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Filosofia dell'amicizia/Valore
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{{Filosofia dell'amicizia}}
== Valore e giustificazione dell'amicizia ==
L'amicizia gioca chiaramente un ruolo importante nella nostra vita; in larga misura, i vari studi dell'amicizia mirano a identificare e chiarire tale ruolo. In questo contesto, è importante capire non solo perché l'amicizia può essere preziosa, ma anche ciò che giustifica amicizie particolari.
Come scrisse Aristotele nel IV secolo [[w:p.e.v.|p.e.v.]], "Nessuno sceglierebbe di vivere senza amici, anche se avesse tutti gli altri beni". Anche i ricchi e potenti, egli sostiene, hanno bisogno di amici se non altro per avere qualcuno a cui concedere la propria generosità e per aiutarli a proteggere i loro interessi. Per Aristotele l'amicizia è uno dei beni più importanti che possediamo come esseri umani e senza di essa egli crede che non saremmo sicuramente in grado di prosperare. Pertanto, quando Aristotele sostiene che l'amicizia è "indispensabile per la vita",<ref>Aristotele, ''Etica Nicomachea'', 1155a5.</ref> non dovremmo intenderlo nel senso che non potremmo continuare a vivere se non avessimo amici, ma piuttosto che l'amicizia è necessaria per una vita completa e felice.
La discussione sull'amicizia, tuttavia, è stata purtroppo molto trascurata nel pensiero moderno. (Quando è stata l'ultima volta, ad esempio, che avete notato la pubblicità di un seminario sull'argomento?) [[w:C. S. Lewis|C. S. Lewis]] sostiene che la ragione di questa negligenza è che l'amicizia sembra essere – in apparenza comunque – la meno necessaria di tutte le forme di amore:
{{q|L'amicizia è – in un senso per niente dispregiativo – il meno naturale degli amori; il meno istintivo, organico, biologico, gregario e necessario... Senza [l'amore sessuale] nessuno di noi sarebbe stato generato e senza [l'amore dei genitori] nessuno di noi sarebbe stato allevato; tuttavia possiamo vivere e riprodurci senza amicizia. La specie, considerata biologicamente, non ne ha bisogno.<ref>C.S. Lewis, ''The Four Loves'', Harper Collins, 1998, p. 55.</ref>}}
L'amicizia ha anche un inevitabile elitismo al riguardo che dà fastidio alle tendenze liberali moderne. In quasi ogni concezione dell'amicizia è inclusa una dicotomia implicita o palese tra "noi" e "loro". L'amicizia ci costringe a fare la distinzione tra coloro che sono tra i ranghi dei nostri amici e quelli che non lo sono.
La mancanza di interesse per la dimensione morale dell'amicizia è davvero una sfortuna, dal momento che molte delle più importanti questioni morali che gli esseri umani affrontano quotidianamente hanno a che fare con i nostri rapporti tra amici. La maggior parte di noi probabilmente passa tutta la vita senza mai dover prendere decisioni riguardo all'aborto, all'eutanasia e questioni simili, ma tutti dobbiamo affrontare i vari obblighi e difficoltà che inevitabilmente sorgono dalle nostre relazioni con i nostri amici più cari. In un momento o nell'altro, lottiamo tutti con domande sulla portata dei nostri obblighi nei confronti dei nostri amici e dei loro obblighi nei nostri confronti e probabilmente sperimentiamo tutti un tradimento per mano di coloro che consideriamo amici fidati. L'amicizia, in poche parole, è spesso l'arena centrale in cui viviamo le nostre vite morali.
Dobbiamo quindi considerare attentamente il valore, o i valori, dell'amicizia. Un modo per interpretare la questione del valore dell'amicizia è in termini dell'individuo che considera se essere (o continuare ad essere) impegnato in una data amicizia: perché dovrei investire un tempo considerevole, dell'energia e delle risorse, in un amico piuttosto che in me stesso? Cosa rende l'amicizia utile per me, e quindi come dovrei valutare se le particolari amicizie che ho sono buone amicizie o no?
Nelle prossime due Sezioni, esamineremo il "valore individuale" e il "valore sociale" dell'amicizia.
== Note ==
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{{Avanzamento|100%|28 dicembre 2019}}
[[Categoria:Filosofia dell'amicizia|Valore]]
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{{Filosofia dell'amicizia}}
{{Immagine grande|From Frisio to Santa Lucia (1866), by Eduardo Dalbono.jpg|740px|}}
== Valore e giustificazione dell'amicizia ==
L'amicizia gioca chiaramente un ruolo importante nella nostra vita; in larga misura, i vari studi dell'amicizia mirano a identificare e chiarire tale ruolo. In questo contesto, è importante capire non solo perché l'amicizia può essere preziosa, ma anche ciò che giustifica amicizie particolari.
Come scrisse Aristotele nel IV secolo [[w:p.e.v.|p.e.v.]], "Nessuno sceglierebbe di vivere senza amici, anche se avesse tutti gli altri beni". Anche i ricchi e potenti, egli sostiene, hanno bisogno di amici se non altro per avere qualcuno a cui concedere la propria generosità e per aiutarli a proteggere i loro interessi. Per Aristotele l'amicizia è uno dei beni più importanti che possediamo come esseri umani e senza di essa egli crede che non saremmo sicuramente in grado di prosperare. Pertanto, quando Aristotele sostiene che l'amicizia è "indispensabile per la vita",<ref>Aristotele, ''Etica Nicomachea'', 1155a5.</ref> non dovremmo intenderlo nel senso che non potremmo continuare a vivere se non avessimo amici, ma piuttosto che l'amicizia è necessaria per una vita completa e felice.
La discussione sull'amicizia, tuttavia, è stata purtroppo molto trascurata nel pensiero moderno. (Quando è stata l'ultima volta, ad esempio, che avete notato la pubblicità di un seminario sull'argomento?) [[w:C. S. Lewis|C. S. Lewis]] sostiene che la ragione di questa negligenza è che l'amicizia sembra essere – in apparenza comunque – la meno necessaria di tutte le forme di amore:
{{q|L'amicizia è – in un senso per niente dispregiativo – il meno naturale degli amori; il meno istintivo, organico, biologico, gregario e necessario... Senza [l'amore sessuale] nessuno di noi sarebbe stato generato e senza [l'amore dei genitori] nessuno di noi sarebbe stato allevato; tuttavia possiamo vivere e riprodurci senza amicizia. La specie, considerata biologicamente, non ne ha bisogno.<ref>C.S. Lewis, ''The Four Loves'', Harper Collins, 1998, p. 55.</ref>}}
L'amicizia ha anche un inevitabile elitismo al riguardo che dà fastidio alle tendenze liberali moderne. In quasi ogni concezione dell'amicizia è inclusa una dicotomia implicita o palese tra "noi" e "loro". L'amicizia ci costringe a fare la distinzione tra coloro che sono tra i ranghi dei nostri amici e quelli che non lo sono.
La mancanza di interesse per la dimensione morale dell'amicizia è davvero una sfortuna, dal momento che molte delle più importanti questioni morali che gli esseri umani affrontano quotidianamente hanno a che fare con i nostri rapporti tra amici. La maggior parte di noi probabilmente passa tutta la vita senza mai dover prendere decisioni riguardo all'aborto, all'eutanasia e questioni simili, ma tutti dobbiamo affrontare i vari obblighi e difficoltà che inevitabilmente sorgono dalle nostre relazioni con i nostri amici più cari. In un momento o nell'altro, lottiamo tutti con domande sulla portata dei nostri obblighi nei confronti dei nostri amici e dei loro obblighi nei nostri confronti e probabilmente sperimentiamo tutti un tradimento per mano di coloro che consideriamo amici fidati. L'amicizia, in poche parole, è spesso l'arena centrale in cui viviamo le nostre vite morali.
Dobbiamo quindi considerare attentamente il valore, o i valori, dell'amicizia. Un modo per interpretare la questione del valore dell'amicizia è in termini dell'individuo che considera se essere (o continuare ad essere) impegnato in una data amicizia: perché dovrei investire un tempo considerevole, dell'energia e delle risorse, in un amico piuttosto che in me stesso? Cosa rende l'amicizia utile per me, e quindi come dovrei valutare se le particolari amicizie che ho sono buone amicizie o no?
Nelle prossime due Sezioni, esamineremo il "valore individuale" e il "valore sociale" dell'amicizia.
== Note ==
<references/>
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Shoah e identità ebraica/Mein Kampf
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{{Shoah e identità ebraica}}
{{Immagine grande|Mein Kampf dust jacket.jpeg|530px|''[[w:Mein Kampf|Mein Kampf]]'', copertina dell'edizione 1926-28}}
== ''Mein Kampf'': un'ossessione antisemita ==
''Mein Kampf'', il diario di Hitler, nasce dalla sconfitta e dall'umiliazione; sconfitta inizialmente della Germania nella prima guerra mondiale e in secondo luogo del suo tentativo personale di salire al potere a capo del [[w:Putsch di Monaco|putsch di Monaco]] nel 1923. Il putsch causò sedici morti tra i suoi compagni e Hitler incarcerato nella prigione di Landsberg per nove mesi (Hitler 1988, 2008:5). Dawidowicz descrive ''Mein Kampf'' come: "a vision of the apocalyptic conflict between the Aryans and the Jews" (1975:47). Certamente la preoccupazione all'interno del testo è per le differenze (razziali, sociali e culturali) tra i due gruppi. Ferocemente nazionalista, Hitler sostiene ripetutamente e con forza che come razza che si nasconde dietro la facciata di una religione, gli ebrei sono inevitabilmente "l'altro" e senza scopo o diritto all'interno della Germania: "Jewry has always been a nation of a definite racial character and never differentiated merely by the fact of belonging to a certain religion" (Hitler 1988, 2008:277).
Come è stato dimostrato storicamente tipico dell'antisemitismo, il percorso verso la persecuzione nel regime nazista consisteva nel trasformare il popolo ebraico in un "altro" e nel tentativo di alienarlo dal resto della popolazione tedesca attraverso una campagna di distorta propaganda antiebraica. Un'ideologia derivata di cui si servirono i nazisti era la biologia e la scienza dell'[[w:eugenetica |eugenetica]]. Questa politica, come l'antisemitismo del diciannovesimo secolo prima di essa, era la distorsione della teoria darwinista e delle idee sull'inferiorità della razza come identità fissa e non malleabile. L'antisemitismo di Hitler, come lo rappresentava inizialmente, era un pregiudizio razziale. Costruito in opposizione all'idolizzato ariano, il popolo ebraico è discusso nel ''Mein Kampf'' come una razza, la cui resistenza attraverso le sue tribolazioni, aveva condizionato le sue capacità di sopravvivenza. "There is probably no other people in the world who have developed the instinct of self-preservation as the socalled ‘chosen’ people. The best proof of this statement is found in the simple fact that this race still exists" (Hitler 1988, 2008:271-72). Questo elemento razziale dell'ideologia nazista dell'antisemitismo è chiaro nel ''Mein Kampf'' di Hitler, dove il linguaggio e la rappresentazione visiva degli ebrei assunsero un pregiudizio razziale, con immagini e caratterizzazioni sempre più disumane e bestiali. Gli ebrei venivano spesso definiti parassiti, un'altra immagine adottata dal partito nazista in film di propaganda come ''[[w:L'ebreo errante (film 1940)|Der ewige Jude (L'ebreo errante)]]'' uscito in Germania nel 1940 (Hippler 1940). I complessi e medievali pregiudizi antiebraici di Hitler derivano dalla sua iniziale categorizzazione razziale del popolo ebraico e dalla sua convinzione che l'ebraismo sia inconciliabile con la razza ariana. Hitler usò ''Mein Kampf'' per narrare le sue esperienze personali con gli ebrei, il suo crescente antisemitismo e per evidenziare l'"alterità" degli ebrei che egli aveva provato:
{{q|Once, when passing through the Inner City, I suddenly encountered a phenomenon in a long caftan and wearing black sidelocks. My first thought was: is this a Jew? They certainly did not have this appearance in Linz. I watched the man stealthily and cautiously; but the longer I gazed at that strange countenance and examined it feature by
feature, the more the question shaped itself in my brain: Is this a German?|1988, 2008:61-62}}
Hitler, in questo brano come in molti in ''Mein Kampf'', usa le tradizionali caratterizzazioni ebraiche come l'abbigliamento del caftano e i riccioli laterali (''payot'') per implicare una figura strana e arcaica, molto lontana dall'ideale ariano tedesco. Tuttavia, come ammette lo stesso Hitler qui, l'ebreo che descrive non assomiglia per niente agli ebrei della sua città di gioventù, [[w:Linz|Linz]]. Costruisce un personaggio, una figura, direttamente da un pezzo di propaganda o letteratura antigiudaica ora considerata antisemita come ''[[w:Il mercante di Venezia|Il mercante di Venezia]]''. "There were very few Jews in Linz. In the course of centuries the Jews who lived there had become Europeanized in appearance and were so much like other human beings that I even looked upon them as Germans" (Hitler 1988, 2008:58). Bauman ha discusso il problema con questo tipo di demonizzazione mitica dell'ebreo quale problema di correlare queste immagini agli ebrei che vivevano in tutta la Germania, che erano amici, vicini e colleghi dei tedeschi esposti a tale tipo di propaganda. I nazisti si servirono della graduale segregazione ed eliminazione degli ebrei all'interno di questa società per spersonalizzare l'ebreo, per rimuovere prove reali del carattere ebraico e accrescere l'indifferenza del popolo tedesco nei confronti della condizione di questa razza "altra" (Bauman 1999:187).
Come è stato esplorato e discusso da Said a proposito dell'Orientalismo e dell'"alterità", oltre a dimostrare ciò che loro, gli "altri", non sono, la teoria orientalista usa questa teoria (sebbene non specificamente in relazione alle identità ebraiche rispetto a quelle tedesche) come opposizione binaria per mostrare cosa sono i nativi, i buoni, i tedeschi. Mentre sviluppava una campagna sempre più maligna contro gli ebrei, Hitler stava contemporaneamente costruendo e celebrando la visione dell'ideale ariano. Con i capelli biondi, gli occhi azzurri e una figura atletica, il mitico ariano era l'esatto opposto dell'ebreo scuro e gobbo ed esacerbava le differenze tra il buon tedesco e il cattivo ebreo: "The Jew offers the most striking contrast to the Aryan" (Hitler 1988, 2008:271). Come l'immaginario pseudo religioso antisemita che paragona l'ebreo tedesco a Giuda nel suo aspetto mercenario, l'immaginario dell'ariano assume una visione quasi religiosa. Come Cristo alla tavola dell'Ultima Cena, aureolato di luce ed esageratamente occidentalizzato, l'ariano è lanciato in diretta contraddizione con l'ebreo oscuro e strisciante nella sua ombra, e istruisce la Germania che l'ebreo in mezzo a loro è un irrevocabile "altro": tutto ciò che il buon tedesco ariano non è, né dovrebbe esserlo. Mentre l'ebreo, secondo Hitler, è un pericoloso fardello per il popolo tedesco, l'ariano al contrario diventa eroico nella sua superiorità, romanticizzato e idolatrato nella retorica del ''Mein Kampf'':
{{q|He is the Prometheus of mankind, from whose shining brow the divine spark of genius has at all times flashed forth, always kindling anew that fire which, in the form of knowledge, illuminated the dark night by drawing aside the veil of mystery and thus showing man how to rise and become master over all beings on the earth.|1988, 2008:262}}
Rendendo questa distinzione eccessivamente chiara, i nazisti potevano affermar meglio che eliminare l'ebreo "altro" quale macchia di una società ideale era per il bene del Reich. La segregazione degli ebrei dell'Europa occupata dai nazisti servì ad accrescere la credenza e l'apparenza della loro "alterità" e ad ampliare il divario fisico ed emotivo tra ebrei e gentili.
<br/>
{{Immagine grande|Arthur Szyk (1894-1951). Satan Leads the Ball (1942), New York.jpg|550px|''"Satana conduce il ballo"'' (1942) di [[:en:w:Arthur Szyk|Arthur Szyk]]. L'immagine prende in giro i principali leader delle [[w:Potenze dell'Asse|Potenze dell'Asse]] della Seconda Guerra Mondiale (incluso Adolf Hitler), tra i quali si mischiano altri personaggi storici chiave e figure simboliche e allegoriche, tra cui la Morte e Satana.}}
{{Vedi anche|Interpretazione e scrittura dell'Olocausto}}
{{Avanzamento|100%|6 agosto 2021}}
[[Categoria:Shoah e identità ebraica|Mein Kampf]]
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Connessioni/Capitolo 7
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/* Antisionismo: un antisemitismo moralmente richiesto */ testo
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{{Immagine grande|Lieder des Ghetto 2.jpg|760px|}}
== Antisionismo: un antisemitismo moralmente richiesto ==
Due eventi dell'ultimo secolo hanno scosso profondamente la storia ebraica, come anche la storia dell'umanità: l'Olocausto e la rinascita dello Stato ebraico. Dal punto di vista della tradizione sacra ebraica, entrambi gli eventi si inseriscono nella storia sacra ebraica. Se i racconti scaturiti dall'Olocausto possono essere considerati i racconti di una nuova Bibbia, come affermò [[Primo Levi]],<ref>[[Primo Levi]], ''Se questo è un uomo'', ''ad loc.''.</ref> lo stesso si potrebbe dire del racconto dello Stato ebraico nato nonostante l'Olocausto. "La speranza messianica è morta durante l'Olocausto", [[w:Emil Fackenheim|Emil Fackenheim]] articola una delle implicazioni di questa svolta degli eventi. "Lo Stato di Israele post-Olocausto l'ha resuscitata".<ref>Emil L. Fackenheim, ''What Is Judaism?'' (New York: Macmillan, 1987), 268–269.</ref> Se questa storia ha dimostrato qualcosa, ha dimostrato che uno Stato ebraico è indispensabile per qualsiasi speranza di futuro per il popolo ebraico. Questo cambiamento nella condizione ebraica è una caratteristica distintiva dell'era post-Olocausto, un'era oscurata da un antisionismo sterminazionista che getta la sua ombra su tutta l'umanità. È l'ombra di Auschwitz stessa. Proprio come la negazione di Auschwitz è una negazione del popolo ebraico come popolo con un passato, così l'opposizione all'esistenza dello Stato ebraico è un'opposizione al popolo ebraico come popolo con un futuro. E il futuro dell'umanità dipende dal futuro del popolo ebraico come popolo scelto per testimoniare la sacralità di ogni essere umano.
La manifestazione antisionista dell'antisemitismo è particolarmente insidiosa. Mentre l'odio per gli ebrei può essere politicamente impopolare – almeno ufficialmente – l'odio per lo Stato ebraico tra gli estremisti di destra, i jihadisti islamici e gli intellettuali di sinistra è diventato, in molti ambienti, non solo di moda, ma moralmente necessario. Né gli ebrei tra gli intellettuali di sinistra sono immuni da questa forma di antisemitismo moralmente necessaria. Nel giugno 2020, ad esempio, 400 studiosi di studi ebraici, desiderosi di essere riconosciuti come "buoni ebrei", hanno firmato un documento in cui denunciavano la proposta di Israele di estendere l'autorità civile sulle aree in cui vivono gli ebrei in Cisgiordania; hanno etichettato Israele come uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità, con l'implicazione che lo stato ebraico sia paragonabile al Reich nazista.<ref>Ben Sales, "400 Jewish Studies Scholars Denounce Israel as ‘Apartheid’ and a ‘Crime Against Humanity", ''Cleveland Jewish News'', 12 giugno 2020. Tra coloro che hanno firmato la dichiarazione figurano notabili come Zachary Braiterman, Steven Zipperstein, Marc Ellis, Paul Mendes-Flohr, Amos Goldberg, Elliot Wolfson, Alon Confino, Jonathan Judaken, Barry Holtz, Omer Bartov, Sidra DeKoven Ezrahi, Steven Jacobs, Robert Alter, e Susannah Heschel.</ref> Come sottolinea [[:en:w:Matthias Küntzel|Matthias Küntzel]], la proiezione del termine "nazista" sull'ebreo è "a specific form of Holocaust denial, one which legitimates the pursuit of an anti-Jewish extermination policy".<ref>Matthias Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred: Islamism, Nazism and the Roots of 9/11'', trad. Colin Meade (New York: Telos Press, 2007), 118.</ref> In effetti, essendo arrivato a significare il più atroce dei mali, il termine nazista è una designazione attribuita a chiunque meriti moralmente l'annientamento. Mentre, come molti altri liberali di questo tipo, coloro che hanno firmato il documento sarebbero inorriditi dall'idea che una simile mossa sia antisemita, si crogiolano nella loro ipocrita indignazione morale, giudicando lo stato ebraico di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità. Cosa, ci chiediamo, si deve fare con uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità? Cosa è moralmente richiesto in una situazione del genere?
Odiare uno Stato è molto più comodo che odiare un essere umano. Uno Stato non è fatto di carne e sangue. Uno Stato non ha un volto che possa proibire l'omicidio. Si può "smantellare" uno Stato, ma non si può uccidere un essere umano, almeno non senza prima disumanizzarlo. Eppure lo smantellamento dello Stato ebraico, moralmente richiesto, si tradurrebbe inevitabilmente nell'assassinio di un numero incalcolabile di esseri umani, a cominciare dagli ebrei. L'antica patria degli ebrei, la Terra dell'Alleanza, è stata ristabilita non solo come Stato ebraico, ma come rifugio per gli ebrei che vivono in un mondo storicamente ostile agli ebrei. Nella sua forma antisionista, l'antisemitismo promuove l'abbandono degli ebrei a tale ostilità. È una forma comoda di antisemitismo. È di moda. In effetti, per chiunque etichetti Israele come razzista o colonialista, come violatore dei diritti umani o autore di crimini contro l'umanità, l'antisionismo è moralmente obbligatorio. Perché tutti questi epiteti sono sinonimi di male.
Questo mio Capitolo si concentrerà in generale sull'antisemitismo antisionista di sinistra, che è particolarmente preoccupante. La maggior parte delle persone se lo aspetta dai suprematisti bianchi e dai jihadisti islamici; anzi, coloro che si identificano come nazisti o jihadisti si vantano del loro odio per gli ebrei. Tuttavia, l'élite intellettuale di sinistra, nei campus e all'interno della cultura, è presumibilmente nota per la sua tolleranza liberale e la sua generosa longanimità. Ma prima consideriamo un po' il contesto storico dell'antisionismo.
L'attacco antisemita ai sionisti e al sionismo si ritrova nel discorso dell'ideologia nazionalsocialista fin dai primi giorni del Partito Nazista. Nel 1921 Alfred Rosenberg pubblicò la sua diatriba ''Der staatsfeindliche Zionismus'' (Sionismo: nemico dello Stato), in cui sosteneva che il sionismo fosse una strategia ebraica per il dominio del mondo. Già prima della formazione del Partito Nazista nel 1920, afferma Hitler, durante i suoi anni a Vienna (1907-1913) scoprì il "carattere nazionale degli ebrei" – ovvero il loro vero male – "nei sionisti".<ref>Adolf Hitler, ''Mein Kampf'', trad. {{en}} Ralph Manheim (Boston, MA: Houghton Mifflin, 1971), 56.</ref> Egli afferma:
{{citazione|Mentre i sionisti cercano di far credere al resto del mondo che la coscienza nazionale degli ebrei trovi la sua soddisfazione nella creazione di uno stato palestinese, gli ebrei, ancora una volta, ingannano astutamente gli stupidi ''goyim''. Non viene loro nemmeno in mente di costruire uno stato ebraico in Palestina per viverci; tutto ciò che vogliono è un'organizzazione centrale per la loro truffa internazionale.|''Ibid.'', 325 - mia trad.}}
Pertanto, "lo Stato ebraico", secondo il Führer, "è completamente illimitato in termini di territorio".<ref>''Ibid.'', 301.</ref> Né tale pensiero era confinato alla Germania nazista. Nel 1924, il politico polacco [[w:Roman Dmowski|Roman Dmowski]] (1864-1939) sostenne che l'obiettivo del sionismo fosse quello di creare "la base operativa per l'azione in tutto il mondo".<ref>Roman Dmowski, “The Jews and the War,” trad. Richard S. Levy, in Richard S. Levy, ed. ''Antisemitism in the Modern World: An Anthology of Texts'' (Lexington, MA: D. C. Heath and Company, 1991), 184.</ref> E le misure adottate per contrastare lo Stato ebraico dovevano essere altrettanto globali.
Ripetendo la caratterizzazione nazista del movimento sionista, Sayyid Qutb considerava lo Stato ebraico parte di una "cospirazione sionista universale; anzi, come Hitler, considerava il marxismo e il sionismo parte di un'unica cospirazione".<ref>Cfr. Ronald L. Nettler, ''Past Trials and Present Tribulations: A Muslim Fundamentalist’s View of the Jews'' (Oxford, UK: Pergamon, 1987), 49, 55.</ref> Risalente al diciannovesimo secolo, un'immagine familiare impiegata da nazisti e jihadisti per illustrare la minaccia sionista mostra una piovra con i suoi tentacoli mortali avvolti intorno all'intero globo, con una Stella di David incisa sulla testa.<ref>"A Short History of the Jewish/Zionist Octopus in Antisemitic Cartoons", ''Elder of Ziyon'', 20 aprile 2020.</ref> Quando nel dicembre 1948 i Fratelli Musulmani furono banditi in Egitto, il loro leader Hasan al-Banna incolpò il sionismo internazionale.<ref>Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred'', 54–55.</ref> Nel 1950, lo studioso islamico Abd al-Rahman Sami Ismat scrisse: "Gli ebrei e il sionismo sono come un albero malvagio. La sua radice è a New York, i suoi rami in tutto il mondo, le sue foglie sono gli ebrei – tutti loro, vecchi e giovani, maschi e femmine, senza eccezione, sono le sue foglie spinose e le sue spine avvelenate, e il veleno è rapido e mortale".<ref>Citato in Bernard Lewis, ''Semites and Anti-Semites: An Inquiry into Conflict and Prejudice'' (New York: W. W. Norton, 1986), 15 - mia trad.</ref> Anni dopo, il sistema di trasmissione Al-Manar di Hezbollah ha ripetutamente descritto "il conflitto israelo-palestinese come una parte fondamentale di uno sforzo più ampio per fermare il ‘cancro’ del sionismo".<ref>Avi Jorisch, ''Beacon of Hatred: Inside Hizballah’s Al-Manar Television'' (Washington, DC: Washington Institute for Near East Policy, 2004), 68.</ref> L'articolo trentadue della Carta di Allah di Hamas afferma: "Dopo la Palestina, i sionisti aspirano a espandersi dal Nilo all'Eufrate" e "il loro piano è incarnato nei ''Protocolli degli Anziani di Sion''".<ref>Citato in Dimitry Kapustyan e Matt Nelson, ''The Soul of Terror: The Worldwide Conflict Between Islamic Terrorism and the Modern World'' (Washington, DC: International Affairs Press, 2007), 147–148.</ref> Ancora una volta, quella che in realtà è la lotta degli antisionisti per controllare il mondo è presentata in termini di salvataggio di quel mondo.
Qui abbiamo un esempio archetipico di ciò che Neil Kressel chiama "''Protocols'' thinking", ovvero il pensiero che procede dalla premessa che lo Stato ebraico non sia altro che una base operativa da cui gli ebrei intendono governare nefastamente il mondo.<ref>Neil J. Kressel, ''“The Sons of Pigs and Apes”: Muslim Antisemitism and the Conspiracy of Silence'' (Washington, DC: Potomac Books, 2012), 41.</ref> Tale pensiero proietta gli ebrei nello stampo di una presenza malvagia, satanica e invisibile che si annida in tutta la creazione, seminando scompiglio e male. Il dominio globale che l'antisemita teme è la richiesta etica onnicomprensiva che emana dal Monte Sinai attraverso gli ebrei e nel mondo. In effetti, il ''Midrash'' afferma che Dio rivelò la Sua [[Torah]] al di fuori della Terra Santa, affinché gli ebrei non fossero così presuntuosi né le nazioni così compiacenti da pensare che si applicasse solo agli ebrei (''Mekilta de-Rabbi Ishmael, Bachodesh'' 5). L'antisemita antisionista non teme nulla più di questa esigenza etica trascendente e assoluta che incombe su ogni essere umano, sia dall'interno che dall'esterno, prima di ogni contingenza ontologica.
=== Antisionismo e anti-Terra Santa ===
=== L'indignazione morale dell'antisionismo di sinistra ===
=== "Are we going to do this ''again''?" ===
=== Antisionismo moralmente richiesto: Jihad islamica e la sinistra ===
{{clear}}
{{Immagine grande|May our eyes behold your return in mercy to Zion.jpg|1010px|Incisione di [[:en:w:Ephraim Moses Lilien|Ephraim Moses Lilien]], realizzata per il V Congresso Sionista, svoltosi a Basilea, in Svizzera, nel 1901. L'iscrizione in ebraico in basso è la preghiera: "Possano i nostri occhi contemplare il Tuo ritorno misericordioso a Sion" (dall’''[[w:Amidah|Amidah]]'').}}
== Note ==
[[File:Lieder des Ghetto 11.jpg|179px|right|"Zion" di Ephraim Moses Lilien (1903)]]
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie letteratura moderna}}
<div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div>
{{Avanzamento|25%|17 giugno 2025}}
[[Categoria:Connessioni|Capitolo 7]]
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== Antisionismo: un antisemitismo moralmente richiesto ==
Due eventi dell'ultimo secolo hanno scosso profondamente la storia ebraica, come anche la storia dell'umanità: l'Olocausto e la rinascita dello Stato ebraico. Dal punto di vista della tradizione sacra ebraica, entrambi gli eventi si inseriscono nella storia sacra ebraica. Se i racconti scaturiti dall'Olocausto possono essere considerati i racconti di una nuova Bibbia, come affermò [[Primo Levi]],<ref>[[Primo Levi]], ''Se questo è un uomo'', ''ad loc.''.</ref> lo stesso si potrebbe dire del racconto dello Stato ebraico nato nonostante l'Olocausto. "La speranza messianica è morta durante l'Olocausto", [[w:Emil Fackenheim|Emil Fackenheim]] articola una delle implicazioni di questa svolta degli eventi. "Lo Stato di Israele post-Olocausto l'ha resuscitata".<ref>Emil L. Fackenheim, ''What Is Judaism?'' (New York: Macmillan, 1987), 268–269.</ref> Se questa storia ha dimostrato qualcosa, ha dimostrato che uno Stato ebraico è indispensabile per qualsiasi speranza di futuro per il popolo ebraico. Questo cambiamento nella condizione ebraica è una caratteristica distintiva dell'era post-Olocausto, un'era oscurata da un antisionismo sterminazionista che getta la sua ombra su tutta l'umanità. È l'ombra di Auschwitz stessa. Proprio come la negazione di Auschwitz è una negazione del popolo ebraico come popolo con un passato, così l'opposizione all'esistenza dello Stato ebraico è un'opposizione al popolo ebraico come popolo con un futuro. E il futuro dell'umanità dipende dal futuro del popolo ebraico come popolo scelto per testimoniare la sacralità di ogni essere umano.
La manifestazione antisionista dell'antisemitismo è particolarmente insidiosa. Mentre l'odio per gli ebrei può essere politicamente impopolare – almeno ufficialmente – l'odio per lo Stato ebraico tra gli estremisti di destra, i jihadisti islamici e gli intellettuali di sinistra è diventato, in molti ambienti, non solo di moda, ma moralmente necessario. Né gli ebrei tra gli intellettuali di sinistra sono immuni da questa forma di antisemitismo moralmente necessaria. Nel giugno 2020, ad esempio, 400 studiosi di studi ebraici, desiderosi di essere riconosciuti come "buoni ebrei", hanno firmato un documento in cui denunciavano la proposta di Israele di estendere l'autorità civile sulle aree in cui vivono gli ebrei in Cisgiordania; hanno etichettato Israele come uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità, con l'implicazione che lo stato ebraico sia paragonabile al Reich nazista.<ref>Ben Sales, "400 Jewish Studies Scholars Denounce Israel as ‘Apartheid’ and a ‘Crime Against Humanity", ''Cleveland Jewish News'', 12 giugno 2020. Tra coloro che hanno firmato la dichiarazione figurano notabili come Zachary Braiterman, Steven Zipperstein, Marc Ellis, Paul Mendes-Flohr, Amos Goldberg, Elliot Wolfson, Alon Confino, Jonathan Judaken, Barry Holtz, Omer Bartov, Sidra DeKoven Ezrahi, Steven Jacobs, Robert Alter, e Susannah Heschel.</ref> Come sottolinea [[:en:w:Matthias Küntzel|Matthias Küntzel]], la proiezione del termine "nazista" sull'ebreo è "a specific form of Holocaust denial, one which legitimates the pursuit of an anti-Jewish extermination policy".<ref>Matthias Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred: Islamism, Nazism and the Roots of 9/11'', trad. Colin Meade (New York: Telos Press, 2007), 118.</ref> In effetti, essendo arrivato a significare il più atroce dei mali, il termine nazista è una designazione attribuita a chiunque meriti moralmente l'annientamento. Mentre, come molti altri liberali di questo tipo, coloro che hanno firmato il documento sarebbero inorriditi dall'idea che una simile mossa sia antisemita, si crogiolano nella loro ipocrita indignazione morale, giudicando lo stato ebraico di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità. Cosa, ci chiediamo, si deve fare con uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità? Cosa è moralmente richiesto in una situazione del genere?
Odiare uno Stato è molto più comodo che odiare un essere umano. Uno Stato non è fatto di carne e sangue. Uno Stato non ha un volto che possa proibire l'omicidio. Si può "smantellare" uno Stato, ma non si può uccidere un essere umano, almeno non senza prima disumanizzarlo. Eppure lo smantellamento dello Stato ebraico, moralmente richiesto, si tradurrebbe inevitabilmente nell'assassinio di un numero incalcolabile di esseri umani, a cominciare dagli ebrei. L'antica patria degli ebrei, la Terra dell'Alleanza, è stata ristabilita non solo come Stato ebraico, ma come rifugio per gli ebrei che vivono in un mondo storicamente ostile agli ebrei. Nella sua forma antisionista, l'antisemitismo promuove l'abbandono degli ebrei a tale ostilità. È una forma comoda di antisemitismo. È di moda. In effetti, per chiunque etichetti Israele come razzista o colonialista, come violatore dei diritti umani o autore di crimini contro l'umanità, l'antisionismo è moralmente obbligatorio. Perché tutti questi epiteti sono sinonimi di male.
Questo mio Capitolo si concentrerà in generale sull'antisemitismo antisionista di sinistra, che è particolarmente preoccupante. La maggior parte delle persone se lo aspetta dai suprematisti bianchi e dai jihadisti islamici; anzi, coloro che si identificano come nazisti o jihadisti si vantano del loro odio per gli ebrei. Tuttavia, l'élite intellettuale di sinistra, nei campus e all'interno della cultura, è presumibilmente nota per la sua tolleranza liberale e la sua generosa longanimità. Ma prima consideriamo un po' il contesto storico dell'antisionismo.
L'attacco antisemita ai sionisti e al sionismo si ritrova nel discorso dell'ideologia nazionalsocialista fin dai primi giorni del Partito Nazista. Nel 1921 Alfred Rosenberg pubblicò la sua diatriba ''Der staatsfeindliche Zionismus'' (Sionismo: nemico dello Stato), in cui sosteneva che il sionismo fosse una strategia ebraica per il dominio del mondo. Già prima della formazione del Partito Nazista nel 1920, afferma Hitler, durante i suoi anni a Vienna (1907-1913) scoprì il "carattere nazionale degli ebrei" – ovvero il loro vero male – "nei sionisti".<ref>Adolf Hitler, ''Mein Kampf'', trad. {{en}} Ralph Manheim (Boston, MA: Houghton Mifflin, 1971), 56.</ref> Egli afferma:
{{citazione|Mentre i sionisti cercano di far credere al resto del mondo che la coscienza nazionale degli ebrei trovi la sua soddisfazione nella creazione di uno stato palestinese, gli ebrei, ancora una volta, ingannano astutamente gli stupidi ''goyim''. Non viene loro nemmeno in mente di costruire uno stato ebraico in Palestina per viverci; tutto ciò che vogliono è un'organizzazione centrale per la loro truffa internazionale.|''Ibid.'', 325 - mia trad.}}
Pertanto, "lo Stato ebraico", secondo il Führer, "è completamente illimitato in termini di territorio".<ref>''Ibid.'', 301.</ref> Né tale pensiero era confinato alla Germania nazista. Nel 1924, il politico polacco [[w:Roman Dmowski|Roman Dmowski]] (1864-1939) sostenne che l'obiettivo del sionismo fosse quello di creare "la base operativa per l'azione in tutto il mondo".<ref>Roman Dmowski, “The Jews and the War,” trad. Richard S. Levy, in Richard S. Levy, ed. ''Antisemitism in the Modern World: An Anthology of Texts'' (Lexington, MA: D. C. Heath and Company, 1991), 184.</ref> E le misure adottate per contrastare lo Stato ebraico dovevano essere altrettanto globali.
Ripetendo la caratterizzazione nazista del movimento sionista, Sayyid Qutb considerava lo Stato ebraico parte di una "cospirazione sionista universale; anzi, come Hitler, considerava il marxismo e il sionismo parte di un'unica cospirazione".<ref>Cfr. Ronald L. Nettler, ''Past Trials and Present Tribulations: A Muslim Fundamentalist’s View of the Jews'' (Oxford, UK: Pergamon, 1987), 49, 55.</ref> Risalente al diciannovesimo secolo, un'immagine familiare impiegata da nazisti e jihadisti per illustrare la minaccia sionista mostra una piovra con i suoi tentacoli mortali avvolti intorno all'intero globo, con una Stella di David incisa sulla testa.<ref>"A Short History of the Jewish/Zionist Octopus in Antisemitic Cartoons", ''Elder of Ziyon'', 20 aprile 2020.</ref> Quando nel dicembre 1948 i Fratelli Musulmani furono banditi in Egitto, il loro leader Hasan al-Banna incolpò il sionismo internazionale.<ref>Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred'', 54–55.</ref> Nel 1950, lo studioso islamico Abd al-Rahman Sami Ismat scrisse: "Gli ebrei e il sionismo sono come un albero malvagio. La sua radice è a New York, i suoi rami in tutto il mondo, le sue foglie sono gli ebrei – tutti loro, vecchi e giovani, maschi e femmine, senza eccezione, sono le sue foglie spinose e le sue spine avvelenate, e il veleno è rapido e mortale".<ref>Citato in Bernard Lewis, ''Semites and Anti-Semites: An Inquiry into Conflict and Prejudice'' (New York: W. W. Norton, 1986), 15 - mia trad.</ref> Anni dopo, il sistema di trasmissione Al-Manar di Hezbollah ha ripetutamente descritto "il conflitto israelo-palestinese come una parte fondamentale di uno sforzo più ampio per fermare il ‘cancro’ del sionismo".<ref>Avi Jorisch, ''Beacon of Hatred: Inside Hizballah’s Al-Manar Television'' (Washington, DC: Washington Institute for Near East Policy, 2004), 68.</ref> L'articolo trentadue della Carta di Allah di Hamas afferma: "Dopo la Palestina, i sionisti aspirano a espandersi dal Nilo all'Eufrate" e "il loro piano è incarnato nei ''Protocolli degli Anziani di Sion''".<ref>Citato in Dimitry Kapustyan e Matt Nelson, ''The Soul of Terror: The Worldwide Conflict Between Islamic Terrorism and the Modern World'' (Washington, DC: International Affairs Press, 2007), 147–148.</ref> Ancora una volta, quella che in realtà è la lotta degli antisionisti per controllare il mondo è presentata in termini di salvataggio di quel mondo.
