umana che rende possibile la dimora. Altri due termini per "straniero" sono ''nochri'' e ''zar''. ''Nochri'' si riferisce semplicemente a qualcuno che è forestiero e nonfamiliare, ma con cui si potrebbe diventare familiari. Il ''nochri'' è qualcuno che potrebbe diventare un ''ger''. ''Zar'', tuttavia, si riferisce a qualcuno che è completamente estraneo, che è al di là di qualsiasi cosa possa diventare familiare, come in ''[[w:Avodah Zarah|avodah zarah]]'' {{lang|he|עבודה זרה‎}}, il culto estraneo che è "idolatria". Secondo l'insegnamento ebraico, non vi è alcun obbligo verso lo "straniero" in quanto ''zar'', cioè come qualcuno che è determinato a sterminare te o gli altri. Anche gli ebrei stessi possono rientrare in questa categoria: ad esempio, gli ebrei che ignorano i comandamenti della Torah riguardanti lo straniero. [[Elie Wiesel]] approfondisce questo punto: {{citazione|When are we suspicious of the stranger? When he or she comes from our midst. There is a difference between ''ger'', ''nochri'' and ''zar''. All three words refer to the stranger. Scripture is kind to the ''ger'', compassionate toward the ''nochri'', and harsh toward the ''zar''. For only the ''zar'' is Jewish. And a Jew who chooses to estrange himself from his people, a Jew who makes use of his Jewishness only to denigrate other Jews, a Jew of whom it may be said that “he removed himself from his community,” who shares neither its sorrow nor its joy, that Jew is not our brother.|Elie Wiesel, ''Sages and Dreamers: Biblical, Talmudic, and Hasidic Portraits and Legends'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1991), 55}} Pertanto, la categoria di straniero presente nei trentasei comandamenti relativi al nostro trattamento dello straniero non si applica all'ebreo che si è estraniato dalla comunità del Patto della Torah. Infatti, in quell'estraniamento dalla Torah si cela un'estraniazione dal comandamento della Torah di amare lo straniero. Bisogna riconoscere che il Talmud contiene insegnamenti sui Gentili come il seguente: "Un ebreo non deve associarsi con i Gentili perché sono spargitori di sangue" (''Avodah Zarah'' 22a). Il contesto di tali insegnamenti, tuttavia, non va dimenticato: chi sparge sangue rientra nella categoria dello ''zar''. Laddove lo straniero non abbia rappresentato una tale minaccia, gli insegnamenti ebraici della tradizione orale lo hanno trattato come un figlio di Dio; in generale, è qui che si applica il termine ''ger''. Sebbene l'ebraismo consideri gli ebrei un "popolo a parte" (cfr. {{passo biblico2|Levitico|20:24}}), essere un popolo a parte non significa far parte dell'élite o degli eletti. La loro distinzione tra le nazioni, piuttosto, risiede nella loro missione specifica di trasmettere determinati insegnamenti riguardanti, tra le altre cose, il trattamento dello straniero. Se un essere umano è considerato un ''medaber'' o "essere parlante", come insegnato, ad esempio, da [[Maimonide]] (''Moreh Nevuchim'' 1:51), il suo legame fondamentale con gli altri esseri umani risiede nella parola: per un ebreo, l'urgenza di dire la parola ''tu'' a un altro ebreo è pari all'urgenza di dire la parola ''tu'' a un non ebreo. Pertanto, la ''Mishnah'' insegna che il divieto di fare un torto a qualcuno nell'acquisto e nella vendita si applica anche al fare un torto a chiunque, incluso lo straniero, ''con le parole'' (''Bava Metzia'' 4:4). Tra le parole che un ebreo deve pronunciare a un altro essere umano, per non fargli un torto con le parole, spicca la parola ''tu'', pronunciata con "tutto il proprio essere", in un'espressione del tipo "''Hineni'' – Eccomi per ''te''". Vale la pena notare che, secondo il Talmud, una delle quattro domande che ci vengono poste quando ci troviamo davanti al Tribunale Celeste è: Sei stato onesto nei tuoi affari? – questo, insiste il Talmud, include i rapporti con lo straniero (''Shabbat'' 31a).<ref>Le altre tre domande sono: Hai atteso e operato per la venuta del Messia? Hai cercato di trovare il tempo per studiare la Torah? Ti sei dedicato alla crescita della tua famiglia?</ref> Similmente, riguardo al ''ger'', il Talmud insegna: "Non schernire lo straniero con la tua stessa macchia" (''Bava Metzia'' 59b). Ciò che vale per il nostro riguardo verso il prossimo ebreo vale anche per il nostro riguardo verso il prossimo non-ebreo: non giudicare. Lascia che Dio sia il giudice di chi è giusto e chi non lo è, di chi ha un posto nel Mondo a Venire e chi no. Nella misura in cui stabiliamo che il nostro prossimo non ha posto con Dio, a causa della sua incredulità, non possiamo avere alcuna relazione con quella persona, né possiamo avere alcun posto con Dio, con ''HaMakom''. Contrariamente alle tradizioni che dichiarano che la loro sia l'unica via per raggiungere Dio, il Talmud insegna che il non-ebreo ha un posto nel Mondo a Venire, così come l'ebreo – anzi, anche più facilmente dell'ebreo, poiché l'ebreo ha una responsabilità molto maggiore da assolvere (cfr. ''Sanhedrin'' 105a). Lo straniero ha un posto nel Mondo a Venire perché ha un posto ''in questo mondo'': poiché lo scopo di Dio nella creazione è creare una dimora, un ''Makom'', per Sé stesso, è quello di creare una dimora per gli altri, ebrei e non-ebrei, in questo reame fisico – ''specialmente'' per lo straniero, perché, come ha giustamente osservato Levinas, la "stranezza" dello straniero è proprio la sua "mancanza di dimora",<ref>Levinas, ''Otherwise Than Being'', 91.</ref> l'essere senza un posto. Lo straniero ci è estraneo perché il mondo è estraneo a lui o a lei. Dobbiamo fare in modo che le cose vadano diversamente. Sostenendo che le porte del regno di Dio "sono sempre aperte" allo straniero, come è scritto nel ''Midrash'' (''Shemot Rabbah'' 19:4), l'ebraismo non si pone nell'angolo teologico di dichiarare che la via verso Dio passa solo attraverso l'ebraismo. Escludere lo straniero dal Mondo a Venire significa escludere lo straniero da questo mondo; se non ha un posto con Dio, ''secondo le sue azioni e la sua rettitudine'', allora non può averne con i suoi simili. Quindi, se diciamo allo straniero: "Solo attraverso questa via puoi giungere a Dio", allora non possiamo avere alcuna relazione umana con lui o lei; un simile atteggiamento riduce lo straniero a una merce, a un Esso, che, in effetti, è la nostra inclinazione. L'ebraismo, quindi, ''impone'' una relazione umana con lo straniero, per quanto controintuitiva possa essere. "Amati sono gli stranieri", dice il ''Midrash'', "perché la Scrittura in ogni caso li paragona a Israele" (''Bemidbar Rabbah'' 8:2). Amati da chi? Amati da Dio, come insegnato in un altro ''Midrash'': "Io vi ho amati" ({{passo biblico2|Malachia|1:2}}) si riferisce allo straniero (''Bemidbar Rabbah'' 8:2). Secondo l'insegnamento ebraico, ogni volta che un ebreo incontra uno straniero, incontra uno degli amati di Dio, uno dei figli di Dio, incontra Dio Padre Stesso. Poiché gli ebrei gridano "Padre!" a Dio, gridano "Fratello!" allo straniero. Prima che qualcuno fosse scelto per essere ebreo o non-ebreo, c'era la storia di Caino e Abele. In quella storia, Dio pone a Caino due domande: "Dov'è tuo fratello?" e ​​"Che cosa hai fatto?". Rispondere a una domanda significa rispondere all'altra: dichiariamo la nostra comprensione di dove si trovi nostro fratello – israelita o ''ger'' – attraverso ciò che abbiamo fatto concretamente, non attraverso ciò in cui crediamo. Pensare in termini di astrazioni teologiche basate sul credo ci rende sordi alla domanda o incapaci di rispondere. Il punto nel rispondere alle domande poste a Caino non è entrare nel regno dei cieli, ma trasformare ''questo'' regno in una dimora per Dio, cioè in un paradiso, facendone un luogo dove lo straniero possa dimorare. Ogni volta che facciamo del male allo straniero semplicemente perché è uno straniero, danneggiamo tutta la creazione. E quindi una categoria caratteristica degli insegnamenti dell'ebraismo sul trattamento dello straniero è ''[[w:Tiqqun 'olam|tikkun haolam]]'' {{lang|he|תיקון עולם}}, riparare il mondo. === Il posto per lo straniero in un mondo fratturato === === La sorte dello straniero nella vita e dopo la morte === === Lo straniero, mio ​​fratello === {{clear}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|12 giugno 2025}} [[Categoria:Connessioni|Capitolo 2]] arzgeukh152jrrf4kxzjg1buifvkl40 477794 477793 2025-06-12T21:47:43Z Monozigote 19063 /* Il posto per lo straniero in un mondo fratturato */ testo 477794 wikitext text/x-wiki {{Connessioni}} {{Immagine grande|Mendelssohn, Lessing, Lavater.jpg|740px|[[w:Gotthold Ephraim Lessing|Lessing]] e [[w:Gotthold Ephraim Lessing|Lavater ospiti]] a casa di [[w:Moses Mendelssohn|Moses Mendelssohn]]<ref>Nel dipinto, a destra Johann Kaspar Lavater, teologo svizzero, che tenta di convertire al cristianesimo Moses Mendelssohn. Dietro ai due, Gotthold Ephraim Lessing vicino a una tavola per gli scacchi, il suo gioco preferito. Entra dalla porta la moglie di Mendelssohn con delle bevande.</ref> (dipinto di [[:en:w:Moritz Daniel Oppenheim|Moritz Daniel Oppenheim]], 1856)}} == Lo straniero, mio ​​fratello == "We encounter God in the face of the stranger", scrive Rabbi [[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]]. "That is, I believe, the Hebrew Bible’s single greatest and most counterintuitive contribution to ethics. The human other is a trace of the Divine Other".<ref>Jonathan Sacks, ''The Dignity of Difference: How to Avoid the Clash of Civilizations'' (New York: Continuum Publishing Group, 2003), 59–60.</ref> Poiché l'Altro Divino è l'Altro più radicalmente, nessun Altro è più estraneo di Dio. E scrive Martin Buber: "In that decisive hour, when we encounter God, we must forget everything we imagined we knew of God, when we dared to keep nothing handed down or learned or self-contrived, no shred of knowledge, and were plunged into the night".<ref>Martin Buber, ''Between Man and Man'', trad. Ronald Gregor-Smith (New York: Macmillan, 1965), 17.</ref> Poiché Dio è nel modo più radicale lo straniero, Lo si incontra nel modo più radicale nello straniero. Ecco perché il comandamento di prendersi cura dello straniero è il contributo più grande e controintuitivo dell'ebraismo all'etica, nonché il più frequentemente ripetuto nella [[Torah]]: trentasei volte. Perché questo costante richiamo? Perché è il primo comandamento che tendiamo a dimenticare: è del tutto controintuitivo. Non ho bisogno che mi venga ricordato così spesso di amare il mio prossimo, quello che è come me, che condivide la mia visione del mondo. È un ospite fisso alla mia tavola. Guardiamo le partite insieme e ogni tanto ci godiamo una birra insieme. Ma lo sconosciuto, lo straniero? Quello che non mi assomiglia o non la pensa come me, quello che considero un non-credente e politicamente arretrato, se non barbaro? Ho bisogno che mi venga ricordato ripetutamente di amarlo. Nel Capitolo precedente abbiamo visto che nel movimento della creazione, Dio, ''Elokim'', diventa un Chi. Nella misura in cui viviamo secondo ciò che incontriamo con gli occhi, come quando gli occhi si aprono dopo aver mangiato il frutto proibito ({{passo biblico2|Genesi|3:7}}), siamo ciechi al Chi. Sì, il Chi è l'Invisibile, ma invisibile non perché non possa essere visto, ma perché il Chi è, nelle parole di [[Emmanuel Levinas]], al di là della tematizzazione. "Invisibility", spiega Lévinas, "implies relations with what is not given, of which there is no idea. Vision is an adequation of the idea with the thing, a comprehension that encompasses".<ref>Emmanuel Levinas, ''Totality and Infinity'', trad. Alphonso Lingis (Pittsburgh: Duquesne University Press, 1969), 34.</ref> Il Chi invisibile, tuttavia, è l'includente, non l'incluso, al di là delle coordinate della realtà spazio-temporale. Solo il nascosto, solo Colui che invisibilmente trascende la creazione, può conferire significato alla creazione, così che ''contempliamo'' il Chi invisibile proprio ''come'' il nascosto. Così, dice Levinas, "a God invisible means not only a God unimaginable, but a God accessible in justice. Ethics is the spiritual optics".<ref>''Ibid.'', 78.</ref> E così è in ogni incontro con un Chi. Gli occhi ci rivelano solo il Cosa, un oggetto da appropriarci, possedere o opprimere. Accade ogni volta che ricorriamo all'etichetta, allo stereotipo, alla categoria in cui classifichiamo l'altro, la categoria di un Esso, così che scivoliamo troppo facilmente nell'illusione di conoscere l'altro, di conoscere "la sua specie". In questo modo liquidiamo l'altro, lo straniero, come uno di "loro". Accade ogni volta che osserviamo qualcuno o lo valutiamo, ogni volta che valutiamo qualcuno sulla base del suo curriculum o prendiamo nota dei tratti distintivi di colore, religione, cultura, politica ed etnia, o razza, classe e genere. Fissati sul Cosa questa persona è, secondo questi incidenti, diventiamo ciechi e sordi al Chi, ciechi alla fame e sordi al grido dell'altro. Quel giorno moriremo sicuramente (cfr. {{passo biblico2|Genesi|2:15}}), perché quel giorno cercheremo sicuramente giustificazioni per l'omicidio, come vediamo dai capitoli iniziali della Torah: l'anima soffre ciò che infligge. Emil Fackenheim va al cuore dell'Olocausto quando scrive che, in seguito, "philosophers must face a ''novum'' within a question as old as Socrates: what does it mean to be human?"<ref>Emil L. Fackenheim, ''Jewish Philosophers and Jewish Philosophy'', ed. Michael L. Morgan (Bloomington: Indiana University Press, 1996), 133.</ref> Sterminando gli ebrei, i nazisti tentarono di cancellare la testimonianza millenaria che gli ebrei e l'ebraismo rappresentano con la loro stessa presenza nel mondo. Centrale in quella testimonianza è un insegnamento su ciò che dà significato e valore all'altro essere umano, a partire dalla vedova, dall'orfano e dallo straniero (cfr. {{passo biblico2|Deuteronomio|10:18}}). La determinazione nazista del valore di un essere umano si basa su un accidente della natura: chi nasce ariano ha più valore di chi non nasce ariano. E chi è ariano assume una consistenza ancora maggiore secondo una [[w:volontà di potenza|volontà di potenza]]. Inoltre, un ariano non ha alcun legame essenziale con un non-ariano, e certamente non con un ebreo. Molte persone, molte nazioni, scrive [[Primo Levi]], possono ritrovarsi a ritenere, più o meno consapevolmente, che ogni straniero è un nemico. Per lo più, questa convinzione è radicata nel profondo, come un'infezione latente; si tradisce solo in atti casuali e sconnessi, e non sta alla base di un sistema di ragionamento. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa la premessa maggiore di un sillogismo, allora, "al termine della catena, c'è il Lager".<ref>Primo Levi, ''Se questo e un uomo'', ''loc cit.''</ref> A volte ci si chiede: "Come è potuto avvenire lo sterminio degli ebrei nel cuore della cristianità, in un'Europa illuminata?". A quanto pare, gli ebrei furono sterminati proprio perché erano intrappolati nel cuore della cristianità, in un'Europa illuminata. Anche i musulmani vi ebbero parte. Nel gennaio del 1942, il Gran Mufti Haj Amin al-Husseini (1896-1974) si recò in Bosnia per conto dei nazisti per convincere i leader musulmani che una [[w:Schutzstaffel|divisione SS]] musulmana avrebbe portato onore e gloria ai seguaci dell'Islam. La più numerosa delle unità di sterminio musulmane del Mufti era la [[w:13. Waffen-Gebirgs-Division der SS "Handschar"|13a Divisione Handschar]], composta da {{FORMATNUM:21065}} uomini. La divisione entrò in azione nel febbraio del 1944. Riporto maggiori informazioni al riguardo nel [[Connessioni/Capitolo 8|Capitolo 8]]. In gran parte perché affondano le radici nella tradizione ebraica, nel cristianesimo e nell'Islam si trovano sia il potenziale che la realtà di una prospettiva che esprime una relazione superiore, manifestata nella relazione tra esseri umani. Tuttavia, in ciascuna di queste tradizioni basate sul credo, vi sono alcuni insegnamenti che, in una misura o nell'altra, hanno escluso lo straniero noncredente, considerandolo come qualcuno al di fuori dei confini della "salvezza". Una tale usurpazione teologica del trono del Giudizio Divino può fornire un giustificativo teologico per l'omicidio di massa. Le prove storiche in tal senso sono schiaccianti. Se le astrazioni egocentriche della speculazione filosofica conducono a un'eclissi di Dio, la presunzione teologica che chiunque sia al di fuori del credo – lo straniero – sia eternamente dannato comporta un'usurpazione di Dio. L'amore e la cura comandati per lo straniero, incluso il noncredente, sono una testimonianza della prima parola pronunciata sul Monte Sinai: "Io sono Dio" ({{passo biblico2|Esodo|20:2}}). Se la formula per il filosofo è "Penso, dunque sono", per chi è fissato sul credo è "Io credo, dunque sono", con l'accento sull'io. In entrambi i casi lo straniero rappresenta una minaccia, o alla mia libertà o alla mia salvezza. Per l'ebreo, l'unica minaccia che lo straniero rappresenta per la mia "salvezza" (se questo termine è applicabile) risiede nella mia incapacità di trattarlo con amorevole gentilezza. Levinas sottolinea che "over the stranger... I have no power. He escapes my grasp by an essential dimension".<ref>Levinas, ''Totality and Infinity'', 39.</ref> Lo sforzo di convertire lo straniero o di salvare la sua anima è un tentativo mortale di afferrare ciò che nessun potere può rivendicare. La dimensione essenziale che sfugge alla mia presa? È la dimensione del sacro, della Voce Comandante dell'Altissimo. [[w:George Orwell|George Orwell]] ha affermato che "political language... is designed to make lies sound truthful and murder respectable, and to give an appearance of solidity to pure wind".<ref>George Orwell, ''A Collection of Essays'' (Boston, MA: Houghton Mifflin Harcourt, 1971), 171.</ref> Quando un programma politico si combina con il fanatismo religioso, l'omicidio dello straniero diventa più che rispettabile: si trasforma in un atto sacro gradito a Dio. Nella maggior parte delle tradizioni sacre, i martiri non si considerano meritevoli di nulla; per loro, il martirio non è una merce o un servizio per il quale si aspettano una giusta ricompensa: è una chiamata dall'alto, a cui rispondono, senza aspettarsi una ricompensa, offrendo tutto e per niente: il martirio non è una transazione commerciale. Il jihadismo islamico (a differenza di altre tradizioni islamiche), tuttavia, rappresenta una radicale perversione del male più antico e fondamentale – l'omicidio – nel bene supremo. Mentre nell'ebraismo il martirio significa morire ''rifiutandosi'' di commettere un omicidio e quindi santificando la vita, nel jihadismo islamico significa morire nel processo di uccidere lo straniero per la glorificazione di Dio. Ma i martiri jihadisti non glorificano Dio né santificano la vita. Piuttosto, glorificano un ego trasformato in Allah e quindi santificano l'omicidio, trasformandolo in martirio. Nonostante le loro numerose differenze, cristianesimo e Islam, a differenza dell'Ebraismo, hanno in comune un fondamentale disprezzo per il corpo. In gran parte del mondo, il disprezzo per la realtà carnale dell'essere umano deriva dalla tradizione speculativa greca (si veda, ad esempio, Platone, ''[[w:Fedone|Fedone]]'', 67d-68d), che ha avuto influenza sia sul cristianesimo che sull'Islam. Come affermò [[w:Clemente Alessandrino|Clemente Alessandrino]] (ca. 150 – ca. 215), la filosofia greca era "una preparazione, che spiana la strada a colui che è perfetto in Cristo".<ref>Clemente Alessandrino, ''[[w:Stromateis|Stromateis]]'', anche in Alexander Roberts & James Donaldson, eds., ''Clement of Alexandria: Ante Nicene Christian Library Translations of the Writings of the Fathers to AD 325, Part Four'' (Whitefish, MT: Kessinger, 2007), 366.</ref> E nel Medioevo furono i musulmani a reintrodurre i Greci in Europa. Il disprezzo cristiano per il corpo si ritrova anche nelle Scritture cristiane. Lì sta scritto: "Quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio" ({{passo biblico2|Romani|8:8}}), e "Non abbiate cura della carne per soddisfarne i desideri" ({{passo biblico2|Romani|13:14}}), perché "avere la mente secondo la carne è morte, ma avere la mente secondo lo Spirito è vita e pace" ({{passo biblico2|Romani|8:6}}). Da qui l'ingiunzione di Paolo: "mortificate le vostre membra che sono sulla terra" ({{passo biblico2|Colossesi|3:5}}). Per mezzo di Gesù, dice Paolo, l'anima è liberata "dalla carne" (cfr. {{passo biblico2|Colossesi|2:11-12}}). Ma essere liberati dalla carne corre il rischio di abbandonarsi all'indifferenza verso la sofferenza in carne e ossa dell'altro essere umano. Così, durante l'Inquisizione spagnola, ad esempio, le anime venivano salvate bruciando i corpi negli ''[[w:autodafé|autodafé]]''. Sebbene tali dirette condanne del corpo siano difficilmente riscontrabili nel Corano, tra gli sciiti si possono riscontrare nell'usanza del rito dell'autoflagellazione nel giorno sacro dell'[[w:Ashura|Ashura]], il decimo giorno del mese islamico di [[w:Muharram|Muharram]], anniversario del martirio di [[w:al-Husayn ibn Ali|Husayn ibn Ali]], nipote del Profeta.<ref>Cfr. John L. Esposito, ed., ''The Oxford Dictionary of Islam'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 2003), 27.</ref> Nelle versioni jihadiste moderne dell'Islam, ciò che è negato alla carne in questo mondo è promesso nell'aldilà: [[w:Osama bin Laden|Osama bin Laden]] (1957-2011), ad esempio, promette a chiunque annienti il ​​proprio corpo in questo mondo, allo scopo di uccidere "ebrei e crociati", che godrà dei corpi di settantadue vergini nell'aldilà.<ref>Osama bin Laden, ''Messages to the World: The Statements of Osama bin Laden'', trad. James Howarth, ed. Bruce Lawrence (London: Verso, 2005), 29.</ref> Una simile promessa per il corpo nell'altromondo – un mondo totalmente incorporeo – è indicativa di un disprezzo per la carne – e per lo straniero – in questo mondo. Quando il Jihad è "la via", il proprio corpo deve essere annientato in questo mondo per l'annientamento dello straniero, del miscredente, in quella che [[w:Hasan al-Banna|Hasan al-Banna]] (1906-1949) chiama "la padronanza dell'arte della morte".<ref>{{Lingue|en}} “the mastery of the art of death” ― Hasan al-Banna, ''Five Tracts of Hasan al-Banna: A Selection from the Majmuat Rasail al-Imam al-hahid Hasan al-Banna'', trad. Charles Wendell (Berkeley: University of California Press, 1978), 206–207.