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Wikibooks:Bar
4
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478358
478213
2025-07-02T10:11:20Z
Dario Crespi (WMIT)
46376
/* Partecipa al sondaggio sulla strategia 2026-2030 di Wikimedia Italia */ nuova sezione
478358
wikitext
text/x-wiki
{{Bar|discussioni_in_evidenza=
*[[#Grafica homepage|Grafica homepage]]
*[[#Attiviamo VisualEditor di default?|Attiviamo VisualEditor di default?]]}}{{Nascondi titolo}}
'''Ultima modifica''': {{#time:j F Y, H:i|{{REVISIONTIMESTAMP}} }} '''Utente''': {{REVISIONUSER}}
== Launching! Join Us for Wiki Loves Ramadan 2025! ==
Dear All,
We’re happy to announce the launch of [[m:Wiki Loves Ramadan 2025|Wiki Loves Ramadan 2025]], an annual international campaign dedicated to celebrating and preserving Islamic cultures and history through the power of Wikipedia. As an active contributor to the Local Wikipedia, you are specially invited to participate in the launch.
This year’s campaign will be launched for you to join us write, edit, and improve articles that showcase the richness and diversity of Islamic traditions, history, and culture.
* Topic: [[m:Event:Wiki Loves Ramadan 2025 Campaign Launch|Wiki Loves Ramadan 2025 Campaign Launch]]
* When: Jan 19, 2025
* Time: 16:00 Universal Time UTC and runs throughout Ramadan (starting February 25, 2025).
* Join Zoom Meeting: https://us02web.zoom.us/j/88420056597?pwd=NdrpqIhrwAVPeWB8FNb258n7qngqqo.1
* Zoom meeting hosted by [[m:Wikimedia Bangladesh|Wikimedia Bangladesh]]
To get started, visit the [[m:Wiki Loves Ramadan 2025|campaign page]] for details, resources, and guidelines: Wiki Loves Ramadan 2025.
Add [[m:Wiki Loves Ramadan 2025/Participant|your community here]], and organized Wiki Loves Ramadan 2025 in your local language.
Whether you’re a first-time editor or an experienced Wikipedian, your contributions matter. Together, we can ensure Islamic cultures and traditions are well-represented and accessible to all.
Feel free to invite your community and friends too. Kindly reach out if you have any questions or need support as you prepare to participate.
Let’s make Wiki Loves Ramadan 2025 a success!
For the [[m:Wiki Loves Ramadan 2025/Team|International Team]] 13:08, 16 gen 2025 (CET)
<!-- Messaggio inviato da User:ZI Jony@metawiki usando l'elenco su https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=Distribution_list/Non-Technical_Village_Pumps_distribution_list&oldid=27568454 -->
== Universal Code of Conduct annual review: provide your comments on the UCoC and Enforcement Guidelines ==
<div lang="en" dir="ltr" class="mw-content-ltr">
My apologies for writing in English.
{{Int:Please-translate}}.
I am writing to you to let you know the annual review period for the Universal Code of Conduct and Enforcement Guidelines is open now. You can make suggestions for changes through 3 February 2025. This is the first step of several to be taken for the annual review.
[[m:Special:MyLanguage/Universal_Code_of_Conduct/Annual_review|Read more information and find a conversation to join on the UCoC page on Meta]].
The [[m:Special:MyLanguage/Universal_Code_of_Conduct/Coordinating_Committee|Universal Code of Conduct Coordinating Committee]] (U4C) is a global group dedicated to providing an equitable and consistent implementation of the UCoC. This annual review was planned and implemented by the U4C. For more information and the responsibilities of the U4C, [[m:Special:MyLanguage/Universal_Code_of_Conduct/Coordinating_Committee/Charter|you may review the U4C Charter]].
Please share this information with other members in your community wherever else might be appropriate.
-- In cooperation with the U4C, [[m:User:Keegan (WMF)|Keegan (WMF)]] ([[m:User talk:Keegan (WMF)|talk]]) 02:10, 24 gen 2025 (CET)
</div>
<!-- Messaggio inviato da User:Keegan (WMF)@metawiki usando l'elenco su https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=Distribution_list/Global_message_delivery&oldid=27746256 -->
== Save the date: itWikiCon 2025 si terrà dal 7 al 9 novembre 2025 a Catania ==
[[File:Logo ItWikiCon 2025 Catania SVG.svg|right|300px]]
Il team di organizzazione dell’'''[[:meta:ItWikiCon/2025|itWikiCon 2025]]''' è felicissimo di annunciarvi che il convegno annuale della comunità italofona dei progetti Wikimedia si terrà '''a Catania da venerdì 7 a domenica 9 novembre.'''
Non vediamo l’ora di accogliervi nella città etnea per tre giorni di incontri, discussioni e laboratori che copriranno vari temi legati a Wikipedia e agli altri progetti.
La sede del convegno, [https://www.isola.catania.it/ Isola Catania], si trova nel centro storico della città, vicinissima a tanti palazzi storici, a [[:w:it:via Etnea|via Etnea]] con tutti i suoi servizi disponibili e al [[:w:it:Pescheria di Catania|famoso mercato del pesce]]. La città è raggiungibile in aereo, ma anche in treno dalla costa tirrenica e in pullman.
Oltre al convegno, abbiamo previsto una settimana intera di attività per scoprire Catania e la Sicilia orientale. Le proposte di attività saranno aggiunte e migliorate nei prossimi mesi [[:meta:ItWikiCon/2025/Programma|sulla pagina dell’evento]]. Quindi segnate le date nel vostro calendario, in modo di essere liberi di prendere il tempo per esplorare Catania e i suoi dintorni!
Nelle prossime settimane, vi comunicheremo le tappe importanti dell’organizzazione dell’evento: costruzione collaborativa del programma, borse di partecipazione e commissioni di volontari per supportare il team organizzativo. Aggiungeremo nuove informazioni sulla [[:meta:ItWikiCon/2025|pagina Meta dell’evento]], che vi invitiamo a seguire.
Per qualsiasi domanda o suggerimento, non esitare a scrivere un messaggio sulla [[:meta:Talk:ItWikiCon/2025|pagina di discussione dell’evento]] o di contattarci a info(at)itwikicon.org.
A presto,
il team organizzativo itWikiCon 2025: [[Utente:GiovanniPen|GiovanniPen]], [[Utente:Auregann|Auregann]], [[Utente:Sannita|Sannita]] 15:41, 29 gen 2025 (CET)
== Reminder: first part of the annual UCoC review closes soon ==
<div lang="en" dir="ltr" class="mw-content-ltr">
My apologies for writing in English.
{{Int:Please-translate}}.
This is a reminder that the first phase of the annual review period for the Universal Code of Conduct and Enforcement Guidelines will be closing soon. You can make suggestions for changes through [[d:Q614092|the end of day]], 3 February 2025. This is the first step of several to be taken for the annual review.
[[m:Special:MyLanguage/Universal_Code_of_Conduct/Annual_review|Read more information and find a conversation to join on the UCoC page on Meta]]. After review of the feedback, proposals for updated text will be published on Meta in March for another round of community review.
Please share this information with other members in your community wherever else might be appropriate.
-- In cooperation with the U4C, [[m:User:Keegan (WMF)|Keegan (WMF)]] ([[m:User talk:Keegan (WMF)|talk]]) 01:48, 3 feb 2025 (CET)
</div>
<!-- Messaggio inviato da User:Keegan (WMF)@metawiki usando l'elenco su https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=Distribution_list/Global_message_delivery&oldid=28198931 -->
== Tirocinio curriculare Roma Tre 2025 ==
Ciao @[[Utente:Hippias|Hippias]], WikiDonne ritorna quest'anno con i due [[Progetto:WikiDonne/PCTO ERT 2025|PCTO in Emilia-Romagna]] (da gennaio ad aprile) e un tirocinio con Roma Tre che inizia proprio oggi e termina a fine giugno. Se per i PCTO ci sono i namespace [[Progetto:Scuole/Liceo Laura Bassi di Bologna 2025|Progetto:Scuole]], non trovo alcunché sulle università. Ho anche pensato di andare e registrare qualcosa delle lezioni su Wikiversità, ma vedo che sia tutto fermo lì, e da molto tempo. Mi confermi che su WB non ci sono i progetti con le università? Grazie, [[Utente:Camelia.boban|Camelia]] ([[Discussioni utente:Camelia.boban|disc.]]) 14:25, 3 feb 2025 (CET)
:Ciao @[[Utente:Camelia.boban|Camelia]]! Per caso ti potrebbe servire il flag come [[Wikibooks:Creatori di utenze|creatrice di utenze]]? <br>Per quanto riguarda i progetti universitari, da quello che ho visto negli scorsi anni, i docenti si organizzavano per conto loro ''extra wiki'' o al massimo usavano le talk dei singoli libri per coordinarsi, per questo non ci sono spazi apposta per l'università. Per ora direi di usare ancora il [[Progetto:Scuole]], magari creando una sottopagina a parte che in futuro si potrebbe scorporare.<br>Un discorso a parte su Wikiversità: il progetto non è in buona salute. In queste settimane ci sono tornato per lavorare un po' ad alcuni template grafici e fare un minimo di manutenzione, ma c'è pochissima gente (anch'io pensavo che fosse deserta da anni, e invece qualcuno c'è ancora). Al [[v:Wikiversità:Bar|bar di Wikiversità]] sono partite delle discussioni per cercare di rilanciarla. Se vuoi caricare materiali anche lì, male non fa, anzi! — [[Utente:Hippias|<span style="font-family:Georgia, serif">Hippias</span>]] <sup>([[Discussioni utente:Hippias|msg]])</sup> 19:00, 3 feb 2025 (CET)
::Grazie @[[Utente:Hippias|Hippias]], per la creazione delle utenze oramai abbiamo fatto. Per il tirocinio allora uso la nostra [[Progetto:WikiDonne/Tirocinio Roma Tre 2025|pagina di coordinamento]] (che già abbiamo, poi certo abbiamo anche cose estrawiki). Poi vediamo se si riesce a ravvivare qualcosa anche su Wikiversità. Metterò magari un po' di materiale, devo vedere bene come funziona il progetto. Grazie mille della risposta. [[Utente:Camelia.boban|Camelia]] ([[Discussioni utente:Camelia.boban|disc.]]) 11:24, 5 feb 2025 (CET)
== Wikimania 2025: apertura borse di partecipazione di Wikimedia Italia ==
[[File:Wikimania logo.svg|right|100px]]
Siamo molto lieti di comunicarvi che Wikimedia Italia ha aperto le '''borse per sostenere i costi di partecipazione a [[:wmania:2025:Wikimania|Wikimania 2025]]''', che si terrà a Nairobi, Kenya, dal 6 al 9 agosto.<br/>Vengono messe a disposizione 6 borse da 1.500 euro ciascuna. Può essere inviata richiesta di borsa '''entro il 5 marzo 2025'''. Tutte le richieste saranno poi valutate da una commissione appositamente costituita e gli esiti verranno pubblicati entro il 20 marzo 2025.<br/>Il bando completo si trova sul wiki di Wikimedia Italia: [[:wmit:Programma borse di partecipazione "Alessio Guidetti" per Wikimania 2025|Programma borse di partecipazione "Alessio Guidetti" per Wikimania 2025]], dove è presente il link al form da compilare per la richiesta. Siete tutti invitati a partecipare!<br/>Per qualsiasi dubbio non esitate a chiedere qui sotto (pingandomi) o a [https://it.wikipedia.org/wiki/Speciale:InviaEmail?wpTarget=Dario_Crespi_(WMIT) scrivermi] direttamente. Buona giornata. [[Utente:Dario Crespi (WMIT)|Dario Crespi (WMIT)]] ([[Discussioni utente:Dario Crespi (WMIT)|disc.]]) 10:56, 5 feb 2025 (CET)
== Wikimedia Italia: apertura sportello per progetti dei volontari 2025 ==
Ciao, siamo lieti di annunciarvi che è aperto lo '''sportello per progetti dei volontari 2025''' di Wikimedia Italia. Il bando ha lo scopo di finanziare i progetti dei volontari attivi nei progetti Wikimedia e OpenStreetMap, che siano legati agli scopi statutari di Wikimedia Italia. La dotazione dello sportello per l'anno 2025 è di 45.000 euro.
Se avete delle proposte potete inviarle entro il: 28 febbraio (prima tranche), 30 aprile (seconda tranche) e 30 giugno (terza tranche).
Dopo ogni deadline la commissione avrà 3 settimane per valutare i progetti, il supporto dei quali può variare dai 1.000 ai 10.000 EUR.
Trovate tutti i dettagli e il template per presentare le proposte su Meta: '''[[:meta:Wikimedia Italia/Sportello per progetti dei volontari/2025|Wikimedia Italia/Sportello per progetti dei volontari/2025]]'''.
Rimaniamo a disposizione per qualsiasi domanda. --[[Utente:Anisa Kuci (WMIT)|Anisa Kuci (WMIT)]] e [[Utente:Dario Crespi (WMIT)|Dario Crespi (WMIT)]] ([[Discussioni utente:Dario Crespi (WMIT)|disc.]]) 14:12, 7 feb 2025 (CET)
== Prossimo Language Community Meeting (28 febbraio, 14:00 UTC) e Newsletter ==
<section begin="message"/>
Ciao,
[[File:WP20Symbols WIKI INCUBATOR.svg|right|frameless|150x150px|alt=Un'immagine che simboleggia più lingue]]
Siamo lieti di annunciare che il prossimo '''Language Community Meeting''' avrà luogo il '''28 febbraio alle 14:00 UTC'''! Se vuoi partecipare registrati su '''[[mw:Wikimedia_Language_and_Product_Localization/Community_meetings#28_February_2025|questa pagina]]'''.
Si tratta di un incontro condotto dai partecipanti in cui vengono condivisi gli aggiornamenti sui progetti relativi alle lingue, si discutono le sfide tecniche dei wiki linguistici e si collabora alle soluzioni. Nell'ultimo incontro sono stati affrontati argomenti come lo sviluppo di tastiere per lingue diverse, la creazione della Wikipedia in Moore e gli aggiornamenti relativi al supporto linguistico a Wiki Indaba.
'''Hai un argomento da condividere?''' Che si tratti di un aggiornamento tecnico del vostro progetto, di una sfida da affrontare o di una richiesta di supporto alla traduzione, saremo lieti di sentirvi! Sentitevi liberi di '''rispondere a questo messaggio''' o di aggiungere punti all'ordine del giorno al documento che si trova '''[[etherpad:p/language-community-meeting-feb-2025|qui]]'''.
Inoltre, volevamo sottolineare che la sesta edizione della newsletter di Language & Internationalization (gennaio 2025) è disponibile qui: [[:mw:Special:MyLanguage/Wikimedia Language and Product Localization/Newsletter/2025/January|Wikimedia Language and Product Localization/Newsletter/2025/January]]. Questa newsletter fornisce aggiornamenti dal trimestre ottobre-dicembre 2024 sullo sviluppo di nuove funzionalità, sui miglioramenti nei vari progetti tecnici e di supporto legati alla lingua, sui dettagli delle riunioni della comunità e sulle idee per contribuire ai progetti. Per rimanere aggiornati, è possibile iscriversi alla newsletter sulla sua pagina wiki: [[:mw:Wikimedia Language and Product Localization/Newsletter|Wikimedia Language and Product Localization/Newsletter]].
Attendiamo le vostre idee e la vostra partecipazione all'incontro della comunità linguistica, ci vediamo lì!
<section end="message"/>
<bdi lang="en" dir="ltr">[[User:MediaWiki message delivery|MediaWiki message delivery]]</bdi> 09:28, 22 feb 2025 (CET)
<!-- Messaggio inviato da User:SSethi (WMF)@metawiki usando l'elenco su https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=Distribution_list/Global_message_delivery&oldid=28217779 -->
== Universal Code of Conduct annual review: proposed changes are available for comment ==
<div lang="en" dir="ltr" class="mw-content-ltr">
My apologies for writing in English.
{{Int:Please-translate}}.
I am writing to you to let you know that [[m:Special:MyLanguage/Universal_Code_of_Conduct/Annual_review/Proposed_Changes|proposed changes]] to the [[foundation:Special:MyLanguage/Policy:Universal_Code_of_Conduct/Enforcement_guidelines|Universal Code of Conduct (UCoC) Enforcement Guidelines]] and [[m:Special:MyLanguage/Universal_Code_of_Conduct/Coordinating_Committee/Charter|Universal Code of Conduct Coordinating Committee (U4C) Charter]] are open for review. '''[[m:Special:MyLanguage/Universal_Code_of_Conduct/Annual_review/Proposed_Changes|You can provide feedback on suggested changes]]''' through the [[d:Q614092|end of day]] on Tuesday, 18 March 2025. This is the second step in the annual review process, the final step will be community voting on the proposed changes.
[[m:Special:MyLanguage/Universal_Code_of_Conduct/Annual_review|Read more information and find relevant links about the process on the UCoC annual review page on Meta]].
The [[m:Special:MyLanguage/Universal_Code_of_Conduct/Coordinating_Committee|Universal Code of Conduct Coordinating Committee]] (U4C) is a global group dedicated to providing an equitable and consistent implementation of the UCoC. This annual review was planned and implemented by the U4C. For more information and the responsibilities of the U4C, [[m:Special:MyLanguage/Universal_Code_of_Conduct/Coordinating_Committee/Charter|you may review the U4C Charter]].
Please share this information with other members in your community wherever else might be appropriate.
-- In cooperation with the U4C, [[m:User:Keegan (WMF)|Keegan (WMF)]] 19:50, 7 mar 2025 (CET)
</div>
<!-- Messaggio inviato da User:Keegan (WMF)@metawiki usando l'elenco su https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=Distribution_list/Global_message_delivery&oldid=28307738 -->
== La tua wiki presto sarà in modalità solo lettura ==
<section begin="server-switch"/><div class="plainlinks">
[[:m:Special:MyLanguage/Tech/Server switch|Leggi questo messaggio in un'altra lingua]] • [https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=Special:Translate&group=page-Tech%2FServer+switch&language=&action=page&filter= {{int:please-translate}}]
[[foundation:|Wikimedia Foundation]] scambierà il traffico tra i suoi data center. Lo scopo è accertarsi che Wikipedia e le altre wiki Wikimedia riescano a rimanere online anche dopo un disastro.
Tutto il traffico sarà commutato il giorno '''{{#time:j xg|2025-03-19|it}}'''. Il test avrà inizio alle '''[https://zonestamp.toolforge.org/{{#time:U|2025-03-19T14:00|en}} {{#time:H:i e|2025-03-19T14:00}}]'''.
Sfortunatamente, a causa di alcune limitazioni di [[mw:Special:MyLanguage/Manual:What is MediaWiki?|MediaWiki]], tutte le attività di modifica dovranno essere interrotte mentre si effettua il cambio. Ci scusiamo per il disagio, stiamo lavorando per minimizzarlo in futuro.
Un banner apparirà su tutte le wiki 30 minuti prima dell'inizio dell'operazione. Questo avviso rimarrà visibile fino alla fine dell'operazione.
'''Sarai in grado di leggere, ma non di modificare, tutte le wiki per un breve periodo di tempo.'''
*Il giorno {{#time:l j xg Y|2025-03-19|it}} non sarà possibile effettuare modifiche per al massimo un'ora.
*Se proverai a modificare o a salvare durante il periodo di sospensione, vedrai apparire un messaggio d'errore. Speriamo che nessuna modifica venga persa durante questi pochi minuti, ma non possiamo garantirlo. Se vedi apparire il messaggio di errore, per cortesia attendi fino a che non sia tornato tutto alla normalità. Da quel momento potrai salvare le tue modifiche. È comunque consigliabile fare prima una copia delle modifiche, per essere pronti a ogni eventualità.
''Altre conseguenze'':
*I processi in background saranno più lenti e alcuni potrebbero interrompersi. I link rossi potrebbero non essere aggiornati velocemente come al solito. Se crei una voce per cui esiste già un link entrante a partire da un'altra voce, il collegamento rimarrà rosso più a lungo del solito. Alcuni script in esecuzione di lunga durata dovranno essere fermati.
* La distribuzione del codice dovrebbe avvenire normalmente come le altre settimane. Tuttavia, alcuni blocchi nell'aggiornamento del codice potrebbero avvenire puntualmente se l'operazione lo dovesse richiedere in seguito.
* [[mw:Special:MyLanguage/GitLab|GitLab]] non sarà disponibile per circa 90 minuti.
Il progetto potrebbe essere posticipato se necessario. Puoi [[wikitech:Switch_Datacenter|leggere la tabella di marcia su wikitech.wikimedia.org]]. Ogni cambiamento sarà annunciato nella tabella di marcia.
'''Per favore, condividi queste informazioni con la tua comunità.'''</div><section end="server-switch"/>
<bdi lang="en" dir="ltr">[[User:MediaWiki message delivery|MediaWiki message delivery]]</bdi> 00:14, 15 mar 2025 (CET)
<!-- Messaggio inviato da User:Quiddity (WMF)@metawiki usando l'elenco su https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=Distribution_list/Non-Technical_Village_Pumps_distribution_list&oldid=28307742 -->
== Final proposed modifications to the Universal Code of Conduct Enforcement Guidelines and U4C Charter now posted ==
<div lang="en" dir="ltr" class="mw-content-ltr">
The proposed modifications to the [[foundation:Special:MyLanguage/Policy:Universal_Code_of_Conduct/Enforcement_guidelines|Universal Code of Conduct Enforcement Guidelines]] and the U4C Charter [[m:Universal_Code_of_Conduct/Annual_review/2025/Proposed_Changes|are now on Meta-wiki for community notice]] in advance of the voting period. This final draft was developed from the previous two rounds of community review. Community members will be able to vote on these modifications starting on 17 April 2025. The vote will close on 1 May 2025, and results will be announced no later than 12 May 2025. The U4C election period, starting with a call for candidates, will open immediately following the announcement of the review results. More information will be posted on [[m:Special:MyLanguage//Universal_Code_of_Conduct/Coordinating_Committee/Election|the wiki page for the election]] soon.
Please be advised that this process will require more messages to be sent here over the next two months.
The [[m:Special:MyLanguage/Universal_Code_of_Conduct/Coordinating_Committee|Universal Code of Conduct Coordinating Committee (U4C)]] is a global group dedicated to providing an equitable and consistent implementation of the UCoC. This annual review was planned and implemented by the U4C. For more information and the responsibilities of the U4C, you may [[m:Special:MyLanguage/Universal_Code_of_Conduct/Coordinating_Committee/Charter|review the U4C Charter]].
Please share this message with members of your community so they can participate as well.
-- In cooperation with the U4C, [[m:User:Keegan (WMF)|Keegan (WMF)]] ([[m:User_talk:Keegan (WMF)|talk]]) 04:04, 4 apr 2025 (CEST)
</div>
<!-- Messaggio inviato da User:Keegan (WMF)@metawiki usando l'elenco su https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=Distribution_list/Global_message_delivery&oldid=28469465 -->
== Wikidata and Sister Projects: An online community event ==
''(Apologies for posting in English)''
Hello everyone, I am excited to share news of an upcoming online event called '''[[d:Event:Wikidata_and_Sister_Projects|Wikidata and Sister Projects]]''' celebrating the different ways Wikidata can be used to support or enhance with another Wikimedia project. The event takes place over 4 days between '''May 29 - June 1st, 2025'''.
We would like to invite speakers to present at this community event, to hear success stories, challenges, showcase tools or projects you may be working on, where Wikidata has been involved in Wikipedia, Commons, WikiSource and all other WM projects.
If you are interested in attending, please [[d:Special:RegisterForEvent/1291|register here]].
If you would like to speak at the event, please fill out this Session Proposal template on the [[d:Event_talk:Wikidata_and_Sister_Projects|event talk page]], where you can also ask any questions you may have.
I hope to see you at the event, in the audience or as a speaker, - [[Utente:MediaWiki message delivery|MediaWiki message delivery]] ([[Discussioni utente:MediaWiki message delivery|disc.]]) 11:18, 11 apr 2025 (CEST)
<!-- Messaggio inviato da User:Danny Benjafield (WMDE)@metawiki usando l'elenco su https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=User:Danny_Benjafield_(WMDE)/MassMessage_Send_List&oldid=28525705 -->
== Inizio un altro libro: Da Scratch al C++ ==
Come i precedenti, questo libro nasce da un'esigenza personale: diversi studenti sono rimasti indietro e mi occorre una strategia per riallinearli al resto della classe.
A detta dei più bravi, di cui ho gran stima, dovrei ripartire da un <code>livello 0</code>, ma — dice il professore che è in me — senza annoiare il resto della classe.
Quindi l'idea è creare un testo di informatica per le seconde/terze dove si passa da linguaggi come Scratch a linguaggi formali. E vorrei farmi aiutare dai miei studenti nella scrittura del testo. Loro meglio di me conoscono le loro esigenze.
Vi terrò informati. [[Utente:Galessandroni|<span style="color:green">'''Giacomo Alessandroni'''</span>]] <sup>[[Discussioni Utente:Galessandroni|<span style="color:blue">'''Parliamone!'''</span>]]</sup> 22:22, 14 apr 2025 (CEST)
== Vote now on the revised UCoC Enforcement Guidelines and U4C Charter ==
<div lang="en" dir="ltr" class="mw-content-ltr">
The voting period for the revisions to the Universal Code of Conduct Enforcement Guidelines ("UCoC EG") and the UCoC's Coordinating Committee Charter is open now through the end of 1 May (UTC) ([https://zonestamp.toolforge.org/1746162000 find in your time zone]). [[m:Special:MyLanguage/Universal_Code_of_Conduct/Annual_review/2025/Voter_information|Read the information on how to participate and read over the proposal before voting]] on the UCoC page on Meta-wiki.
The [[m:Special:MyLanguage/Universal_Code_of_Conduct/Coordinating_Committee|Universal Code of Conduct Coordinating Committee (U4C)]] is a global group dedicated to providing an equitable and consistent implementation of the UCoC. This annual review of the EG and Charter was planned and implemented by the U4C. Further information will be provided in the coming months about the review of the UCoC itself. For more information and the responsibilities of the U4C, you may [[m:Special:MyLanguage/Universal_Code_of_Conduct/Coordinating_Committee/Charter|review the U4C Charter]].
Please share this message with members of your community so they can participate as well.
In cooperation with the U4C -- [[m:User:Keegan (WMF)|Keegan (WMF)]] ([[m:User_talk:Keegan (WMF)|talk]]) 02:34, 17 apr 2025 (CEST)
</div>
<!-- Messaggio inviato da User:Keegan (WMF)@metawiki usando l'elenco su https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=Distribution_list/Global_message_delivery&oldid=28469465 -->
== refuso ==
Buongiorno a tutti segnalo [https://it.wikibooks.org/wiki/MediaWiki:Categoriespagetext questa pagina di servizio] non da me modificabile, che contiene la parola "tuttte" (con tre "t" consecutive), per l'opportuna correzione del refuso :D. Saluti, [[Utente:Eumolpo|Eumolpo]] ([[Discussioni utente:Eumolpo|disc.]]) 16:48, 26 apr 2025 (CEST)
:@[[Utente:Eumolpo|Eumolpo]] Ho corretto, grazie della segnalazione! [[Utente:Hippias|<span style="font-family:Georgia, serif">Hippias</span>]] <sup>([[Discussioni utente:Hippias|msg]])</sup> 17:19, 26 apr 2025 (CEST)
== Votazione sulle modifiche proposte per le Linee guida di applicazione dell'UCoC e della U4C Charter. ==
<section begin="announcement-content" />
<div lang="en" dir="ltr" class="mw-content-ltr">
The voting period for the revisions to the Universal Code of Conduct Enforcement Guidelines and U4C Charter closes on 1 May 2025 at 23:59 UTC ([https://zonestamp.toolforge.org/1746162000 find in your time zone]). [[m:Special:MyLanguage/Universal Code of Conduct/Annual review/2025/Voter information|Read the information on how to participate and read over the proposal before voting]] on the UCoC page on Meta-wiki.
</div>
Il [[m:Special:MyLanguage/Universal Code of Conduct/Coordinating Committee|Comitato di Coordinamento del Codice Universale di Condotta (U4C)]] è un gruppo globale impegnato a fornire un'applicazione equa e coerente dell'UCoC. Questa revisione annuale è stata pianificata e realizzata dall'U4C. Per altre informazioni è per le responsabilità dell'U4C potete [[m:Special:MyLanguage/Universal Code of Conduct/Coordinating Committee/Charter|consultare la Charter di U4C]].
<div lang="en" dir="ltr" class="mw-content-ltr">
Please share this message with members of your community in your language, as appropriate, so they can participate as well.
</div>
<div lang="en" dir="ltr" class="mw-content-ltr">
In cooperation with the U4C --
</div> <section end="announcement-content" />
<div lang="en" dir="ltr" class="mw-content-ltr">
[[m:User:Keegan (WMF)|Keegan (WMF)]] ([[m:User talk:Keegan (WMF)|talk]]) 05:40, 29 apr 2025 (CEST)</div>
<!-- Messaggio inviato da User:Keegan (WMF)@metawiki usando l'elenco su https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=Distribution_list/Global_message_delivery&oldid=28618011 -->
== WikiOscar 2025 ==
Ciao! Anche quest'anno nei '''[https://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia:Scherzi_e_STUBidaggini/Wikioscar/2025 Wikioscar]''' che si tengono su Wikipedia in lingua italiana è presente un [https://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia:Scherzi_e_STUBidaggini/Wikioscar/2025#Wikilibraio premio] per l'utente che ama i libri. Potete votare il vostro utente preferito dal 1° al 7 maggio! [[Utente:Atlante|Atlante]] ([[Discussioni utente:Atlante|disc.]]) 22:21, 30 apr 2025 (CEST)
== itWikiCon 2025 a Catania dal 7 al 9 novembre 2025: prossimi passi ==
Ciao a tutti,
come forse già sapete, la '''[[m:ItWikiCon/2025|ItWikiCon 2025]]''', il convegno annuale della comunità italofona dei progetti Wikimedia, si terrà '''a Catania da venerdì 7 a domenica 9 novembre'''.
Per una panoramica generale, vi rimandiamo alla '''[[m:ItWikiCon/2025/Programma|sezione Programma]]''', che aggiorneremo regolarmente nei prossimi mesi e nella quale trovate già la '''scheda delle attività''', nonché alla [[m:ItWikiCon/2025/Informazioni|sezione Informazioni]].
In attesa dell’apertura ufficiale della fase di proposte prevista per il prossimo 3 giugno, la commissione Programma vorrebbe sondare i desideri delle comunità italofone in merito ai temi da trattare alla conferenza: quali sono gli argomenti più importanti da coprire, secondo voi? Che discussioni dobbiamo avere durante l’itWikiCon? '''Potete aggiungere dei temi o commentare quelli proposti dagli altri [[m:ItWikiCon/2025/Programma/Proposte/Temi|sulla pagina Temi]] da ora fino a inizio giugno'''.
Infine, per chi ha la necessità di richiedere una borsa di partecipazione per coprire le spese di viaggio e alloggio, '''la fase di richieste di borse sarà aperta dal 17 giugno fino al 27 luglio'''. Si svolge un po’ prima rispetto alle ultime edizioni, per permettervi di organizzare il vostro viaggio a Catania nelle condizioni migliori, quindi segnatevi queste date per non perdervi la fase di richieste!
Aggiungeremo regolarmente nuove informazioni sulla pagina Meta dell’evento, che vi invitiamo a seguire. Per qualsiasi domanda o suggerimento, non esitare a scrivere un messaggio sulla pagina di discussione dell’evento o di contattarci a info(at)itwikicon.org.
A presto,
Il team organizzatore itWikiCon 2025 e la commissione Programma, -- [[Utente:Mastrocom|Mastrocom]] ([[Discussioni utente:Mastrocom|disc.]]) 11:31, 5 mag 2025 (CEST)
== We will be enabling the new Charts extension on your wiki soon! ==
''(Apologies for posting in English)''
Hi all! We have good news to share regarding the ongoing problem with graphs and charts affecting all wikis that use them.
As you probably know, the [[:mw:Special:MyLanguage/Extension:Graph|old Graph extension]] was disabled in 2023 [[listarchive:list/wikitech-l@lists.wikimedia.org/thread/EWL4AGBEZEDMNNFTM4FRD4MHOU3CVESO/|due to security reasons]]. We’ve worked in these two years to find a solution that could replace the old extension, and provide a safer and better solution to users who wanted to showcase graphs and charts in their articles. We therefore developed the [[:mw:Special:MyLanguage/Extension:Chart|Charts extension]], which will be replacing the old Graph extension and potentially also the [[:mw:Extension:EasyTimeline|EasyTimeline extension]].
After successfully deploying the extension on Italian, Swedish, and Hebrew Wikipedia, as well as on MediaWiki.org, as part of a pilot phase, we are now happy to announce that we are moving forward with the next phase of deployment, which will also include your wiki.
The deployment will happen in batches, and will start from '''May 6'''. Please, consult [[:mw:Special:MyLanguage/Extension:Chart/Project#Deployment Timeline|our page on MediaWiki.org]] to discover when the new Charts extension will be deployed on your wiki. You can also [[:mw:Special:MyLanguage/Extension:Chart|consult the documentation]] about the extension on MediaWiki.org.
If you have questions, need clarifications, or just want to express your opinion about it, please refer to the [[:mw:Special:MyLanguage/Extension_talk:Chart/Project|project’s talk page on Mediawiki.org]], or ping me directly under this thread. If you encounter issues using Charts once it gets enabled on your wiki, please report it on the [[:mw:Extension_talk:Chart/Project|talk page]] or at [[phab:tag/charts|Phabricator]].
Thank you in advance! -- [[User:Sannita (WMF)|User:Sannita (WMF)]] ([[User talk:Sannita (WMF)|talk]]) 17:07, 6 mag 2025 (CEST)
<!-- Messaggio inviato da User:Sannita (WMF)@metawiki usando l'elenco su https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=User:Sannita_(WMF)/Mass_sending_test&oldid=28663781 -->
== <span lang="en" dir="ltr">Call for Candidates for the Universal Code of Conduct Coordinating Committee (U4C)</span> ==
<div lang="en" dir="ltr">
<section begin="announcement-content" />
The results of voting on the Universal Code of Conduct Enforcement Guidelines and Universal Code of Conduct Coordinating Committee (U4C) Charter is [[m:Special:MyLanguage/Universal Code of Conduct/Annual review/2025#Results|available on Meta-wiki]].
You may now [[m:Special:MyLanguage/Universal Code of Conduct/Coordinating Committee/Election/2025/Candidates|submit your candidacy to serve on the U4C]] through 29 May 2025 at 12:00 UTC. Information about [[m:Special:MyLanguage/Universal Code of Conduct/Coordinating Committee/Election/2025|eligibility, process, and the timeline are on Meta-wiki]]. Voting on candidates will open on 1 June 2025 and run for two weeks, closing on 15 June 2025 at 12:00 UTC.
If you have any questions, you can ask on [[m:Talk:Universal Code of Conduct/Coordinating Committee/Election/2025|the discussion page for the election]]. -- in cooperation with the U4C, </div><section end="announcement-content" />
</div>
<bdi lang="en" dir="ltr">[[m:User:Keegan (WMF)|Keegan (WMF)]] ([[m:User_talk:Keegan (WMF)|discussione]])</bdi> 00:06, 16 mag 2025 (CEST)
<!-- Messaggio inviato da User:Keegan (WMF)@metawiki usando l'elenco su https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=Distribution_list/Global_message_delivery&oldid=28618011 -->
== Sostituire libri pesanti nelle scuole ==
Buongiorno, cullo da sempre l'idea di testi scolastici liberi a fascicoli per non appesantire gli zaini dei nostri figli. Avete mai pensato di proporre i vostri testi alle commissioni scolastiche?
Ilario [[Utente:IlarioQ|IlarioQ]] ([[Discussioni utente:IlarioQ|disc.]]) 07:37, 16 mag 2025 (CEST)
:@[[Utente:IlarioQ|IlarioQ]] Su Wikibooks ci sono insegnanti che scrivono manuali, a volte con l'aiuto dei loro studenti, e poi li usano nella didattica in aula. Forse ci sono anche altri docenti che utilizzano i libri della nostra biblioteca, però non possiamo saperlo. D'altra parte, moltissimi libri di Wikibooks sono incompleti e abbandonati, e non sono sicuro che la normativa vigente consenta l'adozione dei wikilibri come libri di testo. — [[Utente:Hippias|<span style="font-family:Georgia, serif">Hippias</span>]] <sup>([[Discussioni utente:Hippias|msg]])</sup> 18:23, 16 mag 2025 (CEST)
== RfC ongoing regarding Abstract Wikipedia (and your project) ==
<div lang="en" dir="ltr" class="mw-content-ltr">
''(Apologies for posting in English, if this is not your first language)''
Hello all! We opened a discussion on Meta about a very delicate issue for the development of [[:m:Special:MyLanguage/Abstract Wikipedia|Abstract Wikipedia]]: where to store the abstract content that will be developed through functions from Wikifunctions and data from Wikidata. Since some of the hypothesis involve your project, we wanted to hear your thoughts too.
We want to make the decision process clear: we do not yet know which option we want to use, which is why we are consulting here. We will take the arguments from the Wikimedia communities into account, and we want to consult with the different communities and hear arguments that will help us with the decision. The decision will be made and communicated after the consultation period by the Foundation.
You can read the various hypothesis and have your say at [[:m:Abstract Wikipedia/Location of Abstract Content|Abstract Wikipedia/Location of Abstract Content]]. Thank you in advance! -- [[User:Sannita (WMF)|Sannita (WMF)]] ([[User talk:Sannita (WMF)|<span class="signature-talk">{{int:Talkpagelinktext}}</span>]]) 17:26, 22 mag 2025 (CEST)
</div>
<!-- Messaggio inviato da User:Sannita (WMF)@metawiki usando l'elenco su https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=User:Sannita_(WMF)/Mass_sending_test&oldid=28768453 -->
== Elezioni del 2025 del Board of Trustees di Wikimedia Foundation - Selezione e domande ==
<section begin="announcement-content" />
:''[[m:Special:MyLanguage/Wikimedia Foundation elections/2025/Announcement/Selection announcement|{{int:interlanguage-link-mul}}]] • [https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=Special:Translate&group=page-{{urlencode:Wikimedia Foundation elections/2025/Announcement/Selection announcement}}&language=&action=page&filter= {{int:please-translate}}]''
Buongiorno,
Quest'anno, il mandato di 2 (due) membri del Board selezionati dalla comunità e dagli affiliati nel Board of Trustees di Wikimedia Foundation giungerà a termine [1]. Il Board invita tutto il movimento a partecipare al processo di selezione di quest'anno e a votare per occupare questi posti.
La commissione elettorale supervisionerà questo processo con il supporto dello staff della Foundation [2]. Il Comitato per la governance, composto da membri del Board che non sono candidati al processo di selezione del 2025 selezionati dalla comunità e dagli affiliati (Raju Narisetti, Shani Evenstein Sigalov, Lorenzo Losa, Kathy Collins, Victoria Doronina e Esra'a Al Shafei) [3], ha il compito di fornire una supervisione del Board per il processo di selezione dei membri del Board del 2025 e di tenere informato il Board. Per maggiori dettagli sui ruoli della Commissione elettorale, del Board e dello staff, consultare il sito [4].
Ecco le date principali previste:
* 22 maggio - 5 giugno: Annuncio (questa comunicazione) e invito a presentare domande. [6]
* 17 giugno - 1 luglio 2025: Invito a presentare candidature
* luglio 2025: Se necessario, gli affiliati votano per la selezione dei candidati, se le candidature sono almeno 10 o più [5].
* Agosto 2025: Periodo di campagna elettorale
* * Agosto - settembre 2025: Due settimane di votazione comunitaria
* * Ottobre - novembre 2025: Controllo dei precedenti dei candidati selezionati
* Riunione del Board a dicembre 2025: Insediamento dei nuovi membri
Per saperne di più sul processo di selezione dei 2025 - compresa la tempistica dettagliata, il processo di candidatura, le regole della campagna e i criteri di idoneità dei votanti - consultare questa pagina Meta-wiki [[m:Special:MyLanguage/Wikimedia_Foundation_elections/2025|[link]]].
'''Invito a porre domande'''
In ogni processo di selezione, la comunità ha l'opportunità di presentare domande alle quali i candidati del Board of Trustees dovranno rispondere. La commissione elettorale seleziona dall'elenco elaborato dalla comunità le domande a cui i candidati dovranno rispondere. Per essere eleggibili, i candidati devono rispondere a tutte le domande richieste nella candidatura; in caso contrario, la loro candidatura sarà annullata. Quest'anno, la commissione elettorale selezionerà 5 domande alle quali i candidati dovranno rispondere. Le domande selezionate possono essere una combinazione di quelle presentate dalla comunità, se sono simili o correlate. [[m:Special:MyLanguage/Wikimedia_Foundation_elections/2025/Questions_for_candidates|[link]]]
'''Volontari per le elezioni'''
Un altro modo per partecipare al processo di selezione del 2025 è quello di essere un volontario per l'elezione. I volontari per l'elezione sono un ponte tra la commissione elettorale e la rispettiva comunità. Aiutano a garantire che la loro comunità sia rappresentata e la mobilitano a votare. Per saperne di più sul programma e sulle modalità di adesione, consultare questa pagina della Meta-wiki [[m:Wikimedia_Foundation_elections/2025/Election_volunteers|[link]]].
Grazie!
[1] https://meta.wikimedia.org/wiki/Wikimedia_Foundation_elections/2022/Results
[2] https://foundation.wikimedia.org/wiki/Committee:Elections_Committee_Charter
[3] https://foundation.wikimedia.org/wiki/Resolution:Committee_Membership,_December_2024
[4] https://meta.wikimedia.org/wiki/Wikimedia_Foundation_elections_committee/Roles
[5] https://meta.wikimedia.org/wiki/Wikimedia_Foundation_elections/2025/FAQ
[6] https://meta.wikimedia.org/wiki/Wikimedia_Foundation_elections/2025/Questions_for_candidates
Cordiali saluti,
Victoria Doronina
Rappresentante del Board presso la commissione elettorale
Comitato per la Governance<section end="announcement-content" />
[[Utente:MediaWiki message delivery|MediaWiki message delivery]] ([[Discussioni utente:MediaWiki message delivery|disc.]]) 05:07, 28 mag 2025 (CEST)
<!-- Messaggio inviato da User:RamzyM (WMF)@metawiki usando l'elenco su https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=Distribution_list/Global_message_delivery&oldid=28618011 -->
== produzione PDF ==
Vorrei scaricare il libro [[Intelligenza artificiale]], ho provato a scaricare il pdf ma risulta un file si sole 2 pagina. Ho sbagliato io qualcosa ho quella funzione non funziona? Grazie [[Utente:Giaccai|Susanna Giaccai]] ([[Discussioni utente:Giaccai|disc.]]) 09:46, 1 giu 2025 (CEST)
:@[[Utente:Giaccai|Giaccai]] Credo di non avere capito, comunque il pdf si trova qui: [[:File:Intelligenza artificiale.pdf]]. Se intendevi il bottone ''Scarica in formato PDF'' che trovi nella sezione ''Strumenti'', quello consente di scaricare solo la singola pagina, non un intero libro (quest'ultima possibilità è stata dismessa da anni). [[Utente:Hippias|<span style="font-family:Georgia, serif">Hippias</span>]] <sup>([[Discussioni utente:Hippias|msg]])</sup> 13:45, 1 giu 2025 (CEST)
:: Grazie @[[Utente:Hippias|Hippias]] mi interessava appunto il file intero.[[Utente:Giaccai|Susanna Giaccai]] ([[Discussioni utente:Giaccai|disc.]])
== itWikiCon 2025: fase di proposte per il programma aperta fino al 15 luglio ==
Ciao a tutti,
dichiariamo ufficialmente aperta la raccolta di proposte di sessioni per '''[[m:ItWikiCon/2025|ItWikiCon 2025]]''', il convegno annuale della comunità italofona dei progetti Wikimedia che si terrà '''a Catania da venerdì 7 a domenica 9 novembre'''.
Il programma dell’evento è costruito dal basso grazie a presentazioni, discussioni e laboratori proposti dalla comunità e selezionati dalla commissione Programma. La fase di proposte è ora aperta '''fino al 15 luglio incluso'''. Seguendo le istruzioni '''[[m:ItWikiCon/2025/Programma/Proposte|sulla pagina Proposte]]''' potete presentare una o più proposte di sessioni, talk o workshop che vi piacerebbe tenere durante l’evento.
L'itWikiCon è lo spazio di incontro dal vivo delle comunità dei vari progetti Wikimedia in italiano e nelle lingue regionali. Vi invitiamo a proporre sessioni che aiutano a rafforzare il senso di comunità e la voglia di contribuire ai progetti, ma anche a identificare dei problemi e individuare delle soluzioni. Daremo la priorità alle sessioni in cui tutti i partecipanti sono parte attiva, come ad esempio discussioni e laboratori.
Se cercate ispirazione, alcune '''richieste di temi''' sono state fatte sulla [[m:ItWikiCon/2025/Programma/Proposte/Temi|relativa pagina]], a cui potete liberamente attingere per elaborare una proposta. Inoltre, per chi non se la sente di tenere una sessione, ma vorrebbe che durante la conferenza si parlasse di un argomento che gli sta a cuore, è possibile continuare ad aggiungere delle richieste di temi fino al 15 luglio.
La selezione delle proposte avverrà durante l’estate e i relatori saranno confermati a fine agosto. Nel frattempo, la fase di '''[[m:ItWikiCon/2025/Borse|richieste di borse di partecipazione]] sarà aperta dal 17 giugno al 27 luglio''', quindi se considerate di proporre una sessione per il programma, ma avete bisogno di supporto economico per raggiungere Catania, vi invitiamo a farne richiesta entro le scadenze previste.
Per qualsiasi domanda o suggerimento, non esitare a scrivere un messaggio sulla pagina di discussione dell’evento o di contattarci a info(at)itwikicon.org.
A presto,
Il team organizzatore itWikiCon 2025 e la commissione Programma, [[Utente:Mastrocom|Mastrocom]] ([[Discussioni utente:Mastrocom|disc.]]) 11:43, 3 giu 2025 (CEST)
== Vote now in the 2025 U4C Election ==
<div lang="en" dir="ltr" class="mw-content-ltr">
Apologies for writing in English.