Qui abbiamo un esempio archetipico di ciò che Neil Kressel chiama "''Protocols'' thinking", ovvero il pensiero che procede dalla premessa che lo Stato ebraico non sia altro che una base operativa da cui gli ebrei intendono governare nefastamente il mondo.<ref>Neil J. Kressel, ''“The Sons of Pigs and Apes”: Muslim Antisemitism and the Conspiracy of Silence'' (Washington, DC: Potomac Books, 2012), 41.</ref> Tale pensiero proietta gli ebrei nello stampo di una presenza malvagia, satanica e invisibile che si annida in tutta la creazione, seminando scompiglio e male. Il dominio globale che l'antisemita teme è la richiesta etica onnicomprensiva che emana dal Monte Sinai attraverso gli ebrei e nel mondo. In effetti, il ''Midrash'' afferma che Dio rivelò la Sua [[Torah]] al di fuori della Terra Santa, affinché gli ebrei non fossero così presuntuosi né le nazioni così compiacenti da pensare che si applicasse solo agli ebrei (''Mekilta de-Rabbi Ishmael, Bachodesh'' 5). L'antisemita antisionista non teme nulla più di questa esigenza etica trascendente e assoluta che incombe su ogni essere umano, sia dall'interno che dall'esterno, prima di ogni contingenza ontologica.
Osserva [[w:Rosemary Radford Ruether|Rosemary Radford Ruether]],: "There is no doubt that anti-Zionism has become a way of reviving the myth of the ‘perennial evil nature of the Jews’".<ref>Rosemary Radford Ruether, ''Faith and Fratricide: The Theological Roots of Anti-Semitism'' (New York: Seabury Press, 1974), 227.</ref> Analogamente, [[w:Walter Laqueur|Walter Laqueur]] ha sostenuto che "non esiste una linea di confine netta" tra antisemitismo e antisionismo.<ref>Walter Laqueur, ''The Changing Face of Antisemitism: From Ancient Times to the Present Day'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 2006), 7.</ref> Queste affermazioni, tuttavia, devono essere considerate nel contesto. Prima dell'Olocausto, [[Franz Rosenzweig]] poteva aggrapparsi alla speranza del dopoguerra che forse gli ebrei avrebbero trovato un posto nel mondo, dopotutto, e che forse non ci fosse bisogno del rifugio che solo lo Stato ebraico poteva offrire.<ref>Cfr. [[Franz Rosenzweig]], ''On Jewish Learning'', ed. N. N. Glatzer (New York: Schocken Books, 1955), 64.</ref> Nell'era post-Olocausto non può esserci una tale speranza. Poiché l'obiettivo del sionismo è quello di creare un rifugio per il popolo ebraico, in un mondo post-Olocausto gli antisionisti devono negare che l'Olocausto sia avvenuto o desiderare che accada di nuovo. Negare allo Stato ebraico il diritto di esistere significa negare al popolo ebraico il diritto di vivere. Persino l'affermazione che "Israele ha il diritto di esistere" sa di antisemitismo. Cina, India o Canada hanno forse il "diritto di esistere"? Nessun altro Paese deve costantemente difendere la necessità di garantire la propria stessa esistenza.
"Si può essere un ardente odiatore di Israele e, allo stesso tempo, non nutrire alcun rancore verso gli ebrei?", si chiede Kressel. "La risposta, credo, è no".<ref>Kressel, “The Sons of Pigs and Apes,” 187.</ref> Eppure "per nascondere il loro antisemitismo", sottolineano [[w:Dennis Prager|Dennis Prager]] e [[:en:w:Joseph Telushkin|Joseph Telushkin]], "i nemici degli ebrei usano quasi sempre la parola ‘sionista’ quando intendono gli ebrei".<ref>Dennis Prager e Joseph Telushkin, ''Why the Jews? The Reason for Antisemitism'' (New York: Simon & Schuster, 2003), 157 – mia trad.</ref> Il punto è sia nascondere il loro antisemitismo sia giustificarlo moralmente. Nella maggior parte dei casi, la manifestazione antisionista dell'antisemitismo è la più perfida perché, come sottolineano Prager e Telushkin, "è la prima forma di odio verso gli ebrei a negare di odiare gli ebrei".<ref>''Ibid.'', 155.</ref> Pertanto, non solo questa forma di odio verso gli ebrei nega di odiare gli ebrei, ma, ancora una volta, l'implicazione è che sia, ciononostante, moralmente obbligata a farlo.
[[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]] identifica tre livelli di antisionismo: primo, "Jews are not entitled to a nation-state of their own, a denial, in other words, of the right of Israel to exist". Secondo, "the existence of Israel is merely an aberration. It is responsible for all the evils of the world". Terzo, quello che Sacks chiama "the bridge from anti-Zionism to antisemitism" è la visione secondo cui "all Jews are Zionists; therefore all Jews are responsible for the sufferings caused by Israel; therefore all Jews are legitimate targets of attack".<ref>Jonathan Sacks, ''Future Tense: Jews, Judaism, and Israel in the Twenty-First Century'' (New York: Schocken Books, 2010), 97–98.</ref> La visione di Sacks è perspicace ma, a mio avviso, errata sotto un aspetto: nel contesto post-Olocausto non esiste un "ponte" dall'antisionismo all'antisemitismo: l'antisionismo è antisemita fin dall'inizio. Tuttavia, Sacks articola succintamente il genio insidioso dell'antisemitismo antisionista: "The Holocaust is the worst crime of human being against human being . . . . Israel behaves towards the Palestinians as the Nazis behaved towards Jews . . . . If, therefore, you oppose antisemitism – which, as a civilised human being, you must – you must oppose the state of Israel and all those who support it, who happen to be Jews".<ref>''Ibid.'', 101.</ref> Il paragone tra Israele e i nazisti è la chiave per comprendere la natura perniciosa dell'antisemitismo antisionista.
Facendo un simile paragone, osserva Robert Wistrich, "one is finally free to express in politically correct anti-Zionist language those sentiments that have not been entirely respectable among educated people since 1945 – namely dislike of Jews".<ref>Robert S. Wistrich, ''A Lethal Obsession: Antisemitism from Antiquity to the Global Jihad'' (New York: Random House, 2010), 630–631.</ref> Ciò che deve essere chiaro, tuttavia, è che l'amalgama precede l'accusa. Spiega [[:en:w:David Matas|David Matas]]: "Anti-Zionists move from opposition to Israel to charges against Israel rather than from wrongdoing by Israel to anti-Zionism... What matters is the condemnation itself. For anti-Zionists, the more repugnant the accusation made against Israel the better".<ref>David Matas, ''Aftershock: Anti-Zionism and Antisemitism'' (Toronto: Dundurn, 2005), 53.</ref> In altre parole, come tutti gli antisemiti, gli antisionisti si oppongono allo Stato ebraico non per le sue politiche, ma per la sua presenza. In effetti, qualunque sia il male attuale – razzismo, colonialismo, imperialismo, apartheid, pulizia etnica, crimini contro l'umanità o genocidio – gli antisionisti applicheranno l'etichetta allo Stato ebraico. Come gli antisemiti religiosi e laici del diciannovesimo secolo, gli antisionisti religiosi e laici condividono un'indignazione ipocrita per l'esistenza stessa dello Stato ebraico, proprio perché loro stessi sarebbero la misura morale dell'umanità.
=== Antisionismo e anti-Terra Santa ===
=== L'indignazione morale dell'antisionismo di sinistra ===
=== "Are we going to do this ''again''?" ===
=== Antisionismo moralmente richiesto: Jihad islamica e la sinistra ===
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{{Immagine grande|May our eyes behold your return in mercy to Zion.jpg|1010px|Incisione di [[:en:w:Ephraim Moses Lilien|Ephraim Moses Lilien]], realizzata per il V Congresso Sionista, svoltosi a Basilea, in Svizzera, nel 1901. L'iscrizione in ebraico in basso è la preghiera: "Possano i nostri occhi contemplare il Tuo ritorno misericordioso a Sion" (dall’''[[w:Amidah|Amidah]]'').}}
== Note ==
[[File:Lieder des Ghetto 11.jpg|179px|right|"Zion" di Ephraim Moses Lilien (1903)]]
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie letteratura moderna}}
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== Antisionismo: un antisemitismo moralmente richiesto ==
Due eventi dell'ultimo secolo hanno scosso profondamente la storia ebraica, come anche la storia dell'umanità: l'Olocausto e la rinascita dello Stato ebraico. Dal punto di vista della tradizione sacra ebraica, entrambi gli eventi si inseriscono nella storia sacra ebraica. Se i racconti scaturiti dall'Olocausto possono essere considerati i racconti di una nuova Bibbia, come affermò [[Primo Levi]],<ref>[[Primo Levi]], ''Se questo è un uomo'', ''ad loc.''.</ref> lo stesso si potrebbe dire del racconto dello Stato ebraico nato nonostante l'Olocausto. "La speranza messianica è morta durante l'Olocausto", [[w:Emil Fackenheim|Emil Fackenheim]] articola una delle implicazioni di questa svolta degli eventi. "Lo Stato di Israele post-Olocausto l'ha resuscitata".<ref>Emil L. Fackenheim, ''What Is Judaism?'' (New York: Macmillan, 1987), 268–269.</ref> Se questa storia ha dimostrato qualcosa, ha dimostrato che uno Stato ebraico è indispensabile per qualsiasi speranza di futuro per il popolo ebraico. Questo cambiamento nella condizione ebraica è una caratteristica distintiva dell'era post-Olocausto, un'era oscurata da un antisionismo sterminazionista che getta la sua ombra su tutta l'umanità. È l'ombra di Auschwitz stessa. Proprio come la negazione di Auschwitz è una negazione del popolo ebraico come popolo con un passato, così l'opposizione all'esistenza dello Stato ebraico è un'opposizione al popolo ebraico come popolo con un futuro. E il futuro dell'umanità dipende dal futuro del popolo ebraico come popolo scelto per testimoniare la sacralità di ogni essere umano.
La manifestazione antisionista dell'antisemitismo è particolarmente insidiosa. Mentre l'odio per gli ebrei può essere politicamente impopolare – almeno ufficialmente – l'odio per lo Stato ebraico tra gli estremisti di destra, i jihadisti islamici e gli intellettuali di sinistra è diventato, in molti ambienti, non solo di moda, ma moralmente necessario. Né gli ebrei tra gli intellettuali di sinistra sono immuni da questa forma di antisemitismo moralmente necessaria. Nel giugno 2020, ad esempio, 400 studiosi di studi ebraici, desiderosi di essere riconosciuti come "buoni ebrei", hanno firmato un documento in cui denunciavano la proposta di Israele di estendere l'autorità civile sulle aree in cui vivono gli ebrei in Cisgiordania; hanno etichettato Israele come uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità, con l'implicazione che lo stato ebraico sia paragonabile al Reich nazista.<ref>Ben Sales, "400 Jewish Studies Scholars Denounce Israel as ‘Apartheid’ and a ‘Crime Against Humanity", ''Cleveland Jewish News'', 12 giugno 2020. Tra coloro che hanno firmato la dichiarazione figurano notabili come Zachary Braiterman, Steven Zipperstein, Marc Ellis, Paul Mendes-Flohr, Amos Goldberg, Elliot Wolfson, Alon Confino, Jonathan Judaken, Barry Holtz, Omer Bartov, Sidra DeKoven Ezrahi, Steven Jacobs, Robert Alter, e Susannah Heschel.</ref> Come sottolinea [[:en:w:Matthias Küntzel|Matthias Küntzel]], la proiezione del termine "nazista" sull'ebreo è "a specific form of Holocaust denial, one which legitimates the pursuit of an anti-Jewish extermination policy".<ref>Matthias Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred: Islamism, Nazism and the Roots of 9/11'', trad. Colin Meade (New York: Telos Press, 2007), 118.</ref> In effetti, essendo arrivato a significare il più atroce dei mali, il termine nazista è una designazione attribuita a chiunque meriti moralmente l'annientamento. Mentre, come molti altri liberali di questo tipo, coloro che hanno firmato il documento sarebbero inorriditi dall'idea che una simile mossa sia antisemita, si crogiolano nella loro ipocrita indignazione morale, giudicando lo stato ebraico di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità. Cosa, ci chiediamo, si deve fare con uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità? Cosa è moralmente richiesto in una situazione del genere?
Odiare uno Stato è molto più comodo che odiare un essere umano. Uno Stato non è fatto di carne e sangue. Uno Stato non ha un volto che possa proibire l'omicidio. Si può "smantellare" uno Stato, ma non si può uccidere un essere umano, almeno non senza prima disumanizzarlo. Eppure lo smantellamento dello Stato ebraico, moralmente richiesto, si tradurrebbe inevitabilmente nell'assassinio di un numero incalcolabile di esseri umani, a cominciare dagli ebrei. L'antica patria degli ebrei, la Terra dell'Alleanza, è stata ristabilita non solo come Stato ebraico, ma come rifugio per gli ebrei che vivono in un mondo storicamente ostile agli ebrei. Nella sua forma antisionista, l'antisemitismo promuove l'abbandono degli ebrei a tale ostilità. È una forma comoda di antisemitismo. È di moda. In effetti, per chiunque etichetti Israele come razzista o colonialista, come violatore dei diritti umani o autore di crimini contro l'umanità, l'antisionismo è moralmente obbligatorio. Perché tutti questi epiteti sono sinonimi di male.
Questo mio Capitolo si concentrerà in generale sull'antisemitismo antisionista di sinistra, che è particolarmente preoccupante. La maggior parte delle persone se lo aspetta dai suprematisti bianchi e dai jihadisti islamici; anzi, coloro che si identificano come nazisti o jihadisti si vantano del loro odio per gli ebrei. Tuttavia, l'élite intellettuale di sinistra, nei campus e all'interno della cultura, è presumibilmente nota per la sua tolleranza liberale e la sua generosa longanimità. Ma prima consideriamo un po' il contesto storico dell'antisionismo.
L'attacco antisemita ai sionisti e al sionismo si ritrova nel discorso dell'ideologia nazionalsocialista fin dai primi giorni del Partito Nazista. Nel 1921 Alfred Rosenberg pubblicò la sua diatriba ''Der staatsfeindliche Zionismus'' (Sionismo: nemico dello Stato), in cui sosteneva che il sionismo fosse una strategia ebraica per il dominio del mondo. Già prima della formazione del Partito Nazista nel 1920, afferma Hitler, durante i suoi anni a Vienna (1907-1913) scoprì il "carattere nazionale degli ebrei" – ovvero il loro vero male – "nei sionisti".<ref>Adolf Hitler, ''Mein Kampf'', trad. {{en}} Ralph Manheim (Boston, MA: Houghton Mifflin, 1971), 56.</ref> Egli afferma:
{{citazione|Mentre i sionisti cercano di far credere al resto del mondo che la coscienza nazionale degli ebrei trovi la sua soddisfazione nella creazione di uno stato palestinese, gli ebrei, ancora una volta, ingannano astutamente gli stupidi ''goyim''. Non viene loro nemmeno in mente di costruire uno stato ebraico in Palestina per viverci; tutto ciò che vogliono è un'organizzazione centrale per la loro truffa internazionale.|''Ibid.'', 325 - mia trad.}}
Pertanto, "lo Stato ebraico", secondo il Führer, "è completamente illimitato in termini di territorio".<ref>''Ibid.'', 301.</ref> Né tale pensiero era confinato alla Germania nazista. Nel 1924, il politico polacco [[w:Roman Dmowski|Roman Dmowski]] (1864-1939) sostenne che l'obiettivo del sionismo fosse quello di creare "la base operativa per l'azione in tutto il mondo".<ref>Roman Dmowski, “The Jews and the War,” trad. Richard S. Levy, in Richard S. Levy, ed. ''Antisemitism in the Modern World: An Anthology of Texts'' (Lexington, MA: D. C. Heath and Company, 1991), 184.</ref> E le misure adottate per contrastare lo Stato ebraico dovevano essere altrettanto globali.
Ripetendo la caratterizzazione nazista del movimento sionista, Sayyid Qutb considerava lo Stato ebraico parte di una "cospirazione sionista universale; anzi, come Hitler, considerava il marxismo e il sionismo parte di un'unica cospirazione".<ref>Cfr. Ronald L. Nettler, ''Past Trials and Present Tribulations: A Muslim Fundamentalist’s View of the Jews'' (Oxford, UK: Pergamon, 1987), 49, 55.</ref> Risalente al diciannovesimo secolo, un'immagine familiare impiegata da nazisti e jihadisti per illustrare la minaccia sionista mostra una piovra con i suoi tentacoli mortali avvolti intorno all'intero globo, con una Stella di David incisa sulla testa.<ref>"A Short History of the Jewish/Zionist Octopus in Antisemitic Cartoons", ''Elder of Ziyon'', 20 aprile 2020.</ref> Quando nel dicembre 1948 i Fratelli Musulmani furono banditi in Egitto, il loro leader Hasan al-Banna incolpò il sionismo internazionale.<ref>Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred'', 54–55.</ref> Nel 1950, lo studioso islamico Abd al-Rahman Sami Ismat scrisse: "Gli ebrei e il sionismo sono come un albero malvagio. La sua radice è a New York, i suoi rami in tutto il mondo, le sue foglie sono gli ebrei – tutti loro, vecchi e giovani, maschi e femmine, senza eccezione, sono le sue foglie spinose e le sue spine avvelenate, e il veleno è rapido e mortale".<ref>Citato in Bernard Lewis, ''Semites and Anti-Semites: An Inquiry into Conflict and Prejudice'' (New York: W. W. Norton, 1986), 15 - mia trad.</ref> Anni dopo, il sistema di trasmissione Al-Manar di Hezbollah ha ripetutamente descritto "il conflitto israelo-palestinese come una parte fondamentale di uno sforzo più ampio per fermare il ‘cancro’ del sionismo".<ref>Avi Jorisch, ''Beacon of Hatred: Inside Hizballah’s Al-Manar Television'' (Washington, DC: Washington Institute for Near East Policy, 2004), 68.</ref> L'articolo trentadue della Carta di Allah di Hamas afferma: "Dopo la Palestina, i sionisti aspirano a espandersi dal Nilo all'Eufrate" e "il loro piano è incarnato nei ''Protocolli degli Anziani di Sion''".<ref>Citato in Dimitry Kapustyan e Matt Nelson, ''The Soul of Terror: The Worldwide Conflict Between Islamic Terrorism and the Modern World'' (Washington, DC: International Affairs Press, 2007), 147–148.</ref> Ancora una volta, quella che in realtà è la lotta degli antisionisti per controllare il mondo è presentata in termini di salvataggio di quel mondo.
Qui abbiamo un esempio archetipico di ciò che Neil Kressel chiama "''Protocols'' thinking", ovvero il pensiero che procede dalla premessa che lo Stato ebraico non sia altro che una base operativa da cui gli ebrei intendono governare nefastamente il mondo.<ref>Neil J. Kressel, ''“The Sons of Pigs and Apes”: Muslim Antisemitism and the Conspiracy of Silence'' (Washington, DC: Potomac Books, 2012), 41.</ref> Tale pensiero proietta gli ebrei nello stampo di una presenza malvagia, satanica e invisibile che si annida in tutta la creazione, seminando scompiglio e male. Il dominio globale che l'antisemita teme è la richiesta etica onnicomprensiva che emana dal Monte Sinai attraverso gli ebrei e nel mondo. In effetti, il ''Midrash'' afferma che Dio rivelò la Sua [[Torah]] al di fuori della Terra Santa, affinché gli ebrei non fossero così presuntuosi né le nazioni così compiacenti da pensare che si applicasse solo agli ebrei (''Mekilta de-Rabbi Ishmael, Bachodesh'' 5). L'antisemita antisionista non teme nulla più di questa esigenza etica trascendente e assoluta che incombe su ogni essere umano, sia dall'interno che dall'esterno, prima di ogni contingenza ontologica.
Osserva [[w:Rosemary Radford Ruether|Rosemary Radford Ruether]],: "There is no doubt that anti-Zionism has become a way of reviving the myth of the ‘perennial evil nature of the Jews’".<ref>Rosemary Radford Ruether, ''Faith and Fratricide: The Theological Roots of Anti-Semitism'' (New York: Seabury Press, 1974), 227.</ref> Analogamente, [[w:Walter Laqueur|Walter Laqueur]] ha sostenuto che "non esiste una linea di confine netta" tra antisemitismo e antisionismo.<ref>Walter Laqueur, ''The Changing Face of Antisemitism: From Ancient Times to the Present Day'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 2006), 7.</ref> Queste affermazioni, tuttavia, devono essere considerate nel contesto. Prima dell'Olocausto, [[Franz Rosenzweig]] poteva aggrapparsi alla speranza del dopoguerra che forse gli ebrei avrebbero trovato un posto nel mondo, dopotutto, e che forse non ci fosse bisogno del rifugio che solo lo Stato ebraico poteva offrire.<ref>Cfr. [[Franz Rosenzweig]], ''On Jewish Learning'', ed. N. N. Glatzer (New York: Schocken Books, 1955), 64.</ref> Nell'era post-Olocausto non può esserci una tale speranza. Poiché l'obiettivo del sionismo è quello di creare un rifugio per il popolo ebraico, in un mondo post-Olocausto gli antisionisti devono negare che l'Olocausto sia avvenuto o desiderare che accada di nuovo. Negare allo Stato ebraico il diritto di esistere significa negare al popolo ebraico il diritto di vivere. Persino l'affermazione che "Israele ha il diritto di esistere" sa di antisemitismo. Cina, India o Canada hanno forse il "diritto di esistere"? Nessun altro Paese deve costantemente difendere la necessità di garantire la propria stessa esistenza.
"Si può essere un ardente odiatore di Israele e, allo stesso tempo, non nutrire alcun rancore verso gli ebrei?", si chiede Kressel. "La risposta, credo, è no".<ref>Kressel, “The Sons of Pigs and Apes,” 187.</ref> Eppure "per nascondere il loro antisemitismo", sottolineano [[w:Dennis Prager|Dennis Prager]] e [[:en:w:Joseph Telushkin|Joseph Telushkin]], "i nemici degli ebrei usano quasi sempre la parola ‘sionista’ quando intendono gli ebrei".<ref>Dennis Prager e Joseph Telushkin, ''Why the Jews? The Reason for Antisemitism'' (New York: Simon & Schuster, 2003), 157 – mia trad.</ref> Il punto è sia nascondere il loro antisemitismo sia giustificarlo moralmente. Nella maggior parte dei casi, la manifestazione antisionista dell'antisemitismo è la più perfida perché, come sottolineano Prager e Telushkin, "è la prima forma di odio verso gli ebrei a negare di odiare gli ebrei".<ref>''Ibid.'', 155.</ref> Pertanto, non solo questa forma di odio verso gli ebrei nega di odiare gli ebrei, ma, ancora una volta, l'implicazione è che sia, ciononostante, moralmente obbligata a farlo.
[[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]] identifica tre livelli di antisionismo: primo, "Jews are not entitled to a nation-state of their own, a denial, in other words, of the right of Israel to exist". Secondo, "the existence of Israel is merely an aberration. It is responsible for all the evils of the world". Terzo, quello che Sacks chiama "the bridge from anti-Zionism to antisemitism" è la visione secondo cui "all Jews are Zionists; therefore all Jews are responsible for the sufferings caused by Israel; therefore all Jews are legitimate targets of attack".<ref>Jonathan Sacks, ''Future Tense: Jews, Judaism, and Israel in the Twenty-First Century'' (New York: Schocken Books, 2010), 97–98.</ref> La visione di Sacks è perspicace ma, a mio avviso, errata sotto un aspetto: nel contesto post-Olocausto non esiste un "ponte" dall'antisionismo all'antisemitismo: l'antisionismo è antisemita fin dall'inizio. Tuttavia, Sacks articola succintamente il genio insidioso dell'antisemitismo antisionista: "The Holocaust is the worst crime of human being against human being . . . . Israel behaves towards the Palestinians as the Nazis behaved towards Jews . . . . If, therefore, you oppose antisemitism – which, as a civilised human being, you must – you must oppose the state of Israel and all those who support it, who happen to be Jews".<ref>''Ibid.'', 101.</ref> Il paragone tra Israele e i nazisti è la chiave per comprendere la natura perniciosa dell'antisemitismo antisionista.
Facendo un simile paragone, osserva Robert Wistrich, "one is finally free to express in politically correct anti-Zionist language those sentiments that have not been entirely respectable among educated people since 1945 – namely dislike of Jews".<ref>Robert S. Wistrich, ''A Lethal Obsession: Antisemitism from Antiquity to the Global Jihad'' (New York: Random House, 2010), 630–631.</ref> Ciò che deve essere chiaro, tuttavia, è che l'amalgama precede l'accusa. Spiega [[:en:w:David Matas|David Matas]]: "Anti-Zionists move from opposition to Israel to charges against Israel rather than from wrongdoing by Israel to anti-Zionism... What matters is the condemnation itself. For anti-Zionists, the more repugnant the accusation made against Israel the better".<ref>David Matas, ''Aftershock: Anti-Zionism and Antisemitism'' (Toronto: Dundurn, 2005), 53.</ref> In altre parole, come tutti gli antisemiti, gli antisionisti si oppongono allo Stato ebraico non per le sue politiche, ma per la sua presenza. In effetti, qualunque sia il male attuale – razzismo, colonialismo, imperialismo, apartheid, pulizia etnica, crimini contro l'umanità o genocidio – gli antisionisti applicheranno l'etichetta allo Stato ebraico. Come gli antisemiti religiosi e laici del diciannovesimo secolo, gli antisionisti religiosi e laici condividono un'indignazione ipocrita per l'esistenza stessa dello Stato ebraico, proprio perché loro stessi sarebbero la misura morale dell'umanità.
=== Antisionismo e anti-Terra Santa ===
=== L'indignazione morale dell'antisionismo di sinistra ===
=== "Are we going to do this ''again''?" ===
=== Antisionismo moralmente richiesto: Jihad islamica e la sinistra ===
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{{Immagine grande|May our eyes behold your return in mercy to Zion.jpg|1010px|Incisione di [[:en:w:Ephraim Moses Lilien|Ephraim Moses Lilien]], realizzata per il V Congresso Sionista, svoltosi a Basilea, in Svizzera, nel 1901. L'iscrizione in ebraico in basso è la preghiera: "Possano i nostri occhi contemplare il Tuo ritorno misericordioso a Sion" (dall’''[[w:Amidah|Amidah]]'').}}
== Note ==
[[File:Lieder des Ghetto 11.jpg|179px|right|"Zion" di Ephraim Moses Lilien (1903)]]
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie letteratura moderna}}
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[[Categoria:Connessioni|Capitolo 7]]
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== Antisionismo: un antisemitismo moralmente richiesto ==
Due eventi dell'ultimo secolo hanno scosso profondamente la storia ebraica, come anche la storia dell'umanità: l'Olocausto e la rinascita dello Stato ebraico. Dal punto di vista della tradizione sacra ebraica, entrambi gli eventi si inseriscono nella storia sacra ebraica. Se i racconti scaturiti dall'Olocausto possono essere considerati i racconti di una nuova Bibbia, come affermò [[Primo Levi]],<ref>[[Primo Levi]], ''Se questo è un uomo'', ''ad loc.''.</ref> lo stesso si potrebbe dire del racconto dello Stato ebraico nato nonostante l'Olocausto. "La speranza messianica è morta durante l'Olocausto", [[w:Emil Fackenheim|Emil Fackenheim]] articola una delle implicazioni di questa svolta degli eventi. "Lo Stato di Israele post-Olocausto l'ha resuscitata".<ref>Emil L. Fackenheim, ''What Is Judaism?'' (New York: Macmillan, 1987), 268–269.</ref> Se questa storia ha dimostrato qualcosa, ha dimostrato che uno Stato ebraico è indispensabile per qualsiasi speranza di futuro per il popolo ebraico. Questo cambiamento nella condizione ebraica è una caratteristica distintiva dell'era post-Olocausto, un'era oscurata da un antisionismo sterminazionista che getta la sua ombra su tutta l'umanità. È l'ombra di Auschwitz stessa. Proprio come la negazione di Auschwitz è una negazione del popolo ebraico come popolo con un passato, così l'opposizione all'esistenza dello Stato ebraico è un'opposizione al popolo ebraico come popolo con un futuro. E il futuro dell'umanità dipende dal futuro del popolo ebraico come popolo scelto per testimoniare la sacralità di ogni essere umano.
La manifestazione antisionista dell'antisemitismo è particolarmente insidiosa. Mentre l'odio per gli ebrei può essere politicamente impopolare – almeno ufficialmente – l'odio per lo Stato ebraico tra gli estremisti di destra, i jihadisti islamici e gli intellettuali di sinistra è diventato, in molti ambienti, non solo di moda, ma moralmente necessario. Né gli ebrei tra gli intellettuali di sinistra sono immuni da questa forma di antisemitismo moralmente necessaria. Nel giugno 2020, ad esempio, 400 studiosi di studi ebraici, desiderosi di essere riconosciuti come "buoni ebrei", hanno firmato un documento in cui denunciavano la proposta di Israele di estendere l'autorità civile sulle aree in cui vivono gli ebrei in Cisgiordania; hanno etichettato Israele come uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità, con l'implicazione che lo stato ebraico sia paragonabile al Reich nazista.<ref>Ben Sales, "400 Jewish Studies Scholars Denounce Israel as ‘Apartheid’ and a ‘Crime Against Humanity", ''Cleveland Jewish News'', 12 giugno 2020. Tra coloro che hanno firmato la dichiarazione figurano notabili come Zachary Braiterman, Steven Zipperstein, Marc Ellis, Paul Mendes-Flohr, Amos Goldberg, Elliot Wolfson, Alon Confino, Jonathan Judaken, Barry Holtz, Omer Bartov, Sidra DeKoven Ezrahi, Steven Jacobs, Robert Alter, e Susannah Heschel.</ref> Come sottolinea [[:en:w:Matthias Küntzel|Matthias Küntzel]], la proiezione del termine "nazista" sull'ebreo è "a specific form of Holocaust denial, one which legitimates the pursuit of an anti-Jewish extermination policy".<ref>Matthias Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred: Islamism, Nazism and the Roots of 9/11'', trad. Colin Meade (New York: Telos Press, 2007), 118.</ref> In effetti, essendo arrivato a significare il più atroce dei mali, il termine nazista è una designazione attribuita a chiunque meriti moralmente l'annientamento. Mentre, come molti altri liberali di questo tipo, coloro che hanno firmato il documento sarebbero inorriditi dall'idea che una simile mossa sia antisemita, si crogiolano nella loro ipocrita indignazione morale, giudicando lo stato ebraico di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità. Cosa, ci chiediamo, si deve fare con uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità? Cosa è moralmente richiesto in una situazione del genere?
Odiare uno Stato è molto più comodo che odiare un essere umano. Uno Stato non è fatto di carne e sangue. Uno Stato non ha un volto che possa proibire l'omicidio. Si può "smantellare" uno Stato, ma non si può uccidere un essere umano, almeno non senza prima disumanizzarlo. Eppure lo smantellamento dello Stato ebraico, moralmente richiesto, si tradurrebbe inevitabilmente nell'assassinio di un numero incalcolabile di esseri umani, a cominciare dagli ebrei. L'antica patria degli ebrei, la Terra dell'Alleanza, è stata ristabilita non solo come Stato ebraico, ma come rifugio per gli ebrei che vivono in un mondo storicamente ostile agli ebrei. Nella sua forma antisionista, l'antisemitismo promuove l'abbandono degli ebrei a tale ostilità. È una forma comoda di antisemitismo. È di moda. In effetti, per chiunque etichetti Israele come razzista o colonialista, come violatore dei diritti umani o autore di crimini contro l'umanità, l'antisionismo è moralmente obbligatorio. Perché tutti questi epiteti sono sinonimi di male.
Questo mio Capitolo si concentrerà in generale sull'antisemitismo antisionista di sinistra, che è particolarmente preoccupante. La maggior parte delle persone se lo aspetta dai suprematisti bianchi e dai jihadisti islamici; anzi, coloro che si identificano come nazisti o jihadisti si vantano del loro odio per gli ebrei. Tuttavia, l'élite intellettuale di sinistra, nei campus e all'interno della cultura, è presumibilmente nota per la sua tolleranza liberale e la sua generosa longanimità. Ma prima consideriamo un po' il contesto storico dell'antisionismo.
L'attacco antisemita ai sionisti e al sionismo si ritrova nel discorso dell'ideologia nazionalsocialista fin dai primi giorni del Partito Nazista. Nel 1921 Alfred Rosenberg pubblicò la sua diatriba ''Der staatsfeindliche Zionismus'' (Sionismo: nemico dello Stato), in cui sosteneva che il sionismo fosse una strategia ebraica per il dominio del mondo. Già prima della formazione del Partito Nazista nel 1920, afferma Hitler, durante i suoi anni a Vienna (1907-1913) scoprì il "carattere nazionale degli ebrei" – ovvero il loro vero male – "nei sionisti".<ref>Adolf Hitler, ''Mein Kampf'', trad. {{en}} Ralph Manheim (Boston, MA: Houghton Mifflin, 1971), 56.</ref> Egli afferma:
{{citazione|Mentre i sionisti cercano di far credere al resto del mondo che la coscienza nazionale degli ebrei trovi la sua soddisfazione nella creazione di uno stato palestinese, gli ebrei, ancora una volta, ingannano astutamente gli stupidi ''goyim''. Non viene loro nemmeno in mente di costruire uno stato ebraico in Palestina per viverci; tutto ciò che vogliono è un'organizzazione centrale per la loro truffa internazionale.|''Ibid.'', 325 - mia trad.}}
Pertanto, "lo Stato ebraico", secondo il Führer, "è completamente illimitato in termini di territorio".<ref>''Ibid.'', 301.</ref> Né tale pensiero era confinato alla Germania nazista. Nel 1924, il politico polacco [[w:Roman Dmowski|Roman Dmowski]] (1864-1939) sostenne che l'obiettivo del sionismo fosse quello di creare "la base operativa per l'azione in tutto il mondo".<ref>Roman Dmowski, “The Jews and the War,” trad. Richard S. Levy, in Richard S. Levy, ed. ''Antisemitism in the Modern World: An Anthology of Texts'' (Lexington, MA: D. C. Heath and Company, 1991), 184.</ref> E le misure adottate per contrastare lo Stato ebraico dovevano essere altrettanto globali.
Ripetendo la caratterizzazione nazista del movimento sionista, Sayyid Qutb considerava lo Stato ebraico parte di una "cospirazione sionista universale; anzi, come Hitler, considerava il marxismo e il sionismo parte di un'unica cospirazione".<ref>Cfr. Ronald L. Nettler, ''Past Trials and Present Tribulations: A Muslim Fundamentalist’s View of the Jews'' (Oxford, UK: Pergamon, 1987), 49, 55.</ref> Risalente al diciannovesimo secolo, un'immagine familiare impiegata da nazisti e jihadisti per illustrare la minaccia sionista mostra una piovra con i suoi tentacoli mortali avvolti intorno all'intero globo, con una Stella di David incisa sulla testa.<ref>"A Short History of the Jewish/Zionist Octopus in Antisemitic Cartoons", ''Elder of Ziyon'', 20 aprile 2020.</ref> Quando nel dicembre 1948 i Fratelli Musulmani furono banditi in Egitto, il loro leader Hasan al-Banna incolpò il sionismo internazionale.<ref>Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred'', 54–55.</ref> Nel 1950, lo studioso islamico Abd al-Rahman Sami Ismat scrisse: "Gli ebrei e il sionismo sono come un albero malvagio. La sua radice è a New York, i suoi rami in tutto il mondo, le sue foglie sono gli ebrei – tutti loro, vecchi e giovani, maschi e femmine, senza eccezione, sono le sue foglie spinose e le sue spine avvelenate, e il veleno è rapido e mortale".<ref>Citato in Bernard Lewis, ''Semites and Anti-Semites: An Inquiry into Conflict and Prejudice'' (New York: W. W. Norton, 1986), 15 - mia trad.</ref> Anni dopo, il sistema di trasmissione Al-Manar di Hezbollah ha ripetutamente descritto "il conflitto israelo-palestinese come una parte fondamentale di uno sforzo più ampio per fermare il ‘cancro’ del sionismo".<ref>Avi Jorisch, ''Beacon of Hatred: Inside Hizballah’s Al-Manar Television'' (Washington, DC: Washington Institute for Near East Policy, 2004), 68.</ref> L'articolo trentadue della Carta di Allah di Hamas afferma: "Dopo la Palestina, i sionisti aspirano a espandersi dal Nilo all'Eufrate" e "il loro piano è incarnato nei ''Protocolli degli Anziani di Sion''".<ref>Citato in Dimitry Kapustyan e Matt Nelson, ''The Soul of Terror: The Worldwide Conflict Between Islamic Terrorism and the Modern World'' (Washington, DC: International Affairs Press, 2007), 147–148.</ref> Ancora una volta, quella che in realtà è la lotta degli antisionisti per controllare il mondo è presentata in termini di salvataggio di quel mondo.
Qui abbiamo un esempio archetipico di ciò che Neil Kressel chiama "''Protocols'' thinking", ovvero il pensiero che procede dalla premessa che lo Stato ebraico non sia altro che una base operativa da cui gli ebrei intendono governare nefastamente il mondo.<ref>Neil J. Kressel, ''“The Sons of Pigs and Apes”: Muslim Antisemitism and the Conspiracy of Silence'' (Washington, DC: Potomac Books, 2012), 41.</ref> Tale pensiero proietta gli ebrei nello stampo di una presenza malvagia, satanica e invisibile che si annida in tutta la creazione, seminando scompiglio e male. Il dominio globale che l'antisemita teme è la richiesta etica onnicomprensiva che emana dal Monte Sinai attraverso gli ebrei e nel mondo. In effetti, il ''Midrash'' afferma che Dio rivelò la Sua [[Torah]] al di fuori della Terra Santa, affinché gli ebrei non fossero così presuntuosi né le nazioni così compiacenti da pensare che si applicasse solo agli ebrei (''Mekilta de-Rabbi Ishmael, Bachodesh'' 5). L'antisemita antisionista non teme nulla più di questa esigenza etica trascendente e assoluta che incombe su ogni essere umano, sia dall'interno che dall'esterno, prima di ogni contingenza ontologica.