</ref> Nell'ebraismo, l'amore per lo straniero si manifesta nella cura del suo corpo, nutrendo gli affamati e alleviando la sofferenza fisica. Ovunque il corpo sia il nemico, alla fine lo è anche lo straniero. Se lo straniero esce dal cerchio della fede, allora ciò che accade al suo corpo può a volte diventare una questione di indifferenza, o peggio. === Il giudizio dello straniero basato sul credo === Pur differendo in molti aspetti significativi, cristianesimo e Islam si somigliano per quanto riguarda i loro insegnamenti su come Dio vede lo straniero, ovvero colui che rifiuta il loro credo, come se fossero a conoscenza non solo degli insegnamenti del Santo, ma anche dei Suoi giudizi. A chiunque ''creda'' in Gesù come suo Signore e Salvatore è promessa la vita eterna ({{passo biblico2|Giovanni|3:16}}). Abbiamo visto cosa ne è del noncredente. Tuttavia, in linea con il suo ebraismo, Gesù insegna un certo amore per lo straniero: "Ero straniero e mi avete accolto" ({{passo biblico2|Matteo|25:35}}). Affermazioni simili sulla santità di trattare lo straniero con amorevole benignità si trovano in {{passo biblico2|1Timoteo|5:10}} e {{passo biblico2|3Giovanni|1:5}}, così come in {{passo biblico2|Ebrei|13:2}}, dove è scritto: "Non dimenticate l'ospitalità; perché alcuni, praticandola, hanno ospitato degli angeli senza saperlo". Paolo dichiara ai Gentili che essere "senza Cristo" significa essere "stranieri nei patti della promessa, senza speranza” ({{passo biblico2|Efesini|2:12}}), ma coloro che credono non sono "più stranieri e pellegrini" ({{passo biblico2|Efesini|2:19}}). Essere stranieri, quindi, significa essere gravemente in errore. Le tradizioni basate sul credo non contengono alcun insegnamento paragonabile a quello ebraico sui [[w:Giusti tra le nazioni|Giusti tra le Nazioni]], i quali, come scritto nel Codice della Legge ebraica, lo ''[[w:Shulchan Arukh|Shulchan Arukh]]'' {{lang|he|שולחן ערוך}}, hanno una loro parte nel Mondo a Venire (''Yoreh Deah'' 367:1). Secondo l'insegnamento cristiano sul peccato ereditato, chi non crede non può essere giusto, per quanto lodevoli siano le sue azioni, poiché siamo "giustificati per sola fede, senza le opere della legge" ({{passo biblico2|Romani|3:28}}), e solo la fede in Cristo può purificarci dalla macchia del peccato di Adamo. Se Gesù viene a "chiamare i peccatori al pentimento" ({{passo biblico2|Marco|2:17}}; {{passo biblico2|Luca|5:32}}), coloro che devono pentirsi non sono solo coloro che hanno compiuto determinate azioni, ma anche coloro che non hanno adottato una determinata fede. Sebbene il Vangelo insegni che chi compie buone opere avrà vita, e chi compie opere malvagie subirà la dannazione (cfr. {{passo biblico2|Giovanni|5:29}}), le epistole insegnano anche che la dannazione incombe su chiunque non creda più (cfr. {{passo biblico2|1Timoteo|5:12}}). "In un fuoco fiammeggiante", scrive Paolo, Dio "fa vendetta su coloro che non conoscono Dio e su coloro che non obbediscono al vangelo del nostro Signore Gesù Cristo" ({{passo biblico2|2Tessalonicesi|1:8-9}}), dove "obbedire" significa non solo agire in un certo modo, ma anche "credere". Certo, le Scritture cristiane insegnano che "se non ha opere, la fede è morta" ({{passo biblico2|Giacomo|2:17}}), ma questo è stato spesso interpretato nel senso che le opere traggono il loro valore dalla fede, non la fede dalle opere. La tolleranza musulmana verso certi stranieri si ritrova nella nozione di ''[[w:dhimmi|dhimmi]]'' – ovvero ebrei, cristiani e [[:en:w:sabean|sabei]] – che, in quanto "[[w:Ahl al-Kitab|gente del Libro]]", godono di uno ''status dhimmi'' o "protetto" secondo la legge musulmana, purché paghino una tassa per la propria protezione. Agli stranieri che rientrano in questa categoria era proibito, pena la morte, portare armi; alzare le mani contro un musulmano, incluso aver tentato di ucciderlo; criticare l'Islam, il Profeta o gli angeli; sposare un musulmano; o ricoprire qualsiasi posizione di autorità su un musulmano. Gli stranieri considerati ''dhimmi'' erano tenuti a vivere separati dai musulmani, in aree che dovevano essere chiuse di notte; praticare la loro religione in segreto e in silenzio; distinguersi dai musulmani per il loro abbigliamento o per i distintivi; e seppellire i loro morti in modo diverso dai musulmani. Era loro proibito cavalcare cavalli o cammelli. Non potevano camminare sullo stesso lato della strada di un musulmano e dovevano accettare insulti dai musulmani senza risposta; La loro testimonianza non era ammessa in tribunale, nemmeno quando erano vittime di un crimine. L'omicidio di un ''dhimmi'' era raramente punibile, poiché un musulmano poteva sempre difendersi sostenendo di aver ucciso un noncredente, ovvero uno straniero.<ref>Cfr. Robert Spencer, ''The Myth of Islamic Tolerance: How Islamic Law Treats Non-Muslims'' (Amherst, NY: Prometheus Books, 2005), 117–119.</ref> Per gli stranieri che non avrebbero mai potuto godere della protezione della ''dhimmitudine'', le cose erano spesso molto più gravi, come sottolinea Serge Trifkovic: ad esempio, quando [[w:Muhammad ibn al-Qasim|Muhammad Qasim]] (695-715), sotto il governo di [[w:Al-Hajjaj ibn Yusuf|Al-Hajjaj ibn Yusuf]] (661-714), invase l'India nel 712 e mostrò misericordia agli indù, Al-Hajjaj gli ricordò che il Corano ordina ai musulmani di tagliare la testa ai miscredenti ovunque si trovino (47:4). Comanda inoltre ai fedeli di "uccidere coloro che uniscono altri dei a Dio ovunque li troviate" (9:5-6). Ne seguì un sanguinoso massacro di indiani.<ref>Serge Trifkovic, ''The Sword of the Prophet: Islam: History, Theology, Impact on the World'' (Boston, MA: Regina Orthodox Press, 2002), 109.</ref> Ciò che bisogna tenere a mente è che la nozione stessa di "noncredente" è un'astrazione teologica: il noncredente è un Cosa e non un Chi, un Esso e non un Tu, è senza volto e privo di santità. È molto più facile giustificare l'uccisione di un'astrazione che l'assassinio di un essere umano in carne e ossa. Chi può determinare dalle azioni di un essere umano perbene in cosa creda realmente? Anche la nozione di "credente", quindi, è un'astrazione. L'accento sulla fede giusta è molto più forte nel cristianesimo e nell'Islam che nell'ebraismo. E anche gli insegnamenti riguardanti il ​​trattamento dello straniero come noncredente sono piuttosto diversi. === La visione dello straniero nell'ebraismo === Ebraismo, cristianesimo e Islam condividono l'insegnamento secondo cui l'intera umanità deriva da un singolo essere umano, Adamo. Per l'insegnamento ebraico, Dio inizia con uno e non con due, così che nessuno possa dire a un altro: "La mia parte della famiglia è migliore della tua" (cfr.''Tosefta Sanhedrin'' 8:4-5). C'è un solo lato della famiglia, e ognuno di noi è legato sia spiritualmente che fisicamente all'altro: spiritualmente attraverso il Creatore e fisicamente attraverso Adamo. A dire il vero, il termine ebraico per "essere umano" è ''ben adam'', letteralmente "figlia/o di Adamo". Proprio come ogni raggio di luce che irradia da una stella è connesso, attraverso la stella, a ogni altro raggio di luce, così ogni anima è connessa a ogni altra anima attraverso Dio, da cui ogni anima emana. E ogni corpo è connesso, attraverso Adamo, a ogni altro corpo. Gli insegnamenti riguardanti la santità dell'essere umano fin dal tempo della creazione si ripercuotono sulla comprensione ebraica dell'Alleanza. Secondo la [[Torah]], il Creatore scelse Abramo per entrare in un'Alleanza non per il bene della sua famiglia, ma affinché attraverso l'Alleanza di Abramo "tutte le famiglie della terra siano benedette" ({{passo biblico2|Genesi|12:3}}); così, dice HaShem tramite il profeta Isaia, "[Io] ti ho posto come alleanza del popolo, come luce delle nazioni" ({{passo biblico2|}}). La benedizione e la luce risiedono nella testimonianza che l'Alleanza richiede ai figli di Abramo di portare al mondo. Come abbiamo visto, gli ebrei sono scelti per dire al mondo che ogni essere umano è scelto, ogni vita umana ha significato e valore, a prescindere da questo o quel credo, e che ognuno di noi è infinitamente responsabile verso e per gli altri. Il credo non determina, e non può determinare, l'esigenza etica, poiché l'esigenza del Bene è anteriore a ogni credo. Il Bene, nelle parole di Levinas, è un "non-present that is invisible, separated (or sacred) and thus a non-origin, an-archical".<ref>Emmanuel Levinas, ''Otherwise Than Being or Beyond Essence'', trad. Alphonso Lingis (The Hague: Nijhoff, 1981), 11.</ref> Pertanto la fede non ci porta a scegliere il Bene; piuttosto, essendo già stati scelti dal Bene, il Bene ci porta a scegliere la fede. Dal punto di vista dell'ebraismo, le astrazioni del credo non possono mai condurci a una relazione con il Santo: l'unica via verso la santità risiede nella relazione in carne e ossa con il nostro prossimo, soprattutto con lo straniero. Perché Dio dà a Mosè due tavole anziché una? Non perché non possa scrivere abbastanza piccolo da poterlo scrivere su una sola. No, serve ad articolare due ambiti di relazione: la prima tavola riguarda la relazione ''ben adam leMakom'' e la seconda la relazione ''ben adam lechevero'', rispettivamente "tra l'uomo e Dio" e "tra l'uomo e l'uomo".<ref>Cfr. per esempio, Abraham ibn Ezra, ''The Secret of the Torah'', trad. H. Norman Strickman (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1995), 64–65.</ref> Eppure ''esiste una sola relazione''. Si noti che nell'espressione della relazione con Dio, Dio è chiamato HaMakom, "il Luogo". Il che significa: Dio ha un posto in questo ambito solo dove l'altro essere umano, a cominciare dallo straniero, ha un posto in questo ambito. Come si apre un posto per lo straniero? Attraverso atti di amorevole gentilezza verso lo straniero, come ripetutamente comandato nella Torah. Il Talmud ci dice che finché il popolo ebraico vive secondo la Torah, i due cherubini in cima all'arca che contiene le tavole della Torah si fronteggiano in un abbraccio amorevole, e la Voce del Santo può essere udita. Ma quando il popolo ebraico si allontana dalla Torah e fa del male a se stesso e agli altri, a cominciare dallo straniero, i due cherubini si allontanano l'uno dall'altro, così che la Voce del Santo tace (''Bava Batra'' 99a), abbandonandoci all'orrore di un silenzio devastante, dove, dice [[w:André Neher|André Neher]] (1914-1988), "Il silenzio sostituisce la Parola perché il Nulla prende il posto dell'Essere", come accadde durante l'Olocausto.<ref>André Neher, ''The Exile of the Word: From the Silence of the Bible to the Silence of Auschwitz'', trad. David Maisel (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1981), I63.</ref> Sebbene l'arca stessa sia ora nascosta in esilio, rimane un'arca celeste, e i cherubini nell'alto si fronteggiano, a meno che non abbandoniamo la Torah. L'Olocausto, tuttavia, pone un problema. Sembra che il Santo sia rimasto in silenzio mentre coloro che Gli erano più devoti venivano massacrati, e mentre gli stessi cherubini venivano massacrati. Infatti lo ''[[Zohar]]'' ci dice che i cherubini hanno il volto di bambini (''Zohar'' I 18b; cfr. anche ''Talmud Bavli, Sukkah'' 5b). Rabbi [[w:Nachman di Breslov|Nachman di Breslov]] osserva che, attraverso i cherubini con i volti di bambini, un angelo porta la benedizione nel mondo, a cominciare dai bambini, come è scritto nella Torah: "L'angelo che mi redime da ogni male benedica i bambini" ({{passo biblico2|Genesi|48:16}}) (''Likutei Moharan'', Parte II, [[Torah]] 1:5). Come abbiamo visto, i nazisti iniziarono il loro assalto al popolo ebraico – il popolo che, dal punto di vista dei nazisti, incarna più radicalmente lo straniero – con un assalto ai bambini, all'angelo che benedice i bambini, alla Torah all'interno dell'arca e ai cherubini in cima all'arca, tra i quali il Santo parla. Ed Egli parla nel modo più profondo attraverso i Suoi comandamenti riguardanti lo straniero. È già stato osservato che la radice della parola ebraica per "comandamento", ''mitzvah'', è ''tzavta'', che significa "connessione". Un comandamento, quindi, non è una regola o un dettame da seguire; piuttosto, è un mezzo per entrare in contatto con Dio. Nell'ebraismo, inoltre, non esiste una connessione astratta o addirittura spirituale con Dio, ma solo una connessione in carne e ossa, che inizia con la mano tesa verso lo straniero – dico ''iniziando con'', come ho ripetuto prima, e non semplicemente includendo. Come abbiamo visto, l'ebraismo insegna che il mezzo più fondamentale per entrare in contatto con Dio risiede nella nostra connessione con l'altro essere umano. E la più fondamentale di queste connessioni risiede nei comandamenti della Torah riguardanti la nostra relazione con lo "straniero", o ''ger''. Tra i primi comandamenti dati dopo i Dieci Comandamenti c'è: "Non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perché anche voi siete stati stranieri in Egitto" ({{passo biblico2|Esodo|22:20}}). Anziché permettere che l'abuso che subiamo diventi una scusa per diventare abusatori, come è così di moda ai nostri tempi, la Torah insiste che debba accadere il contrario: perché "voi conoscete l'anima dello straniero, poiché siete stati stranieri nel paese d'Egitto" ({{passo biblico2|Esodo|23:9}}). L'espressione "perché conoscete l'anima dello straniero" è ''yedaatem etnefesh hager''. La parola per "conoscere", ''daat'', significa anche "essere unito insieme", suggerendo che ogni anima è legata all'altra, ebrea e non-ebrea. E poiché la parola per "anima" in questo brano è ''nefesh'', che indica la dimensione carnale dell'anima, ci viene comandato di prenderci cura del corpo dello straniero, nutrendolo quando ha fame e offrendogli da bere quando ha sete. Lo straniero che dimora tra voi sarà come uno di voi, perché siete legati a lui o a lei ''essenzialmente'' e ''fisicamente'', come figli di Adamo. La Torah lo afferma in modo piuttosto esplicito: "Tratterete lo straniero, che abita fra voi, come chi è nato fra voi; tu lo amerai come te stesso; poiché anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto: io sono HaShem, il vostro Dio" ({{passo biblico2|Levitico|19:34}}). Vale a dire, lo amerai ''kamokha'', "come te stesso", un'eco del comandamento di amare il prossimo, il tuo fratello ebreo, ''kamokha'' ({{passo biblico2|Levitico|19:18}}), che, come osservato nel Capitolo precedente, significa "così sei". In altre parole, "amerai lo straniero, perché l'amore che mostri verso lo straniero ''è'' ciò che sei": quell'amore è il ''chi'' che tu sei nel profondo del tuo essere. Amare il non-ebreo, compreso il noncredente, ha ''la stessa urgenza'' di amare il proprio fratello ebreo, ed entrambi, come ha affermato [[Elie Wiesel]], sono necessari al nostro amore per Dio.<ref>[[Elie Wiesel]], ''Evil and Exile'', trad. Jon Rothschild (Notre Dame, IN: University of Notre Dame Press, 1990), 46.</ref> Orientato all'amore per Dio e per la Torah, quindi, l'insegnamento ebraico è orientato verso l'altro essere umano, che, anche se è uno straniero, ''non è un estraneo altro''. E la frase "Io sono HaShem, il tuo Dio"? Significa che non possiamo avere alcun legame con HaShem senza questo legame di carne e sangue con ''ger''. L'aggiunta di "il tuo Dio", ''Elokeikhem'', significa che in questa relazione con lo straniero si subisce un giudizio. Perché il Nome ''HaShem'' designa misericordia, mentre il Nome ''Elokim'' significa giudizio, come insegnato dal grande mistico [[Rivelazione e Cabala/Moses Cordovero|Moses Cordovero]] (1522-70) (''Or Neerav'' 6:5:11). Pertanto, dice Levinas, "l'accoglienza riservata allo Straniero che la Bibbia ci chiede instancabilmente non costituisce un corollario dell'ebraismo e del suo amore per Dio, ma è il contenuto stesso della fede",<ref>[[Emmanuel Levinas]], ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. Sean Hand (Baltimore, MD: Johns Hopkins University Press, 1990), 173.</ref> il contenuto stesso dell'ebraismo. Poiché il ''ger'' non è un altro estraneo, ma qualcuno a cui l'ebreo è connesso nel profondo della sua anima, abbiamo questo comandamento: "Non pervertirai il diritto dovuto allo straniero" ({{passo biblico2|Deuteronomio|24:17}}), un comandamento che è in netto contrasto con la legge islamica che non consente allo straniero, al ''dhimmi'', di testimoniare in un tribunale di "giustizia" nemmeno per conto proprio. Naturalmente, bisogna tenere presente che in questi comandamenti della Torah la parola per "straniero" è ''ger'': un ''ger'' è un non ebreo che dimora tra gli ebrei, cercando solo la pace, solo per essere un buon vicino, solo la relazione umana che rende possibile la dimora. Altri due termini per "straniero" sono ''nochri'' e ''zar''. ''Nochri'' si riferisce semplicemente a qualcuno che è forestiero e nonfamiliare, ma con cui si potrebbe diventare familiari. Il ''nochri'' è qualcuno che potrebbe diventare un ''ger''. ''Zar'', tuttavia, si riferisce a qualcuno che è completamente estraneo, che è al di là di qualsiasi cosa possa diventare familiare, come in ''[[w:Avodah Zarah|avodah zarah]]'' {{lang|he|עבודה זרה‎}}, il culto estraneo che è "idolatria". Secondo l'insegnamento ebraico, non vi è alcun obbligo verso lo "straniero" in quanto ''zar'', cioè come qualcuno che è determinato a sterminare te o gli altri. Anche gli ebrei stessi possono rientrare in questa categoria: ad esempio, gli ebrei che ignorano i comandamenti della Torah riguardanti lo straniero. [[Elie Wiesel]] approfondisce questo punto: {{citazione|When are we suspicious of the stranger? When he or she comes from our midst. There is a difference between ''ger'', ''nochri'' and ''zar''. All three words refer to the stranger. Scripture is kind to the ''ger'', compassionate toward the ''nochri'', and harsh toward the ''zar''. For only the ''zar'' is Jewish. And a Jew who chooses to estrange himself from his people, a Jew who makes use of his Jewishness only to denigrate other Jews, a Jew of whom it may be said that “he removed himself from his community,” who shares neither its sorrow nor its joy, that Jew is not our brother.|Elie Wiesel, ''Sages and Dreamers: Biblical, Talmudic, and Hasidic Portraits and Legends'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1991), 55}} Pertanto, la categoria di straniero presente nei trentasei comandamenti relativi al nostro trattamento dello straniero non si applica all'ebreo che si è estraniato dalla comunità del Patto della Torah. Infatti, in quell'estraniamento dalla Torah si cela un'estraniazione dal comandamento della Torah di amare lo straniero. Bisogna riconoscere che il Talmud contiene insegnamenti sui Gentili come il seguente: "Un ebreo non deve associarsi con i Gentili perché sono spargitori di sangue" (''Avodah Zarah'' 22a). Il contesto di tali insegnamenti, tuttavia, non va dimenticato: chi sparge sangue rientra nella categoria dello ''zar''. Laddove lo straniero non abbia rappresentato una tale minaccia, gli insegnamenti ebraici della tradizione orale lo hanno trattato come un figlio di Dio; in generale, è qui che si applica il termine ''ger''. Sebbene l'ebraismo consideri gli ebrei un "popolo a parte" (cfr. {{passo biblico2|Levitico|20:24}}), essere un popolo a parte non significa far parte dell'élite o degli eletti. La loro distinzione tra le nazioni, piuttosto, risiede nella loro missione specifica di trasmettere determinati insegnamenti riguardanti, tra le altre cose, il trattamento dello straniero. Se un essere umano è considerato un ''medaber'' o "essere parlante", come insegnato, ad esempio, da [[Maimonide]] (''Moreh Nevuchim'' 1:51), il suo legame fondamentale con gli altri esseri umani risiede nella parola: per un ebreo, l'urgenza di dire la parola ''tu'' a un altro ebreo è pari all'urgenza di dire la parola ''tu'' a un non ebreo. Pertanto, la ''Mishnah'' insegna che il divieto di fare un torto a qualcuno nell'acquisto e nella vendita si applica anche al fare un torto a chiunque, incluso lo straniero, ''con le parole'' (''Bava Metzia'' 4:4). Tra le parole che un ebreo deve pronunciare a un altro essere umano, per non fargli un torto con le parole, spicca la parola ''tu'', pronunciata con "tutto il proprio essere", in un'espressione del tipo "''Hineni'' – Eccomi per ''te''". Vale la pena notare che, secondo il Talmud, una delle quattro domande che ci vengono poste quando ci troviamo davanti al Tribunale Celeste è: Sei stato onesto nei tuoi affari? – questo, insiste il Talmud, include i rapporti con lo straniero (''Shabbat'' 31a).<ref>Le altre tre domande sono: Hai atteso e operato per la venuta del Messia? Hai cercato di trovare il tempo per studiare la Torah? Ti sei dedicato alla crescita della tua famiglia?</ref> Similmente, riguardo al ''ger'', il Talmud insegna: "Non schernire lo straniero con la tua stessa macchia" (''Bava Metzia'' 59b). Ciò che vale per il nostro riguardo verso il prossimo ebreo vale anche per il nostro riguardo verso il prossimo non-ebreo: non giudicare. Lascia che Dio sia il giudice di chi è giusto e chi non lo è, di chi ha un posto nel Mondo a Venire e chi no. Nella misura in cui stabiliamo che il nostro prossimo non ha posto con Dio, a causa della sua incredulità, non possiamo avere alcuna relazione con quella persona, né possiamo avere alcun posto con Dio, con ''HaMakom''. Contrariamente alle tradizioni che dichiarano che la loro sia l'unica via per raggiungere Dio, il Talmud insegna che il non-ebreo ha un posto nel Mondo a Venire, così come l'ebreo – anzi, anche più facilmente dell'ebreo, poiché l'ebreo ha una responsabilità molto maggiore da assolvere (cfr. ''Sanhedrin'' 105a). Lo straniero ha un posto nel Mondo a Venire perché ha un posto ''in questo mondo'': poiché lo scopo di Dio nella creazione è creare una dimora, un ''Makom'', per Sé stesso, è quello di creare una dimora per gli altri, ebrei e non-ebrei, in questo reame fisico – ''specialmente'' per lo straniero, perché, come ha giustamente osservato Levinas, la "stranezza" dello straniero è proprio la sua "mancanza di dimora",<ref>Levinas, ''Otherwise Than Being'', 91.</ref> l'essere senza un posto. Lo straniero ci è estraneo perché il mondo è estraneo a lui o a lei. Dobbiamo fare in modo che le cose vadano diversamente. Sostenendo che le porte del regno di Dio "sono sempre aperte" allo straniero, come è scritto nel ''Midrash'' (''Shemot Rabbah'' 19:4), l'ebraismo non si pone nell'angolo teologico di dichiarare che la via verso Dio passa solo attraverso l'ebraismo. Escludere lo straniero dal Mondo a Venire significa escludere lo straniero da questo mondo; se non ha un posto con Dio, ''secondo le sue azioni e la sua rettitudine'', allora non può averne con i suoi simili. Quindi, se diciamo allo straniero: "Solo attraverso questa via puoi giungere a Dio", allora non possiamo avere alcuna relazione umana con lui o lei; un simile atteggiamento riduce lo straniero a una merce, a un Esso, che, in effetti, è la nostra inclinazione. L'ebraismo, quindi, ''impone'' una relazione umana con lo straniero, per quanto controintuitiva possa essere. "Amati sono gli stranieri", dice il ''Midrash'', "perché la Scrittura in ogni caso li paragona a Israele" (''Bemidbar Rabbah'' 8:2). Amati da chi? Amati da Dio, come insegnato in un altro ''Midrash'': "Io vi ho amati" ({{passo biblico2|Malachia|1:2}}) si riferisce allo straniero (''Bemidbar Rabbah'' 8:2). Secondo l'insegnamento ebraico, ogni volta che un ebreo incontra uno straniero, incontra uno degli amati di Dio, uno dei figli di Dio, incontra Dio Padre Stesso. Poiché gli ebrei gridano "Padre!" a Dio, gridano "Fratello!" allo straniero. Prima che qualcuno fosse scelto per essere ebreo o non-ebreo, c'era la storia di Caino e Abele. In quella storia, Dio pone a Caino due domande: "Dov'è tuo fratello?" e ​​"Che cosa hai fatto?". Rispondere a una domanda significa rispondere all'altra: dichiariamo la nostra comprensione di dove si trovi nostro fratello – israelita o ''ger'' – attraverso ciò che abbiamo fatto concretamente, non attraverso ciò in cui crediamo. Pensare in termini di astrazioni teologiche basate sul credo ci rende sordi alla domanda o incapaci di rispondere. Il punto nel rispondere alle domande poste a Caino non è entrare nel regno dei cieli, ma trasformare ''questo'' regno in una dimora per Dio, cioè in un paradiso, facendone un luogo dove lo straniero possa dimorare. Ogni volta che facciamo del male allo straniero semplicemente perché è uno straniero, danneggiamo tutta la creazione. E quindi una categoria caratteristica degli insegnamenti dell'ebraismo sul trattamento dello straniero è ''[[w:Tiqqun 'olam|tikkun haolam]]'' {{lang|he|תיקון עולם}}, riparare il mondo. === Il posto per lo straniero in un mondo fratturato === La centralità del ''tikkun haolam'' nella tradizione ebraica sottolinea l'accento della [[Torah]] sulla trasformazione di questo reame in una dimora per lo straniero. Dal punto di vista dell'ebraismo, non andiamo in un luogo migliore quando l'anima lascia questo mondo; ''questo'' è un luogo migliore, proprio perché solo in questo reame siamo in grado di entrare in una relazione di carne e sangue con i nostri simili, ebrei e non-ebrei. Come abbiamo visto, i seguaci di tradizioni basate su un credo si sforzano più di entrare nel regno di Dio che di far entrare Dio in questo regno, insistendo, come fa Gesù, che "il mio regno non è di questo mondo" ({{passo biblico2|Giovanni|18:36}}). L'ebraismo intende il regno messianico come qualcosa di stabilito in questo regno fisico, e l'inaugurazione di quell'era si basa sul nostro trattamento dello straniero. Non appena denigriamo questo mondo come irreale o vile, una valle di lacrime che dobbiamo attraversare a fatica fino a raggiungere il reame della "vera felicità", per usare le parole di Tommaso d'Aquino,<ref>{{en}}Thomas Aquinas, ''St. Thomas Aquinas on Politics and Ethics'', trad. e cur. Paul E. Sigmund (New York: W. W. Norton, 1988), 8.