{{Int:Please-translate}}
Eligible voters are asked to participate in the 2025 [[m:Special:MyLanguage/Universal_Code_of_Conduct/Coordinating_Committee|Universal Code of Conduct Coordinating Committee]] election. More information–including an eligibility check, voting process information, candidate information, and a link to the vote–are available on Meta at the [[m:Special:MyLanguage/Universal_Code_of_Conduct/Coordinating_Committee/Election/2025|2025 Election information page]]. The vote closes on 17 June 2025 at [https://zonestamp.toolforge.org/1750161600 12:00 UTC].
Please vote if your account is eligible. Results will be available by 1 July 2025. -- In cooperation with the U4C, [[m:User:Keegan (WMF)|Keegan (WMF)]] ([[m:User talk:Keegan (WMF)|talk]]) 01:00, 14 giu 2025 (CEST) </div>
<!-- Messaggio inviato da User:Keegan (WMF)@metawiki usando l'elenco su https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=Distribution_list/Global_message_delivery&oldid=28848819 -->
== itWikiCon 2025: fase di richiesta di borse aperta fino al 27 luglio ==
Ciao a tutti,
'''[[m:ItWikiCon/2025|ItWikiCon 2025]]''', il convegno annuale della comunità italofona dei progetti Wikimedia che si terrà '''a Catania da venerdì 7 a domenica 9 novembre'''.
Come ogni anno, gli organizzatori del convegno propongono un sistema di borse di partecipazione per rimborsare le spese di viaggio e alloggio di alcuni partecipanti, grazie al supporto economico di Wikimedia Italia e Wikimedia CH.
Potete consultare il regolamento e le condizioni '''[[m:ItWikiCon/2025/Borse|sulla pagina dedicata alle borse]]''', e fare una richiesta di borsa tramite il form entro il 27 luglio. Dopo questa data, non sarà più possibile richiedere sostegno economico. I richiedenti riceveranno una risposta entro fine agosto.
Le borse di quest'anno sono intitolate alla memoria di '''[[:it:Utente:Burgundo|Giovanni Augulino, in arte Burgundo]]''', utente e amministratore di Catania con all'attivo più di 196mila modifiche su Wikipedia, passato a miglior vita il 17 settembre 2022.
Vi ricordiamo inoltre che la fase di '''[[m:ItWikiCon/2025/Programma/Proposte|proposte per il programma]]''' è aperta contemporaneamente e fino al 15 luglio. Non esitare a proporre una sessione, talk o workshop per il convegno entro questa scadenza.
Per qualsiasi domanda o suggerimento, non esitare a scrivere un messaggio sulla pagina di discussione dell’evento o di contattarci a info{{@}}itwikicon.org.
A presto,
Il team organizzatore itWikiCon 2025 e la commissione Borse, [[Utente:Dario Crespi (WMIT)|Dario Crespi (WMIT)]] ([[Discussioni utente:Dario Crespi (WMIT)|disc.]]) 08:50, 17 giu 2025 (CEST)
== Board of Trustees 2025 della Wikimedia Foundation - Invito a presentare candidature ==
<section begin="announcement-content" />
:''<div class="plainlinks">[[m:Special:MyLanguage/Wikimedia Foundation elections/2025/Announcement/Call for candidates|{{int:interlanguage-link-mul}}]] • [https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=Special:Translate&group=page-{{urlencode:Wikimedia Foundation elections/2025/Announcement/Call for candidates}}&language=&action=page&filter= {{int:please-translate}}]</div>
Salve a tutti,
La [[m:Special:MyLanguage/Wikimedia Foundation elections/2025|candidatura del Board of Trustees della Wikimedia Foundation per il 2025 è ora aperta]] dal 17 giugno 2025 al 2 luglio 2025 alle 23:59 UTC [1]. Il Board of Trustees supervisiona il lavoro della Wikimedia Foundation, e ogni membro del Board ricopre un mandato di tre anni [2]. Si tratta di una carica di volontariato.
Quest'anno, la comunità di Wikimedia voterà a partire da fine agosto fino a settembre 2025 per assegnare due (2) posti nel Board della Foundation. Tu, o qualcuno che conosci, potresti essere adatto a far parte del Board of Trustees della Wikimedia Foundation? [3]
Scopri cosa serve per candidarsi a queste posizioni di leadership e come presentare la tua candidatura su [[m:Special:MyLanguage/Wikimedia Foundation elections/2025/Candidate application|questa pagina Meta-wiki]] o incoraggia qualcun altro a candidarsi alle elezioni di quest'anno.
Cordiali saluti,
Abhishek Suryawanshi<br />
Presidente della commissione elettorale
A nome della commissione elettorale e del comitato di governance
[1] https://meta.wikimedia.org/wiki/Special:MyLanguage/Wikimedia_Foundation_elections/2025/Call_for_candidates
[2] https://foundation.wikimedia.org/wiki/Legal:Bylaws#(B)_Term.
[3] https://meta.wikimedia.org/wiki/Special:MyLanguage/Wikimedia_Foundation_elections/2025/Resources_for_candidates<section end="announcement-content" />
[[Utente:MediaWiki message delivery|MediaWiki message delivery]] ([[Discussioni utente:MediaWiki message delivery|disc.]]) 19:43, 17 giu 2025 (CEST)
<!-- Messaggio inviato da User:RamzyM (WMF)@metawiki usando l'elenco su https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=Distribution_list/Global_message_delivery&oldid=28866958 -->
== <span lang="en" dir="ltr">Sister Projects Task Force reviews Wikispore and Wikinews</span> ==
<div lang="en" dir="ltr">
<section begin="message"/>
Dear Wikimedia Community,
The [[m:Wikimedia Foundation Community Affairs Committee|Community Affairs Committee (CAC)]] of the Wikimedia Foundation Board of Trustees assigned [[m:Wikimedia Foundation Community Affairs Committee/Sister Projects Task Force|the Sister Projects Task Force (SPTF)]] to update and implement a procedure for assessing the lifecycle of Sister Projects – wiki [[m:Wikimedia projects|projects supported by Wikimedia Foundation (WMF)]].
A vision of relevant, accessible, and impactful free knowledge has always guided the Wikimedia Movement. As the ecosystem of Wikimedia projects continues to evolve, it is crucial that we periodically review existing projects to ensure they still align with our goals and community capacity.
Despite their noble intent, some projects may no longer effectively serve their original purpose. '''Reviewing such projects is not about giving up – it's about responsible stewardship of shared resources'''. Volunteer time, staff support, infrastructure, and community attention are finite, and the non-technical costs tend to grow significantly as our ecosystem has entered a different age of the internet than the one we were founded in. Supporting inactive projects or projects that didn't meet our ambitions can unintentionally divert these resources from areas with more potential impact.
Moreover, maintaining projects that no longer reflect the quality and reliability of the Wikimedia name stands for, involves a reputational risk. An abandoned or less reliable project affects trust in the Wikimedia movement.
Lastly, '''failing to sunset or reimagine projects that are no longer working can make it much harder to start new ones'''. When the community feels bound to every past decision – no matter how outdated – we risk stagnation. A healthy ecosystem must allow for evolution, adaptation, and, when necessary, letting go. If we create the expectation that every project must exist indefinitely, we limit our ability to experiment and innovate.
Because of this, SPTF reviewed two requests concerning the lifecycle of the Sister Projects to work through and demonstrate the review process. We chose Wikispore as a case study for a possible new Sister Project opening and Wikinews as a case study for a review of an existing project. Preliminary findings were discussed with the CAC, and a community consultation on both proposals was recommended.
=== Wikispore ===
The [[m:Wikispore|application to consider Wikispore]] was submitted in 2019. SPTF decided to review this request in more depth because rather than being concentrated on a specific topic, as most of the proposals for the new Sister Projects are, Wikispore has the potential to nurture multiple start-up Sister Projects.
After careful consideration, the SPTF has decided '''not to recommend''' Wikispore as a Wikimedia Sister Project. Considering the current activity level, the current arrangement allows '''better flexibility''' and experimentation while WMF provides core infrastructural support.
We acknowledge the initiative's potential and seek community input on what would constitute a sufficient level of activity and engagement to reconsider its status in the future.
As part of the process, we shared the decision with the Wikispore community and invited one of its leaders, Pharos, to an SPTF meeting.
Currently, we especially invite feedback on measurable criteria indicating the project's readiness, such as contributor numbers, content volume, and sustained community support. This would clarify the criteria sufficient for opening a new Sister Project, including possible future Wikispore re-application. However, the numbers will always be a guide because any number can be gamed.
=== Wikinews ===
We chose to review Wikinews among existing Sister Projects because it is the one for which we have observed the highest level of concern in multiple ways.
Since the SPTF was convened in 2023, its members have asked for the community's opinions during conferences and community calls about Sister Projects that did not fulfil their promise in the Wikimedia movement.[https://commons.wikimedia.org/wiki/File:WCNA_2024._Sister_Projects_-_opening%3F_closing%3F_merging%3F_splitting%3F.pdf <nowiki>[1]</nowiki>][https://meta.wikimedia.org/wiki/Wikimedia_Foundation_Community_Affairs_Committee/Sister_Projects_Task_Force#Wikimania_2023_session_%22Sister_Projects:_past,_present_and_the_glorious_future%22 <nowiki>[2]</nowiki>][https://meta.wikimedia.org/wiki/WikiConvention_francophone/2024/Programme/Quelle_proc%C3%A9dure_pour_ouvrir_ou_fermer_un_projet_%3F <nowiki>[3]</nowiki>] Wikinews was the leading candidate for an evaluation because people from multiple language communities proposed it. Additionally, by most measures, it is the least active Sister Project, with the greatest drop in activity over the years.
While the Language Committee routinely opens and closes language versions of the Sister Projects in small languages, there has never been a valid proposal to close Wikipedia in major languages or any project in English. This is not true for Wikinews, where there was a proposal to close English Wikinews, which gained some traction but did not result in any action[https://meta.wikimedia.org/wiki/Proposals_for_closing_projects/Closure_of_English_Wikinews <nowiki>[4]</nowiki>][https://meta.wikimedia.org/wiki/WikiConvention_francophone/2024/Programme/Quelle_proc%C3%A9dure_pour_ouvrir_ou_fermer_un_projet_%3F <nowiki>[5]</nowiki>, see section 5] as well as a draft proposal to close all languages of Wikinews[https://meta.wikimedia.org/wiki/Talk:Proposals_for_closing_projects/Archive_2#Close_Wikinews_completely,_all_languages? <nowiki>[6]</nowiki>].
[[:c:File:Sister Projects Taskforce Wikinews review 2024.pdf|Initial metrics]] compiled by WMF staff also support the community's concerns about Wikinews.
Based on this report, SPTF recommends a community reevaluation of Wikinews. We conclude that its current structure and activity levels are the lowest among the existing sister projects. SPTF also recommends pausing the opening of new language editions while the consultation runs.
SPTF brings this analysis to a discussion and welcomes discussions of alternative outcomes, including potential restructuring efforts or integration with other Wikimedia initiatives.
'''Options''' mentioned so far (which might be applied to just low-activity languages or all languages) include but are not limited to:
*Restructure how Wikinews works and is linked to other current events efforts on the projects,
*Merge the content of Wikinews into the relevant language Wikipedias, possibly in a new namespace,
*Merge content into compatibly licensed external projects,
*Archive Wikinews projects.
Your insights and perspectives are invaluable in shaping the future of these projects. We encourage all interested community members to share their thoughts on the relevant discussion pages or through other designated feedback channels.
=== Feedback and next steps ===
We'd be grateful if you want to take part in a conversation on the future of these projects and the review process. We are setting up two different project pages: [[m:Public consultation about Wikispore|Public consultation about Wikispore]] and [[m:Public consultation about Wikinews|Public consultation about Wikinews]]. Please participate between 27 June 2025 and 27 July 2025, after which we will summarize the discussion to move forward. You can write in your own language.
I will also host a community conversation 16th July Wednesday 11.00 UTC and 17th July Thursday 17.00 UTC (call links to follow shortly) and will be around at Wikimania for more discussions.
<section end="message"/>
</div>
-- [[User:Victoria|Victoria]] on behalf of the Sister Project Task Force, 22:56, 27 giu 2025 (CEST)
<!-- Messaggio inviato da User:Johan (WMF)@metawiki usando l'elenco su https://meta.wikimedia.org/w/index.php?title=User:Johan_(WMF)/Sister_project_MassMassage_on_behalf_of_Victoria/Target_list&oldid=28911188 -->
== Partecipa al sondaggio sulla strategia 2026-2030 di Wikimedia Italia ==
Ciao,
Wikimedia Italia sta avviando un percorso per definire la nuova strategia 2026–2030. Vogliamo costruire un piano condiviso, attento alle esperienze e ai bisogni delle nostre comunità: è per questo che '''abbiamo bisogno anche del vostro contributo'''.
Vi invitiamo a compilare un '''breve questionario''' (circa 10 minuti), che tocca temi centrali per il futuro dell’associazione: priorità strategiche, progetti, comunicazione, raccolta fondi e molto altro.
Link al sondaggio: https://survey.wikimedia.it/index.php/246216?lang=it
'''Per favore, inviateci le vostre risposte entro il 20 luglio 2025''': dopo questa data il sondaggio verrà chiuso.
Nei prossimi mesi, lavoreremo per trasformare le opinioni raccolte tramite il sondaggio in '''obiettivi concreti e sostenibili'''.
Vi ringraziamo per il tempo che vorrete dedicare a questo questionario e per il vostro importante contributo nella definizione della nuova strategia.
Per qualsiasi domanda, potete scrivere a '''info{{@}}wikimedia.it'''.
Un cordiale saluto, [[Utente:Dario Crespi (WMIT)|Dario Crespi (WMIT)]] ([[Discussioni utente:Dario Crespi (WMIT)|disc.]]) 12:11, 2 lug 2025 (CEST)
lk33hkelu8msm6vz603blfb68b39t5c
Wikibooks:Wikibookiano/Novità
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Monozigote
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nuovo tl
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<!-- nuovi libri, nuovi tl, tutte le novità degne di nota per un contributore. -->
*{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Connessioni|materia=[[Ripiano:Storia]]|pubblico=int|data=luglio 2025}}
*{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=David Mamet|materia=[[Ripiano:Spettacolo|Teatro]]|pubblico=int|data=giugno 2025}}
*{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Letteratura ebraica in America|materia=[[Ripiano:Letteratura|Letteratura americana]]|pubblico=int|data=maggio 2025}}
*{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Delitto & Castigo|materia=[[Ripiano:Letteratura|Letteratura inglese]]|pubblico=int|data=aprile 2025}}
*{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Nostalgia poetica|materia=[[Ripiano:Letteratura|Letteratura americana]]|pubblico=int|data=marzo 2025}}
*{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=In viaggio con Walt Whitman|materia=[[Ripiano:Letteratura|Letteratura americana]]|pubblico=int|data=febbraio 2025}}
*{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=I Mondi di Oscar Wilde|materia=[[Ripiano:Letteratura|Letteratura inglese]]|pubblico=int|data=febbraio 2025}}
*{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Alla ricerca di Marcel Proust|materia=[[Ripiano:Letteratura|Letteratura in lingua francese]]|pubblico=int|data=gennaio 2025}}
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Scienze della Terra per le superiori/I minerali
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{{Scienze della Terra}}
== Definizione ==
[[File:Definizione di minerale.svg|left|thumb|251x251px|Questo disegno visualizza la definizione di minerale]]
I minerali sono corpi
* '''solidi'''
* '''naturali '''(non creati dall'uomo)
* '''inorganici '''(non derivano da sostanze organiche)
* '''composizione chimica definita''' (si possono rappresentare con una formula chimica, es. CaCO<sub>3</sub>)
* '''struttura cristallina''' (significa che gli atomi che li compongono sono disposti in modo ordinato
Alcune sostanze che non rientrano strettamente nella definizione sono classificate come mineraloidi.
Definizione da Wikipedia: ''La definizione di minerale segue alcuni criteri molto precisi.[5] Il minerale è un corpo cristallino, con composizione chimica definita o variabile in campo ristretto. Sono caratterizzati dall'avere una ben precisa struttura cristallina. A livello atomico i minerali cristallini possiedono un reticolo cristallino formato dalla ripetizione di una struttura geometrica detta cella elementare.''
{{Clear}}
I minerali conosciuti ad oggi sono oltre 4.000.<gallery>
File:Minerales.002 - MSNBrussel.JPG
File:Solid state of matter.png|Lo stato solido
File:Potassium-hydroxide-xtal-3D-vdW.png|Struttura cristallina
File:NaCl polyhedra.svg|struttura cristallina (regolarità degli atomi)
File:NaCl crystal structure.png|Struttura cristallina del Cloruro di Sodio (sale da cucina)
File:Boleite-rom52b.jpg|abito cristallino
File:Protein crystals grown in space.jpg|Cristalli di proteine (non sono minerali perché di origine organica)
File:HPHTdiamonds2.JPG|Diamanti artificiali (quindi non sono minerali)
File:Synthetic ruby-1.jpg|Rubino sintetico
</gallery>
== Proprietà ==
Un minerale può essere identificato mediante alcune proprietà fisiche e chimiche, le più importanti (in grassetto) sono:
* '''Abito cristallino''' (forma geometrica naturale): ogni tipo di minerale possiede una (a volte anche più di una) forma geometrica particolare, che dipende dalla regolare disposizione degli atomi al suo interno.
* '''Durezza''': la durezza di un minerale è misurata dalla capacità di un minerale di scalfire o essere scalfito da altri minerali e si misura solitamente secondo la [[w:Scala_di_Mohs|scala di Mohs]] di durezza dei minerali, con valori crescenti da 1 (talco) a 10 (diamante).
* '''Lucentezza''': indica il modo in cui la superficie del minerale interagisce con la luce e può variare da opaca a vetrosa. Si divide in lucentezza metallica, (che riflette completamente la luce) e lucentezza non metallica (che invece la rifrange). Ad esempio:
** lucentezza metallica (simile ai metalli)
** lucentezza vitrea (simile al vetro)
** lucentezza adamantina (simile al diamante)
* '''Colore''': indica l'aspetto del minerale in luce riflessa (ciò che vede l'occhio nudo). Il colore di un minerale può dipendere esclusivamente dalla sua composizione chimica, oppure dalla presenza di impurità.
* '''Colore dello striscio''': a volte è più significativo il colore che un minerale lascia quando viene strisciato su una superficie bianca porosa
* '''Densità''': è la massa del minerale, relativa ad 1 cm³ di volume. Viene misurata con l'ausilio di una bilancia di precisione e di un picnometro.
* '''Sfaldatura''': descrive il modo in cui alcuni minerali si frammentano in parti più piccole, lungo alcuni piani preferenziali di cristallizzazione, mantenendo l'aspetto esterno cristallino anche nei frammenti più piccoli.
<gallery>
File:Pyriteespagne.jpg| La pirite ha un abito cristallino cubico, lucentezza metallica, colore oro
File:Diamant sur kimberlite (République d'Afrique du Sud).jpg| Il diamante è il minerale più duro (10 nella scala di Mohs)
File:Quartz oisan.jpg| Quarzo ialino (trasparente). Il quarzo può avere diversi colori. Ha lucentezza vitrea.
File:Améthystre sceptre2.jpg| Il quarzo ametista
File:Quartz rose étoilé.jpg| Quarzo rosa
File:CoralPinkSandDunesSand.JPG| Quarzo citrino
File:QuartzUSGOV.jpg| Quarzo latteo
File:Streak plate with Pyrite and Rhodochrosite.jpg| Il colore dello striscio su porcellana
File:Apollo synthetic diamond.jpg| Un diamante sintetico. Non è un minerale
File:Gypse Toscane.jpg| Gesso, un minerale tenero
File:Muscovite-70800.jpg| La muscovite (una mica, fillosilicato) si sfalda facilmente
</gallery>
=== Altre proprietà ===
* <u>Peso specifico</u>: si ricava dalla frazione tra peso e volume del minerale, quasi tutti hanno peso specifico superiore a 1 (quello dell'acqua). Minerali come quarzo, calcite e feldspato hanno peso specifico uguale a 3. I minerali ricchi in elementi metallici hanno peso specifico uguale o superiore a 5. La galena ha peso specifico superiore a 7 e l'oro puro maggiore di 19.
* <u>Birifrangenza</u>: proprietà ottica, evidenziabile in luce trasmessa, ossia interponendo il minerale tra la fonte luminosa e l'osservatore. Attraverso un cristallo con proprietà birifrangenti è possibile osservare gli oggetti con contorni sdoppiati.
* <u>Frattura</u>: descrive il modo in cui un minerale si rompe senza seguire i piani di sfaldatura. Solitamente le superfici di fratturazione non sono piane, ma hanno una morfologia irregolare, presentandosi a forma concoidale, irregolare, fibrosa.
* <u>Conducibilità</u>: consiste nel verificare se il minerale è un buon conduttore elettrico.
* <u>Elasticità</u>: è la proprietà che hanno certi minerali di flettersi, deformandosi sotto l'azione di una forza, ma di riprendere poi la forma primitiva quando tale forza cessa.
* <u>Plasticità</u>: è la proprietà che hanno certi minerali di modificare permanentemente la loro forma senza rompersi, in seguito a sollecitazioni di forze.
* <u>Malleabilità</u>: è la proprietà di un minerale di lasciarsi ridurre in lamine sottilissime. La sostanza più malleabile è l'oro.
* <u>Duttilità</u>: è la proprietà di certi minerali di lasciarsi tirare in fili quando vengono passati in una filiera. Il minerale più duttile è il platino, cui seguono l'argento e il rame.
== Classificazione ==
I minerali possono essere classificati in gruppi in base alla composizione chimica. Qui di seguito i gruppi sono ordinati in base alla loro abbondanza nella crosta terrestre:
* '''Silicati''': Il gruppo di gran lunga più numeroso è quello dei silicati, composti in cui è presente il gruppo [SiO4]4-, in cui il silicio può essere sostituito dall'alluminio [AlO4]5-, questi minerali vengono chiamati alluminosilicati. Alcuni importanti silicati, che entrano anche nella composizione di molte rocce, sono: '''feldspati''', '''olivine''', '''pirosseni''', granati e '''miche'''. I Silicati tendono a essere duri, da trasparenti a traslucidi e di peso specifico medio.
* '''Carbonati''': I carbonati sono quei minerali contenenti l'anione (CO3)2- ed includono '''calcite''', aragonite, '''dolomite''' e siderite. I carbonati sono formati per lo più dalle conchiglie del plancton depositatesi sul fondo marino, si trovano anche negli ambienti sottoposti a forte evaporazione o nelle regioni carsiche dove lo scioglimento ed il rideposito dei carbonati porta alla formazione di grotte, stalattiti e stalagmiti.
<gallery>
File:Quartz, Tibet.jpg| Il quarzo è un tettosilicato (potrebbe essere considerato anche un ossido)
File:PlagioclaseFeldsparUSGOV.jpg| Plagioclasio (tettosilicato)
File:OrthoclaseBresil.jpg| Feldspato rosa: è il tettosilicato che rende "rosa" il granito rosa
File:Peridot2.jpg| L'olivina è un nesosilicato di ferro e magnesio
File:Olivin-mt-erebus hg.jpg| Olivina
File:Calcite jaune.jpg| Calcite (il colore arancione è dovuto a ossidi di ferro)
File:Calcite (Mexique) .jpg| Calcite
File:Calcite.jpg| La calcite è birifrangente
File:Calcite-Dolomite-71009.jpg| Calcite (chiara) e dolomite (rosa)
File:Dolomite-Magnésite- Navarre.jpg| Dolomite
</gallery>
* Solfati: I solfati contengono l'anione solfato (SO4)2-. I solfati si formano negli ambienti sottoposti a forte evaporazione dove acque molto saline evaporano lentamente permettendo la formazione di solfati e alogenuri sulla superficie dei sedimenti. I solfati più comuni sono l'anidrite (solfato di calcio), la celestina (solfato di stronzio) e il gesso (solfato di calcio idrato).
* Alogenuri: Gli alogenuri sono il gruppo di minerali che formano i sali naturali e comprendono la fluorite, il sale comune (conosciuto come salgemma) ed il sale di ammonio (cloruro d'ammonio). Gli alogenuri, come i solfati, si trovano frequentemente negli ambienti sottoposti a forte evaporazione come il Mar Rosso.
* Ossidi e Idrossidi: Negli ossidi l'ossigeno è legato direttamente a un altro elemento, in genere metallico. Di solito si formano come precipitati vicino alla superficie terrestre. Gli ossidi più comuni sono: il quarzo (ossido di silicio), l'ematite (ossido di ferro) e lo spinello (ossido di magnesio ed alluminio, un costituente comune del mantello terrestre).
* Solfuri: I Solfuri sono composti chimici in cui lo zolfo è combinato con elementi metallici e semimetallici. I solfuri più comuni sono la calcopirite (solfuro di rame e ferro) e la galena (solfuro di piombo). Molti solfuri hanno lucentezza metallica, sono teneri e con elevato peso specifico.
* Fosfati: Il gruppo dei fosfati include minerali con l'unità tetraedrica AO4 dove A può essere fosforo, antimonio, arsenico o vanadio. Il fosfato di gran lunga più comune è l'apatite che è un minerale importante anche in biologia perché si trova nei denti e nelle ossa di molti animali.
* Elementi nativi: Il gruppo degli elementi nativi comprende minerali formati da un solo elemento(oro, argento, rame...)
== Approfondimento sui silicati ==
I silicati sono i minerali più abbondanti nella crosta terrestre, da soli ne costituiscono oltre il 90%. Il costituente di base è lo ione silicato SIO<sub>4</sub><sup>4-</sup>, che assume una struttura tetraedrica con il silicio al centro. Nei vari tipi di minerali le cariche negative dell'ossigeno vengono neutralizzate da cationi metallici. Due cariche negative scompaiono anche ogni volta che due vertici di due tetraedri (quindi due ossigeni) si uniscono <s>per condensazione (con perdita di una molecola d'acqua)</s>.
[[File:Silicate-tetrahedron-3D-balls.png|miniatura|L'anione silicato]]
A seconda della quantità e disposizione degli ioni silicati si ottengono diverse categorie di silicati
* '''Nesosilicati''': gli anioni silicati sono isolati e circondati da cationi metallici, per lo più ferro e magnesio (ad esempio l'olivina);
* '''Sorosilicati''': i tetraedri sono uniti due a due (ad esempio, l'epidoto, un minerale tipico di alcune rocce metemorfiche). .
* '''Ciclosilicati''': i tetraedri sono disposti a formare degli anelli circolari, per lo più di sei unità (ad esempio: il berillo o la tormalina);
* '''Inosilicati''': i tetraedri formano lunghe catene singole o doppie. I minerali che ne risultano hanno spesso abiti cristallini allungati (ad esempio gli anfiboli e i pirosseni)
* '''Fillosilicati''': i tetraedri sono disposti su un piano e i minerali che ne risultano hanno per lo più una struttura laminare (ad esempio le miche, tra cui biotite e muscovite)
* '''Tettosilicati''': i tetraedri dello ione silicato sono legati tra loro in tutte le direzioni dello spazio, lasciando poco spazio e poche cariche negative da bilanciare con i cationi metallici. Sono i minerali più comuni nella crosta continentale terrestre: tra di essi il quarzo e i feldspati.
<gallery>
File:Silicate-tetrahedron-2D.png|l'anione silicato, che nei nesosilicati è isolato e circondato da cationi metallici
File:Olivine-d06-91b.jpg|Olivina
File:Silicate-double-tetrahedra-2D.png|La struttura di base dei sorosilicati
File:Beryll.ring.combined.png|Ciclosilicato
File:Beryl.jpg|Berillo (diverse varietà tra cui lo smeraldo)
File:Silicate-chain-3D-balls.png|La catena degli inosilicati (singola nei pirosseni)
File:Silicate-double-chain-3D-balls.png|La catena degli inosilicati (doppia negli anfiboli)
File:Anthophyllite asbestos SEM.jpg|Amianto, minerale cancerogeno
File:Wellasbestdach-233-3354 IMG.JPG
File:Eternit 5.jpg|L'Eternit è un materiale molto resistente formato da cemento e amianto
File:Muscovite.sheet2.png|La struttura planare dei fillosilicati
File:Muscovite-70800.jpg|La muscovite, facilmente sfaldabile in lamine parallele
File:Beta-quartz-CM-2D-balls.png|La struttura tridimensionale dei tettosilicati
File:Améthystre sceptre2.jpg|Il quarzo (SiO<sub>2</sub>)
File:Feldspar-Group-291254.jpg|feldspato bianco
File:OrthoclaseBresil.jpg|feldspato rosa
</gallery>
== Approfondimento: la scala di Mohs ==
{| class="wikitable sortable" style="text-align:center"
|-
!Tipo
!Durezza di Mohs
!Minerale
!Formula chimica
!Durezza assoluta
!class="unsortable"|Immagine
|-
| rowspan="2" | Teneri<ref group=T>Si scalfiscono con l'unghia.</ref>
|'''1'''
|[[Talco]]
|Mg<sub>3</sub>Si<sub>4</sub>O<sub>10</sub>(OH)<sub>2</sub>
|1
|[[Image:Talc block.jpg|100px]]
|-
|'''2'''
|[[gesso (minerale)|Gesso]]
|CaSO<sub>4</sub>·2H<sub>2</sub>O
|3
|[[Image:Gypse Arignac.jpg|100px]]
|-
| rowspan="3" | Semiduri<ref group=T>Si rigano con una punta di acciaio.</ref>
|'''3'''
|[[Calcite]]
|CaCO<sub>3</sub>
|9
|[[Image:CalcitePau.jpg|100px]]
|-
|'''4'''
|[[Fluorite]]
|CaF<sub>2</sub>
|21
|[[Image:Fluorite with Iron Pyrite.jpg|100px]]
|-
|'''5'''
|[[Apatite]]
|Ca<sub>5</sub>(PO<sub>4</sub>)<sub>3</sub>(OH<sup>−</sup>,Cl<sup>−</sup>,F<sup>−</sup>)
|48
|[[Image:Apatite Canada.jpg|100px]]
|-
| rowspan="5" | Duri<ref group=T>Non si rigano con una punta di acciaio.</ref>
|'''6'''
|[[Ortoclasio]]
|KAlSi<sub>3</sub>O<sub>8</sub>
|72
|[[Image:OrthoclaseBresil.jpg|100px]]
|-
|'''7'''
|[[Quarzo]]
|SiO<sub>2</sub>
|100
|[[Image:Quartz Brésil.jpg|100px]]
|-
|'''8'''
|[[Topazio]]
|Al<sub>2</sub>SiO<sub>4</sub>(OH<sup>−</sup>,F<sup>−</sup>)<sub>2</sub>
|200
|[[Image:Topaz cut.jpg|100px]]
|-
|'''9'''
|[[Corindone]]
|Al<sub>2</sub>O<sub>3</sub>
|400
|[[Image:Cut Ruby.jpg|100px]]
|-
|'''10'''
|[[Diamante]]
|C
|1600
|[[Image:Rough diamond.jpg|100px]]
|- class="sortbottom"
| style="font-size:smaller; text-align:left;" colspan="6"|
<references group="T"/>
|}
Per fare alcuni esempi, in questa scala la durezza di un'unghia è di 2,2, della punta di un coltello di acciaio da 5,1 a 5,5, del [[vetro]] da finestre da 5,6 a 6,5, di una lima da ferro di circa 6,5, della [[porcellana]] da 6 a 7; alcuni tipi di [[ceramica]], tra cui il [[grès porcellanato]], possono raggiungere la durezza 8.
{{avanzamento|100%}}
[[Categoria:Scienze della Terra per le superiori|Minerali]]
scaclsovbb8w1ld3n23h1viofvtea3l
Scienze della Terra per le superiori/I movimenti delle acque oceaniche
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Correzioni varie
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text/x-wiki
{{Scienze della Terra}}
== Il moto ondoso ==
[[File:Hullámzó Balaton.jpg|miniatura|513x513px|sinistra]]
La superficie dei mari e degli oceani è in contatto diretto con l'atmosfera. Ed è proprio l'atmosfera, con i suoi venti, a causare le onde e le grandi tempeste atmosferiche ricavano la loro energia dalle calde acque del mare.
Il moto ondoso è un <u>movimento ondulatorio</u> della parte più <u>superficiale</u> delle masse d'acqua dei mari e degli oceani. È '''causato dall'azione del vento,''' che trasferisce la propria energia alle acque.
il soffio del vento colpisce le particelle d'acqua che iniziano a oscillare attorno alla propria posizione, si formano delle increspature che col tempo diventano onde. Le particelle d'acqua descrivono dei <u>movimenti circolari che diventano sempre più piccoli man mano che si scende di profondità</u> fino a scomparire del tutto.
La parte più alta delle onde si chiama '''cresta''', invece quella più bassa, '''ventre'''. il dislivello che c'è tra la cresta e il ventre è '''l'altezza dell'onda''', invece la distanza tra una cresta e la successiva si chiama '''lunghezza d'onda'''.
Le onde si limitano a trasferire energia senza spostare materia lungo la direzione dell'onda.
Quando un'onda arriva vicino alla costa il fondale si abbassa e l'onda tende a rovesciarsi: si parla di '''frangente'''. Le onde molto alte causate da terremoti o eruzioni vulcaniche si chiamano '''tsunami''' (o onde di maremoto). [[File:PortusJulius3484TAW.JPG|frameless|256x256px|destra]]<br />
=== I frangenti ===
Verso la costa, la parte bassa delle onde incontra il fondale marino che per attrito, tende a rallentarne la base, mentre le creste continuano il loro movimento. Le onde diventano instabili e si trasformano in frangenti che si '''rovesciano sulla costa o in prossimità di essa'''. I frangenti che si abbattono lungo la costa possono modellarla grazie '''all'azione erosiva''' delle particelle di sabbia e o ghiaia che essi muovono.
=== Gli tsunami ===
È un tipo di onda che non è prodotta dall'azione del vento ma da '''eruzioni vulcaniche sottomarine, terremoti e frane'''. Queste onde sono identificate con un termine giapponese: '''tsunami''' o onde di maremoto. la caratteristica di queste onde è l'altezza: possono arrivare anche a '''30 metri'''!<gallery>
File:2006-01-14 Surface waves.jpg|Il vento fa oscillare la superficie dell'acqua che si comporta come una membrana elastica
File:Water wave diagram.jpg|Schema delle caratteristiche di un onda
File:Wave motion-i18n-mod.svg|English: A particle motion in an ocean wave. A=At deep water.
File:Deep water wave.gif| Meccanismo del moto ondoso
File:Big wave breaking in Santa Cruz.jpg|Un frangente
File:Mavericks Surf Contest 2010b.jpg|
File:Daniabeach-coastal erosion 10-04-2017.jpg|Erosione causata dai frangenti
File:SH-60B helicopter flies over Sendai.jpg|Tsunami 2011 in Giappone (causò il disastro di Fukushima)
File:2004-tsunami balanced.jpg|2004 tsunami in Tailandia
File:Tsunami 2004 aftermath. Aceh, Indonesia, 2005. Photo- AusAID (10730863873).jpg|2004 tsunami indonesia
File:Propagation du tsunami en profondeur variable.gif|Come si forma uno tsunami
File:Bamfield Tsunami Hazard Zone sign.jpg|
</gallery>
[[File:Minehead harbour.JPG|frameless|268x268px|bassa marea nel porto|destra]]
== Le maree ==
[[File:Tide schematic.svg|sinistra|miniatura|684x684px|Tides schematic. Due to the bathymetry of some areas, neap and spring tides reach their maximum force 2 days after the first quarter moon, third quarter moon and new moon, full moon, respectively. In the absence of complications due to bathymetry, spring tides are exactly at the full and new moons and neap tides are exactly at the one-quarter and three-quarter moon. Every six hours the water also lowers or heightens; as such four tides a day are created]]
L'attrazione gravitazionale esercitata dalla Luna e dal Sole è avvertita dalle masse fluide del sistema Terra. il livello delle acque, ma anche i gas dell'atmosfera, subisce '''periodicamente degli abbassamenti e innalzamenti che prendono il nome di maree'''. Le maree sono dunque periodiche variazioni del livello di mari e oceani; esse seguono prevalentemente il moto della Luna e quindi vengono a intervalli regolari. in ogni luogo del pianeta, si verificano '''in un giorno due alte maree e due basse maree'''. Al rigonfiamento delle acque del lato della Terra più vicino al nostro satellite, si contrappone un rigonfiamento della parte opposta, causato dall'azione della forza centrifuga del sistema Terra-Luna che ruota attorno al proprio baricentro. Fra le due zone di alta marea il livello dei mari si abbassa, producendo due zone di bassa marea. Durante le fasi di luna nuova e luna piena Luna e Sole sono allineati e all'attrazione gravitazionale esercitata dalla Luna si aggiunge anche quella esercitata dal Sole, che anche se distante ha comunque una massa 27 milioni di volte superiore rispetto a quella lunare. Si verificano così due '''maree sigiziali''' durante le quali <u>l'escursione di marea</u>, cioè la differenza tra alta e bassa marea, <u>raggiunge i valori massimi</u>. Quando il Sole è invece a 90° rispetto alla Luna (primo e ultimo quarto di Luna) le due forze si oppongono e <u>l'escursione di</u> <u>marea è minima</u>: si parla di '''maree di quadratura'''. L'escursione di marea determina la formazione di '''correnti di marea''', che ogni giorno avanzano verso la costa, ricoprendone i tratti più bassi, e successivamente si ritirano. Si possono formare i '''canali di marea''', ambienti naturali dove spesso crescono le mangrovie. Questo flusso orizzontale di acque può essere anche sfruttato per la produzione di energia elettrica.
* [https://www.youtube.com/watch?v=ZmSOZwksyxw video spiegazione delle maree]
* [https://www.youtube.com/watch?v=sMKvqMUZwV4 Video accelerato di una variazione di marea]
* https://www.youtube.com/watch?v=8rBSRePYX-g
* https://www.youtube.com/watch?v=hbU0c9798sY
{{Clear}}<gallery>
File:Bay of Fundy.jpg|Baia di Fundy (Nuova Scozia - Canada)
File:Gorey Harbour at low tide.JPG|Bassa marea al porto di Gorey, Jersey (Francia)
File:Tide overview.svg|La Luna è la causa principale delle maree
File:Tidalwaves1.gif|Simulazione Terra-Luna-Sole (il Sole non si vede ma in base alla provenienza dei raggi si capisce dov'è!). Osservare come le maree sono più ampie quando sono allineati, mentre sono minime quando sono in quadratura (90°)
File:M2 tidal constituent.jpg|Questa carta tematica mostra come le escursioni di marea sono variabili
File:High tide sun moon same side beginning.png|Marea sigiziale: Sole e Luna sono allineati ed entrambi favoriscono la marea.
File:Low tide sun moon 90 degrees.png|Marea di quadratura: la Luna e il Sole attirano le masse d'acqua in direzioni diverse (sono a 90°), la marea è minima
File:High tide sun moon opposite side.png|Marea sigiziale: Sole e Luna sono allineati (anche se opposti) ed entrambi favoriscono la marea, che sarà massima
File:Lillo haven hoogtij.JPG|Alta marea (Belgio)
File:Lillo - Harbour 1.jpg|Bassa marea (Belgio)
File:11-09-04-fotoflug-nordsee-by-RalfR-024.jpg|Alte e basse maree possono formare canali di marea
File:11-09-04-fotoflug-nordsee-by-RalfR-011.jpg|Canali di marea
File:Mangrovie di celestun.JPG|Nei paesi tropicali-equatoriali le mangrovie ben si adattano alle acque salmastre dei canali di marea.
</gallery>
== Le correnti marine ==
Le correnti marine '''sono spostamenti''' orizzontali o verticali costanti '''di grandi masse d'acqua''' che si muovono all'interno di mari e oceani. Vengono anche definiti come dei fiumi dentro l'oceano. Sono causate dal vento e dalle differenze di temperatura, salinità e densità tra le masse d'acqua. Possono essere <u>superficiali</u>, se interessano uno spessore d'acqua compreso fra 100 e i 300 metri di profondità, e <u>profonde</u> se interessano spessori d'acqua superiori ai 300 metri di profondità.
=== Correnti superficiali ===
[[File:Gulf Stream Sea Surface Currents and Temperatures NASA SVS.jpg|sinistra|miniatura|363x363px]]
Sono messe in movimento dall'azione di venti costanti. Il vento imprime all'acqua una certa direzione che però viene modificata dalla rotazione terrestre. Quest'ultima fa deviare la corrente verso destra nell'emisfero boreale e verso sinistra in quello australe. Un esempio è la Corrente del Golfo, una corrente calda che nasce dal Golfo del Messico per azione dei venti alisei (venti costanti che soffiano verso sud-ovest). Esce dallo stretto della Florida ed è deviata verso destra dal moto di rotazione terrestre, dirigendosi a nord-est verso le coste dell' Europa settentrionale, qui diventa la Corrente Nordatlantica che addolcisce il clima delle zone britanniche e scandinave. Verso le latitudini settentrionali le correnti calde perdono la loro energia, diventando correnti fredde. Un esempio è la Corrente del Labrador, che rende rigido il clima di New York.
=== Correnti profonde ===
Sono messe in movimento non dall'azione del vento ma dalle variazioni di densità dovute al riscaldamento e raffreddamento delle acque. Esempi di correnti profonde orizzontali sono quelle che scorrono dai poli verso l'Equatore. una volta raggiunte le basse latitudini, il movimento superficiale delle correnti calde costringe le acque delle correnti profonde a risalire verso l'alto, generando correnti verticali fredde che si congiungono ai flussi di correnti superficiali. Possiamo considerare tutte le correnti, sia superficiali che profonde, unite in un unico "serpentone" che, insieme alle masse d'aria, trasferisce calore dalle regioni equatoriali a quelle polari, mantenendo in equilibrio il sistema termico terrestre. Conoscere le variazioni dell'andamento e della temperatura delle correnti consente di fare previsioni attendibili sulle variazioni dei climi della Terra nei prossimi anni.<gallery>
File:Corrientes-oceanicas.png|Le principali correnti superficiali fredde e calde sulla Terra
File:Circulacion termohalina.jpg|
File:Iceberg A22A, South Atlantic Ocean.jpg|Iceberg A22A, oceano sud atlantico. Gli iceberg sono trasportati dalle correnti
</gallery>[[Categoria:Scienze della Terra per le superiori|Movimenti delle acque oceaniche]]
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Scienze della Terra per le superiori/Le rocce magmatiche
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Corretto "magmaiche" in "magmatiche"
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{{Scienze della Terra}}
== Definizione ==
[[File:Rinjani 1994 cropped.PNG|left|frame]]
Sono rocce che '''derivano dalla solidificazione di magma o di prodotti vulcanici come lava, cenere, lapilli'''.
Il ''magma'' da cui prende origine tale gruppo di rocce è costituito da una miscela di silicati in cui si trovano disciolti diversi elementi e composti gassosi (H<sub>2</sub>, HCl, Cl<sub>2</sub>, F<sub>2</sub>, HF, H<sub>2</sub>S, SO<sub>2</sub> etc). In realtà al di sopra di una certa temperatura (1300-1400°C) i gli ioni SiO<sub>4</sub><sup>4-</sup> si muovono liberamente nel magma senza essere in grado di stabilire legami permanenti con gli ioni metallici e quindi la presenza di silicati in queste condizioni è solo virtuale. Solo quando la temperatura comincia a scendere si possono formare le molecole dei primi minerali, naturalmente quelli a più elevato punto di solidificazione (''silicati femici''). I gas, detti anche componenti volatili o ''agenti mineralizzatori'', mantengono il magma ad una pressione molto elevata che ne facilita la risalita qualora si apra una fessura nella crosta terrestre. Inoltre rendono il magma molto fluido favorendo il processo di cristallizzazione dei minerali. Il magma si trova racchiuso in camere magmatiche, talvolta di dimensioni imponenti, all'interno della crosta terrestre, ad una profondità che può variare da qualche km a qualche decina di km. Se il magma solidifica in profondità all'interno della crosta terrestre in condizioni di pressione elevata si formano le rocce magmatiche ''intrusive'' (o ''plutoniche''), se invece la solidificazione avviene una volta che il magma è fuoriuscito e quindi in condizione di bassa pressione si formano le rocce magmatiche ''effusive'' (o ''vulcaniche).'' Se infine il magma risale fino a profondità non troppo elevate e solidifica in condizioni di media pressione si generano rocce magmatiche ''ipoabissali'' (o ''filoniane'')
{{Clear}}
== Classificazione ==
[[File:Formazione rocce ignee.svg|1000px]]
Le rocce magmatiche si suddividono in:
== Rocce magmatiche intrusive ==
Si formano quando il magma solidifica lentamente all'interno della crosta terrestre. Poiché la solidificazione è lenta (anni, secoli, millenni) i minerali hanno il tempo di crescere e diventano visibili ad occhio nudo. La roccia si presenta perciò caratterizzata da tanti minerali (di tipo diverso o dello stesso tipo) visibili a occhio nudo aggregati assieme. La più famosa roccia magmatica intrusiva è il '''granito''' (se lo stesso magma fuoriuscisse formerebbe la <u>riolite</u> o il <u>porfido</u>). Le rocce intrusive presentano perciò una tipica ''struttura olocristallina''. I primi minerali che cristallizzano hanno la possibilità di assumere il proprio abito cristallino e vengono perciò detti ''idiomorfi'', mentre i minerali che solidificano a temperature più basse si adattano a riempire gli spazi rimasti e vengono detti ''allotriomorfi''.
== Rocce magmatiche effusive ==
Si formano quando il magma fuoriesce dalla crosta (nelle eruzioni vulcaniche), diventa lava e solidifica velocemente all'esterno. In questo caso, la veloce solidificazione impedisce ai minerali di crescere, esistono ma sono microscopici. La roccia ha un aspetto quindi uniforme, senza minerali visibili ad occhio nudo. Spesso però qualche minerale ha avuto il tempo di crescere, per cui nella roccia si osserva una struttura omogenea di fondo in cui si osservano alcuni macrominerali. Le rocce magmatiche effusive più famose sono il '''basalto''' (in genere privo, o con pochissimi macrominerali) e il '''porfido''' (dove sono visibili diversi macrominerali immersi in una "pasta" di fondo). Se il magma che forma il basalto solidificasse all'interno formerebbe il <u>gabbro</u>. La struttura di queste rocce, tipica del porfido, è detta ''struttura porfirica'', caratterizzata da alcuni fenocristalli immersi in una pasta di fondo microcristallina o amorfa. In alcuni casi, quando il raffreddamento è particolarmente rapido, le rocce effusive possono dar luogo a strutture particolari, come nel caso delle ''ossidiane'', in cui tutti i minerali si sono bloccati nella struttura completamente caotica che caratterizza i fluidi, producendo un solido perfettamente amorfo o "vetroso". Un altro caso particolare è quello delle ''pomici'', in cui un degasamento particolarmente rapido ha prodotto una struttura spugnosa.