Osserva [[w:Rosemary Radford Ruether|Rosemary Radford Ruether]],: "There is no doubt that anti-Zionism has become a way of reviving the myth of the ‘perennial evil nature of the Jews’".<ref>Rosemary Radford Ruether, ''Faith and Fratricide: The Theological Roots of Anti-Semitism'' (New York: Seabury Press, 1974), 227.</ref> Analogamente, [[w:Walter Laqueur|Walter Laqueur]] ha sostenuto che "non esiste una linea di confine netta" tra antisemitismo e antisionismo.<ref>Walter Laqueur, ''The Changing Face of Antisemitism: From Ancient Times to the Present Day'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 2006), 7.</ref> Queste affermazioni, tuttavia, devono essere considerate nel contesto. Prima dell'Olocausto, [[Franz Rosenzweig]] poteva aggrapparsi alla speranza del dopoguerra che forse gli ebrei avrebbero trovato un posto nel mondo, dopotutto, e che forse non ci fosse bisogno del rifugio che solo lo Stato ebraico poteva offrire.<ref>Cfr. [[Franz Rosenzweig]], ''On Jewish Learning'', ed. N. N. Glatzer (New York: Schocken Books, 1955), 64.</ref> Nell'era post-Olocausto non può esserci una tale speranza. Poiché l'obiettivo del sionismo è quello di creare un rifugio per il popolo ebraico, in un mondo post-Olocausto gli antisionisti devono negare che l'Olocausto sia avvenuto o desiderare che accada di nuovo. Negare allo Stato ebraico il diritto di esistere significa negare al popolo ebraico il diritto di vivere. Persino l'affermazione che "Israele ha il diritto di esistere" sa di antisemitismo. Cina, India o Canada hanno forse il "diritto di esistere"? Nessun altro Paese deve costantemente difendere la necessità di garantire la propria stessa esistenza.
"Si può essere un ardente odiatore di Israele e, allo stesso tempo, non nutrire alcun rancore verso gli ebrei?", si chiede Kressel. "La risposta, credo, è no".<ref>Kressel, “The Sons of Pigs and Apes,” 187.</ref> Eppure "per nascondere il loro antisemitismo", sottolineano [[w:Dennis Prager|Dennis Prager]] e [[:en:w:Joseph Telushkin|Joseph Telushkin]], "i nemici degli ebrei usano quasi sempre la parola ‘sionista’ quando intendono gli ebrei".<ref>Dennis Prager e Joseph Telushkin, ''Why the Jews? The Reason for Antisemitism'' (New York: Simon & Schuster, 2003), 157 – mia trad.</ref> Il punto è sia nascondere il loro antisemitismo sia giustificarlo moralmente. Nella maggior parte dei casi, la manifestazione antisionista dell'antisemitismo è la più perfida perché, come sottolineano Prager e Telushkin, "è la prima forma di odio verso gli ebrei a negare di odiare gli ebrei".<ref>''Ibid.'', 155.</ref> Pertanto, non solo questa forma di odio verso gli ebrei nega di odiare gli ebrei, ma, ancora una volta, l'implicazione è che sia, ciononostante, moralmente obbligata a farlo.
[[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]] identifica tre livelli di antisionismo: primo, "Jews are not entitled to a nation-state of their own, a denial, in other words, of the right of Israel to exist". Secondo, "the existence of Israel is merely an aberration. It is responsible for all the evils of the world". Terzo, quello che Sacks chiama "the bridge from anti-Zionism to antisemitism" è la visione secondo cui "all Jews are Zionists; therefore all Jews are responsible for the sufferings caused by Israel; therefore all Jews are legitimate targets of attack".<ref>Jonathan Sacks, ''Future Tense: Jews, Judaism, and Israel in the Twenty-First Century'' (New York: Schocken Books, 2010), 97–98.</ref> La visione di Sacks è perspicace ma, a mio avviso, errata sotto un aspetto: nel contesto post-Olocausto non esiste un "ponte" dall'antisionismo all'antisemitismo: l'antisionismo è antisemita fin dall'inizio. Tuttavia, Sacks articola succintamente il genio insidioso dell'antisemitismo antisionista: "The Holocaust is the worst crime of human being against human being . . . . Israel behaves towards the Palestinians as the Nazis behaved towards Jews . . . . If, therefore, you oppose antisemitism – which, as a civilised human being, you must – you must oppose the state of Israel and all those who support it, who happen to be Jews".<ref>''Ibid.'', 101.</ref> Il paragone tra Israele e i nazisti è la chiave per comprendere la natura perniciosa dell'antisemitismo antisionista.
Facendo un simile paragone, osserva Robert Wistrich, "one is finally free to express in politically correct anti-Zionist language those sentiments that have not been entirely respectable among educated people since 1945 – namely dislike of Jews".<ref>Robert S. Wistrich, ''A Lethal Obsession: Antisemitism from Antiquity to the Global Jihad'' (New York: Random House, 2010), 630–631.</ref> Ciò che deve essere chiaro, tuttavia, è che l'amalgama precede l'accusa. Spiega [[:en:w:David Matas|David Matas]]: "Anti-Zionists move from opposition to Israel to charges against Israel rather than from wrongdoing by Israel to anti-Zionism... What matters is the condemnation itself. For anti-Zionists, the more repugnant the accusation made against Israel the better".<ref>David Matas, ''Aftershock: Anti-Zionism and Antisemitism'' (Toronto: Dundurn, 2005), 53.</ref> In altre parole, come tutti gli antisemiti, gli antisionisti si oppongono allo Stato ebraico non per le sue politiche, ma per la sua presenza. In effetti, qualunque sia il male attuale – razzismo, colonialismo, imperialismo, apartheid, pulizia etnica, crimini contro l'umanità o genocidio – gli antisionisti applicheranno l'etichetta allo Stato ebraico. Come gli antisemiti religiosi e laici del diciannovesimo secolo, gli antisionisti religiosi e laici condividono un'indignazione ipocrita per l'esistenza stessa dello Stato ebraico, proprio perché loro stessi sarebbero la misura morale dell'umanità.
=== Antisionismo e anti-Terra Santa ===
Mentre gli antisionisti di destra e i jihadisti vorrebbero usurpare o comunque appropriarsi della religione rivelata, gli intellettuali di sinistra considerano la religione rivelata una curiosità culturale o un oggetto di disprezzo. Abbiamo visto che l'oggetto dell'odio antisemita verso gli ebrei non sono solo gli ebrei, ma anche l'ebraismo che li rende ciò che sono. Per l'antisionista, l'oggetto di quell'odio non è solo l'"entità sionista", ma anche l'ebraismo che rende sacra la Terra Santa. Pertanto, se vogliamo comprendere cosa sia all'opera nell'odio antisionista verso gli ebrei, dobbiamo avere una certa comprensione della Terra Santa dell'Alleanza dal punto di vista dell'ebraismo che l'antisemita vorrebbe cancellare dal mondo. Qui scopriamo che l'antisemitismo dell'antisionista non è solo moralmente richiesto, ma anche ideologicamente necessario.
Dal punto di vista dell'ebraismo, la Terra Santa è santa non perché vi siano accaduti determinati eventi; piuttosto, certi eventi vi sono accaduti perché la Terra Santa è santa. Ciò significa che la sacralità dello Stato ebraico trascende i contesti storici e quindi conferisce significato a tali contesti. Si chiede Abraham Joshua Heschel: "What would be the face of Western history today, if the end of twentieth-century Jewish life would have been Bergen-Belsen, Dachau, Auschwitz? The State of Israel is not an atonement . . . . No act is as holy as the act of saving human life. The Holy Land, having offered haven to more than two million Jews, . . . has attained a new sanctity".<ref>Abraham Joshua Heschel, ''Israel: An Echo of Eternity'' (New York: Farrar, Straus and Giroux, 1969), 113. La stima 2025 della popolazione israeliana è di {{FORMATNUM:10094000}}, di cui [https://www.cbs.gov.il/en/mediarelease/Pages/2025/Israel-Independence-Day-2025.aspx 74% ca. sono ebrei].</ref> La Terra Santa ha raggiunto una rinnovata santità perché, come afferma [[Emmanuel Levinas]], "la Shoah ristabilisce il legame – che fino ad allora era stato incomprensibilmente nascosto – tra l'Israele di oggi e l'Israele della Bibbia".<ref>[[Emmanuel Levinas]], ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. {{en}} Sean Hand (Baltimore, MD: The Johns Hopkins University Press, 1990), 12 ― mia trad.</ref> L'oggetto dell'odio ebraico antisionista, come di ogni odio ebraico, è la Torah che rivela l'Alleanza della Terra e che "emana da Sion" ({{passo biblico2|Isaia|2:3}}; {{passo biblico2|Michea|4:2}}).
"Dobbiamo chiederci", scrive Emil Fackenheim, "se sia mai accaduto che, dopo due millenni, un popolo sia stato restituito alla sua lingua, al suo stato, alla sua terra. Senza un Libro – questo Libro – tale ritorno non avrebbe potuto avvenire. Questo è lo stupore comune che sta dietro a tutte le diversità religioso-secolari. Questa è l'esperienza comune che rende possibile un legame tra tutto Israele e la Torah".<ref>Emil L. Fackenheim, ''To Mend the World: Foundations of Post-Holocaust Jewish Thought'' (New York: Schocken Books, 1989), 328.</ref> Il desiderio antisemita di cancellare il Popolo del Libro dalla storia è un desiderio di cancellare la Torah stessa; senza il Popolo non c'è Torah, e senza la Torah non c'è Popolo, né Dio, né Israele. Scrive [[w:André Neher|André Neher]]:
{{citazione|Is not the State of Israel, in its very existence, a meta-state? And surely the [[Sorpresa|war launched against Israel on Yom Kippur, October 6, 1973]], was not only horizontal . . . . Zion, which is only a fragment of Jerusalem and the Land of Israel, is a word one can neither play around with, nor play tricks with, nor beat around the bush with. It is the key word of the “meta” of Jewish history. Through Zion, Zionism becomes bi-dimensional. The vertical is interlocked with the horizontal.|[[:en:w:André Neher|André Neher]], ''They Made Their Souls Anew'', trad. David Maisel (Albany, NY: SUNY Press, 1990), 58}}
Questa incursione del verticale nell'orizzontale è esattamente ciò contro cui si oppongono gli antisionisti. L'antisionismo è anti-Sion, il cui significato è rivelato dal profeta Michea, quando grida: "Poiché la Torah esce da Sion e la Parola di Dio da Gerusalemme" ({{passo biblico2|Michea|4:2}}). Se la Terra d'Israele non è la Terra Santa, allora la rivelazione sul Monte Sinai non ha alcun significato, la Torah non ha alcun significato e il popolo ebraico non ha alcun significato, questo è ciò che sostengono gli antisionisti. Se così fosse, allora l'assoluto divieto divino contro l'omicidio non avrebbe alcun significato.
Il divieto di omicidio e i comandamenti di amare il prossimo e lo straniero sono i comandamenti più fondamentali che collegano l'umanità sia a Dio che a Sion. Questo legame è ciò che rende Israele l’''Eretz HaKodesh'', la "Terra Santa". Lo Stato di Israele, insiste Levinas, "secondo la sua pura essenza [di santità], è possibile solo se penetrato dalla parola divina".<ref>[[Emmanuel Levinas]], "Zionisms", trad. Roland Lack, in Sean Hand, ed., ''The Levinas Reader'' (Oxford, UK: Basil Blackwell, 1989), 271.</ref> Poiché lo Stato di Israele è "penetrato dalla parola divina", ha un significato metafisico ineludibile, sia per gli ebrei che per le nazioni. E così, come afferma Levinas, "lo Stato d'Israele sarà religioso per l'intelligenza dei suoi grandi libri, che non è libero di dimenticare. Sarà religioso per l'azione stessa che lo istituisce come Stato. Sarà religioso o non sarà affatto".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 219.</ref> I libri sacri d'Israele, che gli antisemiti consegnano alle fiamme, fisicamente o filosoficamente, sono i contenitori della testimonianza che entra nel mondo attraverso il popolo ebraico e che emana da ''Eretz HaKodesh''.
Affermare che Gerusalemme rivesta un significato particolare per gli antisionisti di ogni tipo è un'ovvietà; si manifesta lungo uno spettro che va dalle obiezioni alla costruzione di scuole, case o ospedali israeliani all'interno di Gerusalemme alla richiesta di epurazione degli ebrei da Gerusalemme, dall'opposizione all'istituzione dell'ambasciata americana a Gerusalemme alla negazione che Gerusalemme sia la capitale dello Stato ebraico. Il significato di Gerusalemme nella coscienza religiosa ebraica fornisce una chiave per l'antisemitismo antisionista. Molte tradizioni parlano di una Gerusalemme celeste, denotando ancora una volta l'interconnessione tra verticale e orizzontale, ma non esiste una New York celeste, una Parigi celeste, né tantomeno una Roma celeste.
Gli ebrei non rivendicano Gerusalemme: Gerusalemme rivendica gli ebrei. Quando gli ebrei pregano il Santo, non si riferiscono mai a Gerusalemme come alla "nostra città", ma piuttosto come a ''irkha'', la "Tua città", cioè la città di Dio, invocando Dio come il ''Boneh Yerushalayim'', il "Costruttore di Gerusalemme". Come ''Boneh Yerushalayim'', Dio è lo ''Shokhen Yerushalayim'', "Colui che abita a Gerusalemme" (cfr. , ad esempio, {{passo biblico2|Salmi|135:21}}). Simbolizzando la luce di Dio e della Torah, Gerusalemme simboleggia la dimensione stessa dell'altezza che gli antisemiti antisionisti vorrebbero espellere da questo mondo. Mentre gli antisionisti bandirebbero gli ebrei da Gerusalemme, una comprensione ebraica del significato di Gerusalemme richiede un'apertura a ogni essere umano. Tale apertura è stata raggiunta solo da quando Gerusalemme è stata riunificata come capitale dello [[w:Guerra dei sei giorni|Stato ebraico nel 1967]]: da allora, chiunque venga in pace è libero di pregare nella Città Santa.<ref>Cosa non possibile prima del 1967.</ref> Le preghiere dell'umanità, e non solo degli ebrei, attraggono la santità del Santo nella Città Santa. Infatti, tramite Gerusalemme ognuno di noi è legato all'origine dell'umanità, ad Adamo e, attraverso Adamo, agli altri. "Nel luogo da cui fu presa la polvere di Adamo", sta scritto nel ''Tanna debe Eliyahu'', "lì fu costruito l'altare".<ref>''Tanna debe Eliyahu: The Lore of the School of Elijah'', trad. William G. Braude & Israel J. Kapstein (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1981), 411.</ref> In contrasto, basta guardare alla Mecca per capire cosa significhi il concetto di "città santa" nel mondo musulmano: è chiusa a tutti tranne che ai musulmani. Mentre la Mecca simboleggia la verità dell'Islam, Gerusalemme simboleggia la santità dell'umanità: questo è ciò che rende Gerusalemme la dimora di Dio. Questo è ciò che rende Gerusalemme la Città Santa.
=== L'indignazione morale dell'antisionismo di sinistra ===
=== "Are we going to do this ''again''?" ===
=== Antisionismo moralmente richiesto: Jihad islamica e la sinistra ===
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{{Immagine grande|May our eyes behold your return in mercy to Zion.jpg|1010px|Incisione di [[:en:w:Ephraim Moses Lilien|Ephraim Moses Lilien]], realizzata per il V Congresso Sionista, svoltosi a Basilea, in Svizzera, nel 1901. L'iscrizione in ebraico in basso è la preghiera: "Possano i nostri occhi contemplare il Tuo ritorno misericordioso a Sion" (dall’''[[w:Amidah|Amidah]]'').}}
== Note ==
[[File:Lieder des Ghetto 11.jpg|179px|right|"Zion" di Ephraim Moses Lilien (1903)]]
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie letteratura moderna}}
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[[Categoria:Connessioni|Capitolo 7]]
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== Antisionismo: un antisemitismo moralmente richiesto ==
Due eventi dell'ultimo secolo hanno scosso profondamente la storia ebraica, come anche la storia dell'umanità: l'Olocausto e la rinascita dello Stato ebraico. Dal punto di vista della tradizione sacra ebraica, entrambi gli eventi si inseriscono nella storia sacra ebraica. Se i racconti scaturiti dall'Olocausto possono essere considerati i racconti di una nuova Bibbia, come affermò [[Primo Levi]],<ref>[[Primo Levi]], ''Se questo è un uomo'', ''ad loc.''.</ref> lo stesso si potrebbe dire del racconto dello Stato ebraico nato nonostante l'Olocausto. "La speranza messianica è morta durante l'Olocausto", [[w:Emil Fackenheim|Emil Fackenheim]] articola una delle implicazioni di questa svolta degli eventi. "Lo Stato di Israele post-Olocausto l'ha resuscitata".<ref>Emil L. Fackenheim, ''What Is Judaism?'' (New York: Macmillan, 1987), 268–269.</ref> Se questa storia ha dimostrato qualcosa, ha dimostrato che uno Stato ebraico è indispensabile per qualsiasi speranza di futuro per il popolo ebraico. Questo cambiamento nella condizione ebraica è una caratteristica distintiva dell'era post-Olocausto, un'era oscurata da un antisionismo sterminazionista che getta la sua ombra su tutta l'umanità. È l'ombra di Auschwitz stessa. Proprio come la negazione di Auschwitz è una negazione del popolo ebraico come popolo con un passato, così l'opposizione all'esistenza dello Stato ebraico è un'opposizione al popolo ebraico come popolo con un futuro. E il futuro dell'umanità dipende dal futuro del popolo ebraico come popolo scelto per testimoniare la sacralità di ogni essere umano.
La manifestazione antisionista dell'antisemitismo è particolarmente insidiosa. Mentre l'odio per gli ebrei può essere politicamente impopolare – almeno ufficialmente – l'odio per lo Stato ebraico tra gli estremisti di destra, i jihadisti islamici e gli intellettuali di sinistra è diventato, in molti ambienti, non solo di moda, ma moralmente necessario. Né gli ebrei tra gli intellettuali di sinistra sono immuni da questa forma di antisemitismo moralmente necessaria. Nel giugno 2020, ad esempio, 400 studiosi di studi ebraici, desiderosi di essere riconosciuti come "buoni ebrei", hanno firmato un documento in cui denunciavano la proposta di Israele di estendere l'autorità civile sulle aree in cui vivono gli ebrei in Cisgiordania; hanno etichettato Israele come uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità, con l'implicazione che lo stato ebraico sia paragonabile al Reich nazista.<ref>Ben Sales, "400 Jewish Studies Scholars Denounce Israel as ‘Apartheid’ and a ‘Crime Against Humanity", ''Cleveland Jewish News'', 12 giugno 2020. Tra coloro che hanno firmato la dichiarazione figurano notabili come Zachary Braiterman, Steven Zipperstein, Marc Ellis, Paul Mendes-Flohr, Amos Goldberg, Elliot Wolfson, Alon Confino, Jonathan Judaken, Barry Holtz, Omer Bartov, Sidra DeKoven Ezrahi, Steven Jacobs, Robert Alter, e Susannah Heschel.</ref> Come sottolinea [[:en:w:Matthias Küntzel|Matthias Küntzel]], la proiezione del termine "nazista" sull'ebreo è "a specific form of Holocaust denial, one which legitimates the pursuit of an anti-Jewish extermination policy".<ref>Matthias Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred: Islamism, Nazism and the Roots of 9/11'', trad. Colin Meade (New York: Telos Press, 2007), 118.</ref> In effetti, essendo arrivato a significare il più atroce dei mali, il termine nazista è una designazione attribuita a chiunque meriti moralmente l'annientamento. Mentre, come molti altri liberali di questo tipo, coloro che hanno firmato il documento sarebbero inorriditi dall'idea che una simile mossa sia antisemita, si crogiolano nella loro ipocrita indignazione morale, giudicando lo stato ebraico di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità. Cosa, ci chiediamo, si deve fare con uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità? Cosa è moralmente richiesto in una situazione del genere?
Odiare uno Stato è molto più comodo che odiare un essere umano. Uno Stato non è fatto di carne e sangue. Uno Stato non ha un volto che possa proibire l'omicidio. Si può "smantellare" uno Stato, ma non si può uccidere un essere umano, almeno non senza prima disumanizzarlo. Eppure lo smantellamento dello Stato ebraico, moralmente richiesto, si tradurrebbe inevitabilmente nell'assassinio di un numero incalcolabile di esseri umani, a cominciare dagli ebrei. L'antica patria degli ebrei, la Terra dell'Alleanza, è stata ristabilita non solo come Stato ebraico, ma come rifugio per gli ebrei che vivono in un mondo storicamente ostile agli ebrei. Nella sua forma antisionista, l'antisemitismo promuove l'abbandono degli ebrei a tale ostilità. È una forma comoda di antisemitismo. È di moda. In effetti, per chiunque etichetti Israele come razzista o colonialista, come violatore dei diritti umani o autore di crimini contro l'umanità, l'antisionismo è moralmente obbligatorio. Perché tutti questi epiteti sono sinonimi di male.
Questo mio Capitolo si concentrerà in generale sull'antisemitismo antisionista di sinistra, che è particolarmente preoccupante. La maggior parte delle persone se lo aspetta dai suprematisti bianchi e dai jihadisti islamici; anzi, coloro che si identificano come nazisti o jihadisti si vantano del loro odio per gli ebrei. Tuttavia, l'élite intellettuale di sinistra, nei campus e all'interno della cultura, è presumibilmente nota per la sua tolleranza liberale e la sua generosa longanimità. Ma prima consideriamo un po' il contesto storico dell'antisionismo.
L'attacco antisemita ai sionisti e al sionismo si ritrova nel discorso dell'ideologia nazionalsocialista fin dai primi giorni del Partito Nazista. Nel 1921 Alfred Rosenberg pubblicò la sua diatriba ''Der staatsfeindliche Zionismus'' (Sionismo: nemico dello Stato), in cui sosteneva che il sionismo fosse una strategia ebraica per il dominio del mondo. Già prima della formazione del Partito Nazista nel 1920, afferma Hitler, durante i suoi anni a Vienna (1907-1913) scoprì il "carattere nazionale degli ebrei" – ovvero il loro vero male – "nei sionisti".<ref>Adolf Hitler, ''Mein Kampf'', trad. {{en}} Ralph Manheim (Boston, MA: Houghton Mifflin, 1971), 56.</ref> Egli afferma:
{{citazione|Mentre i sionisti cercano di far credere al resto del mondo che la coscienza nazionale degli ebrei trovi la sua soddisfazione nella creazione di uno stato palestinese, gli ebrei, ancora una volta, ingannano astutamente gli stupidi ''goyim''. Non viene loro nemmeno in mente di costruire uno stato ebraico in Palestina per viverci; tutto ciò che vogliono è un'organizzazione centrale per la loro truffa internazionale.|''Ibid.'', 325 - mia trad.}}
Pertanto, "lo Stato ebraico", secondo il Führer, "è completamente illimitato in termini di territorio".<ref>''Ibid.'', 301.</ref> Né tale pensiero era confinato alla Germania nazista. Nel 1924, il politico polacco [[w:Roman Dmowski|Roman Dmowski]] (1864-1939) sostenne che l'obiettivo del sionismo fosse quello di creare "la base operativa per l'azione in tutto il mondo".<ref>Roman Dmowski, “The Jews and the War,” trad. Richard S. Levy, in Richard S. Levy, ed. ''Antisemitism in the Modern World: An Anthology of Texts'' (Lexington, MA: D. C. Heath and Company, 1991), 184.</ref> E le misure adottate per contrastare lo Stato ebraico dovevano essere altrettanto globali.
Ripetendo la caratterizzazione nazista del movimento sionista, Sayyid Qutb considerava lo Stato ebraico parte di una "cospirazione sionista universale; anzi, come Hitler, considerava il marxismo e il sionismo parte di un'unica cospirazione".<ref>Cfr. Ronald L. Nettler, ''Past Trials and Present Tribulations: A Muslim Fundamentalist’s View of the Jews'' (Oxford, UK: Pergamon, 1987), 49, 55.</ref> Risalente al diciannovesimo secolo, un'immagine familiare impiegata da nazisti e jihadisti per illustrare la minaccia sionista mostra una piovra con i suoi tentacoli mortali avvolti intorno all'intero globo, con una Stella di David incisa sulla testa.<ref>"A Short History of the Jewish/Zionist Octopus in Antisemitic Cartoons", ''Elder of Ziyon'', 20 aprile 2020.</ref> Quando nel dicembre 1948 i Fratelli Musulmani furono banditi in Egitto, il loro leader Hasan al-Banna incolpò il sionismo internazionale.<ref>Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred'', 54–55.</ref> Nel 1950, lo studioso islamico Abd al-Rahman Sami Ismat scrisse: "Gli ebrei e il sionismo sono come un albero malvagio. La sua radice è a New York, i suoi rami in tutto il mondo, le sue foglie sono gli ebrei – tutti loro, vecchi e giovani, maschi e femmine, senza eccezione, sono le sue foglie spinose e le sue spine avvelenate, e il veleno è rapido e mortale".<ref>Citato in Bernard Lewis, ''Semites and Anti-Semites: An Inquiry into Conflict and Prejudice'' (New York: W. W. Norton, 1986), 15 - mia trad.</ref> Anni dopo, il sistema di trasmissione Al-Manar di Hezbollah ha ripetutamente descritto "il conflitto israelo-palestinese come una parte fondamentale di uno sforzo più ampio per fermare il ‘cancro’ del sionismo".<ref>Avi Jorisch, ''Beacon of Hatred: Inside Hizballah’s Al-Manar Television'' (Washington, DC: Washington Institute for Near East Policy, 2004), 68.</ref> L'articolo trentadue della Carta di Allah di Hamas afferma: "Dopo la Palestina, i sionisti aspirano a espandersi dal Nilo all'Eufrate" e "il loro piano è incarnato nei ''Protocolli degli Anziani di Sion''".<ref>Citato in Dimitry Kapustyan e Matt Nelson, ''The Soul of Terror: The Worldwide Conflict Between Islamic Terrorism and the Modern World'' (Washington, DC: International Affairs Press, 2007), 147–148.</ref> Ancora una volta, quella che in realtà è la lotta degli antisionisti per controllare il mondo è presentata in termini di salvataggio di quel mondo.
Qui abbiamo un esempio archetipico di ciò che Neil Kressel chiama "''Protocols'' thinking", ovvero il pensiero che procede dalla premessa che lo Stato ebraico non sia altro che una base operativa da cui gli ebrei intendono governare nefastamente il mondo.<ref>Neil J. Kressel, ''“The Sons of Pigs and Apes”: Muslim Antisemitism and the Conspiracy of Silence'' (Washington, DC: Potomac Books, 2012), 41.</ref> Tale pensiero proietta gli ebrei nello stampo di una presenza malvagia, satanica e invisibile che si annida in tutta la creazione, seminando scompiglio e male. Il dominio globale che l'antisemita teme è la richiesta etica onnicomprensiva che emana dal Monte Sinai attraverso gli ebrei e nel mondo. In effetti, il ''Midrash'' afferma che Dio rivelò la Sua [[Torah]] al di fuori della Terra Santa, affinché gli ebrei non fossero così presuntuosi né le nazioni così compiacenti da pensare che si applicasse solo agli ebrei (''Mekilta de-Rabbi Ishmael, Bachodesh'' 5). L'antisemita antisionista non teme nulla più di questa esigenza etica trascendente e assoluta che incombe su ogni essere umano, sia dall'interno che dall'esterno, prima di ogni contingenza ontologica.
Osserva [[w:Rosemary Radford Ruether|Rosemary Radford Ruether]],: "There is no doubt that anti-Zionism has become a way of reviving the myth of the ‘perennial evil nature of the Jews’".<ref>Rosemary Radford Ruether, ''Faith and Fratricide: The Theological Roots of Anti-Semitism'' (New York: Seabury Press, 1974), 227.</ref> Analogamente, [[w:Walter Laqueur|Walter Laqueur]] ha sostenuto che "non esiste una linea di confine netta" tra antisemitismo e antisionismo.<ref>Walter Laqueur, ''The Changing Face of Antisemitism: From Ancient Times to the Present Day'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 2006), 7.</ref> Queste affermazioni, tuttavia, devono essere considerate nel contesto. Prima dell'Olocausto, [[Franz Rosenzweig]] poteva aggrapparsi alla speranza del dopoguerra che forse gli ebrei avrebbero trovato un posto nel mondo, dopotutto, e che forse non ci fosse bisogno del rifugio che solo lo Stato ebraico poteva offrire.<ref>Cfr. [[Franz Rosenzweig]], ''On Jewish Learning'', ed. N. N. Glatzer (New York: Schocken Books, 1955), 64.</ref> Nell'era post-Olocausto non può esserci una tale speranza. Poiché l'obiettivo del sionismo è quello di creare un rifugio per il popolo ebraico, in un mondo post-Olocausto gli antisionisti devono negare che l'Olocausto sia avvenuto o desiderare che accada di nuovo. Negare allo Stato ebraico il diritto di esistere significa negare al popolo ebraico il diritto di vivere. Persino l'affermazione che "Israele ha il diritto di esistere" sa di antisemitismo. Cina, India o Canada hanno forse il "diritto di esistere"? Nessun altro Paese deve costantemente difendere la necessità di garantire la propria stessa esistenza.
"Si può essere un ardente odiatore di Israele e, allo stesso tempo, non nutrire alcun rancore verso gli ebrei?", si chiede Kressel. "La risposta, credo, è no".<ref>Kressel, “The Sons of Pigs and Apes,” 187.</ref> Eppure "per nascondere il loro antisemitismo", sottolineano [[w:Dennis Prager|Dennis Prager]] e [[:en:w:Joseph Telushkin|Joseph Telushkin]], "i nemici degli ebrei usano quasi sempre la parola ‘sionista’ quando intendono gli ebrei".<ref>Dennis Prager e Joseph Telushkin, ''Why the Jews? The Reason for Antisemitism'' (New York: Simon & Schuster, 2003), 157 – mia trad.</ref> Il punto è sia nascondere il loro antisemitismo sia giustificarlo moralmente. Nella maggior parte dei casi, la manifestazione antisionista dell'antisemitismo è la più perfida perché, come sottolineano Prager e Telushkin, "è la prima forma di odio verso gli ebrei a negare di odiare gli ebrei".<ref>''Ibid.'', 155.</ref> Pertanto, non solo questa forma di odio verso gli ebrei nega di odiare gli ebrei, ma, ancora una volta, l'implicazione è che sia, ciononostante, moralmente obbligata a farlo.
[[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]] identifica tre livelli di antisionismo: primo, "Jews are not entitled to a nation-state of their own, a denial, in other words, of the right of Israel to exist". Secondo, "the existence of Israel is merely an aberration. It is responsible for all the evils of the world". Terzo, quello che Sacks chiama "the bridge from anti-Zionism to antisemitism" è la visione secondo cui "all Jews are Zionists; therefore all Jews are responsible for the sufferings caused by Israel; therefore all Jews are legitimate targets of attack".<ref>Jonathan Sacks, ''Future Tense: Jews, Judaism, and Israel in the Twenty-First Century'' (New York: Schocken Books, 2010), 97–98.</ref> La visione di Sacks è perspicace ma, a mio avviso, errata sotto un aspetto: nel contesto post-Olocausto non esiste un "ponte" dall'antisionismo all'antisemitismo: l'antisionismo è antisemita fin dall'inizio. Tuttavia, Sacks articola succintamente il genio insidioso dell'antisemitismo antisionista: "The Holocaust is the worst crime of human being against human being . . . . Israel behaves towards the Palestinians as the Nazis behaved towards Jews . . . . If, therefore, you oppose antisemitism – which, as a civilised human being, you must – you must oppose the state of Israel and all those who support it, who happen to be Jews".<ref>''Ibid.'', 101.</ref> Il paragone tra Israele e i nazisti è la chiave per comprendere la natura perniciosa dell'antisemitismo antisionista.
Facendo un simile paragone, osserva Robert Wistrich, "one is finally free to express in politically correct anti-Zionist language those sentiments that have not been entirely respectable among educated people since 1945 – namely dislike of Jews".<ref>Robert S. Wistrich, ''A Lethal Obsession: Antisemitism from Antiquity to the Global Jihad'' (New York: Random House, 2010), 630–631.</ref> Ciò che deve essere chiaro, tuttavia, è che l'amalgama precede l'accusa. Spiega [[:en:w:David Matas|David Matas]]: "Anti-Zionists move from opposition to Israel to charges against Israel rather than from wrongdoing by Israel to anti-Zionism... What matters is the condemnation itself. For anti-Zionists, the more repugnant the accusation made against Israel the better".<ref>David Matas, ''Aftershock: Anti-Zionism and Antisemitism'' (Toronto: Dundurn, 2005), 53.</ref> In altre parole, come tutti gli antisemiti, gli antisionisti si oppongono allo Stato ebraico non per le sue politiche, ma per la sua presenza. In effetti, qualunque sia il male attuale – razzismo, colonialismo, imperialismo, apartheid, pulizia etnica, crimini contro l'umanità o genocidio – gli antisionisti applicheranno l'etichetta allo Stato ebraico. Come gli antisemiti religiosi e laici del diciannovesimo secolo, gli antisionisti religiosi e laici condividono un'indignazione ipocrita per l'esistenza stessa dello Stato ebraico, proprio perché loro stessi sarebbero la misura morale dell'umanità.
=== Antisionismo e anti-Terra Santa ===
Mentre gli antisionisti di destra e i jihadisti vorrebbero usurpare o comunque appropriarsi della religione rivelata, gli intellettuali di sinistra considerano la religione rivelata una curiosità culturale o un oggetto di disprezzo. Abbiamo visto che l'oggetto dell'odio antisemita verso gli ebrei non sono solo gli ebrei, ma anche l'ebraismo che li rende ciò che sono. Per l'antisionista, l'oggetto di quell'odio non è solo l'"entità sionista", ma anche l'ebraismo che rende sacra la Terra Santa. Pertanto, se vogliamo comprendere cosa sia all'opera nell'odio antisionista verso gli ebrei, dobbiamo avere una certa comprensione della Terra Santa dell'Alleanza dal punto di vista dell'ebraismo che l'antisemita vorrebbe cancellare dal mondo. Qui scopriamo che l'antisemitismo dell'antisionista non è solo moralmente richiesto, ma anche ideologicamente necessario.
Dal punto di vista dell'ebraismo, la Terra Santa è santa non perché vi siano accaduti determinati eventi; piuttosto, certi eventi vi sono accaduti perché la Terra Santa è santa. Ciò significa che la sacralità dello Stato ebraico trascende i contesti storici e quindi conferisce significato a tali contesti. Si chiede Abraham Joshua Heschel: "What would be the face of Western history today, if the end of twentieth-century Jewish life would have been Bergen-Belsen, Dachau, Auschwitz? The State of Israel is not an atonement . . . . No act is as holy as the act of saving human life. The Holy Land, having offered haven to more than two million Jews, . . . has attained a new sanctity".<ref>Abraham Joshua Heschel, ''Israel: An Echo of Eternity'' (New York: Farrar, Straus and Giroux, 1969), 113. La stima 2025 della popolazione israeliana è di {{FORMATNUM:10094000}}, di cui [https://www.cbs.gov.il/en/mediarelease/Pages/2025/Israel-Independence-Day-2025.aspx 74% ca. sono ebrei].</ref> La Terra Santa ha raggiunto una rinnovata santità perché, come afferma [[Emmanuel Levinas]], "la Shoah ristabilisce il legame – che fino ad allora era stato incomprensibilmente nascosto – tra l'Israele di oggi e l'Israele della Bibbia".<ref>[[Emmanuel Levinas]], ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. {{en}} Sean Hand (Baltimore, MD: The Johns Hopkins University Press, 1990), 12 ― mia trad.</ref> L'oggetto dell'odio ebraico antisionista, come di ogni odio ebraico, è la Torah che rivela l'Alleanza della Terra e che "emana da Sion" ({{passo biblico2|Isaia|2:3}}; {{passo biblico2|Michea|4:2}}).
"Dobbiamo chiederci", scrive Emil Fackenheim, "se sia mai accaduto che, dopo due millenni, un popolo sia stato restituito alla sua lingua, al suo stato, alla sua terra. Senza un Libro – questo Libro – tale ritorno non avrebbe potuto avvenire. Questo è lo stupore comune che sta dietro a tutte le diversità religioso-secolari. Questa è l'esperienza comune che rende possibile un legame tra tutto Israele e la Torah".<ref>Emil L. Fackenheim, ''To Mend the World: Foundations of Post-Holocaust Jewish Thought'' (New York: Schocken Books, 1989), 328.</ref> Il desiderio antisemita di cancellare il Popolo del Libro dalla storia è un desiderio di cancellare la Torah stessa; senza il Popolo non c'è Torah, e senza la Torah non c'è Popolo, né Dio, né Israele. Scrive [[w:André Neher|André Neher]]:
{{citazione|Is not the State of Israel, in its very existence, a meta-state? And surely the [[Sorpresa|war launched against Israel on Yom Kippur, October 6, 1973]], was not only horizontal . . . . Zion, which is only a fragment of Jerusalem and the Land of Israel, is a word one can neither play around with, nor play tricks with, nor beat around the bush with. It is the key word of the “meta” of Jewish history. Through Zion, Zionism becomes bi-dimensional. The vertical is interlocked with the horizontal.|[[:en:w:André Neher|André Neher]], ''They Made Their Souls Anew'', trad. David Maisel (Albany, NY: SUNY Press, 1990), 58}}
Questa incursione del verticale nell'orizzontale è esattamente ciò contro cui si oppongono gli antisionisti. L'antisionismo è anti-Sion, il cui significato è rivelato dal profeta Michea, quando grida: "Poiché la Torah esce da Sion e la Parola di Dio da Gerusalemme" ({{passo biblico2|Michea|4:2}}). Se la Terra d'Israele non è la Terra Santa, allora la rivelazione sul Monte Sinai non ha alcun significato, la Torah non ha alcun significato e il popolo ebraico non ha alcun significato, questo è ciò che sostengono gli antisionisti. Se così fosse, allora l'assoluto divieto divino contro l'omicidio non avrebbe alcun significato.
Il divieto di omicidio e i comandamenti di amare il prossimo e lo straniero sono i comandamenti più fondamentali che collegano l'umanità sia a Dio che a Sion. Questo legame è ciò che rende Israele l’''Eretz HaKodesh'', la "Terra Santa". Lo Stato di Israele, insiste Levinas, "secondo la sua pura essenza [di santità], è possibile solo se penetrato dalla parola divina".<ref>[[Emmanuel Levinas]], "Zionisms", trad. Roland Lack, in Sean Hand, ed., ''The Levinas Reader'' (Oxford, UK: Basil Blackwell, 1989), 271.</ref> Poiché lo Stato di Israele è "penetrato dalla parola divina", ha un significato metafisico ineludibile, sia per gli ebrei che per le nazioni. E così, come afferma Levinas, "lo Stato d'Israele sarà religioso per l'intelligenza dei suoi grandi libri, che non è libero di dimenticare. Sarà religioso per l'azione stessa che lo istituisce come Stato. Sarà religioso o non sarà affatto".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 219.</ref> I libri sacri d'Israele, che gli antisemiti consegnano alle fiamme, fisicamente o filosoficamente, sono i contenitori della testimonianza che entra nel mondo attraverso il popolo ebraico e che emana da ''Eretz HaKodesh''.
Affermare che Gerusalemme rivesta un significato particolare per gli antisionisti di ogni tipo è un'ovvietà; si manifesta lungo uno spettro che va dalle obiezioni alla costruzione di scuole, case o ospedali israeliani all'interno di Gerusalemme alla richiesta di epurazione degli ebrei da Gerusalemme, dall'opposizione all'istituzione dell'ambasciata americana a Gerusalemme alla negazione che Gerusalemme sia la capitale dello Stato ebraico. Il significato di Gerusalemme nella coscienza religiosa ebraica fornisce una chiave per l'antisemitismo antisionista. Molte tradizioni parlano di una Gerusalemme celeste, denotando ancora una volta l'interconnessione tra verticale e orizzontale, ma non esiste una New York celeste, una Parigi celeste, né tantomeno una Roma celeste.