</ref> svalutiamo non solo questo mondo, ma anche coloro che vorrebbero abitarlo, a cominciare dallo straniero. La stima per l'uno è legata alla stima per l'altro. === La sorte dello straniero nella vita e dopo la morte === === Lo straniero, mio ​​fratello === {{clear}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|12 giugno 2025}} [[Categoria:Connessioni|Capitolo 2]] jgo8zu0ph560879ot25122fo0far93s 477796 477794 2025-06-13T11:28:03Z Monozigote 19063 /* Il posto per lo straniero in un mondo fratturato */ testo 477796 wikitext text/x-wiki {{Connessioni}} {{Immagine grande|Mendelssohn, Lessing, Lavater.jpg|740px|[[w:Gotthold Ephraim Lessing|Lessing]] e [[w:Gotthold Ephraim Lessing|Lavater ospiti]] a casa di [[w:Moses Mendelssohn|Moses Mendelssohn]]<ref>Nel dipinto, a destra Johann Kaspar Lavater, teologo svizzero, che tenta di convertire al cristianesimo Moses Mendelssohn. Dietro ai due, Gotthold Ephraim Lessing vicino a una tavola per gli scacchi, il suo gioco preferito. Entra dalla porta la moglie di Mendelssohn con delle bevande.</ref> (dipinto di [[:en:w:Moritz Daniel Oppenheim|Moritz Daniel Oppenheim]], 1856)}} == Lo straniero, mio ​​fratello == "We encounter God in the face of the stranger", scrive Rabbi [[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]]. "That is, I believe, the Hebrew Bible’s single greatest and most counterintuitive contribution to ethics. The human other is a trace of the Divine Other".<ref>Jonathan Sacks, ''The Dignity of Difference: How to Avoid the Clash of Civilizations'' (New York: Continuum Publishing Group, 2003), 59–60.</ref> Poiché l'Altro Divino è l'Altro più radicalmente, nessun Altro è più estraneo di Dio. E scrive Martin Buber: "In that decisive hour, when we encounter God, we must forget everything we imagined we knew of God, when we dared to keep nothing handed down or learned or self-contrived, no shred of knowledge, and were plunged into the night".<ref>Martin Buber, ''Between Man and Man'', trad. Ronald Gregor-Smith (New York: Macmillan, 1965), 17.</ref> Poiché Dio è nel modo più radicale lo straniero, Lo si incontra nel modo più radicale nello straniero. Ecco perché il comandamento di prendersi cura dello straniero è il contributo più grande e controintuitivo dell'ebraismo all'etica, nonché il più frequentemente ripetuto nella [[Torah]]: trentasei volte. Perché questo costante richiamo? Perché è il primo comandamento che tendiamo a dimenticare: è del tutto controintuitivo. Non ho bisogno che mi venga ricordato così spesso di amare il mio prossimo, quello che è come me, che condivide la mia visione del mondo. È un ospite fisso alla mia tavola. Guardiamo le partite insieme e ogni tanto ci godiamo una birra insieme. Ma lo sconosciuto, lo straniero? Quello che non mi assomiglia o non la pensa come me, quello che considero un non-credente e politicamente arretrato, se non barbaro? Ho bisogno che mi venga ricordato ripetutamente di amarlo. Nel Capitolo precedente abbiamo visto che nel movimento della creazione, Dio, ''Elokim'', diventa un Chi. Nella misura in cui viviamo secondo ciò che incontriamo con gli occhi, come quando gli occhi si aprono dopo aver mangiato il frutto proibito ({{passo biblico2|Genesi|3:7}}), siamo ciechi al Chi. Sì, il Chi è l'Invisibile, ma invisibile non perché non possa essere visto, ma perché il Chi è, nelle parole di [[Emmanuel Levinas]], al di là della tematizzazione. "Invisibility", spiega Lévinas, "implies relations with what is not given, of which there is no idea. Vision is an adequation of the idea with the thing, a comprehension that encompasses".<ref>Emmanuel Levinas, ''Totality and Infinity'', trad. Alphonso Lingis (Pittsburgh: Duquesne University Press, 1969), 34.</ref> Il Chi invisibile, tuttavia, è l'includente, non l'incluso, al di là delle coordinate della realtà spazio-temporale. Solo il nascosto, solo Colui che invisibilmente trascende la creazione, può conferire significato alla creazione, così che ''contempliamo'' il Chi invisibile proprio ''come'' il nascosto. Così, dice Levinas, "a God invisible means not only a God unimaginable, but a God accessible in justice. Ethics is the spiritual optics".<ref>''Ibid.'', 78.</ref> E così è in ogni incontro con un Chi. Gli occhi ci rivelano solo il Cosa, un oggetto da appropriarci, possedere o opprimere. Accade ogni volta che ricorriamo all'etichetta, allo stereotipo, alla categoria in cui classifichiamo l'altro, la categoria di un Esso, così che scivoliamo troppo facilmente nell'illusione di conoscere l'altro, di conoscere "la sua specie". In questo modo liquidiamo l'altro, lo straniero, come uno di "loro". Accade ogni volta che osserviamo qualcuno o lo valutiamo, ogni volta che valutiamo qualcuno sulla base del suo curriculum o prendiamo nota dei tratti distintivi di colore, religione, cultura, politica ed etnia, o razza, classe e genere. Fissati sul Cosa questa persona è, secondo questi incidenti, diventiamo ciechi e sordi al Chi, ciechi alla fame e sordi al grido dell'altro. Quel giorno moriremo sicuramente (cfr. {{passo biblico2|Genesi|2:15}}), perché quel giorno cercheremo sicuramente giustificazioni per l'omicidio, come vediamo dai capitoli iniziali della Torah: l'anima soffre ciò che infligge. Emil Fackenheim va al cuore dell'Olocausto quando scrive che, in seguito, "philosophers must face a ''novum'' within a question as old as Socrates: what does it mean to be human?"<ref>Emil L. Fackenheim, ''Jewish Philosophers and Jewish Philosophy'', ed. Michael L. Morgan (Bloomington: Indiana University Press, 1996), 133.</ref> Sterminando gli ebrei, i nazisti tentarono di cancellare la testimonianza millenaria che gli ebrei e l'ebraismo rappresentano con la loro stessa presenza nel mondo. Centrale in quella testimonianza è un insegnamento su ciò che dà significato e valore all'altro essere umano, a partire dalla vedova, dall'orfano e dallo straniero (cfr. {{passo biblico2|Deuteronomio|10:18}}). La determinazione nazista del valore di un essere umano si basa su un accidente della natura: chi nasce ariano ha più valore di chi non nasce ariano. E chi è ariano assume una consistenza ancora maggiore secondo una [[w:volontà di potenza|volontà di potenza]]. Inoltre, un ariano non ha alcun legame essenziale con un non-ariano, e certamente non con un ebreo. Molte persone, molte nazioni, scrive [[Primo Levi]], possono ritrovarsi a ritenere, più o meno consapevolmente, che ogni straniero è un nemico. Per lo più, questa convinzione è radicata nel profondo, come un'infezione latente; si tradisce solo in atti casuali e sconnessi, e non sta alla base di un sistema di ragionamento. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa la premessa maggiore di un sillogismo, allora, "al termine della catena, c'è il Lager".<ref>Primo Levi, ''Se questo e un uomo'', ''loc cit.''</ref> A volte ci si chiede: "Come è potuto avvenire lo sterminio degli ebrei nel cuore della cristianità, in un'Europa illuminata?". A quanto pare, gli ebrei furono sterminati proprio perché erano intrappolati nel cuore della cristianità, in un'Europa illuminata. Anche i musulmani vi ebbero parte. Nel gennaio del 1942, il Gran Mufti Haj Amin al-Husseini (1896-1974) si recò in Bosnia per conto dei nazisti per convincere i leader musulmani che una [[w:Schutzstaffel|divisione SS]] musulmana avrebbe portato onore e gloria ai seguaci dell'Islam. La più numerosa delle unità di sterminio musulmane del Mufti era la [[w:13. Waffen-Gebirgs-Division der SS "Handschar"|13a Divisione Handschar]], composta da {{FORMATNUM:21065}} uomini. La divisione entrò in azione nel febbraio del 1944. Riporto maggiori informazioni al riguardo nel [[Connessioni/Capitolo 8|Capitolo 8]]. In gran parte perché affondano le radici nella tradizione ebraica, nel cristianesimo e nell'Islam si trovano sia il potenziale che la realtà di una prospettiva che esprime una relazione superiore, manifestata nella relazione tra esseri umani. Tuttavia, in ciascuna di queste tradizioni basate sul credo, vi sono alcuni insegnamenti che, in una misura o nell'altra, hanno escluso lo straniero noncredente, considerandolo come qualcuno al di fuori dei confini della "salvezza". Una tale usurpazione teologica del trono del Giudizio Divino può fornire un giustificativo teologico per l'omicidio di massa. Le prove storiche in tal senso sono schiaccianti. Se le astrazioni egocentriche della speculazione filosofica conducono a un'eclissi di Dio, la presunzione teologica che chiunque sia al di fuori del credo – lo straniero – sia eternamente dannato comporta un'usurpazione di Dio. L'amore e la cura comandati per lo straniero, incluso il noncredente, sono una testimonianza della prima parola pronunciata sul Monte Sinai: "Io sono Dio" ({{passo biblico2|Esodo|20:2}}). Se la formula per il filosofo è "Penso, dunque sono", per chi è fissato sul credo è "Io credo, dunque sono", con l'accento sull'io. In entrambi i casi lo straniero rappresenta una minaccia, o alla mia libertà o alla mia salvezza. Per l'ebreo, l'unica minaccia che lo straniero rappresenta per la mia "salvezza" (se questo termine è applicabile) risiede nella mia incapacità di trattarlo con amorevole gentilezza. Levinas sottolinea che "over the stranger... I have no power. He escapes my grasp by an essential dimension".<ref>Levinas, ''Totality and Infinity'', 39.</ref> Lo sforzo di convertire lo straniero o di salvare la sua anima è un tentativo mortale di afferrare ciò che nessun potere può rivendicare. La dimensione essenziale che sfugge alla mia presa? È la dimensione del sacro, della Voce Comandante dell'Altissimo. [[w:George Orwell|George Orwell]] ha affermato che "political language... is designed to make lies sound truthful and murder respectable, and to give an appearance of solidity to pure wind".<ref>George Orwell, ''A Collection of Essays'' (Boston, MA: Houghton Mifflin Harcourt, 1971), 171.</ref> Quando un programma politico si combina con il fanatismo religioso, l'omicidio dello straniero diventa più che rispettabile: si trasforma in un atto sacro gradito a Dio. Nella maggior parte delle tradizioni sacre, i martiri non si considerano meritevoli di nulla; per loro, il martirio non è una merce o un servizio per il quale si aspettano una giusta ricompensa: è una chiamata dall'alto, a cui rispondono, senza aspettarsi una ricompensa, offrendo tutto e per niente: il martirio non è una transazione commerciale. Il jihadismo islamico (a differenza di altre tradizioni islamiche), tuttavia, rappresenta una radicale perversione del male più antico e fondamentale – l'omicidio – nel bene supremo. Mentre nell'ebraismo il martirio significa morire ''rifiutandosi'' di commettere un omicidio e quindi santificando la vita, nel jihadismo islamico significa morire nel processo di uccidere lo straniero per la glorificazione di Dio. Ma i martiri jihadisti non glorificano Dio né santificano la vita. Piuttosto, glorificano un ego trasformato in Allah e quindi santificano l'omicidio, trasformandolo in martirio. Nonostante le loro numerose differenze, cristianesimo e Islam, a differenza dell'Ebraismo, hanno in comune un fondamentale disprezzo per il corpo. In gran parte del mondo, il disprezzo per la realtà carnale dell'essere umano deriva dalla tradizione speculativa greca (si veda, ad esempio, Platone, ''[[w:Fedone|Fedone]]'', 67d-68d), che ha avuto influenza sia sul cristianesimo che sull'Islam. Come affermò [[w:Clemente Alessandrino|Clemente Alessandrino]] (ca. 150 – ca. 215), la filosofia greca era "una preparazione, che spiana la strada a colui che è perfetto in Cristo".<ref>Clemente Alessandrino, ''[[w:Stromateis|Stromateis]]'', anche in Alexander Roberts & James Donaldson, eds., ''Clement of Alexandria: Ante Nicene Christian Library Translations of the Writings of the Fathers to AD 325, Part Four'' (Whitefish, MT: Kessinger, 2007), 366.</ref> E nel Medioevo furono i musulmani a reintrodurre i Greci in Europa. Il disprezzo cristiano per il corpo si ritrova anche nelle Scritture cristiane. Lì sta scritto: "Quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio" ({{passo biblico2|Romani|8:8}}), e "Non abbiate cura della carne per soddisfarne i desideri" ({{passo biblico2|Romani|13:14}}), perché "avere la mente secondo la carne è morte, ma avere la mente secondo lo Spirito è vita e pace" ({{passo biblico2|Romani|8:6}}). Da qui l'ingiunzione di Paolo: "mortificate le vostre membra che sono sulla terra" ({{passo biblico2|Colossesi|3:5}}). Per mezzo di Gesù, dice Paolo, l'anima è liberata "dalla carne" (cfr. {{passo biblico2|Colossesi|2:11-12}}). Ma essere liberati dalla carne corre il rischio di abbandonarsi all'indifferenza verso la sofferenza in carne e ossa dell'altro essere umano. Così, durante l'Inquisizione spagnola, ad esempio, le anime venivano salvate bruciando i corpi negli ''[[w:autodafé|autodafé]]''. Sebbene tali dirette condanne del corpo siano difficilmente riscontrabili nel Corano, tra gli sciiti si possono riscontrare nell'usanza del rito dell'autoflagellazione nel giorno sacro dell'[[w:Ashura|Ashura]], il decimo giorno del mese islamico di [[w:Muharram|Muharram]], anniversario del martirio di [[w:al-Husayn ibn Ali|Husayn ibn Ali]], nipote del Profeta.<ref>Cfr. John L. Esposito, ed., ''The Oxford Dictionary of Islam'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 2003), 27.</ref> Nelle versioni jihadiste moderne dell'Islam, ciò che è negato alla carne in questo mondo è promesso nell'aldilà: [[w:Osama bin Laden|Osama bin Laden]] (1957-2011), ad esempio, promette a chiunque annienti il ​​proprio corpo in questo mondo, allo scopo di uccidere "ebrei e crociati", che godrà dei corpi di settantadue vergini nell'aldilà.<ref>Osama bin Laden, ''Messages to the World: The Statements of Osama bin Laden'', trad. James Howarth, ed. Bruce Lawrence (London: Verso, 2005), 29.</ref> Una simile promessa per il corpo nell'altromondo – un mondo totalmente incorporeo – è indicativa di un disprezzo per la carne – e per lo straniero – in questo mondo. Quando il Jihad è "la via", il proprio corpo deve essere annientato in questo mondo per l'annientamento dello straniero, del miscredente, in quella che [[w:Hasan al-Banna|Hasan al-Banna]] (1906-1949) chiama "la padronanza dell'arte della morte".<ref>{{Lingue|en}} “the mastery of the art of death” ― Hasan al-Banna, ''Five Tracts of Hasan al-Banna: A Selection from the Majmuat Rasail al-Imam al-hahid Hasan al-Banna'', trad. Charles Wendell (Berkeley: University of California Press, 1978), 206–207.</ref> Nell'ebraismo, l'amore per lo straniero si manifesta nella cura del suo corpo, nutrendo gli affamati e alleviando la sofferenza fisica. Ovunque il corpo sia il nemico, alla fine lo è anche lo straniero. Se lo straniero esce dal cerchio della fede, allora ciò che accade al suo corpo può a volte diventare una questione di indifferenza, o peggio. === Il giudizio dello straniero basato sul credo === Pur differendo in molti aspetti significativi, cristianesimo e Islam si somigliano per quanto riguarda i loro insegnamenti su come Dio vede lo straniero, ovvero colui che rifiuta il loro credo, come se fossero a conoscenza non solo degli insegnamenti del Santo, ma anche dei Suoi giudizi. A chiunque ''creda'' in Gesù come suo Signore e Salvatore è promessa la vita eterna ({{passo biblico2|Giovanni|3:16}}). Abbiamo visto cosa ne è del noncredente. Tuttavia, in linea con il suo ebraismo, Gesù insegna un certo amore per lo straniero: "Ero straniero e mi avete accolto" ({{passo biblico2|Matteo|25:35}}). Affermazioni simili sulla santità di trattare lo straniero con amorevole benignità si trovano in {{passo biblico2|1Timoteo|5:10}} e {{passo biblico2|3Giovanni|1:5}}, così come in {{passo biblico2|Ebrei|13:2}}, dove è scritto: "Non dimenticate l'ospitalità; perché alcuni, praticandola, hanno ospitato degli angeli senza saperlo". Paolo dichiara ai Gentili che essere "senza Cristo" significa essere "stranieri nei patti della promessa, senza speranza” ({{passo biblico2|Efesini|2:12}}), ma coloro che credono non sono "più stranieri e pellegrini" ({{passo biblico2|Efesini|2:19}}). Essere stranieri, quindi, significa essere gravemente in errore. Le tradizioni basate sul credo non contengono alcun insegnamento paragonabile a quello ebraico sui [[w:Giusti tra le nazioni|Giusti tra le Nazioni]], i quali, come scritto nel Codice della Legge ebraica, lo ''[[w:Shulchan Arukh|Shulchan Arukh]]'' {{lang|he|שולחן ערוך}}, hanno una loro parte nel Mondo a Venire (''Yoreh Deah'' 367:1). Secondo l'insegnamento cristiano sul peccato ereditato, chi non crede non può essere giusto, per quanto lodevoli siano le sue azioni, poiché siamo "giustificati per sola fede, senza le opere della legge" ({{passo biblico2|Romani|3:28}}), e solo la fede in Cristo può purificarci dalla macchia del peccato di Adamo. Se Gesù viene a "chiamare i peccatori al pentimento" ({{passo biblico2|Marco|2:17}}; {{passo biblico2|Luca|5:32}}), coloro che devono pentirsi non sono solo coloro che hanno compiuto determinate azioni, ma anche coloro che non hanno adottato una determinata fede. Sebbene il Vangelo insegni che chi compie buone opere avrà vita, e chi compie opere malvagie subirà la dannazione (cfr. {{passo biblico2|Giovanni|5:29}}), le epistole insegnano anche che la dannazione incombe su chiunque non creda più (cfr. {{passo biblico2|1Timoteo|5:12}}). "In un fuoco fiammeggiante", scrive Paolo, Dio "fa vendetta su coloro che non conoscono Dio e su coloro che non obbediscono al vangelo del nostro Signore Gesù Cristo" ({{passo biblico2|2Tessalonicesi|1:8-9}}), dove "obbedire" significa non solo agire in un certo modo, ma anche "credere". Certo, le Scritture cristiane insegnano che "se non ha opere, la fede è morta" ({{passo biblico2|Giacomo|2:17}}), ma questo è stato spesso interpretato nel senso che le opere traggono il loro valore dalla fede, non la fede dalle opere. La tolleranza musulmana verso certi stranieri si ritrova nella nozione di ''[[w:dhimmi|dhimmi]]'' – ovvero ebrei, cristiani e [[:en:w:sabean|sabei]] – che, in quanto "[[w:Ahl al-Kitab|gente del Libro]]", godono di uno ''status dhimmi'' o "protetto" secondo la legge musulmana, purché paghino una tassa per la propria protezione. Agli stranieri che rientrano in questa categoria era proibito, pena la morte, portare armi; alzare le mani contro un musulmano, incluso aver tentato di ucciderlo; criticare l'Islam, il Profeta o gli angeli; sposare un musulmano; o ricoprire qualsiasi posizione di autorità su un musulmano. Gli stranieri considerati ''dhimmi'' erano tenuti a vivere separati dai musulmani, in aree che dovevano essere chiuse di notte; praticare la loro religione in segreto e in silenzio; distinguersi dai musulmani per il loro abbigliamento o per i distintivi; e seppellire i loro morti in modo diverso dai musulmani. Era loro proibito cavalcare cavalli o cammelli. Non potevano camminare sullo stesso lato della strada di un musulmano e dovevano accettare insulti dai musulmani senza risposta; La loro testimonianza non era ammessa in tribunale, nemmeno quando erano vittime di un crimine. L'omicidio di un ''dhimmi'' era raramente punibile, poiché un musulmano poteva sempre difendersi sostenendo di aver ucciso un noncredente, ovvero uno straniero.<ref>Cfr. Robert Spencer, ''The Myth of Islamic Tolerance: How Islamic Law Treats Non-Muslims'' (Amherst, NY: Prometheus Books, 2005), 117–119.</ref> Per gli stranieri che non avrebbero mai potuto godere della protezione della ''dhimmitudine'', le cose erano spesso molto più gravi, come sottolinea Serge Trifkovic: ad esempio, quando [[w:Muhammad ibn al-Qasim|Muhammad Qasim]] (695-715), sotto il governo di [[w:Al-Hajjaj ibn Yusuf|Al-Hajjaj ibn Yusuf]] (661-714), invase l'India nel 712 e mostrò misericordia agli indù, Al-Hajjaj gli ricordò che il Corano ordina ai musulmani di tagliare la testa ai miscredenti ovunque si trovino (47:4). Comanda inoltre ai fedeli di "uccidere coloro che uniscono altri dei a Dio ovunque li troviate" (9:5-6). Ne seguì un sanguinoso massacro di indiani.<ref>Serge Trifkovic, ''The Sword of the Prophet: Islam: History, Theology, Impact on the World'' (Boston, MA: Regina Orthodox Press, 2002), 109.</ref> Ciò che bisogna tenere a mente è che la nozione stessa di "noncredente" è un'astrazione teologica: il noncredente è un Cosa e non un Chi, un Esso e non un Tu, è senza volto e privo di santità. È molto più facile giustificare l'uccisione di un'astrazione che l'assassinio di un essere umano in carne e ossa. Chi può determinare dalle azioni di un essere umano perbene in cosa creda realmente? Anche la nozione di "credente", quindi, è un'astrazione. L'accento sulla fede giusta è molto più forte nel cristianesimo e nell'Islam che nell'ebraismo. E anche gli insegnamenti riguardanti il ​​trattamento dello straniero come noncredente sono piuttosto diversi. === La visione dello straniero nell'ebraismo === Ebraismo, cristianesimo e Islam condividono l'insegnamento secondo cui l'intera umanità deriva da un singolo essere umano, Adamo. Per l'insegnamento ebraico, Dio inizia con uno e non con due, così che nessuno possa dire a un altro: "La mia parte della famiglia è migliore della tua" (cfr.''Tosefta Sanhedrin'' 8:4-5). C'è un solo lato della famiglia, e ognuno di noi è legato sia spiritualmente che fisicamente all'altro: spiritualmente attraverso il Creatore e fisicamente attraverso Adamo. A dire il vero, il termine ebraico per "essere umano" è ''ben adam'', letteralmente "figlia/o di Adamo". Proprio come ogni raggio di luce che irradia da una stella è connesso, attraverso la stella, a ogni altro raggio di luce, così ogni anima è connessa a ogni altra anima attraverso Dio, da cui ogni anima emana. E ogni corpo è connesso, attraverso Adamo, a ogni altro corpo. Gli insegnamenti riguardanti la santità dell'essere umano fin dal tempo della creazione si ripercuotono sulla comprensione ebraica dell'Alleanza. Secondo la [[Torah]], il Creatore scelse Abramo per entrare in un'Alleanza non per il bene della sua famiglia, ma affinché attraverso l'Alleanza di Abramo "tutte le famiglie della terra siano benedette" ({{passo biblico2|Genesi|12:3}}); così, dice HaShem tramite il profeta Isaia, "[Io] ti ho posto come alleanza del popolo, come luce delle nazioni" ({{passo biblico2|}}). La benedizione e la luce risiedono nella testimonianza che l'Alleanza richiede ai figli di Abramo di portare al mondo. Come abbiamo visto, gli ebrei sono scelti per dire al mondo che ogni essere umano è scelto, ogni vita umana ha significato e valore, a prescindere da questo o quel credo, e che ognuno di noi è infinitamente responsabile verso e per gli altri. Il credo non determina, e non può determinare, l'esigenza etica, poiché l'esigenza del Bene è anteriore a ogni credo. Il Bene, nelle parole di Levinas, è un "non-present that is invisible, separated (or sacred) and thus a non-origin, an-archical".<ref>Emmanuel Levinas, ''Otherwise Than Being or Beyond Essence'', trad. Alphonso Lingis (The Hague: Nijhoff, 1981), 11.</ref> Pertanto la fede non ci porta a scegliere il Bene; piuttosto, essendo già stati scelti dal Bene, il Bene ci porta a scegliere la fede. Dal punto di vista dell'ebraismo, le astrazioni del credo non possono mai condurci a una relazione con il Santo: l'unica via verso la santità risiede nella relazione in carne e ossa con il nostro prossimo, soprattutto con lo straniero. Perché Dio dà a Mosè due tavole anziché una? Non perché non possa scrivere abbastanza piccolo da poterlo scrivere su una sola. No, serve ad articolare due ambiti di relazione: la prima tavola riguarda la relazione ''ben adam leMakom'' e la seconda la relazione ''ben adam lechevero'', rispettivamente "tra l'uomo e Dio" e "tra l'uomo e l'uomo".<ref>Cfr. per esempio, Abraham ibn Ezra, ''The Secret of the Torah'', trad. H. Norman Strickman (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1995), 64–65.