== Rocce piroclastiche ==
Si formano dalla sedimentazione di ceneri, bombe e lapilli. La tipica roccia piroclastica, molto diffusa nelle zone vulcaniche italiane, è il '''tufo'''. I piroclasti in genere intrappolano anche molta aria per cui il tufo si presenta molto poroso (con molte cavità).
Il disegno sopra illustra i principali fenomeni terrestri che portano alla formazione di rocce magmatiche: il fondale oceanico (A, basaltico), scende sotto la crosta continentale (B, granitica), ad una certa profondità fonde formando delle masse di magma che risalgono verso la superficie (C), dando origine alle camere magmatiche di vulcani (C), oppure a masse di magma che restano intrappolati nella crosta e qui raffreddano lentamente (H). Il magma che fuoriesce dai vulcani forma ceneri (D) che si depositano nei pressi del vulcano (F-G), e colate di lava (E).
{{Clear}}
Nella galleria qui sotto vengono rappresentati alcune famose rocce magmatiche. Il granito e il basalto sono le rocce più famose.<gallery>
File:Granite Yosemite P1160483.jpg|Granito bianco (intrusiva acida)
File:Fjæregranitt3.JPG|Granito rosa
File:Allandale Rhyolite Lyttelton New Zealand.jpg|La riolote è una roccia magmatica intrusiva. Praticamente è un magma granitico che è fuoriuscito, è diventato lava e i minerali sono microscopici. Ma i minerali sono gli stessi del granito
File:Pavement made of cobblestone of quartz porphyr.jpg|Cubetti di porfido. Il porfido è una particolate riolite, in cui sono visibili ad occhio solo alcuni minerali (e gli altri sono microscopici, si vede solo una "pasta di fondo")
File:Särna-Porphyr P1000115.JPG|Un sasso di porfido. Si notano i minerali nella "pasta di fondo".
File:Basaltic lava with olivine, Lanzarote, June 2013.jpg|Basalto con minerali di olivina. È la più famosa e diffusa roccia magmatica effusiva. Forma tutti i fondali oceanici.
File:VessicularBasalt1.JPG|Basalto poroso dovuto alla presenza di bolle di gas durante il raffreddamento del magma
File:20011005-0039 DAS large.jpg|magma basaltico in raffreddamento
File:GabbroRockCreek2.jpg|Gabbro, una roccia magmatica intrusiva e basica, scura e pesante. È il corrispettivo intrusivo del basalto (cioè è un magma basaltico che si è solidificato all'interno della crosta terrestre)
File:Gabro.jpg|Gabbro, con grandi minerali
File:Tufo Necropoli della Banditaccia.JPG|Tufo, tagliato a forma di mattone (accumulo di piroclasti, ceneri e lapilli)
File:Lipari-Obsidienne (5).jpg|Ossidiana, dal tipico aspetto vetroso
File:Pomice di veglia.jpg|La pomice, resa porosa dai gas presenti nel magma
</gallery>
== Classificazione mineralogica ==
Dal punto di vista della composizione mineralogica le rocce magmatiche si suddividono in:
* '''Rocce acide''': sono rocce ricche di silice (la silice, SiO<sub>2</sub>) è formata dai tetraedri dello ione silicato polimerizzato), sono in genere chiare e leggere. Es. il granito, la riolite, il porfido.
* '''Rocce basiche''': sono rocce povere di silice, in genere scure e pesanti, poiché sono ricche di Ferro e Magnesio. Ad es. il basalto, il gabbro
Il grafico sottostante è uno schema che mostra le diverse rocce magmatiche: data una certa percentuale di silice (SiO<sub>2</sub>) in basso, si ottiene in alto la roccia corrispondente; se si traccia un segmento verticale in corrispondenza della roccia si ottiene la sua composizione e percentuale mineralogica a seconda delle aree colorate (minerali) attraversate dal segmento.
[[File:Mineralogy igneous rocks EN.svg|left|thumb|570x570px]]
[[Categoria:Scienze della Terra per le superiori|Rocce magmatiche]]
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Scienze della Terra per le superiori/Le rocce sedimentarie
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Correzioni varie
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{{Scienze della Terra}}
== Definizione ==
Le rocce sedimentarie derivano da un processo di sedimentazione fisico (se si accumulano detriti o resti di organismi) o chimico (precipitazioni da soluzione satura). Possono essere infatti:
* Rocce sedimentarie '''clastiche''' (o detritiche) se si originano dalla sedimentazione di detriti derivanti da processi di disgregazione di rocce preesistenti . I frammenti detritici (le "particelle" costituenti) si dicono '''clasti'''. Tipici esempi sono sabbie e ghiaie.
* Rocce sedimentarie '''organogene''' se derivano prevalentemente dalla sedimentazione di resti di organismi (ad esempio da gusci di organismi acquatici). La maggior parte delle rocce ''carbonatiche'', come i calcari, sono di questo tipo.
* Rocce sedimentarie '''chimiche''' se si formano per precipitazione di sali da una soluzione satura per evaporazione (''evaporiti''), come ad esempio sale (''salgemma'') e gesso.
Le rocce sedimentarie si possono formare in diversi tipi di ''ambiente'' (''ambienti sedimentari''). Un '''ambiente sedimentario''' è definibile concettualmente come «'''l'insieme delle condizioni fisiche, chimiche e biologiche dell'area in cui un sedimento si accumula'''». Dal punto di vista fisico, è possibile descriverlo come una parte della superficie terrestre fisicamente, chimicamente e biologicamente distinguibile dalle aree adiacenti, contraddistinta da caratteristiche di forma e dimensioni ben definite e da processi specifici.<br>
Ad esempio: l' ''ambiente fluviale'' è caratterizzato dall'azione di correnti unidirezionali di acque continentali incanalate in alvei<ref group=N>''alveo'' è un termine più tecnico per definire il letto di un corso d'acqua naturale (torrente, fiume) o artificiale (canale), o anche di un bacino lacustre</ref>. L' ''ambiente litorale'' (di spiaggia) invece è caratterizzato prevalentemente dall'azione del moto ondoso sulle coste in acque marine (quindi a salinità più elevata). Come vedremo, questi due ambienti danno origine a depositi di sedimenti molto diversi e ben distinguibili in base alle loro caratteristiche geometriche e di organizzazione interna.<br>
Questi caratteri sono distinguibili anche nei sedimenti antichi, ''litificati'' e trasformati in ''rocce'' e possono essere utilizzati per ricostruire i '''paleoambienti''' (gli ambienti sedimentari del passato), e con essi l'evoluzione e la storia geologica di una determinata area.
Una caratteristica generale delle rocce sedimentarie è che spesso sono '''stratificate''', si presentano cioè in ''strati sovrapposti'', ognuno corrispondente ad un certo periodo di sedimentazione. Gli strati in genere si formano ''orizzontalmente'', quindi se si osserva un affioramento roccioso con strati inclinati (soprattutto se ad alto angolo) significa che i movimenti tettonici della litosfera hanno modificato la posizione e l'inclinazione delle rocce. Vi possono però essere eccezioni: in determinati ''ambienti sedimentari'' si può avere stratificazione su superfici naturalmente inclinate (''clinostratificazione''), generalmente a basso angolo (ad esempio, come vedremo, nei ''delta fluviali'').
<gallery>
File:Morocco Africa Flickr Rosino December 2005 84514010.jpg|Sabbia
File:Gravel on a beach in Thirasia, Santorini, Greece.jpg|Ghiaia vulcanica
File:Cobbles Nash Point.jpg|ghiaia calcarea
File:Conchiglie Seashells 01.jpg|Accumuli di conchiglie sulla spiaggia
File:Marmorto4gen12 264.jpg|Precipitazione di sale sul M. Morto
File:Lower antelope 2 md.jpg|Arenaria rossa, Arizona
File:PetraSandStoneRock-cut tombs.jpg|Arenarie presso Petra
File:Logan Formation Cross Bedding Scour.jpg|Arenaria
File:Rastellum boundstone.JPG|Calcare fossilifero (a conchiglie di bivalvi)
File:Corals Tortonian Mallorca Spain.png|Calcare con fossili di coralli (soggetti a dissoluzione), di cui rimane solo il calco esterno.
File:Fanes - Dolomites - South Tyrol.jpg|Dolomia stratificata a banchi. Dolomiti (Alto Adige)
File:Graptoliitargilliit Pakri.jpg|Frammenti di argillite
File:Argilite - argile verte - argile rouge- Bassin de Lodève3.jpg|Affioramento di argilliti rosse e verdi (ricche di ossidi di Ferro)
</gallery>
== Formazione ==
Le rocce sedimentarie clastiche si formano grazie ad un processo di erosione, trasporto, sedimentazione, compattazione, cementazione.
=== Degradazione ed Erosione ===
Quando per cause diverse rocce che si sono formate in profondità vengono in affioramento sulla superficie terrestre, si trovano esposte a condizioni chimico-fisiche completamente diverse da quelle in cui si sono formate. E' perciò naturale che diversi minerali che le compongono non siano più stabili e subiscano una serie di modificazioni che tendono ad adattarli alle nuove condizioni termodinamiche. Inoltre, queste rocce vengono ad essere sottoposte all'influenza dell'atmosfera e dell'idrosfera, e alle variazioni climatiche (infiltrazione d'acqua, variazioni di temperatura, azione del gelo/disgelo, cristallizzazione e crescita di nuovi minerali...). Questi fattori contribuiscono (in diversa misura a seconda dell'esposizione, delle fasce climatiche, della disponibilità di acqua) alla '''degradazione (o alterazione) delle rocce'''. L' ''alterazione'' è un fenomeno che avviene '''in posto''', cioè nel luogo stesso di giacitura delle rocce.
Una volta che la roccia è stata alterata i frammenti rocciosi possono essere eventualmente rimossi per opera dell' '''erosione''' da parte degli '''agenti morfogenetici'''. Con tale termine si indicano tutti quegli agenti in grado di modificare l'aspetto della superficie terrestre come il ''vento'', le ''precipitazioni'', i ''corsi d'acqua'', il ''moto ondoso'' e le ''correnti marine'', i ''ghiacciai'' e la stessa ''gravità'', operando un '''trasporto''' del materiale detritico. Naturalmente l'erosione avviene più facilmente sulla roccia già degradata, ma può avvenire, anche se con maggior difficoltà e lentezza anche su rocce non ancora degradate.
Occorre distinguere i fenomeni di '''degradazione fisica''' da quelli di '''degradazione chimica''', anche se le rocce possono essere sottoposte ad entrambi i fenomeni contemporaneamente.
==== Fenomeni di degradazione fisica ====
* Il '''crioclastismo''' rappresenta lo sgretolamento della roccia causato dall'aumento di volume (8.7%) dell'acqua che congela nei pori e nelle fessure della roccia.
* Il '''termoclastismo''' definisce lo sgretolamento della roccia in conseguenza di forti sbalzi termici che provocano continue dilatazioni e contrazioni differenziali tra le zone più superficiali e quelle profonde, e tra i minerali a diverso coefficiente di dilatazione.
* L' '''aloclastismo''' è la disgregazione delle rocce provocata dalla precipitazione di sali solubili nelle fratture naturali delle rocce e dalla conseguente crescita di cristalli di minerali. Sulle coste marine è diffuso l'aloclastismo da cristalli di sale.
* L' '''idratazione''' (assorbimento ''fisico'' di acqua) ha un notevole effetto sulle rocce incoerenti o poco coerenti, in particolare quelle argillose o contenenti argilla, che sono sottoposte a continue dilatazioni e contrazioni che tendono a frantumarle, quando i minerali argillosi assorbono acqua e la riperdono per essiccazione, variando di conseguenza il loro volume.
<gallery>
Weathering freeze thaw action iceland.jpg|Una roccia fratturata a causa del fenomeno del ''crioclastismo''
File:Termoclastismo.jpg|Alterazione di una roccia dovuta al ''termoclastismo''
File:Haloclastie campomoro corse.JPG|Crescita di cristalli di sale in una vasca prodotta dall' ''aloclastismo''
</gallery>
==== Fenomeni di degradazione chimica ====
• '''Idrolisi''' (argillificazione) - Poiché i silicati possono essere considerati sali formati da un acido debole (l'acido ortosilicico) e da ioni metallici provenienti da basi forti (metalli alcalini e alcalino-terrosi), in soluzione acquosa presentano un certa tendenza a produrre idrolisi basica. Il processo porta alla separazione degli idrossidi metallici (NaOH, KOH, Ca(OH)2, Mg(OH)2) dagli idrosilicati di alluminio, che sono acidi molto deboli. Poiché questi ultimi costituiscono in pratica i minerali argillosi il processo è detto di argillificazione. Dall'argillificazione dei feldspati si libera il quarzo eventualmente presente nella roccia, il quale è stabile e rimane inalterato sotto forma di minuscoli cristalli che conservano il loro aspetto vitreo e trasparente e che vanno a costituire la frazione silicea del terreno, particolarmente abbondanti nei terreni sabbiosi.
• '''Idratazione minerale''' - Alcuni minerali sono in grado di legarsi con deboli legami polari all'acqua, la quale viene incorporata come costituente in un nuovo reticolo cristallino. Così l'anidrite (CaSO4) si trasforma in gesso (CaSO4*2H2O), l'ematite in limonite. L'idratazione porta naturalmente ad un aumento del volume dei minerali.
• '''Ossidazione''' - L'ossigeno atmosferico è in grado di ossidare parecchi ioni metallici. Ad esempio il ferro ferroso (Fe2+) in ferro ferrico (Fe3+), lo Zolfo 2- in Zolfo 4+ (o Zolfo 6+). L'ossidazione riveste particolare interesse proprio nel caso dello Zolfo e del Ferro, trasformando sali insolubili come i solfuri di Ferro in composti solubili come i solfati o parzialmente solubili come gli ossidi di ferro. Un esempio di ossidazione si ha nell'alterazione lateritica a carico dei silicati ferrosi (olivine e pirosseni):
• '''Dissoluzione''' - Alcuni minerali possono essere portati in soluzione dall'acqua pura (NaCl, CaSO4, CaSO4*2H2O), altri, come il carbonato di Calcio (CaCO3) vengono sciolti dall'acqua contenente ''anidride carbonica'' (CO<sub>2</sub>). La CO<sub>2</sub> reagisce infatti con l'acqua per dare acido carbonico, il quale, a sua volta reagisce con il carbonato di calcio per dare bicarbonato di calcio, sale solubile in acqua. Quest'ultimo è un processo che assume proporzioni impressionanti a carico di rocce interamente calcaree, dando luogo al fenomeno del '''carsismo''', in cui le acque superficiali (da pioggia o da corsi d'acqua) sono in grado di infiltrarsi nella roccia allargando fratture preesistenti e scavando vere e proprie gallerie (grotte) con estensioni fino di decine di chilometri, su aree fino a centinaia di chilometri quadrati.
=== I materiali dei sedimenti ===
Gli agenti e i processi della degradazione e dell'erosione portano alla rielaborazione di materiali rocciosi in forma di particelle (clasti), che compongono i '''sedimenti'''. Nell'accezione comune si parla di ''ghiaie'', ''sabbie'', ''argille''...<br>
In realtà, questi termini hanno una caratterizzazione ben precisa sulle ''dimensioni'' delle particelle di roccia che compongono i sedimenti. La classificazione dei sedimenti in base alle dimensioni delle particelle che lo compongono prende il nome di '''granulometria'''. Le particelle sono distinte in ''classi granulometriche'', diversamente definite a seconda del sistema classificatorio utilizzato; in generale, a prescindere dai parametri dimensionali adottati dai diversi sistemi di classificazione, le classi granulometriche principali sono appunto 4, in ordine di dimensione decrescente:
* '''ghiaia'''
* '''sabbia'''
* '''limo''' o '''silt'''
* '''argilla'''
La scala dimensionale più utilizzata è la '''scala di Wentworth''' (le dimensioni sono in mm e frazioni di mm):
{| class="wikitable"
|-
! Intervallo dimensionale<br />(metrico)
! Classi granulometriche<br />(Wentworth)<ref>cfr. pag 381, C. K. Wentworth (1922)</ref>
|-
| > 256 mm
| Massi (Boulder)
|-
| 256 - 64 mm
| Ciottoli (Cobble)
|-
| 64 - 4 mm
| Ghiaia (Pebble)
|-
| 4 - 2 mm
| Ghiaia molto fine (Granule)
|-
| 2 - 1 mm
| Sabbia molto grossolana (Very coarse sand)
|-
| 1 - 1/2 mm
| Sabbia grossolana (Coarse sand)
|-
| 1/2 - 1/4 mm
| Sabbia media (Medium sand)
|-
| 1/4 - 1/8 mm
| Sabbia fine (Fine sand)
|-
| 1/8 – 1/16 mm
| Sabbia molto fine (Very fine sand)
|-
| 1/16 – 1/256 mm
| Limo (Silt)
|-
| < 1/256 mm
| Argilla (Clay)
|}
Il '''limo''' ('''silt''' nella terminologia anglosassone) è un sedimento con dimensioni intermedie tra la sabbia finissima e l'argilla. E' ancora un sedimento prevalentemente ''granulare'' (cioè composto di particelle più o meno grossolanamente sferoidali/ellissoidali, ancora distinguibili con una buona lente d'ingrandimento), e si può riconoscere al tatto perché sfregandone una piccola quantità tra i polpastrelli si "sente" la presenza dei granuli microscopici, leggermente ''abrasivi''. L' ''argilla'' vera e propria invece è composta di micro-cristalli piatti non distinguibili alla vista (nemmeno con una lente ad elevato ingrandimento), e ha al tatto una consistenza ''untuosa''.
La determinazione della ''granulometria'' dei terreni e dei sedimenti non serve solamente per scopi descrittivi o di studio naturalistico: è infatti molto importante per analisi di tipo tecnico. Ad esempio, nelle '''indagini geognostiche'''<ref group=N>Analisi di tipo geologico preliminari che servono ad accertare le caratteristiche di rocce e terreni destinati a costruzioni ed opere infrastrutturali. Sono obbligatorie per legge.</ref> per la progettazione di '''opere di ingegneria civile''' (edifici e ''infrastrutture'' come strade, ferrovie, ponti...). Infatti questi sedimenti sono utilizzati come componenti ''inerti'' per la fabbricazione di materiali per l'edilizia, come ad esempio il ''calcestruzzo'' (in questo caso vengono utilizzati sabbia e/o ghiaia) o i ''mattoni'' (in questo caso si usano impasti in cui l'argilla è dominante). Gli ''inerti'' costituiscono la parte ''portante'' di questi materiali (cioè quella che sopporta gli sforzi maggiori), quindi è fondamentale miscelare ai ''leganti'' (la calce o il cemento) degli ''inerti'' con caratteristiche adeguate per ottenere la massima resistenza. Anche la ''granulometria'' dei terreni ''in posto'' (quelli su cui giaceranno le strutture) è decisamente importante, perché a questa caratteristica sono collegati fattori di resistenza al peso delle strutture edilizie. Anche in altri tipi di applicazioni, come ad esempio la ''ceramica'', è fondamentale scegliere argille con caratteristiche di ''plasticità'' corrette per il tipo di uso.
{{Cassetto|Approfondimento: le caratteristiche dei materiali dei sedimenti e il loro studio <small>(click sul collegamento)</small>|colore=#08e600|coloresfondo=#f9ffe0|<ref group=A>
'''Approfondimento: le caratteristiche dei materiali dei sedimenti e il loro studio'''<br>
[[File:Grain-size-distribution.svg|thumb|right|verticale=2.3|Esempio di distribuzione della ''granulometria'' di campioni di sedimenti diversi. Il diagramma è in scala semilogaritmica. Le frazioni (classi) granulometriche sono rappresentate come ''curve cumulative''. Il loro andamento esprime la proporzione delle ''classi granulometriche''. I tratti più "ripidi" corrispondono alle classi che si riscontrano con maggiore frequenza (le ''mode''). Ad esempio, i campioni meglio ''classati'' corrispondono a sabbia fine (''fine sand'') e sabbia media (''medium sand''). Gli altri hanno una distribuzione più ampia o più irregolare. La classazione peggiore è del campione di ghiaia argilloso-sabbiosa (''clayey gravel with sand''), che mostra un andamento ''polimodale'' (tre ''mode'' corrispondenti alle tre classi dominanti).]]
La '''granulometria''' di un sedimento può essere stimata qualitativamente anche sul terreno, con la pratica e con l'aiuto di una ''lente d'ingrandimento''. Per una '''determinazione quantitativa''' occorrono però '''analisi di laboratorio'''.
Le ''frazioni granulometriche'' vengono determinate in laboratorio mediante serie di setacci impilati "a cascata" con retinatura a diametro progressivamente minore, che lasciano passare materiali via via più fini. I limi medio-fini e le argille però non possono essere analizzati con questo metodo perché, appunto, troppo fini (sarebbe molto difficile costruire setacci con maglie così fini; inoltre questi sedimenti "impasterebbero" le maglie dei setacci, ostruendole). Quindi si utilizzano metodi che che si basano sulla velocità di sedimentazione in acqua. Il campione, inserito in un tubo verticale riempito d'acqua, viene agitato e poi, durante la sedimentazione, viene campionato a intervalli di tempo standard; i campioni sono poi essiccati e pesati per determinare le frazioni granulometriche. Si usano anche metodi ottici (''laser particle size'': metodo basato sui pattern di ''diffrazione'' creati dalle particelle investite da un fascio di luce laser). Le frazioni corrispondenti a diametri standard vengono riportate su diagrammi che recano in ascissa il diametro (in scala logaritmica), e in ordinata la percentuale cumulata corrispondente (in scala lineare): le percentuali relative alle singole classi (a partire da quella di dimensioni minori) vengono di volta in volta sommate al totale delle precedenti fino a raggiungere il 100%. In questo modo si ottiene una curva, la ''curva granulometrica'' il cui andamento riflette le proporzioni delle diverse classi componenti del sedimento, e che ha generalmente forma di "S".
In realtà non è frequente trovare sedimenti composti da una sola classe granulometrica (cioè ''ben selezionati'' o ''ben classati''): generalmente abbiamo sedimenti composti da un "mix" di diverse classi: ad esempio possiamo avere sabbie siltose, o siltoso-argillose, ghiaie sabbiose, silt argillosi, argille siltose... La granulometria e il grado di ''selezione'' (o ''classazione'') di un sedimento dipendono dagli agenti naturali e dal tipo di processo deposizionale cui è stato sottoposto il sedimento stesso, e anche dall'intervallo di tempo nel quale il sedimento è stato rielaborato. Rientrano quindi nei ''criteri diagnostici'' per il riconoscimento delle '''facies sedimentarie''' (o ''facies deposizionali''), che sono espressione degli ''ambienti sedimentari'' (o ''deposizionali'').
I sedimenti con dimensioni dal silt in su sono '''sedimenti granulari''', ovvero composti effettivamente di particelle (''clasti'') più o meno grossolanamente sferoidali e più o meno arrotondati. In assenza di ''cementazione'' la resistenza di questi materiali è determinata dall' ''attrito'' tra le particelle. Questi sedimenti derivano in massima parte dalla degradazione meccanica di rocce preesistenti (fanno eccezione alcuni tipi di granuli derivati direttamente dalla precipitazione di carbonato di Calcio, in ambienti particolari come quello carsico o di piattaforma carbonatica). i sedimenti granulari sono quindi composti di '''minerali primari''' o ''minerali residuali''.
L''''argilla''' invece non costituisce solo una classe dimensionale ma ha caratteristiche mineralogiche specifiche. Le argille sono composte di '''minerali secondari'''. Derivano cioè dalla degradazione chimica dei minerali primari (feldspati, miche e altri) che avviene in presenza di acqua (''idrolisi'') nella formazione dei ''suoli''. I minerali argillosi sono poi trasportati delle correnti acquee in ''sospensione'' fino al mare. I '''minerali argillosi''' sono ''silicati idrati'' di Alluminio (contenenti anche proporzioni variabili di Ferro, Magnesio, Potassio, Calcio, Sodio) con struttura ''lamellare'': in ''mineralogia'' si definiscono ''fillosilicati'' (dal greco antico φύλλον (phyllon): ''foglia'') proprio per la loro struttura a "foglietti" sovrapposti sottilissimi, di dimensioni molto piccole ( < 0.004 mm ), ma con una superficie elevatissima in rapporto allo spessore. I cristalli sono caratterizzati dalla presenza di cariche elettriche negative libere sulle superfici maggiori, quindi hanno la capacità di attrarre e "scambiare" ''cationi'' (ioni a carica elettrica positiva) con altri composti, di origine minerale e organica. Inoltre i legami tra i "foglietti" di cui è composto il minerale sono deboli, e permettono a loro volta a ioni e molecole di acqua, materia organica e altri composti di inserirsi nella struttura del minerale.
Le argille non si depongono come singole lamelle ma i cristalli tendono ad attrarsi formando aggregati (fiocchi, grumi), cioè a ''flocculare''. Questi "fiocchi" (di forma irregolare) si depongono in maniera casuale, giustapponendosi e lasciando dei vuoti tra di essi; questo conferisce alle argille una ''porosità'' molto elevata (una percentuale molto alta di "vuoti" interni al sedimento). La struttura, le caratteristiche elettrico-chimiche e le modalità di deposizione danno alle argille una grande capacità di assorbire e perdere acqua. L'assorbimento di acqua conferisce al sedimento argilloso una notevole ''plasticità'' (capacità di deformarsi senza rompersi). Viceversa, per ''disidratazione'' l'acqua viene gradualmente allontanata dalle superfici e dalla struttura dei cristalli e il sedimento argilloso indurisce.
Inoltre alcuni minerali argillosi hanno la proprietà di espandere reversibilmente il reticolo cristallino in condizioni di idratazione, perciò si rigonfiano o si ritraggono in funzione dell'umidità. Conseguenza di questa proprietà è la formazione di diffuse crepacciature sul terreno, sia in superficie sia in profondità, quando è asciutto. Questo causa anche la frantumazione e la perdita di particelle e schegge di terreno che possono essere prese in carico dalle acque meteoriche e trasportate via.
In altre parole: l'argilla "secca" è coerente e rigida, ma generalmente friabile e fragile; l'argilla umida è coerente e ha plasticità crescente con il contenuto d'acqua (aumentando contemporaneamente il proprio volume); l'argilla "imbevuta" d'acqua perde coerenza e diventa semiliquida, fino ad essere facilmente trasportata via dalla corrente.</ref>
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File:Bluemetal coarse granite gravel texture.jpg|Ghiaia con clasti male arrotondati, di granito.
File:Gravel in river in Alaska.jpg|Ghiaia nel letto di un torrente.
File:Gravel on a beach in Thirasia, Santorini, Greece.jpg|Ghiaia di spiaggia con clasti ben arrotondati e di forma appiattita (questa forma deriva dall'abrasione dei clasti prodotta dal movimento verso terra e verso mare prodotto dalle onde).
File:Gravel small.jpg|Ghiaia destinata ad uso edilizio, caricata su un barcone.
File:Kiesgrube Bernau 2012 - panoramio (7).jpg|Cava di sabbia e ghiaia. La sabbia (mucchio a destra) viene separata dalla ghiaia (mucchio a sinistra) mediante ''vibrovagli'' (grandi setacci vibranti), con retinatura di maglia metallica di dimensioni opportune.
File:PismoBeachSand.JPG|Sabbia, in questo caso con clasti scarsamente arrotondati (a spigoli vivi) e grande varietà di composizione.
File:CoralPinkSandDunesSand.JPG|Sabbia con clasti ben arrotondati e di composizione uniforme (quarzo); il colore rosato è dato da ossidi di ferro.
File:00065 sand collage.jpg|Campionario di sabbie con varie caratteristiche di ''tessitura'' (granulometria, arrotondamento, assortimento delle dimensioni) e di composizione.
File:Snail shell animal spiral mollusk scallop invertebrate slime-1119691.jpg!d.jpg|sedimento limoso (della granulometria prevalente del silt). La chiocciola dà un'idea delle dimensioni dei clasti.
File:Low94JanMitsuDashboard.jpg|Automobile ricoperta di limo da un'alluvione causata dalla rottura di un argine fluviale.
File:Clay-ss-2005.jpg|Argilla.
File:KaoliniteUSGOV.jpg|Caolinite, un tipo di argilla.
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=== Trasporto ===
Una volta rimossi, i frammenti rocciosi vengono trasportati dagli stessi agenti responsabili del processo erosivo per tratti più o meno lunghi e con maggiore o minore energia. I maggiori responsabili del trasporto dei clasti sono senz'altro i corsi d'acqua, dove i frammenti rocciosi possono essere portati sia sul fondo (e sono quelli con maggiore capacità erosiva) sia ''in sospensione'' nelle acque. Ma anche il vento e i ghiacciai sono importanti nel trasportare i detriti.
=== Sedimentazione ===
[[File:-Flysch di Albidona-.jpg|thumb|right|verticale=1|affioramento roccioso composto da alternanze di strati di arenarie (che sporgono di più perché più compatte e meno erodibili) e strati più sottili di argilliti (più tenere). Le arenarie derivano da sabbie deposte in condizioni di alta energia (in questo caso ''frane sottomarine''); le argille si sono deposte in condizioni di bassa energia, per ''decantazione''.]]
Quando l'energia dell'agente di trasporto (acqua, vento, ghiaccio) diminuisce o cessa, i frammenti rocciosi in carico si depositano, o meglio, '''sedimentano'''. La maggior parte della sedimentazione avviene in ambiente subacqueo e marino, anche se abbiamo sedimentazione su vaste aree in ambiente continentale (in ambiente lacustre e alluvionale, per opera delle acque, e anche desertico, per l'azione dei venti).
Con il venir meno dell'energia di trasporto, sedimentano per primi i clasti di dimensioni maggiori e poi, via via quelli più piccoli. Si formano spesso quindi delle ''gradazioni'' nelle dimensioni dei clasti durante la deposizione. <br>
La ''stratificazione'' si forma nella maggior parte dei casi a causa delle fluttuazioni dell'energia del mezzo di trasporto. Ad esempio: possiamo avere strati di argilla alternati a strati di sabbia. L'argilla è composta di particelle finissime (< 0.004 mm), che sedimentano quando l'energia dell'acqua è praticamente assente, quindi possono rappresentare condizioni di acqua "ferma" (per esempio, sedimenti di palude o acquitrino). Le sabbie sono composte di granuli di dimensioni da 0.06 mm fino a 2 mm, che richiedono una certa energia per essere trasportati, e possono rappresentare ad esempio depositi fluviali. <br>
In realtà per stabilire l'origine dei sedimenti occorre considerare anche diverse altre caratteristiche (grado di arrotondamento e forma dei clasti, geometria e strutture interne degli strati...), che derivano dal tipo di mezzo di trasporto, dalle caratteristiche del flusso e dalle condizioni ambientali (chimiche, biologiche etc.)<br>
In generale il processo di sedimentazione, con il variare delle condizioni ambientali, produce strati di sedimenti spesso con caratteristiche diverse per struttura, organizzazione interna, colore e spesso anche per composizione chimica. Le geometrie e le strutture interne degli strati riflettono pertanto l' '''ambiente di sedimentazione''' o '''ambiente deposizionale'''.
Inoltre assieme ai clasti si possono mescolare resti di organismi morti che in diversi casi si conservano all'interno della roccia come '''fossili'''. Poiché gli organismi viventi sono sensibili alle condizioni ambientali, e la loro distribuzione è determinata da fattori climatici, oltre che dalla distribuzione di mari e terre emerse e di altre barriere naturali come catene di montagne, anche il contenuto fossilifero riflette in molti casi gli ambienti deposizionali e la ''paleogeografia'' di un'area.
Quindi, in definitiva l'analisi delle caratteristiche litologiche (tipo e organizzazione interna dei sedimenti) e paleontologiche (tipo di organismi fossili) permette di risalire all' '''ambiente di sedimentazione''' (marino, fluviale, glaciale, litorale, desertico etc.) e spesso anche alle condizioni climatiche e alla collocazione geografica dell'area in cui è avvenuta la sedimentazione (ad esempio climi aridi possono produrre evaporiti, climi caldo-umidi sono testimoniati dalla presenza di carbone). La '''sedimentologia''' è la branca della ''geologia'' che si occupa dello studio degli ambienti sedimentari e della ricostruzione dei ''paleoambienti''.
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File:Beach erosion effects on coast.jpg|Erosione di una spiaggia ad opera di una mareggiata
File:Vina del mar beach.jpg|Sedimenti di spiaggia
File:Leman img 0573.jpg|Trasporto di detriti da parte di un fiume
File:Glacial Transportation and Deposition.jpg|Erosione e sedimentazione glaciale
File:Dust Bowl - Dallas, South Dakota 1936.jpg|Sedimentazione eolica (da parte del vento)
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=== Compattazione e cementazione (diagenesi) ===
La semplice sedimentazione di materiale incoerente non è in grado di produrre una roccia. Sono necessari dei processi di costipamento e di cementazione dei clasti, che producono la vera e propria ''litificazione'', il passaggio cioè da un materiale sciolto ad una '''roccia''' vera e propria.
la '''compattazione''' consiste nella progressiva diminuzione di volume del sedimento, che avviene con il seppellimento, per il peso dei sedimenti che si vanno via via accumulando negli strati più superficiali del terreno, con espulsione graduale dell'aria e dell'acqua presenti tra i clasti. Varia così anche la distribuzione spaziale dei clasti, che tendono a una configurazione (''impacchettamento'' o ''packing'') a densità maggiore, riducendo gli spazi intergranulari. Spesso i clasti in questo processo arrivano a deformarsi per la pressione lungo le superfici di contatto, dissolvendosi in parte e "compenetrandosi" lungo superfici irregolari (meccanismo di ''presso-soluzione''), diminuendo ancora di più la porosità interstiziale.
La '''cementazione''' consiste nella precipitazione dei sali disciolti nell'acqua che impregna i sedimenti, mano a mano che questa viene eliminata dal processo di compattazione. Si tratta nella maggior parte dei casi di carbonato di Calcio (CaCO<sub>3</sub>) e di silice (SiO<sub>2</sub>), che si depositano tra gli interstizi saldando insieme i clasti. In alcuni casi, durante il processo di diagenesi, con l'aumento della pressione e della temperatura, si possono produrre delle vere e proprie '''reazioni chimiche''' tra i sali disciolti nell'acqua e i minerali che compongono i clasti con formazione di nuovi composti chimici. Tale processo è noto come '''metasomatismo'''. Un tipico esempio di metasomatismo è dato dalla formazione delle Dolomiti (nella catena alpina centro-orientale). La '''dolomia''', il minerale di cui sono composte, è infatti un carbonato doppio di calcio e magnesio (CaMg(CO<sub>3</sub>)<sub>2</sub>) formatosi in questo caso a partire da ''sedimenti calcarei'' di origine organica (gusci di molluschi, frammenti di alghe calcaree, coralli ed altri) per apporto di Magnesio presente nell'acqua marina.
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File:Pressure solution sandstone.svg|Compattazione e cementazione: notare come la pressione faccia ''avvicinare'' i clasti fino a farli in parte "compenetrare" lungo le superfici di contatto. La deposizione di ''cemento'' (in colore più chiaro) contribuisce ulteriormente a saldare i clasti.
File:Seissand.png|Schema ideale che mostra con clasti di forma sferica la diminuzione di volume degli spazi intergranulari con l'aumento del ''packing'' ("impacchettamento") conseguente alla compattazione.
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== Classificazione ==
Questa classificazione si basa sull'origine delle rocce sedimentarie
=== Rocce sedimentarie clastiche ===
Sono le rocce che derivano dalla '''litificazione di sedimenti clastici''' (cioè dalla loro trasformazione durante la diagenesi per compattazione, cementazione e ricristallizzazione). Esempi di rocce sedimentarie clastiche sono:
* '''Argillite''', che deriva dalla litificazione di argilla
* '''Siltite''', derivante dalla litificazione di silt
* '''Arenaria''', che deriva dalla litificazione di sabbia
* '''Conglomerato''', che deriva dalla litificazione di ghiaia o ciottoli (se i clasti sono spigolosi si parla di '''breccia''')
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File:Conglomérat.jpg|Conglomerato
File:Breccia mcr1.jpg|Conglomerato (breccia)
File:Conglomerate on mars.jpg|Conglomerato marziano!
File:Conglomerato 4.jpg|Un sasso fatto di sassi! (conglomerato)
File:Bentheimer-Sandstein.jpg|Arenaria
File:Sandsteine.jpg|Massi e ciottoli di arenaria
File:Roccia renaria.jpg|Arenaria
File:Roccia renaria 3.jpg|un masso composto di arenaria con strati a diverse granulometrie
File:Roccia arenaria2.jpg|ingrandimento di una arenaria dove si vedono i granelli di sabbia cementati.
File:Holtzclaw siltstone-Kentucky.jpg|Affioramento di siltite (roccia derivata da silt, un sedimento intermedio tra sabbie e argille)
File:Argillite.JPG|Argillite nera, ricca di sostanza organica.
File:381 Argilite du carbonifère Pleyben.JPG|Argillite.
File:Graptoliitargilliit.jpg|Argillite fossilifera a ''graptoliti'' (organismi pelagici del Paleozoico)
</gallery>[[Categoria:Scienze della Terra per le superiori|Rocce sedimentarie]]
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=== Rocce sedimentarie organogene ===
Sono rocce che derivano dalla sedimentazione di resti di animali. Contengono spesso fossili. Ad esempio:
* '''Calcari''', originati per la maggior parte dal detrito derivato dalle parti mineralizzate di organismi viventi dopo la morte (o comunque dall'attività biologica).
** '''calcari pelagici''' che derivano da fanghi marini che si formano per la sedimentazione post-mortem dei gusci calcarei di organismi unicellulari (''foraminiferi''; ''coccoliti''). Talvolta presentano strati o noduli di '''selce''' (SiO<sub>2</sub>, formata da resti di ''radiolari'' o ''diatomee'', microorganismi con guscio siliceo).
** '''radiolariti''', '''diatomiti''', '''spongoliti''': talora i resti di ''radiolari'', ''diatomee'' e ''spugne'' (poriferi) sono così abbondanti da costituire formazioni geologiche vere e proprie a '''composizione silicea'''. In Italia le radiolariti sono note anche come '''diaspri'''. Questi tipi di depositi si definiscono ''chert'' in Inglese.
** '''calcari di piattaforma'''. Sedimenti calcarei ''biocostruiti'', cioè derivati dall'accumulo diretto di organismi viventi, ad esempio, nei mari attuali, i ''coralli'', che danno origine a vere e proprie scogliere (''reef'') crescendo direttamente gli uni sugli altri. Questi organismi danno luogo a formazioni calcaree di notevole spessore ed estensione, soprattutto in mari e oceani nella fascia tropicale: le ''piattaforme carbonatiche''. Un esempio tipico attuale sono le Isole Bahamas (Golfo del Messico). Corpi sedimentari di questo tipo sono comuni nelle Alpi meridionali, spesso in gran parte ''dolomitizzati'' (come nelle già citate Dolomiti). Oltre ai coralli, vi sono numerosi altri gruppi di animali e alghe con scheletro calcareo che danno luogo a importanti ''biocostruzioni''. Anche l'attività metabolica di alcuni microorganismi (alghe unicellulari, batteri) può indurre la precipitazione di carbonato di calcio. Un tipico esempio sono le ''stromatoliti'', formazioni costituite da lamine calcaree parallele, con varia morfologia (ondulate, mammellonari, colonnari); sono la testimonianza fossile delle più antiche forme di vita conosciute, potendo risalire a 3.7 miliardi di anni fa. Molti altri gruppi di organismi, ora estinti, hanno contribuito nel passato geologico a formare importanti biocostruzioni.
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File:3339e Croatie Pag.jpg|Foraminiferi dell'isola di Pag in Croazia; profondità -60 m, ampiezza campo immagine = 5,5 mm
File:Marine-microfossils-major hg.jpg|I componenti principali dei sedimenti ''organogeni'' oceanici: '''a''') ''radiolari''; '''b''') alghe ''diatomee''; '''c''') ''foraminiferi''; '''d''') alghe ''coccolitofore'' (scheletro formato da placchette circolari, i ''coccoliti'').
File:Mikrofossils hg.jpg|Sedimento pelagico setacciato (per rimuovere l'argilla). E' visibile un ricco campionario di ''microfossili'': foraminiferi (i gusci bianchi, di calcite), radiolari (le sferette grigiastre traforate, di silice), spicole di spugne (le piccole sbarre trasparenti, sempre di silice).
File:Roccia sedimentaria organogena calcare fossilifero.jpg|Calcare organogeno composto di ''nummuliti'' (grandi foraminiferi).
File:Lake Clifton SMC 2008.jpg|Biocostruzioni calcaree dovute all'azione di batteri (''tromboliti'') su un lago australiano.
File:Stromatolites Cochabamba.jpg|Stromatoliti ondulate e colonnari del Proterozoico (2.5 miliardi di anni fa).
File:SoegininaStromatolitesEstonia.jpg|Stromatoliti del Siluriano. Visibile la morfologia tridimensionale delle lamine
File:Rhodolites red-algae Miocene Minorca.jpg|''Rodoliti'': concrezioni biogeniche formate da alghe rosse (fossili e un esempio attuale).
File:Petoskey.JPG|colonia fossile di coralli del Paleozoico.
File:Selce rossa red flint.jpg|Selce rossa, derivata dalla dissoluzione di gusci di radiolari; il colore rosso è dovuto a ossidi di ferro.
File:Radiolarit.JPG|Aspetto tipico delle ''radiolariti'' (strati rossastri) alpine del Giurassico Superiore.
File:Radiolarian chert, San Simeon state park.jpg|Radiolariti (California, US). Si vede bene la struttura di questi depositi: strati discontinui lateralmente, con aspetto lucido e "vetroso".
File:Spongolite 144406 10.jpg|Spongolite, una roccia silicea formata da resti di spugne (''poriferi'')
File:Calcare pelagico organogeno con selce.JPG|Calcare finissimo derivato dall'accumulo di resti di alghe calcaree unicellulari (coccoliti) e foraminiferi planctonici. La selce deriva dalla dissoluzione di gusci di radiolari.
File:Conchiglie e biglie.jpg|Conchiglie (e non solo)
File:OysterHuîtreRecif.jpg|Banco di bivalvi (ostriche). Questi molluschi cementano le proprie conchiglie tra loro e sul substrato, dando luogo a piccole ''biocostruzioni''.
File:Conchiglie Seashells 01.jpg|Conchiglie sulla sabbia di una spiaggia attuale.
File:Fossils in a beach wall.JPG|Livello ''bioclastico'' (formato da accumuli di conchiglie di bivalvi e gasteropodi) entro strati di arenarie: è la versione fossile della spiaggia nell'immagine precedente.
File:Part of Great Barrier Reef from Helicopter.jpg|Barriera corallina australiana in panoramica.
File:Coral reef PloS.jpg|Coralli in posizione di vita.
File:Drei Zinnen-Tre Cime Di Lavaredo 6.JPG|Dolomiti: tre cime di Lavaredo. Una ''piattaforma carbonatica'' del passato (Triassico).
File:Bahamabank.jpg|Le Isole Bahamas, una ''piattaforma carbonatica'' attuale.
File:Patch reefs at low tide in French Bay (San Salvador Island, Bahamas) (15463817653).jpg|Bahamas. Scogliere organogene (reef) durante la bassa marea: i "rami" che si vedono sono colonie ramificate di coralli. Si vedono anche colonie più massicce, di forma emisferica.
File:Reef outside Aititaki, Cook Islands.JPG|Tipico margine di piattaforma carbonatica (Isole Cook, Nuova Zelanda), che mostra la transizione tra il mare aperto (verso sinistra), la barriera corallina (reef) e la laguna (verso destra nell'immagine).
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=== Rocce sedimentarie chimiche ===
Si formano per precipitazione chimica da acque sature di sali. Ad esempio:
* il '''travertino''', si forma dalla precipitazione di calcare in sorgenti o sul letto e sulle sponde di fiumi e torrenti (con acque particolarmente ricche di calcare), spesso in ambiente carsico o vulcanico in quanto la precipitazione è favorita dalla liberazione di anidride carbonica (CO<sub>2</sub>).
* '''concrezioni carsiche''' di grotta (ad esempio '''stalattiti''' e '''stalagmiti''').
* '''evaporiti''', derivano dalla precipitazione di sali solubili (principalmente ''carbonati'', ''solfati'' e ''cloruri'') per evaporazione di acque marine o lacustri in climi caldi e aridi. Vi possono essere ''calcari'' e ''dolomie'' di origine evaporitica (oltre che organogena, come già visto), anche se le rocce evaporitiche più comuni sono '''gesso''' (solfato di calcio idrato) e '''sale''' (cloruro di sodio, NaCl, o cloruro di potassio, KCl). I minerali evaporitici iniziano a precipitare quando la loro concentrazione nell'acqua raggiunge il livello per cui non possono più esistere come soluti. I minerali precipitano in ordine inverso rispetto alla loro solubilità. In particolare:
- Calcite (CaCO<sub>3</sub>) e dolomite (CaMg(CO<sub>3</sub>)<sub>2</sub><br>
- Gesso (CaSO<sub>4</sub>-2H<sub>2</sub>O) e anidrite (CaSO<sub>4</sub>)<br>
- Halite (NaCl), cloruro di sodio, il cosiddetto ''salgemma''<br>
- Silvite un cloruro di potassio (KCl) e carnallite un cloruro idrato di potassio e magnesio<br>
Queste sequenze sedimentarie spesso si rinvengono incomplete nei termini superiori, in particolare spesso mancanti delle serie dei cloruri (per dissoluzione successiva).
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File:HaliteEncrustedCobbleDeadSea.JPG|Deposito evaporitico di sale (Mar Morto)
File:PikiWiki Israel 15495 Mount Sodom.jpg|Falesia di sale, zona del Mar Morto (Israele). Può esistere solo per l'aridità del clima locale.
File:Folded gyprock (Castile Formation, Upper Permian; State Line outcrop, southern Eddy County, New Mexico, USA) 10 (48949977308).jpg|Gesso evaporitico laminato, con pieghe tettoniche.