Gli ebrei non rivendicano Gerusalemme: Gerusalemme rivendica gli ebrei. Quando gli ebrei pregano il Santo, non si riferiscono mai a Gerusalemme come alla "nostra città", ma piuttosto come a ''irkha'', la "Tua città", cioè la città di Dio, invocando Dio come il ''Boneh Yerushalayim'', il "Costruttore di Gerusalemme". Come ''Boneh Yerushalayim'', Dio è lo ''Shokhen Yerushalayim'', "Colui che abita a Gerusalemme" (cfr. , ad esempio, {{passo biblico2|Salmi|135:21}}). Simbolizzando la luce di Dio e della Torah, Gerusalemme simboleggia la dimensione stessa dell'altezza che gli antisemiti antisionisti vorrebbero espellere da questo mondo. Mentre gli antisionisti bandirebbero gli ebrei da Gerusalemme, una comprensione ebraica del significato di Gerusalemme richiede un'apertura a ogni essere umano. Tale apertura è stata raggiunta solo da quando Gerusalemme è stata riunificata come capitale dello [[w:Guerra dei sei giorni|Stato ebraico nel 1967]]: da allora, chiunque venga in pace è libero di pregare nella Città Santa.<ref>Cosa non possibile prima del 1967.</ref> Le preghiere dell'umanità, e non solo degli ebrei, attraggono la santità del Santo nella Città Santa. Infatti, tramite Gerusalemme ognuno di noi è legato all'origine dell'umanità, ad Adamo e, attraverso Adamo, agli altri. "Nel luogo da cui fu presa la polvere di Adamo", sta scritto nel ''Tanna debe Eliyahu'', "lì fu costruito l'altare".<ref>''Tanna debe Eliyahu: The Lore of the School of Elijah'', trad. William G. Braude & Israel J. Kapstein (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1981), 411.</ref> In contrasto, basta guardare alla Mecca per capire cosa significhi il concetto di "città santa" nel mondo musulmano: è chiusa a tutti tranne che ai musulmani. Mentre la Mecca simboleggia la verità dell'Islam, Gerusalemme simboleggia la santità dell'umanità: questo è ciò che rende Gerusalemme la dimora di Dio. Questo è ciò che rende Gerusalemme la Città Santa.
Il Talmud narra che, dopo la distruzione del Secondo Tempio nel 70 EV, Dio esigette un giuramento dai Gentili e due giuramenti dagli Ebrei. I Gentili giurarono di non opprimere eccessivamente gli Ebrei. E gli Ebrei giurarono di non resistere ai loro persecutori, né di "scalare prematuramente il muro" per tornare a Gerusalemme (''Ketuvot'' 111a). Fackenheim era solito invocare questo passo ogni volta che parlava del ritorno degli ebrei nella Terra dell'Alleanza, in particolare del ritorno da Auschwitz a Gerusalemme. Che i [[w:goyim|gentili]] abbiano oppresso eccessivamente gli ebrei è evidente, così come lo è il fatto che molti di loro continuino a nutrire mire sterminatrici contro gli ebrei e lo Stato ebraico. Pertanto, la "prematura" scalata degli ebrei oltre le mura di Gerusalemme non avviene per sottrarsi ai loro persecutori, ma semplicemente per sottrarsi all'assassinio. I muri che gli ebrei hanno scalato per tornare a Gerusalemme sono gli stessi muri che gli antisionisti ricostruirebbero per tenere fuori gli ebrei.
Quale dovrebbe essere dunque la risposta ebraica all'antisemitismo antisionista, che significherebbe inevitabilmente la fine del popolo ebraico? La Torah ci avverte che "di fuori li priverà dei figli la spada, di dentro il terrore" ({{passo biblico2|Deuteronomio|32:25}}). In un commentario a questo passo biblico, il Talmud ci esorta a spostarci verso l'interno, sebbene anche lì il terrore minacci di privarci dei nostri figli (cfr. ''Bava Kama'' 60b). Avere una casa e un rifugio per il popolo ebraico non significa semplicemente sopravvivere: significa avere una comunità, un’''edah'', in ebraico, che è anche una "testimonianza", la testimonianza che gli antisemiti antisionisti vorrebbero epurare dal mondo. Significa testimoniare la santità dell'essere umano dall'interno del centro che comanda quella testimonianza. Significa una presenza ebraica a Gerusalemme e nella Terra Pattizia di Israele.
Levinas articola le implicazioni di questo terrore interno per una comprensione ebraica dell'antisemitismo antisionista affermando: "Non sentiamo qui... l'odore dei campi? La violenza non è più un fenomeno politico di guerra e pace, al di là di ogni moralità. È l'abisso di Auschwitz o il mondo in guerra... Bisogna tornare dentro, anche se dentro c'è terrore. Il fatto di Israele è forse unico? Non ha forse il suo pieno significato perché si applica a tutta l'umanità? Tutti gli uomini sono sul punto di trovarsi nella situazione dello Stato di Israele. Lo Stato di Israele è una categoria".<ref>''Ibid.'', 190–191.</ref> Quindi, dopo la [[Shoah]], afferma Levinas, "l'ebraismo non è più solo un insegnamento le cui tesi possono essere vere o false; l'esistenza ebraica stessa è un evento essenziale dell'essere; l'esistenza ebraica è una categoria dell'essere".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 183; corsivo nell'originale – mia trad.</ref> Applicandosi a tutta l'umanità, lo Stato di Israele è più di una "categoria dell'essere": è una categoria metafisica che rivela l'origine metafisica dell'antisemitismo nella sua manifestazione antisionista. Le diatribe degli antisemiti antisionisti puzzano dell'odore dei campi, e puzzano in modo ancora più disgustoso nelle ipocrite denunce contro gli israeliani, che trasudano dalle bocche dei cristiani e degli intellettuali liberali. In entrambi, scopriamo che le vecchie manifestazioni di odio per gli ebrei si rivelano eterne. L'antisionismo cristiano liberale ha implicazioni che fanno il gioco della teologia supersessionista. L'antisionismo intellettuale di sinistra è l'espressione di moda dell'odio per gli ebrei, riconducibile a ciò che abbiamo visto nell'Illuminismo e nel liberalismo socialista che ne è seguito.
=== L'indignazione morale dell'antisionismo di sinistra ===
=== "Are we going to do this ''again''?" ===
=== Antisionismo moralmente richiesto: Jihad islamica e la sinistra ===
{{clear}}
{{Immagine grande|May our eyes behold your return in mercy to Zion.jpg|1010px|Incisione di [[:en:w:Ephraim Moses Lilien|Ephraim Moses Lilien]], realizzata per il V Congresso Sionista, svoltosi a Basilea, in Svizzera, nel 1901. L'iscrizione in ebraico in basso è la preghiera: "Possano i nostri occhi contemplare il Tuo ritorno misericordioso a Sion" (dall’''[[w:Amidah|Amidah]]'').}}
== Note ==
[[File:Lieder des Ghetto 11.jpg|179px|right|"Zion" di Ephraim Moses Lilien (1903)]]
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie letteratura moderna}}
<div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div>
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[[Categoria:Connessioni|Capitolo 7]]
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== Antisionismo: un antisemitismo moralmente richiesto ==
Due eventi dell'ultimo secolo hanno scosso profondamente la storia ebraica, come anche la storia dell'umanità: l'Olocausto e la rinascita dello Stato ebraico. Dal punto di vista della tradizione sacra ebraica, entrambi gli eventi si inseriscono nella storia sacra ebraica. Se i racconti scaturiti dall'Olocausto possono essere considerati i racconti di una nuova Bibbia, come affermò [[Primo Levi]],<ref>[[Primo Levi]], ''Se questo è un uomo'', ''ad loc.''.</ref> lo stesso si potrebbe dire del racconto dello Stato ebraico nato nonostante l'Olocausto. "La speranza messianica è morta durante l'Olocausto", [[w:Emil Fackenheim|Emil Fackenheim]] articola una delle implicazioni di questa svolta degli eventi. "Lo Stato di Israele post-Olocausto l'ha resuscitata".<ref>Emil L. Fackenheim, ''What Is Judaism?'' (New York: Macmillan, 1987), 268–269.</ref> Se questa storia ha dimostrato qualcosa, ha dimostrato che uno Stato ebraico è indispensabile per qualsiasi speranza di futuro per il popolo ebraico. Questo cambiamento nella condizione ebraica è una caratteristica distintiva dell'era post-Olocausto, un'era oscurata da un antisionismo sterminazionista che getta la sua ombra su tutta l'umanità. È l'ombra di Auschwitz stessa. Proprio come la negazione di Auschwitz è una negazione del popolo ebraico come popolo con un passato, così l'opposizione all'esistenza dello Stato ebraico è un'opposizione al popolo ebraico come popolo con un futuro. E il futuro dell'umanità dipende dal futuro del popolo ebraico come popolo scelto per testimoniare la sacralità di ogni essere umano.
La manifestazione antisionista dell'antisemitismo è particolarmente insidiosa. Mentre l'odio per gli ebrei può essere politicamente impopolare – almeno ufficialmente – l'odio per lo Stato ebraico tra gli estremisti di destra, i jihadisti islamici e gli intellettuali di sinistra è diventato, in molti ambienti, non solo di moda, ma moralmente necessario. Né gli ebrei tra gli intellettuali di sinistra sono immuni da questa forma di antisemitismo moralmente necessaria. Nel giugno 2020, ad esempio, 400 studiosi di studi ebraici, desiderosi di essere riconosciuti come "buoni ebrei", hanno firmato un documento in cui denunciavano la proposta di Israele di estendere l'autorità civile sulle aree in cui vivono gli ebrei in Cisgiordania; hanno etichettato Israele come uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità, con l'implicazione che lo stato ebraico sia paragonabile al Reich nazista.<ref>Ben Sales, "400 Jewish Studies Scholars Denounce Israel as ‘Apartheid’ and a ‘Crime Against Humanity", ''Cleveland Jewish News'', 12 giugno 2020. Tra coloro che hanno firmato la dichiarazione figurano notabili come Zachary Braiterman, Steven Zipperstein, Marc Ellis, Paul Mendes-Flohr, Amos Goldberg, Elliot Wolfson, Alon Confino, Jonathan Judaken, Barry Holtz, Omer Bartov, Sidra DeKoven Ezrahi, Steven Jacobs, Robert Alter, e Susannah Heschel.</ref> Come sottolinea [[:en:w:Matthias Küntzel|Matthias Küntzel]], la proiezione del termine "nazista" sull'ebreo è "a specific form of Holocaust denial, one which legitimates the pursuit of an anti-Jewish extermination policy".<ref>Matthias Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred: Islamism, Nazism and the Roots of 9/11'', trad. Colin Meade (New York: Telos Press, 2007), 118.</ref> In effetti, essendo arrivato a significare il più atroce dei mali, il termine nazista è una designazione attribuita a chiunque meriti moralmente l'annientamento. Mentre, come molti altri liberali di questo tipo, coloro che hanno firmato il documento sarebbero inorriditi dall'idea che una simile mossa sia antisemita, si crogiolano nella loro ipocrita indignazione morale, giudicando lo stato ebraico di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità. Cosa, ci chiediamo, si deve fare con uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità? Cosa è moralmente richiesto in una situazione del genere?
Odiare uno Stato è molto più comodo che odiare un essere umano. Uno Stato non è fatto di carne e sangue. Uno Stato non ha un volto che possa proibire l'omicidio. Si può "smantellare" uno Stato, ma non si può uccidere un essere umano, almeno non senza prima disumanizzarlo. Eppure lo smantellamento dello Stato ebraico, moralmente richiesto, si tradurrebbe inevitabilmente nell'assassinio di un numero incalcolabile di esseri umani, a cominciare dagli ebrei. L'antica patria degli ebrei, la Terra dell'Alleanza, è stata ristabilita non solo come Stato ebraico, ma come rifugio per gli ebrei che vivono in un mondo storicamente ostile agli ebrei. Nella sua forma antisionista, l'antisemitismo promuove l'abbandono degli ebrei a tale ostilità. È una forma comoda di antisemitismo. È di moda. In effetti, per chiunque etichetti Israele come razzista o colonialista, come violatore dei diritti umani o autore di crimini contro l'umanità, l'antisionismo è moralmente obbligatorio. Perché tutti questi epiteti sono sinonimi di male.
Questo mio Capitolo si concentrerà in generale sull'antisemitismo antisionista di sinistra, che è particolarmente preoccupante. La maggior parte delle persone se lo aspetta dai suprematisti bianchi e dai jihadisti islamici; anzi, coloro che si identificano come nazisti o jihadisti si vantano del loro odio per gli ebrei. Tuttavia, l'élite intellettuale di sinistra, nei campus e all'interno della cultura, è presumibilmente nota per la sua tolleranza liberale e la sua generosa longanimità. Ma prima consideriamo un po' il contesto storico dell'antisionismo.
L'attacco antisemita ai sionisti e al sionismo si ritrova nel discorso dell'ideologia nazionalsocialista fin dai primi giorni del Partito Nazista. Nel 1921 Alfred Rosenberg pubblicò la sua diatriba ''Der staatsfeindliche Zionismus'' (Sionismo: nemico dello Stato), in cui sosteneva che il sionismo fosse una strategia ebraica per il dominio del mondo. Già prima della formazione del Partito Nazista nel 1920, afferma Hitler, durante i suoi anni a Vienna (1907-1913) scoprì il "carattere nazionale degli ebrei" – ovvero il loro vero male – "nei sionisti".<ref>Adolf Hitler, ''Mein Kampf'', trad. {{en}} Ralph Manheim (Boston, MA: Houghton Mifflin, 1971), 56.</ref> Egli afferma:
{{citazione|Mentre i sionisti cercano di far credere al resto del mondo che la coscienza nazionale degli ebrei trovi la sua soddisfazione nella creazione di uno stato palestinese, gli ebrei, ancora una volta, ingannano astutamente gli stupidi ''goyim''. Non viene loro nemmeno in mente di costruire uno stato ebraico in Palestina per viverci; tutto ciò che vogliono è un'organizzazione centrale per la loro truffa internazionale.|''Ibid.'', 325 - mia trad.}}
Pertanto, "lo Stato ebraico", secondo il Führer, "è completamente illimitato in termini di territorio".<ref>''Ibid.'', 301.</ref> Né tale pensiero era confinato alla Germania nazista. Nel 1924, il politico polacco [[w:Roman Dmowski|Roman Dmowski]] (1864-1939) sostenne che l'obiettivo del sionismo fosse quello di creare "la base operativa per l'azione in tutto il mondo".<ref>Roman Dmowski, “The Jews and the War,” trad. Richard S. Levy, in Richard S. Levy, ed. ''Antisemitism in the Modern World: An Anthology of Texts'' (Lexington, MA: D. C. Heath and Company, 1991), 184.</ref> E le misure adottate per contrastare lo Stato ebraico dovevano essere altrettanto globali.
Ripetendo la caratterizzazione nazista del movimento sionista, Sayyid Qutb considerava lo Stato ebraico parte di una "cospirazione sionista universale; anzi, come Hitler, considerava il marxismo e il sionismo parte di un'unica cospirazione".<ref>Cfr. Ronald L. Nettler, ''Past Trials and Present Tribulations: A Muslim Fundamentalist’s View of the Jews'' (Oxford, UK: Pergamon, 1987), 49, 55.</ref> Risalente al diciannovesimo secolo, un'immagine familiare impiegata da nazisti e jihadisti per illustrare la minaccia sionista mostra una piovra con i suoi tentacoli mortali avvolti intorno all'intero globo, con una Stella di David incisa sulla testa.<ref>"A Short History of the Jewish/Zionist Octopus in Antisemitic Cartoons", ''Elder of Ziyon'', 20 aprile 2020.</ref> Quando nel dicembre 1948 i Fratelli Musulmani furono banditi in Egitto, il loro leader Hasan al-Banna incolpò il sionismo internazionale.<ref>Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred'', 54–55.</ref> Nel 1950, lo studioso islamico Abd al-Rahman Sami Ismat scrisse: "Gli ebrei e il sionismo sono come un albero malvagio. La sua radice è a New York, i suoi rami in tutto il mondo, le sue foglie sono gli ebrei – tutti loro, vecchi e giovani, maschi e femmine, senza eccezione, sono le sue foglie spinose e le sue spine avvelenate, e il veleno è rapido e mortale".<ref>Citato in Bernard Lewis, ''Semites and Anti-Semites: An Inquiry into Conflict and Prejudice'' (New York: W. W. Norton, 1986), 15 - mia trad.</ref> Anni dopo, il sistema di trasmissione Al-Manar di Hezbollah ha ripetutamente descritto "il conflitto israelo-palestinese come una parte fondamentale di uno sforzo più ampio per fermare il ‘cancro’ del sionismo".<ref>Avi Jorisch, ''Beacon of Hatred: Inside Hizballah’s Al-Manar Television'' (Washington, DC: Washington Institute for Near East Policy, 2004), 68.</ref> L'articolo trentadue della Carta di Allah di Hamas afferma: "Dopo la Palestina, i sionisti aspirano a espandersi dal Nilo all'Eufrate" e "il loro piano è incarnato nei ''Protocolli degli Anziani di Sion''".<ref>Citato in Dimitry Kapustyan e Matt Nelson, ''The Soul of Terror: The Worldwide Conflict Between Islamic Terrorism and the Modern World'' (Washington, DC: International Affairs Press, 2007), 147–148.</ref> Ancora una volta, quella che in realtà è la lotta degli antisionisti per controllare il mondo è presentata in termini di salvataggio di quel mondo.
Qui abbiamo un esempio archetipico di ciò che Neil Kressel chiama "''Protocols'' thinking", ovvero il pensiero che procede dalla premessa che lo Stato ebraico non sia altro che una base operativa da cui gli ebrei intendono governare nefastamente il mondo.<ref>Neil J. Kressel, ''“The Sons of Pigs and Apes”: Muslim Antisemitism and the Conspiracy of Silence'' (Washington, DC: Potomac Books, 2012), 41.</ref> Tale pensiero proietta gli ebrei nello stampo di una presenza malvagia, satanica e invisibile che si annida in tutta la creazione, seminando scompiglio e male. Il dominio globale che l'antisemita teme è la richiesta etica onnicomprensiva che emana dal Monte Sinai attraverso gli ebrei e nel mondo. In effetti, il ''Midrash'' afferma che Dio rivelò la Sua [[Torah]] al di fuori della Terra Santa, affinché gli ebrei non fossero così presuntuosi né le nazioni così compiacenti da pensare che si applicasse solo agli ebrei (''Mekilta de-Rabbi Ishmael, Bachodesh'' 5). L'antisemita antisionista non teme nulla più di questa esigenza etica trascendente e assoluta che incombe su ogni essere umano, sia dall'interno che dall'esterno, prima di ogni contingenza ontologica.
Osserva [[w:Rosemary Radford Ruether|Rosemary Radford Ruether]],: "There is no doubt that anti-Zionism has become a way of reviving the myth of the ‘perennial evil nature of the Jews’".<ref>Rosemary Radford Ruether, ''Faith and Fratricide: The Theological Roots of Anti-Semitism'' (New York: Seabury Press, 1974), 227.</ref> Analogamente, [[w:Walter Laqueur|Walter Laqueur]] ha sostenuto che "non esiste una linea di confine netta" tra antisemitismo e antisionismo.<ref>Walter Laqueur, ''The Changing Face of Antisemitism: From Ancient Times to the Present Day'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 2006), 7.</ref> Queste affermazioni, tuttavia, devono essere considerate nel contesto. Prima dell'Olocausto, [[Franz Rosenzweig]] poteva aggrapparsi alla speranza del dopoguerra che forse gli ebrei avrebbero trovato un posto nel mondo, dopotutto, e che forse non ci fosse bisogno del rifugio che solo lo Stato ebraico poteva offrire.<ref>Cfr. [[Franz Rosenzweig]], ''On Jewish Learning'', ed. N. N. Glatzer (New York: Schocken Books, 1955), 64.</ref> Nell'era post-Olocausto non può esserci una tale speranza. Poiché l'obiettivo del sionismo è quello di creare un rifugio per il popolo ebraico, in un mondo post-Olocausto gli antisionisti devono negare che l'Olocausto sia avvenuto o desiderare che accada di nuovo. Negare allo Stato ebraico il diritto di esistere significa negare al popolo ebraico il diritto di vivere. Persino l'affermazione che "Israele ha il diritto di esistere" sa di antisemitismo. Cina, India o Canada hanno forse il "diritto di esistere"? Nessun altro Paese deve costantemente difendere la necessità di garantire la propria stessa esistenza.
"Si può essere un ardente odiatore di Israele e, allo stesso tempo, non nutrire alcun rancore verso gli ebrei?", si chiede Kressel. "La risposta, credo, è no".<ref>Kressel, “The Sons of Pigs and Apes,” 187.</ref> Eppure "per nascondere il loro antisemitismo", sottolineano [[w:Dennis Prager|Dennis Prager]] e [[:en:w:Joseph Telushkin|Joseph Telushkin]], "i nemici degli ebrei usano quasi sempre la parola ‘sionista’ quando intendono gli ebrei".<ref>Dennis Prager e Joseph Telushkin, ''Why the Jews? The Reason for Antisemitism'' (New York: Simon & Schuster, 2003), 157 – mia trad.</ref> Il punto è sia nascondere il loro antisemitismo sia giustificarlo moralmente. Nella maggior parte dei casi, la manifestazione antisionista dell'antisemitismo è la più perfida perché, come sottolineano Prager e Telushkin, "è la prima forma di odio verso gli ebrei a negare di odiare gli ebrei".<ref>''Ibid.'', 155.</ref> Pertanto, non solo questa forma di odio verso gli ebrei nega di odiare gli ebrei, ma, ancora una volta, l'implicazione è che sia, ciononostante, moralmente obbligata a farlo.
[[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]] identifica tre livelli di antisionismo: primo, "Jews are not entitled to a nation-state of their own, a denial, in other words, of the right of Israel to exist". Secondo, "the existence of Israel is merely an aberration. It is responsible for all the evils of the world". Terzo, quello che Sacks chiama "the bridge from anti-Zionism to antisemitism" è la visione secondo cui "all Jews are Zionists; therefore all Jews are responsible for the sufferings caused by Israel; therefore all Jews are legitimate targets of attack".<ref>Jonathan Sacks, ''Future Tense: Jews, Judaism, and Israel in the Twenty-First Century'' (New York: Schocken Books, 2010), 97–98.</ref> La visione di Sacks è perspicace ma, a mio avviso, errata sotto un aspetto: nel contesto post-Olocausto non esiste un "ponte" dall'antisionismo all'antisemitismo: l'antisionismo è antisemita fin dall'inizio. Tuttavia, Sacks articola succintamente il genio insidioso dell'antisemitismo antisionista: "The Holocaust is the worst crime of human being against human being . . . . Israel behaves towards the Palestinians as the Nazis behaved towards Jews . . . . If, therefore, you oppose antisemitism – which, as a civilised human being, you must – you must oppose the state of Israel and all those who support it, who happen to be Jews".<ref>''Ibid.'', 101.</ref> Il paragone tra Israele e i nazisti è la chiave per comprendere la natura perniciosa dell'antisemitismo antisionista.
Facendo un simile paragone, osserva Robert Wistrich, "one is finally free to express in politically correct anti-Zionist language those sentiments that have not been entirely respectable among educated people since 1945 – namely dislike of Jews".<ref>Robert S. Wistrich, ''A Lethal Obsession: Antisemitism from Antiquity to the Global Jihad'' (New York: Random House, 2010), 630–631.</ref> Ciò che deve essere chiaro, tuttavia, è che l'amalgama precede l'accusa. Spiega [[:en:w:David Matas|David Matas]]: "Anti-Zionists move from opposition to Israel to charges against Israel rather than from wrongdoing by Israel to anti-Zionism... What matters is the condemnation itself. For anti-Zionists, the more repugnant the accusation made against Israel the better".<ref>David Matas, ''Aftershock: Anti-Zionism and Antisemitism'' (Toronto: Dundurn, 2005), 53.</ref> In altre parole, come tutti gli antisemiti, gli antisionisti si oppongono allo Stato ebraico non per le sue politiche, ma per la sua presenza. In effetti, qualunque sia il male attuale – razzismo, colonialismo, imperialismo, apartheid, pulizia etnica, crimini contro l'umanità o genocidio – gli antisionisti applicheranno l'etichetta allo Stato ebraico. Come gli antisemiti religiosi e laici del diciannovesimo secolo, gli antisionisti religiosi e laici condividono un'indignazione ipocrita per l'esistenza stessa dello Stato ebraico, proprio perché loro stessi sarebbero la misura morale dell'umanità.
=== Antisionismo e anti-Terra Santa ===
Mentre gli antisionisti di destra e i jihadisti vorrebbero usurpare o comunque appropriarsi della religione rivelata, gli intellettuali di sinistra considerano la religione rivelata una curiosità culturale o un oggetto di disprezzo. Abbiamo visto che l'oggetto dell'odio antisemita verso gli ebrei non sono solo gli ebrei, ma anche l'ebraismo che li rende ciò che sono. Per l'antisionista, l'oggetto di quell'odio non è solo l'"entità sionista", ma anche l'ebraismo che rende sacra la Terra Santa. Pertanto, se vogliamo comprendere cosa sia all'opera nell'odio antisionista verso gli ebrei, dobbiamo avere una certa comprensione della Terra Santa dell'Alleanza dal punto di vista dell'ebraismo che l'antisemita vorrebbe cancellare dal mondo. Qui scopriamo che l'antisemitismo dell'antisionista non è solo moralmente richiesto, ma anche ideologicamente necessario.
Dal punto di vista dell'ebraismo, la Terra Santa è santa non perché vi siano accaduti determinati eventi; piuttosto, certi eventi vi sono accaduti perché la Terra Santa è santa. Ciò significa che la sacralità dello Stato ebraico trascende i contesti storici e quindi conferisce significato a tali contesti. Si chiede Abraham Joshua Heschel: "What would be the face of Western history today, if the end of twentieth-century Jewish life would have been Bergen-Belsen, Dachau, Auschwitz? The State of Israel is not an atonement . . . . No act is as holy as the act of saving human life. The Holy Land, having offered haven to more than two million Jews, . . . has attained a new sanctity".<ref>Abraham Joshua Heschel, ''Israel: An Echo of Eternity'' (New York: Farrar, Straus and Giroux, 1969), 113. La stima 2025 della popolazione israeliana è di {{FORMATNUM:10094000}}, di cui [https://www.cbs.gov.il/en/mediarelease/Pages/2025/Israel-Independence-Day-2025.aspx 74% ca. sono ebrei].</ref> La Terra Santa ha raggiunto una rinnovata santità perché, come afferma [[Emmanuel Levinas]], "la Shoah ristabilisce il legame – che fino ad allora era stato incomprensibilmente nascosto – tra l'Israele di oggi e l'Israele della Bibbia".<ref>[[Emmanuel Levinas]], ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. {{en}} Sean Hand (Baltimore, MD: The Johns Hopkins University Press, 1990), 12 ― mia trad.</ref> L'oggetto dell'odio ebraico antisionista, come di ogni odio ebraico, è la Torah che rivela l'Alleanza della Terra e che "emana da Sion" ({{passo biblico2|Isaia|2:3}}; {{passo biblico2|Michea|4:2}}).
"Dobbiamo chiederci", scrive Emil Fackenheim, "se sia mai accaduto che, dopo due millenni, un popolo sia stato restituito alla sua lingua, al suo stato, alla sua terra. Senza un Libro – questo Libro – tale ritorno non avrebbe potuto avvenire. Questo è lo stupore comune che sta dietro a tutte le diversità religioso-secolari. Questa è l'esperienza comune che rende possibile un legame tra tutto Israele e la Torah".<ref>Emil L. Fackenheim, ''To Mend the World: Foundations of Post-Holocaust Jewish Thought'' (New York: Schocken Books, 1989), 328.</ref> Il desiderio antisemita di cancellare il Popolo del Libro dalla storia è un desiderio di cancellare la Torah stessa; senza il Popolo non c'è Torah, e senza la Torah non c'è Popolo, né Dio, né Israele. Scrive [[w:André Neher|André Neher]]:
{{citazione|Is not the State of Israel, in its very existence, a meta-state? And surely the [[Sorpresa|war launched against Israel on Yom Kippur, October 6, 1973]], was not only horizontal . . . . Zion, which is only a fragment of Jerusalem and the Land of Israel, is a word one can neither play around with, nor play tricks with, nor beat around the bush with. It is the key word of the “meta” of Jewish history. Through Zion, Zionism becomes bi-dimensional. The vertical is interlocked with the horizontal.|[[:en:w:André Neher|André Neher]], ''They Made Their Souls Anew'', trad. David Maisel (Albany, NY: SUNY Press, 1990), 58}}
Questa incursione del verticale nell'orizzontale è esattamente ciò contro cui si oppongono gli antisionisti. L'antisionismo è anti-Sion, il cui significato è rivelato dal profeta Michea, quando grida: "Poiché la Torah esce da Sion e la Parola di Dio da Gerusalemme" ({{passo biblico2|Michea|4:2}}). Se la Terra d'Israele non è la Terra Santa, allora la rivelazione sul Monte Sinai non ha alcun significato, la Torah non ha alcun significato e il popolo ebraico non ha alcun significato, questo è ciò che sostengono gli antisionisti. Se così fosse, allora l'assoluto divieto divino contro l'omicidio non avrebbe alcun significato.
Il divieto di omicidio e i comandamenti di amare il prossimo e lo straniero sono i comandamenti più fondamentali che collegano l'umanità sia a Dio che a Sion. Questo legame è ciò che rende Israele l’''Eretz HaKodesh'', la "Terra Santa". Lo Stato di Israele, insiste Levinas, "secondo la sua pura essenza [di santità], è possibile solo se penetrato dalla parola divina".<ref>[[Emmanuel Levinas]], "Zionisms", trad. Roland Lack, in Sean Hand, ed., ''The Levinas Reader'' (Oxford, UK: Basil Blackwell, 1989), 271.</ref> Poiché lo Stato di Israele è "penetrato dalla parola divina", ha un significato metafisico ineludibile, sia per gli ebrei che per le nazioni. E così, come afferma Levinas, "lo Stato d'Israele sarà religioso per l'intelligenza dei suoi grandi libri, che non è libero di dimenticare. Sarà religioso per l'azione stessa che lo istituisce come Stato. Sarà religioso o non sarà affatto".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 219.</ref> I libri sacri d'Israele, che gli antisemiti consegnano alle fiamme, fisicamente o filosoficamente, sono i contenitori della testimonianza che entra nel mondo attraverso il popolo ebraico e che emana da ''Eretz HaKodesh''.
Affermare che Gerusalemme rivesta un significato particolare per gli antisionisti di ogni tipo è un'ovvietà; si manifesta lungo uno spettro che va dalle obiezioni alla costruzione di scuole, case o ospedali israeliani all'interno di Gerusalemme alla richiesta di epurazione degli ebrei da Gerusalemme, dall'opposizione all'istituzione dell'ambasciata americana a Gerusalemme alla negazione che Gerusalemme sia la capitale dello Stato ebraico. Il significato di Gerusalemme nella coscienza religiosa ebraica fornisce una chiave per l'antisemitismo antisionista. Molte tradizioni parlano di una Gerusalemme celeste, denotando ancora una volta l'interconnessione tra verticale e orizzontale, ma non esiste una New York celeste, una Parigi celeste, né tantomeno una Roma celeste.
Gli ebrei non rivendicano Gerusalemme: Gerusalemme rivendica gli ebrei. Quando gli ebrei pregano il Santo, non si riferiscono mai a Gerusalemme come alla "nostra città", ma piuttosto come a ''irkha'', la "Tua città", cioè la città di Dio, invocando Dio come il ''Boneh Yerushalayim'', il "Costruttore di Gerusalemme". Come ''Boneh Yerushalayim'', Dio è lo ''Shokhen Yerushalayim'', "Colui che abita a Gerusalemme" (cfr. , ad esempio, {{passo biblico2|Salmi|135:21}}). Simbolizzando la luce di Dio e della Torah, Gerusalemme simboleggia la dimensione stessa dell'altezza che gli antisemiti antisionisti vorrebbero espellere da questo mondo. Mentre gli antisionisti bandirebbero gli ebrei da Gerusalemme, una comprensione ebraica del significato di Gerusalemme richiede un'apertura a ogni essere umano. Tale apertura è stata raggiunta solo da quando Gerusalemme è stata riunificata come capitale dello [[w:Guerra dei sei giorni|Stato ebraico nel 1967]]: da allora, chiunque venga in pace è libero di pregare nella Città Santa.<ref>Cosa non possibile prima del 1967.</ref> Le preghiere dell'umanità, e non solo degli ebrei, attraggono la santità del Santo nella Città Santa. Infatti, tramite Gerusalemme ognuno di noi è legato all'origine dell'umanità, ad Adamo e, attraverso Adamo, agli altri. "Nel luogo da cui fu presa la polvere di Adamo", sta scritto nel ''Tanna debe Eliyahu'', "lì fu costruito l'altare".<ref>''Tanna debe Eliyahu: The Lore of the School of Elijah'', trad. William G. Braude & Israel J. Kapstein (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1981), 411.</ref> In contrasto, basta guardare alla Mecca per capire cosa significhi il concetto di "città santa" nel mondo musulmano: è chiusa a tutti tranne che ai musulmani. Mentre la Mecca simboleggia la verità dell'Islam, Gerusalemme simboleggia la santità dell'umanità: questo è ciò che rende Gerusalemme la dimora di Dio. Questo è ciò che rende Gerusalemme la Città Santa.
Il Talmud narra che, dopo la distruzione del Secondo Tempio nel 70 EV, Dio esigette un giuramento dai Gentili e due giuramenti dagli Ebrei. I Gentili giurarono di non opprimere eccessivamente gli Ebrei. E gli Ebrei giurarono di non resistere ai loro persecutori, né di "scalare prematuramente il muro" per tornare a Gerusalemme (''Ketuvot'' 111a). Fackenheim era solito invocare questo passo ogni volta che parlava del ritorno degli ebrei nella Terra dell'Alleanza, in particolare del ritorno da Auschwitz a Gerusalemme. Che i [[w:goyim|gentili]] abbiano oppresso eccessivamente gli ebrei è evidente, così come lo è il fatto che molti di loro continuino a nutrire mire sterminatrici contro gli ebrei e lo Stato ebraico. Pertanto, la "prematura" scalata degli ebrei oltre le mura di Gerusalemme non avviene per sottrarsi ai loro persecutori, ma semplicemente per sottrarsi all'assassinio. I muri che gli ebrei hanno scalato per tornare a Gerusalemme sono gli stessi muri che gli antisionisti ricostruirebbero per tenere fuori gli ebrei.
Quale dovrebbe essere dunque la risposta ebraica all'antisemitismo antisionista, che significherebbe inevitabilmente la fine del popolo ebraico? La Torah ci avverte che "di fuori li priverà dei figli la spada, di dentro il terrore" ({{passo biblico2|Deuteronomio|32:25}}). In un commentario a questo passo biblico, il Talmud ci esorta a spostarci verso l'interno, sebbene anche lì il terrore minacci di privarci dei nostri figli (cfr. ''Bava Kama'' 60b). Avere una casa e un rifugio per il popolo ebraico non significa semplicemente sopravvivere: significa avere una comunità, un’''edah'', in ebraico, che è anche una "testimonianza", la testimonianza che gli antisemiti antisionisti vorrebbero epurare dal mondo. Significa testimoniare la santità dell'essere umano dall'interno del centro che comanda quella testimonianza. Significa una presenza ebraica a Gerusalemme e nella Terra Pattizia di Israele.
Levinas articola le implicazioni di questo terrore interno per una comprensione ebraica dell'antisemitismo antisionista affermando: "Non sentiamo qui... l'odore dei campi? La violenza non è più un fenomeno politico di guerra e pace, al di là di ogni moralità. È l'abisso di Auschwitz o il mondo in guerra... Bisogna tornare dentro, anche se dentro c'è terrore. Il fatto di Israele è forse unico? Non ha forse il suo pieno significato perché si applica a tutta l'umanità? Tutti gli uomini sono sul punto di trovarsi nella situazione dello Stato di Israele. Lo Stato di Israele è una categoria".<ref>''Ibid.'', 190–191.</ref> Quindi, dopo la [[Shoah]], afferma Levinas, "l’ebraismo non è più solo un insegnamento le cui tesi possono essere vere o false; ''l’esistenza ebraica stessa è un evento essenziale dell’essere; l’esistenza ebraica è una categoria dell'essere''".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 183; corsivo nell'originale – mia trad.</ref> Applicandosi a tutta l'umanità, lo Stato di Israele è più di una "categoria dell'essere": è una categoria ''metafisica'' che rivela l'origine metafisica dell'antisemitismo nella sua manifestazione antisionista. Le diatribe degli antisemiti antisionisti puzzano dell'odore dei campi, e puzzano in modo ancora più disgustoso nelle ipocrite denunce contro gli israeliani, che trasudano dalle bocche dei cristiani e degli intellettuali liberali. In entrambi, scopriamo che le vecchie manifestazioni di odio per gli ebrei si rivelano eterne. L'antisionismo cristiano liberale ha implicazioni che fanno il gioco della teologia supersessionista. L'antisionismo intellettuale di sinistra è l'espressione di moda dell'odio per gli ebrei, riconducibile a ciò che abbiamo visto nell'Illuminismo e nel liberalismo socialista che ne è seguito.
=== L'indignazione morale dell'antisionismo di sinistra ===
=== "Are we going to do this ''again''?" ===
=== Antisionismo moralmente richiesto: Jihad islamica e la sinistra ===
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{{Immagine grande|May our eyes behold your return in mercy to Zion.jpg|1010px|Incisione di [[:en:w:Ephraim Moses Lilien|Ephraim Moses Lilien]], realizzata per il V Congresso Sionista, svoltosi a Basilea, in Svizzera, nel 1901. L'iscrizione in ebraico in basso è la preghiera: "Possano i nostri occhi contemplare il Tuo ritorno misericordioso a Sion" (dall’''[[w:Amidah|Amidah]]'').}}
== Note ==
[[File:Lieder des Ghetto 11.jpg|179px|right|"Zion" di Ephraim Moses Lilien (1903)]]
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie letteratura moderna}}
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[[Categoria:Connessioni|Capitolo 7]]
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== Antisionismo: un antisemitismo moralmente richiesto ==
Due eventi dell'ultimo secolo hanno scosso profondamente la storia ebraica, come anche la storia dell'umanità: l'Olocausto e la rinascita dello Stato ebraico. Dal punto di vista della tradizione sacra ebraica, entrambi gli eventi si inseriscono nella storia sacra ebraica. Se i racconti scaturiti dall'Olocausto possono essere considerati i racconti di una nuova Bibbia, come affermò [[Primo Levi]],<ref>[[Primo Levi]], ''Se questo è un uomo'', ''ad loc.''.</ref> lo stesso si potrebbe dire del racconto dello Stato ebraico nato nonostante l'Olocausto. "La speranza messianica è morta durante l'Olocausto", [[w:Emil Fackenheim|Emil Fackenheim]] articola una delle implicazioni di questa svolta degli eventi. "Lo Stato di Israele post-Olocausto l'ha resuscitata".<ref>Emil L. Fackenheim, ''What Is Judaism?'' (New York: Macmillan, 1987), 268–269.</ref> Se questa storia ha dimostrato qualcosa, ha dimostrato che uno Stato ebraico è indispensabile per qualsiasi speranza di futuro per il popolo ebraico. Questo cambiamento nella condizione ebraica è una caratteristica distintiva dell'era post-Olocausto, un'era oscurata da un antisionismo sterminazionista che getta la sua ombra su tutta l'umanità. È l'ombra di Auschwitz stessa. Proprio come la negazione di Auschwitz è una negazione del popolo ebraico come popolo con un passato, così l'opposizione all'esistenza dello Stato ebraico è un'opposizione al popolo ebraico come popolo con un futuro. E il futuro dell'umanità dipende dal futuro del popolo ebraico come popolo scelto per testimoniare la sacralità di ogni essere umano.