</ref> Eppure ''esiste una sola relazione''. Si noti che nell'espressione della relazione con Dio, Dio è chiamato HaMakom, "il Luogo". Il che significa: Dio ha un posto in questo ambito solo dove l'altro essere umano, a cominciare dallo straniero, ha un posto in questo ambito. Come si apre un posto per lo straniero? Attraverso atti di amorevole gentilezza verso lo straniero, come ripetutamente comandato nella Torah. Il Talmud ci dice che finché il popolo ebraico vive secondo la Torah, i due cherubini in cima all'arca che contiene le tavole della Torah si fronteggiano in un abbraccio amorevole, e la Voce del Santo può essere udita. Ma quando il popolo ebraico si allontana dalla Torah e fa del male a se stesso e agli altri, a cominciare dallo straniero, i due cherubini si allontanano l'uno dall'altro, così che la Voce del Santo tace (''Bava Batra'' 99a), abbandonandoci all'orrore di un silenzio devastante, dove, dice [[w:André Neher|André Neher]] (1914-1988), "Il silenzio sostituisce la Parola perché il Nulla prende il posto dell'Essere", come accadde durante l'Olocausto.<ref>André Neher, ''The Exile of the Word: From the Silence of the Bible to the Silence of Auschwitz'', trad. David Maisel (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1981), I63.</ref> Sebbene l'arca stessa sia ora nascosta in esilio, rimane un'arca celeste, e i cherubini nell'alto si fronteggiano, a meno che non abbandoniamo la Torah. L'Olocausto, tuttavia, pone un problema. Sembra che il Santo sia rimasto in silenzio mentre coloro che Gli erano più devoti venivano massacrati, e mentre gli stessi cherubini venivano massacrati. Infatti lo ''[[Zohar]]'' ci dice che i cherubini hanno il volto di bambini (''Zohar'' I 18b; cfr. anche ''Talmud Bavli, Sukkah'' 5b). Rabbi [[w:Nachman di Breslov|Nachman di Breslov]] osserva che, attraverso i cherubini con i volti di bambini, un angelo porta la benedizione nel mondo, a cominciare dai bambini, come è scritto nella Torah: "L'angelo che mi redime da ogni male benedica i bambini" ({{passo biblico2|Genesi|48:16}}) (''Likutei Moharan'', Parte II, [[Torah]] 1:5). Come abbiamo visto, i nazisti iniziarono il loro assalto al popolo ebraico – il popolo che, dal punto di vista dei nazisti, incarna più radicalmente lo straniero – con un assalto ai bambini, all'angelo che benedice i bambini, alla Torah all'interno dell'arca e ai cherubini in cima all'arca, tra i quali il Santo parla. Ed Egli parla nel modo più profondo attraverso i Suoi comandamenti riguardanti lo straniero. È già stato osservato che la radice della parola ebraica per "comandamento", ''mitzvah'', è ''tzavta'', che significa "connessione". Un comandamento, quindi, non è una regola o un dettame da seguire; piuttosto, è un mezzo per entrare in contatto con Dio. Nell'ebraismo, inoltre, non esiste una connessione astratta o addirittura spirituale con Dio, ma solo una connessione in carne e ossa, che inizia con la mano tesa verso lo straniero – dico ''iniziando con'', come ho ripetuto prima, e non semplicemente includendo. Come abbiamo visto, l'ebraismo insegna che il mezzo più fondamentale per entrare in contatto con Dio risiede nella nostra connessione con l'altro essere umano. E la più fondamentale di queste connessioni risiede nei comandamenti della Torah riguardanti la nostra relazione con lo "straniero", o ''ger''. Tra i primi comandamenti dati dopo i Dieci Comandamenti c'è: "Non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perché anche voi siete stati stranieri in Egitto" ({{passo biblico2|Esodo|22:20}}). Anziché permettere che l'abuso che subiamo diventi una scusa per diventare abusatori, come è così di moda ai nostri tempi, la Torah insiste che debba accadere il contrario: perché "voi conoscete l'anima dello straniero, poiché siete stati stranieri nel paese d'Egitto" ({{passo biblico2|Esodo|23:9}}). L'espressione "perché conoscete l'anima dello straniero" è ''yedaatem etnefesh hager''. La parola per "conoscere", ''daat'', significa anche "essere unito insieme", suggerendo che ogni anima è legata all'altra, ebrea e non-ebrea. E poiché la parola per "anima" in questo brano è ''nefesh'', che indica la dimensione carnale dell'anima, ci viene comandato di prenderci cura del corpo dello straniero, nutrendolo quando ha fame e offrendogli da bere quando ha sete. Lo straniero che dimora tra voi sarà come uno di voi, perché siete legati a lui o a lei ''essenzialmente'' e ''fisicamente'', come figli di Adamo. La Torah lo afferma in modo piuttosto esplicito: "Tratterete lo straniero, che abita fra voi, come chi è nato fra voi; tu lo amerai come te stesso; poiché anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto: io sono HaShem, il vostro Dio" ({{passo biblico2|Levitico|19:34}}). Vale a dire, lo amerai ''kamokha'', "come te stesso", un'eco del comandamento di amare il prossimo, il tuo fratello ebreo, ''kamokha'' ({{passo biblico2|Levitico|19:18}}), che, come osservato nel Capitolo precedente, significa "così sei". In altre parole, "amerai lo straniero, perché l'amore che mostri verso lo straniero ''è'' ciò che sei": quell'amore è il ''chi'' che tu sei nel profondo del tuo essere. Amare il non-ebreo, compreso il noncredente, ha ''la stessa urgenza'' di amare il proprio fratello ebreo, ed entrambi, come ha affermato [[Elie Wiesel]], sono necessari al nostro amore per Dio.<ref>[[Elie Wiesel]], ''Evil and Exile'', trad. Jon Rothschild (Notre Dame, IN: University of Notre Dame Press, 1990), 46.</ref> Orientato all'amore per Dio e per la Torah, quindi, l'insegnamento ebraico è orientato verso l'altro essere umano, che, anche se è uno straniero, ''non è un estraneo altro''. E la frase "Io sono HaShem, il tuo Dio"? Significa che non possiamo avere alcun legame con HaShem senza questo legame di carne e sangue con ''ger''. L'aggiunta di "il tuo Dio", ''Elokeikhem'', significa che in questa relazione con lo straniero si subisce un giudizio. Perché il Nome ''HaShem'' designa misericordia, mentre il Nome ''Elokim'' significa giudizio, come insegnato dal grande mistico [[Rivelazione e Cabala/Moses Cordovero|Moses Cordovero]] (1522-70) (''Or Neerav'' 6:5:11). Pertanto, dice Levinas, "l'accoglienza riservata allo Straniero che la Bibbia ci chiede instancabilmente non costituisce un corollario dell'ebraismo e del suo amore per Dio, ma è il contenuto stesso della fede",<ref>[[Emmanuel Levinas]], ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. Sean Hand (Baltimore, MD: Johns Hopkins University Press, 1990), 173.</ref> il contenuto stesso dell'ebraismo. Poiché il ''ger'' non è un altro estraneo, ma qualcuno a cui l'ebreo è connesso nel profondo della sua anima, abbiamo questo comandamento: "Non pervertirai il diritto dovuto allo straniero" ({{passo biblico2|Deuteronomio|24:17}}), un comandamento che è in netto contrasto con la legge islamica che non consente allo straniero, al ''dhimmi'', di testimoniare in un tribunale di "giustizia" nemmeno per conto proprio. Naturalmente, bisogna tenere presente che in questi comandamenti della Torah la parola per "straniero" è ''ger'': un ''ger'' è un non ebreo che dimora tra gli ebrei, cercando solo la pace, solo per essere un buon vicino, solo la relazione umana che rende possibile la dimora. Altri due termini per "straniero" sono ''nochri'' e ''zar''. ''Nochri'' si riferisce semplicemente a qualcuno che è forestiero e nonfamiliare, ma con cui si potrebbe diventare familiari. Il ''nochri'' è qualcuno che potrebbe diventare un ''ger''. ''Zar'', tuttavia, si riferisce a qualcuno che è completamente estraneo, che è al di là di qualsiasi cosa possa diventare familiare, come in ''[[w:Avodah Zarah|avodah zarah]]'' {{lang|he|עבודה זרה‎}}, il culto estraneo che è "idolatria". Secondo l'insegnamento ebraico, non vi è alcun obbligo verso lo "straniero" in quanto ''zar'', cioè come qualcuno che è determinato a sterminare te o gli altri. Anche gli ebrei stessi possono rientrare in questa categoria: ad esempio, gli ebrei che ignorano i comandamenti della Torah riguardanti lo straniero. [[Elie Wiesel]] approfondisce questo punto: {{citazione|When are we suspicious of the stranger? When he or she comes from our midst. There is a difference between ''ger'', ''nochri'' and ''zar''. All three words refer to the stranger. Scripture is kind to the ''ger'', compassionate toward the ''nochri'', and harsh toward the ''zar''. For only the ''zar'' is Jewish. And a Jew who chooses to estrange himself from his people, a Jew who makes use of his Jewishness only to denigrate other Jews, a Jew of whom it may be said that “he removed himself from his community,” who shares neither its sorrow nor its joy, that Jew is not our brother.|Elie Wiesel, ''Sages and Dreamers: Biblical, Talmudic, and Hasidic Portraits and Legends'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1991), 55}} Pertanto, la categoria di straniero presente nei trentasei comandamenti relativi al nostro trattamento dello straniero non si applica all'ebreo che si è estraniato dalla comunità del Patto della Torah. Infatti, in quell'estraniamento dalla Torah si cela un'estraniazione dal comandamento della Torah di amare lo straniero. Bisogna riconoscere che il Talmud contiene insegnamenti sui Gentili come il seguente: "Un ebreo non deve associarsi con i Gentili perché sono spargitori di sangue" (''Avodah Zarah'' 22a). Il contesto di tali insegnamenti, tuttavia, non va dimenticato: chi sparge sangue rientra nella categoria dello ''zar''. Laddove lo straniero non abbia rappresentato una tale minaccia, gli insegnamenti ebraici della tradizione orale lo hanno trattato come un figlio di Dio; in generale, è qui che si applica il termine ''ger''. Sebbene l'ebraismo consideri gli ebrei un "popolo a parte" (cfr. {{passo biblico2|Levitico|20:24}}), essere un popolo a parte non significa far parte dell'élite o degli eletti. La loro distinzione tra le nazioni, piuttosto, risiede nella loro missione specifica di trasmettere determinati insegnamenti riguardanti, tra le altre cose, il trattamento dello straniero. Se un essere umano è considerato un ''medaber'' o "essere parlante", come insegnato, ad esempio, da [[Maimonide]] (''Moreh Nevuchim'' 1:51), il suo legame fondamentale con gli altri esseri umani risiede nella parola: per un ebreo, l'urgenza di dire la parola ''tu'' a un altro ebreo è pari all'urgenza di dire la parola ''tu'' a un non ebreo. Pertanto, la ''Mishnah'' insegna che il divieto di fare un torto a qualcuno nell'acquisto e nella vendita si applica anche al fare un torto a chiunque, incluso lo straniero, ''con le parole'' (''Bava Metzia'' 4:4). Tra le parole che un ebreo deve pronunciare a un altro essere umano, per non fargli un torto con le parole, spicca la parola ''tu'', pronunciata con "tutto il proprio essere", in un'espressione del tipo "''Hineni'' – Eccomi per ''te''". Vale la pena notare che, secondo il Talmud, una delle quattro domande che ci vengono poste quando ci troviamo davanti al Tribunale Celeste è: Sei stato onesto nei tuoi affari? – questo, insiste il Talmud, include i rapporti con lo straniero (''Shabbat'' 31a).<ref>Le altre tre domande sono: Hai atteso e operato per la venuta del Messia? Hai cercato di trovare il tempo per studiare la Torah? Ti sei dedicato alla crescita della tua famiglia?</ref> Similmente, riguardo al ''ger'', il Talmud insegna: "Non schernire lo straniero con la tua stessa macchia" (''Bava Metzia'' 59b). Ciò che vale per il nostro riguardo verso il prossimo ebreo vale anche per il nostro riguardo verso il prossimo non-ebreo: non giudicare. Lascia che Dio sia il giudice di chi è giusto e chi non lo è, di chi ha un posto nel Mondo a Venire e chi no. Nella misura in cui stabiliamo che il nostro prossimo non ha posto con Dio, a causa della sua incredulità, non possiamo avere alcuna relazione con quella persona, né possiamo avere alcun posto con Dio, con ''HaMakom''. Contrariamente alle tradizioni che dichiarano che la loro sia l'unica via per raggiungere Dio, il Talmud insegna che il non-ebreo ha un posto nel Mondo a Venire, così come l'ebreo – anzi, anche più facilmente dell'ebreo, poiché l'ebreo ha una responsabilità molto maggiore da assolvere (cfr. ''Sanhedrin'' 105a). Lo straniero ha un posto nel Mondo a Venire perché ha un posto ''in questo mondo'': poiché lo scopo di Dio nella creazione è creare una dimora, un ''Makom'', per Sé stesso, è quello di creare una dimora per gli altri, ebrei e non-ebrei, in questo reame fisico – ''specialmente'' per lo straniero, perché, come ha giustamente osservato Levinas, la "stranezza" dello straniero è proprio la sua "mancanza di dimora",<ref>Levinas, ''Otherwise Than Being'', 91.</ref> l'essere senza un posto. Lo straniero ci è estraneo perché il mondo è estraneo a lui o a lei. Dobbiamo fare in modo che le cose vadano diversamente. Sostenendo che le porte del regno di Dio "sono sempre aperte" allo straniero, come è scritto nel ''Midrash'' (''Shemot Rabbah'' 19:4), l'ebraismo non si pone nell'angolo teologico di dichiarare che la via verso Dio passa solo attraverso l'ebraismo. Escludere lo straniero dal Mondo a Venire significa escludere lo straniero da questo mondo; se non ha un posto con Dio, ''secondo le sue azioni e la sua rettitudine'', allora non può averne con i suoi simili. Quindi, se diciamo allo straniero: "Solo attraverso questa via puoi giungere a Dio", allora non possiamo avere alcuna relazione umana con lui o lei; un simile atteggiamento riduce lo straniero a una merce, a un Esso, che, in effetti, è la nostra inclinazione. L'ebraismo, quindi, ''impone'' una relazione umana con lo straniero, per quanto controintuitiva possa essere. "Amati sono gli stranieri", dice il ''Midrash'', "perché la Scrittura in ogni caso li paragona a Israele" (''Bemidbar Rabbah'' 8:2). Amati da chi? Amati da Dio, come insegnato in un altro ''Midrash'': "Io vi ho amati" ({{passo biblico2|Malachia|1:2}}) si riferisce allo straniero (''Bemidbar Rabbah'' 8:2). Secondo l'insegnamento ebraico, ogni volta che un ebreo incontra uno straniero, incontra uno degli amati di Dio, uno dei figli di Dio, incontra Dio Padre Stesso. Poiché gli ebrei gridano "Padre!" a Dio, gridano "Fratello!" allo straniero. Prima che qualcuno fosse scelto per essere ebreo o non-ebreo, c'era la storia di Caino e Abele. In quella storia, Dio pone a Caino due domande: "Dov'è tuo fratello?" e ​​"Che cosa hai fatto?". Rispondere a una domanda significa rispondere all'altra: dichiariamo la nostra comprensione di dove si trovi nostro fratello – israelita o ''ger'' – attraverso ciò che abbiamo fatto concretamente, non attraverso ciò in cui crediamo. Pensare in termini di astrazioni teologiche basate sul credo ci rende sordi alla domanda o incapaci di rispondere. Il punto nel rispondere alle domande poste a Caino non è entrare nel regno dei cieli, ma trasformare ''questo'' regno in una dimora per Dio, cioè in un paradiso, facendone un luogo dove lo straniero possa dimorare. Ogni volta che facciamo del male allo straniero semplicemente perché è uno straniero, danneggiamo tutta la creazione. E quindi una categoria caratteristica degli insegnamenti dell'ebraismo sul trattamento dello straniero è ''[[w:Tiqqun 'olam|tikkun haolam]]'' {{lang|he|תיקון עולם}}, riparare il mondo. === Il posto per lo straniero in un mondo fratturato === La centralità del ''tikkun haolam'' nella tradizione ebraica sottolinea l'accento della [[Torah]] sulla trasformazione di questo reame in una dimora per lo straniero. Dal punto di vista dell'ebraismo, non andiamo in un luogo migliore quando l'anima lascia questo mondo; ''questo'' è un luogo migliore, proprio perché solo in questo reame siamo in grado di entrare in una relazione di carne e sangue con i nostri simili, ebrei e non-ebrei. Come abbiamo visto, i seguaci di tradizioni basate su un credo si sforzano più di entrare nel regno di Dio che di far entrare Dio in questo regno, insistendo, come fa Gesù, che "il mio regno non è di questo mondo" ({{passo biblico2|Giovanni|18:36}}). L'ebraismo intende il regno messianico come qualcosa di stabilito in questo regno fisico, e l'inaugurazione di quell'era si basa sul nostro trattamento dello straniero. Non appena denigriamo questo mondo come irreale o vile, una valle di lacrime che dobbiamo attraversare a fatica fino a raggiungere il reame della "vera felicità", per usare le parole di Tommaso d'Aquino,<ref>{{en}}Thomas Aquinas, ''St. Thomas Aquinas on Politics and Ethics'', trad. e cur. Paul E. Sigmund (New York: W. W. Norton, 1988), 8.</ref> svalutiamo non solo questo mondo, ma anche coloro che vorrebbero abitarlo, a cominciare dallo straniero. La stima per l'uno è legata alla stima per l'altro. Il ''Tikkun haolam'' è l'opposto del ''contemptus mundi'' presente nel Cristianesimo e nell'Islam, in particolare nella sua forma jihadista. Il disprezzo cristiano per questo mondo non è semplicemente disprezzo per la mondanità, per il potere e il piacere, il prestigio e i beni materiali; no, è disprezzo per questa realtà concreta e fisica.<ref>Cfr. per esempio, ''[[w:Eucherio di Lione|Eucherius of Lyon]], On Contempt for the World or De Contemptu Mundi'', 1654 Vaughan trad., ed. Melvin H. Waller (London: Aeterna Press, 2015).</ref> Solo chi "odia la sua vita in questo mondo", è scritto nella Scrittura cristiana, "la conserverà per la vita eterna" ({{passo biblico2|Giovanni|12:25}}). Ma se odio la mia vita in questo mondo, sono portato ad avere poca considerazione per la vita fisica degli altri, a cominciare dallo straniero. Naturalmente, il cristiano è il primo a insistere nel trattare gli altri con gentilezza e ad alleviare le sofferenze fisiche; dobbiamo amare non solo lo straniero, ma anche il nemico ({{passo biblico2|Matteo|5:44}}). Ma il disprezzo per il mondo può diventare una scusa per ritirarsi in clausura e voltare le spalle al mondo e all'umanità. Sebbene nella Bibbia ebraica si possano trovare passi che denigrano coloro che prosperano solo con i beni materiali di questo mondo (ad esempio, {{passo biblico2|Salmi|73:12}}), molto più frequentemente troviamo l'affermazione che "del Signore è la terra e tutto ciò che contiene" ({{passo biblico2|Salmi|24:1}}). In effetti, come può un mondo che Dio ha creato attraverso la Sua sapienza (cfr. {{passo biblico2|Geremia|10:12}}) essere oggetto di disprezzo? Nella [[w:Lettera di Giacomo|Lettera di Giacomo]], ad esempio, è scritto: "Chi vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio" ({{passo biblico2|Giacomo|4:4}}). Piuttosto che riparare il mondo, quindi, bisogna "uscire da questo mondo", come dice Paolo ({{passo biblico2|1Corinzi|5:10}}). Paolo identifica la liberazione dal peccato come la liberazione "da questo presente mondo malvagio" ({{passo biblico2|Galati|1:4}}), da "quando eravamo schiavi degli elementi del mondo" ({{passo biblico2|Galati|4:3}}). Quando Paolo distingue tra la "tristezza secondo Dio", che porta al "pentimento e alla salvezza", e la "tristezza del mondo", che porta alla morte ({{passo biblico2|2Corinzi|7:10}}), non è chiaro cosa possa comportare la tristezza del mondo. Si tratta forse della corruzione fisica e morale degli esseri umani? Include forse il dolore per la sofferenza dello straniero e il rifiuto di essere confortati dal pensiero che lui o lei andranno verso una "ricompensa maggiore"? Nella [[w:Prima lettera di Giovanni|Prima Lettera di Giovanni]] ci viene insegnato: "Non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui, perché tutto ciò che è nel mondo... non viene dal Padre" ({{passo biblico2|1Giovanni|2:16}}). Se nulla nel mondo è del Padre, allora sembrerebbe che riparare il mondo sia inutile. Eppure, lo straniero è proprio colui che è in questo mondo ed è di questo mondo: per amore dello straniero dobbiamo riparare il mondo. Giovanni include cose come la "concupiscenza della carne" nella sua espressione "tutto ciò che è nel mondo". Prosegue affermando che solo chi crede in Gesù può "vincere il mondo" ({{passo biblico2|1Giovanni|5:5}}), presumibilmente perché il suo regno non è di questo mondo. Ma vincere il mondo significa accettare gli eventi che accadono intorno a noi, nella consapevolezza che tutti coloro che credono troveranno conforto e salvezza nell'aldilà? Se i piaceri di cui godo in questo mondo sono irreali, lo sono forse anche le sofferenze dello straniero? In ogni caso, le Scritture cristiane abbondano nell'accento sul "regno dei cieli", in particolare nel [[w:Vangelo secondo Matteo|Vangelo di Matteo]], mentre l'espressione non compare mai nella Bibbia ebraica. Diversi insegnamenti del Corano suggeriscono che questo mondo sia una vuota illusione (ad esempio, [https://sufi.it/il-sacro-corano/3-surat-al-imran/ 3:185]), poiché la vita in questo mondo "non è altro che gioco e divertimento; molto migliore è la casa nell'Aldilà" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/6-surat-al-anam/ 6:32]; cfr. anche 29:64; 67:20). Il godimento di questo mondo è follia, non perché sia ​​piacevole, ma perché è di breve durata (cfr. [https://sufi.it/il-sacro-corano/4-surat-an-nisa/ 4:77]; 42:36), poiché "poco è il godimento della vita di questo mondo in confronto all'Aldilà" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/9-surat-at-tawba/ 9:38]). Ci sono musulmani, come i jihadisti [[w:Hasan al-Banna|Hasan al-Banna]]<ref>Cfr. Richard P. Mitchell, ''The Society of the Muslim Brothers'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 1993), 207.</ref> e [[w:Hassan Nasrallah|Hassan Nasrallah]] (1960-2024),<ref>Cfr. Laurent Murawiec, ''The Mind of Jihad'' (Cambridge, UK: Cambridge University Press, 2008), 55.</ref> che si vantano di amare la morte più della vita. Tuttavia, chi ama la morte più della vita ama un'astrazione che è essa stessa morta e non potrà mai amare lo straniero; nel caso di al-Banna e Nasrallah, l'amore per la morte si trasforma nell'amore per infliggere la morte allo straniero. Quanto a chi ha effettivamente accarezzato le gioie effimere di questo mondo, il Corano dice: "Gli abbiamo destinato l'Inferno; vi brucerà disonorato e reietto" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/17-sura-al-isra/ 17:18]). Chi di noi ama il piacere e aborrisce il dolore non desidera altro che evitare il dolore dell'Inferno e godere dei piaceri del Paradiso. Nel Corano, l'amore per questo mondo è considerato uno dei segni di un noncredente, di uno straniero (cfr. 2:212; 16:107), poiché una persona simile acquista "la vita di questo mondo al prezzo dell'Aldilà" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/2-surat-al-baqara/ 2:86]). Pertanto, a quanto pare, riparare questo mondo è follia o eresia. La visione dell'aldilà come regno dell'unica vera felicità porta alcuni insegnamenti islamici ad associare qualsiasi interesse per questo mondo all'interesse per "cose ​​da desiderare", ovvero "proprietà" come "donne, bambini, molto oro e argento (ricchezze), bei cavalli, bestiame e terra ben coltivata" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/3-surat-al-imran/ 3:14]). Tuttavia, a chi supera il desiderio di tali beni viene promesso un "Paradiso che scorre tra i fiumi" (3:14). In effetti, dovremmo desiderarlo per noi stessi, perché questo è ciò che Allah desidera per noi (cfr. 8:67; 14:3; 17:21). Il Paradiso si raggiunge, secondo la visione dei jihadisti islamici, non solo attraverso la carità e atti di amorevole gentilezza verso gli altri credenti, ma anche combattendo e uccidendo i noncredenti – gli stranieri – "per la Causa di Allah" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/4-surat-an-nisa/ 4:74]). Secondo l'ayatollah [[w:Ruhollah Khomeyni|Ruhollah Khomeini]] (1902-1989), "L'Islam dice: Tutto ciò che di buono esiste, esiste grazie alla spada e all'ombra della spada...! La spada è la chiave del paradiso, che può essere aperta solo dai guerrieri santi!"<ref>Citato in Lawrence Wright, ''The Looming Tower: Al-Qaeda and the Road to 9/11'' (New York: Alfred A. Knopf, 2006), 47.</ref> Per i jihadisti, uno straniero morto – spesso un ebreo morto – è il biglietto per il paradiso. === La sorte dello straniero nella vita e dopo la morte === === Lo straniero, mio ​​fratello === {{clear}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|12 giugno 2025}} [[Categoria:Connessioni|Capitolo 2]] 2yh9zot3dp5w5j3iyv9g29zt3ll9fnz 477797 477796 2025-06-13T11:30:19Z Monozigote 19063 /* Note */ avanz. 477797 wikitext text/x-wiki {{Connessioni}} {{Immagine grande|Mendelssohn, Lessing, Lavater.jpg|740px|[[w:Gotthold Ephraim Lessing|Lessing]] e [[w:Gotthold Ephraim Lessing|Lavater ospiti]] a casa di [[w:Moses Mendelssohn|Moses Mendelssohn]]<ref>Nel dipinto, a destra Johann Kaspar Lavater, teologo svizzero, che tenta di convertire al cristianesimo Moses Mendelssohn. Dietro ai due, Gotthold Ephraim Lessing vicino a una tavola per gli scacchi, il suo gioco preferito. Entra dalla porta la moglie di Mendelssohn con delle bevande.