File:Slip-Slidin'-Away (4635645115).jpg|Strati di anidrite (gesso anidro), ripiegati tettonicamente.
File:Choranche caves stalactites.jpg|Stalattiti
File:Calcáreo Travertino1.jpg|campione di travertino.
File:Mineraly.sk - travertin.jpg|concrezione travertinosa di grotta.
File:Travertine facade sample 2014 05.jpg|Tipico aspetto "spugnoso" del travertino.
File:P s Pietro - finito il restauro del colonnato P1000090.JPG|Il colonnato del Bernini (Basilica di S. Pietro a Roma) è in travertino.
File:Kalktuff-Block Schloss-Tuebingen 2.jpg|Altro campione di travertino.
File:Travertino.jpg
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== Approfondimenti ==
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== Note ==
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| 23 || [[Bellezza naturale]] — La semplice verità: la bellezza della natura migliora la vita ''(Nr.3 della [[Serie dei sentimenti]])''
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| 24 || [[Filosofia dell'amicizia]] — ''(Nr.6 della [[Serie dei sentimenti]])''
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| 25<br/><small>''(Thomas Bernhard)''</small>|| [[Thomas Bernhard]] — Monografia poliedrica sullo scrittore austriaco
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| 26 || [[Ebrei e Gentili]] — Ebrei e non ebrei secondo Maimonide
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| 27 || [[Interpretazione e scrittura dell'Olocausto]] — Narrazioni drammatiche e storiche di una catastrofe
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| 28<br/><font size=0.8>''(supplemento al nr. 25)''</font> || [[La prosa ultima di Thomas Bernhard]] — Comunicazione e speranza di felicità
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| 29 ישוע || [[Eli Eli Lama Sabachthani]]? — Ester e Gesù invocano Dio con lo stesso Salmo ''(Nr. 5 della [[Serie cristologica]])''
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| 30 <small>''(Kafka)''</small>|| [[Franz Kafka e la metamorfosi ebraica]] — Kafka e crisi d'identità: ''Metamorfosi'' come reazione all'antisemitismo europeo di fine secolo
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2020|breve}}
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| 31 || [[Le strutture basilari del pensiero ebraico]] — Maimonide, Nieto, Luzzatto e i cinque criteri del ricostruzionismo sociale
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| 32 <small>''(Hemingway)''</small> || [[L'Impressionismo di Ernest Hemingway]] — Impressionismo come indicatore critico nella valutazione dello stile letterario hemingueiano
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2020|breve}}
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| 33 <small>''(Hemingway)''</small> || [[Embricazione del trauma in Hemingway]] — Studio della progressione narrativa di Ernest Hemingway in ''Across the River and into the Trees'': testimonianza di un trauma post-bellico
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| 34 <small>''(Potok)''</small> || [[Chaim Potok e lo scontro culturale]] — Figli d'Israele: la figura di Giacobbe come tema nei romanzi di Chaim Potok
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2020|breve}}
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| 35 <small>''(Leonard Cohen)''</small>|| [[Leonard Cohen e la Cabala ebraica]] — Canzoni e poemi di Leonard Cohen in chiave cabalistica
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2020|breve}}
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| 36 ישוע || [[Ebraicità del Cristo incarnato]] — Incarnazione divina nell'antichità ebraica: punti di contatto col cristianesimo
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| 37 <small>''(Pasternak)''</small>|| [[Boris Pasternak e gli scrittori israeliani]] — ''Il dottor Živago'', la letteratura russo-ebraica e gli intellettuali israeliani (1958-1960)
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2020|breve}}
|-
| 38 ישוע || [[Riflessioni su Yeshua l'Ebreo]] — Possibili immagini del Gesù ebraico: rivelazioni, riflessioni, reazioni
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|agosto 2020|breve}}
|-
| 39 || [[Cambiamento e transizione nell'Impero Romano]] — Trasformazione nella società romana del III secolo e.v.
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2021|breve}}
|-
| 40 ישוע || [[Interpretare Gesù in contesto]] — Ebraismo rabbinico e Nuovo Testamento
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2020|breve}}
|-
| 41 ישוע || [[Missione a Israele]] — La chiamata di Gesù e l'annuncio del regno
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|-
| 42 || [[Pluralismo religioso in prospettiva ebraica]] — Divinità contendenti: religione e globalizzazione
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|-
| 43 || [[Messianismo Chabad e la redenzione del mondo]] — Il messaggio messianico di un movimento ebraico moderno
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2021|breve}}
|-
| 44 || [[Introduzione allo Zohar]] — Gli aspetti profondi del misticismo ebraico nel ''Libro dello Splendore''
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|-
| 45 || [[Isaac Luria e la preghiera]] — Innovazioni lurianiche nella preghiera ''Shema Yisrael''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|marzo 2021|breve}}
|-
| 46 || [[Il Nome di Dio nell'Ebraismo]] — Il Nome santo nelle tradizioni mistiche ebraiche
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|aprile 2021|breve}}
|-
| 47 || [[Rivelazione e Cabala]] — Crisi della tradizione mistica nella Cabala
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2021|breve}}
|-
| 48 || [[Storia intellettuale degli ebrei italiani]] — Ebraismo italiano nella prima età moderna
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2021|breve}}
|-
| 49 || [[Abulafia e i segreti della Torah]] — Esoterismo, Cabalismo e Profezia in Abramo Abulafia
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2022|breve}}
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| 50 ישוע || [[Immagini interpretative del Gesù storico]] — Un ebreo carismatico in Galilea ''(Nr. 10 della [[Serie cristologica]])''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2021|breve}}
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| 51 <small>''(Henry Miller)''</small>|| [[La Filigrana Zen di Henry Miller]] — Il lungo percorso interiore di uno scrittore inquieto
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|-
| 52 <small>''(Levi & Wiesel)''</small> || [[Shoah e identità ebraica]] — L'Olocausto nella letteratura di Primo Levi e Elie Wiesel
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| 53 ישוע || [[Gesù e il problema di una vita]] — ''E voi, chi dite che io sia?'' (Nr. 11 della ''[[Serie cristologica]]'')
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| 54 ישוע || [[Indagine Post Mortem]] — Accertamento sulla Risurrezione di Gesù (Nr. 12 della ''[[Serie cristologica]]'')
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| 55 || [[La Conoscenza del Che]] — Alfred Adler e la psicobiografia di Ernesto "Che" Guevara
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| 56 ישוע || [[Taumaturgia messianica]] — I Miracoli di Gesù e la Redenzione (Nr. 13 della ''[[Serie cristologica]]'')
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|novembre 2021|breve}}
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| 57 ישוע || [[Yeshua e i Goyim]] — Gesù e il futuro escatologico dei Gentili (Nr. 14 della ''[[Serie cristologica]]'')
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| 58 || L'[[Interpretazione della realtà]] — Percezioni e consapevolezza individuale
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|-
| 59 || [[Il significato della vita]] — Eudaimonia e lo stato mentale della felicità
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| 60 <small>''(Shakespeare)''</small>|| [[Esistenzialismo shakespeariano]] — William Shakespeare e la filosofia esistenziale
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|-
| 61 || [[Emozione e immaginazione]] — La forza dell'immaginazione nell'intelletto moderno
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|-
| 62 || [[Ascoltare l'anima]] — Emozione oltre la ragione: l'espressione emotiva nelle arti
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|-
| 63 || [[Sorpresa]]! — Israele e la Guerra dello Yom Kippur
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|-
| 64 || [[Israele – La scelta di un popolo]] — Elezione e Consacrazione nell'Ebraismo
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|-
| 65 || [[Storia e memoria]] — Il ruolo del passato nella costruzione dell'identità ebraica
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|-
| 66 || [[Nahmanide teologo]] — La teologia di Moshe ben Nachman, il Ramban
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| 67 || [[Rivelazione e impegno esistenziale]] — Il testo sacro come guida di vita
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| 68 <small>''(Einstein)''</small> || [[Saeculum Mirabilis]] — Albert Einstein e l'internazionalismo liberale del XX secolo
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|-
| 69 <small>''(Levinas)''</small>|| [[La Coscienza di Levinas]] — La filosofia di Emmanuel Levinas
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|-
| 70 || [[Filosofia del Cosmo]] — Universo e Mente Infinita
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2023|breve}}
|-
| 71 || [[Memoria culturale e concettualizzazione antica dei sogni]] — Sognare a Roma duemila anni fa
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|-
| 72 ישוע || [[Gesù, Galilea e Sion]] — Orizzonti storici in prospettiva ebraica
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|-
| 73 <small>''(Maugham)''</small>|| [[Amore, Arte e Verità: la filosofia di W. Somerset Maugham]] — Come essere contenti di vivere nonostante tutto
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2023|breve}}
|-
| 74 || [[Evoluzione del monoteismo]] — L'idea di un concetto fondativo
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| 75 || [[Etica della salute]] — Medicina e Sanità nell'Ebraismo
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| 76 <small>''(Bellow)''</small> || [[Bellow, Herzog e la realtà sociale]] — Saul Bellow e la sua visione della società contemporanea
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2023|breve}}
|-
| 77 <small>''(Wiesel)''</small> || [[Il Chassidismo di Elie Wiesel]] — Un lascito post-Olocausto
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|novembre 2023|breve}}
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| 78 || [[Sovranità Ebraica]] — Religione, Sionismo e Identità Nazionale
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|-
| 79 <small>''(Heschel)''</small> || [[La teologia di Heschel]] — Introduzione a Abraham Joshua Heschel
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|-
| 80 || [[Ebraismo chassidico]] — Breve storia del Chassidismo
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| 81 || [[La vita e... tutto quanto]] — Scienza, Religione, Significato
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|novembre 2023|breve}}
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| 82 <small>''(Bob Dylan)''</small> || [[Protestando in musica]] — Bob Dylan e la canzone di protesta
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| 83 || [[Reminiscenze trascorse]] — Alla ricerca di ricordi e ispirazioni nel modernismo letterario: Proust, Rilke e Benjamin
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| 84 || [[Questo è l'ebraismo!]] — Comprendere l'ebraismo nel mondo moderno
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| 85 || [[Ridere per ridere]] — La psicologia dell'umorismo
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| 86 || [[I due mondi dell'ebraismo]] — ''olam ha-zeh v’olam ha-ba''
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| 87<br/> <font size=0.8>''(supplemento al nr. 85)''</font> || [[Umorismo ebraico e storielle yiddish]] — Manuale d'uso
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|aprile 2024|breve}}
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| 88 || [[Ispirazione mistica]] — I Maestri spirituali dell'ebraismo
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|aprile 2024|breve}}
|-
| 89 || [[Tradizione ebraica moderna]] — Filosofia ebraica moderna, Filosofia moderna ed Ebraismo moderno
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2024|breve}}
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| 90 || [[Gesù della Storia, Storia di Gesù]] — ''Quod scripsi, scripsi''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2024|breve}}
|-
| 91 <small>''(R.B. Parker)''</small> || [[Sul filo della memoria]] — [[w:Edgar Award|Il Gran Maestro Robert B. Parker]]
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2024|breve}}
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| 92 <small>''rif. 28 & 59''</small> || [[Simchah: nozioni di felicità]] — Gioia ebraica nella virtù
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|-
| 93 <small>''rif. 8 & 54''</small> || [[Sulla resurrezione di Gesù]] — Ipotesi cristologiche
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2024|breve}}
|-
| 94 || [[Leggere Gesù]] — Paleocristianesimo e tradizioni evangeliche
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|agosto 2024|breve}}
|-
| 95 || [[Biografia del Melekh Mashiach]] — [[w:Messia nell'ebraismo|ישוע מלך משיח]]
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|marzo 2025|breve}}
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| 96 || [[Sefer כותב ישוע]] — Κατὰ Mονοζυγώτην
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2024|breve}}
|-
| 97 || [[Dio, Cristo, Cristianesimo]] — ''[[Biografia del Melekh Mashiach/Omissis|La Dura Realtà]]''
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|-
| 98 <small>''(Philip Roth)''</small>|| [[Lamento di Philip Roth]] — Le varie fasi di un autore inquieto
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2024|breve}}
|-
| 99 <small>''(Marcel Proust)''</small>|| [[Alla ricerca di Marcel Proust]] — Piaceri e dolori, esplorazioni e contesti
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2025|breve}}
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| '''100''' <small>''(Oscar Wilde)''</small>|| [[I Mondi di Oscar Wilde]] — Valutazioni contestuali e significati contemporanei
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| 101 <small>''(W. Whitman)''</small>|| [[In viaggio con Walt Whitman]] — ''"I am large, I contain multitudes / Sono vasto, contengo moltitudini"''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|febbraio 2025|breve}}
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| 102 || [[Nostalgia poetica]] — L'esperienza nostalgica nella narrativa moderna
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| 103 <small>''(Baudelaire)''</small>|| [[Arte poetica e rappresentazione]] — [[Charles Baudelaire]] e l'immaginazione moderna
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|-
| 104 || [[Delitto & Castigo]] — Il [[w:giallo classico|giallo classico]] e la [[w:thriller|narrativa thriller]] anglo-americana
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|aprile 2025|breve}}
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| 105 || [[Letteratura ebraica in America]] — Etnia, religione, politica, ideologia, etica e storia
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2025|breve}}
|-
| 106 <small>''(Mamet)''</small>|| [[David Mamet]] — Variazioni sul tema: reminiscenze e scritture
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|-
| 107 || [[Connessioni]] — Ebraismo, antisemitismo e Shoah
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2025|breve}}
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| 108 || [[Una storia dell'ebraismo]] — Origini & Sviluppi Antichi
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|[[File:Monozigote Hippie Phase.jpg|110px|center|Vado oltre]]|| <div style="color: #990000; text-align: center; font-size: 3.4em;">'''mi illumino d'immenso?'''</div>
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|}
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== SERIE & COLLANE ==
[[File:Wikilibraio.svg|170px|right|'''Wikilibraio''' 2023|thumb]]
* '''''[[Serie cristologica]]'''''
* '''''[[Serie letteratura moderna]]'''''
* '''''[[Serie dei sentimenti]]'''''
* '''''[[Serie misticismo ebraico]]'''''
* '''''[[Serie maimonidea]]'''''
* '''''[[Serie delle interpretazioni]]'''''
: ☆⇒ '''[[Utente:Monozigote/sandbox1|Tabelle dei miei contributi principali su Wikipedia]]'''
[[File:Maimonides teaching.jpeg|right|180px|Traduzione in ebraico della "Guida dei perplessi" (scritta originalmente in arabo), datata ca. 1347: Miniatura di Maimonide che insegna "la misura dell'uomo"]]
<div style="text-align: left; font-size: 0.9em;">'''[[Biografia del Melekh Mashiach/Omissis|L'ALTRA SPONDA]]''':
# '''[[Utente:Monozigote/sandbox8|Geova & Gesù: Visioni cristologiche demitizzanti]]'''
# '''[[Utente:Monozigote/sandbox13|''Ad dio!'' Il Grande Vecchio se ne va]]'''
# '''[[Utente:Monozigote/sandbox14|Le dottrine fondamentali del cristianesimo: Foresta magica dei dogmi]]'''
</div>
{|class="itwiki_template_babel" style="background:#f2f2ff;border-color:#99B3FF; align:right"
|class="sigla" style="background:transparent;"|[[File:Maimonides stamp 1953.jpg|70px]]
|'''[[Utente:Monozigote/sandbox4|Libri nella Serie maimonidea]]''':<small><br/>1. ''[[Guida maimonidea]]''<br/>2. ''[[La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah]]''<br/>3. ''[[Antologia ebraica]]''<br/>4. ''[[Torah per sempre]]''<br/>5. ''[[Non c'è alcun altro]]''<br/>6. ''[[Virtù e legge naturale]]''<br/>7. ''[[Essenza trascendente della santità]]''<br/>8. ''[[Pensare Maimonide]]''<br/>9. ''[[Ebrei e Gentili]]''<br/>10. ''[[Le strutture basilari del pensiero ebraico]]''<br/>11. ''[[Pluralismo religioso in prospettiva ebraica]]''</small>
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{{Serie dei sentimenti}}
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Chimica per il liceo/Il metodo scientifico
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{{Chimica per il liceo 2}}
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Il '''metodo scientifico''' si riferisce ai modi per ottenere fatti, correggere errori e testare teorie .
Il metodo scientifico è osservazione, misurazione ed esperimento, oltre alla formulazione, verifica e modifica di ipotesi.
Uno scienziato raccoglie prove empiriche e misurabili e utilizza ragionamenti validi.
Le nuove conoscenze spesso necessitano di aggiustamenti o di integrazioni con le conoscenze precedenti.
== Fasi ==
La scienza e le cose che non sono scienza (come la pseudoscienza) si distinguono in genere a seconda che utilizzino il metodo scientifico o meno. Una delle prime persone a creare uno schema delle fasi del metodo scientifico fu John Stuart Mill .
Non esiste un metodo scientifico in assoluto. Alcuni campi della scienza si basano su modelli matematici, come la fisica. Altri campi, come le scienze sociali, hanno teorie approssimative. Si affidano maggiormente ai modelli che emergono dai loro dati. A volte gli scienziati si concentrano sulla verifica e sulla conferma delle ipotesi, ma è importante anche l’esplorazione a tempo indeterminato. Alcuni campi scientifici utilizzano esperimenti di laboratorio. Altri raccolgono osservazioni da situazioni del mondo reale. Molte aree della scienza sono quantitative, enfatizzando i dati numerici e l'analisi matematica. Ma alcune aree, soprattutto nelle scienze sociali, utilizzano metodi qualitativi, come interviste o osservazioni dettagliate del comportamento umano o animale. Concentrarsi troppo su un tipo di metodo può portarci a ignorare la conoscenza prodotta da altri metodi.[[File:Metodo scientifico.svg|thumb|424x424px|Le varie fasi del metodo scientifico]]Alcuni libri di testo si concentrano principalmente su un unico "metodo scientifico" standard che si basa sulla verifica sperimentale delle ipotesi. Non si applica molto bene ad alcune aree della scienza. È spesso scritto come una serie di passaggi:
# '''Fai una domanda su un fenomeno osservabile.''' Tutto il lavoro scientifico inizia con una domanda da porre o un problema da risolvere. A volte semplicemente formulare la domanda giusta è la parte più difficile per uno scienziato. Alla domanda dovrebbe essere possibile rispondere mediante un esperimento.
# '''Creare un’ipotesi: una possibile risposta/soluzione alla domanda.''' Un'ipotesi nella scienza è una parola che significa "Un'ipotesi plausibile su come funziona qualcosa". Dovrebbe essere possibile dimostrarlo giusto o sbagliato. Ad esempio, un'affermazione come "Il blu è un colore migliore del verde" non è un'ipotesi scientifica. Non si può dimostrare che sia giusto o sbagliato. "Alla gente piace più il colore blu che al verde" ''potrebbe'' essere un'ipotesi scientifica, perché si potrebbe chiedere a molte persone se preferiscono il blu al verde e trovare una risposta in un modo o nell'altro.
# '''Progetta un esperimento.''' Se l’ipotesi è veramente scientifica, dovrebbe essere possibile progettare un esperimento per testarla. Un esperimento dovrebbe essere in grado di dire allo scienziato se l'ipotesi è sbagliata; potrebbe non dirgli se l'ipotesi è giusta. Ad esempio, pensa a come mostrare che la Terra è rotonda anziché piatta. Di solito gli scienziati vogliono testare solo una cosa alla volta. Per fare ciò, cercano di rendere ogni parte di un esperimento uguale per tutto, tranne che per la cosa che vogliono testare. L'esperimento analizza 1 variabile per volta e deve sempre contenere un ''campione'' e un ''controllo'' (non sottoposto ad alcuna analisi).
# '''Sperimenta e raccogli i dati.''' Qui lo scienziato cerca di eseguire l'esperimento che ha progettato in precedenza. A volte lo scienziato ottiene nuove idee mentre l'esperimento va avanti. A volte è difficile sapere quando un esperimento è finalmente terminato. A volte sperimentare sarà molto difficile. Alcuni scienziati trascorrono gran parte della loro vita imparando come eseguire buoni esperimenti.
# '''Trarre conclusioni dall'esperimento.''' L'esperimento dovrebbe confermare o meno l'ipotesi. A volte i risultati non sono facili da comprendere. A volte gli esperimenti stessi aprono nuove domande. A volte i risultati di un esperimento possono significare molte cose diverse. Tutto ciò deve essere considerato attentamente.[[File:Journal.pone.0001780.pdf|sinistra|thumb|Esempio di articolo scientifico pubblicato su [https://www.plosone.org www.ploseone.org]]]
# '''Comunicarli agli altri'''. Un elemento chiave della scienza è la condivisione dei risultati degli esperimenti, in modo che altri scienziati possano poi utilizzare la conoscenza e tutta la scienza possa trarne beneficio. Di solito gli scienziati non si fidano di una nuova affermazione a meno che altri scienziati non l'abbiano prima esaminata per assicurarsi che sembri vera scienza. Questo si chiama peer review ("peer" qui significa altri scienziati che hanno conoscenze su quell'argomento). Il lavoro che supera la revisione paritaria viene pubblicato in una rivista scientifica. Un articolo scientifico è così strutturato: - titolo; - autori; - abstract; - introduzione; - materiali e metodi; - procedimento; - risultati e discussione; - conclusioni; - bibliografia.
Sebbene sia scritto come un elenco, gli scienziati possono andare avanti e indietro tra i diversi passaggi più volte prima di essere soddisfatti della risposta.
[[Categoria:Chimica per il liceo|Introduzione]]
== Esempio-esercizio: sciogliere lo zucchero nell'acqua ==
Diciamo che scopriremo l'effetto della temperatura sul modo in cui lo zucchero si scioglie in un bicchiere d' acqua. Di seguito è riportato un modo per farlo, seguendo passo dopo passo il metodo scientifico.
=== Obiettivo ===
Lo zucchero si dissolve più velocemente nell'acqua calda o nell'acqua fredda? La temperatura influisce sulla velocità con cui lo zucchero si scioglie? Questa è una domanda che potremmo voler porre.
=== Pianificazione dell'esperimento ===
Un semplice esperimento potrebbe essere quello di sciogliere lo zucchero in acqua a diverse temperature e tenere traccia di quanto tempo impiega lo zucchero a dissolversi. Questo sarebbe un test dell'idea che la velocità di dissoluzione varia a seconda dell'energia cinetica del solvente.
Vogliamo assicurarci di utilizzare esattamente la stessa quantità di acqua in ogni prova e esattamente la stessa quantità di zucchero. Lo facciamo per assicurarci che sia solo la temperatura a causare l’effetto. Potrebbe essere, ad esempio, che anche il rapporto tra zucchero e acqua influisca sulla velocità di dissoluzione. Per essere particolarmente attenti, potremmo anche eseguire l'esperimento in modo che la temperatura dell'acqua non cambi durante l'esperimento.
Questo si chiama "isolare una variabile". Ciò significa che dei fattori che potrebbero avere un effetto, solo uno viene modificato nell'esperimento.
=== Esecuzione dell'esperimento ===
Faremo l'esperimento in tre prove, che sono esattamente le stesse, fatta eccezione per la temperatura dell'acqua.
# Mettiamo esattamente 25 grammi di zucchero in esattamente 1 litro d'acqua fredda quasi come il ghiaccio. Non ci muoviamo. Notiamo che occorrono 30 minuti prima che tutto lo zucchero si sciolga.
# Mettiamo esattamente 25 grammi di zucchero in esattamente 1 litro di acqua a temperatura ambiente (20 °C). Non ci muoviamo. Notiamo che ci vogliono 15 minuti prima che tutto lo zucchero si sciolga.
# Mettiamo esattamente 25 grammi di zucchero in esattamente 1 litro di acqua tiepida (50 °C). Non ci muoviamo. Notiamo che occorrono 4 minuti prima che tutto lo zucchero si sciolga.
=== Trarre conclusioni ===
Un modo per semplificare la visualizzazione dei risultati è crearne una tabella, elencando tutte le cose che sono cambiate ogni volta che abbiamo eseguito l'esperimento. Il nostro potrebbe assomigliare a questo:
{| class="wikitable"
!Temperatura
!Tempo di dissoluzione
|-
|1°C
|30 minuti
|-
|20 °C
|15 minuti
|-
|50 °C
|4 minuti
|}
Se tutte le altre parti dell’esperimento fossero le stesse (non usassimo più zucchero una volta rispetto all’altra, non mescolassimo una volta o l’altra, ecc.), allora questa sarebbe un’ottima prova che il calore influenza la velocità con cui lo zucchero è sciolto.
Non possiamo sapere con certezza, però, che non ci sia qualcos’altro che lo influenza. Un esempio di ''causa nascosta'' potrebbe essere che lo zucchero si scioglie più velocemente ogni volta che più zucchero viene sciolto nella stessa pentola. Questo probabilmente non è vero, ma se lo fosse, i risultati potrebbero essere esattamente gli stessi: tre prove e l'ultima sarebbe la più veloce. Non abbiamo motivo di pensare che ciò sia vero in questo momento, ma potremmo volerlo notare come un’altra possibile risposta.
== Attività ==
[[Chimica per il liceo/Il metodo scientifico/Esercizi|Esercizi]]
'''Laboratorio''': [https://farelaboratorio.accademiadellescienze.it/esperimenti/scienze/100 un caso di studio] (su farelaboratorio.accademiadellescienze.it)
== Fonti ==
https://simple.wikipedia.org/wiki/Scientific_method
slullzegifsud3dj1w2cn1kcl2qnous
Serie delle interpretazioni
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478189
2025-07-01T20:11:50Z
Monozigote
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/* WIKIBOOKS DELLA SERIE DELLE INTERPRETAZIONI */ aggiorn.
478346
wikitext
text/x-wiki
{{Nota
|allineamento = centro
|larghezza = 100%
|titolo = '''LA VISIONE OTTIMALE DI QUESTI WIKILIBRI È CON L’''ASPETTO VECTOR LEGACY (2010)'''''
|contenuto = Se stai usando il nuovo aspetto (Vector 2022) scegli "Torna al vecchio aspetto" dal Menu principale o dalle tue ''Preferenze''. Buona lettura!
}}
[[File:4U 0142+61 paint.jpg|center|845px|Artist’s concept of a fallback disk around pulsar 4U 0142+61]]
== WIKIBOOKS DELLA SERIE DELLE INTERPRETAZIONI==
{| class="wikitable"
|-
! Numero d'ordine !![[File:Wikibooks-logo.svg|30px]] '''SERIE DELLE INTERPRETAZIONI''' [[File:Wikibooks-logo.svg|30px]]!! Stage
|-
| 1 || '''''[[L'invenzione della scienza|L'invenzione della scienza (ovvero "La laguna aristotelica")]]'''''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2015|breve}}
|-
| 2 || '''''[[Leonardo da Vinci|Leonardo da Vinci – L'espressione del genio]]'''''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2019|breve}}
|-
| 3 || '''''[[Valore della storia|Il valore della Storia – Formati storici e modelli alternativi]]'''''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}}
|-
| 4 || '''''[[Iconografia intellettuale|Iconografia intellettuale – Filosofi antichi e moderni interpretati dalle immagini]]'''''
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}}
|-
| 5 || '''''[[Interpretazione e scrittura dell'Olocausto ]]''''' – Narrazioni drammatiche e storiche di una catastrofe
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|marzo 2020|breve}}
|-
| 6 || '''''[[Interpretare Gesù in contesto ]]''''' – Ebraismo rabbinico e Nuovo Testamento
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|-
| 7 || '''''[[Immagini interpretative del Gesù storico]]''''' – Un ebreo carismatico in Galilea
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|-
| 8 || '''''[[Cambiamento e transizione nell'Impero Romano]]''''' – Trasformazione nella società romana del III secolo
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|-
| 9 || '''''[[Interpretazione della realtà]]''''' – Percezioni e consapevolezza individuale
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2022|breve}}
|-
| 10 || '''''[[Il significato della vita]]''''' – Eudaimonia e lo stato mentale della felicità
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| 11 || '''''[[Esistenzialismo shakespeariano]]''''' – William Shakespeare e la filosofia esistenziale
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| 12 || '''''[[Sorpresa]]!''''' – Israele e la Guerra dello Yom Kippur
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|-
| 13 || '''''[[Storia e memoria]]''''' – Il ruolo del passato nella costruzione dell'identità ebraica
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2022|breve}}
|-
| 14 || '''''[[Rivelazione e impegno esistenziale]]''''' – Il testo sacro come guida di vita
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|agosto 2022|breve}}
|-
| 15 || '''''[[Saeculum Mirabilis]]''''' – Albert Einstein e l'internazionalismo liberale del XX secolo
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2022|breve}}
|-
| 16 || '''''[[La Coscienza di Levinas]]''''' — La filosofia di Emmanuel Levinas
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2023|breve}}
|-
| 17 || '''''[[Filosofia del Cosmo]]''''' — Universo e Mente Infinita
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2023|breve}}
|-
| 18 || '''''[[Memoria culturale e concettualizzazione antica dei sogni]]''''' — Sognare a Roma duemila anni fa
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|aprile 2023|breve}}
|-
| 19 || '''''[[Sovranità Ebraica]]''''' — Religione, Sionismo e Identità Nazionale
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2023|breve}}
|-
| 20 || '''''[[La teologia di Heschel]]''''' — Introduzione a Abraham Joshua Heschel
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|novembre 2023|breve}}
|-
| 21 || '''''[[La vita e... tutto quanto]]''''' — Scienza, Religione, Significato
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|novembre 2023|breve}}
|-
| 22 || '''''[[Protestando in musica]]''''' — Bob Dylan e la canzone di protesta
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2023|breve}}
|-
| 23 || '''''[[Reminiscenze trascorse]]''''' — Alla ricerca di ricordi e ispirazioni nel modernismo letterario
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2024|breve}}
|-
| 24 || '''''[[Ridere per ridere]]''''' — La psicologia dell'umorismo
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|febbraio 2024|breve}}
|-
| 25 || '''''[[I due mondi dell'ebraismo]]''''' — ''olam ha-zeh v’olam ha-ba'' (עולם הזה — העולם הבא)
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|marzo 2024|breve}}
|-
| 26<br/><font size=0.8>''(supplemento al nr. 24)''</font> || '''''[[Umorismo ebraico e storielle yiddish]]''''' — Manuale d'uso
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|aprile 2024|breve}}
|-
| 27 || '''''[[Nostalgia poetica]]''''' — L'esperienza nostalgica nella narrativa moderna
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|marzo 2025|breve}}
|-
| 28 || '''''[[Connessioni]]''''' — Ebraismo, antisemitismo e Shoah
| style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2025|breve}}
|-
| 29 || '''''[[Una storia dell'ebraismo]]''''' — Origini & Sviluppi Antichi
| style="text-align: center;" | {{Stage|25%|luglio 2025|breve}}
|}
{{Nota
|allineamento = centro
|larghezza = 100%
|titolo = [[Image:PD-icon.svg|20px|Public domain]] Sotto lo pseudonimo [[Utente:Monozigote|Monozigote]] rilascia in dominio pubblico tutti i suoi scritti su Wikibooks [[File:Wikibooks-logo-it.svg|20px|Wikibooks]]
|contenuto = Nella maggior parte dei wikilibri in tabella, le citazioni estese da fonti secondarie in {{Lingue|de|el|en|es|fr|he|la}} sono lasciate nell'originale — nel caso di problemi nella visualizzazione dei caratteri nel testo, si consulti comunque la pagina [[Aiuto:Unicode|Unicode]].
}}
[[Categoria:Serie delle interpretazioni]]
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Connessioni
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Monozigote
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libro completato
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wikitext
text/x-wiki
<div style="text-align:center">
[[File:Wikibooks-logo.svg|40px|Wikibook]]<br/>
''Benvenuta/o nel wikibook:''
</div>
<div style="text-align:center"><span style="font-size: 1.8em;">'''CONNESSIONI'''</span>
<span style="font-size: 1.0em;">'''''EBRAISMO, ANTISEMITISMO E SHOAH'''''</span>
<br/>
{{-}}
''[[Serie delle interpretazioni|Nr. 28 della Serie delle interpretazioni]]''
{{-}}
<span style="font-size: 1.25em;">''Autore:'' '''[[Utente:Monozigote|Monozigote]] 2025'''</span>
{{-}}
<br/>
[[File:Leningrad Codex Folio 474a.jpg|600px|center|Leningrad Codex Folio 474a]]
</div>
== Indice ==
[[File:V08p532001 Mezuzah.jpg|150px|left|Connessioni]]
[[File:V08p532001 Mezuzah.jpg|150px|right|Connessioni]]
'''{{Modulo|Connessioni/Copertina|Copertina}}'''<br/>
:☆ — {{Modulo|Connessioni/Introduzione|Introduzione: Chiarire le connessioni}}
:;PARTE I – EBRAISMO
:☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 1|Capitolo 1: Cosa fa dell'ebreo un ebreo?}}
:☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 2|Capitolo 2: Lo straniero, mio fratello}}
:☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 3|Capitolo 3: L'esilio e il movimento del ritorno}}
:☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 4|Capitolo 4: Una riflessione sul Messia}}
:;PARTE II – ANTISEMITISMO
:☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 5|Capitolo 5: Il perché dell'antisemitismo}}
:☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 6|Capitolo 6: Parola, Sangue, Redenzione: l'essenza dell'antisemitismo}}
:☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 7|Capitolo 7: Antisionismo: un antisemitismo moralmente richiesto}}
:☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 8|Capitolo 8: Jihadismo islamico: l'eredità dell'antisemitismo nazista}}
:;PARTE III – SHOAH
:☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 9|Capitolo 9: Il fondamento filosofico dell'Olocausto}}
:☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 10|Capitolo 10: Uccidere Dio}}
:☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 11|Capitolo 11: La rielaborazione nazista dell'immagine e della somiglianza: il ''Muselmann''}}
:☆ — {{Modulo|Connessioni/Capitolo 12|Capitolo 12: Il recupero di un nome dopo l'aggressione al Nome: la testimonianza di diari e memorie}}
'''{{Modulo|Connessioni/Bibliografia|Bibliografia scelta}}'''
{{-}}
== PREFAZIONE ==
{{Vedi anche|Interpretazione e scrittura dell'Olocausto|Shoah e identità ebraica|Il Chassidismo di Elie Wiesel|Storia e memoria}}
Sebbene questo mio libro si basi su molti anni di ricerca su [[w:ebraismo|ebraismo]], [[w:antisemitismo|antisemitismo]] e [[Shoah|Olocausto]], si tratta, come suggerisce il titolo, più di una riflessione filosofica e religiosa che di un'indagine accademica, almeno nel senso comune del termine. Se l'integrazione di centinaia di testi e prove in un'analisi è il segno distintivo di ciò che potrebbe essere considerato "accademico", allora si tratta, a tutti gli effetti, di un'opera accademica. Ha un approccio interdisciplinare, che attinge a storia, religione, letteratura e filosofia. È, in un certo senso, il prodotto di una certa frustrazione, ovvero l'assenza di un serio impegno con l'ebraismo nello studio dell'antisemitismo e dell'Olocausto, quando è proprio l'ebraismo a definire chi sono gli ebrei.
Nel mio lavoro, sia nello studio dell'antisemitismo che in quello della [[Olocausto]], sono sempre partito da una premessa che prende sul serio l'ebraismo. Anzi, alcuni lettori mi accusano di prenderlo un po' troppo sul serio. Ho scoperto che non solo esiste una forma di studi sull'Olocausto ''Judenrein'' – quelli che chiamo studi sull'Olocausto senza Olocausto – ma esiste anche il fenomeno degli studi sull'antisemitismo senza gli ebrei. Si tratta di studi che ridurrebbero l'antisemitismo a un altro caso di razzismo o bigottismo, offrendo spiegazioni sociologiche, storiche, culturali o psicologiche, tutte cose che, a mio avviso, ignorano l'Eterno nell'Eterno Ebreo, quelle che chiamo le origini metafisiche dell'antisemitismo, radicate nell'ebraismo. Per ebraismo non mi riferisco alla causa, ma al bersaglio, ovvero l'insegnamento e la testimonianza millenari del popolo ebraico che l'antisemita vorrebbe eliminare dal mondo. Questo, credo, contribuisce a spiegare l'assenza di sovrapposizione tra gli studiosi che si occupano dei due campi di studio, minimizzando l'ebraismo, la [[Torah]], che definisce gli ebrei. In ogni caso, molti di noi rifuggono dagli insegnamenti della Torah che ci impongono un giudizio.
Da qui, a mio avviso, la necessità di queste riflessioni sulle connessioni. Una caratteristica importante del wikilibro, che lo distingue dagli altri, risiede nella matrice di interconnessioni tra i Capitoli. I quattro Capitoli di ciascuna delle tre Sezioni/Parti del testo sono disposti in una sequenza parallela, che va dalle origini metafisiche alle caratteristiche distintive, quindi dalle sfide fondamentali ai risultati finali. Ciò è visibile nello schema seguente, che scorre i Capitoli in ordine verticale, dall'1 al 4, dal 5 all'8 e dal 9 al 12. Poiché i Capitoli di ciascuna Sezione sono disposti in modo parallelo, possono anche essere letti orizzontalmente, procedendo da sinistra a destra:
<center>
{| class="wikitable"
|-
| [[Connessioni/Capitolo 1|1: Cosa fa dell'ebreo un ebreo?]] || [[Connessioni/Capitolo 5|5: Il perché dell'antisemitismo]] || [[Connessioni/Capitolo 9|9: Filosofia e Olocausto]]
|-
| [[Connessioni/Capitolo 2|2: Lo straniero, mio fratello]] || [[Connessioni/Capitolo 6|6: Parola, Sangue, Redenzione]] || [[Connessioni/Capitolo 10|10: Assalto a Dio]]
|-
| [[Connessioni/Capitolo 3|3: Esilio e ritorno]] || [[Connessioni/Capitolo 7|7: Antisionismo]] || [[Connessioni/Capitolo 11|11: Il ''Muselmann'']]
|-
| [[Connessioni/Capitolo 4|4: Il Messia]] || [[Connessioni/Capitolo 8|8: Antisemitismo jihadista]] || [[Connessioni/Capitolo 12|12: Il recupero del Nome]]
|}
</center>
La questione di cosa renda gli ebrei ebrei è legata al perché dell'antisemitismo, che a sua volta è legato alle categorie filosofiche di pensiero che hanno contribuito all'Olocausto. Lo status dello straniero è connesso all'appropriazione della Parola Sacra e alla purezza del sangue che caratterizza l'antisemitismo; l'attacco allo straniero e alla parola si manifesta nell'Olocausto stesso come un attacco al Santo. La condizione dell'esilio e il ritorno a Sion costituiscono il contesto dell'antisionismo; poiché il ritorno a Sion è un ritorno alla Torah che "uscirà da Sion" ({{passo biblico2|Isaia|2:3}}), esso è un'affermazione della dignità dell'essere umano, che è stata sottoposta a un attacco radicale nella creazione del ''[[w:Muselmann|Muselmann]]''. E la venuta del Messia è parallela alla visione escatologica dei [[w:jihādismo|jihadisti]], poiché il popolo ebraico si trova di fronte a un recupero dell'identità ebraica e del Santo Nome all'indomani della [[Shoah]]. Pertanto, questo mio libro può essere letto sia verticalmente che orizzontalmente, come indicato nella succitata matrice.
Ancora una volta, lo studio è caratterizzato tanto dalla riflessione e dall'esplorazione quanto dalla risoluzione e dall'argomentazione, tanto dalla ricerca e dalle domande quanto dalle spiegazioni e dalle risposte. Se posso rivolgermi anche qui all'ebraismo, abbiamo un insegnamento secondo cui Dio dimora nell’''el'' della ''shelah'' (שֶׁלַח), della "domanda", e non nelle formule fisse o nelle risposte pronte che potrebbero risolvere le cose. Non c'è alcun ''[[w:Come volevasi dimostrare|QED]]'' qui, nessun ''quod erat demonstrandum''. Formule fisse e risposte pronte caratterizzano il discorso dell'antisemitismo che appartiene agli assoluti del pensiero jihadista e che trova la sua Soluzione Finale nell'Olocausto. Pertanto, in linea con questo insegnamento della tradizione, la mia speranza è che queste riflessioni siano più inquietanti che rassicuranti. Perché non c'è incontro con la Verità che non si traduca in un turbamento del testimone.
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo}}
{{Nota
|allineamento = centro
|larghezza = 100%
|titolo = [[Image:PD-icon.svg|20px|Public domain]] Sotto lo pseudonimo [[Utente:Monozigote|Monozigote]] rilascia in dominio pubblico tutti i suoi scritti su Wikibooks [[File:Wikibooks-logo-it.svg|20px|Wikibooks]]
|contenuto = Si consiglia questo ''wikilibro'' a lettori con buona conoscenza dell'[[w:ebraismo|ebraismo]] e delle lingue {{Lingue|de|el|en|es|fr|he|la|yi}}. Le citazioni estese in queste lingue sono lasciate nell'originale — nel caso di problemi nella visualizzazione dei caratteri nel testo, si consulti la pagina [[Aiuto:Unicode|Unicode]].
}}
[[Categoria:Connessioni]]
[[Categoria:Serie delle interpretazioni]]
[[Categoria:Serie misticismo ebraico]]
[[Categoria:Filosofia]]
[[Categoria:Religione]]
[[Categoria:Sociologia]]
[[Categoria:Storia]]
[[Categoria:Dewey 120]]
[[Categoria:Dewey 188]]
[[Categoria:Dewey 296]]
[[Categoria:Dewey 390]]
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Monozigote
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/* BIBLIOGRAFIA SCELTA */ link
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{{Connessioni}}
{{Immagine grande|Torah cover Brooklyn Museum.jpg|740px|}}
== BIBLIOGRAFIA SCELTA ==
{{Vedi pedia|Libri di memorie sull'Olocausto|Diari dell'Olocausto|Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea}}
{{Vedi anche|:en:w:Bibliography of Nazi Germany|:en:w:Template:The Holocaust|:en:w:Template:Antisemitism footer|:en:w:Template:Massacres or pogroms against Jews|etichetta1=Bibliography of Nazi Germany|etichetta2=Template:The Holocaust|etichetta3=Template:Antisemitism|etichetta4=Template:Massacres or pogroms against Jews}}
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Connessioni/Capitolo 12
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{{Immagine grande|Buchenwald Slave Laborers Liberation.jpg|740px|[[w:Campo di concentramento di Buchenwald|Campo di concentramento di Buchenwald]], foto scattata il 16 aprile 1945, cinque giorni dopo la liberazione del campo. [[Elie Wiesel]] è nella seconda fila a partire dal basso, il settimo da sinistra.}}
== Il recupero di un nome dopo l'aggressione al Nome: la testimonianza di diari e memorie ==
{{Vedi anche|Shoah e identità ebraica|etichetta1=Shoah e identità ebraica: l'Olocausto nella letteratura di Primo Levi e Elie Wiesel}}
Nel cuore della notte, mentre Giacobbe stava per partire andando a riconciliarsi con suo fratello Esaù e tornare alla sua terra natale, l'Angelo della Morte si abbatté su di lui e i due lottarono fino all'alba. Giacobbe vinse l'Angelo e non lo lasciò andare finché non ottenne una benedizione dall'essere ultraterreno. La benedizione iniziò con una domanda: "Qual è il tuo nome?"
E l'uomo rispose: "Giacobbe".
Al che l'Angelo della Morte rispose: "Non ti chiamerai più Giacobbe. D'ora in poi ti chiamerai Israele, perché hai lottato contro Dio e contro l'umanità, e hai vinto" (cfr. {{passo biblico2|Genesi|32:25-31}}).
Cosa può significare per Giacobbe aver "lottato contro Dio [''Elokim''] e l'umanità"? Il [[Chabad-Lubavitch|Rabbi di Lubavitch]], [[w:Menachem Mendel Schneerson|Menachem M. Schneerson]], ז״ל, spiega:
{{citazione|“Elokim” in this context means “angels” [cf. ''Talmud Bavli, Chullin'' 92a], and generally connotes the “seventy heavenly princes” through whom flow the Divine emanations which sustain physical existence, and who thereby act to conceal Godliness. “Men” signifies a still greater concealment, for men are capable of denigrating the Jew for performing God’s will, and this is a harder concealment to bear. For this reason, the first paragraph of the entire Shulchan Aruch warns us “not to be ashamed of men who ridicule.” And this is the basis of the whole of a Jew’s service – to break down the concealment of God.|[[w:Menachem Mendel Schneerson|Menachem M. Schneerson]], ''Torah Studies'', adattato da [[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]], 2a ed. (London: Lubavitch Foundation, 1986), 45}}
Mai come ai tempi dell'Olocausto, la denigrazione dell'ebreo da parte degli uomini fu più pronunciata. E mai come ai tempi dell'Olocausto, l'occultamento di Dio fu più grande. Come può un ebreo nell'era post-Olocausto penetrare l'occultamento di Dio, di Colui che chiamiamo "il Nome"? Recuperando il proprio nome, il nome di Israele, conferito a ogni anima ebrea prima del suo ingresso in questo reame.
Un'altra domanda sorge nel racconto della lotta di Giacobbe con l'Angelo: cosa significa dire che egli vinse/prevalse sull'Angelo della Morte? Il termine ebraico è ''vatukhal'', affine a ''takhlit'', che significa "scopo" o "proposito". Vale a dire: Egli ricevette un nuovo significato e una nuova missione, una nuova anima, lottando per ottenere un nuovo nome dall'Angelo. Qual è, dunque, la differenza tra Giacobbe e Israele? Il salmista lo afferma in questo modo: "Egli [Dio] ha stabilito una testimonianza [''edut''] in Giacobbe e ha posto un insegnamento [''Torah''] in Israele" ({{passo biblico2|Salmi|78:5}}). Nella lotta abbiamo la testimonianza; nel nome abbiamo l'insegnamento. La testimonianza o ''edah'' è una testimonianza dello ''yaad'', lo "scopo" o la "missione" per cui siamo creati. ''Edah'' può anche significare "comunità" o "incontro", come nell’''Ohel Moed'' o "Tenda del Convegno" ({{passo biblico2|Esodo|33:7}}). Non c'è comunità senza testimonianza, non c'è testimonianza senza incontro, e la testimonianza riguarda qualcosa in merito alla natura dell'abitare in comunità; in effetti, ogni abitare nasce in una comunità di incontro. Impegnarsi nella testimonianza centrale della comunità significa rispondere: "Eccomi", in reazione al comandamento di prendersi cura del bisogno dell'altro essere umano. Un membro di un’''edah'' o comunità, quindi, è un ''ed'' o un "testimone" di un comandamento o "precetto di Dio", che è ancora un altro significato di ''edah'', e senza il quale non abitiamo in una comunità, ma solo in un'inevitabilmente vana lotta per la sopravvivenza, poiché nessuno ne esce vivo. Questo abitare è il "destino", lo ''yiud'', un altro affine di ''edah'', della Casa di Giacobbe.