La manifestazione antisionista dell'antisemitismo è particolarmente insidiosa. Mentre l'odio per gli ebrei può essere politicamente impopolare – almeno ufficialmente – l'odio per lo Stato ebraico tra gli estremisti di destra, i jihadisti islamici e gli intellettuali di sinistra è diventato, in molti ambienti, non solo di moda, ma moralmente necessario. Né gli ebrei tra gli intellettuali di sinistra sono immuni da questa forma di antisemitismo moralmente necessaria. Nel giugno 2020, ad esempio, 400 studiosi di studi ebraici, desiderosi di essere riconosciuti come "buoni ebrei", hanno firmato un documento in cui denunciavano la proposta di Israele di estendere l'autorità civile sulle aree in cui vivono gli ebrei in Cisgiordania; hanno etichettato Israele come uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità, con l'implicazione che lo stato ebraico sia paragonabile al Reich nazista.<ref>Ben Sales, "400 Jewish Studies Scholars Denounce Israel as ‘Apartheid’ and a ‘Crime Against Humanity", ''Cleveland Jewish News'', 12 giugno 2020. Tra coloro che hanno firmato la dichiarazione figurano notabili come Zachary Braiterman, Steven Zipperstein, Marc Ellis, Paul Mendes-Flohr, Amos Goldberg, Elliot Wolfson, Alon Confino, Jonathan Judaken, Barry Holtz, Omer Bartov, Sidra DeKoven Ezrahi, Steven Jacobs, Robert Alter, e Susannah Heschel.</ref> Come sottolinea [[:en:w:Matthias Küntzel|Matthias Küntzel]], la proiezione del termine "nazista" sull'ebreo è "a specific form of Holocaust denial, one which legitimates the pursuit of an anti-Jewish extermination policy".<ref>Matthias Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred: Islamism, Nazism and the Roots of 9/11'', trad. Colin Meade (New York: Telos Press, 2007), 118.</ref> In effetti, essendo arrivato a significare il più atroce dei mali, il termine nazista è una designazione attribuita a chiunque meriti moralmente l'annientamento. Mentre, come molti altri liberali di questo tipo, coloro che hanno firmato il documento sarebbero inorriditi dall'idea che una simile mossa sia antisemita, si crogiolano nella loro ipocrita indignazione morale, giudicando lo stato ebraico di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità. Cosa, ci chiediamo, si deve fare con uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità? Cosa è moralmente richiesto in una situazione del genere?
Odiare uno Stato è molto più comodo che odiare un essere umano. Uno Stato non è fatto di carne e sangue. Uno Stato non ha un volto che possa proibire l'omicidio. Si può "smantellare" uno Stato, ma non si può uccidere un essere umano, almeno non senza prima disumanizzarlo. Eppure lo smantellamento dello Stato ebraico, moralmente richiesto, si tradurrebbe inevitabilmente nell'assassinio di un numero incalcolabile di esseri umani, a cominciare dagli ebrei. L'antica patria degli ebrei, la Terra dell'Alleanza, è stata ristabilita non solo come Stato ebraico, ma come rifugio per gli ebrei che vivono in un mondo storicamente ostile agli ebrei. Nella sua forma antisionista, l'antisemitismo promuove l'abbandono degli ebrei a tale ostilità. È una forma comoda di antisemitismo. È di moda. In effetti, per chiunque etichetti Israele come razzista o colonialista, come violatore dei diritti umani o autore di crimini contro l'umanità, l'antisionismo è moralmente obbligatorio. Perché tutti questi epiteti sono sinonimi di male.
Questo mio Capitolo si concentrerà in generale sull'antisemitismo antisionista di sinistra, che è particolarmente preoccupante. La maggior parte delle persone se lo aspetta dai suprematisti bianchi e dai jihadisti islamici; anzi, coloro che si identificano come nazisti o jihadisti si vantano del loro odio per gli ebrei. Tuttavia, l'élite intellettuale di sinistra, nei campus e all'interno della cultura, è presumibilmente nota per la sua tolleranza liberale e la sua generosa longanimità. Ma prima consideriamo un po' il contesto storico dell'antisionismo.
L'attacco antisemita ai sionisti e al sionismo si ritrova nel discorso dell'ideologia nazionalsocialista fin dai primi giorni del Partito Nazista. Nel 1921 Alfred Rosenberg pubblicò la sua diatriba ''Der staatsfeindliche Zionismus'' (Sionismo: nemico dello Stato), in cui sosteneva che il sionismo fosse una strategia ebraica per il dominio del mondo. Già prima della formazione del Partito Nazista nel 1920, afferma Hitler, durante i suoi anni a Vienna (1907-1913) scoprì il "carattere nazionale degli ebrei" – ovvero il loro vero male – "nei sionisti".<ref>Adolf Hitler, ''Mein Kampf'', trad. {{en}} Ralph Manheim (Boston, MA: Houghton Mifflin, 1971), 56.</ref> Egli afferma:
{{citazione|Mentre i sionisti cercano di far credere al resto del mondo che la coscienza nazionale degli ebrei trovi la sua soddisfazione nella creazione di uno stato palestinese, gli ebrei, ancora una volta, ingannano astutamente gli stupidi ''goyim''. Non viene loro nemmeno in mente di costruire uno stato ebraico in Palestina per viverci; tutto ciò che vogliono è un'organizzazione centrale per la loro truffa internazionale.|''Ibid.'', 325 - mia trad.}}
Pertanto, "lo Stato ebraico", secondo il Führer, "è completamente illimitato in termini di territorio".<ref>''Ibid.'', 301.</ref> Né tale pensiero era confinato alla Germania nazista. Nel 1924, il politico polacco [[w:Roman Dmowski|Roman Dmowski]] (1864-1939) sostenne che l'obiettivo del sionismo fosse quello di creare "la base operativa per l'azione in tutto il mondo".<ref>Roman Dmowski, “The Jews and the War,” trad. Richard S. Levy, in Richard S. Levy, ed. ''Antisemitism in the Modern World: An Anthology of Texts'' (Lexington, MA: D. C. Heath and Company, 1991), 184.</ref> E le misure adottate per contrastare lo Stato ebraico dovevano essere altrettanto globali.
Ripetendo la caratterizzazione nazista del movimento sionista, Sayyid Qutb considerava lo Stato ebraico parte di una "cospirazione sionista universale; anzi, come Hitler, considerava il marxismo e il sionismo parte di un'unica cospirazione".<ref>Cfr. Ronald L. Nettler, ''Past Trials and Present Tribulations: A Muslim Fundamentalist’s View of the Jews'' (Oxford, UK: Pergamon, 1987), 49, 55.</ref> Risalente al diciannovesimo secolo, un'immagine familiare impiegata da nazisti e jihadisti per illustrare la minaccia sionista mostra una piovra con i suoi tentacoli mortali avvolti intorno all'intero globo, con una Stella di David incisa sulla testa.<ref>"A Short History of the Jewish/Zionist Octopus in Antisemitic Cartoons", ''Elder of Ziyon'', 20 aprile 2020.</ref> Quando nel dicembre 1948 i Fratelli Musulmani furono banditi in Egitto, il loro leader Hasan al-Banna incolpò il sionismo internazionale.<ref>Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred'', 54–55.</ref> Nel 1950, lo studioso islamico Abd al-Rahman Sami Ismat scrisse: "Gli ebrei e il sionismo sono come un albero malvagio. La sua radice è a New York, i suoi rami in tutto il mondo, le sue foglie sono gli ebrei – tutti loro, vecchi e giovani, maschi e femmine, senza eccezione, sono le sue foglie spinose e le sue spine avvelenate, e il veleno è rapido e mortale".<ref>Citato in Bernard Lewis, ''Semites and Anti-Semites: An Inquiry into Conflict and Prejudice'' (New York: W. W. Norton, 1986), 15 - mia trad.</ref> Anni dopo, il sistema di trasmissione Al-Manar di Hezbollah ha ripetutamente descritto "il conflitto israelo-palestinese come una parte fondamentale di uno sforzo più ampio per fermare il ‘cancro’ del sionismo".<ref>Avi Jorisch, ''Beacon of Hatred: Inside Hizballah’s Al-Manar Television'' (Washington, DC: Washington Institute for Near East Policy, 2004), 68.</ref> L'articolo trentadue della Carta di Allah di Hamas afferma: "Dopo la Palestina, i sionisti aspirano a espandersi dal Nilo all'Eufrate" e "il loro piano è incarnato nei ''Protocolli degli Anziani di Sion''".<ref>Citato in Dimitry Kapustyan e Matt Nelson, ''The Soul of Terror: The Worldwide Conflict Between Islamic Terrorism and the Modern World'' (Washington, DC: International Affairs Press, 2007), 147–148.</ref> Ancora una volta, quella che in realtà è la lotta degli antisionisti per controllare il mondo è presentata in termini di salvataggio di quel mondo.
Qui abbiamo un esempio archetipico di ciò che Neil Kressel chiama "''Protocols'' thinking", ovvero il pensiero che procede dalla premessa che lo Stato ebraico non sia altro che una base operativa da cui gli ebrei intendono governare nefastamente il mondo.<ref>Neil J. Kressel, ''“The Sons of Pigs and Apes”: Muslim Antisemitism and the Conspiracy of Silence'' (Washington, DC: Potomac Books, 2012), 41.</ref> Tale pensiero proietta gli ebrei nello stampo di una presenza malvagia, satanica e invisibile che si annida in tutta la creazione, seminando scompiglio e male. Il dominio globale che l'antisemita teme è la richiesta etica onnicomprensiva che emana dal Monte Sinai attraverso gli ebrei e nel mondo. In effetti, il ''Midrash'' afferma che Dio rivelò la Sua [[Torah]] al di fuori della Terra Santa, affinché gli ebrei non fossero così presuntuosi né le nazioni così compiacenti da pensare che si applicasse solo agli ebrei (''Mekilta de-Rabbi Ishmael, Bachodesh'' 5). L'antisemita antisionista non teme nulla più di questa esigenza etica trascendente e assoluta che incombe su ogni essere umano, sia dall'interno che dall'esterno, prima di ogni contingenza ontologica.
Osserva [[w:Rosemary Radford Ruether|Rosemary Radford Ruether]],: "There is no doubt that anti-Zionism has become a way of reviving the myth of the ‘perennial evil nature of the Jews’".<ref>Rosemary Radford Ruether, ''Faith and Fratricide: The Theological Roots of Anti-Semitism'' (New York: Seabury Press, 1974), 227.</ref> Analogamente, [[w:Walter Laqueur|Walter Laqueur]] ha sostenuto che "non esiste una linea di confine netta" tra antisemitismo e antisionismo.<ref>Walter Laqueur, ''The Changing Face of Antisemitism: From Ancient Times to the Present Day'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 2006), 7.</ref> Queste affermazioni, tuttavia, devono essere considerate nel contesto. Prima dell'Olocausto, [[Franz Rosenzweig]] poteva aggrapparsi alla speranza del dopoguerra che forse gli ebrei avrebbero trovato un posto nel mondo, dopotutto, e che forse non ci fosse bisogno del rifugio che solo lo Stato ebraico poteva offrire.<ref>Cfr. [[Franz Rosenzweig]], ''On Jewish Learning'', ed. N. N. Glatzer (New York: Schocken Books, 1955), 64.</ref> Nell'era post-Olocausto non può esserci una tale speranza. Poiché l'obiettivo del sionismo è quello di creare un rifugio per il popolo ebraico, in un mondo post-Olocausto gli antisionisti devono negare che l'Olocausto sia avvenuto o desiderare che accada di nuovo. Negare allo Stato ebraico il diritto di esistere significa negare al popolo ebraico il diritto di vivere. Persino l'affermazione che "Israele ha il diritto di esistere" sa di antisemitismo. Cina, India o Canada hanno forse il "diritto di esistere"? Nessun altro Paese deve costantemente difendere la necessità di garantire la propria stessa esistenza.
"Si può essere un ardente odiatore di Israele e, allo stesso tempo, non nutrire alcun rancore verso gli ebrei?", si chiede Kressel. "La risposta, credo, è no".<ref>Kressel, “The Sons of Pigs and Apes,” 187.</ref> Eppure "per nascondere il loro antisemitismo", sottolineano [[w:Dennis Prager|Dennis Prager]] e [[:en:w:Joseph Telushkin|Joseph Telushkin]], "i nemici degli ebrei usano quasi sempre la parola ‘sionista’ quando intendono gli ebrei".<ref>Dennis Prager e Joseph Telushkin, ''Why the Jews? The Reason for Antisemitism'' (New York: Simon & Schuster, 2003), 157 – mia trad.</ref> Il punto è sia nascondere il loro antisemitismo sia giustificarlo moralmente. Nella maggior parte dei casi, la manifestazione antisionista dell'antisemitismo è la più perfida perché, come sottolineano Prager e Telushkin, "è la prima forma di odio verso gli ebrei a negare di odiare gli ebrei".<ref>''Ibid.'', 155.</ref> Pertanto, non solo questa forma di odio verso gli ebrei nega di odiare gli ebrei, ma, ancora una volta, l'implicazione è che sia, ciononostante, moralmente obbligata a farlo.
[[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]] identifica tre livelli di antisionismo: primo, "Jews are not entitled to a nation-state of their own, a denial, in other words, of the right of Israel to exist". Secondo, "the existence of Israel is merely an aberration. It is responsible for all the evils of the world". Terzo, quello che Sacks chiama "the bridge from anti-Zionism to antisemitism" è la visione secondo cui "all Jews are Zionists; therefore all Jews are responsible for the sufferings caused by Israel; therefore all Jews are legitimate targets of attack".<ref>Jonathan Sacks, ''Future Tense: Jews, Judaism, and Israel in the Twenty-First Century'' (New York: Schocken Books, 2010), 97–98.</ref> La visione di Sacks è perspicace ma, a mio avviso, errata sotto un aspetto: nel contesto post-Olocausto non esiste un "ponte" dall'antisionismo all'antisemitismo: l'antisionismo è antisemita fin dall'inizio. Tuttavia, Sacks articola succintamente il genio insidioso dell'antisemitismo antisionista: "The Holocaust is the worst crime of human being against human being . . . . Israel behaves towards the Palestinians as the Nazis behaved towards Jews . . . . If, therefore, you oppose antisemitism – which, as a civilised human being, you must – you must oppose the state of Israel and all those who support it, who happen to be Jews".<ref>''Ibid.'', 101.</ref> Il paragone tra Israele e i nazisti è la chiave per comprendere la natura perniciosa dell'antisemitismo antisionista.
Facendo un simile paragone, osserva Robert Wistrich, "one is finally free to express in politically correct anti-Zionist language those sentiments that have not been entirely respectable among educated people since 1945 – namely dislike of Jews".<ref>Robert S. Wistrich, ''A Lethal Obsession: Antisemitism from Antiquity to the Global Jihad'' (New York: Random House, 2010), 630–631.</ref> Ciò che deve essere chiaro, tuttavia, è che l'amalgama precede l'accusa. Spiega [[:en:w:David Matas|David Matas]]: "Anti-Zionists move from opposition to Israel to charges against Israel rather than from wrongdoing by Israel to anti-Zionism... What matters is the condemnation itself. For anti-Zionists, the more repugnant the accusation made against Israel the better".<ref>David Matas, ''Aftershock: Anti-Zionism and Antisemitism'' (Toronto: Dundurn, 2005), 53.</ref> In altre parole, come tutti gli antisemiti, gli antisionisti si oppongono allo Stato ebraico non per le sue politiche, ma per la sua presenza. In effetti, qualunque sia il male attuale – razzismo, colonialismo, imperialismo, apartheid, pulizia etnica, crimini contro l'umanità o genocidio – gli antisionisti applicheranno l'etichetta allo Stato ebraico. Come gli antisemiti religiosi e laici del diciannovesimo secolo, gli antisionisti religiosi e laici condividono un'indignazione ipocrita per l'esistenza stessa dello Stato ebraico, proprio perché loro stessi sarebbero la misura morale dell'umanità.
=== Antisionismo e anti-Terra Santa ===
Mentre gli antisionisti di destra e i jihadisti vorrebbero usurpare o comunque appropriarsi della religione rivelata, gli intellettuali di sinistra considerano la religione rivelata una curiosità culturale o un oggetto di disprezzo. Abbiamo visto che l'oggetto dell'odio antisemita verso gli ebrei non sono solo gli ebrei, ma anche l'ebraismo che li rende ciò che sono. Per l'antisionista, l'oggetto di quell'odio non è solo l'"entità sionista", ma anche l'ebraismo che rende sacra la Terra Santa. Pertanto, se vogliamo comprendere cosa sia all'opera nell'odio antisionista verso gli ebrei, dobbiamo avere una certa comprensione della Terra Santa dell'Alleanza dal punto di vista dell'ebraismo che l'antisemita vorrebbe cancellare dal mondo. Qui scopriamo che l'antisemitismo dell'antisionista non è solo moralmente richiesto, ma anche ideologicamente necessario.
Dal punto di vista dell'ebraismo, la Terra Santa è santa non perché vi siano accaduti determinati eventi; piuttosto, certi eventi vi sono accaduti perché la Terra Santa è santa. Ciò significa che la sacralità dello Stato ebraico trascende i contesti storici e quindi conferisce significato a tali contesti. Si chiede Abraham Joshua Heschel: "What would be the face of Western history today, if the end of twentieth-century Jewish life would have been Bergen-Belsen, Dachau, Auschwitz? The State of Israel is not an atonement . . . . No act is as holy as the act of saving human life. The Holy Land, having offered haven to more than two million Jews, . . . has attained a new sanctity".<ref>Abraham Joshua Heschel, ''Israel: An Echo of Eternity'' (New York: Farrar, Straus and Giroux, 1969), 113. La stima 2025 della popolazione israeliana è di {{FORMATNUM:10094000}}, di cui [https://www.cbs.gov.il/en/mediarelease/Pages/2025/Israel-Independence-Day-2025.aspx 74% ca. sono ebrei].</ref> La Terra Santa ha raggiunto una rinnovata santità perché, come afferma [[Emmanuel Levinas]], "la Shoah ristabilisce il legame – che fino ad allora era stato incomprensibilmente nascosto – tra l'Israele di oggi e l'Israele della Bibbia".<ref>[[Emmanuel Levinas]], ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. {{en}} Sean Hand (Baltimore, MD: The Johns Hopkins University Press, 1990), 12 ― mia trad.</ref> L'oggetto dell'odio ebraico antisionista, come di ogni odio ebraico, è la Torah che rivela l'Alleanza della Terra e che "emana da Sion" ({{passo biblico2|Isaia|2:3}}; {{passo biblico2|Michea|4:2}}).
"Dobbiamo chiederci", scrive Emil Fackenheim, "se sia mai accaduto che, dopo due millenni, un popolo sia stato restituito alla sua lingua, al suo stato, alla sua terra. Senza un Libro – questo Libro – tale ritorno non avrebbe potuto avvenire. Questo è lo stupore comune che sta dietro a tutte le diversità religioso-secolari. Questa è l'esperienza comune che rende possibile un legame tra tutto Israele e la Torah".<ref>Emil L. Fackenheim, ''To Mend the World: Foundations of Post-Holocaust Jewish Thought'' (New York: Schocken Books, 1989), 328.</ref> Il desiderio antisemita di cancellare il Popolo del Libro dalla storia è un desiderio di cancellare la Torah stessa; senza il Popolo non c'è Torah, e senza la Torah non c'è Popolo, né Dio, né Israele. Scrive [[w:André Neher|André Neher]]:
{{citazione|Is not the State of Israel, in its very existence, a meta-state? And surely the [[Sorpresa|war launched against Israel on Yom Kippur, October 6, 1973]], was not only horizontal . . . . Zion, which is only a fragment of Jerusalem and the Land of Israel, is a word one can neither play around with, nor play tricks with, nor beat around the bush with. It is the key word of the “meta” of Jewish history. Through Zion, Zionism becomes bi-dimensional. The vertical is interlocked with the horizontal.|[[:en:w:André Neher|André Neher]], ''They Made Their Souls Anew'', trad. David Maisel (Albany, NY: SUNY Press, 1990), 58}}
Questa incursione del verticale nell'orizzontale è esattamente ciò contro cui si oppongono gli antisionisti. L'antisionismo è anti-Sion, il cui significato è rivelato dal profeta Michea, quando grida: "Poiché la Torah esce da Sion e la Parola di Dio da Gerusalemme" ({{passo biblico2|Michea|4:2}}). Se la Terra d'Israele non è la Terra Santa, allora la rivelazione sul Monte Sinai non ha alcun significato, la Torah non ha alcun significato e il popolo ebraico non ha alcun significato, questo è ciò che sostengono gli antisionisti. Se così fosse, allora l'assoluto divieto divino contro l'omicidio non avrebbe alcun significato.
Il divieto di omicidio e i comandamenti di amare il prossimo e lo straniero sono i comandamenti più fondamentali che collegano l'umanità sia a Dio che a Sion. Questo legame è ciò che rende Israele l’''Eretz HaKodesh'', la "Terra Santa". Lo Stato di Israele, insiste Levinas, "secondo la sua pura essenza [di santità], è possibile solo se penetrato dalla parola divina".<ref>[[Emmanuel Levinas]], "Zionisms", trad. Roland Lack, in Sean Hand, ed., ''The Levinas Reader'' (Oxford, UK: Basil Blackwell, 1989), 271.</ref> Poiché lo Stato di Israele è "penetrato dalla parola divina", ha un significato metafisico ineludibile, sia per gli ebrei che per le nazioni. E così, come afferma Levinas, "lo Stato d'Israele sarà religioso per l'intelligenza dei suoi grandi libri, che non è libero di dimenticare. Sarà religioso per l'azione stessa che lo istituisce come Stato. Sarà religioso o non sarà affatto".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 219.</ref> I libri sacri d'Israele, che gli antisemiti consegnano alle fiamme, fisicamente o filosoficamente, sono i contenitori della testimonianza che entra nel mondo attraverso il popolo ebraico e che emana da ''Eretz HaKodesh''.
Affermare che Gerusalemme rivesta un significato particolare per gli antisionisti di ogni tipo è un'ovvietà; si manifesta lungo uno spettro che va dalle obiezioni alla costruzione di scuole, case o ospedali israeliani all'interno di Gerusalemme alla richiesta di epurazione degli ebrei da Gerusalemme, dall'opposizione all'istituzione dell'ambasciata americana a Gerusalemme alla negazione che Gerusalemme sia la capitale dello Stato ebraico. Il significato di Gerusalemme nella coscienza religiosa ebraica fornisce una chiave per l'antisemitismo antisionista. Molte tradizioni parlano di una Gerusalemme celeste, denotando ancora una volta l'interconnessione tra verticale e orizzontale, ma non esiste una New York celeste, una Parigi celeste, né tantomeno una Roma celeste.
Gli ebrei non rivendicano Gerusalemme: Gerusalemme rivendica gli ebrei. Quando gli ebrei pregano il Santo, non si riferiscono mai a Gerusalemme come alla "nostra città", ma piuttosto come a ''irkha'', la "Tua città", cioè la città di Dio, invocando Dio come il ''Boneh Yerushalayim'', il "Costruttore di Gerusalemme". Come ''Boneh Yerushalayim'', Dio è lo ''Shokhen Yerushalayim'', "Colui che abita a Gerusalemme" (cfr. , ad esempio, {{passo biblico2|Salmi|135:21}}). Simbolizzando la luce di Dio e della Torah, Gerusalemme simboleggia la dimensione stessa dell'altezza che gli antisemiti antisionisti vorrebbero espellere da questo mondo. Mentre gli antisionisti bandirebbero gli ebrei da Gerusalemme, una comprensione ebraica del significato di Gerusalemme richiede un'apertura a ogni essere umano. Tale apertura è stata raggiunta solo da quando Gerusalemme è stata riunificata come capitale dello [[w:Guerra dei sei giorni|Stato ebraico nel 1967]]: da allora, chiunque venga in pace è libero di pregare nella Città Santa.<ref>Cosa non possibile prima del 1967.</ref> Le preghiere dell'umanità, e non solo degli ebrei, attraggono la santità del Santo nella Città Santa. Infatti, tramite Gerusalemme ognuno di noi è legato all'origine dell'umanità, ad Adamo e, attraverso Adamo, agli altri. "Nel luogo da cui fu presa la polvere di Adamo", sta scritto nel ''Tanna debe Eliyahu'', "lì fu costruito l'altare".<ref>''Tanna debe Eliyahu: The Lore of the School of Elijah'', trad. William G. Braude & Israel J. Kapstein (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1981), 411.</ref> In contrasto, basta guardare alla Mecca per capire cosa significhi il concetto di "città santa" nel mondo musulmano: è chiusa a tutti tranne che ai musulmani. Mentre la Mecca simboleggia la verità dell'Islam, Gerusalemme simboleggia la santità dell'umanità: questo è ciò che rende Gerusalemme la dimora di Dio. Questo è ciò che rende Gerusalemme la Città Santa.
Il Talmud narra che, dopo la distruzione del Secondo Tempio nel 70 EV, Dio esigette un giuramento dai Gentili e due giuramenti dagli Ebrei. I Gentili giurarono di non opprimere eccessivamente gli Ebrei. E gli Ebrei giurarono di non resistere ai loro persecutori, né di "scalare prematuramente il muro" per tornare a Gerusalemme (''Ketuvot'' 111a). Fackenheim era solito invocare questo passo ogni volta che parlava del ritorno degli ebrei nella Terra dell'Alleanza, in particolare del ritorno da Auschwitz a Gerusalemme. Che i [[w:goyim|gentili]] abbiano oppresso eccessivamente gli ebrei è evidente, così come lo è il fatto che molti di loro continuino a nutrire mire sterminatrici contro gli ebrei e lo Stato ebraico. Pertanto, la "prematura" scalata degli ebrei oltre le mura di Gerusalemme non avviene per sottrarsi ai loro persecutori, ma semplicemente per sottrarsi all'assassinio. I muri che gli ebrei hanno scalato per tornare a Gerusalemme sono gli stessi muri che gli antisionisti ricostruirebbero per tenere fuori gli ebrei.
Quale dovrebbe essere dunque la risposta ebraica all'antisemitismo antisionista, che significherebbe inevitabilmente la fine del popolo ebraico? La Torah ci avverte che "di fuori li priverà dei figli la spada, di dentro il terrore" ({{passo biblico2|Deuteronomio|32:25}}). In un commentario a questo passo biblico, il Talmud ci esorta a spostarci verso l'interno, sebbene anche lì il terrore minacci di privarci dei nostri figli (cfr. ''Bava Kama'' 60b). Avere una casa e un rifugio per il popolo ebraico non significa semplicemente sopravvivere: significa avere una comunità, un’''edah'', in ebraico, che è anche una "testimonianza", la testimonianza che gli antisemiti antisionisti vorrebbero epurare dal mondo. Significa testimoniare la santità dell'essere umano dall'interno del centro che comanda quella testimonianza. Significa una presenza ebraica a Gerusalemme e nella Terra Pattizia di Israele.
Levinas articola le implicazioni di questo terrore interno per una comprensione ebraica dell'antisemitismo antisionista affermando: "Non sentiamo qui... l'odore dei campi? La violenza non è più un fenomeno politico di guerra e pace, al di là di ogni moralità. È l'abisso di Auschwitz o il mondo in guerra... Bisogna tornare dentro, anche se dentro c'è terrore. Il fatto di Israele è forse unico? Non ha forse il suo pieno significato perché si applica a tutta l'umanità? Tutti gli uomini sono sul punto di trovarsi nella situazione dello Stato di Israele. Lo Stato di Israele è una categoria".<ref>''Ibid.'', 190–191.</ref> Quindi, dopo la [[Shoah]], afferma Levinas, "l’ebraismo non è più solo un insegnamento le cui tesi possono essere vere o false; ''l’esistenza ebraica stessa è un evento essenziale dell’essere; l’esistenza ebraica è una categoria dell'essere''".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 183; corsivo nell'originale – mia trad.</ref> Applicandosi a tutta l'umanità, lo Stato di Israele è più di una "categoria dell'essere": è una categoria ''metafisica'' che rivela l'origine metafisica dell'antisemitismo nella sua manifestazione antisionista. Le diatribe degli antisemiti antisionisti puzzano dell'odore dei campi, e puzzano in modo ancora più disgustoso nelle ipocrite denunce contro gli israeliani, che trasudano dalle bocche dei cristiani e degli intellettuali liberali. In entrambi, scopriamo che le vecchie manifestazioni di odio per gli ebrei si rivelano eterne. L'antisionismo cristiano liberale ha implicazioni che fanno il gioco della teologia supersessionista. L'antisionismo intellettuale di sinistra è l'espressione di moda dell'odio per gli ebrei, riconducibile a ciò che abbiamo visto nell'Illuminismo e nel liberalismo socialista che ne è seguito.
=== L'indignazione morale dell'antisionismo di sinistra ===
[[:en:w:Franklin Littell|Franklin Littell]] scrive: "The rage for universal truths, accompanied by abandonment of holy events and the Scriptures that record them, came to dominate university thinking following the Enlightenment. It is this style of thinking that is the most fertile single source of liberal Antisemitism – whether religious or secular".<ref>Franklin H. Littell, ''The Crucifixion of the Jews: The Failure of Christians to Understand the Jewish Experience'' (Macon, GA: Mercer University Press, 1986), 38–39.</ref> Il liberale dell'estrema sinistra, religioso o laico che sia, deve essere antisionista per la stessa ragione per cui un intellettuale liberale dell'Illuminismo deve essere antisemita: entrambi mascherano il loro odio per gli ebrei con la scusa della tolleranza, dichiarando che l'individuo ebreo merita la stessa considerazione di qualsiasi altro essere umano, ma il popolo ebraico non merita nulla in quanto "popolo a parte", men che meno uno Stato ebraico. "Una forma di antisemitismo", spiega [[:en:w:David Matas|David Matas]], "nega agli ebrei l'accesso a beni e servizi perché sono ebrei. Un'altra forma di antisemitismo nega il diritto del popolo ebraico a esistere come popolo perché è ebreo. Gli antisionisti distinguono tra i due. Per l'antisionista, l'ebreo può esistere come individuo purché gli ebrei non esistano come popolo".<ref>Matas, ''Aftershock'', 113 – mia trad.</ref> Eppure, senza il popolo ebraico e la Torah che lo definisce, non esiste alcun individuo ebreo: se lo Stato ebraico non ha "diritto di esistere", allora nemmeno l'individuo può esistere come ebreo.
Esistono numerosi esempi di antisemitismo antisionista cristiano nella sinistra cristiana. Ad esempio, "the Unitarian Universalist program ‘Toward Peace and Justice in the Middle East’ [from 2002]", nota Kressel, "strongly condemns Israel in very specific terms for its ‘occupation’ and specifically calls for various acts against the Jewish state, including divestment and withholding of weaponry key to its defense".<ref>Kressel, "The Sons of Pigs and Apes", 80.</ref> L'[[w:Unitariani universalisti|Universalismo unitario universalista]] deve ''ipso facto'' respingere l'idea di uno Stato composto principalmente da ebrei, anche se ciò significa renderli indifesi di fronte a nemici che hanno giurato di annientarli. In un altro esempio noto, durante la sua 216ª Assemblea Generale a Richmond, in Virginia, dal 26 giugno al 3 luglio 2004, la [[w:Presbyterian Church (USA)|Chiesa Presbiteriana degli Stati Uniti]] ha deciso di avviare un processo di disinvestimento selettivo e graduale dalle società operanti in Israele. Qui gli antisemiti antisionisti sono così accecati dal loro odio da non riuscire a vedere l'ovvio, ovvero che l'economia palestinese è interconnessa a quella israeliana: danneggiare l'una significa danneggiare anche l'altra. Considerando le innovazioni israeliane nell'alta tecnologia, nella produzione agricola e nella medicina, inoltre, viene da chiedersi se l'odio di questi protestanti liberali per lo Stato ebraico prevalga sul loro amore per l'umanità.
Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, nell'aprile-maggio 2002 l'occupazione della [[w:Basilica della Natività|Basilica della Natività a Betlemme]] da parte dei [[w:assedio alla basilica della Natività|terroristi palestinesi]] offrì alla Chiesa una drammatica opportunità per dimostrare al mondo di essersi liberata dall'odio secolare verso gli ebrei. Ma i funzionari ecclesiastici rimasero in silenzio. Quando Papa Giovanni Paolo II si trovava in Siria il 5 maggio 2001, il genocida [[w:Bashar al-Assad|Bashar al-Assad]] lo accolse dichiarando che gli ebrei erano decisi a distruggere i principi della religione "con la stessa mentalità con cui hanno tradito Gesù Cristo". Poche settimane prima del suo incontro con il Pontefice, al-Assad aveva dichiarato che gli israeliani erano peggiori razzisti dei nazisti. In entrambe le occasioni il Papa non disse nulla.<ref>Cfr. Eric J. Greenberg, "Open Season on Jews", ''The Jewish Week'', 11 maggio 2001.</ref>
Con l'emergere della sinistra marxista, i sovietici assunsero una funzione simile a quella che la Chiesa aveva svolto, come ha sottolineato [[:en:w:Joel Carmichael|Joel Carmichael]]. Tra le élite della sinistra intellettuale, osserva, i sionisti divennero "the quintessential expression of an Evil People..., both universally potent and satanically evil, powered by a demented urge for world rule... The only bulwark against the satanic array was the Soviet Union, like the Church in classical Christian theology".<ref>Joel Carmichael, ''The Satanizing of the Jews: Origin and Development of Mystical Anti-Semitism'' (New York: Fromm International Publishing Corporation, 1992), 192.</ref> La campagna dell'Unione Sovietica contro i sionisti si rifletteva più profondamente nella sua feroce oppressione degli ebrei sovietici, cementando il legame tra antisionismo e antisemitismo. Non sorprende che il principale ambito in cui questo odio antisionista verso gli ebrei trovò una certa risonanza in Occidente fu tra gli intellettuali di sinistra.
Questa versione laica di sinistra dell'"antisionismo negazionista", come lo chiama Wistrich, è una forma di antisemitismo "that delegitimizes and dehumanizes Israel [and is] not only Manichean in the philosophical sense, but totalitarian in its political essence, and ''theological'' in its insistence that Israel was ‘born in sin’".<ref>Wistrich, ''A Lethal Obsession'', 62; corsivo nell'originale.</ref> Tra le icone più note della sinistra liberale c'era [[w:Edward Said|Edward Said]] (1935-2003) della Columbia University. Afferma Martin Kramer: "With Said, Middle Eastern studies became a field where scholarship took a backseat to advocacy, where a few biases became the highest credentials, where dissenting views became thought-crimes... The struggle was against an axis of evil comprised of Western orientalism, American imperialism, and Israeli Zionism".<ref>Cfr. Martin Kramer, "Columbia University: The Future of Middle Eastern Studies at Stake", in Manfred Gerstenfeld, ed., ''Academics Against Israel and the Jews'' (Jerusalem: Jerusalem Center for Public Affairs, 2007), 103.</ref> Tutti questi antisemiti antisionisti accusano Israele del male in atto, dall'oppressione colonialista allo sterminio nazionalsocialista. Non discutono, incitano.
=== "Are we going to do this ''again''?" ===
=== Antisionismo moralmente richiesto: Jihad islamica e la sinistra ===
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{{Immagine grande|May our eyes behold your return in mercy to Zion.jpg|1010px|Incisione di [[:en:w:Ephraim Moses Lilien|Ephraim Moses Lilien]], realizzata per il V Congresso Sionista, svoltosi a Basilea, in Svizzera, nel 1901. L'iscrizione in ebraico in basso è la preghiera: "Possano i nostri occhi contemplare il Tuo ritorno misericordioso a Sion" (dall’''[[w:Amidah|Amidah]]'').}}
== Note ==
[[File:Lieder des Ghetto 11.jpg|179px|right|"Zion" di Ephraim Moses Lilien (1903)]]
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie letteratura moderna}}
<div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div>
{{Avanzamento|50%|22 giugno 2025}}
[[Categoria:Connessioni|Capitolo 7]]
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== Antisionismo: un antisemitismo moralmente richiesto ==
Due eventi dell'ultimo secolo hanno scosso profondamente la storia ebraica, come anche la storia dell'umanità: l'Olocausto e la rinascita dello Stato ebraico. Dal punto di vista della tradizione sacra ebraica, entrambi gli eventi si inseriscono nella storia sacra ebraica. Se i racconti scaturiti dall'Olocausto possono essere considerati i racconti di una nuova Bibbia, come affermò [[Primo Levi]],<ref>[[Primo Levi]], ''Se questo è un uomo'', ''ad loc.''.</ref> lo stesso si potrebbe dire del racconto dello Stato ebraico nato nonostante l'Olocausto. "La speranza messianica è morta durante l'Olocausto", [[w:Emil Fackenheim|Emil Fackenheim]] articola una delle implicazioni di questa svolta degli eventi. "Lo Stato di Israele post-Olocausto l'ha resuscitata".<ref>Emil L. Fackenheim, ''What Is Judaism?'' (New York: Macmillan, 1987), 268–269.</ref> Se questa storia ha dimostrato qualcosa, ha dimostrato che uno Stato ebraico è indispensabile per qualsiasi speranza di futuro per il popolo ebraico. Questo cambiamento nella condizione ebraica è una caratteristica distintiva dell'era post-Olocausto, un'era oscurata da un antisionismo sterminazionista che getta la sua ombra su tutta l'umanità. È l'ombra di Auschwitz stessa. Proprio come la negazione di Auschwitz è una negazione del popolo ebraico come popolo con un passato, così l'opposizione all'esistenza dello Stato ebraico è un'opposizione al popolo ebraico come popolo con un futuro. E il futuro dell'umanità dipende dal futuro del popolo ebraico come popolo scelto per testimoniare la sacralità di ogni essere umano.