</ref> (dipinto di [[:en:w:Moritz Daniel Oppenheim|Moritz Daniel Oppenheim]], 1856)}} == Lo straniero, mio ​​fratello == "We encounter God in the face of the stranger", scrive Rabbi [[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]]. "That is, I believe, the Hebrew Bible’s single greatest and most counterintuitive contribution to ethics. The human other is a trace of the Divine Other".<ref>Jonathan Sacks, ''The Dignity of Difference: How to Avoid the Clash of Civilizations'' (New York: Continuum Publishing Group, 2003), 59–60.</ref> Poiché l'Altro Divino è l'Altro più radicalmente, nessun Altro è più estraneo di Dio. E scrive Martin Buber: "In that decisive hour, when we encounter God, we must forget everything we imagined we knew of God, when we dared to keep nothing handed down or learned or self-contrived, no shred of knowledge, and were plunged into the night".<ref>Martin Buber, ''Between Man and Man'', trad. Ronald Gregor-Smith (New York: Macmillan, 1965), 17.</ref> Poiché Dio è nel modo più radicale lo straniero, Lo si incontra nel modo più radicale nello straniero. Ecco perché il comandamento di prendersi cura dello straniero è il contributo più grande e controintuitivo dell'ebraismo all'etica, nonché il più frequentemente ripetuto nella [[Torah]]: trentasei volte. Perché questo costante richiamo? Perché è il primo comandamento che tendiamo a dimenticare: è del tutto controintuitivo. Non ho bisogno che mi venga ricordato così spesso di amare il mio prossimo, quello che è come me, che condivide la mia visione del mondo. È un ospite fisso alla mia tavola. Guardiamo le partite insieme e ogni tanto ci godiamo una birra insieme. Ma lo sconosciuto, lo straniero? Quello che non mi assomiglia o non la pensa come me, quello che considero un non-credente e politicamente arretrato, se non barbaro? Ho bisogno che mi venga ricordato ripetutamente di amarlo. Nel Capitolo precedente abbiamo visto che nel movimento della creazione, Dio, ''Elokim'', diventa un Chi. Nella misura in cui viviamo secondo ciò che incontriamo con gli occhi, come quando gli occhi si aprono dopo aver mangiato il frutto proibito ({{passo biblico2|Genesi|3:7}}), siamo ciechi al Chi. Sì, il Chi è l'Invisibile, ma invisibile non perché non possa essere visto, ma perché il Chi è, nelle parole di [[Emmanuel Levinas]], al di là della tematizzazione. "Invisibility", spiega Lévinas, "implies relations with what is not given, of which there is no idea. Vision is an adequation of the idea with the thing, a comprehension that encompasses".<ref>Emmanuel Levinas, ''Totality and Infinity'', trad. Alphonso Lingis (Pittsburgh: Duquesne University Press, 1969), 34.</ref> Il Chi invisibile, tuttavia, è l'includente, non l'incluso, al di là delle coordinate della realtà spazio-temporale. Solo il nascosto, solo Colui che invisibilmente trascende la creazione, può conferire significato alla creazione, così che ''contempliamo'' il Chi invisibile proprio ''come'' il nascosto. Così, dice Levinas, "a God invisible means not only a God unimaginable, but a God accessible in justice. Ethics is the spiritual optics".<ref>''Ibid.'', 78.</ref> E così è in ogni incontro con un Chi. Gli occhi ci rivelano solo il Cosa, un oggetto da appropriarci, possedere o opprimere. Accade ogni volta che ricorriamo all'etichetta, allo stereotipo, alla categoria in cui classifichiamo l'altro, la categoria di un Esso, così che scivoliamo troppo facilmente nell'illusione di conoscere l'altro, di conoscere "la sua specie". In questo modo liquidiamo l'altro, lo straniero, come uno di "loro". Accade ogni volta che osserviamo qualcuno o lo valutiamo, ogni volta che valutiamo qualcuno sulla base del suo curriculum o prendiamo nota dei tratti distintivi di colore, religione, cultura, politica ed etnia, o razza, classe e genere. Fissati sul Cosa questa persona è, secondo questi incidenti, diventiamo ciechi e sordi al Chi, ciechi alla fame e sordi al grido dell'altro. Quel giorno moriremo sicuramente (cfr. {{passo biblico2|Genesi|2:15}}), perché quel giorno cercheremo sicuramente giustificazioni per l'omicidio, come vediamo dai capitoli iniziali della Torah: l'anima soffre ciò che infligge. Emil Fackenheim va al cuore dell'Olocausto quando scrive che, in seguito, "philosophers must face a ''novum'' within a question as old as Socrates: what does it mean to be human?"<ref>Emil L. Fackenheim, ''Jewish Philosophers and Jewish Philosophy'', ed. Michael L. Morgan (Bloomington: Indiana University Press, 1996), 133.</ref> Sterminando gli ebrei, i nazisti tentarono di cancellare la testimonianza millenaria che gli ebrei e l'ebraismo rappresentano con la loro stessa presenza nel mondo. Centrale in quella testimonianza è un insegnamento su ciò che dà significato e valore all'altro essere umano, a partire dalla vedova, dall'orfano e dallo straniero (cfr. {{passo biblico2|Deuteronomio|10:18}}). La determinazione nazista del valore di un essere umano si basa su un accidente della natura: chi nasce ariano ha più valore di chi non nasce ariano. E chi è ariano assume una consistenza ancora maggiore secondo una [[w:volontà di potenza|volontà di potenza]]. Inoltre, un ariano non ha alcun legame essenziale con un non-ariano, e certamente non con un ebreo. Molte persone, molte nazioni, scrive [[Primo Levi]], possono ritrovarsi a ritenere, più o meno consapevolmente, che ogni straniero è un nemico. Per lo più, questa convinzione è radicata nel profondo, come un'infezione latente; si tradisce solo in atti casuali e sconnessi, e non sta alla base di un sistema di ragionamento. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa la premessa maggiore di un sillogismo, allora, "al termine della catena, c'è il Lager".<ref>Primo Levi, ''Se questo e un uomo'', ''loc cit.''</ref> A volte ci si chiede: "Come è potuto avvenire lo sterminio degli ebrei nel cuore della cristianità, in un'Europa illuminata?". A quanto pare, gli ebrei furono sterminati proprio perché erano intrappolati nel cuore della cristianità, in un'Europa illuminata. Anche i musulmani vi ebbero parte. Nel gennaio del 1942, il Gran Mufti Haj Amin al-Husseini (1896-1974) si recò in Bosnia per conto dei nazisti per convincere i leader musulmani che una [[w:Schutzstaffel|divisione SS]] musulmana avrebbe portato onore e gloria ai seguaci dell'Islam. La più numerosa delle unità di sterminio musulmane del Mufti era la [[w:13. Waffen-Gebirgs-Division der SS "Handschar"|13a Divisione Handschar]], composta da {{FORMATNUM:21065}} uomini. La divisione entrò in azione nel febbraio del 1944. Riporto maggiori informazioni al riguardo nel [[Connessioni/Capitolo 8|Capitolo 8]]. In gran parte perché affondano le radici nella tradizione ebraica, nel cristianesimo e nell'Islam si trovano sia il potenziale che la realtà di una prospettiva che esprime una relazione superiore, manifestata nella relazione tra esseri umani. Tuttavia, in ciascuna di queste tradizioni basate sul credo, vi sono alcuni insegnamenti che, in una misura o nell'altra, hanno escluso lo straniero noncredente, considerandolo come qualcuno al di fuori dei confini della "salvezza". Una tale usurpazione teologica del trono del Giudizio Divino può fornire un giustificativo teologico per l'omicidio di massa. Le prove storiche in tal senso sono schiaccianti. Se le astrazioni egocentriche della speculazione filosofica conducono a un'eclissi di Dio, la presunzione teologica che chiunque sia al di fuori del credo – lo straniero – sia eternamente dannato comporta un'usurpazione di Dio. L'amore e la cura comandati per lo straniero, incluso il noncredente, sono una testimonianza della prima parola pronunciata sul Monte Sinai: "Io sono Dio" ({{passo biblico2|Esodo|20:2}}). Se la formula per il filosofo è "Penso, dunque sono", per chi è fissato sul credo è "Io credo, dunque sono", con l'accento sull'io. In entrambi i casi lo straniero rappresenta una minaccia, o alla mia libertà o alla mia salvezza. Per l'ebreo, l'unica minaccia che lo straniero rappresenta per la mia "salvezza" (se questo termine è applicabile) risiede nella mia incapacità di trattarlo con amorevole gentilezza. Levinas sottolinea che "over the stranger... I have no power. He escapes my grasp by an essential dimension".<ref>Levinas, ''Totality and Infinity'', 39.</ref> Lo sforzo di convertire lo straniero o di salvare la sua anima è un tentativo mortale di afferrare ciò che nessun potere può rivendicare. La dimensione essenziale che sfugge alla mia presa? È la dimensione del sacro, della Voce Comandante dell'Altissimo. [[w:George Orwell|George Orwell]] ha affermato che "political language... is designed to make lies sound truthful and murder respectable, and to give an appearance of solidity to pure wind".<ref>George Orwell, ''A Collection of Essays'' (Boston, MA: Houghton Mifflin Harcourt, 1971), 171.</ref> Quando un programma politico si combina con il fanatismo religioso, l'omicidio dello straniero diventa più che rispettabile: si trasforma in un atto sacro gradito a Dio. Nella maggior parte delle tradizioni sacre, i martiri non si considerano meritevoli di nulla; per loro, il martirio non è una merce o un servizio per il quale si aspettano una giusta ricompensa: è una chiamata dall'alto, a cui rispondono, senza aspettarsi una ricompensa, offrendo tutto e per niente: il martirio non è una transazione commerciale. Il jihadismo islamico (a differenza di altre tradizioni islamiche), tuttavia, rappresenta una radicale perversione del male più antico e fondamentale – l'omicidio – nel bene supremo. Mentre nell'ebraismo il martirio significa morire ''rifiutandosi'' di commettere un omicidio e quindi santificando la vita, nel jihadismo islamico significa morire nel processo di uccidere lo straniero per la glorificazione di Dio. Ma i martiri jihadisti non glorificano Dio né santificano la vita. Piuttosto, glorificano un ego trasformato in Allah e quindi santificano l'omicidio, trasformandolo in martirio. Nonostante le loro numerose differenze, cristianesimo e Islam, a differenza dell'Ebraismo, hanno in comune un fondamentale disprezzo per il corpo. In gran parte del mondo, il disprezzo per la realtà carnale dell'essere umano deriva dalla tradizione speculativa greca (si veda, ad esempio, Platone, ''[[w:Fedone|Fedone]]'', 67d-68d), che ha avuto influenza sia sul cristianesimo che sull'Islam. Come affermò [[w:Clemente Alessandrino|Clemente Alessandrino]] (ca. 150 – ca. 215), la filosofia greca era "una preparazione, che spiana la strada a colui che è perfetto in Cristo".<ref>Clemente Alessandrino, ''[[w:Stromateis|Stromateis]]'', anche in Alexander Roberts & James Donaldson, eds., ''Clement of Alexandria: Ante Nicene Christian Library Translations of the Writings of the Fathers to AD 325, Part Four'' (Whitefish, MT: Kessinger, 2007), 366.</ref> E nel Medioevo furono i musulmani a reintrodurre i Greci in Europa. Il disprezzo cristiano per il corpo si ritrova anche nelle Scritture cristiane. Lì sta scritto: "Quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio" ({{passo biblico2|Romani|8:8}}), e "Non abbiate cura della carne per soddisfarne i desideri" ({{passo biblico2|Romani|13:14}}), perché "avere la mente secondo la carne è morte, ma avere la mente secondo lo Spirito è vita e pace" ({{passo biblico2|Romani|8:6}}). Da qui l'ingiunzione di Paolo: "mortificate le vostre membra che sono sulla terra" ({{passo biblico2|Colossesi|3:5}}). Per mezzo di Gesù, dice Paolo, l'anima è liberata "dalla carne" (cfr. {{passo biblico2|Colossesi|2:11-12}}). Ma essere liberati dalla carne corre il rischio di abbandonarsi all'indifferenza verso la sofferenza in carne e ossa dell'altro essere umano. Così, durante l'Inquisizione spagnola, ad esempio, le anime venivano salvate bruciando i corpi negli ''[[w:autodafé|autodafé]]''. Sebbene tali dirette condanne del corpo siano difficilmente riscontrabili nel Corano, tra gli sciiti si possono riscontrare nell'usanza del rito dell'autoflagellazione nel giorno sacro dell'[[w:Ashura|Ashura]], il decimo giorno del mese islamico di [[w:Muharram|Muharram]], anniversario del martirio di [[w:al-Husayn ibn Ali|Husayn ibn Ali]], nipote del Profeta.<ref>Cfr. John L. Esposito, ed., ''The Oxford Dictionary of Islam'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 2003), 27.</ref> Nelle versioni jihadiste moderne dell'Islam, ciò che è negato alla carne in questo mondo è promesso nell'aldilà: [[w:Osama bin Laden|Osama bin Laden]] (1957-2011), ad esempio, promette a chiunque annienti il ​​proprio corpo in questo mondo, allo scopo di uccidere "ebrei e crociati", che godrà dei corpi di settantadue vergini nell'aldilà.<ref>Osama bin Laden, ''Messages to the World: The Statements of Osama bin Laden'', trad. James Howarth, ed. Bruce Lawrence (London: Verso, 2005), 29.</ref> Una simile promessa per il corpo nell'altromondo – un mondo totalmente incorporeo – è indicativa di un disprezzo per la carne – e per lo straniero – in questo mondo. Quando il Jihad è "la via", il proprio corpo deve essere annientato in questo mondo per l'annientamento dello straniero, del miscredente, in quella che [[w:Hasan al-Banna|Hasan al-Banna]] (1906-1949) chiama "la padronanza dell'arte della morte".<ref>{{Lingue|en}} “the mastery of the art of death” ― Hasan al-Banna, ''Five Tracts of Hasan al-Banna: A Selection from the Majmuat Rasail al-Imam al-hahid Hasan al-Banna'', trad. Charles Wendell (Berkeley: University of California Press, 1978), 206–207.</ref> Nell'ebraismo, l'amore per lo straniero si manifesta nella cura del suo corpo, nutrendo gli affamati e alleviando la sofferenza fisica. Ovunque il corpo sia il nemico, alla fine lo è anche lo straniero. Se lo straniero esce dal cerchio della fede, allora ciò che accade al suo corpo può a volte diventare una questione di indifferenza, o peggio. === Il giudizio dello straniero basato sul credo === Pur differendo in molti aspetti significativi, cristianesimo e Islam si somigliano per quanto riguarda i loro insegnamenti su come Dio vede lo straniero, ovvero colui che rifiuta il loro credo, come se fossero a conoscenza non solo degli insegnamenti del Santo, ma anche dei Suoi giudizi. A chiunque ''creda'' in Gesù come suo Signore e Salvatore è promessa la vita eterna ({{passo biblico2|Giovanni|3:16}}). Abbiamo visto cosa ne è del noncredente. Tuttavia, in linea con il suo ebraismo, Gesù insegna un certo amore per lo straniero: "Ero straniero e mi avete accolto" ({{passo biblico2|Matteo|25:35}}). Affermazioni simili sulla santità di trattare lo straniero con amorevole benignità si trovano in {{passo biblico2|1Timoteo|5:10}} e {{passo biblico2|3Giovanni|1:5}}, così come in {{passo biblico2|Ebrei|13:2}}, dove è scritto: "Non dimenticate l'ospitalità; perché alcuni, praticandola, hanno ospitato degli angeli senza saperlo". Paolo dichiara ai Gentili che essere "senza Cristo" significa essere "stranieri nei patti della promessa, senza speranza” ({{passo biblico2|Efesini|2:12}}), ma coloro che credono non sono "più stranieri e pellegrini" ({{passo biblico2|Efesini|2:19}}). Essere stranieri, quindi, significa essere gravemente in errore. Le tradizioni basate sul credo non contengono alcun insegnamento paragonabile a quello ebraico sui [[w:Giusti tra le nazioni|Giusti tra le Nazioni]], i quali, come scritto nel Codice della Legge ebraica, lo ''[[w:Shulchan Arukh|Shulchan Arukh]]'' {{lang|he|שולחן ערוך}}, hanno una loro parte nel Mondo a Venire (''Yoreh Deah'' 367:1). Secondo l'insegnamento cristiano sul peccato ereditato, chi non crede non può essere giusto, per quanto lodevoli siano le sue azioni, poiché siamo "giustificati per sola fede, senza le opere della legge" ({{passo biblico2|Romani|3:28}}), e solo la fede in Cristo può purificarci dalla macchia del peccato di Adamo. Se Gesù viene a "chiamare i peccatori al pentimento" ({{passo biblico2|Marco|2:17}}; {{passo biblico2|Luca|5:32}}), coloro che devono pentirsi non sono solo coloro che hanno compiuto determinate azioni, ma anche coloro che non hanno adottato una determinata fede. Sebbene il Vangelo insegni che chi compie buone opere avrà vita, e chi compie opere malvagie subirà la dannazione (cfr. {{passo biblico2|Giovanni|5:29}}), le epistole insegnano anche che la dannazione incombe su chiunque non creda più (cfr. {{passo biblico2|1Timoteo|5:12}}). "In un fuoco fiammeggiante", scrive Paolo, Dio "fa vendetta su coloro che non conoscono Dio e su coloro che non obbediscono al vangelo del nostro Signore Gesù Cristo" ({{passo biblico2|2Tessalonicesi|1:8-9}}), dove "obbedire" significa non solo agire in un certo modo, ma anche "credere". Certo, le Scritture cristiane insegnano che "se non ha opere, la fede è morta" ({{passo biblico2|Giacomo|2:17}}), ma questo è stato spesso interpretato nel senso che le opere traggono il loro valore dalla fede, non la fede dalle opere. La tolleranza musulmana verso certi stranieri si ritrova nella nozione di ''[[w:dhimmi|dhimmi]]'' – ovvero ebrei, cristiani e [[:en:w:sabean|sabei]] – che, in quanto "[[w:Ahl al-Kitab|gente del Libro]]", godono di uno ''status dhimmi'' o "protetto" secondo la legge musulmana, purché paghino una tassa per la propria protezione. Agli stranieri che rientrano in questa categoria era proibito, pena la morte, portare armi; alzare le mani contro un musulmano, incluso aver tentato di ucciderlo; criticare l'Islam, il Profeta o gli angeli; sposare un musulmano; o ricoprire qualsiasi posizione di autorità su un musulmano. Gli stranieri considerati ''dhimmi'' erano tenuti a vivere separati dai musulmani, in aree che dovevano essere chiuse di notte; praticare la loro religione in segreto e in silenzio; distinguersi dai musulmani per il loro abbigliamento o per i distintivi; e seppellire i loro morti in modo diverso dai musulmani. Era loro proibito cavalcare cavalli o cammelli. Non potevano camminare sullo stesso lato della strada di un musulmano e dovevano accettare insulti dai musulmani senza risposta; La loro testimonianza non era ammessa in tribunale, nemmeno quando erano vittime di un crimine. L'omicidio di un ''dhimmi'' era raramente punibile, poiché un musulmano poteva sempre difendersi sostenendo di aver ucciso un noncredente, ovvero uno straniero.<ref>Cfr. Robert Spencer, ''The Myth of Islamic Tolerance: How Islamic Law Treats Non-Muslims'' (Amherst, NY: Prometheus Books, 2005), 117–119.</ref> Per gli stranieri che non avrebbero mai potuto godere della protezione della ''dhimmitudine'', le cose erano spesso molto più gravi, come sottolinea Serge Trifkovic: ad esempio, quando [[w:Muhammad ibn al-Qasim|Muhammad Qasim]] (695-715), sotto il governo di [[w:Al-Hajjaj ibn Yusuf|Al-Hajjaj ibn Yusuf]] (661-714), invase l'India nel 712 e mostrò misericordia agli indù, Al-Hajjaj gli ricordò che il Corano ordina ai musulmani di tagliare la testa ai miscredenti ovunque si trovino (47:4). Comanda inoltre ai fedeli di "uccidere coloro che uniscono altri dei a Dio ovunque li troviate" (9:5-6). Ne seguì un sanguinoso massacro di indiani.<ref>Serge Trifkovic, ''The Sword of the Prophet: Islam: History, Theology, Impact on the World'' (Boston, MA: Regina Orthodox Press, 2002), 109.</ref> Ciò che bisogna tenere a mente è che la nozione stessa di "noncredente" è un'astrazione teologica: il noncredente è un Cosa e non un Chi, un Esso e non un Tu, è senza volto e privo di santità. È molto più facile giustificare l'uccisione di un'astrazione che l'assassinio di un essere umano in carne e ossa. Chi può determinare dalle azioni di un essere umano perbene in cosa creda realmente? Anche la nozione di "credente", quindi, è un'astrazione. L'accento sulla fede giusta è molto più forte nel cristianesimo e nell'Islam che nell'ebraismo. E anche gli insegnamenti riguardanti il ​​trattamento dello straniero come noncredente sono piuttosto diversi. === La visione dello straniero nell'ebraismo === Ebraismo, cristianesimo e Islam condividono l'insegnamento secondo cui l'intera umanità deriva da un singolo essere umano, Adamo. Per l'insegnamento ebraico, Dio inizia con uno e non con due, così che nessuno possa dire a un altro: "La mia parte della famiglia è migliore della tua" (cfr.''Tosefta Sanhedrin'' 8:4-5). C'è un solo lato della famiglia, e ognuno di noi è legato sia spiritualmente che fisicamente all'altro: spiritualmente attraverso il Creatore e fisicamente attraverso Adamo. A dire il vero, il termine ebraico per "essere umano" è ''ben adam'', letteralmente "figlia/o di Adamo". Proprio come ogni raggio di luce che irradia da una stella è connesso, attraverso la stella, a ogni altro raggio di luce, così ogni anima è connessa a ogni altra anima attraverso Dio, da cui ogni anima emana. E ogni corpo è connesso, attraverso Adamo, a ogni altro corpo. Gli insegnamenti riguardanti la santità dell'essere umano fin dal tempo della creazione si ripercuotono sulla comprensione ebraica dell'Alleanza. Secondo la [[Torah]], il Creatore scelse Abramo per entrare in un'Alleanza non per il bene della sua famiglia, ma affinché attraverso l'Alleanza di Abramo "tutte le famiglie della terra siano benedette" ({{passo biblico2|Genesi|12:3}}); così, dice HaShem tramite il profeta Isaia, "[Io] ti ho posto come alleanza del popolo, come luce delle nazioni" ({{passo biblico2|}}). La benedizione e la luce risiedono nella testimonianza che l'Alleanza richiede ai figli di Abramo di portare al mondo. Come abbiamo visto, gli ebrei sono scelti per dire al mondo che ogni essere umano è scelto, ogni vita umana ha significato e valore, a prescindere da questo o quel credo, e che ognuno di noi è infinitamente responsabile verso e per gli altri. Il credo non determina, e non può determinare, l'esigenza etica, poiché l'esigenza del Bene è anteriore a ogni credo. Il Bene, nelle parole di Levinas, è un "non-present that is invisible, separated (or sacred) and thus a non-origin, an-archical".<ref>Emmanuel Levinas, ''Otherwise Than Being or Beyond Essence'', trad. Alphonso Lingis (The Hague: Nijhoff, 1981), 11.</ref> Pertanto la fede non ci porta a scegliere il Bene; piuttosto, essendo già stati scelti dal Bene, il Bene ci porta a scegliere la fede. Dal punto di vista dell'ebraismo, le astrazioni del credo non possono mai condurci a una relazione con il Santo: l'unica via verso la santità risiede nella relazione in carne e ossa con il nostro prossimo, soprattutto con lo straniero. Perché Dio dà a Mosè due tavole anziché una? Non perché non possa scrivere abbastanza piccolo da poterlo scrivere su una sola. No, serve ad articolare due ambiti di relazione: la prima tavola riguarda la relazione ''ben adam leMakom'' e la seconda la relazione ''ben adam lechevero'', rispettivamente "tra l'uomo e Dio" e "tra l'uomo e l'uomo".<ref>Cfr. per esempio, Abraham ibn Ezra, ''The Secret of the Torah'', trad. H. Norman Strickman (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1995), 64–65.</ref> Eppure ''esiste una sola relazione''. Si noti che nell'espressione della relazione con Dio, Dio è chiamato HaMakom, "il Luogo". Il che significa: Dio ha un posto in questo ambito solo dove l'altro essere umano, a cominciare dallo straniero, ha un posto in questo ambito. Come si apre un posto per lo straniero? Attraverso atti di amorevole gentilezza verso lo straniero, come ripetutamente comandato nella Torah. Il Talmud ci dice che finché il popolo ebraico vive secondo la Torah, i due cherubini in cima all'arca che contiene le tavole della Torah si fronteggiano in un abbraccio amorevole, e la Voce del Santo può essere udita. Ma quando il popolo ebraico si allontana dalla Torah e fa del male a se stesso e agli altri, a cominciare dallo straniero, i due cherubini si allontanano l'uno dall'altro, così che la Voce del Santo tace (''Bava Batra'' 99a), abbandonandoci all'orrore di un silenzio devastante, dove, dice [[w:André Neher|André Neher]] (1914-1988), "Il silenzio sostituisce la Parola perché il Nulla prende il posto dell'Essere", come accadde durante l'Olocausto.<ref>André Neher, ''The Exile of the Word: From the Silence of the Bible to the Silence of Auschwitz'', trad. David Maisel (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1981), I63.