E la [[Torah]] o l'"insegnamento" che si trova in ''Yisrael''? È un insegnamento che ci insegna a lottare, come suggerisce il nome ''Yisrael'', "colui che lotta con Dio". Senza la Torah, non c'è lotta per ottenere un nome dal Nome, che è Torah. Dice lo ''[[Zohar]]'': "Tutta la Torah è un involucro del Nome Divino, il Nome più eccelso, il Nome che comprende tutti gli altri nomi" (''Zohar'' II 124a). Non studiamo la Torah, lottiamo con essa. L'insegnamento, la Torah, è sia una chiamata che una benedizione. Lottando per ottenere una benedizione dall'Angelo, Giacobbe raggiunse il significato e lo scopo – ottenne un insegnamento, una Torah – ottenendo un nome, il nome Israele. Essere benedetti significa essere benedetti non con la fortuna, ma con il significato, con una chiamata. Così, ricevendo il nome di Israele, Giacobbe ricevette una chiamata. Ciò significa: per raggiungere il nome di Israele, l'ebreo deve vivere secondo la Torah, che è il Nome.
Come abbiamo visto, il tempo dell'Olocausto fu un'epoca di aggressione all'anima di Israele, anima conquistata come benedizione e nome. Pertanto, l'afflizione nazista dell'anima ebraica comportò un attacco alla benedizione e al nome, sia umani che divini. Il Rabbi di Shilev comprese questo punto anche mentre lui e i suoi confratelli ebrei attendevano il loro turno per le camere a gas di Birkenau: "Non vedi", si rivolse a un uomo di nome Ferber, "lo spirito di Dio che aleggia qui ora sopra questa Distruzione e questa Creazione? Non senti che Giacobbe – nelle nostre ossa – ora lotta con l'Angelo? Noi siamo il tendine della sua vena femorale in questa lotta!"
E Ferber gli chiese: "Rabbi di Shilev, per amore di chi Giacobbe lotta con l'Angelo, se i suoi figli non attraversarono il fiume, ma rimasero qui nell'oscurità della notte?"
E il Rabbi rispose: "Dall'oscurità stessa di questa notte Giacobbe tirerà fuori il nome ‘Israele!’"<ref>Ka-tzetnik 135633, ''Kaddish'', trad. Nina De-Nur (New York: Algemeiner Associates, 1998), 97–98.</ref> E dall'oscurità di quelle ceneri. Perché lo ''[[Zohar]]'' ci dice che la polvere sollevata quando Giacobbe strappò all'Angelo il nome "Israele" "non era polvere comune, ma cenere, residuo di fuoco" (''Zohar'' I 170a), lanciata al vento e riversata nei fiumi per essere sparsa sulla faccia della terra.
I campi e i ghetti dell'universo concentrazionario sono stati smantellati, ma resta da vedere se Giacobbe riuscirà davvero a strappare una benedizione e un nome all'Angelo della Morte: la lotta per una benedizione e un nome – per un ricordo e un nome, uno ''yad vashem'' – continua. Ricordiamo le parole di [[Primo Levi]]: "Ci toglieranno persino il nome, e se vogliamo conservarlo, dovremo trovare la forza di farlo".<ref>Primo Levi, ''Se questo è un uomo, ad loc.''</ref> Forse in nessun altro momento della nostra storia millenaria un ebreo ha fatto un'affermazione come quella contenuta nel documentario israeliano ''Pillar of Fire (Pilastro di Fuoco)'' (1981): "My name, when I can remember it, is...". ''When I can remember it...!'' Quando riesco a ricordarlo! Com'è possibile che una persona possa dimenticare il proprio nome? Eppure questo è esattamente ciò che i nazisti escogitarono nella loro cancellazione dell'anima del popolo ebraico: la cancellazione del nome e della memoria del Nome, nello strappo del nome dall'anima.
=== Il numero e il nome ===
{{Vedi anche|:en:w:List of Holocaust diarists|:en:w:List of posthumous publications of Holocaust victims|etichetta1=List of Holocaust diarists|etichetta2=List of posthumous publications of Holocaust victims}}
Questa lacerazione del nome dall'anima assunse la sua prima forma concreta nel 1938, quando i nazisti aggiunsero il nome ''Israele'' a ogni maschio ebreo e il nome ''Sarah'' a ogni femmina ebrea in Germania. Nel primo caso abbiamo l'obliterazione del nome di un popolo, nel secondo l'obliterazione della sua origine. Secondo una tradizione ebraica che ho ricevuto da uno dei miei insegnanti, madri e padri non inventano nomi per i propri figli; piuttosto, viene loro concesso un momento di intuizione profetica, quando viene rivelato loro quale nome Dio ha pronunciato nella creazione di quest'anima. Così, presumendo di dare un nome agli ebrei di Germania, i nazisti compiono un altro passo verso l'usurpazione del Nome.
Il ricordo dell'aggressione all'anima attraverso l'aggressione al nome è centrale nella testimonianza di molti sopravvissuti ai campi. [[w:Germaine Tillion|Germaine Tillion]] (1907-2008) ricorda di essere stata privata del suo nome all'arrivo a [[w:campo di concentramento di Ravensbrück|Ravensbrück]]: "Tutto ciò che avevamo ora erano pochi stracci sporchi che non ci appartenevano - e un numero".<ref>Germaine Tillion, ''Ravensbrück'', trad. {{en}}Gerald Satterwhite (Garden City, NY: Doubleday, 1975), 6 - mia trad{{it}}</ref> La tradizione ebraica insegna che il nome e l'anima, il nome e la persona, sono un pezzo unico.<ref>Cfr. per esempio, ''Sefer Chasidim'' (244) del saggio medievale Rabbi Yehuda HeChasid; cfr. anche Nachman di Breslov, ''Tikkun'', trad. {{en}}Avraham Greenbaum (Jerusalem: Breslov Research Institute, 1984), 103.</ref> Forzare il numero nel corpo, sotto la pelle e indelebilmente nel nucleo del corpo, prosciuga il corpo della sua anima. Nelle sue memorie, Sara Nomberg-Przytyk afferma altrettanto: "Ad Auschwitz eravamo solo numeri, senza volto né anima".<ref>Sara Nomberg-Przytyk, ''Auschwitz: True Tales from a Grotesque Land'', trad. {{en}}Roslyn Hirsch (Chapel Hill: University of North Carolina Press, 1985), 15 - mia trad{{it}}.</ref> E così, attraverso il numero, i nazisti trasformarono l'ebreo in uno ''Stück'', cioè un "pezzo" o un'"unità".<ref>Cfr. ''Ibid.''.</ref> Nel gergo del Partito, ad Auschwitz gli esseri umani non venivano assassinati: le "unità" numerate venivano semplicemente "processate".
Riducendo la persona a nient'altro che un oggetto di cui disporre, il numero è la prima arma sguainata nella guerra ontologica per uccidere l'essere umano, annientando ogni benedizione che derivi dall'al di là dell'essere. Come insegna il Talmud: "La benedizione non si trova in qualcosa di pesato, né in qualcosa di misurato, né in qualcosa di contato" (''Bava Metzia'' 42a). E i numeri sono precisamente il linguaggio – o l'antilinguaggio – del pesare, del misurare e del contare. Privato del suo nome e marchiato con un numero, l'essere umano viene privato della sua vita e della sua umanità. "Un numero di serie", afferma Sim Kessel (n. 1919) nelle sue memorie, "ti dispensa dall'aver avuto un nome, dall'aver avuto un'anima, dall'aver avuto una vita".<ref>Sim Kessel, [https://www.google.co.uk/books/edition/Hanged_at_Auschwitz/XdsWAQAAIAAJ?hl=en ''Hanged at Auschwitz''], trad. Melville Wallace e Delight Wallace (New York: Stein and Day, 1972), 169 - mia trad{{it}}.</ref> Così, cercando di recuperare la propria umanità, gli autori di numerose memorie si sono proposti di recuperare un nome ricordando un numero. Per esempio:
<blockquote>
[[Elie Wiesel|ELIE WIESEL]]: Divenni A-7713. Dopo di che non ebbi nessun altro nome."<ref>[[Elie Wiesel]], ''Night'', trad. Stella Rodway (New York: Hill and Wang, 1961), 51.</ref>
[[w:Miklós Nyiszli|MIKLÓS NYISZLI]]: "Dall'ora in poi sarei semplicemente stato il prigioniero KZ numero A 8450."<ref>Miklós Nyiszli, ''Auschwitz: A Doctor’s Eyewitness Account'', trad. Tibere Kremer e Richard Seaver (New York: Fawcett Crest, 1960), 26.</ref>
[[w:Sara Zyskind|SARA ZYSKIND]]: "Il mio era 55091 – il mio nuovo nome dall'ora in poi."<ref>Sara Zyskind, ''Stolen Years'', trad. Margarit Inbar (Minneapolis: Lerner, 1981), 211.</ref>
[[w:Alexander Donat|ALEXANDER DONAT]]: "Guardai il mio numero: 7115. Da quel momento smisi di essere un uomo."<ref>Alexander Donat, ''The Holocaust Kingdom'' (New York: Holocaust Library, 1978), 168.</ref>
[[w:Rudolf Vrba|RUDOLF VRBA]]: "Quella fu davvero l'ultima volta che usai il mio nome... perché ora ero il prigioniero numero 44070."<ref>Rudolf Vrba con Alan Bestic, ''I Cannot Forgive'' (New York: Bantam, 1964), 78–79.</ref>
[[:en:w:Nathan Shapell|NATHAN SHAPELL]]: "Un ago sporco... cancellò Natan Schapelski dalla razza umana e diede vita all'Häftling 134138."<ref>Nathan Shapell, ''Witness to the Truth'' (New York: David McKay, 1974), 116.</ref>
[[:en:w:Olga Lengyel|OLGA LENGYEL]]: "Ero il numero ‘25403’. Ce l’ho ancora sul braccio destro e lo porterò con me nella tomba."<ref>Olga Lengyel, ''Five Chimneys'' (London: Granada, 1972), 116.</ref>
MOSHE SANDBERG: "Cessammo di essere esseri umani con cognomi... Nella mia metamorfosi ero il numero 124753."<ref>Moshe Sandberg, ''My Longest Year'', trad. S. C. Hyman (Jerusalem: Yad Vashem, 1968), 55.</ref>
</blockquote>
"Cessato di essere un uomo", "cancellato dalla razza umana", "cessato di essere un essere umano": la memoria si aggrappa a queste frasi nel tentativo di articolare la morte che il sopravvissuto attraversa, poiché lo segue dall'enorme fossa comune che era il pianeta Auschwitz fino alla sua tomba. Con inciso il numero, l'essere umano non "sperimenta" l'Olocausto, nella misura in cui, in un senso importante, non lo vive; piuttosto, l'Olocausto "sperimenta" e vive attraverso l'essere umano, diventando parte della sua essenza per sempre. Egli lascia Auschwitz, ma non la lascia indietro: il prigioniero non è ad Auschwitz – Auschwitz è nel prigioniero. Nelle sue memorie, Judith Dribben spiega: "Once the number was there, there was no chance to escape. It bound us more strongly than any chain. It was something that could only be removed together with a piece of flesh". <ref>Judith Dribben, ''And Some Shall Live'' (Jerusalem: Keter, 1969), 185.</ref>
Se Auschwitz è nel prigioniero, i morti sono in tutti noi. Ricordate il [[w:disastro di Černobyl'|disastro di Chernobyl il 26 aprile 1986]], quando una nube di materiale radioattivo fu rilasciata nell'aria dal camino di una centrale nucleare? Due settimane dopo, i livelli di radiazione nel [[w:Montana|Montana]] erano elevati. In effetti, si possono determinare i livelli di inquinamento atmosferico per un dato anno prendendo un campione di neve e ghiaccio dall'[[w:Antartide|Antartide]]. Antartide! Al tempo dell'Olocausto, il fumo dei morti ebrei si è alzato nell'aria non per un giorno, ma per mille giorni, non da un solo camino, ma da decine. I venti hanno sparso le ceneri del corpo di Israele sulla faccia della terra, da est a ovest, da un polo all'altro. Abitano il suolo da cui raccogliamo il nostro pane. Rimangono nel pane che mettiamo in bocca. In una cupa unione eucaristica ci leghiamo a quelle ceneri ogni volta che mettiamo in bocca un pezzo di pane. Come siamo fatti di quel pane, così siamo fatti di quelle ceneri: siamo la tomba per coloro a cui è stata negata una tomba.
[[w:Arnošt Lustig|Arnošt Lustig]] lo afferma in modo più eloquente di me:
{{citazione|These ashes would be indestructible and immutable, they would not burn up into nothingness because they themselves were remnants of fire... No one living would ever be able to escape them; these ashes would be contained in the milk that will be drunk by babies yet unborn and in the breasts their mothers offer them... These ashes will be contained in the breath and expression of every one of us and the next time anybody asks what the air he breathes is made of, he will have to think about these ashes; they will be contained in books which haven’t been written and will be found in the remotest regions of the earth where no human foot has ever trod; no one will be able to get rid of them, for they will be the fond, nagging ashes of the dead who died in innocence.|[[:en:w:Arnošt Lustig|Arnošt Lustig]], ''[[:en:w:A Prayer for Katerina Horovitzova|A Prayer for Katerina Horovitzova]]'', trad. Jeanne Němcová (New York: Harper & Row, 1973), 50–51}}
E nel loro tormento persiste una domanda assillante: qual è il tuo nome? Essendo diventati un veicolo dei morti, scopriamo che l'Angelo della Morte è diventato il nostro compagno costante.
E così lottiamo con l'Angelo dai Mille Occhi, l'Angelo giallo come la stella che i nazisti impressero sugli ebrei.<ref>Saadia Gaon, ''The Book of Belief and Opinions'', trad. Samuel Rosenblatt (New Haven, CT: Yale University Press, 1976), 255–256; cfr. anche Talmud, trattato ''Avodah Zarah'', 20b.</ref> Solo che questa volta l'Angelo non viene per prenderci, ma per lasciarci con occhi nuovi, attraverso i quali possiamo guardare nello specchio della nostra anima. Con tutti i suoi occhi fissi su di noi, l'Angelo pone la stessa domanda che pose a Giacobbe quando lottarono fino all'alba: "Qual è il tuo nome?". Nel nostro cognome è iscritto il nostro passato; nel nostro primo nome dimora il nostro futuro. Ma cosa sappiamo, in realtà, quando conosciamo il nostro nome? Conoscere il nostro nome significa conoscere i nomi di coloro che ci conferiscono un nome, i nomi di nostra madre e di nostro padre. Significa conoscere una tradizione portata da coloro che hanno avuto i nostri nomi prima di noi; significa conoscere un insegnamento che ospita la nostra missione nella vita, come inscritto nel nostro nome; significa riconoscere che siamo chiamati per nome e dobbiamo rispondere al nostro nome. Chiedendoci il nome, l'Angelo stabilisce qualcosa del nostro essere che è intimamente legato al nostro agire: conoscere il nostro nome, come conoscere Dio, significa sapere cosa si deve fare.
Mentre l'Angelo lottava con Giacobbe, il ''Midrash'' narra che "egli mise il dito sulla terra, e la terra cominciò a sprizzare fuoco. Giacobbe gli disse: ‘Vuoi spaventarmi con questo? Perché io sono tutto di quella materia!’ Così sta scritto: E la casa di Giacobbe sarà un fuoco ({{passo biblico2|Abdia|1:18}})" (''Bereshit Rabbah'' 77:2). Certo, i figli di Giacobbe sono fatti di quella materia. Proprio come la Torah è fatta di fuoco nero su fuoco bianco (''Tanchuma Bereshit'' 1; ''Devarim Rabbah'' 3:12; ''Shir HaShirim Rabbah'' 5:11:6; ''Zohar'' II 226b), così il fuoco "costituisce la base dell'anima", come attesta Rabbi Chayim ben Attar (''Or HaChayim'' su {{passo biblico2|Genesi|3:2}}). Dopo Auschwitz, quel fuoco assume una nuova dimensione. Nella lotta post-Olocausto con l'Angelo, la terra erutta in un fuoco strano, un fuoco di cui ora siamo fatti. Proprio come Giacobbe lottò per ottenere un nome dall'Angelo, ora dobbiamo lottare per ottenere un nome dal fuoco che avrebbe consumato il Nome. Così possiamo comprendere meglio almeno un'implicazione dell'intuizione di [[Elie Wiesel]] secondo cui il fuoco era l'immagine dominante dell'Evento.<ref>Elie Wiesel, ''Evil and Exile'', trad. Jon Rothschild (Notre Dame: University of Notre Dame Press, 1990), 39.</ref> È un'immagine dominante perché si trova al centro del compito che si presenta alla nostra anima mentre continuiamo a lottare con l'Angelo a Peniel. E, come osserva il [[:en:w:Rashbam|Rashbam, Rabbi Shmuel ben Meir]], nel suo commentario a {{passo biblico2|Genesi|32}}, sapere che il nostro nome è Israele significa conoscere non solo la nostra identità, ma anche la sua ineluttabilità, che è l'ineluttabilità della lotta con Dio e l'umanità.<ref>Jonathan Sacks, ''Crisis and Covenant: Jewish Thought after the Holocaust'' (Manchester, Eng.: Manchester University Press, 1992), 274.</ref> Quando arriverà l'alba, nessuno lo sa. Ma è chiaro che dobbiamo lottare finché non arriverà e meritare così la benedizione e il nome di Israele.
=== La convocazione del nome ===
Se non conosce altro, l'ebreo però sa che, a meno che non venga chiamato a questa resa dei conti, non solo la sua vita è priva di significato, ma è impossibile vivere alla ricerca di un qualsiasi significato. Lottare con l'Angelo è pieno di pericoli; come suggerisce la storia di Giacobbe a Peniel, nessuno ne esce indenne. Forse è per questo che siamo così riluttanti a entrare nella mischia e scegliamo invece di seguire i venti della moda e di [[w:moda passeggera|trend passeggeri]]. Ricordiamo che ai tempi del Terzo Reich l'antisemitismo era di moda nelle aule accademiche quanto nelle birrerie. Come abbiamo visto nei Capitoli precedenti, l'antisemitismo odierno, di moda e persino moralmente imposto, assume spesso la forma di un attacco a Israele. L'ironia nel criticare il nome che siamo chiamati a strappare all'Angelo è travolgente. Ci dice che la posta in gioco degli ebrei nel recupero di un nome dopo l'assalto al Nome va oltre qualsiasi cosa superficiale come "autostima" o "autoaffermazione"; si tratta di una salvezza comunitaria, di una riparazione della Creazione stessa. Perché la Creazione è fatta del Nome.
Un criterio per riparare il mondo dopo l'Evento che lo distrusse è stabilito dall'interno dell'Evento stesso, nell'esempio dei diaristi dell'Olocausto. Lungi dall'essere un resoconto quotidiano degli eventi del giorno, questi diari sono una testimonianza offerta in risposta a una convocazione che coinvolge chiunque ne apra le pagine, che miracolosamente giungono nelle nostre mani. Proprio come Giacobbe lottò nel cuore di una notte terribile, così gli ebrei scrissero i loro diari nel cuore della notte, sotto pena di morte, in segreto, tormentati dalla stanchezza e dalla fame. Tuttavia, in qualche modo, queste grida lontane di "Eccomi!" e "Dove sei?" ci pongono ora la domanda dell'Angelo: Qual è il tuo nome? Il recupero del nome dopo la sua cancellazione comporta la lotta per restituire significato alla parola dopo l'assalto alla parola. Attraverso le loro stesse parole, i diaristi intrapresero tale riparazione della parola, che è una riparazione del Nome. Il Santo Nome li convoca, convoca tutti noi, a tale riparazione.
La tradizione ebraica insegna che le parole decidono non solo la verità, ma anche la vita e la morte; proprio come "morte e vita sono in potere della lingua" ({{passo biblico2|Proverbi|18:21}}), così la vita dell'anima, la ''neshamah'', è insita nel respiro, la ''neshimah'', su cui vibra la parola. Affrontando la parola, i diaristi dell'Olocausto affrontano la vita dell'anima che è fatta del nome e che era minacciata a ogni passo. Come gli operai che, secondo il Talmud, scendevano occasionalmente nel Santo dei Santi in ''tevot'', o casse, per effettuare riparazioni (cfr. ''Midot'' 37a), anche questi autori scendono in ''tevot'', che significa anch'esso "parole", dove lottano per recuperare il significato della parola e il ricordo del nome. Se la chiamata a scrivere viene dall'interno, la sua voce si ode dall'aldilà. Chi chiama? È la parola stessa, il Nome stesso, sotto attacco. E chiama il testimone per nome.
In una nota del 28 febbraio 1941, [[w:Emanuel Ringelblum|Emmanuel Ringelblum]] osserva: "L'impulso a scrivere le proprie memorie è potente: lo fanno anche i giovani nei campi di lavoro".<ref>Emmanuel Ringelblum, ''Notes from the Warsaw Ghetto'', trad. e cur. Jacob Sloan (New York: Schocken Books, 1974), 133.</ref> Il diarista scrive suo malgrado. Questo è ciò che rende il diario una risposta alla chiamata del ''Nome'': contrariamente alla soddisfazione di un bisogno personale, rispondere alla Voce che comanda risiede in un movimento verso la relazione comandata con gli altri. "Perché l'altro è il cuore", scrive [[Emmanuel Levinas]], "e la bontà, dello stesso, l'ispirazione o la psiche stessa nell'anima".<ref>Emmanuel Levinas, "Substitution", trad. Alphonso Lingis, in Sean Hand, ed., ''The Levinas Reader'' (Oxford, UK: Basil Blackwell, 1989), 99 - mia trad{{it}}.</ref> E: "Il Bene assegna al soggetto, secondo una suscettibilità che non può essere presunta, l'avvicinamento all'altro, al prossimo".<ref>''Ibid.'', 112.</ref> Il diarista si avvicina al prossimo attraverso la riparazione dello strappo tra parola e significato. [[:en:w:Philip Mechanicus|Philip Mechanicus]] (1889-1944), detenuto a [[w:Campo di transito di Westerbork|Westerbork]] e poi ucciso ad Auschwitz, si rende conto di dover "registrare gli avvenimenti quotidiani per coloro che in futuro vorranno farsi un'idea di ciò che accadde qui. Quindi ho il dovere di continuare a scrivere".<ref>Philip Mechanicus, ''Year of Fear: A Jewish Prisoner Waits for Auschwitz'', trad. {{en}}Irene S. Gibbons (New York: Hawthorne, 1964), 181–182 - mia trad{{it}}</ref> Ho un dovere: scrivendo il diario dell'Olocausto, colui che è chiamato dal Nome è chiamato non come storico o giornalista, ma come essere umano, un ebreo, nel cui nome è inscritta la comandata relazione con altri esseri umani e che, attraverso tale relazione, deve rispondere al proprio nome. Vale a dire: strappano un nome all'Angelo.
La chiamata del Nome è la chiamata del Buon Nome, o il Nome del Bene, la chiamata di ''HaEl HaTov'', di Dio che è il Bene. Rispondendo per nome alla chiamata del Nome, il testimone ebreo scopre cosa significa essere scelto per nome: significa lottare per ottenere un nome dall'Angelo della Morte. Scrittori di diari come [[w:Emil Dorian|Emil Dorian]] (1893-1956)<ref>Emil Dorian, ''The Quality of Witness'', trad. Mara Soceanu Vamos, ed. Marguerite Dorian (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1982), 126.</ref> e [[w:Itzhak Katzenelson|Yitzhak Katznelson]]<ref>Yitzhak Katznelson, ''Vittel Diary'', trad. Myer Cohn, 2a ed. (Tel Aviv: Hakibbutz Hameuchad, 1972), 187.</ref> sottolineano che i nazisti avevano reso illegale la scrittura di diari e altre testimonianze ebraiche. E ora ne capiamo il motivo: i nazisti cercarono di distruggere non solo il corpo di Israele, ma anche l'anima dell'ebreo, non solo la memoria e il nome dell'ebreo, ma anche la memoria del Nome. Per distruggere il nome di cui è fatta l'anima, dovettero distruggere il Bene; e per distruggere il Bene, dovettero distruggere la risposta alla chiamata del Nome.
L'assalto alla parola testimoniale è parte di un assalto al Bene, al Santo e al Nome. Per il testimone ebraico dell'obliterazione del nome, il senso dell'obbligo etico ha un aspetto metafisico; scritto in una risposta etica agli altri, ospita una risposta metafisica a Dio, un'affermazione implicita dell'alleanza con il Divino attraverso la risposta all'umano. [[:en:w:Zelig Kalmanovich|Zelig Kalmanovitch]], un diarista del [[w:Ghetto di Vilnius|Ghetto di Vilnius]], dichiara: "In verità, ogni giorno dovrebbe essere registrato",<ref>Zelig Kalmanovitvh, “A Diary of the Nazi Ghetto in Vilna,” trad. e cur. Koppel S. Pinson, ''YIVO Annual of Jewish Social Studies'' 8 (1953): 50.</ref> perché il giorno stesso è inciso con il Nome. Dio entra nel giorno attraverso il comandamento, e attraverso il giorno Egli entra nella storia, un'entrata incisa nel nome di ogni ebreo. Il richiamo del Nome è il richiamo della vita, un punto che diventa vividamente chiaro quando leggiamo la nota datata 21 luglio 1942 nel diario del [[w:Ghetto di Varsavia|Ghetto di Varsavia]] di [[w:Janusz Korczak|Janusz Korczak]] (1878-1942): "Ore dieci. Spari: due, diversi, due, uno, diversi. Forse è la mia finestra oscurata male. Ma non smetto di scrivere. Al contrario: acuisce (un singolo sparo) il pensiero".<ref>Janusz Korczak, ''Ghetto Diary'', trad. Jerzy Bachrach e Barbara Krzywicka (New York: Holocaust Library, 1978), 175 - mia trad{{it}}</ref> Il colpo che toglie una vita alimenta la scrittura che la recupererebbe. Come il fucile spara i suoi proiettili, la penna incide le sue parole; l'una dispensa la morte, mentre l'altra cerca la vita. Anche quando non ha nulla da dire, per il diarista la parola è un rifugio.
=== Recuperare un nome attraverso la parola ===
Affermare che per il testimone intrappolato nel vortice la parola è un rifugio non significa semplicemente che si tratti di un reame in cui egli fugge dalla morte e dalla disperazione; piuttosto, come abbiamo suggerito, è un reame in cui egli cerca vita e significato, un ricordo, un nome e una voce. "Memoria", o ''zikaron'', ci ricorda Rabbi [[w:Yitzchak Ginsburgh|Yitzchak Ginsburgh]], significa "fonte di parola".<ref>Yitzchak Ginsburgh, ''The Alef-Beit: Jewish Thought Revealed Through the Hebrew Letters'' (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1991), 4.</ref> A differenza dei testimoni che testimoniano a posteriori nei contesti di un mondo, il diarista fa il suo ingresso nel mezzo dell'antimondo e quindi ''entra in'' un "luogo", un ''makom'', per dare voce alla parola e al significato. Così l'anima cerca il suo nome. [[Elie Wiesel]] esprime questa ricerca nel suo romanzo ''Twilight'', dove il suo personaggio Abraham dice: "Please try to understand: the Word is everything. Through the Word we elevate ourselves or debase ourselves. It is refuge for the man in exile, and exile for the righteous. How would we pray without it? How would we live without it?"<ref>Elie Wiesel, ''Twilight'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1998), 98.</ref> La domanda di Wiesel sulla preghiera suggerisce che il processo di restituire significato alla parola è piuttosto simile a restituirle l'aura della preghiera. Ricordiamo che la parola ebraica per "preghiera", ''tefillah'', è affine a ''naftulim'', che significa "lotte" o "combattimenti", così che qui la preghiera non è una richiesta ma un incontro tra un ricordo e il Nome, come quando Giacobbe lottò con l'Angelo.
Assumendo le caratteristiche della preghiera, la parola della testimonianza diventa non solo il mezzo di comunicazione, ma anche una presenza a cui rivolgersi. Qui acquisiamo un senso più profondo del processo di scrittura come processo di ascolto: la parola stessa ascolta e risponde al testimone. Improvvisamente, mentre il testimone posa la mano sulla pagina, il silenzio indifferente del foglio bianco diventa il silenzio reattivo di chi ascolta: diventa un ''tu''. "Quanto ho bisogno di te, mio caro diario", scrive la ragazza rumena Mirjam Korber (n. 1923).<ref>Mirjam Korber, ''Deportiert: Jüdische Überlebensschicksale aus Rumänien 1941–1944: Ein Tagebuch'', trad. Andrei Hoisie (Konstanz: Hartung-Garre, 1993), 109 - mia trad{{it}}.</ref> E Chaim Kaplan dichiara: "Questo diario è la mia vita, il mio amico e alleato. Sarei perso senza di esso".<ref>Chaim A. Kaplan, ''Scroll of Agony: The Warsaw Diary of Chaim A. Kaplan'', trad. Abraham I. Katsh (Bloomington: Indiana University Press, 1999), 278.</ref> Nelle annotazioni di Kaplan vediamo che il processo di scrittura del diario è parte del processo di entrare in una relazione che può sostenere una presenza in un mondo dominato dall'assenza. Il diario non è solo uno sfogo: è la sua vita; il diario non è solo un documento: è il suo amico. Vale a dire: lo chiama per nome.
Pertanto, se il diario viene scritto per assolvere a una responsabilità nei confronti della comunità umana, chi lo scrive si assume una responsabilità nei confronti del diario stesso. Una volta che considera il diario come la presenza di un altro, chi lo scrive contrae un debito nei confronti di quella presenza. Si consideri, ad esempio, questa annotazione dalle prime pagine del diario di [[w:Anna Frank|Anne Frank]] (1929-1945): "Now I come to the root of the matter, the reason for my starting a diary...: I want this diary to be my friend, and I shall call my friend Kitty".<ref>Anne Frank, ''The Diary of a Young Girl'', trad. B. M. Mooyaart-Doubleday (New York: Modern Library, 1952), 12–13.</ref> Il recupero del nome avviene nella relazione con un amico. Questo recupero avviene per due motivi: in primo luogo, la parola implica la presenza di un altro a cui è rivolta; in secondo luogo, è il luogo in cui il significato diventa un problema. Quando il testimone si confronta con la parola della testimonianza, il rifugio della parola risiede nel significato restituito a un mondo in cui il significato è in costante collasso. È un ''andare avanti''.
Questa prospettiva di andare avanti è un ingresso nella parola tale da rendere la parola stessa sia oggetto che soggetto del movimento. La parola attraverso cui si manifesta il recupero di un nome si presenta non solo come una presenza responsiva, ma anche come un soggetto da affrontare e perseguire. Come quando Betzalel plasmò l'Arca della Testimonianza nel deserto ({{passo biblico2|Esodo|37:1}}), così il testimone introduce la parola nel deserto dell'antimondo. Combina le lettere e invoca una parola che può introdurre una luce e una dimensione di altezza in un mondo consegnato al ''tohu vavohu'' del caos e dell'oscurità. Per questi diaristi, c'è un ''nondimeno'' che costituisce l'ingresso nella parola della testimonianza. Fa della parola della testimonianza l'oggetto della testimonianza stessa. È così che avviene il recupero del legame tra parola e significato, che resiste alla morte e afferma la vita. Così il diario crea un luogo in cui il testimone può affermare l'importanza di questa riaffermazione della vita ebraica e di questa responsabilità nei confronti della vita ebraica. La parola della testimonianza, quindi, non si rivolge solo alla morte e alla distruzione, ma anche ai mezzi per resistere alla morte e alla distruzione. Qui comprendiamo che il ''tu'' invocato nel diario non è una proiezione psicologica: è la vita stessa, una vita inerente al recupero del nome.
Nel tentativo di rispondere al Nome, il diarista apre una profondità interiore che non proviene solo da dentro, ma dall'al di là. La profondità che si estende oltre si chiama parola o spirito: lo spirito che si muove sulla superficie dell'abisso si muove attraverso la parola (cfr. {{passo biblico2|Genesi|1:2}}). E l'oscurità che è l'abisso stesso? Secondo il saggio talmudico Rabbi Berekhyah, è "l'Angelo della Morte, che oscurò il volto della Creazione" (''Tanchuma Yashev'' 4). E così la morte che era stata cancellata, come abbiamo visto nel Capitolo precedente, viene ristabilita mentre il Nome ci chiama per nome. Questa chiamata trova la sua voce nell'espressione dell'anima; quando questa espressione viene meno, viene meno anche il senso di realtà di sé e del mondo, come vediamo quando [[w:Emil Dorian|Dorian]] scrive: "Days of an eerie sensation, like floating above the ground. My whole life, it seems, belongs to someone else. I write as if in a dream. I am not absent from reality, but remote, and this tints all levels of existence with a strange hue of unreality".<ref>Dorian, ''The Quality of Witness'', 91.</ref> Questa disconnessione dal terreno, questa distanza dal reale, è il risultato di una breccia nel nome dell'uomo.
Se il diario si impegna in un recupero del terreno e del nome, è molto simile alla resistenza che Fackenheim descrive quando osserva: "German resistance, such as it was, had to discover a true self to be respected. The Jewish resistance had to ''recreate'' Jewish selfhood and self-respect... Once again the categories ‘willpower’ and ‘internal desire’ seem inadequate. Once again we have touched an Ultimate".<ref>Emil L. Fackenheim, ''To Mend the World: Foundations of Post-Holocaust Jewish Thought'' (New York: Schocken Books, 1989), 222.</ref> Forza di volontà e desiderio interiore sono adeguati all'impegno umano solo quando l'essere umano ha una dimora, e i resistenti tedeschi avevano un tale luogo: non furono allontanati dalle loro case, e le loro madri, i loro padri e i loro figli erano ancora madri, padri e figli. Nonostante il loro allontanamento da un luogo del mondo, d'altra parte, gli ebrei trovarono il modo di ricreare un luogo e con esso una relazione con il Luogo, o il ''makom'', cioè il Nome.
Al di là della somma degli individui, il popolo ebraico chiamato Israele incarna il ''Makom'' di Dio; lo ''[[Zohar]]'', ricordiamo, si riferisce alla Comunità di Israele come alla ''Shekhinah'', o Presenza Interiore del Santo (cfr. ''Zohar'' II 98a). Tra i diaristi in cui questa consapevolezza è più pronunciata c'è Yitzhak Katznelson. Nella sua annotazione del 14 settembre 1943, scrive: "Il sangue di sette milioni grida dal profondo di me. Dove sono? Il grido di tutto il mio popolo assassinato grida nell'abisso di questo mondo vuoto e malvagio".<ref>Katznelson, ''Vittel Diary'', 220.</ref> Il Nome è nel sangue: chiama attraverso il sangue di Israele che chiama dalla terra e si riversa nelle pagine del diario di Avraham Tory (1909-2002) dal [[w:Ghetto di Kovno|Ghetto di Kovno]]. Commentando un elenco delle vittime di un’''Aktion'', scrive: "Da ogni riga, e da ogni nome... il sangue ebraico versato grida vendetta; la memoria di Amalek sarà cancellata da sotto il cielo di Dio".<ref>Avraham Tory, ''Surviving the Holocaust: The Kovno Ghetto Diary'', trad. Jerzy Michalowicz, ed. Martin Gilbert (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1990), 280.</ref> La menzione di Amalek da parte di Tory è una parafrasi di {{passo biblico2|Esodo|17:14}}, e in questa allusione al passato biblico di Israele egli fa un'osservazione sul futuro di Israele. Entrambi sono raccolti in questa annotazione datata 6 aprile 1943. Questa raccolta del tempo e dell'eternità di Israele nella parola scritta distingue questo diario come una risposta al Nome, alla ricerca di un recupero del nome.
<gallery class="center" mode="packed" heights="140" caption="Diariste/i ebree/i uccise/i nella Shoah (lista parziale)">
Anne Frank passport photo, May 1942 (cropped).jpg|Anne Frank (1929-1945)
Etty Hillesum 1939 (cropped).jpg|Etty Hillesum (1914-1943)
EmanuelRingelblum 1900-1944.jpg|Emanuel Ringelblum (1900-1944)
PhilipMechanicus.jpg|Philip Mechanicus (1889-1944)
Helga deen.jpg|Helga Deen (1925-1943)
Icchak Kacenelson pocztówka.jpg|Itzhak Katzenelson (1886-1944)
Janusz Korczak (cropped).jpg|Janusz Korczak (1878-1942)
Willy-Cohn-Plakette am Rynek in Breslau (cropped).jpg|Willy Cohn (1888-1941)
Petr Ginz.jpg|Petr Ginz (1928-1944)
Czerniakow.jpg|Adam Czerniaków (1880-1942)
זלמן גרדובסקי.jpg|Zalman e Sonia Gradowski (1910-1944), entrambi uccisi a Auschwitz
RutkaHeniusLaskier1938.JPG|Rutka Laskier (1929-1943) con fratellino, entrambi uccisi a Auschwitz
Calel.jpg|Calel Perechodnik (1916-1944)
Yitskhok Rudashevski avec sa grand-mère et ses deux cousines - Wilno - Pologne.jpg|Yitskhok Rudashevski (1927-1943) con nonna e cugine
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=== Recupero di un nome, recupero della Torah ===
Molti passi della Torah iniziano dichiarando: "Queste sono le parole che Dio pronunciò". Il Libro del Deuteronomio, tuttavia, si apre dicendo: "Queste sono le parole che Mosè pronunciò". Mosè, piuttosto che Dio, parlò al popolo d'Israele alla vigilia del loro ingresso nella Terra Promessa per trasmettere il ricordo di come vi erano arrivati. Se fossero usciti dall'esilio, quel ricordo sarebbe stato importante da portare con sé quanto lo erano le tavole della Torah e le ossa di Giuseppe. Come i vasi che contenevano i comandamenti di Dio e le spoglie dei defunti, la memoria stessa è una sorta di [[w:Aron haQodesh|''aron kodesh'' {{lang|he|אֲרוֹן קׄדֶש}}]], un'arca santa, che rende possibile trovare dimora nel mondo. Perché nell'arca della memoria dimora il Nome che ci chiama a ricordare.
Ciò che colpisce dell'ultimo dei Cinque Libri di Mosè è che è sia Torah che racconto della Torah. Il che significa: se la Torah e il Nome sono un tutt'uno, allora il Nome è anche il racconto del Nome, persino – o soprattutto – quando è il racconto dell'assalto al Nome. Mentre gli Israeliti stavano per entrare nella Terra e crearvi una dimora per Dio e l'umanità, Mosè trasmise a una nuova generazione (la generazione uscita dall'Egitto era scomparsa) un racconto di schiavitù e liberazione, di peregrinazioni e rivelazione. Perché? Perché la capacità di abitare nella Terra si fonda sulla capacità di questa memoria della propria origine e del proprio destino. La memoria della Torah contenuta nella Torah non è la memoria della sofferenza, ma la memoria del perché la sofferenza sia ''importante''. Questo è ciò che la rende una memoria del Nome senza il quale non abbiamo nome.
Possiamo quindi comprendere meglio l'affermazione del Baal Shem Tov secondo cui, così come l'oblio è legato all'esilio, così la memoria è legata alla redenzione.<ref>Cfr. [[Elie Wiesel]], ''Souls on Fire: Portraits and Legends of Hasidic Masters'', trad. Marion Wiesel (New York: Vintage, 1973), 227.</ref> Legata alla redenzione, la memoria è legata al significato e alla direzione, al passato e al futuro, e soprattutto all'umanità; legata alla redenzione, la memoria è legata a tutto ciò che confluisce in un nome; legata alla redenzione, la memoria è il Nome. "Il Re Supremo", dice lo ''[[Zohar]]'', "è accennato nella parola ''Zakhor'' (ricorda)" (''Zohar'' I 5b). Una funzione della memoria nelle memorie dell'Olocausto è quella di intraprendere un movimento di ritorno attraverso un atto di risposta: non un ritorno al campo, ma un ritorno al mondo, a un luogo dove è possibile dimorare. Se i nazisti si proponevano di assassinare le anime ebraiche prima di distruggere i corpi ebrei, allora si proponevano di distruggere questo movimento di ritorno che è una risposta al proprio nome. Se la [[Shoah]] è caratterizzata da un attacco alla ''teshuvah'' – alla redenzione, al ritorno e alla risposta – allora è definita da un attacco a una memoria e a un nome.
[[File:Merneptah Steli (cropped).jpg|220px|center|Stele di Merneptah]]
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Del XIII secolo AEV abbiamo l'iscrizione sulla '''[[w:Stele di Merenptah|Stele del faraone Merneptah]]''' (regnò dal 1213 al 1203 AEV): "Israele è devastato e la sua discendenza non esiste più" (cfr. grafico ''supra'').<ref>Cfr. Kenton L. Sparks, ''Ethnicity and Identity in Ancient Israel'' (Winona Lake, IN: Eisenbaums, 1998), 97.</ref> Dall'inizio del XII secolo EV abbiamo il grido di battaglia del capo almohade Ibn Tumart del Marocco (1080-1130), come riportato dal nostro saggio [[w:Abraham ibn Dawud|Abraham ibn Daud]] (1110-1180): "Venite e distruggiamoli dall'essere una nazione; che il nome di Israele non sia più ricordato".<ref>Abraham ibn Daud, ''The Book of Tradition: Sefer ha-Qabbalah'', trad. Gershon D. Cohen (Philadelphia: Jewish Publication Society, 2010), 87–88 - mia trad{{it}}</ref> E nel XX secolo abbiamo [[w:Amon Göth|Amon Göth]] e il suo proclama alle truppe in occasione della liquidazione del [[w:Ghetto di Cracovia|Ghetto di Cracovia]], tratto da ''[[w:Schindler's List - La lista di Schindler|Schindler's List]]'' (1993) di [[w:Steven Spielberg|Steven Spielberg]]: "Jews have lived in Krakow for six hundred years. By the end of the afternoon those six hundred years will be a rumor. They never happened".<ref>Vale la pena notare che gli ebrei erano effettivamente a Cracovia da 800 anni.</ref> Gli antisemiti sterminazionisti non vogliono gli ebrei vivi. Non vogliono la morte degli ebrei. No, come nel caso per eccellenza del ''Muselmann'', vogliono rimuovere dagli ebrei ogni predicato, ogni memoria e ogni nome. I nazisti non furono i primi a voler sterminare la Casa di Giacobbe e i Figli d'Israele, ma furono i più riusciti, i più radicali, i più coscienziosi nel loro attacco al Nome.
All'indomani dell'Evento, quando la chiamata al recupero di un nome incombe sul popolo ebraico, gli autori delle memorie si confrontano anche con la guerra alla memoria. Li vediamo, infatti, alle prese con la propria memoria. "L'indebolimento della mia memoria mi tormentava", scrive Alexander Donat (1905-1983).<ref>Donat, ''The Holocaust Kingdom'', 239.</ref> E Olga Lengyel (1908-2001) ricorda che i suoi compagni di prigionia ad Auschwitz "persero la memoria e la capacità di concentrarsi".<ref>Lengyel, ''Five Chimneys'', 96.</ref> Scrivere ''queste'' memorie, quindi, implica molto più che registrare i ricordi di una vita; è una lotta folle per recuperare una memoria e un nome, uno ''yad vashem'', in un atto di memoria compiuto in risposta a un attacco alla memoria e al Nome. Il ricordo che confluisce nelle memorie è una risposta al proprio nome, e racchiude un'affermazione della sacralità della vita umana che proviene solo dal Nome. Senza questo atto di memoria non c'è ritorno alla vita, non c'è recupero del nome.
Nel suo romanzo ''The Forgotten'', [[Elie Wiesel]] affronta proprio questo argomento. È la storia di Elhanan, un sopravvissuto che, afflitto dal morbo di Alzheimer, si trova ad affrontare il problema di trasmettere la propria memoria al figlio. Questa è la sua preghiera: "Dio di Auschwitz, sappi che devo ricordare Auschwitz. E che devo ricordarTelo... Ricorda che solo la memoria riconduce l'uomo alla fonte del suo desiderio di Te".<ref>Elie Wiesel, ''The Forgotten'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1992), 11–12 - mia trad{{it}}</ref> In seguito, suo figlio Malkiel, che diventa il tramite della memoria del padre, elabora: "Per un ebreo, nulla è più importante della memoria. È legato alle sue origini dalla memoria".<ref>''Ibid.'', 71.</ref> Sebbene non tutti i sopravvissuti siano vittime del morbo di Alzheimer, loro – e noi – ci troviamo tutti a dover trasmettere una memoria che si sta esaurendo e a lottare con l'Angelo dell'Amnesia. Siamo chiamati a unire il nostro grido al grido del sopravvissuto che alza la voce al cielo: "Che Egli si ricordi, perché solo Lui può farci ricordare".<ref>Elie Wiesel, ''Against Silence: The Voice and Vision of Elie Wiesel'', Vol. 1, ed. Irving Abrahamson (New York: Holocaust Library, 1985), 114.</ref> Persino il nostro nome? Soprattutto il nostro nome.
Le memorie scritte durante la prima generazione dopo l'Olocausto furono scritte per lettori che erano vivi durante l'Evento, lettori per i quali l'Evento era parte della loro memoria storica, parte del loro reame di possibilità e quindi parte del loro reame di responsabilità. In quasi tutti i casi, gli autori delle memorie precedenti non scrivevano per le loro famiglie o per i loro figli; le loro famiglie erano state massacrate e i loro figli non erano ancora nati, se non già tra i morti. Coloro che insistevano perché parlassero non erano i loro figli adulti, come spesso accadeva negli anni successivi, ma i loro genitori, fratelli, sorelle, zii e zie defunti, i cui nomi erano attenti a registrare, in un recupero dei propri nomi. In queste memorie il legame con un passato pieno di distruzione e disperazione è spesso molto più forte del legame con un futuro pieno di rinnovamento e speranza; ricordate il cadavere che ci scruta negli occhi dalle profondità dell'ultima pagina delle memorie di Wiesel, [[w:La notte (romanzo)|''Night (La Notte)'']].<ref>Elie Wiesel, ''Night'', 116.</ref>
A differenza degli autori di memorie precedenti, i sopravvissuti che hanno scritto le loro memorie in età avanzata hanno un pubblico desideroso almeno di ascoltarli. Ci sono studiosi e insegnanti, artisti e agenti, pronti a scrivere libri su di loro, tenere corsi, girare film e organizzare conferenze. Coloro che hanno registrato i loro ricordi nel crepuscolo della memoria lo hanno fatto sullo sfondo di un [[w:Yom HaShoah|Giorno della Memoria dell'Olocausto]] (''Yom HaShoah'') e di musei commemorativi dedicati al messaggio che cercano di trasmettere. Ci sono workshop e conferenze, appuntamenti professionali e organizzazioni professionali dedicati agli studi sull'Olocausto; infatti, ora è finanche possibile conseguire un [[w:Dottorato di ricerca|dottorato di ricerca (Ph.D.)]] in studi sull'Olocausto.