La manifestazione antisionista dell'antisemitismo è particolarmente insidiosa. Mentre l'odio per gli ebrei può essere politicamente impopolare – almeno ufficialmente – l'odio per lo Stato ebraico tra gli estremisti di destra, i jihadisti islamici e gli intellettuali di sinistra è diventato, in molti ambienti, non solo di moda, ma moralmente necessario. Né gli ebrei tra gli intellettuali di sinistra sono immuni da questa forma di antisemitismo moralmente necessaria. Nel giugno 2020, ad esempio, 400 studiosi di studi ebraici, desiderosi di essere riconosciuti come "buoni ebrei", hanno firmato un documento in cui denunciavano la proposta di Israele di estendere l'autorità civile sulle aree in cui vivono gli ebrei in Cisgiordania; hanno etichettato Israele come uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità, con l'implicazione che lo stato ebraico sia paragonabile al Reich nazista.<ref>Ben Sales, "400 Jewish Studies Scholars Denounce Israel as ‘Apartheid’ and a ‘Crime Against Humanity", ''Cleveland Jewish News'', 12 giugno 2020. Tra coloro che hanno firmato la dichiarazione figurano notabili come Zachary Braiterman, Steven Zipperstein, Marc Ellis, Paul Mendes-Flohr, Amos Goldberg, Elliot Wolfson, Alon Confino, Jonathan Judaken, Barry Holtz, Omer Bartov, Sidra DeKoven Ezrahi, Steven Jacobs, Robert Alter, e Susannah Heschel.</ref> Come sottolinea [[:en:w:Matthias Küntzel|Matthias Küntzel]], la proiezione del termine "nazista" sull'ebreo è "a specific form of Holocaust denial, one which legitimates the pursuit of an anti-Jewish extermination policy".<ref>Matthias Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred: Islamism, Nazism and the Roots of 9/11'', trad. Colin Meade (New York: Telos Press, 2007), 118.</ref> In effetti, essendo arrivato a significare il più atroce dei mali, il termine nazista è una designazione attribuita a chiunque meriti moralmente l'annientamento. Mentre, come molti altri liberali di questo tipo, coloro che hanno firmato il documento sarebbero inorriditi dall'idea che una simile mossa sia antisemita, si crogiolano nella loro ipocrita indignazione morale, giudicando lo stato ebraico di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità. Cosa, ci chiediamo, si deve fare con uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità? Cosa è moralmente richiesto in una situazione del genere?
Odiare uno Stato è molto più comodo che odiare un essere umano. Uno Stato non è fatto di carne e sangue. Uno Stato non ha un volto che possa proibire l'omicidio. Si può "smantellare" uno Stato, ma non si può uccidere un essere umano, almeno non senza prima disumanizzarlo. Eppure lo smantellamento dello Stato ebraico, moralmente richiesto, si tradurrebbe inevitabilmente nell'assassinio di un numero incalcolabile di esseri umani, a cominciare dagli ebrei. L'antica patria degli ebrei, la Terra dell'Alleanza, è stata ristabilita non solo come Stato ebraico, ma come rifugio per gli ebrei che vivono in un mondo storicamente ostile agli ebrei. Nella sua forma antisionista, l'antisemitismo promuove l'abbandono degli ebrei a tale ostilità. È una forma comoda di antisemitismo. È di moda. In effetti, per chiunque etichetti Israele come razzista o colonialista, come violatore dei diritti umani o autore di crimini contro l'umanità, l'antisionismo è moralmente obbligatorio. Perché tutti questi epiteti sono sinonimi di male.
Questo mio Capitolo si concentrerà in generale sull'antisemitismo antisionista di sinistra, che è particolarmente preoccupante. La maggior parte delle persone se lo aspetta dai suprematisti bianchi e dai jihadisti islamici; anzi, coloro che si identificano come nazisti o jihadisti si vantano del loro odio per gli ebrei. Tuttavia, l'élite intellettuale di sinistra, nei campus e all'interno della cultura, è presumibilmente nota per la sua tolleranza liberale e la sua generosa longanimità. Ma prima consideriamo un po' il contesto storico dell'antisionismo.
L'attacco antisemita ai sionisti e al sionismo si ritrova nel discorso dell'ideologia nazionalsocialista fin dai primi giorni del Partito Nazista. Nel 1921 Alfred Rosenberg pubblicò la sua diatriba ''Der staatsfeindliche Zionismus'' (Sionismo: nemico dello Stato), in cui sosteneva che il sionismo fosse una strategia ebraica per il dominio del mondo. Già prima della formazione del Partito Nazista nel 1920, afferma Hitler, durante i suoi anni a Vienna (1907-1913) scoprì il "carattere nazionale degli ebrei" – ovvero il loro vero male – "nei sionisti".<ref>Adolf Hitler, ''Mein Kampf'', trad. {{en}} Ralph Manheim (Boston, MA: Houghton Mifflin, 1971), 56.</ref> Egli afferma:
{{citazione|Mentre i sionisti cercano di far credere al resto del mondo che la coscienza nazionale degli ebrei trovi la sua soddisfazione nella creazione di uno stato palestinese, gli ebrei, ancora una volta, ingannano astutamente gli stupidi ''goyim''. Non viene loro nemmeno in mente di costruire uno stato ebraico in Palestina per viverci; tutto ciò che vogliono è un'organizzazione centrale per la loro truffa internazionale.|''Ibid.'', 325 - mia trad.}}
Pertanto, "lo Stato ebraico", secondo il Führer, "è completamente illimitato in termini di territorio".<ref>''Ibid.'', 301.</ref> Né tale pensiero era confinato alla Germania nazista. Nel 1924, il politico polacco [[w:Roman Dmowski|Roman Dmowski]] (1864-1939) sostenne che l'obiettivo del sionismo fosse quello di creare "la base operativa per l'azione in tutto il mondo".<ref>Roman Dmowski, “The Jews and the War,” trad. Richard S. Levy, in Richard S. Levy, ed. ''Antisemitism in the Modern World: An Anthology of Texts'' (Lexington, MA: D. C. Heath and Company, 1991), 184.</ref> E le misure adottate per contrastare lo Stato ebraico dovevano essere altrettanto globali.
Ripetendo la caratterizzazione nazista del movimento sionista, Sayyid Qutb considerava lo Stato ebraico parte di una "cospirazione sionista universale; anzi, come Hitler, considerava il marxismo e il sionismo parte di un'unica cospirazione".<ref>Cfr. Ronald L. Nettler, ''Past Trials and Present Tribulations: A Muslim Fundamentalist’s View of the Jews'' (Oxford, UK: Pergamon, 1987), 49, 55.</ref> Risalente al diciannovesimo secolo, un'immagine familiare impiegata da nazisti e jihadisti per illustrare la minaccia sionista mostra una piovra con i suoi tentacoli mortali avvolti intorno all'intero globo, con una Stella di David incisa sulla testa.<ref>"A Short History of the Jewish/Zionist Octopus in Antisemitic Cartoons", ''Elder of Ziyon'', 20 aprile 2020.</ref> Quando nel dicembre 1948 i Fratelli Musulmani furono banditi in Egitto, il loro leader Hasan al-Banna incolpò il sionismo internazionale.<ref>Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred'', 54–55.</ref> Nel 1950, lo studioso islamico Abd al-Rahman Sami Ismat scrisse: "Gli ebrei e il sionismo sono come un albero malvagio. La sua radice è a New York, i suoi rami in tutto il mondo, le sue foglie sono gli ebrei – tutti loro, vecchi e giovani, maschi e femmine, senza eccezione, sono le sue foglie spinose e le sue spine avvelenate, e il veleno è rapido e mortale".<ref>Citato in Bernard Lewis, ''Semites and Anti-Semites: An Inquiry into Conflict and Prejudice'' (New York: W. W. Norton, 1986), 15 - mia trad.</ref> Anni dopo, il sistema di trasmissione Al-Manar di Hezbollah ha ripetutamente descritto "il conflitto israelo-palestinese come una parte fondamentale di uno sforzo più ampio per fermare il ‘cancro’ del sionismo".<ref>Avi Jorisch, ''Beacon of Hatred: Inside Hizballah’s Al-Manar Television'' (Washington, DC: Washington Institute for Near East Policy, 2004), 68.</ref> L'articolo trentadue della Carta di Allah di Hamas afferma: "Dopo la Palestina, i sionisti aspirano a espandersi dal Nilo all'Eufrate" e "il loro piano è incarnato nei ''Protocolli degli Anziani di Sion''".<ref>Citato in Dimitry Kapustyan e Matt Nelson, ''The Soul of Terror: The Worldwide Conflict Between Islamic Terrorism and the Modern World'' (Washington, DC: International Affairs Press, 2007), 147–148.</ref> Ancora una volta, quella che in realtà è la lotta degli antisionisti per controllare il mondo è presentata in termini di salvataggio di quel mondo.
Qui abbiamo un esempio archetipico di ciò che Neil Kressel chiama "''Protocols'' thinking", ovvero il pensiero che procede dalla premessa che lo Stato ebraico non sia altro che una base operativa da cui gli ebrei intendono governare nefastamente il mondo.<ref>Neil J. Kressel, ''“The Sons of Pigs and Apes”: Muslim Antisemitism and the Conspiracy of Silence'' (Washington, DC: Potomac Books, 2012), 41.</ref> Tale pensiero proietta gli ebrei nello stampo di una presenza malvagia, satanica e invisibile che si annida in tutta la creazione, seminando scompiglio e male. Il dominio globale che l'antisemita teme è la richiesta etica onnicomprensiva che emana dal Monte Sinai attraverso gli ebrei e nel mondo. In effetti, il ''Midrash'' afferma che Dio rivelò la Sua [[Torah]] al di fuori della Terra Santa, affinché gli ebrei non fossero così presuntuosi né le nazioni così compiacenti da pensare che si applicasse solo agli ebrei (''Mekilta de-Rabbi Ishmael, Bachodesh'' 5). L'antisemita antisionista non teme nulla più di questa esigenza etica trascendente e assoluta che incombe su ogni essere umano, sia dall'interno che dall'esterno, prima di ogni contingenza ontologica.
Osserva [[w:Rosemary Radford Ruether|Rosemary Radford Ruether]],: "There is no doubt that anti-Zionism has become a way of reviving the myth of the ‘perennial evil nature of the Jews’".<ref>Rosemary Radford Ruether, ''Faith and Fratricide: The Theological Roots of Anti-Semitism'' (New York: Seabury Press, 1974), 227.</ref> Analogamente, [[w:Walter Laqueur|Walter Laqueur]] ha sostenuto che "non esiste una linea di confine netta" tra antisemitismo e antisionismo.<ref>Walter Laqueur, ''The Changing Face of Antisemitism: From Ancient Times to the Present Day'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 2006), 7.</ref> Queste affermazioni, tuttavia, devono essere considerate nel contesto. Prima dell'Olocausto, [[Franz Rosenzweig]] poteva aggrapparsi alla speranza del dopoguerra che forse gli ebrei avrebbero trovato un posto nel mondo, dopotutto, e che forse non ci fosse bisogno del rifugio che solo lo Stato ebraico poteva offrire.<ref>Cfr. [[Franz Rosenzweig]], ''On Jewish Learning'', ed. N. N. Glatzer (New York: Schocken Books, 1955), 64.</ref> Nell'era post-Olocausto non può esserci una tale speranza. Poiché l'obiettivo del sionismo è quello di creare un rifugio per il popolo ebraico, in un mondo post-Olocausto gli antisionisti devono negare che l'Olocausto sia avvenuto o desiderare che accada di nuovo. Negare allo Stato ebraico il diritto di esistere significa negare al popolo ebraico il diritto di vivere. Persino l'affermazione che "Israele ha il diritto di esistere" sa di antisemitismo. Cina, India o Canada hanno forse il "diritto di esistere"? Nessun altro Paese deve costantemente difendere la necessità di garantire la propria stessa esistenza.
"Si può essere un ardente odiatore di Israele e, allo stesso tempo, non nutrire alcun rancore verso gli ebrei?", si chiede Kressel. "La risposta, credo, è no".<ref>Kressel, “The Sons of Pigs and Apes,” 187.</ref> Eppure "per nascondere il loro antisemitismo", sottolineano [[w:Dennis Prager|Dennis Prager]] e [[:en:w:Joseph Telushkin|Joseph Telushkin]], "i nemici degli ebrei usano quasi sempre la parola ‘sionista’ quando intendono gli ebrei".<ref>Dennis Prager e Joseph Telushkin, ''Why the Jews? The Reason for Antisemitism'' (New York: Simon & Schuster, 2003), 157 – mia trad.</ref> Il punto è sia nascondere il loro antisemitismo sia giustificarlo moralmente. Nella maggior parte dei casi, la manifestazione antisionista dell'antisemitismo è la più perfida perché, come sottolineano Prager e Telushkin, "è la prima forma di odio verso gli ebrei a negare di odiare gli ebrei".<ref>''Ibid.'', 155.</ref> Pertanto, non solo questa forma di odio verso gli ebrei nega di odiare gli ebrei, ma, ancora una volta, l'implicazione è che sia, ciononostante, moralmente obbligata a farlo.
[[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]] identifica tre livelli di antisionismo: primo, "Jews are not entitled to a nation-state of their own, a denial, in other words, of the right of Israel to exist". Secondo, "the existence of Israel is merely an aberration. It is responsible for all the evils of the world". Terzo, quello che Sacks chiama "the bridge from anti-Zionism to antisemitism" è la visione secondo cui "all Jews are Zionists; therefore all Jews are responsible for the sufferings caused by Israel; therefore all Jews are legitimate targets of attack".<ref>Jonathan Sacks, ''Future Tense: Jews, Judaism, and Israel in the Twenty-First Century'' (New York: Schocken Books, 2010), 97–98.</ref> La visione di Sacks è perspicace ma, a mio avviso, errata sotto un aspetto: nel contesto post-Olocausto non esiste un "ponte" dall'antisionismo all'antisemitismo: l'antisionismo è antisemita fin dall'inizio. Tuttavia, Sacks articola succintamente il genio insidioso dell'antisemitismo antisionista: "The Holocaust is the worst crime of human being against human being . . . . Israel behaves towards the Palestinians as the Nazis behaved towards Jews . . . . If, therefore, you oppose antisemitism – which, as a civilised human being, you must – you must oppose the state of Israel and all those who support it, who happen to be Jews".<ref>''Ibid.'', 101.</ref> Il paragone tra Israele e i nazisti è la chiave per comprendere la natura perniciosa dell'antisemitismo antisionista.
Facendo un simile paragone, osserva Robert Wistrich, "one is finally free to express in politically correct anti-Zionist language those sentiments that have not been entirely respectable among educated people since 1945 – namely dislike of Jews".<ref>Robert S. Wistrich, ''A Lethal Obsession: Antisemitism from Antiquity to the Global Jihad'' (New York: Random House, 2010), 630–631.</ref> Ciò che deve essere chiaro, tuttavia, è che l'amalgama precede l'accusa. Spiega [[:en:w:David Matas|David Matas]]: "Anti-Zionists move from opposition to Israel to charges against Israel rather than from wrongdoing by Israel to anti-Zionism... What matters is the condemnation itself. For anti-Zionists, the more repugnant the accusation made against Israel the better".<ref>David Matas, ''Aftershock: Anti-Zionism and Antisemitism'' (Toronto: Dundurn, 2005), 53.</ref> In altre parole, come tutti gli antisemiti, gli antisionisti si oppongono allo Stato ebraico non per le sue politiche, ma per la sua presenza. In effetti, qualunque sia il male attuale – razzismo, colonialismo, imperialismo, apartheid, pulizia etnica, crimini contro l'umanità o genocidio – gli antisionisti applicheranno l'etichetta allo Stato ebraico. Come gli antisemiti religiosi e laici del diciannovesimo secolo, gli antisionisti religiosi e laici condividono un'indignazione ipocrita per l'esistenza stessa dello Stato ebraico, proprio perché loro stessi sarebbero la misura morale dell'umanità.
=== Antisionismo e anti-Terra Santa ===
Mentre gli antisionisti di destra e i jihadisti vorrebbero usurpare o comunque appropriarsi della religione rivelata, gli intellettuali di sinistra considerano la religione rivelata una curiosità culturale o un oggetto di disprezzo. Abbiamo visto che l'oggetto dell'odio antisemita verso gli ebrei non sono solo gli ebrei, ma anche l'ebraismo che li rende ciò che sono. Per l'antisionista, l'oggetto di quell'odio non è solo l'"entità sionista", ma anche l'ebraismo che rende sacra la Terra Santa. Pertanto, se vogliamo comprendere cosa sia all'opera nell'odio antisionista verso gli ebrei, dobbiamo avere una certa comprensione della Terra Santa dell'Alleanza dal punto di vista dell'ebraismo che l'antisemita vorrebbe cancellare dal mondo. Qui scopriamo che l'antisemitismo dell'antisionista non è solo moralmente richiesto, ma anche ideologicamente necessario.
Dal punto di vista dell'ebraismo, la Terra Santa è santa non perché vi siano accaduti determinati eventi; piuttosto, certi eventi vi sono accaduti perché la Terra Santa è santa. Ciò significa che la sacralità dello Stato ebraico trascende i contesti storici e quindi conferisce significato a tali contesti. Si chiede Abraham Joshua Heschel: "What would be the face of Western history today, if the end of twentieth-century Jewish life would have been Bergen-Belsen, Dachau, Auschwitz? The State of Israel is not an atonement . . . . No act is as holy as the act of saving human life. The Holy Land, having offered haven to more than two million Jews, . . . has attained a new sanctity".<ref>Abraham Joshua Heschel, ''Israel: An Echo of Eternity'' (New York: Farrar, Straus and Giroux, 1969), 113. La stima 2025 della popolazione israeliana è di {{FORMATNUM:10094000}}, di cui [https://www.cbs.gov.il/en/mediarelease/Pages/2025/Israel-Independence-Day-2025.aspx 74% ca. sono ebrei].</ref> La Terra Santa ha raggiunto una rinnovata santità perché, come afferma [[Emmanuel Levinas]], "la Shoah ristabilisce il legame – che fino ad allora era stato incomprensibilmente nascosto – tra l'Israele di oggi e l'Israele della Bibbia".<ref>[[Emmanuel Levinas]], ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. {{en}} Sean Hand (Baltimore, MD: The Johns Hopkins University Press, 1990), 12 ― mia trad.</ref> L'oggetto dell'odio ebraico antisionista, come di ogni odio ebraico, è la Torah che rivela l'Alleanza della Terra e che "emana da Sion" ({{passo biblico2|Isaia|2:3}}; {{passo biblico2|Michea|4:2}}).
"Dobbiamo chiederci", scrive Emil Fackenheim, "se sia mai accaduto che, dopo due millenni, un popolo sia stato restituito alla sua lingua, al suo stato, alla sua terra. Senza un Libro – questo Libro – tale ritorno non avrebbe potuto avvenire. Questo è lo stupore comune che sta dietro a tutte le diversità religioso-secolari. Questa è l'esperienza comune che rende possibile un legame tra tutto Israele e la Torah".<ref>Emil L. Fackenheim, ''To Mend the World: Foundations of Post-Holocaust Jewish Thought'' (New York: Schocken Books, 1989), 328.</ref> Il desiderio antisemita di cancellare il Popolo del Libro dalla storia è un desiderio di cancellare la Torah stessa; senza il Popolo non c'è Torah, e senza la Torah non c'è Popolo, né Dio, né Israele. Scrive [[w:André Neher|André Neher]]:
{{citazione|Is not the State of Israel, in its very existence, a meta-state? And surely the [[Sorpresa|war launched against Israel on Yom Kippur, October 6, 1973]], was not only horizontal . . . . Zion, which is only a fragment of Jerusalem and the Land of Israel, is a word one can neither play around with, nor play tricks with, nor beat around the bush with. It is the key word of the “meta” of Jewish history. Through Zion, Zionism becomes bi-dimensional. The vertical is interlocked with the horizontal.|[[:en:w:André Neher|André Neher]], ''They Made Their Souls Anew'', trad. David Maisel (Albany, NY: SUNY Press, 1990), 58}}
Questa incursione del verticale nell'orizzontale è esattamente ciò contro cui si oppongono gli antisionisti. L'antisionismo è anti-Sion, il cui significato è rivelato dal profeta Michea, quando grida: "Poiché la Torah esce da Sion e la Parola di Dio da Gerusalemme" ({{passo biblico2|Michea|4:2}}). Se la Terra d'Israele non è la Terra Santa, allora la rivelazione sul Monte Sinai non ha alcun significato, la Torah non ha alcun significato e il popolo ebraico non ha alcun significato, questo è ciò che sostengono gli antisionisti. Se così fosse, allora l'assoluto divieto divino contro l'omicidio non avrebbe alcun significato.
Il divieto di omicidio e i comandamenti di amare il prossimo e lo straniero sono i comandamenti più fondamentali che collegano l'umanità sia a Dio che a Sion. Questo legame è ciò che rende Israele l’''Eretz HaKodesh'', la "Terra Santa". Lo Stato di Israele, insiste Levinas, "secondo la sua pura essenza [di santità], è possibile solo se penetrato dalla parola divina".<ref>[[Emmanuel Levinas]], "Zionisms", trad. Roland Lack, in Sean Hand, ed., ''The Levinas Reader'' (Oxford, UK: Basil Blackwell, 1989), 271.</ref> Poiché lo Stato di Israele è "penetrato dalla parola divina", ha un significato metafisico ineludibile, sia per gli ebrei che per le nazioni. E così, come afferma Levinas, "lo Stato d'Israele sarà religioso per l'intelligenza dei suoi grandi libri, che non è libero di dimenticare. Sarà religioso per l'azione stessa che lo istituisce come Stato. Sarà religioso o non sarà affatto".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 219.</ref> I libri sacri d'Israele, che gli antisemiti consegnano alle fiamme, fisicamente o filosoficamente, sono i contenitori della testimonianza che entra nel mondo attraverso il popolo ebraico e che emana da ''Eretz HaKodesh''.
Affermare che Gerusalemme rivesta un significato particolare per gli antisionisti di ogni tipo è un'ovvietà; si manifesta lungo uno spettro che va dalle obiezioni alla costruzione di scuole, case o ospedali israeliani all'interno di Gerusalemme alla richiesta di epurazione degli ebrei da Gerusalemme, dall'opposizione all'istituzione dell'ambasciata americana a Gerusalemme alla negazione che Gerusalemme sia la capitale dello Stato ebraico. Il significato di Gerusalemme nella coscienza religiosa ebraica fornisce una chiave per l'antisemitismo antisionista. Molte tradizioni parlano di una Gerusalemme celeste, denotando ancora una volta l'interconnessione tra verticale e orizzontale, ma non esiste una New York celeste, una Parigi celeste, né tantomeno una Roma celeste.
Gli ebrei non rivendicano Gerusalemme: Gerusalemme rivendica gli ebrei. Quando gli ebrei pregano il Santo, non si riferiscono mai a Gerusalemme come alla "nostra città", ma piuttosto come a ''irkha'', la "Tua città", cioè la città di Dio, invocando Dio come il ''Boneh Yerushalayim'', il "Costruttore di Gerusalemme". Come ''Boneh Yerushalayim'', Dio è lo ''Shokhen Yerushalayim'', "Colui che abita a Gerusalemme" (cfr. , ad esempio, {{passo biblico2|Salmi|135:21}}). Simbolizzando la luce di Dio e della Torah, Gerusalemme simboleggia la dimensione stessa dell'altezza che gli antisemiti antisionisti vorrebbero espellere da questo mondo. Mentre gli antisionisti bandirebbero gli ebrei da Gerusalemme, una comprensione ebraica del significato di Gerusalemme richiede un'apertura a ogni essere umano. Tale apertura è stata raggiunta solo da quando Gerusalemme è stata riunificata come capitale dello [[w:Guerra dei sei giorni|Stato ebraico nel 1967]]: da allora, chiunque venga in pace è libero di pregare nella Città Santa.<ref>Cosa non possibile prima del 1967.</ref> Le preghiere dell'umanità, e non solo degli ebrei, attraggono la santità del Santo nella Città Santa. Infatti, tramite Gerusalemme ognuno di noi è legato all'origine dell'umanità, ad Adamo e, attraverso Adamo, agli altri. "Nel luogo da cui fu presa la polvere di Adamo", sta scritto nel ''Tanna debe Eliyahu'', "lì fu costruito l'altare".<ref>''Tanna debe Eliyahu: The Lore of the School of Elijah'', trad. William G. Braude & Israel J. Kapstein (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1981), 411.</ref> In contrasto, basta guardare alla Mecca per capire cosa significhi il concetto di "città santa" nel mondo musulmano: è chiusa a tutti tranne che ai musulmani. Mentre la Mecca simboleggia la verità dell'Islam, Gerusalemme simboleggia la santità dell'umanità: questo è ciò che rende Gerusalemme la dimora di Dio. Questo è ciò che rende Gerusalemme la Città Santa.
Il Talmud narra che, dopo la distruzione del Secondo Tempio nel 70 EV, Dio esigette un giuramento dai Gentili e due giuramenti dagli Ebrei. I Gentili giurarono di non opprimere eccessivamente gli Ebrei. E gli Ebrei giurarono di non resistere ai loro persecutori, né di "scalare prematuramente il muro" per tornare a Gerusalemme (''Ketuvot'' 111a). Fackenheim era solito invocare questo passo ogni volta che parlava del ritorno degli ebrei nella Terra dell'Alleanza, in particolare del ritorno da Auschwitz a Gerusalemme. Che i [[w:goyim|gentili]] abbiano oppresso eccessivamente gli ebrei è evidente, così come lo è il fatto che molti di loro continuino a nutrire mire sterminatrici contro gli ebrei e lo Stato ebraico. Pertanto, la "prematura" scalata degli ebrei oltre le mura di Gerusalemme non avviene per sottrarsi ai loro persecutori, ma semplicemente per sottrarsi all'assassinio. I muri che gli ebrei hanno scalato per tornare a Gerusalemme sono gli stessi muri che gli antisionisti ricostruirebbero per tenere fuori gli ebrei.
Quale dovrebbe essere dunque la risposta ebraica all'antisemitismo antisionista, che significherebbe inevitabilmente la fine del popolo ebraico? La Torah ci avverte che "di fuori li priverà dei figli la spada, di dentro il terrore" ({{passo biblico2|Deuteronomio|32:25}}). In un commentario a questo passo biblico, il Talmud ci esorta a spostarci verso l'interno, sebbene anche lì il terrore minacci di privarci dei nostri figli (cfr. ''Bava Kama'' 60b). Avere una casa e un rifugio per il popolo ebraico non significa semplicemente sopravvivere: significa avere una comunità, un’''edah'', in ebraico, che è anche una "testimonianza", la testimonianza che gli antisemiti antisionisti vorrebbero epurare dal mondo. Significa testimoniare la santità dell'essere umano dall'interno del centro che comanda quella testimonianza. Significa una presenza ebraica a Gerusalemme e nella Terra Pattizia di Israele.
Levinas articola le implicazioni di questo terrore interno per una comprensione ebraica dell'antisemitismo antisionista affermando: "Non sentiamo qui... l'odore dei campi? La violenza non è più un fenomeno politico di guerra e pace, al di là di ogni moralità. È l'abisso di Auschwitz o il mondo in guerra... Bisogna tornare dentro, anche se dentro c'è terrore. Il fatto di Israele è forse unico? Non ha forse il suo pieno significato perché si applica a tutta l'umanità? Tutti gli uomini sono sul punto di trovarsi nella situazione dello Stato di Israele. Lo Stato di Israele è una categoria".<ref>''Ibid.'', 190–191.</ref> Quindi, dopo la [[Shoah]], afferma Levinas, "l’ebraismo non è più solo un insegnamento le cui tesi possono essere vere o false; ''l’esistenza ebraica stessa è un evento essenziale dell’essere; l’esistenza ebraica è una categoria dell'essere''".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 183; corsivo nell'originale – mia trad.</ref> Applicandosi a tutta l'umanità, lo Stato di Israele è più di una "categoria dell'essere": è una categoria ''metafisica'' che rivela l'origine metafisica dell'antisemitismo nella sua manifestazione antisionista. Le diatribe degli antisemiti antisionisti puzzano dell'odore dei campi, e puzzano in modo ancora più disgustoso nelle ipocrite denunce contro gli israeliani, che trasudano dalle bocche dei cristiani e degli intellettuali liberali. In entrambi, scopriamo che le vecchie manifestazioni di odio per gli ebrei si rivelano eterne. L'antisionismo cristiano liberale ha implicazioni che fanno il gioco della teologia supersessionista. L'antisionismo intellettuale di sinistra è l'espressione di moda dell'odio per gli ebrei, riconducibile a ciò che abbiamo visto nell'Illuminismo e nel liberalismo socialista che ne è seguito.
=== L'indignazione morale dell'antisionismo di sinistra ===
[[:en:w:Franklin Littell|Franklin Littell]] scrive: "The rage for universal truths, accompanied by abandonment of holy events and the Scriptures that record them, came to dominate university thinking following the Enlightenment. It is this style of thinking that is the most fertile single source of liberal Antisemitism – whether religious or secular".<ref>Franklin H. Littell, ''The Crucifixion of the Jews: The Failure of Christians to Understand the Jewish Experience'' (Macon, GA: Mercer University Press, 1986), 38–39.</ref> Il liberale dell'estrema sinistra, religioso o laico che sia, deve essere antisionista per la stessa ragione per cui un intellettuale liberale dell'Illuminismo deve essere antisemita: entrambi mascherano il loro odio per gli ebrei con la scusa della tolleranza, dichiarando che l'individuo ebreo merita la stessa considerazione di qualsiasi altro essere umano, ma il popolo ebraico non merita nulla in quanto "popolo a parte", men che meno uno Stato ebraico. "Una forma di antisemitismo", spiega [[:en:w:David Matas|David Matas]], "nega agli ebrei l'accesso a beni e servizi perché sono ebrei. Un'altra forma di antisemitismo nega il diritto del popolo ebraico a esistere come popolo perché è ebreo. Gli antisionisti distinguono tra i due. Per l'antisionista, l'ebreo può esistere come individuo purché gli ebrei non esistano come popolo".<ref>Matas, ''Aftershock'', 113 – mia trad.</ref> Eppure, senza il popolo ebraico e la Torah che lo definisce, non esiste alcun individuo ebreo: se lo Stato ebraico non ha "diritto di esistere", allora nemmeno l'individuo può esistere come ebreo.
Esistono numerosi esempi di antisemitismo antisionista cristiano nella sinistra cristiana. Ad esempio, "the Unitarian Universalist program ‘Toward Peace and Justice in the Middle East’ [from 2002]", nota Kressel, "strongly condemns Israel in very specific terms for its ‘occupation’ and specifically calls for various acts against the Jewish state, including divestment and withholding of weaponry key to its defense".<ref>Kressel, "The Sons of Pigs and Apes", 80.</ref> L'[[w:Unitariani universalisti|Universalismo unitario universalista]] deve ''ipso facto'' respingere l'idea di uno Stato composto principalmente da ebrei, anche se ciò significa renderli indifesi di fronte a nemici che hanno giurato di annientarli. In un altro esempio noto, durante la sua 216ª Assemblea Generale a Richmond, in Virginia, dal 26 giugno al 3 luglio 2004, la [[w:Presbyterian Church (USA)|Chiesa Presbiteriana degli Stati Uniti]] ha deciso di avviare un processo di disinvestimento selettivo e graduale dalle società operanti in Israele. Qui gli antisemiti antisionisti sono così accecati dal loro odio da non riuscire a vedere l'ovvio, ovvero che l'economia palestinese è interconnessa a quella israeliana: danneggiare l'una significa danneggiare anche l'altra. Considerando le innovazioni israeliane nell'alta tecnologia, nella produzione agricola e nella medicina, inoltre, viene da chiedersi se l'odio di questi protestanti liberali per lo Stato ebraico prevalga sul loro amore per l'umanità.
Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, nell'aprile-maggio 2002 l'occupazione della [[w:Basilica della Natività|Basilica della Natività a Betlemme]] da parte dei [[w:assedio alla basilica della Natività|terroristi palestinesi]] offrì alla Chiesa una drammatica opportunità per dimostrare al mondo di essersi liberata dall'odio secolare verso gli ebrei. Ma i funzionari ecclesiastici rimasero in silenzio. Quando Papa Giovanni Paolo II si trovava in Siria il 5 maggio 2001, il genocida [[w:Bashar al-Assad|Bashar al-Assad]] lo accolse dichiarando che gli ebrei erano decisi a distruggere i principi della religione "con la stessa mentalità con cui hanno tradito Gesù Cristo". Poche settimane prima del suo incontro con il Pontefice, al-Assad aveva dichiarato che gli israeliani erano peggiori razzisti dei nazisti. In entrambe le occasioni il Papa non disse nulla.<ref>Cfr. Eric J. Greenberg, "Open Season on Jews", ''The Jewish Week'', 11 maggio 2001.</ref>
Con l'emergere della sinistra marxista, i sovietici assunsero una funzione simile a quella che la Chiesa aveva svolto, come ha sottolineato [[:en:w:Joel Carmichael|Joel Carmichael]]. Tra le élite della sinistra intellettuale, osserva, i sionisti divennero "the quintessential expression of an Evil People..., both universally potent and satanically evil, powered by a demented urge for world rule... The only bulwark against the satanic array was the Soviet Union, like the Church in classical Christian theology".<ref>Joel Carmichael, ''The Satanizing of the Jews: Origin and Development of Mystical Anti-Semitism'' (New York: Fromm International Publishing Corporation, 1992), 192.</ref> La campagna dell'Unione Sovietica contro i sionisti si rifletteva più profondamente nella sua feroce oppressione degli ebrei sovietici, cementando il legame tra antisionismo e antisemitismo. Non sorprende che il principale ambito in cui questo odio antisionista verso gli ebrei trovò una certa risonanza in Occidente fu tra gli intellettuali di sinistra.
Questa versione laica di sinistra dell'"antisionismo negazionista", come lo chiama Wistrich, è una forma di antisemitismo "that delegitimizes and dehumanizes Israel [and is] not only Manichean in the philosophical sense, but totalitarian in its political essence, and ''theological'' in its insistence that Israel was ‘born in sin’".<ref>Wistrich, ''A Lethal Obsession'', 62; corsivo nell'originale.</ref> Tra le icone più note della sinistra liberale c'era [[w:Edward Said|Edward Said]] (1935-2003) della Columbia University. Afferma [[:en:w:Martin Kramer|Martin Kramer]]: "With Said, Middle Eastern studies became a field where scholarship took a backseat to advocacy, where a few biases became the highest credentials, where dissenting views became thought-crimes... The struggle was against an axis of evil comprised of Western orientalism, American imperialism, and Israeli Zionism".<ref>Cfr. Martin Kramer, "Columbia University: The Future of Middle Eastern Studies at Stake", in Manfred Gerstenfeld, ed., ''Academics Against Israel and the Jews'' (Jerusalem: Jerusalem Center for Public Affairs, 2007), 103.</ref> Tutti questi antisemiti antisionisti accusano Israele del male in atto, dall'oppressione colonialista allo sterminio nazionalsocialista. Non discutono, incitano.
=== "Are we going to do this ''again''?" ===
=== Antisionismo moralmente richiesto: Jihad islamica e la sinistra ===
{{clear}}
{{Immagine grande|May our eyes behold your return in mercy to Zion.jpg|1010px|Incisione di [[:en:w:Ephraim Moses Lilien|Ephraim Moses Lilien]], realizzata per il V Congresso Sionista, svoltosi a Basilea, in Svizzera, nel 1901. L'iscrizione in ebraico in basso è la preghiera: "Possano i nostri occhi contemplare il Tuo ritorno misericordioso a Sion" (dall’''[[w:Amidah|Amidah]]'').}}
== Note ==
[[File:Lieder des Ghetto 11.jpg|179px|right|"Zion" di Ephraim Moses Lilien (1903)]]
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie letteratura moderna}}
<div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div>
{{Avanzamento|50%|22 giugno 2025}}
[[Categoria:Connessioni|Capitolo 7]]
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== Antisionismo: un antisemitismo moralmente richiesto ==
Due eventi dell'ultimo secolo hanno scosso profondamente la storia ebraica, come anche la storia dell'umanità: l'Olocausto e la rinascita dello Stato ebraico. Dal punto di vista della tradizione sacra ebraica, entrambi gli eventi si inseriscono nella storia sacra ebraica. Se i racconti scaturiti dall'Olocausto possono essere considerati i racconti di una nuova Bibbia, come affermò [[Primo Levi]],<ref>[[Primo Levi]], ''Se questo è un uomo'', ''ad loc.''.</ref> lo stesso si potrebbe dire del racconto dello Stato ebraico nato nonostante l'Olocausto. "La speranza messianica è morta durante l'Olocausto", [[w:Emil Fackenheim|Emil Fackenheim]] articola una delle implicazioni di questa svolta degli eventi. "Lo Stato di Israele post-Olocausto l'ha resuscitata".<ref>Emil L. Fackenheim, ''What Is Judaism?'' (New York: Macmillan, 1987), 268–269.</ref> Se questa storia ha dimostrato qualcosa, ha dimostrato che uno Stato ebraico è indispensabile per qualsiasi speranza di futuro per il popolo ebraico. Questo cambiamento nella condizione ebraica è una caratteristica distintiva dell'era post-Olocausto, un'era oscurata da un antisionismo sterminazionista che getta la sua ombra su tutta l'umanità. È l'ombra di Auschwitz stessa. Proprio come la negazione di Auschwitz è una negazione del popolo ebraico come popolo con un passato, così l'opposizione all'esistenza dello Stato ebraico è un'opposizione al popolo ebraico come popolo con un futuro. E il futuro dell'umanità dipende dal futuro del popolo ebraico come popolo scelto per testimoniare la sacralità di ogni essere umano.
La manifestazione antisionista dell'antisemitismo è particolarmente insidiosa. Mentre l'odio per gli ebrei può essere politicamente impopolare – almeno ufficialmente – l'odio per lo Stato ebraico tra gli estremisti di destra, i jihadisti islamici e gli intellettuali di sinistra è diventato, in molti ambienti, non solo di moda, ma moralmente necessario. Né gli ebrei tra gli intellettuali di sinistra sono immuni da questa forma di antisemitismo moralmente necessaria. Nel giugno 2020, ad esempio, 400 studiosi di studi ebraici, desiderosi di essere riconosciuti come "buoni ebrei", hanno firmato un documento in cui denunciavano la proposta di Israele di estendere l'autorità civile sulle aree in cui vivono gli ebrei in Cisgiordania; hanno etichettato Israele come uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità, con l'implicazione che lo stato ebraico sia paragonabile al Reich nazista.<ref>Ben Sales, "400 Jewish Studies Scholars Denounce Israel as ‘Apartheid’ and a ‘Crime Against Humanity", ''Cleveland Jewish News'', 12 giugno 2020. Tra coloro che hanno firmato la dichiarazione figurano notabili come Zachary Braiterman, Steven Zipperstein, Marc Ellis, Paul Mendes-Flohr, Amos Goldberg, Elliot Wolfson, Alon Confino, Jonathan Judaken, Barry Holtz, Omer Bartov, Sidra DeKoven Ezrahi, Steven Jacobs, Robert Alter, e Susannah Heschel.</ref> Come sottolinea [[:en:w:Matthias Küntzel|Matthias Küntzel]], la proiezione del termine "nazista" sull'ebreo è "a specific form of Holocaust denial, one which legitimates the pursuit of an anti-Jewish extermination policy".<ref>Matthias Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred: Islamism, Nazism and the Roots of 9/11'', trad. Colin Meade (New York: Telos Press, 2007), 118.</ref> In effetti, essendo arrivato a significare il più atroce dei mali, il termine nazista è una designazione attribuita a chiunque meriti moralmente l'annientamento. Mentre, come molti altri liberali di questo tipo, coloro che hanno firmato il documento sarebbero inorriditi dall'idea che una simile mossa sia antisemita, si crogiolano nella loro ipocrita indignazione morale, giudicando lo stato ebraico di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità. Cosa, ci chiediamo, si deve fare con uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità? Cosa è moralmente richiesto in una situazione del genere?