</ref> Sebbene l'arca stessa sia ora nascosta in esilio, rimane un'arca celeste, e i cherubini nell'alto si fronteggiano, a meno che non abbandoniamo la Torah. L'Olocausto, tuttavia, pone un problema. Sembra che il Santo sia rimasto in silenzio mentre coloro che Gli erano più devoti venivano massacrati, e mentre gli stessi cherubini venivano massacrati. Infatti lo ''[[Zohar]]'' ci dice che i cherubini hanno il volto di bambini (''Zohar'' I 18b; cfr. anche ''Talmud Bavli, Sukkah'' 5b). Rabbi [[w:Nachman di Breslov|Nachman di Breslov]] osserva che, attraverso i cherubini con i volti di bambini, un angelo porta la benedizione nel mondo, a cominciare dai bambini, come è scritto nella Torah: "L'angelo che mi redime da ogni male benedica i bambini" ({{passo biblico2|Genesi|48:16}}) (''Likutei Moharan'', Parte II, [[Torah]] 1:5). Come abbiamo visto, i nazisti iniziarono il loro assalto al popolo ebraico – il popolo che, dal punto di vista dei nazisti, incarna più radicalmente lo straniero – con un assalto ai bambini, all'angelo che benedice i bambini, alla Torah all'interno dell'arca e ai cherubini in cima all'arca, tra i quali il Santo parla. Ed Egli parla nel modo più profondo attraverso i Suoi comandamenti riguardanti lo straniero. È già stato osservato che la radice della parola ebraica per "comandamento", ''mitzvah'', è ''tzavta'', che significa "connessione". Un comandamento, quindi, non è una regola o un dettame da seguire; piuttosto, è un mezzo per entrare in contatto con Dio. Nell'ebraismo, inoltre, non esiste una connessione astratta o addirittura spirituale con Dio, ma solo una connessione in carne e ossa, che inizia con la mano tesa verso lo straniero – dico ''iniziando con'', come ho ripetuto prima, e non semplicemente includendo. Come abbiamo visto, l'ebraismo insegna che il mezzo più fondamentale per entrare in contatto con Dio risiede nella nostra connessione con l'altro essere umano. E la più fondamentale di queste connessioni risiede nei comandamenti della Torah riguardanti la nostra relazione con lo "straniero", o ''ger''. Tra i primi comandamenti dati dopo i Dieci Comandamenti c'è: "Non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perché anche voi siete stati stranieri in Egitto" ({{passo biblico2|Esodo|22:20}}). Anziché permettere che l'abuso che subiamo diventi una scusa per diventare abusatori, come è così di moda ai nostri tempi, la Torah insiste che debba accadere il contrario: perché "voi conoscete l'anima dello straniero, poiché siete stati stranieri nel paese d'Egitto" ({{passo biblico2|Esodo|23:9}}). L'espressione "perché conoscete l'anima dello straniero" è ''yedaatem etnefesh hager''. La parola per "conoscere", ''daat'', significa anche "essere unito insieme", suggerendo che ogni anima è legata all'altra, ebrea e non-ebrea. E poiché la parola per "anima" in questo brano è ''nefesh'', che indica la dimensione carnale dell'anima, ci viene comandato di prenderci cura del corpo dello straniero, nutrendolo quando ha fame e offrendogli da bere quando ha sete. Lo straniero che dimora tra voi sarà come uno di voi, perché siete legati a lui o a lei ''essenzialmente'' e ''fisicamente'', come figli di Adamo. La Torah lo afferma in modo piuttosto esplicito: "Tratterete lo straniero, che abita fra voi, come chi è nato fra voi; tu lo amerai come te stesso; poiché anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto: io sono HaShem, il vostro Dio" ({{passo biblico2|Levitico|19:34}}). Vale a dire, lo amerai ''kamokha'', "come te stesso", un'eco del comandamento di amare il prossimo, il tuo fratello ebreo, ''kamokha'' ({{passo biblico2|Levitico|19:18}}), che, come osservato nel Capitolo precedente, significa "così sei". In altre parole, "amerai lo straniero, perché l'amore che mostri verso lo straniero ''è'' ciò che sei": quell'amore è il ''chi'' che tu sei nel profondo del tuo essere. Amare il non-ebreo, compreso il noncredente, ha ''la stessa urgenza'' di amare il proprio fratello ebreo, ed entrambi, come ha affermato [[Elie Wiesel]], sono necessari al nostro amore per Dio.<ref>[[Elie Wiesel]], ''Evil and Exile'', trad. Jon Rothschild (Notre Dame, IN: University of Notre Dame Press, 1990), 46.</ref> Orientato all'amore per Dio e per la Torah, quindi, l'insegnamento ebraico è orientato verso l'altro essere umano, che, anche se è uno straniero, ''non è un estraneo altro''. E la frase "Io sono HaShem, il tuo Dio"? Significa che non possiamo avere alcun legame con HaShem senza questo legame di carne e sangue con ''ger''. L'aggiunta di "il tuo Dio", ''Elokeikhem'', significa che in questa relazione con lo straniero si subisce un giudizio. Perché il Nome ''HaShem'' designa misericordia, mentre il Nome ''Elokim'' significa giudizio, come insegnato dal grande mistico [[Rivelazione e Cabala/Moses Cordovero|Moses Cordovero]] (1522-70) (''Or Neerav'' 6:5:11). Pertanto, dice Levinas, "l'accoglienza riservata allo Straniero che la Bibbia ci chiede instancabilmente non costituisce un corollario dell'ebraismo e del suo amore per Dio, ma è il contenuto stesso della fede",<ref>[[Emmanuel Levinas]], ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. Sean Hand (Baltimore, MD: Johns Hopkins University Press, 1990), 173.</ref> il contenuto stesso dell'ebraismo. Poiché il ''ger'' non è un altro estraneo, ma qualcuno a cui l'ebreo è connesso nel profondo della sua anima, abbiamo questo comandamento: "Non pervertirai il diritto dovuto allo straniero" ({{passo biblico2|Deuteronomio|24:17}}), un comandamento che è in netto contrasto con la legge islamica che non consente allo straniero, al ''dhimmi'', di testimoniare in un tribunale di "giustizia" nemmeno per conto proprio. Naturalmente, bisogna tenere presente che in questi comandamenti della Torah la parola per "straniero" è ''ger'': un ''ger'' è un non ebreo che dimora tra gli ebrei, cercando solo la pace, solo per essere un buon vicino, solo la relazione umana che rende possibile la dimora. Altri due termini per "straniero" sono ''nochri'' e ''zar''. ''Nochri'' si riferisce semplicemente a qualcuno che è forestiero e nonfamiliare, ma con cui si potrebbe diventare familiari. Il ''nochri'' è qualcuno che potrebbe diventare un ''ger''. ''Zar'', tuttavia, si riferisce a qualcuno che è completamente estraneo, che è al di là di qualsiasi cosa possa diventare familiare, come in ''[[w:Avodah Zarah|avodah zarah]]'' {{lang|he|עבודה זרה‎}}, il culto estraneo che è "idolatria". Secondo l'insegnamento ebraico, non vi è alcun obbligo verso lo "straniero" in quanto ''zar'', cioè come qualcuno che è determinato a sterminare te o gli altri. Anche gli ebrei stessi possono rientrare in questa categoria: ad esempio, gli ebrei che ignorano i comandamenti della Torah riguardanti lo straniero. [[Elie Wiesel]] approfondisce questo punto: {{citazione|When are we suspicious of the stranger? When he or she comes from our midst. There is a difference between ''ger'', ''nochri'' and ''zar''. All three words refer to the stranger. Scripture is kind to the ''ger'', compassionate toward the ''nochri'', and harsh toward the ''zar''. For only the ''zar'' is Jewish. And a Jew who chooses to estrange himself from his people, a Jew who makes use of his Jewishness only to denigrate other Jews, a Jew of whom it may be said that “he removed himself from his community,” who shares neither its sorrow nor its joy, that Jew is not our brother.|Elie Wiesel, ''Sages and Dreamers: Biblical, Talmudic, and Hasidic Portraits and Legends'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1991), 55}} Pertanto, la categoria di straniero presente nei trentasei comandamenti relativi al nostro trattamento dello straniero non si applica all'ebreo che si è estraniato dalla comunità del Patto della Torah. Infatti, in quell'estraniamento dalla Torah si cela un'estraniazione dal comandamento della Torah di amare lo straniero. Bisogna riconoscere che il Talmud contiene insegnamenti sui Gentili come il seguente: "Un ebreo non deve associarsi con i Gentili perché sono spargitori di sangue" (''Avodah Zarah'' 22a). Il contesto di tali insegnamenti, tuttavia, non va dimenticato: chi sparge sangue rientra nella categoria dello ''zar''. Laddove lo straniero non abbia rappresentato una tale minaccia, gli insegnamenti ebraici della tradizione orale lo hanno trattato come un figlio di Dio; in generale, è qui che si applica il termine ''ger''. Sebbene l'ebraismo consideri gli ebrei un "popolo a parte" (cfr. {{passo biblico2|Levitico|20:24}}), essere un popolo a parte non significa far parte dell'élite o degli eletti. La loro distinzione tra le nazioni, piuttosto, risiede nella loro missione specifica di trasmettere determinati insegnamenti riguardanti, tra le altre cose, il trattamento dello straniero. Se un essere umano è considerato un ''medaber'' o "essere parlante", come insegnato, ad esempio, da [[Maimonide]] (''Moreh Nevuchim'' 1:51), il suo legame fondamentale con gli altri esseri umani risiede nella parola: per un ebreo, l'urgenza di dire la parola ''tu'' a un altro ebreo è pari all'urgenza di dire la parola ''tu'' a un non ebreo. Pertanto, la ''Mishnah'' insegna che il divieto di fare un torto a qualcuno nell'acquisto e nella vendita si applica anche al fare un torto a chiunque, incluso lo straniero, ''con le parole'' (''Bava Metzia'' 4:4). Tra le parole che un ebreo deve pronunciare a un altro essere umano, per non fargli un torto con le parole, spicca la parola ''tu'', pronunciata con "tutto il proprio essere", in un'espressione del tipo "''Hineni'' – Eccomi per ''te''". Vale la pena notare che, secondo il Talmud, una delle quattro domande che ci vengono poste quando ci troviamo davanti al Tribunale Celeste è: Sei stato onesto nei tuoi affari? – questo, insiste il Talmud, include i rapporti con lo straniero (''Shabbat'' 31a).<ref>Le altre tre domande sono: Hai atteso e operato per la venuta del Messia? Hai cercato di trovare il tempo per studiare la Torah? Ti sei dedicato alla crescita della tua famiglia?</ref> Similmente, riguardo al ''ger'', il Talmud insegna: "Non schernire lo straniero con la tua stessa macchia" (''Bava Metzia'' 59b). Ciò che vale per il nostro riguardo verso il prossimo ebreo vale anche per il nostro riguardo verso il prossimo non-ebreo: non giudicare. Lascia che Dio sia il giudice di chi è giusto e chi non lo è, di chi ha un posto nel Mondo a Venire e chi no. Nella misura in cui stabiliamo che il nostro prossimo non ha posto con Dio, a causa della sua incredulità, non possiamo avere alcuna relazione con quella persona, né possiamo avere alcun posto con Dio, con ''HaMakom''. Contrariamente alle tradizioni che dichiarano che la loro sia l'unica via per raggiungere Dio, il Talmud insegna che il non-ebreo ha un posto nel Mondo a Venire, così come l'ebreo – anzi, anche più facilmente dell'ebreo, poiché l'ebreo ha una responsabilità molto maggiore da assolvere (cfr. ''Sanhedrin'' 105a). Lo straniero ha un posto nel Mondo a Venire perché ha un posto ''in questo mondo'': poiché lo scopo di Dio nella creazione è creare una dimora, un ''Makom'', per Sé stesso, è quello di creare una dimora per gli altri, ebrei e non-ebrei, in questo reame fisico – ''specialmente'' per lo straniero, perché, come ha giustamente osservato Levinas, la "stranezza" dello straniero è proprio la sua "mancanza di dimora",<ref>Levinas, ''Otherwise Than Being'', 91.</ref> l'essere senza un posto. Lo straniero ci è estraneo perché il mondo è estraneo a lui o a lei. Dobbiamo fare in modo che le cose vadano diversamente. Sostenendo che le porte del regno di Dio "sono sempre aperte" allo straniero, come è scritto nel ''Midrash'' (''Shemot Rabbah'' 19:4), l'ebraismo non si pone nell'angolo teologico di dichiarare che la via verso Dio passa solo attraverso l'ebraismo. Escludere lo straniero dal Mondo a Venire significa escludere lo straniero da questo mondo; se non ha un posto con Dio, ''secondo le sue azioni e la sua rettitudine'', allora non può averne con i suoi simili. Quindi, se diciamo allo straniero: "Solo attraverso questa via puoi giungere a Dio", allora non possiamo avere alcuna relazione umana con lui o lei; un simile atteggiamento riduce lo straniero a una merce, a un Esso, che, in effetti, è la nostra inclinazione. L'ebraismo, quindi, ''impone'' una relazione umana con lo straniero, per quanto controintuitiva possa essere. "Amati sono gli stranieri", dice il ''Midrash'', "perché la Scrittura in ogni caso li paragona a Israele" (''Bemidbar Rabbah'' 8:2). Amati da chi? Amati da Dio, come insegnato in un altro ''Midrash'': "Io vi ho amati" ({{passo biblico2|Malachia|1:2}}) si riferisce allo straniero (''Bemidbar Rabbah'' 8:2). Secondo l'insegnamento ebraico, ogni volta che un ebreo incontra uno straniero, incontra uno degli amati di Dio, uno dei figli di Dio, incontra Dio Padre Stesso. Poiché gli ebrei gridano "Padre!" a Dio, gridano "Fratello!" allo straniero. Prima che qualcuno fosse scelto per essere ebreo o non-ebreo, c'era la storia di Caino e Abele. In quella storia, Dio pone a Caino due domande: "Dov'è tuo fratello?" e ​​"Che cosa hai fatto?". Rispondere a una domanda significa rispondere all'altra: dichiariamo la nostra comprensione di dove si trovi nostro fratello – israelita o ''ger'' – attraverso ciò che abbiamo fatto concretamente, non attraverso ciò in cui crediamo. Pensare in termini di astrazioni teologiche basate sul credo ci rende sordi alla domanda o incapaci di rispondere. Il punto nel rispondere alle domande poste a Caino non è entrare nel regno dei cieli, ma trasformare ''questo'' regno in una dimora per Dio, cioè in un paradiso, facendone un luogo dove lo straniero possa dimorare. Ogni volta che facciamo del male allo straniero semplicemente perché è uno straniero, danneggiamo tutta la creazione. E quindi una categoria caratteristica degli insegnamenti dell'ebraismo sul trattamento dello straniero è ''[[w:Tiqqun 'olam|tikkun haolam]]'' {{lang|he|תיקון עולם}}, riparare il mondo. === Il posto per lo straniero in un mondo fratturato === La centralità del ''tikkun haolam'' nella tradizione ebraica sottolinea l'accento della [[Torah]] sulla trasformazione di questo reame in una dimora per lo straniero. Dal punto di vista dell'ebraismo, non andiamo in un luogo migliore quando l'anima lascia questo mondo; ''questo'' è un luogo migliore, proprio perché solo in questo reame siamo in grado di entrare in una relazione di carne e sangue con i nostri simili, ebrei e non-ebrei. Come abbiamo visto, i seguaci di tradizioni basate su un credo si sforzano più di entrare nel regno di Dio che di far entrare Dio in questo regno, insistendo, come fa Gesù, che "il mio regno non è di questo mondo" ({{passo biblico2|Giovanni|18:36}}). L'ebraismo intende il regno messianico come qualcosa di stabilito in questo regno fisico, e l'inaugurazione di quell'era si basa sul nostro trattamento dello straniero. Non appena denigriamo questo mondo come irreale o vile, una valle di lacrime che dobbiamo attraversare a fatica fino a raggiungere il reame della "vera felicità", per usare le parole di Tommaso d'Aquino,<ref>{{en}}Thomas Aquinas, ''St. Thomas Aquinas on Politics and Ethics'', trad. e cur. Paul E. Sigmund (New York: W. W. Norton, 1988), 8.</ref> svalutiamo non solo questo mondo, ma anche coloro che vorrebbero abitarlo, a cominciare dallo straniero. La stima per l'uno è legata alla stima per l'altro. Il ''Tikkun haolam'' è l'opposto del ''contemptus mundi'' presente nel Cristianesimo e nell'Islam, in particolare nella sua forma jihadista. Il disprezzo cristiano per questo mondo non è semplicemente disprezzo per la mondanità, per il potere e il piacere, il prestigio e i beni materiali; no, è disprezzo per questa realtà concreta e fisica.<ref>Cfr. per esempio, ''[[w:Eucherio di Lione|Eucherius of Lyon]], On Contempt for the World or De Contemptu Mundi'', 1654 Vaughan trad., ed. Melvin H. Waller (London: Aeterna Press, 2015).</ref> Solo chi "odia la sua vita in questo mondo", è scritto nella Scrittura cristiana, "la conserverà per la vita eterna" ({{passo biblico2|Giovanni|12:25}}). Ma se odio la mia vita in questo mondo, sono portato ad avere poca considerazione per la vita fisica degli altri, a cominciare dallo straniero. Naturalmente, il cristiano è il primo a insistere nel trattare gli altri con gentilezza e ad alleviare le sofferenze fisiche; dobbiamo amare non solo lo straniero, ma anche il nemico ({{passo biblico2|Matteo|5:44}}). Ma il disprezzo per il mondo può diventare una scusa per ritirarsi in clausura e voltare le spalle al mondo e all'umanità. Sebbene nella Bibbia ebraica si possano trovare passi che denigrano coloro che prosperano solo con i beni materiali di questo mondo (ad esempio, {{passo biblico2|Salmi|73:12}}), molto più frequentemente troviamo l'affermazione che "del Signore è la terra e tutto ciò che contiene" ({{passo biblico2|Salmi|24:1}}). In effetti, come può un mondo che Dio ha creato attraverso la Sua sapienza (cfr. {{passo biblico2|Geremia|10:12}}) essere oggetto di disprezzo? Nella [[w:Lettera di Giacomo|Lettera di Giacomo]], ad esempio, è scritto: "Chi vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio" ({{passo biblico2|Giacomo|4:4}}). Piuttosto che riparare il mondo, quindi, bisogna "uscire da questo mondo", come dice Paolo ({{passo biblico2|1Corinzi|5:10}}). Paolo identifica la liberazione dal peccato come la liberazione "da questo presente mondo malvagio" ({{passo biblico2|Galati|1:4}}), da "quando eravamo schiavi degli elementi del mondo" ({{passo biblico2|Galati|4:3}}). Quando Paolo distingue tra la "tristezza secondo Dio", che porta al "pentimento e alla salvezza", e la "tristezza del mondo", che porta alla morte ({{passo biblico2|2Corinzi|7:10}}), non è chiaro cosa possa comportare la tristezza del mondo. Si tratta forse della corruzione fisica e morale degli esseri umani? Include forse il dolore per la sofferenza dello straniero e il rifiuto di essere confortati dal pensiero che lui o lei andranno verso una "ricompensa maggiore"? Nella [[w:Prima lettera di Giovanni|Prima Lettera di Giovanni]] ci viene insegnato: "Non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui, perché tutto ciò che è nel mondo... non viene dal Padre" ({{passo biblico2|1Giovanni|2:16}}). Se nulla nel mondo è del Padre, allora sembrerebbe che riparare il mondo sia inutile. Eppure, lo straniero è proprio colui che è in questo mondo ed è di questo mondo: per amore dello straniero dobbiamo riparare il mondo. Giovanni include cose come la "concupiscenza della carne" nella sua espressione "tutto ciò che è nel mondo". Prosegue affermando che solo chi crede in Gesù può "vincere il mondo" ({{passo biblico2|1Giovanni|5:5}}), presumibilmente perché il suo regno non è di questo mondo. Ma vincere il mondo significa accettare gli eventi che accadono intorno a noi, nella consapevolezza che tutti coloro che credono troveranno conforto e salvezza nell'aldilà? Se i piaceri di cui godo in questo mondo sono irreali, lo sono forse anche le sofferenze dello straniero? In ogni caso, le Scritture cristiane abbondano nell'accento sul "regno dei cieli", in particolare nel [[w:Vangelo secondo Matteo|Vangelo di Matteo]], mentre l'espressione non compare mai nella Bibbia ebraica. Diversi insegnamenti del Corano suggeriscono che questo mondo sia una vuota illusione (ad esempio, [https://sufi.it/il-sacro-corano/3-surat-al-imran/ 3:185]), poiché la vita in questo mondo "non è altro che gioco e divertimento; molto migliore è la casa nell'Aldilà" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/6-surat-al-anam/ 6:32]; cfr. anche 29:64; 67:20). Il godimento di questo mondo è follia, non perché sia ​​piacevole, ma perché è di breve durata (cfr. [https://sufi.it/il-sacro-corano/4-surat-an-nisa/ 4:77]; 42:36), poiché "poco è il godimento della vita di questo mondo in confronto all'Aldilà" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/9-surat-at-tawba/ 9:38]). Ci sono musulmani, come i jihadisti [[w:Hasan al-Banna|Hasan al-Banna]]<ref>Cfr. Richard P. Mitchell, ''The Society of the Muslim Brothers'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 1993), 207.</ref> e [[w:Hassan Nasrallah|Hassan Nasrallah]] (1960-2024),<ref>Cfr. Laurent Murawiec, ''The Mind of Jihad'' (Cambridge, UK: Cambridge University Press, 2008), 55.</ref> che si vantano di amare la morte più della vita. Tuttavia, chi ama la morte più della vita ama un'astrazione che è essa stessa morta e non potrà mai amare lo straniero; nel caso di al-Banna e Nasrallah, l'amore per la morte si trasforma nell'amore per infliggere la morte allo straniero. Quanto a chi ha effettivamente accarezzato le gioie effimere di questo mondo, il Corano dice: "Gli abbiamo destinato l'Inferno; vi brucerà disonorato e reietto" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/17-sura-al-isra/ 17:18]). Chi di noi ama il piacere e aborrisce il dolore non desidera altro che evitare il dolore dell'Inferno e godere dei piaceri del Paradiso. Nel Corano, l'amore per questo mondo è considerato uno dei segni di un noncredente, di uno straniero (cfr. 2:212; 16:107), poiché una persona simile acquista "la vita di questo mondo al prezzo dell'Aldilà" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/2-surat-al-baqara/ 2:86]). Pertanto, a quanto pare, riparare questo mondo è follia o eresia. La visione dell'aldilà come regno dell'unica vera felicità porta alcuni insegnamenti islamici ad associare qualsiasi interesse per questo mondo all'interesse per "cose ​​da desiderare", ovvero "proprietà" come "donne, bambini, molto oro e argento (ricchezze), bei cavalli, bestiame e terra ben coltivata" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/3-surat-al-imran/ 3:14]). Tuttavia, a chi supera il desiderio di tali beni viene promesso un "Paradiso che scorre tra i fiumi" (3:14). In effetti, dovremmo desiderarlo per noi stessi, perché questo è ciò che Allah desidera per noi (cfr. 8:67; 14:3; 17:21). Il Paradiso si raggiunge, secondo la visione dei jihadisti islamici, non solo attraverso la carità e atti di amorevole gentilezza verso gli altri credenti, ma anche combattendo e uccidendo i noncredenti – gli stranieri – "per la Causa di Allah" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/4-surat-an-nisa/ 4:74]). Secondo l'ayatollah [[w:Ruhollah Khomeyni|Ruhollah Khomeini]] (1902-1989), "L'Islam dice: Tutto ciò che di buono esiste, esiste grazie alla spada e all'ombra della spada...! La spada è la chiave del paradiso, che può essere aperta solo dai guerrieri santi!"<ref>Citato in Lawrence Wright, ''The Looming Tower: Al-Qaeda and the Road to 9/11'' (New York: Alfred A. Knopf, 2006), 47.</ref> Per i jihadisti, uno straniero morto – spesso un ebreo morto – è il biglietto per il paradiso. === La sorte dello straniero nella vita e dopo la morte === === Lo straniero, mio ​​fratello === {{clear}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|75%|13 giugno 2025}} [[Categoria:Connessioni|Capitolo 2]] 5eac0d2i34xwa6rfcumap67ip5caarc 477798 477797 2025-06-13T11:55:26Z Monozigote 19063 /* La sorte dello straniero nella vita e dopo la morte */ testo 477798 wikitext text/x-wiki {{Connessioni}} {{Immagine grande|Mendelssohn, Lessing, Lavater.jpg|740px|[[w:Gotthold Ephraim Lessing|Lessing]] e [[w:Gotthold Ephraim Lessing|Lavater ospiti]] a casa di [[w:Moses Mendelssohn|Moses Mendelssohn]]<ref>Nel dipinto, a destra Johann Kaspar Lavater, teologo svizzero, che tenta di convertire al cristianesimo Moses Mendelssohn. Dietro ai due, Gotthold Ephraim Lessing vicino a una tavola per gli scacchi, il suo gioco preferito. Entra dalla porta la moglie di Mendelssohn con delle bevande.</ref> (dipinto di [[:en:w:Moritz Daniel Oppenheim|Moritz Daniel Oppenheim]], 1856)}} == Lo straniero, mio ​​fratello == "We encounter God in the face of the stranger", scrive Rabbi [[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]]. "That is, I believe, the Hebrew Bible’s single greatest and most counterintuitive contribution to ethics. The human other is a trace of the Divine Other".<ref>Jonathan Sacks, ''The Dignity of Difference: How to Avoid the Clash of Civilizations'' (New York: Continuum Publishing Group, 2003), 59–60.