Chi di noi si accosta alle memorie di fine vita si sente più a suo agio – anzi, fin troppo – con il "lieto fine", o almeno con qualcosa che non si concluda con un cadavere che ci fissa dalle profondità di uno specchio. Quegli eventi, inoltre, sono accaduti prima che la maggior parte di noi nascesse: ci sono estranei, al di fuori degli orizzonti della nostra coscienza. Ma siamo davvero così al sicuro? Gli autori delle memorie scritte nel crepuscolo della memoria parlano davvero da una dimora nel mondo, e non da un esilio nell'antimondo? Cosa cercano ora i sopravvissuti in questo ricordo? Cosa cerchiamo ora noi? E conosciamo davvero il nostro nome?
=== Recupero di un nome come recupero di un futuro ===
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=== Qual'è il tuo nome? ===
{{Vedi anche|:en:w:Am Yisrael Chai|w:Chai (ebraismo)|etichetta1=Am Yisrael Chai עַם יִשְׂרָאֵל חַי|etichetta2=Chai חַי}}
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<div style="text-align: center; font-size: 2.5em;">''Am Yisrael Chai''</div>
{{Testo ebraico|allineamento=centro|dimensioni=grande|עַם יִשְׂרָאֵל חַי}}
<div style="text-align: center; font-size: 1.4em;">''Viva il popolo di Israele!''</div>
</div>
[[File:BergenBelsenHatikva.ogg|200px|center|thumb|<div style="color: teal; text-align: center; font-size: 0.9em;">Registrazione della [[w:BBC|BBC]] del 20 aprile 1945 in cui i sopravvissuti ebrei di [[w:Campo di concentramento di Bergen-Belsen|Bergen-Belsen]] cantano l’''[[w:Hatikvah|Hatikvah]]'', seguito dal grido di ''"[[:en:w:Am Yisrael Chai|Am Yisrael Chai!]]"'', solo cinque giorni dopo la loro liberazione da parte degli Alleati.</div>]]
== Note ==
[[File:Elie Wiesel (1987) by Erling Mandelmann - 2.jpg|162px|right|Elie Wiesel, 1987]]
[[File:Primo Levi.jpg|left|159px|Primo Levi, anni '50]]
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie letteratura moderna|Serie dei sentimenti}}
<div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div>
{{Avanzamento|75%|30 giugno 2025}}
[[Categoria:Connessioni|Capitolo 12]]
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{{Immagine grande|Buchenwald Slave Laborers Liberation.jpg|740px|[[w:Campo di concentramento di Buchenwald|Campo di concentramento di Buchenwald]], foto scattata il 16 aprile 1945, cinque giorni dopo la liberazione del campo. [[Elie Wiesel]] è nella seconda fila a partire dal basso, il settimo da sinistra.}}
== Il recupero di un nome dopo l'aggressione al Nome: la testimonianza di diari e memorie ==
{{Vedi anche|Shoah e identità ebraica|etichetta1=Shoah e identità ebraica: l'Olocausto nella letteratura di Primo Levi e Elie Wiesel}}
Nel cuore della notte, mentre Giacobbe stava per partire andando a riconciliarsi con suo fratello Esaù e tornare alla sua terra natale, l'Angelo della Morte si abbatté su di lui e i due lottarono fino all'alba. Giacobbe vinse l'Angelo e non lo lasciò andare finché non ottenne una benedizione dall'essere ultraterreno. La benedizione iniziò con una domanda: "Qual è il tuo nome?"
E l'uomo rispose: "Giacobbe".
Al che l'Angelo della Morte rispose: "Non ti chiamerai più Giacobbe. D'ora in poi ti chiamerai Israele, perché hai lottato contro Dio e contro l'umanità, e hai vinto" (cfr. {{passo biblico2|Genesi|32:25-31}}).
Cosa può significare per Giacobbe aver "lottato contro Dio [''Elokim''] e l'umanità"? Il [[Chabad-Lubavitch|Rabbi di Lubavitch]], [[w:Menachem Mendel Schneerson|Menachem M. Schneerson]], ז״ל, spiega:
{{citazione|“Elokim” in this context means “angels” [cf. ''Talmud Bavli, Chullin'' 92a], and generally connotes the “seventy heavenly princes” through whom flow the Divine emanations which sustain physical existence, and who thereby act to conceal Godliness. “Men” signifies a still greater concealment, for men are capable of denigrating the Jew for performing God’s will, and this is a harder concealment to bear. For this reason, the first paragraph of the entire Shulchan Aruch warns us “not to be ashamed of men who ridicule.” And this is the basis of the whole of a Jew’s service – to break down the concealment of God.|[[w:Menachem Mendel Schneerson|Menachem M. Schneerson]], ''Torah Studies'', adattato da [[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]], 2a ed. (London: Lubavitch Foundation, 1986), 45}}
Mai come ai tempi dell'Olocausto, la denigrazione dell'ebreo da parte degli uomini fu più pronunciata. E mai come ai tempi dell'Olocausto, l'occultamento di Dio fu più grande. Come può un ebreo nell'era post-Olocausto penetrare l'occultamento di Dio, di Colui che chiamiamo "il Nome"? Recuperando il proprio nome, il nome di Israele, conferito a ogni anima ebrea prima del suo ingresso in questo reame.
Un'altra domanda sorge nel racconto della lotta di Giacobbe con l'Angelo: cosa significa dire che egli vinse/prevalse sull'Angelo della Morte? Il termine ebraico è ''vatukhal'', affine a ''takhlit'', che significa "scopo" o "proposito". Vale a dire: Egli ricevette un nuovo significato e una nuova missione, una nuova anima, lottando per ottenere un nuovo nome dall'Angelo. Qual è, dunque, la differenza tra Giacobbe e Israele? Il salmista lo afferma in questo modo: "Egli [Dio] ha stabilito una testimonianza [''edut''] in Giacobbe e ha posto un insegnamento [''Torah''] in Israele" ({{passo biblico2|Salmi|78:5}}). Nella lotta abbiamo la testimonianza; nel nome abbiamo l'insegnamento. La testimonianza o ''edah'' è una testimonianza dello ''yaad'', lo "scopo" o la "missione" per cui siamo creati. ''Edah'' può anche significare "comunità" o "incontro", come nell’''Ohel Moed'' o "Tenda del Convegno" ({{passo biblico2|Esodo|33:7}}). Non c'è comunità senza testimonianza, non c'è testimonianza senza incontro, e la testimonianza riguarda qualcosa in merito alla natura dell'abitare in comunità; in effetti, ogni abitare nasce in una comunità di incontro. Impegnarsi nella testimonianza centrale della comunità significa rispondere: "Eccomi", in reazione al comandamento di prendersi cura del bisogno dell'altro essere umano. Un membro di un’''edah'' o comunità, quindi, è un ''ed'' o un "testimone" di un comandamento o "precetto di Dio", che è ancora un altro significato di ''edah'', e senza il quale non abitiamo in una comunità, ma solo in un'inevitabilmente vana lotta per la sopravvivenza, poiché nessuno ne esce vivo. Questo abitare è il "destino", lo ''yiud'', un altro affine di ''edah'', della Casa di Giacobbe.
E la [[Torah]] o l'"insegnamento" che si trova in ''Yisrael''? È un insegnamento che ci insegna a lottare, come suggerisce il nome ''Yisrael'', "colui che lotta con Dio". Senza la Torah, non c'è lotta per ottenere un nome dal Nome, che è Torah. Dice lo ''[[Zohar]]'': "Tutta la Torah è un involucro del Nome Divino, il Nome più eccelso, il Nome che comprende tutti gli altri nomi" (''Zohar'' II 124a). Non studiamo la Torah, lottiamo con essa. L'insegnamento, la Torah, è sia una chiamata che una benedizione. Lottando per ottenere una benedizione dall'Angelo, Giacobbe raggiunse il significato e lo scopo – ottenne un insegnamento, una Torah – ottenendo un nome, il nome Israele. Essere benedetti significa essere benedetti non con la fortuna, ma con il significato, con una chiamata. Così, ricevendo il nome di Israele, Giacobbe ricevette una chiamata. Ciò significa: per raggiungere il nome di Israele, l'ebreo deve vivere secondo la Torah, che è il Nome.
Come abbiamo visto, il tempo dell'Olocausto fu un'epoca di aggressione all'anima di Israele, anima conquistata come benedizione e nome. Pertanto, l'afflizione nazista dell'anima ebraica comportò un attacco alla benedizione e al nome, sia umani che divini. Il Rabbi di Shilev comprese questo punto anche mentre lui e i suoi confratelli ebrei attendevano il loro turno per le camere a gas di Birkenau: "Non vedi", si rivolse a un uomo di nome Ferber, "lo spirito di Dio che aleggia qui ora sopra questa Distruzione e questa Creazione? Non senti che Giacobbe – nelle nostre ossa – ora lotta con l'Angelo? Noi siamo il tendine della sua vena femorale in questa lotta!"
E Ferber gli chiese: "Rabbi di Shilev, per amore di chi Giacobbe lotta con l'Angelo, se i suoi figli non attraversarono il fiume, ma rimasero qui nell'oscurità della notte?"
E il Rabbi rispose: "Dall'oscurità stessa di questa notte Giacobbe tirerà fuori il nome ‘Israele!’"<ref>Ka-tzetnik 135633, ''Kaddish'', trad. Nina De-Nur (New York: Algemeiner Associates, 1998), 97–98.</ref> E dall'oscurità di quelle ceneri. Perché lo ''[[Zohar]]'' ci dice che la polvere sollevata quando Giacobbe strappò all'Angelo il nome "Israele" "non era polvere comune, ma cenere, residuo di fuoco" (''Zohar'' I 170a), lanciata al vento e riversata nei fiumi per essere sparsa sulla faccia della terra.
I campi e i ghetti dell'universo concentrazionario sono stati smantellati, ma resta da vedere se Giacobbe riuscirà davvero a strappare una benedizione e un nome all'Angelo della Morte: la lotta per una benedizione e un nome – per un ricordo e un nome, uno ''yad vashem'' – continua. Ricordiamo le parole di [[Primo Levi]]: "Ci toglieranno persino il nome, e se vogliamo conservarlo, dovremo trovare la forza di farlo".<ref>Primo Levi, ''Se questo è un uomo, ad loc.''</ref> Forse in nessun altro momento della nostra storia millenaria un ebreo ha fatto un'affermazione come quella contenuta nel documentario israeliano ''Pillar of Fire (Pilastro di Fuoco)'' (1981): "My name, when I can remember it, is...". ''When I can remember it...!'' Quando riesco a ricordarlo! Com'è possibile che una persona possa dimenticare il proprio nome? Eppure questo è esattamente ciò che i nazisti escogitarono nella loro cancellazione dell'anima del popolo ebraico: la cancellazione del nome e della memoria del Nome, nello strappo del nome dall'anima.
=== Il numero e il nome ===
{{Vedi anche|:en:w:List of Holocaust diarists|:en:w:List of posthumous publications of Holocaust victims|etichetta1=List of Holocaust diarists|etichetta2=List of posthumous publications of Holocaust victims}}
Questa lacerazione del nome dall'anima assunse la sua prima forma concreta nel 1938, quando i nazisti aggiunsero il nome ''Israele'' a ogni maschio ebreo e il nome ''Sarah'' a ogni femmina ebrea in Germania. Nel primo caso abbiamo l'obliterazione del nome di un popolo, nel secondo l'obliterazione della sua origine. Secondo una tradizione ebraica che ho ricevuto da uno dei miei insegnanti, madri e padri non inventano nomi per i propri figli; piuttosto, viene loro concesso un momento di intuizione profetica, quando viene rivelato loro quale nome Dio ha pronunciato nella creazione di quest'anima. Così, presumendo di dare un nome agli ebrei di Germania, i nazisti compiono un altro passo verso l'usurpazione del Nome.
Il ricordo dell'aggressione all'anima attraverso l'aggressione al nome è centrale nella testimonianza di molti sopravvissuti ai campi. [[w:Germaine Tillion|Germaine Tillion]] (1907-2008) ricorda di essere stata privata del suo nome all'arrivo a [[w:campo di concentramento di Ravensbrück|Ravensbrück]]: "Tutto ciò che avevamo ora erano pochi stracci sporchi che non ci appartenevano - e un numero".<ref>Germaine Tillion, ''Ravensbrück'', trad. {{en}}Gerald Satterwhite (Garden City, NY: Doubleday, 1975), 6 - mia trad{{it}}</ref> La tradizione ebraica insegna che il nome e l'anima, il nome e la persona, sono un pezzo unico.<ref>Cfr. per esempio, ''Sefer Chasidim'' (244) del saggio medievale Rabbi Yehuda HeChasid; cfr. anche Nachman di Breslov, ''Tikkun'', trad. {{en}}Avraham Greenbaum (Jerusalem: Breslov Research Institute, 1984), 103.</ref> Forzare il numero nel corpo, sotto la pelle e indelebilmente nel nucleo del corpo, prosciuga il corpo della sua anima. Nelle sue memorie, Sara Nomberg-Przytyk afferma altrettanto: "Ad Auschwitz eravamo solo numeri, senza volto né anima".<ref>Sara Nomberg-Przytyk, ''Auschwitz: True Tales from a Grotesque Land'', trad. {{en}}Roslyn Hirsch (Chapel Hill: University of North Carolina Press, 1985), 15 - mia trad{{it}}.</ref> E così, attraverso il numero, i nazisti trasformarono l'ebreo in uno ''Stück'', cioè un "pezzo" o un'"unità".<ref>Cfr. ''Ibid.''.</ref> Nel gergo del Partito, ad Auschwitz gli esseri umani non venivano assassinati: le "unità" numerate venivano semplicemente "processate".
Riducendo la persona a nient'altro che un oggetto di cui disporre, il numero è la prima arma sguainata nella guerra ontologica per uccidere l'essere umano, annientando ogni benedizione che derivi dall'al di là dell'essere. Come insegna il Talmud: "La benedizione non si trova in qualcosa di pesato, né in qualcosa di misurato, né in qualcosa di contato" (''Bava Metzia'' 42a). E i numeri sono precisamente il linguaggio – o l'antilinguaggio – del pesare, del misurare e del contare. Privato del suo nome e marchiato con un numero, l'essere umano viene privato della sua vita e della sua umanità. "Un numero di serie", afferma Sim Kessel (n. 1919) nelle sue memorie, "ti dispensa dall'aver avuto un nome, dall'aver avuto un'anima, dall'aver avuto una vita".<ref>Sim Kessel, [https://www.google.co.uk/books/edition/Hanged_at_Auschwitz/XdsWAQAAIAAJ?hl=en ''Hanged at Auschwitz''], trad. Melville Wallace e Delight Wallace (New York: Stein and Day, 1972), 169 - mia trad{{it}}.</ref> Così, cercando di recuperare la propria umanità, gli autori di numerose memorie si sono proposti di recuperare un nome ricordando un numero. Per esempio:
<blockquote>
[[Elie Wiesel|ELIE WIESEL]]: Divenni A-7713. Dopo di che non ebbi nessun altro nome."<ref>[[Elie Wiesel]], ''Night'', trad. Stella Rodway (New York: Hill and Wang, 1961), 51.</ref>
[[w:Miklós Nyiszli|MIKLÓS NYISZLI]]: "Dall'ora in poi sarei semplicemente stato il prigioniero KZ numero A 8450."<ref>Miklós Nyiszli, ''Auschwitz: A Doctor’s Eyewitness Account'', trad. Tibere Kremer e Richard Seaver (New York: Fawcett Crest, 1960), 26.</ref>
[[w:Sara Zyskind|SARA ZYSKIND]]: "Il mio era 55091 – il mio nuovo nome dall'ora in poi."<ref>Sara Zyskind, ''Stolen Years'', trad. Margarit Inbar (Minneapolis: Lerner, 1981), 211.</ref>
[[w:Alexander Donat|ALEXANDER DONAT]]: "Guardai il mio numero: 7115. Da quel momento smisi di essere un uomo."<ref>Alexander Donat, ''The Holocaust Kingdom'' (New York: Holocaust Library, 1978), 168.</ref>
[[w:Rudolf Vrba|RUDOLF VRBA]]: "Quella fu davvero l'ultima volta che usai il mio nome... perché ora ero il prigioniero numero 44070."<ref>Rudolf Vrba con Alan Bestic, ''I Cannot Forgive'' (New York: Bantam, 1964), 78–79.</ref>
[[:en:w:Nathan Shapell|NATHAN SHAPELL]]: "Un ago sporco... cancellò Natan Schapelski dalla razza umana e diede vita all'Häftling 134138."<ref>Nathan Shapell, ''Witness to the Truth'' (New York: David McKay, 1974), 116.</ref>
[[:en:w:Olga Lengyel|OLGA LENGYEL]]: "Ero il numero ‘25403’. Ce l’ho ancora sul braccio destro e lo porterò con me nella tomba."<ref>Olga Lengyel, ''Five Chimneys'' (London: Granada, 1972), 116.</ref>
MOSHE SANDBERG: "Cessammo di essere esseri umani con cognomi... Nella mia metamorfosi ero il numero 124753."<ref>Moshe Sandberg, ''My Longest Year'', trad. S. C. Hyman (Jerusalem: Yad Vashem, 1968), 55.</ref>
</blockquote>
"Cessato di essere un uomo", "cancellato dalla razza umana", "cessato di essere un essere umano": la memoria si aggrappa a queste frasi nel tentativo di articolare la morte che il sopravvissuto attraversa, poiché lo segue dall'enorme fossa comune che era il pianeta Auschwitz fino alla sua tomba. Con inciso il numero, l'essere umano non "sperimenta" l'Olocausto, nella misura in cui, in un senso importante, non lo vive; piuttosto, l'Olocausto "sperimenta" e vive attraverso l'essere umano, diventando parte della sua essenza per sempre. Egli lascia Auschwitz, ma non la lascia indietro: il prigioniero non è ad Auschwitz – Auschwitz è nel prigioniero. Nelle sue memorie, Judith Dribben spiega: "Once the number was there, there was no chance to escape. It bound us more strongly than any chain. It was something that could only be removed together with a piece of flesh". <ref>Judith Dribben, ''And Some Shall Live'' (Jerusalem: Keter, 1969), 185.</ref>
Se Auschwitz è nel prigioniero, i morti sono in tutti noi. Ricordate il [[w:disastro di Černobyl'|disastro di Chernobyl il 26 aprile 1986]], quando una nube di materiale radioattivo fu rilasciata nell'aria dal camino di una centrale nucleare? Due settimane dopo, i livelli di radiazione nel [[w:Montana|Montana]] erano elevati. In effetti, si possono determinare i livelli di inquinamento atmosferico per un dato anno prendendo un campione di neve e ghiaccio dall'[[w:Antartide|Antartide]]. Antartide! Al tempo dell'Olocausto, il fumo dei morti ebrei si è alzato nell'aria non per un giorno, ma per mille giorni, non da un solo camino, ma da decine. I venti hanno sparso le ceneri del corpo di Israele sulla faccia della terra, da est a ovest, da un polo all'altro. Abitano il suolo da cui raccogliamo il nostro pane. Rimangono nel pane che mettiamo in bocca. In una cupa unione eucaristica ci leghiamo a quelle ceneri ogni volta che mettiamo in bocca un pezzo di pane. Come siamo fatti di quel pane, così siamo fatti di quelle ceneri: siamo la tomba per coloro a cui è stata negata una tomba.
[[w:Arnošt Lustig|Arnošt Lustig]] lo afferma in modo più eloquente di me:
{{citazione|These ashes would be indestructible and immutable, they would not burn up into nothingness because they themselves were remnants of fire... No one living would ever be able to escape them; these ashes would be contained in the milk that will be drunk by babies yet unborn and in the breasts their mothers offer them... These ashes will be contained in the breath and expression of every one of us and the next time anybody asks what the air he breathes is made of, he will have to think about these ashes; they will be contained in books which haven’t been written and will be found in the remotest regions of the earth where no human foot has ever trod; no one will be able to get rid of them, for they will be the fond, nagging ashes of the dead who died in innocence.|[[:en:w:Arnošt Lustig|Arnošt Lustig]], ''[[:en:w:A Prayer for Katerina Horovitzova|A Prayer for Katerina Horovitzova]]'', trad. Jeanne Němcová (New York: Harper & Row, 1973), 50–51}}
E nel loro tormento persiste una domanda assillante: qual è il tuo nome? Essendo diventati un veicolo dei morti, scopriamo che l'Angelo della Morte è diventato il nostro compagno costante.
E così lottiamo con l'Angelo dai Mille Occhi, l'Angelo giallo come la stella che i nazisti impressero sugli ebrei.<ref>Saadia Gaon, ''The Book of Belief and Opinions'', trad. Samuel Rosenblatt (New Haven, CT: Yale University Press, 1976), 255–256; cfr. anche Talmud, trattato ''Avodah Zarah'', 20b.</ref> Solo che questa volta l'Angelo non viene per prenderci, ma per lasciarci con occhi nuovi, attraverso i quali possiamo guardare nello specchio della nostra anima. Con tutti i suoi occhi fissi su di noi, l'Angelo pone la stessa domanda che pose a Giacobbe quando lottarono fino all'alba: "Qual è il tuo nome?". Nel nostro cognome è iscritto il nostro passato; nel nostro primo nome dimora il nostro futuro. Ma cosa sappiamo, in realtà, quando conosciamo il nostro nome? Conoscere il nostro nome significa conoscere i nomi di coloro che ci conferiscono un nome, i nomi di nostra madre e di nostro padre. Significa conoscere una tradizione portata da coloro che hanno avuto i nostri nomi prima di noi; significa conoscere un insegnamento che ospita la nostra missione nella vita, come inscritto nel nostro nome; significa riconoscere che siamo chiamati per nome e dobbiamo rispondere al nostro nome. Chiedendoci il nome, l'Angelo stabilisce qualcosa del nostro essere che è intimamente legato al nostro agire: conoscere il nostro nome, come conoscere Dio, significa sapere cosa si deve fare.
Mentre l'Angelo lottava con Giacobbe, il ''Midrash'' narra che "egli mise il dito sulla terra, e la terra cominciò a sprizzare fuoco. Giacobbe gli disse: ‘Vuoi spaventarmi con questo? Perché io sono tutto di quella materia!’ Così sta scritto: E la casa di Giacobbe sarà un fuoco ({{passo biblico2|Abdia|1:18}})" (''Bereshit Rabbah'' 77:2). Certo, i figli di Giacobbe sono fatti di quella materia. Proprio come la Torah è fatta di fuoco nero su fuoco bianco (''Tanchuma Bereshit'' 1; ''Devarim Rabbah'' 3:12; ''Shir HaShirim Rabbah'' 5:11:6; ''Zohar'' II 226b), così il fuoco "costituisce la base dell'anima", come attesta Rabbi Chayim ben Attar (''Or HaChayim'' su {{passo biblico2|Genesi|3:2}}). Dopo Auschwitz, quel fuoco assume una nuova dimensione. Nella lotta post-Olocausto con l'Angelo, la terra erutta in un fuoco strano, un fuoco di cui ora siamo fatti. Proprio come Giacobbe lottò per ottenere un nome dall'Angelo, ora dobbiamo lottare per ottenere un nome dal fuoco che avrebbe consumato il Nome. Così possiamo comprendere meglio almeno un'implicazione dell'intuizione di [[Elie Wiesel]] secondo cui il fuoco era l'immagine dominante dell'Evento.<ref>Elie Wiesel, ''Evil and Exile'', trad. Jon Rothschild (Notre Dame: University of Notre Dame Press, 1990), 39.</ref> È un'immagine dominante perché si trova al centro del compito che si presenta alla nostra anima mentre continuiamo a lottare con l'Angelo a Peniel. E, come osserva il [[:en:w:Rashbam|Rashbam, Rabbi Shmuel ben Meir]], nel suo commentario a {{passo biblico2|Genesi|32}}, sapere che il nostro nome è Israele significa conoscere non solo la nostra identità, ma anche la sua ineluttabilità, che è l'ineluttabilità della lotta con Dio e l'umanità.<ref>Jonathan Sacks, ''Crisis and Covenant: Jewish Thought after the Holocaust'' (Manchester, Eng.: Manchester University Press, 1992), 274.</ref> Quando arriverà l'alba, nessuno lo sa. Ma è chiaro che dobbiamo lottare finché non arriverà e meritare così la benedizione e il nome di Israele.
=== La convocazione del nome ===
Se non conosce altro, l'ebreo però sa che, a meno che non venga chiamato a questa resa dei conti, non solo la sua vita è priva di significato, ma è impossibile vivere alla ricerca di un qualsiasi significato. Lottare con l'Angelo è pieno di pericoli; come suggerisce la storia di Giacobbe a Peniel, nessuno ne esce indenne. Forse è per questo che siamo così riluttanti a entrare nella mischia e scegliamo invece di seguire i venti della moda e di [[w:moda passeggera|trend passeggeri]]. Ricordiamo che ai tempi del Terzo Reich l'antisemitismo era di moda nelle aule accademiche quanto nelle birrerie. Come abbiamo visto nei Capitoli precedenti, l'antisemitismo odierno, di moda e persino moralmente imposto, assume spesso la forma di un attacco a Israele. L'ironia nel criticare il nome che siamo chiamati a strappare all'Angelo è travolgente. Ci dice che la posta in gioco degli ebrei nel recupero di un nome dopo l'assalto al Nome va oltre qualsiasi cosa superficiale come "autostima" o "autoaffermazione"; si tratta di una salvezza comunitaria, di una riparazione della Creazione stessa. Perché la Creazione è fatta del Nome.
Un criterio per riparare il mondo dopo l'Evento che lo distrusse è stabilito dall'interno dell'Evento stesso, nell'esempio dei diaristi dell'Olocausto. Lungi dall'essere un resoconto quotidiano degli eventi del giorno, questi diari sono una testimonianza offerta in risposta a una convocazione che coinvolge chiunque ne apra le pagine, che miracolosamente giungono nelle nostre mani. Proprio come Giacobbe lottò nel cuore di una notte terribile, così gli ebrei scrissero i loro diari nel cuore della notte, sotto pena di morte, in segreto, tormentati dalla stanchezza e dalla fame. Tuttavia, in qualche modo, queste grida lontane di "Eccomi!" e "Dove sei?" ci pongono ora la domanda dell'Angelo: Qual è il tuo nome? Il recupero del nome dopo la sua cancellazione comporta la lotta per restituire significato alla parola dopo l'assalto alla parola. Attraverso le loro stesse parole, i diaristi intrapresero tale riparazione della parola, che è una riparazione del Nome. Il Santo Nome li convoca, convoca tutti noi, a tale riparazione.
La tradizione ebraica insegna che le parole decidono non solo la verità, ma anche la vita e la morte; proprio come "morte e vita sono in potere della lingua" ({{passo biblico2|Proverbi|18:21}}), così la vita dell'anima, la ''neshamah'', è insita nel respiro, la ''neshimah'', su cui vibra la parola. Affrontando la parola, i diaristi dell'Olocausto affrontano la vita dell'anima che è fatta del nome e che era minacciata a ogni passo. Come gli operai che, secondo il Talmud, scendevano occasionalmente nel Santo dei Santi in ''tevot'', o casse, per effettuare riparazioni (cfr. ''Midot'' 37a), anche questi autori scendono in ''tevot'', che significa anch'esso "parole", dove lottano per recuperare il significato della parola e il ricordo del nome. Se la chiamata a scrivere viene dall'interno, la sua voce si ode dall'aldilà. Chi chiama? È la parola stessa, il Nome stesso, sotto attacco. E chiama il testimone per nome.
In una nota del 28 febbraio 1941, [[w:Emanuel Ringelblum|Emmanuel Ringelblum]] osserva: "L'impulso a scrivere le proprie memorie è potente: lo fanno anche i giovani nei campi di lavoro".<ref>Emmanuel Ringelblum, ''Notes from the Warsaw Ghetto'', trad. e cur. Jacob Sloan (New York: Schocken Books, 1974), 133.</ref> Il diarista scrive suo malgrado. Questo è ciò che rende il diario una risposta alla chiamata del ''Nome'': contrariamente alla soddisfazione di un bisogno personale, rispondere alla Voce che comanda risiede in un movimento verso la relazione comandata con gli altri. "Perché l'altro è il cuore", scrive [[Emmanuel Levinas]], "e la bontà, dello stesso, l'ispirazione o la psiche stessa nell'anima".<ref>Emmanuel Levinas, "Substitution", trad. Alphonso Lingis, in Sean Hand, ed., ''The Levinas Reader'' (Oxford, UK: Basil Blackwell, 1989), 99 - mia trad{{it}}.</ref> E: "Il Bene assegna al soggetto, secondo una suscettibilità che non può essere presunta, l'avvicinamento all'altro, al prossimo".<ref>''Ibid.'', 112.</ref> Il diarista si avvicina al prossimo attraverso la riparazione dello strappo tra parola e significato. [[:en:w:Philip Mechanicus|Philip Mechanicus]] (1889-1944), detenuto a [[w:Campo di transito di Westerbork|Westerbork]] e poi ucciso ad Auschwitz, si rende conto di dover "registrare gli avvenimenti quotidiani per coloro che in futuro vorranno farsi un'idea di ciò che accadde qui. Quindi ho il dovere di continuare a scrivere".<ref>Philip Mechanicus, ''Year of Fear: A Jewish Prisoner Waits for Auschwitz'', trad. {{en}}Irene S. Gibbons (New York: Hawthorne, 1964), 181–182 - mia trad{{it}}</ref> Ho un dovere: scrivendo il diario dell'Olocausto, colui che è chiamato dal Nome è chiamato non come storico o giornalista, ma come essere umano, un ebreo, nel cui nome è inscritta la comandata relazione con altri esseri umani e che, attraverso tale relazione, deve rispondere al proprio nome. Vale a dire: strappano un nome all'Angelo.
La chiamata del Nome è la chiamata del Buon Nome, o il Nome del Bene, la chiamata di ''HaEl HaTov'', di Dio che è il Bene. Rispondendo per nome alla chiamata del Nome, il testimone ebreo scopre cosa significa essere scelto per nome: significa lottare per ottenere un nome dall'Angelo della Morte. Scrittori di diari come [[w:Emil Dorian|Emil Dorian]] (1893-1956)<ref>Emil Dorian, ''The Quality of Witness'', trad. Mara Soceanu Vamos, ed. Marguerite Dorian (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1982), 126.</ref> e [[w:Itzhak Katzenelson|Yitzhak Katznelson]]<ref>Yitzhak Katznelson, ''Vittel Diary'', trad. Myer Cohn, 2a ed. (Tel Aviv: Hakibbutz Hameuchad, 1972), 187.</ref> sottolineano che i nazisti avevano reso illegale la scrittura di diari e altre testimonianze ebraiche. E ora ne capiamo il motivo: i nazisti cercarono di distruggere non solo il corpo di Israele, ma anche l'anima dell'ebreo, non solo la memoria e il nome dell'ebreo, ma anche la memoria del Nome. Per distruggere il nome di cui è fatta l'anima, dovettero distruggere il Bene; e per distruggere il Bene, dovettero distruggere la risposta alla chiamata del Nome.
L'assalto alla parola testimoniale è parte di un assalto al Bene, al Santo e al Nome. Per il testimone ebraico dell'obliterazione del nome, il senso dell'obbligo etico ha un aspetto metafisico; scritto in una risposta etica agli altri, ospita una risposta metafisica a Dio, un'affermazione implicita dell'alleanza con il Divino attraverso la risposta all'umano. [[:en:w:Zelig Kalmanovich|Zelig Kalmanovitch]], un diarista del [[w:Ghetto di Vilnius|Ghetto di Vilnius]], dichiara: "In verità, ogni giorno dovrebbe essere registrato",<ref>Zelig Kalmanovitvh, “A Diary of the Nazi Ghetto in Vilna,” trad. e cur. Koppel S. Pinson, ''YIVO Annual of Jewish Social Studies'' 8 (1953): 50.</ref> perché il giorno stesso è inciso con il Nome. Dio entra nel giorno attraverso il comandamento, e attraverso il giorno Egli entra nella storia, un'entrata incisa nel nome di ogni ebreo. Il richiamo del Nome è il richiamo della vita, un punto che diventa vividamente chiaro quando leggiamo la nota datata 21 luglio 1942 nel diario del [[w:Ghetto di Varsavia|Ghetto di Varsavia]] di [[w:Janusz Korczak|Janusz Korczak]] (1878-1942): "Ore dieci. Spari: due, diversi, due, uno, diversi. Forse è la mia finestra oscurata male. Ma non smetto di scrivere. Al contrario: acuisce (un singolo sparo) il pensiero".<ref>Janusz Korczak, ''Ghetto Diary'', trad. Jerzy Bachrach e Barbara Krzywicka (New York: Holocaust Library, 1978), 175 - mia trad{{it}}</ref> Il colpo che toglie una vita alimenta la scrittura che la recupererebbe. Come il fucile spara i suoi proiettili, la penna incide le sue parole; l'una dispensa la morte, mentre l'altra cerca la vita. Anche quando non ha nulla da dire, per il diarista la parola è un rifugio.
=== Recuperare un nome attraverso la parola ===
Affermare che per il testimone intrappolato nel vortice la parola è un rifugio non significa semplicemente che si tratti di un reame in cui egli fugge dalla morte e dalla disperazione; piuttosto, come abbiamo suggerito, è un reame in cui egli cerca vita e significato, un ricordo, un nome e una voce. "Memoria", o ''zikaron'', ci ricorda Rabbi [[w:Yitzchak Ginsburgh|Yitzchak Ginsburgh]], significa "fonte di parola".<ref>Yitzchak Ginsburgh, ''The Alef-Beit: Jewish Thought Revealed Through the Hebrew Letters'' (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1991), 4.</ref> A differenza dei testimoni che testimoniano a posteriori nei contesti di un mondo, il diarista fa il suo ingresso nel mezzo dell'antimondo e quindi ''entra in'' un "luogo", un ''makom'', per dare voce alla parola e al significato. Così l'anima cerca il suo nome. [[Elie Wiesel]] esprime questa ricerca nel suo romanzo ''Twilight'', dove il suo personaggio Abraham dice: "Please try to understand: the Word is everything. Through the Word we elevate ourselves or debase ourselves. It is refuge for the man in exile, and exile for the righteous. How would we pray without it? How would we live without it?"<ref>Elie Wiesel, ''Twilight'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1998), 98.</ref> La domanda di Wiesel sulla preghiera suggerisce che il processo di restituire significato alla parola è piuttosto simile a restituirle l'aura della preghiera. Ricordiamo che la parola ebraica per "preghiera", ''tefillah'', è affine a ''naftulim'', che significa "lotte" o "combattimenti", così che qui la preghiera non è una richiesta ma un incontro tra un ricordo e il Nome, come quando Giacobbe lottò con l'Angelo.
Assumendo le caratteristiche della preghiera, la parola della testimonianza diventa non solo il mezzo di comunicazione, ma anche una presenza a cui rivolgersi. Qui acquisiamo un senso più profondo del processo di scrittura come processo di ascolto: la parola stessa ascolta e risponde al testimone. Improvvisamente, mentre il testimone posa la mano sulla pagina, il silenzio indifferente del foglio bianco diventa il silenzio reattivo di chi ascolta: diventa un ''tu''. "Quanto ho bisogno di te, mio caro diario", scrive la ragazza rumena Mirjam Korber (n. 1923).<ref>Mirjam Korber, ''Deportiert: Jüdische Überlebensschicksale aus Rumänien 1941–1944: Ein Tagebuch'', trad. Andrei Hoisie (Konstanz: Hartung-Garre, 1993), 109 - mia trad{{it}}.</ref> E Chaim Kaplan dichiara: "Questo diario è la mia vita, il mio amico e alleato. Sarei perso senza di esso".<ref>Chaim A. Kaplan, ''Scroll of Agony: The Warsaw Diary of Chaim A. Kaplan'', trad. Abraham I. Katsh (Bloomington: Indiana University Press, 1999), 278.</ref> Nelle annotazioni di Kaplan vediamo che il processo di scrittura del diario è parte del processo di entrare in una relazione che può sostenere una presenza in un mondo dominato dall'assenza. Il diario non è solo uno sfogo: è la sua vita; il diario non è solo un documento: è il suo amico. Vale a dire: lo chiama per nome.
Pertanto, se il diario viene scritto per assolvere a una responsabilità nei confronti della comunità umana, chi lo scrive si assume una responsabilità nei confronti del diario stesso. Una volta che considera il diario come la presenza di un altro, chi lo scrive contrae un debito nei confronti di quella presenza. Si consideri, ad esempio, questa annotazione dalle prime pagine del diario di [[w:Anna Frank|Anne Frank]] (1929-1945): "Now I come to the root of the matter, the reason for my starting a diary...: I want this diary to be my friend, and I shall call my friend Kitty".<ref>Anne Frank, ''The Diary of a Young Girl'', trad. B. M. Mooyaart-Doubleday (New York: Modern Library, 1952), 12–13.</ref> Il recupero del nome avviene nella relazione con un amico. Questo recupero avviene per due motivi: in primo luogo, la parola implica la presenza di un altro a cui è rivolta; in secondo luogo, è il luogo in cui il significato diventa un problema. Quando il testimone si confronta con la parola della testimonianza, il rifugio della parola risiede nel significato restituito a un mondo in cui il significato è in costante collasso. È un ''andare avanti''.
Questa prospettiva di andare avanti è un ingresso nella parola tale da rendere la parola stessa sia oggetto che soggetto del movimento. La parola attraverso cui si manifesta il recupero di un nome si presenta non solo come una presenza responsiva, ma anche come un soggetto da affrontare e perseguire. Come quando Betzalel plasmò l'Arca della Testimonianza nel deserto ({{passo biblico2|Esodo|37:1}}), così il testimone introduce la parola nel deserto dell'antimondo. Combina le lettere e invoca una parola che può introdurre una luce e una dimensione di altezza in un mondo consegnato al ''tohu vavohu'' del caos e dell'oscurità. Per questi diaristi, c'è un ''nondimeno'' che costituisce l'ingresso nella parola della testimonianza. Fa della parola della testimonianza l'oggetto della testimonianza stessa. È così che avviene il recupero del legame tra parola e significato, che resiste alla morte e afferma la vita. Così il diario crea un luogo in cui il testimone può affermare l'importanza di questa riaffermazione della vita ebraica e di questa responsabilità nei confronti della vita ebraica. La parola della testimonianza, quindi, non si rivolge solo alla morte e alla distruzione, ma anche ai mezzi per resistere alla morte e alla distruzione. Qui comprendiamo che il ''tu'' invocato nel diario non è una proiezione psicologica: è la vita stessa, una vita inerente al recupero del nome.
Nel tentativo di rispondere al Nome, il diarista apre una profondità interiore che non proviene solo da dentro, ma dall'al di là. La profondità che si estende oltre si chiama parola o spirito: lo spirito che si muove sulla superficie dell'abisso si muove attraverso la parola (cfr. {{passo biblico2|Genesi|1:2}}). E l'oscurità che è l'abisso stesso? Secondo il saggio talmudico Rabbi Berekhyah, è "l'Angelo della Morte, che oscurò il volto della Creazione" (''Tanchuma Yashev'' 4). E così la morte che era stata cancellata, come abbiamo visto nel Capitolo precedente, viene ristabilita mentre il Nome ci chiama per nome. Questa chiamata trova la sua voce nell'espressione dell'anima; quando questa espressione viene meno, viene meno anche il senso di realtà di sé e del mondo, come vediamo quando [[w:Emil Dorian|Dorian]] scrive: "Days of an eerie sensation, like floating above the ground. My whole life, it seems, belongs to someone else. I write as if in a dream. I am not absent from reality, but remote, and this tints all levels of existence with a strange hue of unreality".<ref>Dorian, ''The Quality of Witness'', 91.</ref> Questa disconnessione dal terreno, questa distanza dal reale, è il risultato di una breccia nel nome dell'uomo.
Se il diario si impegna in un recupero del terreno e del nome, è molto simile alla resistenza che Fackenheim descrive quando osserva: "German resistance, such as it was, had to discover a true self to be respected. The Jewish resistance had to ''recreate'' Jewish selfhood and self-respect... Once again the categories ‘willpower’ and ‘internal desire’ seem inadequate. Once again we have touched an Ultimate".<ref>Emil L. Fackenheim, ''To Mend the World: Foundations of Post-Holocaust Jewish Thought'' (New York: Schocken Books, 1989), 222.</ref> Forza di volontà e desiderio interiore sono adeguati all'impegno umano solo quando l'essere umano ha una dimora, e i resistenti tedeschi avevano un tale luogo: non furono allontanati dalle loro case, e le loro madri, i loro padri e i loro figli erano ancora madri, padri e figli. Nonostante il loro allontanamento da un luogo del mondo, d'altra parte, gli ebrei trovarono il modo di ricreare un luogo e con esso una relazione con il Luogo, o il ''makom'', cioè il Nome.
Al di là della somma degli individui, il popolo ebraico chiamato Israele incarna il ''Makom'' di Dio; lo ''[[Zohar]]'', ricordiamo, si riferisce alla Comunità di Israele come alla ''Shekhinah'', o Presenza Interiore del Santo (cfr. ''Zohar'' II 98a). Tra i diaristi in cui questa consapevolezza è più pronunciata c'è Yitzhak Katznelson. Nella sua annotazione del 14 settembre 1943, scrive: "Il sangue di sette milioni grida dal profondo di me. Dove sono? Il grido di tutto il mio popolo assassinato grida nell'abisso di questo mondo vuoto e malvagio".<ref>Katznelson, ''Vittel Diary'', 220.</ref> Il Nome è nel sangue: chiama attraverso il sangue di Israele che chiama dalla terra e si riversa nelle pagine del diario di Avraham Tory (1909-2002) dal [[w:Ghetto di Kovno|Ghetto di Kovno]]. Commentando un elenco delle vittime di un’''Aktion'', scrive: "Da ogni riga, e da ogni nome... il sangue ebraico versato grida vendetta; la memoria di Amalek sarà cancellata da sotto il cielo di Dio".<ref>Avraham Tory, ''Surviving the Holocaust: The Kovno Ghetto Diary'', trad. Jerzy Michalowicz, ed. Martin Gilbert (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1990), 280.</ref> La menzione di Amalek da parte di Tory è una parafrasi di {{passo biblico2|Esodo|17:14}}, e in questa allusione al passato biblico di Israele egli fa un'osservazione sul futuro di Israele. Entrambi sono raccolti in questa annotazione datata 6 aprile 1943. Questa raccolta del tempo e dell'eternità di Israele nella parola scritta distingue questo diario come una risposta al Nome, alla ricerca di un recupero del nome.
<gallery class="center" mode="packed" heights="140" caption="Diariste/i ebree/i uccise/i nella Shoah (lista parziale)">
Anne Frank passport photo, May 1942 (cropped).jpg|Anne Frank (1929-1945)
Etty Hillesum 1939 (cropped).jpg|Etty Hillesum (1914-1943)
EmanuelRingelblum 1900-1944.jpg|Emanuel Ringelblum (1900-1944)
PhilipMechanicus.jpg|Philip Mechanicus (1889-1944)
Helga deen.jpg|Helga Deen (1925-1943)
Icchak Kacenelson pocztówka.jpg|Itzhak Katzenelson (1886-1944)
Janusz Korczak (cropped).jpg|Janusz Korczak (1878-1942)
Willy-Cohn-Plakette am Rynek in Breslau (cropped).jpg|Willy Cohn (1888-1941)
Petr Ginz.jpg|Petr Ginz (1928-1944)
Czerniakow.jpg|Adam Czerniaków (1880-1942)
זלמן גרדובסקי.jpg|Zalman e Sonia Gradowski (1910-1944), entrambi uccisi a Auschwitz
RutkaHeniusLaskier1938.JPG|Rutka Laskier (1929-1943) con fratellino, entrambi uccisi a Auschwitz
Calel.jpg|Calel Perechodnik (1916-1944)
Yitskhok Rudashevski avec sa grand-mère et ses deux cousines - Wilno - Pologne.jpg|Yitskhok Rudashevski (1927-1943) con nonna e cugine
</gallery>
=== Recupero di un nome, recupero della Torah ===
Molti passi della Torah iniziano dichiarando: "Queste sono le parole che Dio pronunciò". Il Libro del Deuteronomio, tuttavia, si apre dicendo: "Queste sono le parole che Mosè pronunciò". Mosè, piuttosto che Dio, parlò al popolo d'Israele alla vigilia del loro ingresso nella Terra Promessa per trasmettere il ricordo di come vi erano arrivati. Se fossero usciti dall'esilio, quel ricordo sarebbe stato importante da portare con sé quanto lo erano le tavole della Torah e le ossa di Giuseppe. Come i vasi che contenevano i comandamenti di Dio e le spoglie dei defunti, la memoria stessa è una sorta di [[w:Aron haQodesh|''aron kodesh'' {{lang|he|אֲרוֹן קׄדֶש}}]], un'arca santa, che rende possibile trovare dimora nel mondo. Perché nell'arca della memoria dimora il Nome che ci chiama a ricordare.
Ciò che colpisce dell'ultimo dei Cinque Libri di Mosè è che è sia Torah che racconto della Torah. Il che significa: se la Torah e il Nome sono un tutt'uno, allora il Nome è anche il racconto del Nome, persino – o soprattutto – quando è il racconto dell'assalto al Nome. Mentre gli Israeliti stavano per entrare nella Terra e crearvi una dimora per Dio e l'umanità, Mosè trasmise a una nuova generazione (la generazione uscita dall'Egitto era scomparsa) un racconto di schiavitù e liberazione, di peregrinazioni e rivelazione. Perché? Perché la capacità di abitare nella Terra si fonda sulla capacità di questa memoria della propria origine e del proprio destino. La memoria della Torah contenuta nella Torah non è la memoria della sofferenza, ma la memoria del perché la sofferenza sia ''importante''. Questo è ciò che la rende una memoria del Nome senza il quale non abbiamo nome.