Odiare uno Stato è molto più comodo che odiare un essere umano. Uno Stato non è fatto di carne e sangue. Uno Stato non ha un volto che possa proibire l'omicidio. Si può "smantellare" uno Stato, ma non si può uccidere un essere umano, almeno non senza prima disumanizzarlo. Eppure lo smantellamento dello Stato ebraico, moralmente richiesto, si tradurrebbe inevitabilmente nell'assassinio di un numero incalcolabile di esseri umani, a cominciare dagli ebrei. L'antica patria degli ebrei, la Terra dell'Alleanza, è stata ristabilita non solo come Stato ebraico, ma come rifugio per gli ebrei che vivono in un mondo storicamente ostile agli ebrei. Nella sua forma antisionista, l'antisemitismo promuove l'abbandono degli ebrei a tale ostilità. È una forma comoda di antisemitismo. È di moda. In effetti, per chiunque etichetti Israele come razzista o colonialista, come violatore dei diritti umani o autore di crimini contro l'umanità, l'antisionismo è moralmente obbligatorio. Perché tutti questi epiteti sono sinonimi di male.
Questo mio Capitolo si concentrerà in generale sull'antisemitismo antisionista di sinistra, che è particolarmente preoccupante. La maggior parte delle persone se lo aspetta dai suprematisti bianchi e dai jihadisti islamici; anzi, coloro che si identificano come nazisti o jihadisti si vantano del loro odio per gli ebrei. Tuttavia, l'élite intellettuale di sinistra, nei campus e all'interno della cultura, è presumibilmente nota per la sua tolleranza liberale e la sua generosa longanimità. Ma prima consideriamo un po' il contesto storico dell'antisionismo.
L'attacco antisemita ai sionisti e al sionismo si ritrova nel discorso dell'ideologia nazionalsocialista fin dai primi giorni del Partito Nazista. Nel 1921 Alfred Rosenberg pubblicò la sua diatriba ''Der staatsfeindliche Zionismus'' (Sionismo: nemico dello Stato), in cui sosteneva che il sionismo fosse una strategia ebraica per il dominio del mondo. Già prima della formazione del Partito Nazista nel 1920, afferma Hitler, durante i suoi anni a Vienna (1907-1913) scoprì il "carattere nazionale degli ebrei" – ovvero il loro vero male – "nei sionisti".<ref>Adolf Hitler, ''Mein Kampf'', trad. {{en}} Ralph Manheim (Boston, MA: Houghton Mifflin, 1971), 56.</ref> Egli afferma:
{{citazione|Mentre i sionisti cercano di far credere al resto del mondo che la coscienza nazionale degli ebrei trovi la sua soddisfazione nella creazione di uno stato palestinese, gli ebrei, ancora una volta, ingannano astutamente gli stupidi ''goyim''. Non viene loro nemmeno in mente di costruire uno stato ebraico in Palestina per viverci; tutto ciò che vogliono è un'organizzazione centrale per la loro truffa internazionale.|''Ibid.'', 325 - mia trad.}}
Pertanto, "lo Stato ebraico", secondo il Führer, "è completamente illimitato in termini di territorio".<ref>''Ibid.'', 301.</ref> Né tale pensiero era confinato alla Germania nazista. Nel 1924, il politico polacco [[w:Roman Dmowski|Roman Dmowski]] (1864-1939) sostenne che l'obiettivo del sionismo fosse quello di creare "la base operativa per l'azione in tutto il mondo".<ref>Roman Dmowski, “The Jews and the War,” trad. Richard S. Levy, in Richard S. Levy, ed. ''Antisemitism in the Modern World: An Anthology of Texts'' (Lexington, MA: D. C. Heath and Company, 1991), 184.</ref> E le misure adottate per contrastare lo Stato ebraico dovevano essere altrettanto globali.
Ripetendo la caratterizzazione nazista del movimento sionista, Sayyid Qutb considerava lo Stato ebraico parte di una "cospirazione sionista universale; anzi, come Hitler, considerava il marxismo e il sionismo parte di un'unica cospirazione".<ref>Cfr. Ronald L. Nettler, ''Past Trials and Present Tribulations: A Muslim Fundamentalist’s View of the Jews'' (Oxford, UK: Pergamon, 1987), 49, 55.</ref> Risalente al diciannovesimo secolo, un'immagine familiare impiegata da nazisti e jihadisti per illustrare la minaccia sionista mostra una piovra con i suoi tentacoli mortali avvolti intorno all'intero globo, con una Stella di David incisa sulla testa.<ref>"A Short History of the Jewish/Zionist Octopus in Antisemitic Cartoons", ''Elder of Ziyon'', 20 aprile 2020.</ref> Quando nel dicembre 1948 i Fratelli Musulmani furono banditi in Egitto, il loro leader Hasan al-Banna incolpò il sionismo internazionale.<ref>Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred'', 54–55.</ref> Nel 1950, lo studioso islamico Abd al-Rahman Sami Ismat scrisse: "Gli ebrei e il sionismo sono come un albero malvagio. La sua radice è a New York, i suoi rami in tutto il mondo, le sue foglie sono gli ebrei – tutti loro, vecchi e giovani, maschi e femmine, senza eccezione, sono le sue foglie spinose e le sue spine avvelenate, e il veleno è rapido e mortale".<ref>Citato in Bernard Lewis, ''Semites and Anti-Semites: An Inquiry into Conflict and Prejudice'' (New York: W. W. Norton, 1986), 15 - mia trad.</ref> Anni dopo, il sistema di trasmissione Al-Manar di Hezbollah ha ripetutamente descritto "il conflitto israelo-palestinese come una parte fondamentale di uno sforzo più ampio per fermare il ‘cancro’ del sionismo".<ref>Avi Jorisch, ''Beacon of Hatred: Inside Hizballah’s Al-Manar Television'' (Washington, DC: Washington Institute for Near East Policy, 2004), 68.</ref> L'articolo trentadue della Carta di Allah di Hamas afferma: "Dopo la Palestina, i sionisti aspirano a espandersi dal Nilo all'Eufrate" e "il loro piano è incarnato nei ''Protocolli degli Anziani di Sion''".<ref>Citato in Dimitry Kapustyan e Matt Nelson, ''The Soul of Terror: The Worldwide Conflict Between Islamic Terrorism and the Modern World'' (Washington, DC: International Affairs Press, 2007), 147–148.</ref> Ancora una volta, quella che in realtà è la lotta degli antisionisti per controllare il mondo è presentata in termini di salvataggio di quel mondo.
Qui abbiamo un esempio archetipico di ciò che Neil Kressel chiama "''Protocols'' thinking", ovvero il pensiero che procede dalla premessa che lo Stato ebraico non sia altro che una base operativa da cui gli ebrei intendono governare nefastamente il mondo.<ref>Neil J. Kressel, ''“The Sons of Pigs and Apes”: Muslim Antisemitism and the Conspiracy of Silence'' (Washington, DC: Potomac Books, 2012), 41.</ref> Tale pensiero proietta gli ebrei nello stampo di una presenza malvagia, satanica e invisibile che si annida in tutta la creazione, seminando scompiglio e male. Il dominio globale che l'antisemita teme è la richiesta etica onnicomprensiva che emana dal Monte Sinai attraverso gli ebrei e nel mondo. In effetti, il ''Midrash'' afferma che Dio rivelò la Sua [[Torah]] al di fuori della Terra Santa, affinché gli ebrei non fossero così presuntuosi né le nazioni così compiacenti da pensare che si applicasse solo agli ebrei (''Mekilta de-Rabbi Ishmael, Bachodesh'' 5). L'antisemita antisionista non teme nulla più di questa esigenza etica trascendente e assoluta che incombe su ogni essere umano, sia dall'interno che dall'esterno, prima di ogni contingenza ontologica.
Osserva [[w:Rosemary Radford Ruether|Rosemary Radford Ruether]],: "There is no doubt that anti-Zionism has become a way of reviving the myth of the ‘perennial evil nature of the Jews’".<ref>Rosemary Radford Ruether, ''Faith and Fratricide: The Theological Roots of Anti-Semitism'' (New York: Seabury Press, 1974), 227.</ref> Analogamente, [[w:Walter Laqueur|Walter Laqueur]] ha sostenuto che "non esiste una linea di confine netta" tra antisemitismo e antisionismo.<ref>Walter Laqueur, ''The Changing Face of Antisemitism: From Ancient Times to the Present Day'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 2006), 7.</ref> Queste affermazioni, tuttavia, devono essere considerate nel contesto. Prima dell'Olocausto, [[Franz Rosenzweig]] poteva aggrapparsi alla speranza del dopoguerra che forse gli ebrei avrebbero trovato un posto nel mondo, dopotutto, e che forse non ci fosse bisogno del rifugio che solo lo Stato ebraico poteva offrire.<ref>Cfr. [[Franz Rosenzweig]], ''On Jewish Learning'', ed. N. N. Glatzer (New York: Schocken Books, 1955), 64.</ref> Nell'era post-Olocausto non può esserci una tale speranza. Poiché l'obiettivo del sionismo è quello di creare un rifugio per il popolo ebraico, in un mondo post-Olocausto gli antisionisti devono negare che l'Olocausto sia avvenuto o desiderare che accada di nuovo. Negare allo Stato ebraico il diritto di esistere significa negare al popolo ebraico il diritto di vivere. Persino l'affermazione che "Israele ha il diritto di esistere" sa di antisemitismo. Cina, India o Canada hanno forse il "diritto di esistere"? Nessun altro Paese deve costantemente difendere la necessità di garantire la propria stessa esistenza.
"Si può essere un ardente odiatore di Israele e, allo stesso tempo, non nutrire alcun rancore verso gli ebrei?", si chiede Kressel. "La risposta, credo, è no".<ref>Kressel, “The Sons of Pigs and Apes,” 187.</ref> Eppure "per nascondere il loro antisemitismo", sottolineano [[w:Dennis Prager|Dennis Prager]] e [[:en:w:Joseph Telushkin|Joseph Telushkin]], "i nemici degli ebrei usano quasi sempre la parola ‘sionista’ quando intendono gli ebrei".<ref>Dennis Prager e Joseph Telushkin, ''Why the Jews? The Reason for Antisemitism'' (New York: Simon & Schuster, 2003), 157 – mia trad.</ref> Il punto è sia nascondere il loro antisemitismo sia giustificarlo moralmente. Nella maggior parte dei casi, la manifestazione antisionista dell'antisemitismo è la più perfida perché, come sottolineano Prager e Telushkin, "è la prima forma di odio verso gli ebrei a negare di odiare gli ebrei".<ref>''Ibid.'', 155.</ref> Pertanto, non solo questa forma di odio verso gli ebrei nega di odiare gli ebrei, ma, ancora una volta, l'implicazione è che sia, ciononostante, moralmente obbligata a farlo.
[[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]] identifica tre livelli di antisionismo: primo, "Jews are not entitled to a nation-state of their own, a denial, in other words, of the right of Israel to exist". Secondo, "the existence of Israel is merely an aberration. It is responsible for all the evils of the world". Terzo, quello che Sacks chiama "the bridge from anti-Zionism to antisemitism" è la visione secondo cui "all Jews are Zionists; therefore all Jews are responsible for the sufferings caused by Israel; therefore all Jews are legitimate targets of attack".<ref>Jonathan Sacks, ''Future Tense: Jews, Judaism, and Israel in the Twenty-First Century'' (New York: Schocken Books, 2010), 97–98.</ref> La visione di Sacks è perspicace ma, a mio avviso, errata sotto un aspetto: nel contesto post-Olocausto non esiste un "ponte" dall'antisionismo all'antisemitismo: l'antisionismo è antisemita fin dall'inizio. Tuttavia, Sacks articola succintamente il genio insidioso dell'antisemitismo antisionista: "The Holocaust is the worst crime of human being against human being . . . . Israel behaves towards the Palestinians as the Nazis behaved towards Jews . . . . If, therefore, you oppose antisemitism – which, as a civilised human being, you must – you must oppose the state of Israel and all those who support it, who happen to be Jews".<ref>''Ibid.'', 101.</ref> Il paragone tra Israele e i nazisti è la chiave per comprendere la natura perniciosa dell'antisemitismo antisionista.
Facendo un simile paragone, osserva Robert Wistrich, "one is finally free to express in politically correct anti-Zionist language those sentiments that have not been entirely respectable among educated people since 1945 – namely dislike of Jews".<ref>Robert S. Wistrich, ''A Lethal Obsession: Antisemitism from Antiquity to the Global Jihad'' (New York: Random House, 2010), 630–631.</ref> Ciò che deve essere chiaro, tuttavia, è che l'amalgama precede l'accusa. Spiega [[:en:w:David Matas|David Matas]]: "Anti-Zionists move from opposition to Israel to charges against Israel rather than from wrongdoing by Israel to anti-Zionism... What matters is the condemnation itself. For anti-Zionists, the more repugnant the accusation made against Israel the better".<ref>David Matas, ''Aftershock: Anti-Zionism and Antisemitism'' (Toronto: Dundurn, 2005), 53.</ref> In altre parole, come tutti gli antisemiti, gli antisionisti si oppongono allo Stato ebraico non per le sue politiche, ma per la sua presenza. In effetti, qualunque sia il male attuale – razzismo, colonialismo, imperialismo, apartheid, pulizia etnica, crimini contro l'umanità o genocidio – gli antisionisti applicheranno l'etichetta allo Stato ebraico. Come gli antisemiti religiosi e laici del diciannovesimo secolo, gli antisionisti religiosi e laici condividono un'indignazione ipocrita per l'esistenza stessa dello Stato ebraico, proprio perché loro stessi sarebbero la misura morale dell'umanità.
=== Antisionismo e anti-Terra Santa ===
Mentre gli antisionisti di destra e i jihadisti vorrebbero usurpare o comunque appropriarsi della religione rivelata, gli intellettuali di sinistra considerano la religione rivelata una curiosità culturale o un oggetto di disprezzo. Abbiamo visto che l'oggetto dell'odio antisemita verso gli ebrei non sono solo gli ebrei, ma anche l'ebraismo che li rende ciò che sono. Per l'antisionista, l'oggetto di quell'odio non è solo l'"entità sionista", ma anche l'ebraismo che rende sacra la Terra Santa. Pertanto, se vogliamo comprendere cosa sia all'opera nell'odio antisionista verso gli ebrei, dobbiamo avere una certa comprensione della Terra Santa dell'Alleanza dal punto di vista dell'ebraismo che l'antisemita vorrebbe cancellare dal mondo. Qui scopriamo che l'antisemitismo dell'antisionista non è solo moralmente richiesto, ma anche ideologicamente necessario.
Dal punto di vista dell'ebraismo, la Terra Santa è santa non perché vi siano accaduti determinati eventi; piuttosto, certi eventi vi sono accaduti perché la Terra Santa è santa. Ciò significa che la sacralità dello Stato ebraico trascende i contesti storici e quindi conferisce significato a tali contesti. Si chiede Abraham Joshua Heschel: "What would be the face of Western history today, if the end of twentieth-century Jewish life would have been Bergen-Belsen, Dachau, Auschwitz? The State of Israel is not an atonement . . . . No act is as holy as the act of saving human life. The Holy Land, having offered haven to more than two million Jews, . . . has attained a new sanctity".<ref>Abraham Joshua Heschel, ''Israel: An Echo of Eternity'' (New York: Farrar, Straus and Giroux, 1969), 113. La stima 2025 della popolazione israeliana è di {{FORMATNUM:10094000}}, di cui [https://www.cbs.gov.il/en/mediarelease/Pages/2025/Israel-Independence-Day-2025.aspx 74% ca. sono ebrei].</ref> La Terra Santa ha raggiunto una rinnovata santità perché, come afferma [[Emmanuel Levinas]], "la Shoah ristabilisce il legame – che fino ad allora era stato incomprensibilmente nascosto – tra l'Israele di oggi e l'Israele della Bibbia".<ref>[[Emmanuel Levinas]], ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. {{en}} Sean Hand (Baltimore, MD: The Johns Hopkins University Press, 1990), 12 ― mia trad.</ref> L'oggetto dell'odio ebraico antisionista, come di ogni odio ebraico, è la Torah che rivela l'Alleanza della Terra e che "emana da Sion" ({{passo biblico2|Isaia|2:3}}; {{passo biblico2|Michea|4:2}}).
"Dobbiamo chiederci", scrive Emil Fackenheim, "se sia mai accaduto che, dopo due millenni, un popolo sia stato restituito alla sua lingua, al suo stato, alla sua terra. Senza un Libro – questo Libro – tale ritorno non avrebbe potuto avvenire. Questo è lo stupore comune che sta dietro a tutte le diversità religioso-secolari. Questa è l'esperienza comune che rende possibile un legame tra tutto Israele e la Torah".<ref>Emil L. Fackenheim, ''To Mend the World: Foundations of Post-Holocaust Jewish Thought'' (New York: Schocken Books, 1989), 328.</ref> Il desiderio antisemita di cancellare il Popolo del Libro dalla storia è un desiderio di cancellare la Torah stessa; senza il Popolo non c'è Torah, e senza la Torah non c'è Popolo, né Dio, né Israele. Scrive [[w:André Neher|André Neher]]:
{{citazione|Is not the State of Israel, in its very existence, a meta-state? And surely the [[Sorpresa|war launched against Israel on Yom Kippur, October 6, 1973]], was not only horizontal . . . . Zion, which is only a fragment of Jerusalem and the Land of Israel, is a word one can neither play around with, nor play tricks with, nor beat around the bush with. It is the key word of the “meta” of Jewish history. Through Zion, Zionism becomes bi-dimensional. The vertical is interlocked with the horizontal.|[[:en:w:André Neher|André Neher]], ''They Made Their Souls Anew'', trad. David Maisel (Albany, NY: SUNY Press, 1990), 58}}
Questa incursione del verticale nell'orizzontale è esattamente ciò contro cui si oppongono gli antisionisti. L'antisionismo è anti-Sion, il cui significato è rivelato dal profeta Michea, quando grida: "Poiché la Torah esce da Sion e la Parola di Dio da Gerusalemme" ({{passo biblico2|Michea|4:2}}). Se la Terra d'Israele non è la Terra Santa, allora la rivelazione sul Monte Sinai non ha alcun significato, la Torah non ha alcun significato e il popolo ebraico non ha alcun significato, questo è ciò che sostengono gli antisionisti. Se così fosse, allora l'assoluto divieto divino contro l'omicidio non avrebbe alcun significato.
Il divieto di omicidio e i comandamenti di amare il prossimo e lo straniero sono i comandamenti più fondamentali che collegano l'umanità sia a Dio che a Sion. Questo legame è ciò che rende Israele l’''Eretz HaKodesh'', la "Terra Santa". Lo Stato di Israele, insiste Levinas, "secondo la sua pura essenza [di santità], è possibile solo se penetrato dalla parola divina".<ref>[[Emmanuel Levinas]], "Zionisms", trad. Roland Lack, in Sean Hand, ed., ''The Levinas Reader'' (Oxford, UK: Basil Blackwell, 1989), 271.</ref> Poiché lo Stato di Israele è "penetrato dalla parola divina", ha un significato metafisico ineludibile, sia per gli ebrei che per le nazioni. E così, come afferma Levinas, "lo Stato d'Israele sarà religioso per l'intelligenza dei suoi grandi libri, che non è libero di dimenticare. Sarà religioso per l'azione stessa che lo istituisce come Stato. Sarà religioso o non sarà affatto".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 219.</ref> I libri sacri d'Israele, che gli antisemiti consegnano alle fiamme, fisicamente o filosoficamente, sono i contenitori della testimonianza che entra nel mondo attraverso il popolo ebraico e che emana da ''Eretz HaKodesh''.
Affermare che Gerusalemme rivesta un significato particolare per gli antisionisti di ogni tipo è un'ovvietà; si manifesta lungo uno spettro che va dalle obiezioni alla costruzione di scuole, case o ospedali israeliani all'interno di Gerusalemme alla richiesta di epurazione degli ebrei da Gerusalemme, dall'opposizione all'istituzione dell'ambasciata americana a Gerusalemme alla negazione che Gerusalemme sia la capitale dello Stato ebraico. Il significato di Gerusalemme nella coscienza religiosa ebraica fornisce una chiave per l'antisemitismo antisionista. Molte tradizioni parlano di una Gerusalemme celeste, denotando ancora una volta l'interconnessione tra verticale e orizzontale, ma non esiste una New York celeste, una Parigi celeste, né tantomeno una Roma celeste.
Gli ebrei non rivendicano Gerusalemme: Gerusalemme rivendica gli ebrei. Quando gli ebrei pregano il Santo, non si riferiscono mai a Gerusalemme come alla "nostra città", ma piuttosto come a ''irkha'', la "Tua città", cioè la città di Dio, invocando Dio come il ''Boneh Yerushalayim'', il "Costruttore di Gerusalemme". Come ''Boneh Yerushalayim'', Dio è lo ''Shokhen Yerushalayim'', "Colui che abita a Gerusalemme" (cfr. , ad esempio, {{passo biblico2|Salmi|135:21}}). Simbolizzando la luce di Dio e della Torah, Gerusalemme simboleggia la dimensione stessa dell'altezza che gli antisemiti antisionisti vorrebbero espellere da questo mondo. Mentre gli antisionisti bandirebbero gli ebrei da Gerusalemme, una comprensione ebraica del significato di Gerusalemme richiede un'apertura a ogni essere umano. Tale apertura è stata raggiunta solo da quando Gerusalemme è stata riunificata come capitale dello [[w:Guerra dei sei giorni|Stato ebraico nel 1967]]: da allora, chiunque venga in pace è libero di pregare nella Città Santa.<ref>Cosa non possibile prima del 1967.</ref> Le preghiere dell'umanità, e non solo degli ebrei, attraggono la santità del Santo nella Città Santa. Infatti, tramite Gerusalemme ognuno di noi è legato all'origine dell'umanità, ad Adamo e, attraverso Adamo, agli altri. "Nel luogo da cui fu presa la polvere di Adamo", sta scritto nel ''Tanna debe Eliyahu'', "lì fu costruito l'altare".<ref>''Tanna debe Eliyahu: The Lore of the School of Elijah'', trad. William G. Braude & Israel J. Kapstein (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1981), 411.</ref> In contrasto, basta guardare alla Mecca per capire cosa significhi il concetto di "città santa" nel mondo musulmano: è chiusa a tutti tranne che ai musulmani. Mentre la Mecca simboleggia la verità dell'Islam, Gerusalemme simboleggia la santità dell'umanità: questo è ciò che rende Gerusalemme la dimora di Dio. Questo è ciò che rende Gerusalemme la Città Santa.
Il Talmud narra che, dopo la distruzione del Secondo Tempio nel 70 EV, Dio esigette un giuramento dai Gentili e due giuramenti dagli Ebrei. I Gentili giurarono di non opprimere eccessivamente gli Ebrei. E gli Ebrei giurarono di non resistere ai loro persecutori, né di "scalare prematuramente il muro" per tornare a Gerusalemme (''Ketuvot'' 111a). Fackenheim era solito invocare questo passo ogni volta che parlava del ritorno degli ebrei nella Terra dell'Alleanza, in particolare del ritorno da Auschwitz a Gerusalemme. Che i [[w:goyim|gentili]] abbiano oppresso eccessivamente gli ebrei è evidente, così come lo è il fatto che molti di loro continuino a nutrire mire sterminatrici contro gli ebrei e lo Stato ebraico. Pertanto, la "prematura" scalata degli ebrei oltre le mura di Gerusalemme non avviene per sottrarsi ai loro persecutori, ma semplicemente per sottrarsi all'assassinio. I muri che gli ebrei hanno scalato per tornare a Gerusalemme sono gli stessi muri che gli antisionisti ricostruirebbero per tenere fuori gli ebrei.
Quale dovrebbe essere dunque la risposta ebraica all'antisemitismo antisionista, che significherebbe inevitabilmente la fine del popolo ebraico? La Torah ci avverte che "di fuori li priverà dei figli la spada, di dentro il terrore" ({{passo biblico2|Deuteronomio|32:25}}). In un commentario a questo passo biblico, il Talmud ci esorta a spostarci verso l'interno, sebbene anche lì il terrore minacci di privarci dei nostri figli (cfr. ''Bava Kama'' 60b). Avere una casa e un rifugio per il popolo ebraico non significa semplicemente sopravvivere: significa avere una comunità, un’''edah'', in ebraico, che è anche una "testimonianza", la testimonianza che gli antisemiti antisionisti vorrebbero epurare dal mondo. Significa testimoniare la santità dell'essere umano dall'interno del centro che comanda quella testimonianza. Significa una presenza ebraica a Gerusalemme e nella Terra Pattizia di Israele.
Levinas articola le implicazioni di questo terrore interno per una comprensione ebraica dell'antisemitismo antisionista affermando: "Non sentiamo qui... l'odore dei campi? La violenza non è più un fenomeno politico di guerra e pace, al di là di ogni moralità. È l'abisso di Auschwitz o il mondo in guerra... Bisogna tornare dentro, anche se dentro c'è terrore. Il fatto di Israele è forse unico? Non ha forse il suo pieno significato perché si applica a tutta l'umanità? Tutti gli uomini sono sul punto di trovarsi nella situazione dello Stato di Israele. Lo Stato di Israele è una categoria".<ref>''Ibid.'', 190–191.</ref> Quindi, dopo la [[Shoah]], afferma Levinas, "l’ebraismo non è più solo un insegnamento le cui tesi possono essere vere o false; ''l’esistenza ebraica stessa è un evento essenziale dell’essere; l’esistenza ebraica è una categoria dell'essere''".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 183; corsivo nell'originale – mia trad.</ref> Applicandosi a tutta l'umanità, lo Stato di Israele è più di una "categoria dell'essere": è una categoria ''metafisica'' che rivela l'origine metafisica dell'antisemitismo nella sua manifestazione antisionista. Le diatribe degli antisemiti antisionisti puzzano dell'odore dei campi, e puzzano in modo ancora più disgustoso nelle ipocrite denunce contro gli israeliani, che trasudano dalle bocche dei cristiani e degli intellettuali liberali. In entrambi, scopriamo che le vecchie manifestazioni di odio per gli ebrei si rivelano eterne. L'antisionismo cristiano liberale ha implicazioni che fanno il gioco della teologia supersessionista. L'antisionismo intellettuale di sinistra è l'espressione di moda dell'odio per gli ebrei, riconducibile a ciò che abbiamo visto nell'Illuminismo e nel liberalismo socialista che ne è seguito.
=== L'indignazione morale dell'antisionismo di sinistra ===
[[:en:w:Franklin Littell|Franklin Littell]] scrive: "The rage for universal truths, accompanied by abandonment of holy events and the Scriptures that record them, came to dominate university thinking following the Enlightenment. It is this style of thinking that is the most fertile single source of liberal Antisemitism – whether religious or secular".<ref>Franklin H. Littell, ''The Crucifixion of the Jews: The Failure of Christians to Understand the Jewish Experience'' (Macon, GA: Mercer University Press, 1986), 38–39.</ref> Il liberale dell'estrema sinistra, religioso o laico che sia, deve essere antisionista per la stessa ragione per cui un intellettuale liberale dell'Illuminismo deve essere antisemita: entrambi mascherano il loro odio per gli ebrei con la scusa della tolleranza, dichiarando che l'individuo ebreo merita la stessa considerazione di qualsiasi altro essere umano, ma il popolo ebraico non merita nulla in quanto "popolo a parte", men che meno uno Stato ebraico. "Una forma di antisemitismo", spiega [[:en:w:David Matas|David Matas]], "nega agli ebrei l'accesso a beni e servizi perché sono ebrei. Un'altra forma di antisemitismo nega il diritto del popolo ebraico a esistere come popolo perché è ebreo. Gli antisionisti distinguono tra i due. Per l'antisionista, l'ebreo può esistere come individuo purché gli ebrei non esistano come popolo".<ref>Matas, ''Aftershock'', 113 – mia trad.</ref> Eppure, senza il popolo ebraico e la Torah che lo definisce, non esiste alcun individuo ebreo: se lo Stato ebraico non ha "diritto di esistere", allora nemmeno l'individuo può esistere come ebreo.
Esistono numerosi esempi di antisemitismo antisionista cristiano nella sinistra cristiana. Ad esempio, "the Unitarian Universalist program ‘Toward Peace and Justice in the Middle East’ [from 2002]", nota Kressel, "strongly condemns Israel in very specific terms for its ‘occupation’ and specifically calls for various acts against the Jewish state, including divestment and withholding of weaponry key to its defense".<ref>Kressel, "The Sons of Pigs and Apes", 80.</ref> L'[[w:Unitariani universalisti|Universalismo unitario universalista]] deve ''ipso facto'' respingere l'idea di uno Stato composto principalmente da ebrei, anche se ciò significa renderli indifesi di fronte a nemici che hanno giurato di annientarli. In un altro esempio noto, durante la sua 216ª Assemblea Generale a Richmond, in Virginia, dal 26 giugno al 3 luglio 2004, la [[w:Presbyterian Church (USA)|Chiesa Presbiteriana degli Stati Uniti]] ha deciso di avviare un processo di disinvestimento selettivo e graduale dalle società operanti in Israele. Qui gli antisemiti antisionisti sono così accecati dal loro odio da non riuscire a vedere l'ovvio, ovvero che l'economia palestinese è interconnessa a quella israeliana: danneggiare l'una significa danneggiare anche l'altra. Considerando le innovazioni israeliane nell'alta tecnologia, nella produzione agricola e nella medicina, inoltre, viene da chiedersi se l'odio di questi protestanti liberali per lo Stato ebraico prevalga sul loro amore per l'umanità.
Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, nell'aprile-maggio 2002 l'occupazione della [[w:Basilica della Natività|Basilica della Natività a Betlemme]] da parte dei [[w:assedio alla basilica della Natività|terroristi palestinesi]] offrì alla Chiesa una drammatica opportunità per dimostrare al mondo di essersi liberata dall'odio secolare verso gli ebrei. Ma i funzionari ecclesiastici rimasero in silenzio. Quando Papa Giovanni Paolo II si trovava in Siria il 5 maggio 2001, il genocida [[w:Bashar al-Assad|Bashar al-Assad]] lo accolse dichiarando che gli ebrei erano decisi a distruggere i principi della religione "con la stessa mentalità con cui hanno tradito Gesù Cristo". Poche settimane prima del suo incontro con il Pontefice, al-Assad aveva dichiarato che gli israeliani erano peggiori razzisti dei nazisti. In entrambe le occasioni il Papa non disse nulla.<ref>Cfr. Eric J. Greenberg, "Open Season on Jews", ''The Jewish Week'', 11 maggio 2001.</ref>
Con l'emergere della sinistra marxista, i sovietici assunsero una funzione simile a quella che la Chiesa aveva svolto, come ha sottolineato [[:en:w:Joel Carmichael|Joel Carmichael]]. Tra le élite della sinistra intellettuale, osserva, i sionisti divennero "the quintessential expression of an Evil People..., both universally potent and satanically evil, powered by a demented urge for world rule... The only bulwark against the satanic array was the Soviet Union, like the Church in classical Christian theology".<ref>Joel Carmichael, ''The Satanizing of the Jews: Origin and Development of Mystical Anti-Semitism'' (New York: Fromm International Publishing Corporation, 1992), 192.</ref> La campagna dell'Unione Sovietica contro i sionisti si rifletteva più profondamente nella sua feroce oppressione degli ebrei sovietici, cementando il legame tra antisionismo e antisemitismo. Non sorprende che il principale ambito in cui questo odio antisionista verso gli ebrei trovò una certa risonanza in Occidente fu tra gli intellettuali di sinistra.
Questa versione laica di sinistra dell'"antisionismo negazionista", come lo chiama Wistrich, è una forma di antisemitismo "that delegitimizes and dehumanizes Israel [and is] not only Manichean in the philosophical sense, but totalitarian in its political essence, and ''theological'' in its insistence that Israel was ‘born in sin’".<ref>Wistrich, ''A Lethal Obsession'', 62; corsivo nell'originale.</ref> Tra le icone più note della sinistra liberale c'era [[w:Edward Said|Edward Said]] (1935-2003) della Columbia University. Afferma [[:en:w:Martin Kramer|Martin Kramer]]: "With Said, Middle Eastern studies became a field where scholarship took a backseat to advocacy, where a few biases became the highest credentials, where dissenting views became thought-crimes... The struggle was against an axis of evil comprised of Western orientalism, American imperialism, and Israeli Zionism".<ref>Cfr. Martin Kramer, "Columbia University: The Future of Middle Eastern Studies at Stake", in Manfred Gerstenfeld, ed., ''Academics Against Israel and the Jews'' (Jerusalem: Jerusalem Center for Public Affairs, 2007), 103.</ref> Tutti questi antisemiti antisionisti accusano Israele del male in atto, dall'oppressione colonialista allo sterminio nazionalsocialista. Non discutono, incitano.
=== "Are we going to do this ''again''?" ===
Nel 1961 uscì il film di [[w:Stanley Kramer|Stanley Kramer]] basato sui processi a [[w:Norimberga|Norimberga]]: ''[[w:Vincitori e vinti|Judgment at Nuremberg]]''. Uno dei momenti più toccanti del film è la scena in cui l'avvocato difensore dei giudici nazisti cerca di smentire la testimonianza di una donna tedesca che stava giustificando l'innocenza di un ebreo. Quando la donna era solo un'adolescente, l'ebreo era stato falsamente accusato di ''advances'' inappropriate, condannato in tribunale e assassinato. La difesa dei giudici nazisti stava tormentando la testimone, quando l'imputato Ernst Janning si alzò e gridò al suo avvocato: "Are we going to do this ''again''!?"
Già nel 1946 [[w:Max Weinreich|Max Weinreich]] pubblicò il suo studio ''Hitler’s Professors: The Part of Scholarship in Germany’s Crimes against the Jewish People''. Sì: i ''professori'' di Hitler. Anche loro abbracciarono l'antisemitismo nazionalsocialista. Senza l'appoggio del corpo docente tedesco all'antisemitismo sterminista nazista, forse l'annientamento degli ebrei d'Europa non avrebbe avuto un successo così clamoroso. Ai nostri giorni, ammantato dalla presunta apparenza dell'antisionismo, l'antisemitismo è diventato sempre più diffuso e di moda nelle aule universitarie. Pertanto, vorrei porre una domanda a me stesso e ai miei colleghi professori: ''lo faremo di nuovo?'' Saremo complici, con il nostro silenzio – o con le nostre parole – di questa rinnovata diffusione e legittimazione dell'antisemitismo? Non abbiamo più la debole scusa di addurre l'ignoranza su dove potrebbe portare l'incitamento all'odio contro gli ebrei. Scrive Levinas: "The anti-Semitic remark is like no other. Is it therefore an insult like other insults? It is an exterminating word, through which the Good that glorifies Being sees itself brought to unreality and shrivels up in the deepest recesses of a subjectivity",<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 262.</ref> una soggettività che sarebbe come Dio, immersa nel fetore dell'indignazione morale.
Tra le principali fonti della crescente presenza di antisemitismo antisionista nei campus universitari ci sono l'organizzazione ''[[w:Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni|Boycott, Divestment, Sanctions (BDS)]]'' e il ''[[:en:w:Students for Justice in Palestine|National Students for Justice in Palestine (NSJP)]]'', nonché la loro affiliata ''Students for Justice in Palestine (SJP)'', che ha sedi in oltre 200 campus. L'obiettivo del BDS, come affermato da Omar Barghouti, uno dei fondatori del BDS nel 2007, è la distruzione dello Stato ebraico,<ref>Cfr. Dag Hammarskjőld Program, "Omar Barghouti – Strategies for Change", Vimeo (23 settembre 2013).</ref> e hanno il sostegno incondizionato di SJP e di centinaia di accademici. Questi movimenti godono di un crescente supporto non solo tra gli studenti universitari, ma anche tra amministratori e professori universitari, inclusi professori ebrei. Il 4 aprile 2019, la [[w:Università di New York|New York University]] ha annunciato la scelta della sede NYU del SJP per il premio ''President’s Service Award''. Una settimana dopo a Barghouti fu vietato l'ingresso negli Stati Uniti perché il BDS annovera tra i suoi membri cinque organizzazioni terroristiche designate dagli Stati Uniti.<ref>Noah Pollak, "Support for Terrorism, Not Ideas, Kept Omar Barghouti Out of the US", [https://mosaicmagazine.com/picks/israel-zionism/2019/04/support-for-terrorism-not-ideas-kept-omar-barghouti-out-of-the-u-s/ ''Mosaic'', 18 aprile 2019] (accesso 22/06/2025).</ref> Barghouti si stava recando a parlare alla New York University come ospite di SJP.
=== Antisionismo moralmente richiesto: Jihad islamica e la sinistra ===
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{{Immagine grande|May our eyes behold your return in mercy to Zion.jpg|1010px|Incisione di [[:en:w:Ephraim Moses Lilien|Ephraim Moses Lilien]], realizzata per il V Congresso Sionista, svoltosi a Basilea, in Svizzera, nel 1901. L'iscrizione in ebraico in basso è la preghiera: "Possano i nostri occhi contemplare il Tuo ritorno misericordioso a Sion" (dall’''[[w:Amidah|Amidah]]'').}}
== Note ==
[[File:Lieder des Ghetto 11.jpg|179px|right|"Zion" di Ephraim Moses Lilien (1903)]]
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie letteratura moderna}}
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[[Categoria:Connessioni|Capitolo 7]]
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== Antisionismo: un antisemitismo moralmente richiesto ==
Due eventi dell'ultimo secolo hanno scosso profondamente la storia ebraica, come anche la storia dell'umanità: l'Olocausto e la rinascita dello Stato ebraico. Dal punto di vista della tradizione sacra ebraica, entrambi gli eventi si inseriscono nella storia sacra ebraica. Se i racconti scaturiti dall'Olocausto possono essere considerati i racconti di una nuova Bibbia, come affermò [[Primo Levi]],<ref>[[Primo Levi]], ''Se questo è un uomo'', ''ad loc.''.</ref> lo stesso si potrebbe dire del racconto dello Stato ebraico nato nonostante l'Olocausto. "La speranza messianica è morta durante l'Olocausto", [[w:Emil Fackenheim|Emil Fackenheim]] articola una delle implicazioni di questa svolta degli eventi. "Lo Stato di Israele post-Olocausto l'ha resuscitata".<ref>Emil L. Fackenheim, ''What Is Judaism?'' (New York: Macmillan, 1987), 268–269.</ref> Se questa storia ha dimostrato qualcosa, ha dimostrato che uno Stato ebraico è indispensabile per qualsiasi speranza di futuro per il popolo ebraico. Questo cambiamento nella condizione ebraica è una caratteristica distintiva dell'era post-Olocausto, un'era oscurata da un antisionismo sterminazionista che getta la sua ombra su tutta l'umanità. È l'ombra di Auschwitz stessa. Proprio come la negazione di Auschwitz è una negazione del popolo ebraico come popolo con un passato, così l'opposizione all'esistenza dello Stato ebraico è un'opposizione al popolo ebraico come popolo con un futuro. E il futuro dell'umanità dipende dal futuro del popolo ebraico come popolo scelto per testimoniare la sacralità di ogni essere umano.