</ref> Poiché l'Altro Divino è l'Altro più radicalmente, nessun Altro è più estraneo di Dio. E scrive Martin Buber: "In that decisive hour, when we encounter God, we must forget everything we imagined we knew of God, when we dared to keep nothing handed down or learned or self-contrived, no shred of knowledge, and were plunged into the night".<ref>Martin Buber, ''Between Man and Man'', trad. Ronald Gregor-Smith (New York: Macmillan, 1965), 17.</ref> Poiché Dio è nel modo più radicale lo straniero, Lo si incontra nel modo più radicale nello straniero. Ecco perché il comandamento di prendersi cura dello straniero è il contributo più grande e controintuitivo dell'ebraismo all'etica, nonché il più frequentemente ripetuto nella [[Torah]]: trentasei volte. Perché questo costante richiamo? Perché è il primo comandamento che tendiamo a dimenticare: è del tutto controintuitivo. Non ho bisogno che mi venga ricordato così spesso di amare il mio prossimo, quello che è come me, che condivide la mia visione del mondo. È un ospite fisso alla mia tavola. Guardiamo le partite insieme e ogni tanto ci godiamo una birra insieme. Ma lo sconosciuto, lo straniero? Quello che non mi assomiglia o non la pensa come me, quello che considero un non-credente e politicamente arretrato, se non barbaro? Ho bisogno che mi venga ricordato ripetutamente di amarlo. Nel Capitolo precedente abbiamo visto che nel movimento della creazione, Dio, ''Elokim'', diventa un Chi. Nella misura in cui viviamo secondo ciò che incontriamo con gli occhi, come quando gli occhi si aprono dopo aver mangiato il frutto proibito ({{passo biblico2|Genesi|3:7}}), siamo ciechi al Chi. Sì, il Chi è l'Invisibile, ma invisibile non perché non possa essere visto, ma perché il Chi è, nelle parole di [[Emmanuel Levinas]], al di là della tematizzazione. "Invisibility", spiega Lévinas, "implies relations with what is not given, of which there is no idea. Vision is an adequation of the idea with the thing, a comprehension that encompasses".<ref>Emmanuel Levinas, ''Totality and Infinity'', trad. Alphonso Lingis (Pittsburgh: Duquesne University Press, 1969), 34.</ref> Il Chi invisibile, tuttavia, è l'includente, non l'incluso, al di là delle coordinate della realtà spazio-temporale. Solo il nascosto, solo Colui che invisibilmente trascende la creazione, può conferire significato alla creazione, così che ''contempliamo'' il Chi invisibile proprio ''come'' il nascosto. Così, dice Levinas, "a God invisible means not only a God unimaginable, but a God accessible in justice. Ethics is the spiritual optics".<ref>''Ibid.'', 78.</ref> E così è in ogni incontro con un Chi. Gli occhi ci rivelano solo il Cosa, un oggetto da appropriarci, possedere o opprimere. Accade ogni volta che ricorriamo all'etichetta, allo stereotipo, alla categoria in cui classifichiamo l'altro, la categoria di un Esso, così che scivoliamo troppo facilmente nell'illusione di conoscere l'altro, di conoscere "la sua specie". In questo modo liquidiamo l'altro, lo straniero, come uno di "loro". Accade ogni volta che osserviamo qualcuno o lo valutiamo, ogni volta che valutiamo qualcuno sulla base del suo curriculum o prendiamo nota dei tratti distintivi di colore, religione, cultura, politica ed etnia, o razza, classe e genere. Fissati sul Cosa questa persona è, secondo questi incidenti, diventiamo ciechi e sordi al Chi, ciechi alla fame e sordi al grido dell'altro. Quel giorno moriremo sicuramente (cfr. {{passo biblico2|Genesi|2:15}}), perché quel giorno cercheremo sicuramente giustificazioni per l'omicidio, come vediamo dai capitoli iniziali della Torah: l'anima soffre ciò che infligge. Emil Fackenheim va al cuore dell'Olocausto quando scrive che, in seguito, "philosophers must face a ''novum'' within a question as old as Socrates: what does it mean to be human?"<ref>Emil L. Fackenheim, ''Jewish Philosophers and Jewish Philosophy'', ed. Michael L. Morgan (Bloomington: Indiana University Press, 1996), 133.</ref> Sterminando gli ebrei, i nazisti tentarono di cancellare la testimonianza millenaria che gli ebrei e l'ebraismo rappresentano con la loro stessa presenza nel mondo. Centrale in quella testimonianza è un insegnamento su ciò che dà significato e valore all'altro essere umano, a partire dalla vedova, dall'orfano e dallo straniero (cfr. {{passo biblico2|Deuteronomio|10:18}}). La determinazione nazista del valore di un essere umano si basa su un accidente della natura: chi nasce ariano ha più valore di chi non nasce ariano. E chi è ariano assume una consistenza ancora maggiore secondo una [[w:volontà di potenza|volontà di potenza]]. Inoltre, un ariano non ha alcun legame essenziale con un non-ariano, e certamente non con un ebreo. Molte persone, molte nazioni, scrive [[Primo Levi]], possono ritrovarsi a ritenere, più o meno consapevolmente, che ogni straniero è un nemico. Per lo più, questa convinzione è radicata nel profondo, come un'infezione latente; si tradisce solo in atti casuali e sconnessi, e non sta alla base di un sistema di ragionamento. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa la premessa maggiore di un sillogismo, allora, "al termine della catena, c'è il Lager".<ref>Primo Levi, ''Se questo e un uomo'', ''loc cit.''</ref> A volte ci si chiede: "Come è potuto avvenire lo sterminio degli ebrei nel cuore della cristianità, in un'Europa illuminata?". A quanto pare, gli ebrei furono sterminati proprio perché erano intrappolati nel cuore della cristianità, in un'Europa illuminata. Anche i musulmani vi ebbero parte. Nel gennaio del 1942, il Gran Mufti Haj Amin al-Husseini (1896-1974) si recò in Bosnia per conto dei nazisti per convincere i leader musulmani che una [[w:Schutzstaffel|divisione SS]] musulmana avrebbe portato onore e gloria ai seguaci dell'Islam. La più numerosa delle unità di sterminio musulmane del Mufti era la [[w:13. Waffen-Gebirgs-Division der SS "Handschar"|13a Divisione Handschar]], composta da {{FORMATNUM:21065}} uomini. La divisione entrò in azione nel febbraio del 1944. Riporto maggiori informazioni al riguardo nel [[Connessioni/Capitolo 8|Capitolo 8]]. In gran parte perché affondano le radici nella tradizione ebraica, nel cristianesimo e nell'Islam si trovano sia il potenziale che la realtà di una prospettiva che esprime una relazione superiore, manifestata nella relazione tra esseri umani. Tuttavia, in ciascuna di queste tradizioni basate sul credo, vi sono alcuni insegnamenti che, in una misura o nell'altra, hanno escluso lo straniero noncredente, considerandolo come qualcuno al di fuori dei confini della "salvezza". Una tale usurpazione teologica del trono del Giudizio Divino può fornire un giustificativo teologico per l'omicidio di massa. Le prove storiche in tal senso sono schiaccianti. Se le astrazioni egocentriche della speculazione filosofica conducono a un'eclissi di Dio, la presunzione teologica che chiunque sia al di fuori del credo – lo straniero – sia eternamente dannato comporta un'usurpazione di Dio. L'amore e la cura comandati per lo straniero, incluso il noncredente, sono una testimonianza della prima parola pronunciata sul Monte Sinai: "Io sono Dio" ({{passo biblico2|Esodo|20:2}}). Se la formula per il filosofo è "Penso, dunque sono", per chi è fissato sul credo è "Io credo, dunque sono", con l'accento sull'io. In entrambi i casi lo straniero rappresenta una minaccia, o alla mia libertà o alla mia salvezza. Per l'ebreo, l'unica minaccia che lo straniero rappresenta per la mia "salvezza" (se questo termine è applicabile) risiede nella mia incapacità di trattarlo con amorevole gentilezza. Levinas sottolinea che "over the stranger... I have no power. He escapes my grasp by an essential dimension".<ref>Levinas, ''Totality and Infinity'', 39.</ref> Lo sforzo di convertire lo straniero o di salvare la sua anima è un tentativo mortale di afferrare ciò che nessun potere può rivendicare. La dimensione essenziale che sfugge alla mia presa? È la dimensione del sacro, della Voce Comandante dell'Altissimo. [[w:George Orwell|George Orwell]] ha affermato che "political language... is designed to make lies sound truthful and murder respectable, and to give an appearance of solidity to pure wind".<ref>George Orwell, ''A Collection of Essays'' (Boston, MA: Houghton Mifflin Harcourt, 1971), 171.</ref> Quando un programma politico si combina con il fanatismo religioso, l'omicidio dello straniero diventa più che rispettabile: si trasforma in un atto sacro gradito a Dio. Nella maggior parte delle tradizioni sacre, i martiri non si considerano meritevoli di nulla; per loro, il martirio non è una merce o un servizio per il quale si aspettano una giusta ricompensa: è una chiamata dall'alto, a cui rispondono, senza aspettarsi una ricompensa, offrendo tutto e per niente: il martirio non è una transazione commerciale. Il jihadismo islamico (a differenza di altre tradizioni islamiche), tuttavia, rappresenta una radicale perversione del male più antico e fondamentale – l'omicidio – nel bene supremo. Mentre nell'ebraismo il martirio significa morire ''rifiutandosi'' di commettere un omicidio e quindi santificando la vita, nel jihadismo islamico significa morire nel processo di uccidere lo straniero per la glorificazione di Dio. Ma i martiri jihadisti non glorificano Dio né santificano la vita. Piuttosto, glorificano un ego trasformato in Allah e quindi santificano l'omicidio, trasformandolo in martirio. Nonostante le loro numerose differenze, cristianesimo e Islam, a differenza dell'Ebraismo, hanno in comune un fondamentale disprezzo per il corpo. In gran parte del mondo, il disprezzo per la realtà carnale dell'essere umano deriva dalla tradizione speculativa greca (si veda, ad esempio, Platone, ''[[w:Fedone|Fedone]]'', 67d-68d), che ha avuto influenza sia sul cristianesimo che sull'Islam. Come affermò [[w:Clemente Alessandrino|Clemente Alessandrino]] (ca. 150 – ca. 215), la filosofia greca era "una preparazione, che spiana la strada a colui che è perfetto in Cristo".<ref>Clemente Alessandrino, ''[[w:Stromateis|Stromateis]]'', anche in Alexander Roberts & James Donaldson, eds., ''Clement of Alexandria: Ante Nicene Christian Library Translations of the Writings of the Fathers to AD 325, Part Four'' (Whitefish, MT: Kessinger, 2007), 366.</ref> E nel Medioevo furono i musulmani a reintrodurre i Greci in Europa. Il disprezzo cristiano per il corpo si ritrova anche nelle Scritture cristiane. Lì sta scritto: "Quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio" ({{passo biblico2|Romani|8:8}}), e "Non abbiate cura della carne per soddisfarne i desideri" ({{passo biblico2|Romani|13:14}}), perché "avere la mente secondo la carne è morte, ma avere la mente secondo lo Spirito è vita e pace" ({{passo biblico2|Romani|8:6}}). Da qui l'ingiunzione di Paolo: "mortificate le vostre membra che sono sulla terra" ({{passo biblico2|Colossesi|3:5}}). Per mezzo di Gesù, dice Paolo, l'anima è liberata "dalla carne" (cfr. {{passo biblico2|Colossesi|2:11-12}}). Ma essere liberati dalla carne corre il rischio di abbandonarsi all'indifferenza verso la sofferenza in carne e ossa dell'altro essere umano. Così, durante l'Inquisizione spagnola, ad esempio, le anime venivano salvate bruciando i corpi negli ''[[w:autodafé|autodafé]]''. Sebbene tali dirette condanne del corpo siano difficilmente riscontrabili nel Corano, tra gli sciiti si possono riscontrare nell'usanza del rito dell'autoflagellazione nel giorno sacro dell'[[w:Ashura|Ashura]], il decimo giorno del mese islamico di [[w:Muharram|Muharram]], anniversario del martirio di [[w:al-Husayn ibn Ali|Husayn ibn Ali]], nipote del Profeta.<ref>Cfr. John L. Esposito, ed., ''The Oxford Dictionary of Islam'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 2003), 27.</ref> Nelle versioni jihadiste moderne dell'Islam, ciò che è negato alla carne in questo mondo è promesso nell'aldilà: [[w:Osama bin Laden|Osama bin Laden]] (1957-2011), ad esempio, promette a chiunque annienti il ​​proprio corpo in questo mondo, allo scopo di uccidere "ebrei e crociati", che godrà dei corpi di settantadue vergini nell'aldilà.<ref>Osama bin Laden, ''Messages to the World: The Statements of Osama bin Laden'', trad. James Howarth, ed. Bruce Lawrence (London: Verso, 2005), 29.</ref> Una simile promessa per il corpo nell'altromondo – un mondo totalmente incorporeo – è indicativa di un disprezzo per la carne – e per lo straniero – in questo mondo. Quando il Jihad è "la via", il proprio corpo deve essere annientato in questo mondo per l'annientamento dello straniero, del miscredente, in quella che [[w:Hasan al-Banna|Hasan al-Banna]] (1906-1949) chiama "la padronanza dell'arte della morte".<ref>{{Lingue|en}} “the mastery of the art of death” ― Hasan al-Banna, ''Five Tracts of Hasan al-Banna: A Selection from the Majmuat Rasail al-Imam al-hahid Hasan al-Banna'', trad. Charles Wendell (Berkeley: University of California Press, 1978), 206–207.</ref> Nell'ebraismo, l'amore per lo straniero si manifesta nella cura del suo corpo, nutrendo gli affamati e alleviando la sofferenza fisica. Ovunque il corpo sia il nemico, alla fine lo è anche lo straniero. Se lo straniero esce dal cerchio della fede, allora ciò che accade al suo corpo può a volte diventare una questione di indifferenza, o peggio. === Il giudizio dello straniero basato sul credo === Pur differendo in molti aspetti significativi, cristianesimo e Islam si somigliano per quanto riguarda i loro insegnamenti su come Dio vede lo straniero, ovvero colui che rifiuta il loro credo, come se fossero a conoscenza non solo degli insegnamenti del Santo, ma anche dei Suoi giudizi. A chiunque ''creda'' in Gesù come suo Signore e Salvatore è promessa la vita eterna ({{passo biblico2|Giovanni|3:16}}). Abbiamo visto cosa ne è del noncredente. Tuttavia, in linea con il suo ebraismo, Gesù insegna un certo amore per lo straniero: "Ero straniero e mi avete accolto" ({{passo biblico2|Matteo|25:35}}). Affermazioni simili sulla santità di trattare lo straniero con amorevole benignità si trovano in {{passo biblico2|1Timoteo|5:10}} e {{passo biblico2|3Giovanni|1:5}}, così come in {{passo biblico2|Ebrei|13:2}}, dove è scritto: "Non dimenticate l'ospitalità; perché alcuni, praticandola, hanno ospitato degli angeli senza saperlo". Paolo dichiara ai Gentili che essere "senza Cristo" significa essere "stranieri nei patti della promessa, senza speranza” ({{passo biblico2|Efesini|2:12}}), ma coloro che credono non sono "più stranieri e pellegrini" ({{passo biblico2|Efesini|2:19}}). Essere stranieri, quindi, significa essere gravemente in errore. Le tradizioni basate sul credo non contengono alcun insegnamento paragonabile a quello ebraico sui [[w:Giusti tra le nazioni|Giusti tra le Nazioni]], i quali, come scritto nel Codice della Legge ebraica, lo ''[[w:Shulchan Arukh|Shulchan Arukh]]'' {{lang|he|שולחן ערוך}}, hanno una loro parte nel Mondo a Venire (''Yoreh Deah'' 367:1). Secondo l'insegnamento cristiano sul peccato ereditato, chi non crede non può essere giusto, per quanto lodevoli siano le sue azioni, poiché siamo "giustificati per sola fede, senza le opere della legge" ({{passo biblico2|Romani|3:28}}), e solo la fede in Cristo può purificarci dalla macchia del peccato di Adamo. Se Gesù viene a "chiamare i peccatori al pentimento" ({{passo biblico2|Marco|2:17}}; {{passo biblico2|Luca|5:32}}), coloro che devono pentirsi non sono solo coloro che hanno compiuto determinate azioni, ma anche coloro che non hanno adottato una determinata fede. Sebbene il Vangelo insegni che chi compie buone opere avrà vita, e chi compie opere malvagie subirà la dannazione (cfr. {{passo biblico2|Giovanni|5:29}}), le epistole insegnano anche che la dannazione incombe su chiunque non creda più (cfr. {{passo biblico2|1Timoteo|5:12}}). "In un fuoco fiammeggiante", scrive Paolo, Dio "fa vendetta su coloro che non conoscono Dio e su coloro che non obbediscono al vangelo del nostro Signore Gesù Cristo" ({{passo biblico2|2Tessalonicesi|1:8-9}}), dove "obbedire" significa non solo agire in un certo modo, ma anche "credere". Certo, le Scritture cristiane insegnano che "se non ha opere, la fede è morta" ({{passo biblico2|Giacomo|2:17}}), ma questo è stato spesso interpretato nel senso che le opere traggono il loro valore dalla fede, non la fede dalle opere. La tolleranza musulmana verso certi stranieri si ritrova nella nozione di ''[[w:dhimmi|dhimmi]]'' – ovvero ebrei, cristiani e [[:en:w:sabean|sabei]] – che, in quanto "[[w:Ahl al-Kitab|gente del Libro]]", godono di uno ''status dhimmi'' o "protetto" secondo la legge musulmana, purché paghino una tassa per la propria protezione. Agli stranieri che rientrano in questa categoria era proibito, pena la morte, portare armi; alzare le mani contro un musulmano, incluso aver tentato di ucciderlo; criticare l'Islam, il Profeta o gli angeli; sposare un musulmano; o ricoprire qualsiasi posizione di autorità su un musulmano. Gli stranieri considerati ''dhimmi'' erano tenuti a vivere separati dai musulmani, in aree che dovevano essere chiuse di notte; praticare la loro religione in segreto e in silenzio; distinguersi dai musulmani per il loro abbigliamento o per i distintivi; e seppellire i loro morti in modo diverso dai musulmani. Era loro proibito cavalcare cavalli o cammelli. Non potevano camminare sullo stesso lato della strada di un musulmano e dovevano accettare insulti dai musulmani senza risposta; La loro testimonianza non era ammessa in tribunale, nemmeno quando erano vittime di un crimine. L'omicidio di un ''dhimmi'' era raramente punibile, poiché un musulmano poteva sempre difendersi sostenendo di aver ucciso un noncredente, ovvero uno straniero.<ref>Cfr. Robert Spencer, ''The Myth of Islamic Tolerance: How Islamic Law Treats Non-Muslims'' (Amherst, NY: Prometheus Books, 2005), 117–119.</ref> Per gli stranieri che non avrebbero mai potuto godere della protezione della ''dhimmitudine'', le cose erano spesso molto più gravi, come sottolinea Serge Trifkovic: ad esempio, quando [[w:Muhammad ibn al-Qasim|Muhammad Qasim]] (695-715), sotto il governo di [[w:Al-Hajjaj ibn Yusuf|Al-Hajjaj ibn Yusuf]] (661-714), invase l'India nel 712 e mostrò misericordia agli indù, Al-Hajjaj gli ricordò che il Corano ordina ai musulmani di tagliare la testa ai miscredenti ovunque si trovino (47:4). Comanda inoltre ai fedeli di "uccidere coloro che uniscono altri dei a Dio ovunque li troviate" (9:5-6). Ne seguì un sanguinoso massacro di indiani.<ref>Serge Trifkovic, ''The Sword of the Prophet: Islam: History, Theology, Impact on the World'' (Boston, MA: Regina Orthodox Press, 2002), 109.</ref> Ciò che bisogna tenere a mente è che la nozione stessa di "noncredente" è un'astrazione teologica: il noncredente è un Cosa e non un Chi, un Esso e non un Tu, è senza volto e privo di santità. È molto più facile giustificare l'uccisione di un'astrazione che l'assassinio di un essere umano in carne e ossa. Chi può determinare dalle azioni di un essere umano perbene in cosa creda realmente? Anche la nozione di "credente", quindi, è un'astrazione. L'accento sulla fede giusta è molto più forte nel cristianesimo e nell'Islam che nell'ebraismo. E anche gli insegnamenti riguardanti il ​​trattamento dello straniero come noncredente sono piuttosto diversi. === La visione dello straniero nell'ebraismo === Ebraismo, cristianesimo e Islam condividono l'insegnamento secondo cui l'intera umanità deriva da un singolo essere umano, Adamo. Per l'insegnamento ebraico, Dio inizia con uno e non con due, così che nessuno possa dire a un altro: "La mia parte della famiglia è migliore della tua" (cfr.''Tosefta Sanhedrin'' 8:4-5). C'è un solo lato della famiglia, e ognuno di noi è legato sia spiritualmente che fisicamente all'altro: spiritualmente attraverso il Creatore e fisicamente attraverso Adamo. A dire il vero, il termine ebraico per "essere umano" è ''ben adam'', letteralmente "figlia/o di Adamo". Proprio come ogni raggio di luce che irradia da una stella è connesso, attraverso la stella, a ogni altro raggio di luce, così ogni anima è connessa a ogni altra anima attraverso Dio, da cui ogni anima emana. E ogni corpo è connesso, attraverso Adamo, a ogni altro corpo. Gli insegnamenti riguardanti la santità dell'essere umano fin dal tempo della creazione si ripercuotono sulla comprensione ebraica dell'Alleanza. Secondo la [[Torah]], il Creatore scelse Abramo per entrare in un'Alleanza non per il bene della sua famiglia, ma affinché attraverso l'Alleanza di Abramo "tutte le famiglie della terra siano benedette" ({{passo biblico2|Genesi|12:3}}); così, dice HaShem tramite il profeta Isaia, "[Io] ti ho posto come alleanza del popolo, come luce delle nazioni" ({{passo biblico2|}}). La benedizione e la luce risiedono nella testimonianza che l'Alleanza richiede ai figli di Abramo di portare al mondo. Come abbiamo visto, gli ebrei sono scelti per dire al mondo che ogni essere umano è scelto, ogni vita umana ha significato e valore, a prescindere da questo o quel credo, e che ognuno di noi è infinitamente responsabile verso e per gli altri. Il credo non determina, e non può determinare, l'esigenza etica, poiché l'esigenza del Bene è anteriore a ogni credo. Il Bene, nelle parole di Levinas, è un "non-present that is invisible, separated (or sacred) and thus a non-origin, an-archical".<ref>Emmanuel Levinas, ''Otherwise Than Being or Beyond Essence'', trad. Alphonso Lingis (The Hague: Nijhoff, 1981), 11.</ref> Pertanto la fede non ci porta a scegliere il Bene; piuttosto, essendo già stati scelti dal Bene, il Bene ci porta a scegliere la fede. Dal punto di vista dell'ebraismo, le astrazioni del credo non possono mai condurci a una relazione con il Santo: l'unica via verso la santità risiede nella relazione in carne e ossa con il nostro prossimo, soprattutto con lo straniero. Perché Dio dà a Mosè due tavole anziché una? Non perché non possa scrivere abbastanza piccolo da poterlo scrivere su una sola. No, serve ad articolare due ambiti di relazione: la prima tavola riguarda la relazione ''ben adam leMakom'' e la seconda la relazione ''ben adam lechevero'', rispettivamente "tra l'uomo e Dio" e "tra l'uomo e l'uomo".<ref>Cfr. per esempio, Abraham ibn Ezra, ''The Secret of the Torah'', trad. H. Norman Strickman (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1995), 64–65.</ref> Eppure ''esiste una sola relazione''. Si noti che nell'espressione della relazione con Dio, Dio è chiamato HaMakom, "il Luogo". Il che significa: Dio ha un posto in questo ambito solo dove l'altro essere umano, a cominciare dallo straniero, ha un posto in questo ambito. Come si apre un posto per lo straniero? Attraverso atti di amorevole gentilezza verso lo straniero, come ripetutamente comandato nella Torah. Il Talmud ci dice che finché il popolo ebraico vive secondo la Torah, i due cherubini in cima all'arca che contiene le tavole della Torah si fronteggiano in un abbraccio amorevole, e la Voce del Santo può essere udita. Ma quando il popolo ebraico si allontana dalla Torah e fa del male a se stesso e agli altri, a cominciare dallo straniero, i due cherubini si allontanano l'uno dall'altro, così che la Voce del Santo tace (''Bava Batra'' 99a), abbandonandoci all'orrore di un silenzio devastante, dove, dice [[w:André Neher|André Neher]] (1914-1988), "Il silenzio sostituisce la Parola perché il Nulla prende il posto dell'Essere", come accadde durante l'Olocausto.<ref>André Neher, ''The Exile of the Word: From the Silence of the Bible to the Silence of Auschwitz'', trad. David Maisel (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1981), I63.