Possiamo quindi comprendere meglio l'affermazione del Baal Shem Tov secondo cui, così come l'oblio è legato all'esilio, così la memoria è legata alla redenzione.<ref>Cfr. [[Elie Wiesel]], ''Souls on Fire: Portraits and Legends of Hasidic Masters'', trad. Marion Wiesel (New York: Vintage, 1973), 227.</ref> Legata alla redenzione, la memoria è legata al significato e alla direzione, al passato e al futuro, e soprattutto all'umanità; legata alla redenzione, la memoria è legata a tutto ciò che confluisce in un nome; legata alla redenzione, la memoria è il Nome. "Il Re Supremo", dice lo ''[[Zohar]]'', "è accennato nella parola ''Zakhor'' (ricorda)" (''Zohar'' I 5b). Una funzione della memoria nelle memorie dell'Olocausto è quella di intraprendere un movimento di ritorno attraverso un atto di risposta: non un ritorno al campo, ma un ritorno al mondo, a un luogo dove è possibile dimorare. Se i nazisti si proponevano di assassinare le anime ebraiche prima di distruggere i corpi ebrei, allora si proponevano di distruggere questo movimento di ritorno che è una risposta al proprio nome. Se la [[Shoah]] è caratterizzata da un attacco alla ''teshuvah'' – alla redenzione, al ritorno e alla risposta – allora è definita da un attacco a una memoria e a un nome.
[[File:Merneptah Steli (cropped).jpg|220px|center|Stele di Merneptah]]
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| suo
|}</center>
Del XIII secolo AEV abbiamo l'iscrizione sulla '''[[w:Stele di Merenptah|Stele del faraone Merneptah]]''' (regnò dal 1213 al 1203 AEV): "Israele è devastato e la sua discendenza non esiste più" (cfr. grafico ''supra'').<ref>Cfr. Kenton L. Sparks, ''Ethnicity and Identity in Ancient Israel'' (Winona Lake, IN: Eisenbaums, 1998), 97.</ref> Dall'inizio del XII secolo EV abbiamo il grido di battaglia del capo almohade Ibn Tumart del Marocco (1080-1130), come riportato dal nostro saggio [[w:Abraham ibn Dawud|Abraham ibn Daud]] (1110-1180): "Venite e distruggiamoli dall'essere una nazione; che il nome di Israele non sia più ricordato".<ref>Abraham ibn Daud, ''The Book of Tradition: Sefer ha-Qabbalah'', trad. Gershon D. Cohen (Philadelphia: Jewish Publication Society, 2010), 87–88 - mia trad{{it}}</ref> E nel XX secolo abbiamo [[w:Amon Göth|Amon Göth]] e il suo proclama alle truppe in occasione della liquidazione del [[w:Ghetto di Cracovia|Ghetto di Cracovia]], tratto da ''[[w:Schindler's List - La lista di Schindler|Schindler's List]]'' (1993) di [[w:Steven Spielberg|Steven Spielberg]]: "Jews have lived in Krakow for six hundred years. By the end of the afternoon those six hundred years will be a rumor. They never happened".<ref>Vale la pena notare che gli ebrei erano effettivamente a Cracovia da 800 anni.</ref> Gli antisemiti sterminazionisti non vogliono gli ebrei vivi. Non vogliono la morte degli ebrei. No, come nel caso per eccellenza del ''Muselmann'', vogliono rimuovere dagli ebrei ogni predicato, ogni memoria e ogni nome. I nazisti non furono i primi a voler sterminare la Casa di Giacobbe e i Figli d'Israele, ma furono i più riusciti, i più radicali, i più coscienziosi nel loro attacco al Nome.
All'indomani dell'Evento, quando la chiamata al recupero di un nome incombe sul popolo ebraico, gli autori delle memorie si confrontano anche con la guerra alla memoria. Li vediamo, infatti, alle prese con la propria memoria. "L'indebolimento della mia memoria mi tormentava", scrive Alexander Donat (1905-1983).<ref>Donat, ''The Holocaust Kingdom'', 239.</ref> E Olga Lengyel (1908-2001) ricorda che i suoi compagni di prigionia ad Auschwitz "persero la memoria e la capacità di concentrarsi".<ref>Lengyel, ''Five Chimneys'', 96.</ref> Scrivere ''queste'' memorie, quindi, implica molto più che registrare i ricordi di una vita; è una lotta folle per recuperare una memoria e un nome, uno ''yad vashem'', in un atto di memoria compiuto in risposta a un attacco alla memoria e al Nome. Il ricordo che confluisce nelle memorie è una risposta al proprio nome, e racchiude un'affermazione della sacralità della vita umana che proviene solo dal Nome. Senza questo atto di memoria non c'è ritorno alla vita, non c'è recupero del nome.
Nel suo romanzo ''The Forgotten'', [[Elie Wiesel]] affronta proprio questo argomento. È la storia di Elhanan, un sopravvissuto che, afflitto dal morbo di Alzheimer, si trova ad affrontare il problema di trasmettere la propria memoria al figlio. Questa è la sua preghiera: "Dio di Auschwitz, sappi che devo ricordare Auschwitz. E che devo ricordarTelo... Ricorda che solo la memoria riconduce l'uomo alla fonte del suo desiderio di Te".<ref>Elie Wiesel, ''The Forgotten'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1992), 11–12 - mia trad{{it}}</ref> In seguito, suo figlio Malkiel, che diventa il tramite della memoria del padre, elabora: "Per un ebreo, nulla è più importante della memoria. È legato alle sue origini dalla memoria".<ref>''Ibid.'', 71.</ref> Sebbene non tutti i sopravvissuti siano vittime del morbo di Alzheimer, loro – e noi – ci troviamo tutti a dover trasmettere una memoria che si sta esaurendo e a lottare con l'Angelo dell'Amnesia. Siamo chiamati a unire il nostro grido al grido del sopravvissuto che alza la voce al cielo: "Che Egli si ricordi, perché solo Lui può farci ricordare".<ref>Elie Wiesel, ''Against Silence: The Voice and Vision of Elie Wiesel'', Vol. 1, ed. Irving Abrahamson (New York: Holocaust Library, 1985), 114.</ref> Persino il nostro nome? Soprattutto il nostro nome.
Le memorie scritte durante la prima generazione dopo l'Olocausto furono scritte per lettori che erano vivi durante l'Evento, lettori per i quali l'Evento era parte della loro memoria storica, parte del loro reame di possibilità e quindi parte del loro reame di responsabilità. In quasi tutti i casi, gli autori delle memorie precedenti non scrivevano per le loro famiglie o per i loro figli; le loro famiglie erano state massacrate e i loro figli non erano ancora nati, se non già tra i morti. Coloro che insistevano perché parlassero non erano i loro figli adulti, come spesso accadeva negli anni successivi, ma i loro genitori, fratelli, sorelle, zii e zie defunti, i cui nomi erano attenti a registrare, in un recupero dei propri nomi. In queste memorie il legame con un passato pieno di distruzione e disperazione è spesso molto più forte del legame con un futuro pieno di rinnovamento e speranza; ricordate il cadavere che ci scruta negli occhi dalle profondità dell'ultima pagina delle memorie di Wiesel, [[w:La notte (romanzo)|''Night (La Notte)'']].<ref>Elie Wiesel, ''Night'', 116.</ref>
A differenza degli autori di memorie precedenti, i sopravvissuti che hanno scritto le loro memorie in età avanzata hanno un pubblico desideroso almeno di ascoltarli. Ci sono studiosi e insegnanti, artisti e agenti, pronti a scrivere libri su di loro, tenere corsi, girare film e organizzare conferenze. Coloro che hanno registrato i loro ricordi nel crepuscolo della memoria lo hanno fatto sullo sfondo di un [[w:Yom HaShoah|Giorno della Memoria dell'Olocausto]] (''Yom HaShoah'') e di musei commemorativi dedicati al messaggio che cercano di trasmettere. Ci sono workshop e conferenze, appuntamenti professionali e organizzazioni professionali dedicati agli studi sull'Olocausto; infatti, ora è finanche possibile conseguire un [[w:Dottorato di ricerca|dottorato di ricerca (Ph.D.)]] in studi sull'Olocausto.
Chi di noi si accosta alle memorie di fine vita si sente più a suo agio – anzi, fin troppo – con il "lieto fine", o almeno con qualcosa che non si concluda con un cadavere che ci fissa dalle profondità di uno specchio. Quegli eventi, inoltre, sono accaduti prima che la maggior parte di noi nascesse: ci sono estranei, al di fuori degli orizzonti della nostra coscienza. Ma siamo davvero così al sicuro? Gli autori delle memorie scritte nel crepuscolo della memoria parlano davvero da una dimora nel mondo, e non da un esilio nell'antimondo? Cosa cercano ora i sopravvissuti in questo ricordo? Cosa cerchiamo ora noi? E conosciamo davvero il nostro nome?
=== Recupero di un nome come recupero di un futuro ===
Sebbene le memorie scritte trenta o quarant'anni fa fossero destinate a un pubblico diverso, in circostanze diverse e con motivazioni diverse, l'Evento ricordato è lo stesso. Il sopravvissuto risponde allo stesso assalto all'anima, al Nome, all'idea stessa e all'identità dell'umanità; si impegna nella stessa lotta per ripristinare un centro di verità, significato e santità che può essere fondato solo sul Nome da cui tutti i nomi derivano. Sì, le memorie precedenti spesso disperano del futuro più di quelle successive; ma il fatto che siano pronunciate da qualcuno a qualcuno le orienta verso il futuro. Perché in quella frase il sopravvissuto recupera un nome rivolgendosi a noi per nome, così che un futuro racchiuso nel nostro nome si schiude nella risposta che dobbiamo ''ancora'' dare.
Molto spesso, più tardi nella vita si scrive un ''memoir'', maggiore è l'orientamento al futuro. Rendendoci conto di questo, giungiamo a un'altra conclusione: la memoria nel ''memoir'' dell'Olocausto è memoria del futuro, per il futuro. Il futuro di cosa? Il futuro del nostro impegno con l'Angelo. Perché il futuro non è un ''cosa''; il futuro è un ''chi''. Il che significa: il futuro ha un ''nome''. Il futuro è ''l’altro essere umano'' – un punto sottolineato con forza dagli autori di ''memoir'' di età avanzata, che vedono il volto del futuro negli occhi dei loro figli, che portano i nomi dei morti in ricordo dei morti. Gli autori del ''memoir'' dell'Olocausto recuperano un futuro che supera gli orizzonti del loro tempo in questo mondo. Ricordare significa avere tempo, tempo per ciò che è infinitamente prezioso, per ciò che c'è da amare, tempo per l'altro essere umano. Perché il tempo che diamo all'altro è l'unico tempo che abbiamo: abbiamo solo il tempo che diamo.
Scrivendo le loro ''memoir'', i sopravvissuti affermano il loro nome, come anche il Nome che è stato aggredito durante l'evento ricordato. In quasi ogni caso delle memorie degli ultimi anni di vita, qualcuno che li ama chiede loro di scriverle. Rispondono alla prima domanda posta al primo essere umano, la domanda posta a ogni essere umano – Dove sei? – dichiarando: "Eccomi, per te". Questo "Eccomi" significa: "Ecco la mia memoria. Ecco il mio nome. In esso è il tuo nome". E ci pongono una domanda: "Cosa farai del tuo nome?". La tradizione insegna che "ci sono tre corone: la corona della Torah, la corona del sacerdozio e la corona della regalità. Ma la corona di un buon nome le supera tutte" (''Pirke Avot'' 4:13). Se vogliamo opporci alla visione nazista dell'essere umano, allora dobbiamo abbracciare la visione a cui si opponevano, ovvero che siamo ''essenzialmente'' connessi a ogni essere umano come i membri di una famiglia sono essenzialmente connessi tra loro – attraverso il nome. Il che significa: gli autori di memorie di fine vita sono le nostre madri e i nostri padri. Siamo il lignaggio a cui rispondono quando si assumono l'onere gravoso di questo ricordo. E noi che portiamo i loro nomi siamo quelli che devono reagire alla loro risposta – per nome.
Se la sopravvivenza dell'autore del ''memoir'' è un miracolo, il ''memoir'' stesso è un miracolo ancora più grande. Perché nel ''memoir'' l'autore attesta l'infinita preziosità dell'essere umano dopo essere emerso da un reame in cui era meno di niente. Contrariamente all'abusante che abusa perché è stato abusato, queste persone trasformano una sofferenza indicibile in una benedizione ineffabile, non per sentirsi meglio con se stesse, ma per il bene dei propri figli.
Rispondendo al 614° Comandamento di Fackenheim, questi testimoni si impegnano nella loro testimonianza strappando il nome di Israele all'Angelo della Morte. Nelle memorie scritte in tarda età, si può osservare il racconto di una vita che supera il tempo della morte dell'anti-mondo, una vita che include figli e nipoti, come anche il ricordo di una madre e di un padre il cui amore e i cui insegnamenti vengono trasmessi alla generazione successiva. Il che significa: queste memorie scritte in tarda età non sono solo resoconti di testimoni oculari offerti al mondo, ma ci vengono ''tramandati''. Questa è la differenza tra un resoconto e un ricordo: un resoconto lo archiviamo, un ricordo lo ''ereditiamo''. Questi ''memoir'' giungono a una generazione di bambini che sono cresciuti fino a diventare genitori e hanno trasmesso nomi, chiamando i propri figli come i sopravvissuti che se ne sono andati. Cosa racconteremo, allora, ai nostri figli, non solo dell'Olocausto, ma anche di coloro che vi sopravvissero? Che le loro vite fossero vuote, che il mondo fosse un vuoto e che la vita fosse priva di significato – basta guardare l'Olocausto? Ma non si limitano a guardare l'Olocausto: l'Olocausto li scruta. Lo vivono, lo rivivono e continuano a vivere – ''come ebrei'' – nonostante ciò, per portare al mondo una verità e un insegnamento su ciò che è più prezioso e più caro.
Poiché questa memoria ci giunge non solo come ricordo di orrore, ma anche come affermazione di umanità, ci viene presentata come testimonianza sia di ciò che accadde allora sia di ciò che ''accadrà'' in seguito. Il ricordo dei sopravvissuti racchiude una vocazione e un comandamento. Pertanto, gli autori di ''memoir'' dell'Olocausto affidano alle nostre cure ciò che è stato affidato alle loro cure – e anche di più: affidano alle nostre cure sia il grido degli assassinati che li perseguita, sia il richiamo di un futuro che li chiama. Come loro figli e nipoti, riceviamo la loro eredità; accogliendo la loro eredità, diventiamo testimoni e messaggeri che a loro volta devono rispondere alla domanda: qual è il tuo nome? Non solo riceviamo il racconto di una vita, ma ora dobbiamo vivere in un certo modo, abbracciando la Torah che è il Nome. Man mano che sempre più numerosi questi sopravvissuti muoiono, ci troviamo sempre più nella posizione di chi recita il ''Kaddish'' per il genitore defunto, aggiungendo: ''"Hareyni kaparat mishkavo'' - Possa io essere un'espiazione per il suo riposo". Come possiamo farlo? Ascoltando questi ricordi e vivendo secondo l'insegnamento della Torah che li definisce, l'insegnamento che l'altro essere umano è un essere santo.
L'ultimo residuo di memoria vivente sta trapassando. Quando tale memoria vivente se ne va, non scompare; passa – a noi. Di cosa sarà il ricordo? Dell'urlo del silenzio o della voce del testimone? Non si tratta di una questione di scelta; certo, le memorie dell'Olocausto contengono sia la voce del sopravvissuto che il silenzio a cui è sopravvissuto. La domanda è: come possiamo prestare attenzione alla voce senza essere inghiottiti dal silenzio? La risposta: trasmettendo il messaggio delle nostre madri e dei nostri padri in quanto madri e padri, rispondendo al nostro nome e conferendo un nome ai nostri figli. Onorare la memoria delle nostre madri e dei nostri padri significa prestare attenzione al loro messaggio. Diamo attenzione al loro messaggio vivendo vite degne delle loro vite, attestando il valore delle loro vite attraverso una testimonianza dell'infinito valore delle vite che ci circondano. E diventando ciò che siamo dopo una dura lotta con l'Angelo della Morte: '''''Am Yisrael'''''.
=== Qual'è il tuo nome? ===
{{Vedi anche|:en:w:Am Yisrael Chai|w:Chai (ebraismo)|etichetta1=Am Yisrael Chai עַם יִשְׂרָאֵל חַי|etichetta2=Chai חַי}}
{{clear}}
<div style="text-align: center; font-size: 2.5em;">''Am Yisrael Chai''</div>
{{Testo ebraico|allineamento=centro|dimensioni=grande|עַם יִשְׂרָאֵל חַי}}
<div style="text-align: center; font-size: 1.4em;">''Viva il popolo di Israele!''</div>
</div>
[[File:BergenBelsenHatikva.ogg|200px|center|thumb|<div style="color: teal; text-align: center; font-size: 0.9em;">Registrazione della [[w:BBC|BBC]] del 20 aprile 1945 in cui i sopravvissuti ebrei di [[w:Campo di concentramento di Bergen-Belsen|Bergen-Belsen]] cantano l’''[[w:Hatikvah|Hatikvah]]'', seguito dal grido di ''"[[:en:w:Am Yisrael Chai|Am Yisrael Chai!]]"'', solo cinque giorni dopo la loro liberazione da parte degli Alleati.</div>]]
== Note ==
[[File:Elie Wiesel (1987) by Erling Mandelmann - 2.jpg|162px|right|Elie Wiesel, 1987]]
[[File:Primo Levi.jpg|left|159px|Primo Levi, anni '50]]
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie letteratura moderna|Serie dei sentimenti}}
<div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div>
{{Avanzamento|75%|30 giugno 2025}}
[[Categoria:Connessioni|Capitolo 12]]
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{{Immagine grande|Buchenwald Slave Laborers Liberation.jpg|740px|[[w:Campo di concentramento di Buchenwald|Campo di concentramento di Buchenwald]], foto scattata il 16 aprile 1945, cinque giorni dopo la liberazione del campo. [[Elie Wiesel]] è nella seconda fila a partire dal basso, il settimo da sinistra.}}
== Il recupero di un nome dopo l'aggressione al Nome: la testimonianza di diari e memorie ==
{{Vedi anche|Shoah e identità ebraica|etichetta1=Shoah e identità ebraica: l'Olocausto nella letteratura di Primo Levi e Elie Wiesel}}
Nel cuore della notte, mentre Giacobbe stava per partire andando a riconciliarsi con suo fratello Esaù e tornare alla sua terra natale, l'Angelo della Morte si abbatté su di lui e i due lottarono fino all'alba. Giacobbe vinse l'Angelo e non lo lasciò andare finché non ottenne una benedizione dall'essere ultraterreno. La benedizione iniziò con una domanda: "Qual è il tuo nome?"
E l'uomo rispose: "Giacobbe".
Al che l'Angelo della Morte rispose: "Non ti chiamerai più Giacobbe. D'ora in poi ti chiamerai Israele, perché hai lottato contro Dio e contro l'umanità, e hai vinto" (cfr. {{passo biblico2|Genesi|32:25-31}}).
Cosa può significare per Giacobbe aver "lottato contro Dio [''Elokim''] e l'umanità"? Il [[Chabad-Lubavitch|Rabbi di Lubavitch]], [[w:Menachem Mendel Schneerson|Menachem M. Schneerson]], ז״ל, spiega:
{{citazione|“Elokim” in this context means “angels” [cf. ''Talmud Bavli, Chullin'' 92a], and generally connotes the “seventy heavenly princes” through whom flow the Divine emanations which sustain physical existence, and who thereby act to conceal Godliness. “Men” signifies a still greater concealment, for men are capable of denigrating the Jew for performing God’s will, and this is a harder concealment to bear. For this reason, the first paragraph of the entire Shulchan Aruch warns us “not to be ashamed of men who ridicule.” And this is the basis of the whole of a Jew’s service – to break down the concealment of God.|[[w:Menachem Mendel Schneerson|Menachem M. Schneerson]], ''Torah Studies'', adattato da [[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]], 2a ed. (London: Lubavitch Foundation, 1986), 45}}
Mai come ai tempi dell'Olocausto, la denigrazione dell'ebreo da parte degli uomini fu più pronunciata. E mai come ai tempi dell'Olocausto, l'occultamento di Dio fu più grande. Come può un ebreo nell'era post-Olocausto penetrare l'occultamento di Dio, di Colui che chiamiamo "il Nome"? Recuperando il proprio nome, il nome di Israele, conferito a ogni anima ebrea prima del suo ingresso in questo reame.
Un'altra domanda sorge nel racconto della lotta di Giacobbe con l'Angelo: cosa significa dire che egli vinse/prevalse sull'Angelo della Morte? Il termine ebraico è ''vatukhal'', affine a ''takhlit'', che significa "scopo" o "proposito". Vale a dire: Egli ricevette un nuovo significato e una nuova missione, una nuova anima, lottando per ottenere un nuovo nome dall'Angelo. Qual è, dunque, la differenza tra Giacobbe e Israele? Il salmista lo afferma in questo modo: "Egli [Dio] ha stabilito una testimonianza [''edut''] in Giacobbe e ha posto un insegnamento [''Torah''] in Israele" ({{passo biblico2|Salmi|78:5}}). Nella lotta abbiamo la testimonianza; nel nome abbiamo l'insegnamento. La testimonianza o ''edah'' è una testimonianza dello ''yaad'', lo "scopo" o la "missione" per cui siamo creati. ''Edah'' può anche significare "comunità" o "incontro", come nell’''Ohel Moed'' o "Tenda del Convegno" ({{passo biblico2|Esodo|33:7}}). Non c'è comunità senza testimonianza, non c'è testimonianza senza incontro, e la testimonianza riguarda qualcosa in merito alla natura dell'abitare in comunità; in effetti, ogni abitare nasce in una comunità di incontro. Impegnarsi nella testimonianza centrale della comunità significa rispondere: "Eccomi", in reazione al comandamento di prendersi cura del bisogno dell'altro essere umano. Un membro di un’''edah'' o comunità, quindi, è un ''ed'' o un "testimone" di un comandamento o "precetto di Dio", che è ancora un altro significato di ''edah'', e senza il quale non abitiamo in una comunità, ma solo in un'inevitabilmente vana lotta per la sopravvivenza, poiché nessuno ne esce vivo. Questo abitare è il "destino", lo ''yiud'', un altro affine di ''edah'', della Casa di Giacobbe.
E la [[Torah]] o l'"insegnamento" che si trova in ''Yisrael''? È un insegnamento che ci insegna a lottare, come suggerisce il nome ''Yisrael'', "colui che lotta con Dio". Senza la Torah, non c'è lotta per ottenere un nome dal Nome, che è Torah. Dice lo ''[[Zohar]]'': "Tutta la Torah è un involucro del Nome Divino, il Nome più eccelso, il Nome che comprende tutti gli altri nomi" (''Zohar'' II 124a). Non studiamo la Torah, lottiamo con essa. L'insegnamento, la Torah, è sia una chiamata che una benedizione. Lottando per ottenere una benedizione dall'Angelo, Giacobbe raggiunse il significato e lo scopo – ottenne un insegnamento, una Torah – ottenendo un nome, il nome Israele. Essere benedetti significa essere benedetti non con la fortuna, ma con il significato, con una chiamata. Così, ricevendo il nome di Israele, Giacobbe ricevette una chiamata. Ciò significa: per raggiungere il nome di Israele, l'ebreo deve vivere secondo la Torah, che è il Nome.
Come abbiamo visto, il tempo dell'Olocausto fu un'epoca di aggressione all'anima di Israele, anima conquistata come benedizione e nome. Pertanto, l'afflizione nazista dell'anima ebraica comportò un attacco alla benedizione e al nome, sia umani che divini. Il Rabbi di Shilev comprese questo punto anche mentre lui e i suoi confratelli ebrei attendevano il loro turno per le camere a gas di Birkenau: "Non vedi", si rivolse a un uomo di nome Ferber, "lo spirito di Dio che aleggia qui ora sopra questa Distruzione e questa Creazione? Non senti che Giacobbe – nelle nostre ossa – ora lotta con l'Angelo? Noi siamo il tendine della sua vena femorale in questa lotta!"
E Ferber gli chiese: "Rabbi di Shilev, per amore di chi Giacobbe lotta con l'Angelo, se i suoi figli non attraversarono il fiume, ma rimasero qui nell'oscurità della notte?"
E il Rabbi rispose: "Dall'oscurità stessa di questa notte Giacobbe tirerà fuori il nome ‘Israele!’"<ref>Ka-tzetnik 135633, ''Kaddish'', trad. Nina De-Nur (New York: Algemeiner Associates, 1998), 97–98.</ref> E dall'oscurità di quelle ceneri. Perché lo ''[[Zohar]]'' ci dice che la polvere sollevata quando Giacobbe strappò all'Angelo il nome "Israele" "non era polvere comune, ma cenere, residuo di fuoco" (''Zohar'' I 170a), lanciata al vento e riversata nei fiumi per essere sparsa sulla faccia della terra.
I campi e i ghetti dell'universo concentrazionario sono stati smantellati, ma resta da vedere se Giacobbe riuscirà davvero a strappare una benedizione e un nome all'Angelo della Morte: la lotta per una benedizione e un nome – per un ricordo e un nome, uno ''yad vashem'' – continua. Ricordiamo le parole di [[Primo Levi]]: "Ci toglieranno persino il nome, e se vogliamo conservarlo, dovremo trovare la forza di farlo".<ref>Primo Levi, ''Se questo è un uomo, ad loc.''</ref> Forse in nessun altro momento della nostra storia millenaria un ebreo ha fatto un'affermazione come quella contenuta nel documentario israeliano ''Pillar of Fire (Pilastro di Fuoco)'' (1981): "My name, when I can remember it, is...". ''When I can remember it...!'' Quando riesco a ricordarlo! Com'è possibile che una persona possa dimenticare il proprio nome? Eppure questo è esattamente ciò che i nazisti escogitarono nella loro cancellazione dell'anima del popolo ebraico: la cancellazione del nome e della memoria del Nome, nello strappo del nome dall'anima.
=== Il numero e il nome ===
{{Vedi anche|:en:w:List of Holocaust diarists|:en:w:List of posthumous publications of Holocaust victims|etichetta1=List of Holocaust diarists|etichetta2=List of posthumous publications of Holocaust victims}}
Questa lacerazione del nome dall'anima assunse la sua prima forma concreta nel 1938, quando i nazisti aggiunsero il nome ''Israele'' a ogni maschio ebreo e il nome ''Sarah'' a ogni femmina ebrea in Germania. Nel primo caso abbiamo l'obliterazione del nome di un popolo, nel secondo l'obliterazione della sua origine. Secondo una tradizione ebraica che ho ricevuto da uno dei miei insegnanti, madri e padri non inventano nomi per i propri figli; piuttosto, viene loro concesso un momento di intuizione profetica, quando viene rivelato loro quale nome Dio ha pronunciato nella creazione di quest'anima. Così, presumendo di dare un nome agli ebrei di Germania, i nazisti compiono un altro passo verso l'usurpazione del Nome.
Il ricordo dell'aggressione all'anima attraverso l'aggressione al nome è centrale nella testimonianza di molti sopravvissuti ai campi. [[w:Germaine Tillion|Germaine Tillion]] (1907-2008) ricorda di essere stata privata del suo nome all'arrivo a [[w:campo di concentramento di Ravensbrück|Ravensbrück]]: "Tutto ciò che avevamo ora erano pochi stracci sporchi che non ci appartenevano - e un numero".<ref>Germaine Tillion, ''Ravensbrück'', trad. {{en}}Gerald Satterwhite (Garden City, NY: Doubleday, 1975), 6 - mia trad{{it}}</ref> La tradizione ebraica insegna che il nome e l'anima, il nome e la persona, sono un pezzo unico.<ref>Cfr. per esempio, ''Sefer Chasidim'' (244) del saggio medievale Rabbi Yehuda HeChasid; cfr. anche Nachman di Breslov, ''Tikkun'', trad. {{en}}Avraham Greenbaum (Jerusalem: Breslov Research Institute, 1984), 103.</ref> Forzare il numero nel corpo, sotto la pelle e indelebilmente nel nucleo del corpo, prosciuga il corpo della sua anima. Nelle sue memorie, Sara Nomberg-Przytyk afferma altrettanto: "Ad Auschwitz eravamo solo numeri, senza volto né anima".<ref>Sara Nomberg-Przytyk, ''Auschwitz: True Tales from a Grotesque Land'', trad. {{en}}Roslyn Hirsch (Chapel Hill: University of North Carolina Press, 1985), 15 - mia trad{{it}}.</ref> E così, attraverso il numero, i nazisti trasformarono l'ebreo in uno ''Stück'', cioè un "pezzo" o un'"unità".<ref>Cfr. ''Ibid.''.</ref> Nel gergo del Partito, ad Auschwitz gli esseri umani non venivano assassinati: le "unità" numerate venivano semplicemente "processate".
Riducendo la persona a nient'altro che un oggetto di cui disporre, il numero è la prima arma sguainata nella guerra ontologica per uccidere l'essere umano, annientando ogni benedizione che derivi dall'al di là dell'essere. Come insegna il Talmud: "La benedizione non si trova in qualcosa di pesato, né in qualcosa di misurato, né in qualcosa di contato" (''Bava Metzia'' 42a). E i numeri sono precisamente il linguaggio – o l'antilinguaggio – del pesare, del misurare e del contare. Privato del suo nome e marchiato con un numero, l'essere umano viene privato della sua vita e della sua umanità. "Un numero di serie", afferma Sim Kessel (n. 1919) nelle sue memorie, "ti dispensa dall'aver avuto un nome, dall'aver avuto un'anima, dall'aver avuto una vita".<ref>Sim Kessel, [https://www.google.co.uk/books/edition/Hanged_at_Auschwitz/XdsWAQAAIAAJ?hl=en ''Hanged at Auschwitz''], trad. Melville Wallace e Delight Wallace (New York: Stein and Day, 1972), 169 - mia trad{{it}}.</ref> Così, cercando di recuperare la propria umanità, gli autori di numerose memorie si sono proposti di recuperare un nome ricordando un numero. Per esempio:
<blockquote>
[[Elie Wiesel|ELIE WIESEL]]: Divenni A-7713. Dopo di che non ebbi nessun altro nome."<ref>[[Elie Wiesel]], ''Night'', trad. Stella Rodway (New York: Hill and Wang, 1961), 51.</ref>
[[w:Miklós Nyiszli|MIKLÓS NYISZLI]]: "Dall'ora in poi sarei semplicemente stato il prigioniero KZ numero A 8450."<ref>Miklós Nyiszli, ''Auschwitz: A Doctor’s Eyewitness Account'', trad. Tibere Kremer e Richard Seaver (New York: Fawcett Crest, 1960), 26.</ref>
[[w:Sara Zyskind|SARA ZYSKIND]]: "Il mio era 55091 – il mio nuovo nome dall'ora in poi."<ref>Sara Zyskind, ''Stolen Years'', trad. Margarit Inbar (Minneapolis: Lerner, 1981), 211.</ref>
[[w:Alexander Donat|ALEXANDER DONAT]]: "Guardai il mio numero: 7115. Da quel momento smisi di essere un uomo."<ref>Alexander Donat, ''The Holocaust Kingdom'' (New York: Holocaust Library, 1978), 168.</ref>
[[w:Rudolf Vrba|RUDOLF VRBA]]: "Quella fu davvero l'ultima volta che usai il mio nome... perché ora ero il prigioniero numero 44070."<ref>Rudolf Vrba con Alan Bestic, ''I Cannot Forgive'' (New York: Bantam, 1964), 78–79.</ref>
[[:en:w:Nathan Shapell|NATHAN SHAPELL]]: "Un ago sporco... cancellò Natan Schapelski dalla razza umana e diede vita all'Häftling 134138."<ref>Nathan Shapell, ''Witness to the Truth'' (New York: David McKay, 1974), 116.</ref>
[[:en:w:Olga Lengyel|OLGA LENGYEL]]: "Ero il numero ‘25403’. Ce l’ho ancora sul braccio destro e lo porterò con me nella tomba."<ref>Olga Lengyel, ''Five Chimneys'' (London: Granada, 1972), 116.</ref>
MOSHE SANDBERG: "Cessammo di essere esseri umani con cognomi... Nella mia metamorfosi ero il numero 124753."<ref>Moshe Sandberg, ''My Longest Year'', trad. S. C. Hyman (Jerusalem: Yad Vashem, 1968), 55.</ref>
</blockquote>
"Cessato di essere un uomo", "cancellato dalla razza umana", "cessato di essere un essere umano": la memoria si aggrappa a queste frasi nel tentativo di articolare la morte che il sopravvissuto attraversa, poiché lo segue dall'enorme fossa comune che era il pianeta Auschwitz fino alla sua tomba. Con inciso il numero, l'essere umano non "sperimenta" l'Olocausto, nella misura in cui, in un senso importante, non lo vive; piuttosto, l'Olocausto "sperimenta" e vive attraverso l'essere umano, diventando parte della sua essenza per sempre. Egli lascia Auschwitz, ma non la lascia indietro: il prigioniero non è ad Auschwitz – Auschwitz è nel prigioniero. Nelle sue memorie, Judith Dribben spiega: "Once the number was there, there was no chance to escape. It bound us more strongly than any chain. It was something that could only be removed together with a piece of flesh". <ref>Judith Dribben, ''And Some Shall Live'' (Jerusalem: Keter, 1969), 185.</ref>
Se Auschwitz è nel prigioniero, i morti sono in tutti noi. Ricordate il [[w:disastro di Černobyl'|disastro di Chernobyl il 26 aprile 1986]], quando una nube di materiale radioattivo fu rilasciata nell'aria dal camino di una centrale nucleare? Due settimane dopo, i livelli di radiazione nel [[w:Montana|Montana]] erano elevati. In effetti, si possono determinare i livelli di inquinamento atmosferico per un dato anno prendendo un campione di neve e ghiaccio dall'[[w:Antartide|Antartide]]. Antartide! Al tempo dell'Olocausto, il fumo dei morti ebrei si è alzato nell'aria non per un giorno, ma per mille giorni, non da un solo camino, ma da decine. I venti hanno sparso le ceneri del corpo di Israele sulla faccia della terra, da est a ovest, da un polo all'altro. Abitano il suolo da cui raccogliamo il nostro pane. Rimangono nel pane che mettiamo in bocca. In una cupa unione eucaristica ci leghiamo a quelle ceneri ogni volta che mettiamo in bocca un pezzo di pane. Come siamo fatti di quel pane, così siamo fatti di quelle ceneri: siamo la tomba per coloro a cui è stata negata una tomba.
[[w:Arnošt Lustig|Arnošt Lustig]] lo afferma in modo più eloquente di me:
{{citazione|These ashes would be indestructible and immutable, they would not burn up into nothingness because they themselves were remnants of fire... No one living would ever be able to escape them; these ashes would be contained in the milk that will be drunk by babies yet unborn and in the breasts their mothers offer them... These ashes will be contained in the breath and expression of every one of us and the next time anybody asks what the air he breathes is made of, he will have to think about these ashes; they will be contained in books which haven’t been written and will be found in the remotest regions of the earth where no human foot has ever trod; no one will be able to get rid of them, for they will be the fond, nagging ashes of the dead who died in innocence.|[[:en:w:Arnošt Lustig|Arnošt Lustig]], ''[[:en:w:A Prayer for Katerina Horovitzova|A Prayer for Katerina Horovitzova]]'', trad. Jeanne Němcová (New York: Harper & Row, 1973), 50–51}}
E nel loro tormento persiste una domanda assillante: qual è il tuo nome? Essendo diventati un veicolo dei morti, scopriamo che l'Angelo della Morte è diventato il nostro compagno costante.
E così lottiamo con l'Angelo dai Mille Occhi, l'Angelo giallo come la stella che i nazisti impressero sugli ebrei.<ref>Saadia Gaon, ''The Book of Belief and Opinions'', trad. Samuel Rosenblatt (New Haven, CT: Yale University Press, 1976), 255–256; cfr. anche Talmud, trattato ''Avodah Zarah'', 20b.</ref> Solo che questa volta l'Angelo non viene per prenderci, ma per lasciarci con occhi nuovi, attraverso i quali possiamo guardare nello specchio della nostra anima. Con tutti i suoi occhi fissi su di noi, l'Angelo pone la stessa domanda che pose a Giacobbe quando lottarono fino all'alba: "Qual è il tuo nome?". Nel nostro cognome è iscritto il nostro passato; nel nostro primo nome dimora il nostro futuro. Ma cosa sappiamo, in realtà, quando conosciamo il nostro nome? Conoscere il nostro nome significa conoscere i nomi di coloro che ci conferiscono un nome, i nomi di nostra madre e di nostro padre. Significa conoscere una tradizione portata da coloro che hanno avuto i nostri nomi prima di noi; significa conoscere un insegnamento che ospita la nostra missione nella vita, come inscritto nel nostro nome; significa riconoscere che siamo chiamati per nome e dobbiamo rispondere al nostro nome. Chiedendoci il nome, l'Angelo stabilisce qualcosa del nostro essere che è intimamente legato al nostro agire: conoscere il nostro nome, come conoscere Dio, significa sapere cosa si deve fare.
Mentre l'Angelo lottava con Giacobbe, il ''Midrash'' narra che "egli mise il dito sulla terra, e la terra cominciò a sprizzare fuoco. Giacobbe gli disse: ‘Vuoi spaventarmi con questo? Perché io sono tutto di quella materia!’ Così sta scritto: E la casa di Giacobbe sarà un fuoco ({{passo biblico2|Abdia|1:18}})" (''Bereshit Rabbah'' 77:2). Certo, i figli di Giacobbe sono fatti di quella materia. Proprio come la Torah è fatta di fuoco nero su fuoco bianco (''Tanchuma Bereshit'' 1; ''Devarim Rabbah'' 3:12; ''Shir HaShirim Rabbah'' 5:11:6; ''Zohar'' II 226b), così il fuoco "costituisce la base dell'anima", come attesta Rabbi Chayim ben Attar (''Or HaChayim'' su {{passo biblico2|Genesi|3:2}}). Dopo Auschwitz, quel fuoco assume una nuova dimensione. Nella lotta post-Olocausto con l'Angelo, la terra erutta in un fuoco strano, un fuoco di cui ora siamo fatti. Proprio come Giacobbe lottò per ottenere un nome dall'Angelo, ora dobbiamo lottare per ottenere un nome dal fuoco che avrebbe consumato il Nome. Così possiamo comprendere meglio almeno un'implicazione dell'intuizione di [[Elie Wiesel]] secondo cui il fuoco era l'immagine dominante dell'Evento.<ref>Elie Wiesel, ''Evil and Exile'', trad. Jon Rothschild (Notre Dame: University of Notre Dame Press, 1990), 39.</ref> È un'immagine dominante perché si trova al centro del compito che si presenta alla nostra anima mentre continuiamo a lottare con l'Angelo a Peniel. E, come osserva il [[:en:w:Rashbam|Rashbam, Rabbi Shmuel ben Meir]], nel suo commentario a {{passo biblico2|Genesi|32}}, sapere che il nostro nome è Israele significa conoscere non solo la nostra identità, ma anche la sua ineluttabilità, che è l'ineluttabilità della lotta con Dio e l'umanità.<ref>Jonathan Sacks, ''Crisis and Covenant: Jewish Thought after the Holocaust'' (Manchester, Eng.: Manchester University Press, 1992), 274.</ref> Quando arriverà l'alba, nessuno lo sa. Ma è chiaro che dobbiamo lottare finché non arriverà e meritare così la benedizione e il nome di Israele.
=== La convocazione del nome ===
Se non conosce altro, l'ebreo però sa che, a meno che non venga chiamato a questa resa dei conti, non solo la sua vita è priva di significato, ma è impossibile vivere alla ricerca di un qualsiasi significato. Lottare con l'Angelo è pieno di pericoli; come suggerisce la storia di Giacobbe a Peniel, nessuno ne esce indenne. Forse è per questo che siamo così riluttanti a entrare nella mischia e scegliamo invece di seguire i venti della moda e di [[w:moda passeggera|trend passeggeri]]. Ricordiamo che ai tempi del Terzo Reich l'antisemitismo era di moda nelle aule accademiche quanto nelle birrerie. Come abbiamo visto nei Capitoli precedenti, l'antisemitismo odierno, di moda e persino moralmente imposto, assume spesso la forma di un attacco a Israele. L'ironia nel criticare il nome che siamo chiamati a strappare all'Angelo è travolgente. Ci dice che la posta in gioco degli ebrei nel recupero di un nome dopo l'assalto al Nome va oltre qualsiasi cosa superficiale come "autostima" o "autoaffermazione"; si tratta di una salvezza comunitaria, di una riparazione della Creazione stessa. Perché la Creazione è fatta del Nome.
Un criterio per riparare il mondo dopo l'Evento che lo distrusse è stabilito dall'interno dell'Evento stesso, nell'esempio dei diaristi dell'Olocausto. Lungi dall'essere un resoconto quotidiano degli eventi del giorno, questi diari sono una testimonianza offerta in risposta a una convocazione che coinvolge chiunque ne apra le pagine, che miracolosamente giungono nelle nostre mani. Proprio come Giacobbe lottò nel cuore di una notte terribile, così gli ebrei scrissero i loro diari nel cuore della notte, sotto pena di morte, in segreto, tormentati dalla stanchezza e dalla fame. Tuttavia, in qualche modo, queste grida lontane di "Eccomi!" e "Dove sei?" ci pongono ora la domanda dell'Angelo: Qual è il tuo nome? Il recupero del nome dopo la sua cancellazione comporta la lotta per restituire significato alla parola dopo l'assalto alla parola. Attraverso le loro stesse parole, i diaristi intrapresero tale riparazione della parola, che è una riparazione del Nome. Il Santo Nome li convoca, convoca tutti noi, a tale riparazione.
La tradizione ebraica insegna che le parole decidono non solo la verità, ma anche la vita e la morte; proprio come "morte e vita sono in potere della lingua" ({{passo biblico2|Proverbi|18:21}}), così la vita dell'anima, la ''neshamah'', è insita nel respiro, la ''neshimah'', su cui vibra la parola. Affrontando la parola, i diaristi dell'Olocausto affrontano la vita dell'anima che è fatta del nome e che era minacciata a ogni passo. Come gli operai che, secondo il Talmud, scendevano occasionalmente nel Santo dei Santi in ''tevot'', o casse, per effettuare riparazioni (cfr. ''Midot'' 37a), anche questi autori scendono in ''tevot'', che significa anch'esso "parole", dove lottano per recuperare il significato della parola e il ricordo del nome. Se la chiamata a scrivere viene dall'interno, la sua voce si ode dall'aldilà. Chi chiama? È la parola stessa, il Nome stesso, sotto attacco. E chiama il testimone per nome.
In una nota del 28 febbraio 1941, [[w:Emanuel Ringelblum|Emmanuel Ringelblum]] osserva: "L'impulso a scrivere le proprie memorie è potente: lo fanno anche i giovani nei campi di lavoro".<ref>Emmanuel Ringelblum, ''Notes from the Warsaw Ghetto'', trad. e cur. Jacob Sloan (New York: Schocken Books, 1974), 133.</ref> Il diarista scrive suo malgrado. Questo è ciò che rende il diario una risposta alla chiamata del ''Nome'': contrariamente alla soddisfazione di un bisogno personale, rispondere alla Voce che comanda risiede in un movimento verso la relazione comandata con gli altri. "Perché l'altro è il cuore", scrive [[Emmanuel Levinas]], "e la bontà, dello stesso, l'ispirazione o la psiche stessa nell'anima".<ref>Emmanuel Levinas, "Substitution", trad. Alphonso Lingis, in Sean Hand, ed., ''The Levinas Reader'' (Oxford, UK: Basil Blackwell, 1989), 99 - mia trad{{it}}.</ref> E: "Il Bene assegna al soggetto, secondo una suscettibilità che non può essere presunta, l'avvicinamento all'altro, al prossimo".<ref>''Ibid.'', 112.</ref> Il diarista si avvicina al prossimo attraverso la riparazione dello strappo tra parola e significato. [[:en:w:Philip Mechanicus|Philip Mechanicus]] (1889-1944), detenuto a [[w:Campo di transito di Westerbork|Westerbork]] e poi ucciso ad Auschwitz, si rende conto di dover "registrare gli avvenimenti quotidiani per coloro che in futuro vorranno farsi un'idea di ciò che accadde qui. Quindi ho il dovere di continuare a scrivere".<ref>Philip Mechanicus, ''Year of Fear: A Jewish Prisoner Waits for Auschwitz'', trad. {{en}}Irene S. Gibbons (New York: Hawthorne, 1964), 181–182 - mia trad{{it}}</ref> Ho un dovere: scrivendo il diario dell'Olocausto, colui che è chiamato dal Nome è chiamato non come storico o giornalista, ma come essere umano, un ebreo, nel cui nome è inscritta la comandata relazione con altri esseri umani e che, attraverso tale relazione, deve rispondere al proprio nome. Vale a dire: strappano un nome all'Angelo.
La chiamata del Nome è la chiamata del Buon Nome, o il Nome del Bene, la chiamata di ''HaEl HaTov'', di Dio che è il Bene. Rispondendo per nome alla chiamata del Nome, il testimone ebreo scopre cosa significa essere scelto per nome: significa lottare per ottenere un nome dall'Angelo della Morte. Scrittori di diari come [[w:Emil Dorian|Emil Dorian]] (1893-1956)<ref>Emil Dorian, ''The Quality of Witness'', trad. Mara Soceanu Vamos, ed. Marguerite Dorian (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1982), 126.</ref> e [[w:Itzhak Katzenelson|Yitzhak Katznelson]]<ref>Yitzhak Katznelson, ''Vittel Diary'', trad. Myer Cohn, 2a ed. (Tel Aviv: Hakibbutz Hameuchad, 1972), 187.</ref> sottolineano che i nazisti avevano reso illegale la scrittura di diari e altre testimonianze ebraiche. E ora ne capiamo il motivo: i nazisti cercarono di distruggere non solo il corpo di Israele, ma anche l'anima dell'ebreo, non solo la memoria e il nome dell'ebreo, ma anche la memoria del Nome. Per distruggere il nome di cui è fatta l'anima, dovettero distruggere il Bene; e per distruggere il Bene, dovettero distruggere la risposta alla chiamata del Nome.