La manifestazione antisionista dell'antisemitismo è particolarmente insidiosa. Mentre l'odio per gli ebrei può essere politicamente impopolare – almeno ufficialmente – l'odio per lo Stato ebraico tra gli estremisti di destra, i jihadisti islamici e gli intellettuali di sinistra è diventato, in molti ambienti, non solo di moda, ma moralmente necessario. Né gli ebrei tra gli intellettuali di sinistra sono immuni da questa forma di antisemitismo moralmente necessaria. Nel giugno 2020, ad esempio, 400 studiosi di studi ebraici, desiderosi di essere riconosciuti come "buoni ebrei", hanno firmato un documento in cui denunciavano la proposta di Israele di estendere l'autorità civile sulle aree in cui vivono gli ebrei in Cisgiordania; hanno etichettato Israele come uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità, con l'implicazione che lo stato ebraico sia paragonabile al Reich nazista.<ref>Ben Sales, "400 Jewish Studies Scholars Denounce Israel as ‘Apartheid’ and a ‘Crime Against Humanity", ''Cleveland Jewish News'', 12 giugno 2020. Tra coloro che hanno firmato la dichiarazione figurano notabili come Zachary Braiterman, Steven Zipperstein, Marc Ellis, Paul Mendes-Flohr, Amos Goldberg, Elliot Wolfson, Alon Confino, Jonathan Judaken, Barry Holtz, Omer Bartov, Sidra DeKoven Ezrahi, Steven Jacobs, Robert Alter, e Susannah Heschel.</ref> Come sottolinea [[:en:w:Matthias Küntzel|Matthias Küntzel]], la proiezione del termine "nazista" sull'ebreo è "a specific form of Holocaust denial, one which legitimates the pursuit of an anti-Jewish extermination policy".<ref>Matthias Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred: Islamism, Nazism and the Roots of 9/11'', trad. Colin Meade (New York: Telos Press, 2007), 118.</ref> In effetti, essendo arrivato a significare il più atroce dei mali, il termine nazista è una designazione attribuita a chiunque meriti moralmente l'annientamento. Mentre, come molti altri liberali di questo tipo, coloro che hanno firmato il documento sarebbero inorriditi dall'idea che una simile mossa sia antisemita, si crogiolano nella loro ipocrita indignazione morale, giudicando lo stato ebraico di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità. Cosa, ci chiediamo, si deve fare con uno stato di apartheid colpevole di crimini contro l'umanità? Cosa è moralmente richiesto in una situazione del genere?
Odiare uno Stato è molto più comodo che odiare un essere umano. Uno Stato non è fatto di carne e sangue. Uno Stato non ha un volto che possa proibire l'omicidio. Si può "smantellare" uno Stato, ma non si può uccidere un essere umano, almeno non senza prima disumanizzarlo. Eppure lo smantellamento dello Stato ebraico, moralmente richiesto, si tradurrebbe inevitabilmente nell'assassinio di un numero incalcolabile di esseri umani, a cominciare dagli ebrei. L'antica patria degli ebrei, la Terra dell'Alleanza, è stata ristabilita non solo come Stato ebraico, ma come rifugio per gli ebrei che vivono in un mondo storicamente ostile agli ebrei. Nella sua forma antisionista, l'antisemitismo promuove l'abbandono degli ebrei a tale ostilità. È una forma comoda di antisemitismo. È di moda. In effetti, per chiunque etichetti Israele come razzista o colonialista, come violatore dei diritti umani o autore di crimini contro l'umanità, l'antisionismo è moralmente obbligatorio. Perché tutti questi epiteti sono sinonimi di male.
Questo mio Capitolo si concentrerà in generale sull'antisemitismo antisionista di sinistra, che è particolarmente preoccupante. La maggior parte delle persone se lo aspetta dai suprematisti bianchi e dai jihadisti islamici; anzi, coloro che si identificano come nazisti o jihadisti si vantano del loro odio per gli ebrei. Tuttavia, l'élite intellettuale di sinistra, nei campus e all'interno della cultura, è presumibilmente nota per la sua tolleranza liberale e la sua generosa longanimità. Ma prima consideriamo un po' il contesto storico dell'antisionismo.
L'attacco antisemita ai sionisti e al sionismo si ritrova nel discorso dell'ideologia nazionalsocialista fin dai primi giorni del Partito Nazista. Nel 1921 Alfred Rosenberg pubblicò la sua diatriba ''Der staatsfeindliche Zionismus'' (Sionismo: nemico dello Stato), in cui sosteneva che il sionismo fosse una strategia ebraica per il dominio del mondo. Già prima della formazione del Partito Nazista nel 1920, afferma Hitler, durante i suoi anni a Vienna (1907-1913) scoprì il "carattere nazionale degli ebrei" – ovvero il loro vero male – "nei sionisti".<ref>Adolf Hitler, ''Mein Kampf'', trad. {{en}} Ralph Manheim (Boston, MA: Houghton Mifflin, 1971), 56.</ref> Egli afferma:
{{citazione|Mentre i sionisti cercano di far credere al resto del mondo che la coscienza nazionale degli ebrei trovi la sua soddisfazione nella creazione di uno stato palestinese, gli ebrei, ancora una volta, ingannano astutamente gli stupidi ''goyim''. Non viene loro nemmeno in mente di costruire uno stato ebraico in Palestina per viverci; tutto ciò che vogliono è un'organizzazione centrale per la loro truffa internazionale.|''Ibid.'', 325 - mia trad.}}
Pertanto, "lo Stato ebraico", secondo il Führer, "è completamente illimitato in termini di territorio".<ref>''Ibid.'', 301.</ref> Né tale pensiero era confinato alla Germania nazista. Nel 1924, il politico polacco [[w:Roman Dmowski|Roman Dmowski]] (1864-1939) sostenne che l'obiettivo del sionismo fosse quello di creare "la base operativa per l'azione in tutto il mondo".<ref>Roman Dmowski, “The Jews and the War,” trad. Richard S. Levy, in Richard S. Levy, ed. ''Antisemitism in the Modern World: An Anthology of Texts'' (Lexington, MA: D. C. Heath and Company, 1991), 184.</ref> E le misure adottate per contrastare lo Stato ebraico dovevano essere altrettanto globali.
Ripetendo la caratterizzazione nazista del movimento sionista, Sayyid Qutb considerava lo Stato ebraico parte di una "cospirazione sionista universale; anzi, come Hitler, considerava il marxismo e il sionismo parte di un'unica cospirazione".<ref>Cfr. Ronald L. Nettler, ''Past Trials and Present Tribulations: A Muslim Fundamentalist’s View of the Jews'' (Oxford, UK: Pergamon, 1987), 49, 55.</ref> Risalente al diciannovesimo secolo, un'immagine familiare impiegata da nazisti e jihadisti per illustrare la minaccia sionista mostra una piovra con i suoi tentacoli mortali avvolti intorno all'intero globo, con una Stella di David incisa sulla testa.<ref>"A Short History of the Jewish/Zionist Octopus in Antisemitic Cartoons", ''Elder of Ziyon'', 20 aprile 2020.</ref> Quando nel dicembre 1948 i Fratelli Musulmani furono banditi in Egitto, il loro leader Hasan al-Banna incolpò il sionismo internazionale.<ref>Küntzel, ''Jihad and Jew-Hatred'', 54–55.</ref> Nel 1950, lo studioso islamico Abd al-Rahman Sami Ismat scrisse: "Gli ebrei e il sionismo sono come un albero malvagio. La sua radice è a New York, i suoi rami in tutto il mondo, le sue foglie sono gli ebrei – tutti loro, vecchi e giovani, maschi e femmine, senza eccezione, sono le sue foglie spinose e le sue spine avvelenate, e il veleno è rapido e mortale".<ref>Citato in Bernard Lewis, ''Semites and Anti-Semites: An Inquiry into Conflict and Prejudice'' (New York: W. W. Norton, 1986), 15 - mia trad.</ref> Anni dopo, il sistema di trasmissione Al-Manar di Hezbollah ha ripetutamente descritto "il conflitto israelo-palestinese come una parte fondamentale di uno sforzo più ampio per fermare il ‘cancro’ del sionismo".<ref>Avi Jorisch, ''Beacon of Hatred: Inside Hizballah’s Al-Manar Television'' (Washington, DC: Washington Institute for Near East Policy, 2004), 68.</ref> L'articolo trentadue della Carta di Allah di Hamas afferma: "Dopo la Palestina, i sionisti aspirano a espandersi dal Nilo all'Eufrate" e "il loro piano è incarnato nei ''Protocolli degli Anziani di Sion''".<ref>Citato in Dimitry Kapustyan e Matt Nelson, ''The Soul of Terror: The Worldwide Conflict Between Islamic Terrorism and the Modern World'' (Washington, DC: International Affairs Press, 2007), 147–148.</ref> Ancora una volta, quella che in realtà è la lotta degli antisionisti per controllare il mondo è presentata in termini di salvataggio di quel mondo.
Qui abbiamo un esempio archetipico di ciò che Neil Kressel chiama "''Protocols'' thinking", ovvero il pensiero che procede dalla premessa che lo Stato ebraico non sia altro che una base operativa da cui gli ebrei intendono governare nefastamente il mondo.<ref>Neil J. Kressel, ''“The Sons of Pigs and Apes”: Muslim Antisemitism and the Conspiracy of Silence'' (Washington, DC: Potomac Books, 2012), 41.</ref> Tale pensiero proietta gli ebrei nello stampo di una presenza malvagia, satanica e invisibile che si annida in tutta la creazione, seminando scompiglio e male. Il dominio globale che l'antisemita teme è la richiesta etica onnicomprensiva che emana dal Monte Sinai attraverso gli ebrei e nel mondo. In effetti, il ''Midrash'' afferma che Dio rivelò la Sua [[Torah]] al di fuori della Terra Santa, affinché gli ebrei non fossero così presuntuosi né le nazioni così compiacenti da pensare che si applicasse solo agli ebrei (''Mekilta de-Rabbi Ishmael, Bachodesh'' 5). L'antisemita antisionista non teme nulla più di questa esigenza etica trascendente e assoluta che incombe su ogni essere umano, sia dall'interno che dall'esterno, prima di ogni contingenza ontologica.
Osserva [[w:Rosemary Radford Ruether|Rosemary Radford Ruether]],: "There is no doubt that anti-Zionism has become a way of reviving the myth of the ‘perennial evil nature of the Jews’".<ref>Rosemary Radford Ruether, ''Faith and Fratricide: The Theological Roots of Anti-Semitism'' (New York: Seabury Press, 1974), 227.</ref> Analogamente, [[w:Walter Laqueur|Walter Laqueur]] ha sostenuto che "non esiste una linea di confine netta" tra antisemitismo e antisionismo.<ref>Walter Laqueur, ''The Changing Face of Antisemitism: From Ancient Times to the Present Day'' (Oxford, UK: Oxford University Press, 2006), 7.</ref> Queste affermazioni, tuttavia, devono essere considerate nel contesto. Prima dell'Olocausto, [[Franz Rosenzweig]] poteva aggrapparsi alla speranza del dopoguerra che forse gli ebrei avrebbero trovato un posto nel mondo, dopotutto, e che forse non ci fosse bisogno del rifugio che solo lo Stato ebraico poteva offrire.<ref>Cfr. [[Franz Rosenzweig]], ''On Jewish Learning'', ed. N. N. Glatzer (New York: Schocken Books, 1955), 64.</ref> Nell'era post-Olocausto non può esserci una tale speranza. Poiché l'obiettivo del sionismo è quello di creare un rifugio per il popolo ebraico, in un mondo post-Olocausto gli antisionisti devono negare che l'Olocausto sia avvenuto o desiderare che accada di nuovo. Negare allo Stato ebraico il diritto di esistere significa negare al popolo ebraico il diritto di vivere. Persino l'affermazione che "Israele ha il diritto di esistere" sa di antisemitismo. Cina, India o Canada hanno forse il "diritto di esistere"? Nessun altro Paese deve costantemente difendere la necessità di garantire la propria stessa esistenza.
"Si può essere un ardente odiatore di Israele e, allo stesso tempo, non nutrire alcun rancore verso gli ebrei?", si chiede Kressel. "La risposta, credo, è no".<ref>Kressel, “The Sons of Pigs and Apes,” 187.</ref> Eppure "per nascondere il loro antisemitismo", sottolineano [[w:Dennis Prager|Dennis Prager]] e [[:en:w:Joseph Telushkin|Joseph Telushkin]], "i nemici degli ebrei usano quasi sempre la parola ‘sionista’ quando intendono gli ebrei".<ref>Dennis Prager e Joseph Telushkin, ''Why the Jews? The Reason for Antisemitism'' (New York: Simon & Schuster, 2003), 157 – mia trad.</ref> Il punto è sia nascondere il loro antisemitismo sia giustificarlo moralmente. Nella maggior parte dei casi, la manifestazione antisionista dell'antisemitismo è la più perfida perché, come sottolineano Prager e Telushkin, "è la prima forma di odio verso gli ebrei a negare di odiare gli ebrei".<ref>''Ibid.'', 155.</ref> Pertanto, non solo questa forma di odio verso gli ebrei nega di odiare gli ebrei, ma, ancora una volta, l'implicazione è che sia, ciononostante, moralmente obbligata a farlo.
[[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]] identifica tre livelli di antisionismo: primo, "Jews are not entitled to a nation-state of their own, a denial, in other words, of the right of Israel to exist". Secondo, "the existence of Israel is merely an aberration. It is responsible for all the evils of the world". Terzo, quello che Sacks chiama "the bridge from anti-Zionism to antisemitism" è la visione secondo cui "all Jews are Zionists; therefore all Jews are responsible for the sufferings caused by Israel; therefore all Jews are legitimate targets of attack".<ref>Jonathan Sacks, ''Future Tense: Jews, Judaism, and Israel in the Twenty-First Century'' (New York: Schocken Books, 2010), 97–98.</ref> La visione di Sacks è perspicace ma, a mio avviso, errata sotto un aspetto: nel contesto post-Olocausto non esiste un "ponte" dall'antisionismo all'antisemitismo: l'antisionismo è antisemita fin dall'inizio. Tuttavia, Sacks articola succintamente il genio insidioso dell'antisemitismo antisionista: "The Holocaust is the worst crime of human being against human being . . . . Israel behaves towards the Palestinians as the Nazis behaved towards Jews . . . . If, therefore, you oppose antisemitism – which, as a civilised human being, you must – you must oppose the state of Israel and all those who support it, who happen to be Jews".<ref>''Ibid.'', 101.</ref> Il paragone tra Israele e i nazisti è la chiave per comprendere la natura perniciosa dell'antisemitismo antisionista.
Facendo un simile paragone, osserva Robert Wistrich, "one is finally free to express in politically correct anti-Zionist language those sentiments that have not been entirely respectable among educated people since 1945 – namely dislike of Jews".<ref>Robert S. Wistrich, ''A Lethal Obsession: Antisemitism from Antiquity to the Global Jihad'' (New York: Random House, 2010), 630–631.</ref> Ciò che deve essere chiaro, tuttavia, è che l'amalgama precede l'accusa. Spiega [[:en:w:David Matas|David Matas]]: "Anti-Zionists move from opposition to Israel to charges against Israel rather than from wrongdoing by Israel to anti-Zionism... What matters is the condemnation itself. For anti-Zionists, the more repugnant the accusation made against Israel the better".<ref>David Matas, ''Aftershock: Anti-Zionism and Antisemitism'' (Toronto: Dundurn, 2005), 53.</ref> In altre parole, come tutti gli antisemiti, gli antisionisti si oppongono allo Stato ebraico non per le sue politiche, ma per la sua presenza. In effetti, qualunque sia il male attuale – razzismo, colonialismo, imperialismo, apartheid, pulizia etnica, crimini contro l'umanità o genocidio – gli antisionisti applicheranno l'etichetta allo Stato ebraico. Come gli antisemiti religiosi e laici del diciannovesimo secolo, gli antisionisti religiosi e laici condividono un'indignazione ipocrita per l'esistenza stessa dello Stato ebraico, proprio perché loro stessi sarebbero la misura morale dell'umanità.
=== Antisionismo e anti-Terra Santa ===
Mentre gli antisionisti di destra e i jihadisti vorrebbero usurpare o comunque appropriarsi della religione rivelata, gli intellettuali di sinistra considerano la religione rivelata una curiosità culturale o un oggetto di disprezzo. Abbiamo visto che l'oggetto dell'odio antisemita verso gli ebrei non sono solo gli ebrei, ma anche l'ebraismo che li rende ciò che sono. Per l'antisionista, l'oggetto di quell'odio non è solo l'"entità sionista", ma anche l'ebraismo che rende sacra la Terra Santa. Pertanto, se vogliamo comprendere cosa sia all'opera nell'odio antisionista verso gli ebrei, dobbiamo avere una certa comprensione della Terra Santa dell'Alleanza dal punto di vista dell'ebraismo che l'antisemita vorrebbe cancellare dal mondo. Qui scopriamo che l'antisemitismo dell'antisionista non è solo moralmente richiesto, ma anche ideologicamente necessario.
Dal punto di vista dell'ebraismo, la Terra Santa è santa non perché vi siano accaduti determinati eventi; piuttosto, certi eventi vi sono accaduti perché la Terra Santa è santa. Ciò significa che la sacralità dello Stato ebraico trascende i contesti storici e quindi conferisce significato a tali contesti. Si chiede Abraham Joshua Heschel: "What would be the face of Western history today, if the end of twentieth-century Jewish life would have been Bergen-Belsen, Dachau, Auschwitz? The State of Israel is not an atonement . . . . No act is as holy as the act of saving human life. The Holy Land, having offered haven to more than two million Jews, . . . has attained a new sanctity".<ref>Abraham Joshua Heschel, ''Israel: An Echo of Eternity'' (New York: Farrar, Straus and Giroux, 1969), 113. La stima 2025 della popolazione israeliana è di {{FORMATNUM:10094000}}, di cui [https://www.cbs.gov.il/en/mediarelease/Pages/2025/Israel-Independence-Day-2025.aspx 74% ca. sono ebrei].</ref> La Terra Santa ha raggiunto una rinnovata santità perché, come afferma [[Emmanuel Levinas]], "la Shoah ristabilisce il legame – che fino ad allora era stato incomprensibilmente nascosto – tra l'Israele di oggi e l'Israele della Bibbia".<ref>[[Emmanuel Levinas]], ''Difficult Freedom: Essays on Judaism'', trad. {{en}} Sean Hand (Baltimore, MD: The Johns Hopkins University Press, 1990), 12 ― mia trad.</ref> L'oggetto dell'odio ebraico antisionista, come di ogni odio ebraico, è la Torah che rivela l'Alleanza della Terra e che "emana da Sion" ({{passo biblico2|Isaia|2:3}}; {{passo biblico2|Michea|4:2}}).
"Dobbiamo chiederci", scrive Emil Fackenheim, "se sia mai accaduto che, dopo due millenni, un popolo sia stato restituito alla sua lingua, al suo stato, alla sua terra. Senza un Libro – questo Libro – tale ritorno non avrebbe potuto avvenire. Questo è lo stupore comune che sta dietro a tutte le diversità religioso-secolari. Questa è l'esperienza comune che rende possibile un legame tra tutto Israele e la Torah".<ref>Emil L. Fackenheim, ''To Mend the World: Foundations of Post-Holocaust Jewish Thought'' (New York: Schocken Books, 1989), 328.</ref> Il desiderio antisemita di cancellare il Popolo del Libro dalla storia è un desiderio di cancellare la Torah stessa; senza il Popolo non c'è Torah, e senza la Torah non c'è Popolo, né Dio, né Israele. Scrive [[w:André Neher|André Neher]]:
{{citazione|Is not the State of Israel, in its very existence, a meta-state? And surely the [[Sorpresa|war launched against Israel on Yom Kippur, October 6, 1973]], was not only horizontal . . . . Zion, which is only a fragment of Jerusalem and the Land of Israel, is a word one can neither play around with, nor play tricks with, nor beat around the bush with. It is the key word of the “meta” of Jewish history. Through Zion, Zionism becomes bi-dimensional. The vertical is interlocked with the horizontal.|[[:en:w:André Neher|André Neher]], ''They Made Their Souls Anew'', trad. David Maisel (Albany, NY: SUNY Press, 1990), 58}}
Questa incursione del verticale nell'orizzontale è esattamente ciò contro cui si oppongono gli antisionisti. L'antisionismo è anti-Sion, il cui significato è rivelato dal profeta Michea, quando grida: "Poiché la Torah esce da Sion e la Parola di Dio da Gerusalemme" ({{passo biblico2|Michea|4:2}}). Se la Terra d'Israele non è la Terra Santa, allora la rivelazione sul Monte Sinai non ha alcun significato, la Torah non ha alcun significato e il popolo ebraico non ha alcun significato, questo è ciò che sostengono gli antisionisti. Se così fosse, allora l'assoluto divieto divino contro l'omicidio non avrebbe alcun significato.
Il divieto di omicidio e i comandamenti di amare il prossimo e lo straniero sono i comandamenti più fondamentali che collegano l'umanità sia a Dio che a Sion. Questo legame è ciò che rende Israele l’''Eretz HaKodesh'', la "Terra Santa". Lo Stato di Israele, insiste Levinas, "secondo la sua pura essenza [di santità], è possibile solo se penetrato dalla parola divina".<ref>[[Emmanuel Levinas]], "Zionisms", trad. Roland Lack, in Sean Hand, ed., ''The Levinas Reader'' (Oxford, UK: Basil Blackwell, 1989), 271.</ref> Poiché lo Stato di Israele è "penetrato dalla parola divina", ha un significato metafisico ineludibile, sia per gli ebrei che per le nazioni. E così, come afferma Levinas, "lo Stato d'Israele sarà religioso per l'intelligenza dei suoi grandi libri, che non è libero di dimenticare. Sarà religioso per l'azione stessa che lo istituisce come Stato. Sarà religioso o non sarà affatto".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 219.</ref> I libri sacri d'Israele, che gli antisemiti consegnano alle fiamme, fisicamente o filosoficamente, sono i contenitori della testimonianza che entra nel mondo attraverso il popolo ebraico e che emana da ''Eretz HaKodesh''.
Affermare che Gerusalemme rivesta un significato particolare per gli antisionisti di ogni tipo è un'ovvietà; si manifesta lungo uno spettro che va dalle obiezioni alla costruzione di scuole, case o ospedali israeliani all'interno di Gerusalemme alla richiesta di epurazione degli ebrei da Gerusalemme, dall'opposizione all'istituzione dell'ambasciata americana a Gerusalemme alla negazione che Gerusalemme sia la capitale dello Stato ebraico. Il significato di Gerusalemme nella coscienza religiosa ebraica fornisce una chiave per l'antisemitismo antisionista. Molte tradizioni parlano di una Gerusalemme celeste, denotando ancora una volta l'interconnessione tra verticale e orizzontale, ma non esiste una New York celeste, una Parigi celeste, né tantomeno una Roma celeste.
Gli ebrei non rivendicano Gerusalemme: Gerusalemme rivendica gli ebrei. Quando gli ebrei pregano il Santo, non si riferiscono mai a Gerusalemme come alla "nostra città", ma piuttosto come a ''irkha'', la "Tua città", cioè la città di Dio, invocando Dio come il ''Boneh Yerushalayim'', il "Costruttore di Gerusalemme". Come ''Boneh Yerushalayim'', Dio è lo ''Shokhen Yerushalayim'', "Colui che abita a Gerusalemme" (cfr. , ad esempio, {{passo biblico2|Salmi|135:21}}). Simbolizzando la luce di Dio e della Torah, Gerusalemme simboleggia la dimensione stessa dell'altezza che gli antisemiti antisionisti vorrebbero espellere da questo mondo. Mentre gli antisionisti bandirebbero gli ebrei da Gerusalemme, una comprensione ebraica del significato di Gerusalemme richiede un'apertura a ogni essere umano. Tale apertura è stata raggiunta solo da quando Gerusalemme è stata riunificata come capitale dello [[w:Guerra dei sei giorni|Stato ebraico nel 1967]]: da allora, chiunque venga in pace è libero di pregare nella Città Santa.<ref>Cosa non possibile prima del 1967.</ref> Le preghiere dell'umanità, e non solo degli ebrei, attraggono la santità del Santo nella Città Santa. Infatti, tramite Gerusalemme ognuno di noi è legato all'origine dell'umanità, ad Adamo e, attraverso Adamo, agli altri. "Nel luogo da cui fu presa la polvere di Adamo", sta scritto nel ''Tanna debe Eliyahu'', "lì fu costruito l'altare".<ref>''Tanna debe Eliyahu: The Lore of the School of Elijah'', trad. William G. Braude & Israel J. Kapstein (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1981), 411.</ref> In contrasto, basta guardare alla Mecca per capire cosa significhi il concetto di "città santa" nel mondo musulmano: è chiusa a tutti tranne che ai musulmani. Mentre la Mecca simboleggia la verità dell'Islam, Gerusalemme simboleggia la santità dell'umanità: questo è ciò che rende Gerusalemme la dimora di Dio. Questo è ciò che rende Gerusalemme la Città Santa.
Il Talmud narra che, dopo la distruzione del Secondo Tempio nel 70 EV, Dio esigette un giuramento dai Gentili e due giuramenti dagli Ebrei. I Gentili giurarono di non opprimere eccessivamente gli Ebrei. E gli Ebrei giurarono di non resistere ai loro persecutori, né di "scalare prematuramente il muro" per tornare a Gerusalemme (''Ketuvot'' 111a). Fackenheim era solito invocare questo passo ogni volta che parlava del ritorno degli ebrei nella Terra dell'Alleanza, in particolare del ritorno da Auschwitz a Gerusalemme. Che i [[w:goyim|gentili]] abbiano oppresso eccessivamente gli ebrei è evidente, così come lo è il fatto che molti di loro continuino a nutrire mire sterminatrici contro gli ebrei e lo Stato ebraico. Pertanto, la "prematura" scalata degli ebrei oltre le mura di Gerusalemme non avviene per sottrarsi ai loro persecutori, ma semplicemente per sottrarsi all'assassinio. I muri che gli ebrei hanno scalato per tornare a Gerusalemme sono gli stessi muri che gli antisionisti ricostruirebbero per tenere fuori gli ebrei.
Quale dovrebbe essere dunque la risposta ebraica all'antisemitismo antisionista, che significherebbe inevitabilmente la fine del popolo ebraico? La Torah ci avverte che "di fuori li priverà dei figli la spada, di dentro il terrore" ({{passo biblico2|Deuteronomio|32:25}}). In un commentario a questo passo biblico, il Talmud ci esorta a spostarci verso l'interno, sebbene anche lì il terrore minacci di privarci dei nostri figli (cfr. ''Bava Kama'' 60b). Avere una casa e un rifugio per il popolo ebraico non significa semplicemente sopravvivere: significa avere una comunità, un’''edah'', in ebraico, che è anche una "testimonianza", la testimonianza che gli antisemiti antisionisti vorrebbero epurare dal mondo. Significa testimoniare la santità dell'essere umano dall'interno del centro che comanda quella testimonianza. Significa una presenza ebraica a Gerusalemme e nella Terra Pattizia di Israele.
Levinas articola le implicazioni di questo terrore interno per una comprensione ebraica dell'antisemitismo antisionista affermando: "Non sentiamo qui... l'odore dei campi? La violenza non è più un fenomeno politico di guerra e pace, al di là di ogni moralità. È l'abisso di Auschwitz o il mondo in guerra... Bisogna tornare dentro, anche se dentro c'è terrore. Il fatto di Israele è forse unico? Non ha forse il suo pieno significato perché si applica a tutta l'umanità? Tutti gli uomini sono sul punto di trovarsi nella situazione dello Stato di Israele. Lo Stato di Israele è una categoria".<ref>''Ibid.'', 190–191.</ref> Quindi, dopo la [[Shoah]], afferma Levinas, "l’ebraismo non è più solo un insegnamento le cui tesi possono essere vere o false; ''l’esistenza ebraica stessa è un evento essenziale dell’essere; l’esistenza ebraica è una categoria dell'essere''".<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 183; corsivo nell'originale – mia trad.</ref> Applicandosi a tutta l'umanità, lo Stato di Israele è più di una "categoria dell'essere": è una categoria ''metafisica'' che rivela l'origine metafisica dell'antisemitismo nella sua manifestazione antisionista. Le diatribe degli antisemiti antisionisti puzzano dell'odore dei campi, e puzzano in modo ancora più disgustoso nelle ipocrite denunce contro gli israeliani, che trasudano dalle bocche dei cristiani e degli intellettuali liberali. In entrambi, scopriamo che le vecchie manifestazioni di odio per gli ebrei si rivelano eterne. L'antisionismo cristiano liberale ha implicazioni che fanno il gioco della teologia supersessionista. L'antisionismo intellettuale di sinistra è l'espressione di moda dell'odio per gli ebrei, riconducibile a ciò che abbiamo visto nell'Illuminismo e nel liberalismo socialista che ne è seguito.
=== L'indignazione morale dell'antisionismo di sinistra ===
[[:en:w:Franklin Littell|Franklin Littell]] scrive: "The rage for universal truths, accompanied by abandonment of holy events and the Scriptures that record them, came to dominate university thinking following the Enlightenment. It is this style of thinking that is the most fertile single source of liberal Antisemitism – whether religious or secular".<ref>Franklin H. Littell, ''The Crucifixion of the Jews: The Failure of Christians to Understand the Jewish Experience'' (Macon, GA: Mercer University Press, 1986), 38–39.</ref> Il liberale dell'estrema sinistra, religioso o laico che sia, deve essere antisionista per la stessa ragione per cui un intellettuale liberale dell'Illuminismo deve essere antisemita: entrambi mascherano il loro odio per gli ebrei con la scusa della tolleranza, dichiarando che l'individuo ebreo merita la stessa considerazione di qualsiasi altro essere umano, ma il popolo ebraico non merita nulla in quanto "popolo a parte", men che meno uno Stato ebraico. "Una forma di antisemitismo", spiega [[:en:w:David Matas|David Matas]], "nega agli ebrei l'accesso a beni e servizi perché sono ebrei. Un'altra forma di antisemitismo nega il diritto del popolo ebraico a esistere come popolo perché è ebreo. Gli antisionisti distinguono tra i due. Per l'antisionista, l'ebreo può esistere come individuo purché gli ebrei non esistano come popolo".<ref>Matas, ''Aftershock'', 113 – mia trad.</ref> Eppure, senza il popolo ebraico e la Torah che lo definisce, non esiste alcun individuo ebreo: se lo Stato ebraico non ha "diritto di esistere", allora nemmeno l'individuo può esistere come ebreo.
Esistono numerosi esempi di antisemitismo antisionista cristiano nella sinistra cristiana. Ad esempio, "the Unitarian Universalist program ‘Toward Peace and Justice in the Middle East’ [from 2002]", nota Kressel, "strongly condemns Israel in very specific terms for its ‘occupation’ and specifically calls for various acts against the Jewish state, including divestment and withholding of weaponry key to its defense".<ref>Kressel, "The Sons of Pigs and Apes", 80.</ref> L'[[w:Unitariani universalisti|Universalismo unitario universalista]] deve ''ipso facto'' respingere l'idea di uno Stato composto principalmente da ebrei, anche se ciò significa renderli indifesi di fronte a nemici che hanno giurato di annientarli. In un altro esempio noto, durante la sua 216ª Assemblea Generale a Richmond, in Virginia, dal 26 giugno al 3 luglio 2004, la [[w:Presbyterian Church (USA)|Chiesa Presbiteriana degli Stati Uniti]] ha deciso di avviare un processo di disinvestimento selettivo e graduale dalle società operanti in Israele. Qui gli antisemiti antisionisti sono così accecati dal loro odio da non riuscire a vedere l'ovvio, ovvero che l'economia palestinese è interconnessa a quella israeliana: danneggiare l'una significa danneggiare anche l'altra. Considerando le innovazioni israeliane nell'alta tecnologia, nella produzione agricola e nella medicina, inoltre, viene da chiedersi se l'odio di questi protestanti liberali per lo Stato ebraico prevalga sul loro amore per l'umanità.
Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, nell'aprile-maggio 2002 l'occupazione della [[w:Basilica della Natività|Basilica della Natività a Betlemme]] da parte dei [[w:assedio alla basilica della Natività|terroristi palestinesi]] offrì alla Chiesa una drammatica opportunità per dimostrare al mondo di essersi liberata dall'odio secolare verso gli ebrei. Ma i funzionari ecclesiastici rimasero in silenzio. Quando Papa Giovanni Paolo II si trovava in Siria il 5 maggio 2001, il genocida [[w:Bashar al-Assad|Bashar al-Assad]] lo accolse dichiarando che gli ebrei erano decisi a distruggere i principi della religione "con la stessa mentalità con cui hanno tradito Gesù Cristo". Poche settimane prima del suo incontro con il Pontefice, al-Assad aveva dichiarato che gli israeliani erano peggiori razzisti dei nazisti. In entrambe le occasioni il Papa non disse nulla.<ref>Cfr. Eric J. Greenberg, "Open Season on Jews", ''The Jewish Week'', 11 maggio 2001.</ref>
Con l'emergere della sinistra marxista, i sovietici assunsero una funzione simile a quella che la Chiesa aveva svolto, come ha sottolineato [[:en:w:Joel Carmichael|Joel Carmichael]]. Tra le élite della sinistra intellettuale, osserva, i sionisti divennero "the quintessential expression of an Evil People..., both universally potent and satanically evil, powered by a demented urge for world rule... The only bulwark against the satanic array was the Soviet Union, like the Church in classical Christian theology".<ref>Joel Carmichael, ''The Satanizing of the Jews: Origin and Development of Mystical Anti-Semitism'' (New York: Fromm International Publishing Corporation, 1992), 192.</ref> La campagna dell'Unione Sovietica contro i sionisti si rifletteva più profondamente nella sua feroce oppressione degli ebrei sovietici, cementando il legame tra antisionismo e antisemitismo. Non sorprende che il principale ambito in cui questo odio antisionista verso gli ebrei trovò una certa risonanza in Occidente fu tra gli intellettuali di sinistra.
Questa versione laica di sinistra dell'"antisionismo negazionista", come lo chiama Wistrich, è una forma di antisemitismo "that delegitimizes and dehumanizes Israel [and is] not only Manichean in the philosophical sense, but totalitarian in its political essence, and ''theological'' in its insistence that Israel was ‘born in sin’".<ref>Wistrich, ''A Lethal Obsession'', 62; corsivo nell'originale.</ref> Tra le icone più note della sinistra liberale c'era [[w:Edward Said|Edward Said]] (1935-2003) della Columbia University. Afferma [[:en:w:Martin Kramer|Martin Kramer]]: "With Said, Middle Eastern studies became a field where scholarship took a backseat to advocacy, where a few biases became the highest credentials, where dissenting views became thought-crimes... The struggle was against an axis of evil comprised of Western orientalism, American imperialism, and Israeli Zionism".<ref>Cfr. Martin Kramer, "Columbia University: The Future of Middle Eastern Studies at Stake", in Manfred Gerstenfeld, ed., ''Academics Against Israel and the Jews'' (Jerusalem: Jerusalem Center for Public Affairs, 2007), 103.</ref> Tutti questi antisemiti antisionisti accusano Israele del male in atto, dall'oppressione colonialista allo sterminio nazionalsocialista. Non discutono, incitano.
=== "Are we going to do this ''again''?" ===
Nel 1961 uscì il film di [[w:Stanley Kramer|Stanley Kramer]] basato sui processi a [[w:Norimberga|Norimberga]]: ''[[w:Vincitori e vinti|Judgment at Nuremberg]]''. Uno dei momenti più toccanti del film è la scena in cui l'avvocato difensore dei giudici nazisti cerca di smentire la testimonianza di una donna tedesca che stava giustificando l'innocenza di un ebreo. Quando la donna era solo un'adolescente, l'ebreo era stato falsamente accusato di ''advances'' inappropriate, condannato in tribunale e assassinato. La difesa dei giudici nazisti stava tormentando la testimone, quando l'imputato Ernst Janning si alzò e gridò al suo avvocato: "Are we going to do this ''again''!?"
Già nel 1946 [[w:Max Weinreich|Max Weinreich]] pubblicò il suo studio ''Hitler’s Professors: The Part of Scholarship in Germany’s Crimes against the Jewish People''. Sì: i ''professori'' di Hitler. Anche loro abbracciarono l'antisemitismo nazionalsocialista. Senza l'appoggio del corpo docente tedesco all'antisemitismo sterminista nazista, forse l'annientamento degli ebrei d'Europa non avrebbe avuto un successo così clamoroso. Ai nostri giorni, ammantato dalla presunta apparenza dell'antisionismo, l'antisemitismo è diventato sempre più diffuso e di moda nelle aule universitarie. Pertanto, vorrei porre una domanda a me stesso e ai miei colleghi professori: ''lo faremo di nuovo?'' Saremo complici, con il nostro silenzio – o con le nostre parole – di questa rinnovata diffusione e legittimazione dell'antisemitismo? Non abbiamo più la debole scusa di addurre l'ignoranza su dove potrebbe portare l'incitamento all'odio contro gli ebrei. Scrive Levinas: "The anti-Semitic remark is like no other. Is it therefore an insult like other insults? It is an exterminating word, through which the Good that glorifies Being sees itself brought to unreality and shrivels up in the deepest recesses of a subjectivity",<ref>Levinas, ''Difficult Freedom'', 262.</ref> una soggettività che sarebbe come Dio, immersa nel fetore dell'indignazione morale.
Tra le principali fonti della crescente presenza di antisemitismo antisionista nei campus universitari ci sono l'organizzazione ''[[w:Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni|Boycott, Divestment, Sanctions (BDS)]]'' e il ''[[:en:w:Students for Justice in Palestine|National Students for Justice in Palestine (NSJP)]]'', nonché la loro affiliata ''Students for Justice in Palestine (SJP)'', che ha sedi in oltre 200 campus. L'obiettivo del BDS, come affermato da Omar Barghouti, uno dei fondatori del BDS nel 2007, è la distruzione dello Stato ebraico,<ref>Cfr. Dag Hammarskjőld Program, "Omar Barghouti – Strategies for Change", Vimeo (23 settembre 2013).</ref> e hanno il sostegno incondizionato di SJP e di centinaia di accademici. Questi movimenti godono di un crescente supporto non solo tra gli studenti universitari, ma anche tra amministratori e professori universitari, inclusi professori ebrei. Il 4 aprile 2019, la [[w:Università di New York|New York University]] ha annunciato la scelta della sede NYU del SJP per il premio ''President’s Service Award''. Una settimana dopo a Barghouti fu vietato l'ingresso negli Stati Uniti perché il BDS annovera tra i suoi membri cinque organizzazioni terroristiche designate dagli Stati Uniti.<ref>Noah Pollak, "Support for Terrorism, Not Ideas, Kept Omar Barghouti Out of the US", [https://mosaicmagazine.com/picks/israel-zionism/2019/04/support-for-terrorism-not-ideas-kept-omar-barghouti-out-of-the-u-s/ ''Mosaic'', 18 aprile 2019] (accesso 22/06/2025).</ref> Barghouti si stava recando a parlare alla New York University come ospite di SJP.
=== Antisionismo moralmente richiesto: Jihad islamica e la sinistra ===
{{clear}}
{{Immagine grande|May our eyes behold your return in mercy to Zion.jpg|1010px|Incisione di [[:en:w:Ephraim Moses Lilien|Ephraim Moses Lilien]], realizzata per il V Congresso Sionista, svoltosi a Basilea, in Svizzera, nel 1901. L'iscrizione in ebraico in basso è la preghiera: "Possano i nostri occhi contemplare il Tuo ritorno misericordioso a Sion" (dall’''[[w:Amidah|Amidah]]'').}}
== Note ==
[[File:Lieder des Ghetto 11.jpg|179px|right|"Zion" di Ephraim Moses Lilien (1903)]]
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie letteratura moderna}}
<div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div>
{{Avanzamento|75%|22 giugno 2025}}
[[Categoria:Connessioni|Capitolo 7]]
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