</ref> Sebbene l'arca stessa sia ora nascosta in esilio, rimane un'arca celeste, e i cherubini nell'alto si fronteggiano, a meno che non abbandoniamo la Torah. L'Olocausto, tuttavia, pone un problema. Sembra che il Santo sia rimasto in silenzio mentre coloro che Gli erano più devoti venivano massacrati, e mentre gli stessi cherubini venivano massacrati. Infatti lo ''[[Zohar]]'' ci dice che i cherubini hanno il volto di bambini (''Zohar'' I 18b; cfr. anche ''Talmud Bavli, Sukkah'' 5b). Rabbi [[w:Nachman di Breslov|Nachman di Breslov]] osserva che, attraverso i cherubini con i volti di bambini, un angelo porta la benedizione nel mondo, a cominciare dai bambini, come è scritto nella Torah: "L'angelo che mi redime da ogni male benedica i bambini" ({{passo biblico2|Genesi|48:16}}) (''Likutei Moharan'', Parte II, [[Torah]] 1:5). Come abbiamo visto, i nazisti iniziarono il loro assalto al popolo ebraico – il popolo che, dal punto di vista dei nazisti, incarna più radicalmente lo straniero – con un assalto ai bambini, all'angelo che benedice i bambini, alla Torah all'interno dell'arca e ai cherubini in cima all'arca, tra i quali il Santo parla. Ed Egli parla nel modo più profondo attraverso i Suoi comandamenti riguardanti lo straniero. È già stato osservato che la radice della parola ebraica per "comandamento", ''mitzvah'', è ''tzavta'', che significa "connessione". Un comandamento, quindi, non è una regola o un dettame da seguire; piuttosto, è un mezzo per entrare in contatto con Dio. Nell'ebraismo, inoltre, non esiste una connessione astratta o addirittura spirituale con Dio, ma solo una connessione in carne e ossa, che inizia con la mano tesa verso lo straniero – dico ''iniziando con'', come ho ripetuto prima, e non semplicemente includendo. Come abbiamo visto, l'ebraismo insegna che il mezzo più fondamentale per entrare in contatto con Dio risiede nella nostra connessione con l'altro essere umano. E la più fondamentale di queste connessioni risiede nei comandamenti della Torah riguardanti la nostra relazione con lo "straniero", o ''ger''. Tra i primi comandamenti dati dopo i Dieci Comandamenti c'è: "Non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perché anche voi siete stati stranieri in Egitto" ({{passo biblico2|Esodo|22:20}}). Anziché permettere che l'abuso che subiamo diventi una scusa per diventare abusatori, come è così di moda ai nostri tempi, la Torah insiste che debba accadere il contrario: perché "voi conoscete l'anima dello straniero, poiché siete stati stranieri nel paese d'Egitto" ({{passo biblico2|Esodo|23:9}}). L'espressione "perché conoscete l'anima dello straniero" è ''yedaatem etnefesh hager''. La parola per "conoscere", ''daat'', significa anche "essere unito insieme", suggerendo che ogni anima è legata all'altra, ebrea e non-ebrea. E poiché la parola per "anima" in questo brano è ''nefesh'', che indica la dimensione carnale dell'anima, ci viene comandato di prenderci cura del corpo dello straniero, nutrendolo quando ha fame e offrendogli da bere quando ha sete. Lo straniero che dimora tra voi sarà come uno di voi, perché siete legati a lui o a lei ''essenzialmente'' e ''fisicamente'', come figli di Adamo. La Torah lo afferma in modo piuttosto esplicito: "Tratterete lo straniero, che abita fra voi, come chi è nato fra voi; tu lo amerai come te stesso; poiché anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto: io sono HaShem, il vostro Dio" ({{passo biblico2|Levitico|19:34}}). Vale a dire, lo amerai ''kamokha'', "come te stesso", un'eco del comandamento di amare il prossimo, il tuo fratello ebreo, ''kamokha'' ({{passo biblico2|Levitico|19:18}}), che, come osservato nel Capitolo precedente, significa "così sei". In altre parole, "amerai lo straniero, perché l'amore che mostri verso lo straniero ''è'' ciò che sei": quell'amore è il ''chi'' che tu sei nel profondo del tuo essere. Amare il non-ebreo, compreso il noncredente, ha ''la stessa urgenza'' di amare il proprio fratello ebreo, ed entrambi, come ha affermato [[Elie Wiesel]], sono necessari al nostro amore per Dio.<ref>[[Elie Wiesel]], ''Evil and Exile'', trad. Jon Rothschild (Notre Dame, IN: University of Notre Dame Press, 1990), 46.</ref> Orientato all'amore per Dio e per la Torah, quindi, l'insegnamento ebraico è orientato verso l'altro essere umano, che, anche se è uno straniero, ''non è un estraneo altro''. E la frase "Io sono HaShem, il tuo Dio"? Significa che non possiamo avere alcun legame con HaShem senza questo legame di carne e sangue con ''ger''. L'aggiunta di "il tuo Dio", ''Elokeikhem'', significa che in questa relazione con lo straniero si subisce un giudizio. Perché il Nome ''HaShem'' designa misericordia, mentre il Nome ''Elokim'' significa giudizio, come insegnato dal grande mistico [[Rivelazione e Cabala/Moses Cordovero|Moses Cordovero]] (1522-70) (''Or Neerav'' 6:5:11). Pertanto, dice Levinas, "l'accoglienza riservata allo Straniero che la Bibbia ci chiede instancabilmente non costituisce un corollario dell'ebraismo e del suo amore per Dio, ma è il contenuto stesso della fede",<ref>[[Emmanuel Levinas]], ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. Sean Hand (Baltimore, MD: Johns Hopkins University Press, 1990), 173.</ref> il contenuto stesso dell'ebraismo. Poiché il ''ger'' non è un altro estraneo, ma qualcuno a cui l'ebreo è connesso nel profondo della sua anima, abbiamo questo comandamento: "Non pervertirai il diritto dovuto allo straniero" ({{passo biblico2|Deuteronomio|24:17}}), un comandamento che è in netto contrasto con la legge islamica che non consente allo straniero, al ''dhimmi'', di testimoniare in un tribunale di "giustizia" nemmeno per conto proprio. Naturalmente, bisogna tenere presente che in questi comandamenti della Torah la parola per "straniero" è ''ger'': un ''ger'' è un non ebreo che dimora tra gli ebrei, cercando solo la pace, solo per essere un buon vicino, solo la relazione umana che rende possibile la dimora. Altri due termini per "straniero" sono ''nochri'' e ''zar''. ''Nochri'' si riferisce semplicemente a qualcuno che è forestiero e nonfamiliare, ma con cui si potrebbe diventare familiari. Il ''nochri'' è qualcuno che potrebbe diventare un ''ger''. ''Zar'', tuttavia, si riferisce a qualcuno che è completamente estraneo, che è al di là di qualsiasi cosa possa diventare familiare, come in ''[[w:Avodah Zarah|avodah zarah]]'' {{lang|he|עבודה זרה‎}}, il culto estraneo che è "idolatria". Secondo l'insegnamento ebraico, non vi è alcun obbligo verso lo "straniero" in quanto ''zar'', cioè come qualcuno che è determinato a sterminare te o gli altri. Anche gli ebrei stessi possono rientrare in questa categoria: ad esempio, gli ebrei che ignorano i comandamenti della Torah riguardanti lo straniero. [[Elie Wiesel]] approfondisce questo punto: {{citazione|When are we suspicious of the stranger? When he or she comes from our midst. There is a difference between ''ger'', ''nochri'' and ''zar''. All three words refer to the stranger. Scripture is kind to the ''ger'', compassionate toward the ''nochri'', and harsh toward the ''zar''. For only the ''zar'' is Jewish. And a Jew who chooses to estrange himself from his people, a Jew who makes use of his Jewishness only to denigrate other Jews, a Jew of whom it may be said that “he removed himself from his community,” who shares neither its sorrow nor its joy, that Jew is not our brother.|Elie Wiesel, ''Sages and Dreamers: Biblical, Talmudic, and Hasidic Portraits and Legends'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1991), 55}} Pertanto, la categoria di straniero presente nei trentasei comandamenti relativi al nostro trattamento dello straniero non si applica all'ebreo che si è estraniato dalla comunità del Patto della Torah. Infatti, in quell'estraniamento dalla Torah si cela un'estraniazione dal comandamento della Torah di amare lo straniero. Bisogna riconoscere che il Talmud contiene insegnamenti sui Gentili come il seguente: "Un ebreo non deve associarsi con i Gentili perché sono spargitori di sangue" (''Avodah Zarah'' 22a). Il contesto di tali insegnamenti, tuttavia, non va dimenticato: chi sparge sangue rientra nella categoria dello ''zar''. Laddove lo straniero non abbia rappresentato una tale minaccia, gli insegnamenti ebraici della tradizione orale lo hanno trattato come un figlio di Dio; in generale, è qui che si applica il termine ''ger''. Sebbene l'ebraismo consideri gli ebrei un "popolo a parte" (cfr. {{passo biblico2|Levitico|20:24}}), essere un popolo a parte non significa far parte dell'élite o degli eletti. La loro distinzione tra le nazioni, piuttosto, risiede nella loro missione specifica di trasmettere determinati insegnamenti riguardanti, tra le altre cose, il trattamento dello straniero. Se un essere umano è considerato un ''medaber'' o "essere parlante", come insegnato, ad esempio, da [[Maimonide]] (''Moreh Nevuchim'' 1:51), il suo legame fondamentale con gli altri esseri umani risiede nella parola: per un ebreo, l'urgenza di dire la parola ''tu'' a un altro ebreo è pari all'urgenza di dire la parola ''tu'' a un non ebreo. Pertanto, la ''Mishnah'' insegna che il divieto di fare un torto a qualcuno nell'acquisto e nella vendita si applica anche al fare un torto a chiunque, incluso lo straniero, ''con le parole'' (''Bava Metzia'' 4:4). Tra le parole che un ebreo deve pronunciare a un altro essere umano, per non fargli un torto con le parole, spicca la parola ''tu'', pronunciata con "tutto il proprio essere", in un'espressione del tipo "''Hineni'' – Eccomi per ''te''". Vale la pena notare che, secondo il Talmud, una delle quattro domande che ci vengono poste quando ci troviamo davanti al Tribunale Celeste è: Sei stato onesto nei tuoi affari? – questo, insiste il Talmud, include i rapporti con lo straniero (''Shabbat'' 31a).<ref>Le altre tre domande sono: Hai atteso e operato per la venuta del Messia? Hai cercato di trovare il tempo per studiare la Torah? Ti sei dedicato alla crescita della tua famiglia?</ref> Similmente, riguardo al ''ger'', il Talmud insegna: "Non schernire lo straniero con la tua stessa macchia" (''Bava Metzia'' 59b). Ciò che vale per il nostro riguardo verso il prossimo ebreo vale anche per il nostro riguardo verso il prossimo non-ebreo: non giudicare. Lascia che Dio sia il giudice di chi è giusto e chi non lo è, di chi ha un posto nel Mondo a Venire e chi no. Nella misura in cui stabiliamo che il nostro prossimo non ha posto con Dio, a causa della sua incredulità, non possiamo avere alcuna relazione con quella persona, né possiamo avere alcun posto con Dio, con ''HaMakom''. Contrariamente alle tradizioni che dichiarano che la loro sia l'unica via per raggiungere Dio, il Talmud insegna che il non-ebreo ha un posto nel Mondo a Venire, così come l'ebreo – anzi, anche più facilmente dell'ebreo, poiché l'ebreo ha una responsabilità molto maggiore da assolvere (cfr. ''Sanhedrin'' 105a). Lo straniero ha un posto nel Mondo a Venire perché ha un posto ''in questo mondo'': poiché lo scopo di Dio nella creazione è creare una dimora, un ''Makom'', per Sé stesso, è quello di creare una dimora per gli altri, ebrei e non-ebrei, in questo reame fisico – ''specialmente'' per lo straniero, perché, come ha giustamente osservato Levinas, la "stranezza" dello straniero è proprio la sua "mancanza di dimora",<ref>Levinas, ''Otherwise Than Being'', 91.</ref> l'essere senza un posto. Lo straniero ci è estraneo perché il mondo è estraneo a lui o a lei. Dobbiamo fare in modo che le cose vadano diversamente. Sostenendo che le porte del regno di Dio "sono sempre aperte" allo straniero, come è scritto nel ''Midrash'' (''Shemot Rabbah'' 19:4), l'ebraismo non si pone nell'angolo teologico di dichiarare che la via verso Dio passa solo attraverso l'ebraismo. Escludere lo straniero dal Mondo a Venire significa escludere lo straniero da questo mondo; se non ha un posto con Dio, ''secondo le sue azioni e la sua rettitudine'', allora non può averne con i suoi simili. Quindi, se diciamo allo straniero: "Solo attraverso questa via puoi giungere a Dio", allora non possiamo avere alcuna relazione umana con lui o lei; un simile atteggiamento riduce lo straniero a una merce, a un Esso, che, in effetti, è la nostra inclinazione. L'ebraismo, quindi, ''impone'' una relazione umana con lo straniero, per quanto controintuitiva possa essere. "Amati sono gli stranieri", dice il ''Midrash'', "perché la Scrittura in ogni caso li paragona a Israele" (''Bemidbar Rabbah'' 8:2). Amati da chi? Amati da Dio, come insegnato in un altro ''Midrash'': "Io vi ho amati" ({{passo biblico2|Malachia|1:2}}) si riferisce allo straniero (''Bemidbar Rabbah'' 8:2). Secondo l'insegnamento ebraico, ogni volta che un ebreo incontra uno straniero, incontra uno degli amati di Dio, uno dei figli di Dio, incontra Dio Padre Stesso. Poiché gli ebrei gridano "Padre!" a Dio, gridano "Fratello!" allo straniero. Prima che qualcuno fosse scelto per essere ebreo o non-ebreo, c'era la storia di Caino e Abele. In quella storia, Dio pone a Caino due domande: "Dov'è tuo fratello?" e ​​"Che cosa hai fatto?". Rispondere a una domanda significa rispondere all'altra: dichiariamo la nostra comprensione di dove si trovi nostro fratello – israelita o ''ger'' – attraverso ciò che abbiamo fatto concretamente, non attraverso ciò in cui crediamo. Pensare in termini di astrazioni teologiche basate sul credo ci rende sordi alla domanda o incapaci di rispondere. Il punto nel rispondere alle domande poste a Caino non è entrare nel regno dei cieli, ma trasformare ''questo'' regno in una dimora per Dio, cioè in un paradiso, facendone un luogo dove lo straniero possa dimorare. Ogni volta che facciamo del male allo straniero semplicemente perché è uno straniero, danneggiamo tutta la creazione. E quindi una categoria caratteristica degli insegnamenti dell'ebraismo sul trattamento dello straniero è ''[[w:Tiqqun 'olam|tikkun haolam]]'' {{lang|he|תיקון עולם}}, riparare il mondo. === Il posto per lo straniero in un mondo fratturato === La centralità del ''tikkun haolam'' nella tradizione ebraica sottolinea l'accento della [[Torah]] sulla trasformazione di questo reame in una dimora per lo straniero. Dal punto di vista dell'ebraismo, non andiamo in un luogo migliore quando l'anima lascia questo mondo; ''questo'' è un luogo migliore, proprio perché solo in questo reame siamo in grado di entrare in una relazione di carne e sangue con i nostri simili, ebrei e non-ebrei. Come abbiamo visto, i seguaci di tradizioni basate su un credo si sforzano più di entrare nel regno di Dio che di far entrare Dio in questo regno, insistendo, come fa Gesù, che "il mio regno non è di questo mondo" ({{passo biblico2|Giovanni|18:36}}). L'ebraismo intende il regno messianico come qualcosa di stabilito in questo regno fisico, e l'inaugurazione di quell'era si basa sul nostro trattamento dello straniero. Non appena denigriamo questo mondo come irreale o vile, una valle di lacrime che dobbiamo attraversare a fatica fino a raggiungere il reame della "vera felicità", per usare le parole di Tommaso d'Aquino,<ref>{{en}}Thomas Aquinas, ''St. Thomas Aquinas on Politics and Ethics'', trad. e cur. Paul E. Sigmund (New York: W. W. Norton, 1988), 8.</ref> svalutiamo non solo questo mondo, ma anche coloro che vorrebbero abitarlo, a cominciare dallo straniero. La stima per l'uno è legata alla stima per l'altro. Il ''Tikkun haolam'' è l'opposto del ''contemptus mundi'' presente nel Cristianesimo e nell'Islam, in particolare nella sua forma jihadista. Il disprezzo cristiano per questo mondo non è semplicemente disprezzo per la mondanità, per il potere e il piacere, il prestigio e i beni materiali; no, è disprezzo per questa realtà concreta e fisica.<ref>Cfr. per esempio, ''[[w:Eucherio di Lione|Eucherius of Lyon]], On Contempt for the World or De Contemptu Mundi'', 1654 Vaughan trad., ed. Melvin H. Waller (London: Aeterna Press, 2015).</ref> Solo chi "odia la sua vita in questo mondo", è scritto nella Scrittura cristiana, "la conserverà per la vita eterna" ({{passo biblico2|Giovanni|12:25}}). Ma se odio la mia vita in questo mondo, sono portato ad avere poca considerazione per la vita fisica degli altri, a cominciare dallo straniero. Naturalmente, il cristiano è il primo a insistere nel trattare gli altri con gentilezza e ad alleviare le sofferenze fisiche; dobbiamo amare non solo lo straniero, ma anche il nemico ({{passo biblico2|Matteo|5:44}}). Ma il disprezzo per il mondo può diventare una scusa per ritirarsi in clausura e voltare le spalle al mondo e all'umanità. Sebbene nella Bibbia ebraica si possano trovare passi che denigrano coloro che prosperano solo con i beni materiali di questo mondo (ad esempio, {{passo biblico2|Salmi|73:12}}), molto più frequentemente troviamo l'affermazione che "del Signore è la terra e tutto ciò che contiene" ({{passo biblico2|Salmi|24:1}}). In effetti, come può un mondo che Dio ha creato attraverso la Sua sapienza (cfr. {{passo biblico2|Geremia|10:12}}) essere oggetto di disprezzo? Nella [[w:Lettera di Giacomo|Lettera di Giacomo]], ad esempio, è scritto: "Chi vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio" ({{passo biblico2|Giacomo|4:4}}). Piuttosto che riparare il mondo, quindi, bisogna "uscire da questo mondo", come dice Paolo ({{passo biblico2|1Corinzi|5:10}}). Paolo identifica la liberazione dal peccato come la liberazione "da questo presente mondo malvagio" ({{passo biblico2|Galati|1:4}}), da "quando eravamo schiavi degli elementi del mondo" ({{passo biblico2|Galati|4:3}}). Quando Paolo distingue tra la "tristezza secondo Dio", che porta al "pentimento e alla salvezza", e la "tristezza del mondo", che porta alla morte ({{passo biblico2|2Corinzi|7:10}}), non è chiaro cosa possa comportare la tristezza del mondo. Si tratta forse della corruzione fisica e morale degli esseri umani? Include forse il dolore per la sofferenza dello straniero e il rifiuto di essere confortati dal pensiero che lui o lei andranno verso una "ricompensa maggiore"? Nella [[w:Prima lettera di Giovanni|Prima Lettera di Giovanni]] ci viene insegnato: "Non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui, perché tutto ciò che è nel mondo... non viene dal Padre" ({{passo biblico2|1Giovanni|2:16}}). Se nulla nel mondo è del Padre, allora sembrerebbe che riparare il mondo sia inutile. Eppure, lo straniero è proprio colui che è in questo mondo ed è di questo mondo: per amore dello straniero dobbiamo riparare il mondo. Giovanni include cose come la "concupiscenza della carne" nella sua espressione "tutto ciò che è nel mondo". Prosegue affermando che solo chi crede in Gesù può "vincere il mondo" ({{passo biblico2|1Giovanni|5:5}}), presumibilmente perché il suo regno non è di questo mondo. Ma vincere il mondo significa accettare gli eventi che accadono intorno a noi, nella consapevolezza che tutti coloro che credono troveranno conforto e salvezza nell'aldilà? Se i piaceri di cui godo in questo mondo sono irreali, lo sono forse anche le sofferenze dello straniero? In ogni caso, le Scritture cristiane abbondano nell'accento sul "regno dei cieli", in particolare nel [[w:Vangelo secondo Matteo|Vangelo di Matteo]], mentre l'espressione non compare mai nella Bibbia ebraica. Diversi insegnamenti del Corano suggeriscono che questo mondo sia una vuota illusione (ad esempio, [https://sufi.it/il-sacro-corano/3-surat-al-imran/ 3:185]), poiché la vita in questo mondo "non è altro che gioco e divertimento; molto migliore è la casa nell'Aldilà" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/6-surat-al-anam/ 6:32]; cfr. anche 29:64; 67:20). Il godimento di questo mondo è follia, non perché sia ​​piacevole, ma perché è di breve durata (cfr. [https://sufi.it/il-sacro-corano/4-surat-an-nisa/ 4:77]; 42:36), poiché "poco è il godimento della vita di questo mondo in confronto all'Aldilà" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/9-surat-at-tawba/ 9:38]). Ci sono musulmani, come i jihadisti [[w:Hasan al-Banna|Hasan al-Banna]]<ref>Cfr. Richard P. Mitchell, ''The Society of the Muslim Brothers'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 1993), 207.</ref> e [[w:Hassan Nasrallah|Hassan Nasrallah]] (1960-2024),<ref>Cfr. Laurent Murawiec, ''The Mind of Jihad'' (Cambridge, UK: Cambridge University Press, 2008), 55.</ref> che si vantano di amare la morte più della vita. Tuttavia, chi ama la morte più della vita ama un'astrazione che è essa stessa morta e non potrà mai amare lo straniero; nel caso di al-Banna e Nasrallah, l'amore per la morte si trasforma nell'amore per infliggere la morte allo straniero. Quanto a chi ha effettivamente accarezzato le gioie effimere di questo mondo, il Corano dice: "Gli abbiamo destinato l'Inferno; vi brucerà disonorato e reietto" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/17-sura-al-isra/ 17:18]). Chi di noi ama il piacere e aborrisce il dolore non desidera altro che evitare il dolore dell'Inferno e godere dei piaceri del Paradiso. Nel Corano, l'amore per questo mondo è considerato uno dei segni di un noncredente, di uno straniero (cfr. 2:212; 16:107), poiché una persona simile acquista "la vita di questo mondo al prezzo dell'Aldilà" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/2-surat-al-baqara/ 2:86]). Pertanto, a quanto pare, riparare questo mondo è follia o eresia. La visione dell'aldilà come regno dell'unica vera felicità porta alcuni insegnamenti islamici ad associare qualsiasi interesse per questo mondo all'interesse per "cose ​​da desiderare", ovvero "proprietà" come "donne, bambini, molto oro e argento (ricchezze), bei cavalli, bestiame e terra ben coltivata" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/3-surat-al-imran/ 3:14]). Tuttavia, a chi supera il desiderio di tali beni viene promesso un "Paradiso che scorre tra i fiumi" (3:14). In effetti, dovremmo desiderarlo per noi stessi, perché questo è ciò che Allah desidera per noi (cfr. 8:67; 14:3; 17:21). Il Paradiso si raggiunge, secondo la visione dei jihadisti islamici, non solo attraverso la carità e atti di amorevole gentilezza verso gli altri credenti, ma anche combattendo e uccidendo i noncredenti – gli stranieri – "per la Causa di Allah" ([https://sufi.it/il-sacro-corano/4-surat-an-nisa/ 4:74]). Secondo l'ayatollah [[w:Ruhollah Khomeyni|Ruhollah Khomeini]] (1902-1989), "L'Islam dice: Tutto ciò che di buono esiste, esiste grazie alla spada e all'ombra della spada...! La spada è la chiave del paradiso, che può essere aperta solo dai guerrieri santi!"<ref>Citato in Lawrence Wright, ''The Looming Tower: Al-Qaeda and the Road to 9/11'' (New York: Alfred A. Knopf, 2006), 47.</ref> Per i jihadisti, uno straniero morto – spesso un ebreo morto – è il biglietto per il paradiso. === La sorte dello straniero nella vita e dopo la morte === A differenza delle Scritture cristiane e musulmane, gli insegnamenti riguardanti l'aldilà sono pressoché assenti dalle Scritture e dai commentari ebraici. Mentre la nozione stessa di aldilà era un punto di contesa tra Sadducei e Farisei,<ref>Cfr. F. E. Peters, ''Judaism, Christianity, and Islam'', Volume 3: ''The Works of the Spirit'' (Princeton, NJ: Princeton University Press, 1990), 331.</ref> non ci sono dispute simili tra cristiani e musulmani. I Farisei vinsero questa discussione: l'aldilà è reale. Anzi, è più ''qui'' che ''dopo'', ed è questo che lo rende reale. L’''[[w:escatologia ebraica|Olam HaBa]]'' è il "mondo che viene ora", qui e ora, al presente, e non in un lontano futuro escatologico. In effetti, nell'ebraismo non esiste escatologia, almeno non nello stesso senso delle religioni basate sul credo. Il Messia, come abbiamo visto, è possibile in ogni momento, immanente in ogni istante. L'ebraismo ha le sue metafore per descrivere l'aldilà, e la maggior parte di esse affonda le radici nel modo in cui concepiamo questa vita. Il Talmud insegna, ad esempio, che lo [[w:Shabbat|Shabbat]] è un sessantesimo del Mondo a Venire (''Berakhot'' 57b). Proprio come la concezione della vita è legata a una concezione dell'aldilà, così la concezione dell'aldilà è legata a una concezione della vita e di come dovrebbe essere vissuta. In effetti, l'aldilà è la fonte di quel ''dovere''. Inteso come eterno, tuttavia, l'aldilà non è dopo, ma sempre, sempre prima e sempre dopo: ci rivendica ''prima'' del tempo e ci chiama ''dal mezzo del'' tempo, eternamente futuro ed eternamente presente. Sia per ''sempre dopo'' che per ''sempre già'', l'aldilà è, era e per sempre sarà. Almeno questo è il modo in cui viene inteso nell'ebraismo. Qui e ora, diamo il benvenuto al Mondo che Viene attraverso il nostro trattamento dello straniero, del “noncredente”, di chi ha un colore diverso, un’etnia diversa, un aspetto diverso e una prospettiva diversa. === Lo straniero, mio ​​fratello === {{clear}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|75%|13 giugno 2025}} [[Categoria:Connessioni|Capitolo 2]] qlayktrggx1g1zau21u5bvp38zipizh