L'assalto alla parola testimoniale è parte di un assalto al Bene, al Santo e al Nome. Per il testimone ebraico dell'obliterazione del nome, il senso dell'obbligo etico ha un aspetto metafisico; scritto in una risposta etica agli altri, ospita una risposta metafisica a Dio, un'affermazione implicita dell'alleanza con il Divino attraverso la risposta all'umano. [[:en:w:Zelig Kalmanovich|Zelig Kalmanovitch]], un diarista del [[w:Ghetto di Vilnius|Ghetto di Vilnius]], dichiara: "In verità, ogni giorno dovrebbe essere registrato",<ref>Zelig Kalmanovitvh, “A Diary of the Nazi Ghetto in Vilna,” trad. e cur. Koppel S. Pinson, ''YIVO Annual of Jewish Social Studies'' 8 (1953): 50.</ref> perché il giorno stesso è inciso con il Nome. Dio entra nel giorno attraverso il comandamento, e attraverso il giorno Egli entra nella storia, un'entrata incisa nel nome di ogni ebreo. Il richiamo del Nome è il richiamo della vita, un punto che diventa vividamente chiaro quando leggiamo la nota datata 21 luglio 1942 nel diario del [[w:Ghetto di Varsavia|Ghetto di Varsavia]] di [[w:Janusz Korczak|Janusz Korczak]] (1878-1942): "Ore dieci. Spari: due, diversi, due, uno, diversi. Forse è la mia finestra oscurata male. Ma non smetto di scrivere. Al contrario: acuisce (un singolo sparo) il pensiero".<ref>Janusz Korczak, ''Ghetto Diary'', trad. Jerzy Bachrach e Barbara Krzywicka (New York: Holocaust Library, 1978), 175 - mia trad{{it}}</ref> Il colpo che toglie una vita alimenta la scrittura che la recupererebbe. Come il fucile spara i suoi proiettili, la penna incide le sue parole; l'una dispensa la morte, mentre l'altra cerca la vita. Anche quando non ha nulla da dire, per il diarista la parola è un rifugio.
=== Recuperare un nome attraverso la parola ===
Affermare che per il testimone intrappolato nel vortice la parola è un rifugio non significa semplicemente che si tratti di un reame in cui egli fugge dalla morte e dalla disperazione; piuttosto, come abbiamo suggerito, è un reame in cui egli cerca vita e significato, un ricordo, un nome e una voce. "Memoria", o ''zikaron'', ci ricorda Rabbi [[w:Yitzchak Ginsburgh|Yitzchak Ginsburgh]], significa "fonte di parola".<ref>Yitzchak Ginsburgh, ''The Alef-Beit: Jewish Thought Revealed Through the Hebrew Letters'' (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1991), 4.</ref> A differenza dei testimoni che testimoniano a posteriori nei contesti di un mondo, il diarista fa il suo ingresso nel mezzo dell'antimondo e quindi ''entra in'' un "luogo", un ''makom'', per dare voce alla parola e al significato. Così l'anima cerca il suo nome. [[Elie Wiesel]] esprime questa ricerca nel suo romanzo ''Twilight'', dove il suo personaggio Abraham dice: "Please try to understand: the Word is everything. Through the Word we elevate ourselves or debase ourselves. It is refuge for the man in exile, and exile for the righteous. How would we pray without it? How would we live without it?"<ref>Elie Wiesel, ''Twilight'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1998), 98.</ref> La domanda di Wiesel sulla preghiera suggerisce che il processo di restituire significato alla parola è piuttosto simile a restituirle l'aura della preghiera. Ricordiamo che la parola ebraica per "preghiera", ''tefillah'', è affine a ''naftulim'', che significa "lotte" o "combattimenti", così che qui la preghiera non è una richiesta ma un incontro tra un ricordo e il Nome, come quando Giacobbe lottò con l'Angelo.
Assumendo le caratteristiche della preghiera, la parola della testimonianza diventa non solo il mezzo di comunicazione, ma anche una presenza a cui rivolgersi. Qui acquisiamo un senso più profondo del processo di scrittura come processo di ascolto: la parola stessa ascolta e risponde al testimone. Improvvisamente, mentre il testimone posa la mano sulla pagina, il silenzio indifferente del foglio bianco diventa il silenzio reattivo di chi ascolta: diventa un ''tu''. "Quanto ho bisogno di te, mio caro diario", scrive la ragazza rumena Mirjam Korber (n. 1923).<ref>Mirjam Korber, ''Deportiert: Jüdische Überlebensschicksale aus Rumänien 1941–1944: Ein Tagebuch'', trad. Andrei Hoisie (Konstanz: Hartung-Garre, 1993), 109 - mia trad{{it}}.</ref> E Chaim Kaplan dichiara: "Questo diario è la mia vita, il mio amico e alleato. Sarei perso senza di esso".<ref>Chaim A. Kaplan, ''Scroll of Agony: The Warsaw Diary of Chaim A. Kaplan'', trad. Abraham I. Katsh (Bloomington: Indiana University Press, 1999), 278.</ref> Nelle annotazioni di Kaplan vediamo che il processo di scrittura del diario è parte del processo di entrare in una relazione che può sostenere una presenza in un mondo dominato dall'assenza. Il diario non è solo uno sfogo: è la sua vita; il diario non è solo un documento: è il suo amico. Vale a dire: lo chiama per nome.
Pertanto, se il diario viene scritto per assolvere a una responsabilità nei confronti della comunità umana, chi lo scrive si assume una responsabilità nei confronti del diario stesso. Una volta che considera il diario come la presenza di un altro, chi lo scrive contrae un debito nei confronti di quella presenza. Si consideri, ad esempio, questa annotazione dalle prime pagine del diario di [[w:Anna Frank|Anne Frank]] (1929-1945): "Now I come to the root of the matter, the reason for my starting a diary...: I want this diary to be my friend, and I shall call my friend Kitty".<ref>Anne Frank, ''The Diary of a Young Girl'', trad. B. M. Mooyaart-Doubleday (New York: Modern Library, 1952), 12–13.</ref> Il recupero del nome avviene nella relazione con un amico. Questo recupero avviene per due motivi: in primo luogo, la parola implica la presenza di un altro a cui è rivolta; in secondo luogo, è il luogo in cui il significato diventa un problema. Quando il testimone si confronta con la parola della testimonianza, il rifugio della parola risiede nel significato restituito a un mondo in cui il significato è in costante collasso. È un ''andare avanti''.
Questa prospettiva di andare avanti è un ingresso nella parola tale da rendere la parola stessa sia oggetto che soggetto del movimento. La parola attraverso cui si manifesta il recupero di un nome si presenta non solo come una presenza responsiva, ma anche come un soggetto da affrontare e perseguire. Come quando Betzalel plasmò l'Arca della Testimonianza nel deserto ({{passo biblico2|Esodo|37:1}}), così il testimone introduce la parola nel deserto dell'antimondo. Combina le lettere e invoca una parola che può introdurre una luce e una dimensione di altezza in un mondo consegnato al ''tohu vavohu'' del caos e dell'oscurità. Per questi diaristi, c'è un ''nondimeno'' che costituisce l'ingresso nella parola della testimonianza. Fa della parola della testimonianza l'oggetto della testimonianza stessa. È così che avviene il recupero del legame tra parola e significato, che resiste alla morte e afferma la vita. Così il diario crea un luogo in cui il testimone può affermare l'importanza di questa riaffermazione della vita ebraica e di questa responsabilità nei confronti della vita ebraica. La parola della testimonianza, quindi, non si rivolge solo alla morte e alla distruzione, ma anche ai mezzi per resistere alla morte e alla distruzione. Qui comprendiamo che il ''tu'' invocato nel diario non è una proiezione psicologica: è la vita stessa, una vita inerente al recupero del nome.
Nel tentativo di rispondere al Nome, il diarista apre una profondità interiore che non proviene solo da dentro, ma dall'al di là. La profondità che si estende oltre si chiama parola o spirito: lo spirito che si muove sulla superficie dell'abisso si muove attraverso la parola (cfr. {{passo biblico2|Genesi|1:2}}). E l'oscurità che è l'abisso stesso? Secondo il saggio talmudico Rabbi Berekhyah, è "l'Angelo della Morte, che oscurò il volto della Creazione" (''Tanchuma Yashev'' 4). E così la morte che era stata cancellata, come abbiamo visto nel Capitolo precedente, viene ristabilita mentre il Nome ci chiama per nome. Questa chiamata trova la sua voce nell'espressione dell'anima; quando questa espressione viene meno, viene meno anche il senso di realtà di sé e del mondo, come vediamo quando [[w:Emil Dorian|Dorian]] scrive: "Days of an eerie sensation, like floating above the ground. My whole life, it seems, belongs to someone else. I write as if in a dream. I am not absent from reality, but remote, and this tints all levels of existence with a strange hue of unreality".<ref>Dorian, ''The Quality of Witness'', 91.</ref> Questa disconnessione dal terreno, questa distanza dal reale, è il risultato di una breccia nel nome dell'uomo.
Se il diario si impegna in un recupero del terreno e del nome, è molto simile alla resistenza che Fackenheim descrive quando osserva: "German resistance, such as it was, had to discover a true self to be respected. The Jewish resistance had to ''recreate'' Jewish selfhood and self-respect... Once again the categories ‘willpower’ and ‘internal desire’ seem inadequate. Once again we have touched an Ultimate".<ref>Emil L. Fackenheim, ''To Mend the World: Foundations of Post-Holocaust Jewish Thought'' (New York: Schocken Books, 1989), 222.</ref> Forza di volontà e desiderio interiore sono adeguati all'impegno umano solo quando l'essere umano ha una dimora, e i resistenti tedeschi avevano un tale luogo: non furono allontanati dalle loro case, e le loro madri, i loro padri e i loro figli erano ancora madri, padri e figli. Nonostante il loro allontanamento da un luogo del mondo, d'altra parte, gli ebrei trovarono il modo di ricreare un luogo e con esso una relazione con il Luogo, o il ''makom'', cioè il Nome.
Al di là della somma degli individui, il popolo ebraico chiamato Israele incarna il ''Makom'' di Dio; lo ''[[Zohar]]'', ricordiamo, si riferisce alla Comunità di Israele come alla ''Shekhinah'', o Presenza Interiore del Santo (cfr. ''Zohar'' II 98a). Tra i diaristi in cui questa consapevolezza è più pronunciata c'è Yitzhak Katznelson. Nella sua annotazione del 14 settembre 1943, scrive: "Il sangue di sette milioni grida dal profondo di me. Dove sono? Il grido di tutto il mio popolo assassinato grida nell'abisso di questo mondo vuoto e malvagio".<ref>Katznelson, ''Vittel Diary'', 220.</ref> Il Nome è nel sangue: chiama attraverso il sangue di Israele che chiama dalla terra e si riversa nelle pagine del diario di Avraham Tory (1909-2002) dal [[w:Ghetto di Kovno|Ghetto di Kovno]]. Commentando un elenco delle vittime di un’''Aktion'', scrive: "Da ogni riga, e da ogni nome... il sangue ebraico versato grida vendetta; la memoria di Amalek sarà cancellata da sotto il cielo di Dio".<ref>Avraham Tory, ''Surviving the Holocaust: The Kovno Ghetto Diary'', trad. Jerzy Michalowicz, ed. Martin Gilbert (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1990), 280.</ref> La menzione di Amalek da parte di Tory è una parafrasi di {{passo biblico2|Esodo|17:14}}, e in questa allusione al passato biblico di Israele egli fa un'osservazione sul futuro di Israele. Entrambi sono raccolti in questa annotazione datata 6 aprile 1943. Questa raccolta del tempo e dell'eternità di Israele nella parola scritta distingue questo diario come una risposta al Nome, alla ricerca di un recupero del nome.
<gallery class="center" mode="packed" heights="140" caption="Diariste/i ebree/i uccise/i nella Shoah (lista parziale)">
Anne Frank passport photo, May 1942 (cropped).jpg|Anne Frank (1929-1945)
Etty Hillesum 1939 (cropped).jpg|Etty Hillesum (1914-1943)
EmanuelRingelblum 1900-1944.jpg|Emanuel Ringelblum (1900-1944)
PhilipMechanicus.jpg|Philip Mechanicus (1889-1944)
Helga deen.jpg|Helga Deen (1925-1943)
Icchak Kacenelson pocztówka.jpg|Itzhak Katzenelson (1886-1944)
Janusz Korczak (cropped).jpg|Janusz Korczak (1878-1942)
Willy-Cohn-Plakette am Rynek in Breslau (cropped).jpg|Willy Cohn (1888-1941)
Petr Ginz.jpg|Petr Ginz (1928-1944)
Czerniakow.jpg|Adam Czerniaków (1880-1942)
זלמן גרדובסקי.jpg|Zalman e Sonia Gradowski (1910-1944), entrambi uccisi a Auschwitz
RutkaHeniusLaskier1938.JPG|Rutka Laskier (1929-1943) con fratellino, entrambi uccisi a Auschwitz
Calel.jpg|Calel Perechodnik (1916-1944)
Yitskhok Rudashevski avec sa grand-mère et ses deux cousines - Wilno - Pologne.jpg|Yitskhok Rudashevski (1927-1943) con nonna e cugine
</gallery>
=== Recupero di un nome, recupero della Torah ===
Molti passi della Torah iniziano dichiarando: "Queste sono le parole che Dio pronunciò". Il Libro del Deuteronomio, tuttavia, si apre dicendo: "Queste sono le parole che Mosè pronunciò". Mosè, piuttosto che Dio, parlò al popolo d'Israele alla vigilia del loro ingresso nella Terra Promessa per trasmettere il ricordo di come vi erano arrivati. Se fossero usciti dall'esilio, quel ricordo sarebbe stato importante da portare con sé quanto lo erano le tavole della Torah e le ossa di Giuseppe. Come i vasi che contenevano i comandamenti di Dio e le spoglie dei defunti, la memoria stessa è una sorta di [[w:Aron haQodesh|''aron kodesh'' {{lang|he|אֲרוֹן קׄדֶש}}]], un'arca santa, che rende possibile trovare dimora nel mondo. Perché nell'arca della memoria dimora il Nome che ci chiama a ricordare.
Ciò che colpisce dell'ultimo dei Cinque Libri di Mosè è che è sia Torah che racconto della Torah. Il che significa: se la Torah e il Nome sono un tutt'uno, allora il Nome è anche il racconto del Nome, persino – o soprattutto – quando è il racconto dell'assalto al Nome. Mentre gli Israeliti stavano per entrare nella Terra e crearvi una dimora per Dio e l'umanità, Mosè trasmise a una nuova generazione (la generazione uscita dall'Egitto era scomparsa) un racconto di schiavitù e liberazione, di peregrinazioni e rivelazione. Perché? Perché la capacità di abitare nella Terra si fonda sulla capacità di questa memoria della propria origine e del proprio destino. La memoria della Torah contenuta nella Torah non è la memoria della sofferenza, ma la memoria del perché la sofferenza sia ''importante''. Questo è ciò che la rende una memoria del Nome senza il quale non abbiamo nome.
Possiamo quindi comprendere meglio l'affermazione del Baal Shem Tov secondo cui, così come l'oblio è legato all'esilio, così la memoria è legata alla redenzione.<ref>Cfr. [[Elie Wiesel]], ''Souls on Fire: Portraits and Legends of Hasidic Masters'', trad. Marion Wiesel (New York: Vintage, 1973), 227.</ref> Legata alla redenzione, la memoria è legata al significato e alla direzione, al passato e al futuro, e soprattutto all'umanità; legata alla redenzione, la memoria è legata a tutto ciò che confluisce in un nome; legata alla redenzione, la memoria è il Nome. "Il Re Supremo", dice lo ''[[Zohar]]'', "è accennato nella parola ''Zakhor'' (ricorda)" (''Zohar'' I 5b). Una funzione della memoria nelle memorie dell'Olocausto è quella di intraprendere un movimento di ritorno attraverso un atto di risposta: non un ritorno al campo, ma un ritorno al mondo, a un luogo dove è possibile dimorare. Se i nazisti si proponevano di assassinare le anime ebraiche prima di distruggere i corpi ebrei, allora si proponevano di distruggere questo movimento di ritorno che è una risposta al proprio nome. Se la [[Shoah]] è caratterizzata da un attacco alla ''teshuvah'' – alla redenzione, al ritorno e alla risposta – allora è definita da un attacco a una memoria e a un nome.
[[File:Merneptah Steli (cropped).jpg|220px|center|Stele di Merneptah]]
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| suo
|}</center>
Del XIII secolo AEV abbiamo l'iscrizione sulla '''[[w:Stele di Merenptah|Stele del faraone Merneptah]]''' (regnò dal 1213 al 1203 AEV): "Israele è devastato e la sua discendenza non esiste più" (cfr. grafico ''supra'').<ref>Cfr. Kenton L. Sparks, ''Ethnicity and Identity in Ancient Israel'' (Winona Lake, IN: Eisenbaums, 1998), 97.</ref> Dall'inizio del XII secolo EV abbiamo il grido di battaglia del capo almohade Ibn Tumart del Marocco (1080-1130), come riportato dal nostro saggio [[w:Abraham ibn Dawud|Abraham ibn Daud]] (1110-1180): "Venite e distruggiamoli dall'essere una nazione; che il nome di Israele non sia più ricordato".<ref>Abraham ibn Daud, ''The Book of Tradition: Sefer ha-Qabbalah'', trad. Gershon D. Cohen (Philadelphia: Jewish Publication Society, 2010), 87–88 - mia trad{{it}}</ref> E nel XX secolo abbiamo [[w:Amon Göth|Amon Göth]] e il suo proclama alle truppe in occasione della liquidazione del [[w:Ghetto di Cracovia|Ghetto di Cracovia]], tratto da ''[[w:Schindler's List - La lista di Schindler|Schindler's List]]'' (1993) di [[w:Steven Spielberg|Steven Spielberg]]: "Jews have lived in Krakow for six hundred years. By the end of the afternoon those six hundred years will be a rumor. They never happened".<ref>Vale la pena notare che gli ebrei erano effettivamente a Cracovia da 800 anni.</ref> Gli antisemiti sterminazionisti non vogliono gli ebrei vivi. Non vogliono la morte degli ebrei. No, come nel caso per eccellenza del ''Muselmann'', vogliono rimuovere dagli ebrei ogni predicato, ogni memoria e ogni nome. I nazisti non furono i primi a voler sterminare la Casa di Giacobbe e i Figli d'Israele, ma furono i più riusciti, i più radicali, i più coscienziosi nel loro attacco al Nome.
All'indomani dell'Evento, quando la chiamata al recupero di un nome incombe sul popolo ebraico, gli autori delle memorie si confrontano anche con la guerra alla memoria. Li vediamo, infatti, alle prese con la propria memoria. "L'indebolimento della mia memoria mi tormentava", scrive Alexander Donat (1905-1983).<ref>Donat, ''The Holocaust Kingdom'', 239.</ref> E Olga Lengyel (1908-2001) ricorda che i suoi compagni di prigionia ad Auschwitz "persero la memoria e la capacità di concentrarsi".<ref>Lengyel, ''Five Chimneys'', 96.</ref> Scrivere ''queste'' memorie, quindi, implica molto più che registrare i ricordi di una vita; è una lotta folle per recuperare una memoria e un nome, uno ''yad vashem'', in un atto di memoria compiuto in risposta a un attacco alla memoria e al Nome. Il ricordo che confluisce nelle memorie è una risposta al proprio nome, e racchiude un'affermazione della sacralità della vita umana che proviene solo dal Nome. Senza questo atto di memoria non c'è ritorno alla vita, non c'è recupero del nome.
Nel suo romanzo ''The Forgotten'', [[Elie Wiesel]] affronta proprio questo argomento. È la storia di Elhanan, un sopravvissuto che, afflitto dal morbo di Alzheimer, si trova ad affrontare il problema di trasmettere la propria memoria al figlio. Questa è la sua preghiera: "Dio di Auschwitz, sappi che devo ricordare Auschwitz. E che devo ricordarTelo... Ricorda che solo la memoria riconduce l'uomo alla fonte del suo desiderio di Te".<ref>Elie Wiesel, ''The Forgotten'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1992), 11–12 - mia trad{{it}}</ref> In seguito, suo figlio Malkiel, che diventa il tramite della memoria del padre, elabora: "Per un ebreo, nulla è più importante della memoria. È legato alle sue origini dalla memoria".<ref>''Ibid.'', 71.</ref> Sebbene non tutti i sopravvissuti siano vittime del morbo di Alzheimer, loro – e noi – ci troviamo tutti a dover trasmettere una memoria che si sta esaurendo e a lottare con l'Angelo dell'Amnesia. Siamo chiamati a unire il nostro grido al grido del sopravvissuto che alza la voce al cielo: "Che Egli si ricordi, perché solo Lui può farci ricordare".<ref>Elie Wiesel, ''Against Silence: The Voice and Vision of Elie Wiesel'', Vol. 1, ed. Irving Abrahamson (New York: Holocaust Library, 1985), 114.</ref> Persino il nostro nome? Soprattutto il nostro nome.
Le memorie scritte durante la prima generazione dopo l'Olocausto furono scritte per lettori che erano vivi durante l'Evento, lettori per i quali l'Evento era parte della loro memoria storica, parte del loro reame di possibilità e quindi parte del loro reame di responsabilità. In quasi tutti i casi, gli autori delle memorie precedenti non scrivevano per le loro famiglie o per i loro figli; le loro famiglie erano state massacrate e i loro figli non erano ancora nati, se non già tra i morti. Coloro che insistevano perché parlassero non erano i loro figli adulti, come spesso accadeva negli anni successivi, ma i loro genitori, fratelli, sorelle, zii e zie defunti, i cui nomi erano attenti a registrare, in un recupero dei propri nomi. In queste memorie il legame con un passato pieno di distruzione e disperazione è spesso molto più forte del legame con un futuro pieno di rinnovamento e speranza; ricordate il cadavere che ci scruta negli occhi dalle profondità dell'ultima pagina delle memorie di Wiesel, [[w:La notte (romanzo)|''Night (La Notte)'']].<ref>Elie Wiesel, ''Night'', 116.</ref>
A differenza degli autori di memorie precedenti, i sopravvissuti che hanno scritto le loro memorie in età avanzata hanno un pubblico desideroso almeno di ascoltarli. Ci sono studiosi e insegnanti, artisti e agenti, pronti a scrivere libri su di loro, tenere corsi, girare film e organizzare conferenze. Coloro che hanno registrato i loro ricordi nel crepuscolo della memoria lo hanno fatto sullo sfondo di un [[w:Yom HaShoah|Giorno della Memoria dell'Olocausto]] (''Yom HaShoah'') e di musei commemorativi dedicati al messaggio che cercano di trasmettere. Ci sono workshop e conferenze, appuntamenti professionali e organizzazioni professionali dedicati agli studi sull'Olocausto; infatti, ora è finanche possibile conseguire un [[w:Dottorato di ricerca|dottorato di ricerca (Ph.D.)]] in studi sull'Olocausto.
Chi di noi si accosta alle memorie di fine vita si sente più a suo agio – anzi, fin troppo – con il "lieto fine", o almeno con qualcosa che non si concluda con un cadavere che ci fissa dalle profondità di uno specchio. Quegli eventi, inoltre, sono accaduti prima che la maggior parte di noi nascesse: ci sono estranei, al di fuori degli orizzonti della nostra coscienza. Ma siamo davvero così al sicuro? Gli autori delle memorie scritte nel crepuscolo della memoria parlano davvero da una dimora nel mondo, e non da un esilio nell'antimondo? Cosa cercano ora i sopravvissuti in questo ricordo? Cosa cerchiamo ora noi? E conosciamo davvero il nostro nome?
=== Recupero di un nome come recupero di un futuro ===
Sebbene le memorie scritte trenta o quarant'anni fa fossero destinate a un pubblico diverso, in circostanze diverse e con motivazioni diverse, l'Evento ricordato è lo stesso. Il sopravvissuto risponde allo stesso assalto all'anima, al Nome, all'idea stessa e all'identità dell'umanità; si impegna nella stessa lotta per ripristinare un centro di verità, significato e santità che può essere fondato solo sul Nome da cui tutti i nomi derivano. Sì, le memorie precedenti spesso disperano del futuro più di quelle successive; ma il fatto che siano pronunciate da qualcuno a qualcuno le orienta verso il futuro. Perché in quella frase il sopravvissuto recupera un nome rivolgendosi a noi per nome, così che un futuro racchiuso nel nostro nome si schiude nella risposta che dobbiamo ''ancora'' dare.
Molto spesso, più tardi nella vita si scrive un ''memoir'', maggiore è l'orientamento al futuro. Rendendoci conto di questo, giungiamo a un'altra conclusione: la memoria nel ''memoir'' dell'Olocausto è memoria del futuro, per il futuro. Il futuro di cosa? Il futuro del nostro impegno con l'Angelo. Perché il futuro non è un ''cosa''; il futuro è un ''chi''. Il che significa: il futuro ha un ''nome''. Il futuro è ''l’altro essere umano'' – un punto sottolineato con forza dagli autori di ''memoir'' di età avanzata, che vedono il volto del futuro negli occhi dei loro figli, che portano i nomi dei morti in ricordo dei morti. Gli autori del ''memoir'' dell'Olocausto recuperano un futuro che supera gli orizzonti del loro tempo in questo mondo. Ricordare significa avere tempo, tempo per ciò che è infinitamente prezioso, per ciò che c'è da amare, tempo per l'altro essere umano. Perché il tempo che diamo all'altro è l'unico tempo che abbiamo: abbiamo solo il tempo che diamo.
Scrivendo le loro ''memoir'', i sopravvissuti affermano il loro nome, come anche il Nome che è stato aggredito durante l'evento ricordato. In quasi ogni caso delle memorie degli ultimi anni di vita, qualcuno che li ama chiede loro di scriverle. Rispondono alla prima domanda posta al primo essere umano, la domanda posta a ogni essere umano – Dove sei? – dichiarando: "Eccomi, per te". Questo "Eccomi" significa: "Ecco la mia memoria. Ecco il mio nome. In esso è il tuo nome". E ci pongono una domanda: "Cosa farai del tuo nome?". La tradizione insegna che "ci sono tre corone: la corona della Torah, la corona del sacerdozio e la corona della regalità. Ma la corona di un buon nome le supera tutte" (''Pirke Avot'' 4:13). Se vogliamo opporci alla visione nazista dell'essere umano, allora dobbiamo abbracciare la visione a cui si opponevano, ovvero che siamo ''essenzialmente'' connessi a ogni essere umano come i membri di una famiglia sono essenzialmente connessi tra loro – attraverso il nome. Il che significa: gli autori di memorie di fine vita sono le nostre madri e i nostri padri. Siamo il lignaggio a cui rispondono quando si assumono l'onere gravoso di questo ricordo. E noi che portiamo i loro nomi siamo quelli che devono reagire alla loro risposta – per nome.
Se la sopravvivenza dell'autore del ''memoir'' è un miracolo, il ''memoir'' stesso è un miracolo ancora più grande. Perché nel ''memoir'' l'autore attesta l'infinita preziosità dell'essere umano dopo essere emerso da un reame in cui era meno di niente. Contrariamente all'abusante che abusa perché è stato abusato, queste persone trasformano una sofferenza indicibile in una benedizione ineffabile, non per sentirsi meglio con se stesse, ma per il bene dei propri figli.
Rispondendo al 614° Comandamento di Fackenheim, questi testimoni si impegnano nella loro testimonianza strappando il nome di Israele all'Angelo della Morte. Nelle memorie scritte in tarda età, si può osservare il racconto di una vita che supera il tempo della morte dell'anti-mondo, una vita che include figli e nipoti, come anche il ricordo di una madre e di un padre il cui amore e i cui insegnamenti vengono trasmessi alla generazione successiva. Il che significa: queste memorie scritte in tarda età non sono solo resoconti di testimoni oculari offerti al mondo, ma ci vengono ''tramandati''. Questa è la differenza tra un resoconto e un ricordo: un resoconto lo archiviamo, un ricordo lo ''ereditiamo''. Questi ''memoir'' giungono a una generazione di bambini che sono cresciuti fino a diventare genitori e hanno trasmesso nomi, chiamando i propri figli come i sopravvissuti che se ne sono andati. Cosa racconteremo, allora, ai nostri figli, non solo dell'Olocausto, ma anche di coloro che vi sopravvissero? Che le loro vite fossero vuote, che il mondo fosse un vuoto e che la vita fosse priva di significato – basta guardare l'Olocausto? Ma non si limitano a guardare l'Olocausto: l'Olocausto li scruta. Lo vivono, lo rivivono e continuano a vivere – ''come ebrei'' – nonostante ciò, per portare al mondo una verità e un insegnamento su ciò che è più prezioso e più caro.
Poiché questa memoria ci giunge non solo come ricordo di orrore, ma anche come affermazione di umanità, ci viene presentata come testimonianza sia di ciò che accadde allora sia di ciò che ''accadrà'' in seguito. Il ricordo dei sopravvissuti racchiude una vocazione e un comandamento. Pertanto, gli autori di ''memoir'' dell'Olocausto affidano alle nostre cure ciò che è stato affidato alle loro cure – e anche di più: affidano alle nostre cure sia il grido degli assassinati che li perseguita, sia il richiamo di un futuro che li chiama. Come loro figli e nipoti, riceviamo la loro eredità; accogliendo la loro eredità, diventiamo testimoni e messaggeri che a loro volta devono rispondere alla domanda: qual è il tuo nome? Non solo riceviamo il racconto di una vita, ma ora dobbiamo vivere in un certo modo, abbracciando la Torah che è il Nome. Man mano che sempre più numerosi questi sopravvissuti muoiono, ci troviamo sempre più nella posizione di chi recita il ''Kaddish'' per il genitore defunto, aggiungendo: ''"Hareyni kaparat mishkavo'' - Possa io essere un'espiazione per il suo riposo". Come possiamo farlo? Ascoltando questi ricordi e vivendo secondo l'insegnamento della Torah che li definisce, l'insegnamento che l'altro essere umano è un essere santo.
L'ultimo residuo di memoria vivente sta trapassando. Quando tale memoria vivente se ne va, non scompare; passa – a noi. Di cosa sarà il ricordo? Dell'urlo del silenzio o della voce del testimone? Non si tratta di una questione di scelta; certo, le memorie dell'Olocausto contengono sia la voce del sopravvissuto che il silenzio a cui è sopravvissuto. La domanda è: come possiamo prestare attenzione alla voce senza essere inghiottiti dal silenzio? La risposta: trasmettendo il messaggio delle nostre madri e dei nostri padri in quanto madri e padri, rispondendo al nostro nome e conferendo un nome ai nostri figli. Onorare la memoria delle nostre madri e dei nostri padri significa prestare attenzione al loro messaggio. Diamo attenzione al loro messaggio vivendo vite degne delle loro vite, attestando il valore delle loro vite attraverso una testimonianza dell'infinito valore delle vite che ci circondano. E diventando ciò che siamo dopo una dura lotta con l'Angelo della Morte: '''''Am Yisrael'''''.
=== Qual'è il tuo nome? ===
{{Vedi anche|:en:w:Am Yisrael Chai|w:Chai (ebraismo)|etichetta1=Am Yisrael Chai עַם יִשְׂרָאֵל חַי|etichetta2=Chai חַי}}
Il [[:en:w:Meir Yechiel Halevi Halstock|Rebbe di Ostrovitzer]] (1851–1928) una volta commentò "E Giacobbe rimase solo" ({{passo biblico2|Genesi|32:25}}), dicendo: "Con la benedizione che HaShem diede a Giacobbe, ‘E il tuo nome sarà Israele’, Israele sarà menzionato quando gli ebrei si riuniscono per pregare o imparare come popolo. Quando gli ebrei si riuniscono per pregare o partecipare all'apprendimento come popolo, raggiungono il livello molto più elevato di ‘Israele’, il livello di unità e amore fraterno".<ref>Cfr. Dovid Kirschenbaum, ''Fun di Chasidishe Otsros'' (New York: Pardes Publishers, 1948), 115; cfr. anche Victor Cohen, ed., ''The Soul of the Torah: Insights of the Chasidic Masters on the Weekly Torah Portions'' (Northvale, NJ: Jason Aronson, 2000), 54.</ref> In questa unità e amore fraterno risiede l'identità dell'ebreo e la risposta alla domanda più fondamentale che possa essere posta a un essere umano, la domanda che l'Angelo della Morte pone a ciascuno di noi.
E così, ancora una volta, ci ritroviamo con la domanda: Qual è il tuo nome? Lasciato con questa domanda, l'ebreo viene riportato a Peniel, dove deve decidere: Chi sono io, in quanto ebreo? La lingua sacra che i nazisti tentarono di mettere a tacere nel loro assalto al Nome ci dice che un ebreo è uno ''Yehud''i. E così in quest'ultimo Capitolo torniamo a un insegnamento del primo Capitolo. La radice di questa parola ''Yehudi'', come ivi indicato, è ''yadah'', che significa "offrire lode" o "rendere grazie". Chi è l'ebreo? Lui o lei è colui che è stato scelto per essere una luce di gratitudine per le nazioni ― ''nonostante tutto''. Iniziando le nostre preghiere ogni mattina con ''hodu l’HaShem'' - "grazie e lode al Nome" - iniziamo le nostre preghiere quotidiane, la nostra lotta quotidiana, con una dichiarazione di cosa significhi essere ebreo: essere ebreo significa rendere grazie, soprattutto quando abbiamo dimenticato ciò per cui essere grati. Questo è l'unico modo per recuperare la memoria di chi siamo e per cosa siamo stati scelti. Questo è ciò di cui parla questo mio wikilibro: ciò per cui essere grati. Dopotutto, Giacobbe lottò contro l'Angelo non solo per un nome, ma anche per una benedizione.
Cosa? L'Olocausto una benedizione? Assolutamente no. Ma il fatto che sia un male, che sia un orrore e che quindi sia ''importante'' è una benedizione. Il fatto che abbiamo un nome, che dobbiamo rispondere al nostro nome e che, rispondendo al nostro nome, dobbiamo affermare la sacralità della vita è una benedizione. Ciò che la [[Torah]] può offrire, e che è inimmaginabile per il pensiero moderno, è il senso di questa benedizione che accompagna il nome e il senso di questa gratitudine che accompagna la benedizione. Ciò che la Torah può offrire non è solo il ricordo del Nome, ma anche un motivo per ricordare il nostro nome, e quindi un motivo per ricordare l'Olocausto: non si tratta semplicemente di impedire il ripetersi della storia, ma di affermare un futuro, sia come individui che come popolo chiamato con il nome di Israele. La posta in gioco in questo ricordo non è solo la sopravvivenza di Israele, ma il ''significato'' stesso dell'umanità che è stata attaccata dai nazisti. Pertanto non abbiamo scelta in questa lotta: siamo già sul ring.
"Il Talmud", dice Levinas, "è la lotta con l'Angelo".<ref>[[Emmanuel Levinas]], "The Pact", trad. Sarah Richmond, in Sean Hand, ed., ''The Levinas Reader'' (Oxford, UK: Basil Blackwell, 1989), 220 - mia trad{{it}}</ref> Il Talmud, quindi, è la chiave per strappare un'identità all'Angelo dell'Olocausto. Perché senza la memoria di questa tradizione che ci definisce, dimenticheremo sicuramente il nostro nome. La parola ebraica per "tradizione" è ''masoret''; il suo affine ''mesirut'' significa "devozione" o "dedizione". Il ricordo che caratterizza la devozione alla tradizione è un oblio di sé, come suggerisce l'espressione ''mesirat nefesh''. Tradotto come "sacrificio di sé", non significa semplicemente ''deporre'' una vita, ma ''tramandare'' una vita. Il sacrificio di sé in questo senso è un sacrificio dell'ego in un atto di donazione che è insegnamento e testimonianza, e non c'è tradizione, non c'è ''masoret'', senza ''mesirat nefesh''. Perché il significato del verbo radice ''masar'' è "trasmettere" o "tramandare". E ciò che viene tramandato attraverso la tradizione, attraverso il ''masoret'', è un ''meser'' o un "messaggio". È il messaggio racchiuso nel nome Israele, che può essere trasmesso solo lottando con l'Angelo.
L'eliminazione dell'ebreo dal mondo non richiede solo la rimozione del nome dall'ebreo; comporta anche l'eliminazione dell'ebreo da questo rapporto con l'Angelo. Ecco perché proprio coloro che vorrebbero vedere una ripetizione dell'Olocausto negano che sia accaduto: se non è accaduto, allora non c'è lotta. Allora l'ebreo può semplicemente scivolare in una nebulosa anonimità e scomparire. Allora non c'è bisogno di uno Stato ebraico, dell'ebraismo o della memoria ebraica. Allora l'ebreo può diventare parte dell'anonimato che riduce l'umanità a una massa senza volto. E allora il desiderio più profondo dell'antisemita sarà stato realizzato: un mondo libero dalla Questione Ebraica: Qual'è il tuo nome? La Soluzione Finale alla Questione Ebraica risiede in una sola risposta: '''''Am Yisrael Chai'''''.
[[File:Israeli blue Star of David.svg|150px|left|Maghen David]][[File:Israeli blue Star of David.svg|150px|right|Maghen David]]
<div style="text-align: center; font-size: 2.5em;">''Am Yisrael Chai''</div>
{{Testo ebraico|allineamento=centro|dimensioni=grande|עַם יִשְׂרָאֵל חַי}}
<div style="text-align: center; font-size: 1.4em;">''Viva il popolo di Israele!''</div>
</div>
[[File:BergenBelsenHatikva.ogg|200px|center|thumb|<div style="color: teal; text-align: center; font-size: 0.9em;">Registrazione della [[w:BBC|BBC]] del 20 aprile 1945 in cui i sopravvissuti ebrei di [[w:Campo di concentramento di Bergen-Belsen|Bergen-Belsen]] cantano l’''[[w:Hatikvah|Hatikvah]]'', seguito dal grido di ''"[[:en:w:Am Yisrael Chai|Am Yisrael Chai!]]"'', solo cinque giorni dopo la loro liberazione da parte degli Alleati.</div>]]
== Note ==
[[File:Elie Wiesel (1987) by Erling Mandelmann - 2.jpg|162px|right|Elie Wiesel, 1987]]
[[File:Primo Levi.jpg|left|159px|Primo Levi, anni '50]]
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie letteratura moderna|Serie dei sentimenti}}
<div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div>
{{Avanzamento|75%|30 giugno 2025}}
[[Categoria:Connessioni|Capitolo 12]]
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wikitext
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{{Connessioni}}
{{Immagine grande|Buchenwald Slave Laborers Liberation.jpg|740px|[[w:Campo di concentramento di Buchenwald|Campo di concentramento di Buchenwald]], foto scattata il 16 aprile 1945, cinque giorni dopo la liberazione del campo. [[Elie Wiesel]] è nella seconda fila a partire dal basso, il settimo da sinistra.}}
== Il recupero di un nome dopo l'aggressione al Nome: la testimonianza di diari e memorie ==
{{Vedi anche|Shoah e identità ebraica|etichetta1=Shoah e identità ebraica: l'Olocausto nella letteratura di Primo Levi e Elie Wiesel}}
Nel cuore della notte, mentre Giacobbe stava per partire andando a riconciliarsi con suo fratello Esaù e tornare alla sua terra natale, l'Angelo della Morte si abbatté su di lui e i due lottarono fino all'alba. Giacobbe vinse l'Angelo e non lo lasciò andare finché non ottenne una benedizione dall'essere ultraterreno. La benedizione iniziò con una domanda: "Qual è il tuo nome?"
E l'uomo rispose: "Giacobbe".
Al che l'Angelo della Morte rispose: "Non ti chiamerai più Giacobbe. D'ora in poi ti chiamerai Israele, perché hai lottato contro Dio e contro l'umanità, e hai vinto" (cfr. {{passo biblico2|Genesi|32:25-31}}).
Cosa può significare per Giacobbe aver "lottato contro Dio [''Elokim''] e l'umanità"? Il [[Chabad-Lubavitch|Rabbi di Lubavitch]], [[w:Menachem Mendel Schneerson|Menachem M. Schneerson]], ז״ל, spiega:
{{citazione|“Elokim” in this context means “angels” [cf. ''Talmud Bavli, Chullin'' 92a], and generally connotes the “seventy heavenly princes” through whom flow the Divine emanations which sustain physical existence, and who thereby act to conceal Godliness. “Men” signifies a still greater concealment, for men are capable of denigrating the Jew for performing God’s will, and this is a harder concealment to bear. For this reason, the first paragraph of the entire Shulchan Aruch warns us “not to be ashamed of men who ridicule.” And this is the basis of the whole of a Jew’s service – to break down the concealment of God.|[[w:Menachem Mendel Schneerson|Menachem M. Schneerson]], ''Torah Studies'', adattato da [[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]], 2a ed. (London: Lubavitch Foundation, 1986), 45}}
Mai come ai tempi dell'Olocausto, la denigrazione dell'ebreo da parte degli uomini fu più pronunciata. E mai come ai tempi dell'Olocausto, l'occultamento di Dio fu più grande. Come può un ebreo nell'era post-Olocausto penetrare l'occultamento di Dio, di Colui che chiamiamo "il Nome"? Recuperando il proprio nome, il nome di Israele, conferito a ogni anima ebrea prima del suo ingresso in questo reame.
Un'altra domanda sorge nel racconto della lotta di Giacobbe con l'Angelo: cosa significa dire che egli vinse/prevalse sull'Angelo della Morte? Il termine ebraico è ''vatukhal'', affine a ''takhlit'', che significa "scopo" o "proposito". Vale a dire: Egli ricevette un nuovo significato e una nuova missione, una nuova anima, lottando per ottenere un nuovo nome dall'Angelo. Qual è, dunque, la differenza tra Giacobbe e Israele? Il salmista lo afferma in questo modo: "Egli [Dio] ha stabilito una testimonianza [''edut''] in Giacobbe e ha posto un insegnamento [''Torah''] in Israele" ({{passo biblico2|Salmi|78:5}}). Nella lotta abbiamo la testimonianza; nel nome abbiamo l'insegnamento. La testimonianza o ''edah'' è una testimonianza dello ''yaad'', lo "scopo" o la "missione" per cui siamo creati. ''Edah'' può anche significare "comunità" o "incontro", come nell’''Ohel Moed'' o "Tenda del Convegno" ({{passo biblico2|Esodo|33:7}}). Non c'è comunità senza testimonianza, non c'è testimonianza senza incontro, e la testimonianza riguarda qualcosa in merito alla natura dell'abitare in comunità; in effetti, ogni abitare nasce in una comunità di incontro. Impegnarsi nella testimonianza centrale della comunità significa rispondere: "Eccomi", in reazione al comandamento di prendersi cura del bisogno dell'altro essere umano. Un membro di un’''edah'' o comunità, quindi, è un ''ed'' o un "testimone" di un comandamento o "precetto di Dio", che è ancora un altro significato di ''edah'', e senza il quale non abitiamo in una comunità, ma solo in un'inevitabilmente vana lotta per la sopravvivenza, poiché nessuno ne esce vivo. Questo abitare è il "destino", lo ''yiud'', un altro affine di ''edah'', della Casa di Giacobbe.
E la [[Torah]] o l'"insegnamento" che si trova in ''Yisrael''? È un insegnamento che ci insegna a lottare, come suggerisce il nome ''Yisrael'', "colui che lotta con Dio". Senza la Torah, non c'è lotta per ottenere un nome dal Nome, che è Torah. Dice lo ''[[Zohar]]'': "Tutta la Torah è un involucro del Nome Divino, il Nome più eccelso, il Nome che comprende tutti gli altri nomi" (''Zohar'' II 124a). Non studiamo la Torah, lottiamo con essa. L'insegnamento, la Torah, è sia una chiamata che una benedizione. Lottando per ottenere una benedizione dall'Angelo, Giacobbe raggiunse il significato e lo scopo – ottenne un insegnamento, una Torah – ottenendo un nome, il nome Israele. Essere benedetti significa essere benedetti non con la fortuna, ma con il significato, con una chiamata. Così, ricevendo il nome di Israele, Giacobbe ricevette una chiamata. Ciò significa: per raggiungere il nome di Israele, l'ebreo deve vivere secondo la Torah, che è il Nome.
Come abbiamo visto, il tempo dell'Olocausto fu un'epoca di aggressione all'anima di Israele, anima conquistata come benedizione e nome. Pertanto, l'afflizione nazista dell'anima ebraica comportò un attacco alla benedizione e al nome, sia umani che divini. Il Rabbi di Shilev comprese questo punto anche mentre lui e i suoi confratelli ebrei attendevano il loro turno per le camere a gas di Birkenau: "Non vedi", si rivolse a un uomo di nome Ferber, "lo spirito di Dio che aleggia qui ora sopra questa Distruzione e questa Creazione? Non senti che Giacobbe – nelle nostre ossa – ora lotta con l'Angelo? Noi siamo il tendine della sua vena femorale in questa lotta!"
E Ferber gli chiese: "Rabbi di Shilev, per amore di chi Giacobbe lotta con l'Angelo, se i suoi figli non attraversarono il fiume, ma rimasero qui nell'oscurità della notte?"
E il Rabbi rispose: "Dall'oscurità stessa di questa notte Giacobbe tirerà fuori il nome ‘Israele!’"<ref>Ka-tzetnik 135633, ''Kaddish'', trad. Nina De-Nur (New York: Algemeiner Associates, 1998), 97–98.</ref> E dall'oscurità di quelle ceneri. Perché lo ''[[Zohar]]'' ci dice che la polvere sollevata quando Giacobbe strappò all'Angelo il nome "Israele" "non era polvere comune, ma cenere, residuo di fuoco" (''Zohar'' I 170a), lanciata al vento e riversata nei fiumi per essere sparsa sulla faccia della terra.
I campi e i ghetti dell'universo concentrazionario sono stati smantellati, ma resta da vedere se Giacobbe riuscirà davvero a strappare una benedizione e un nome all'Angelo della Morte: la lotta per una benedizione e un nome – per un ricordo e un nome, uno ''yad vashem'' – continua. Ricordiamo le parole di [[Primo Levi]]: "Ci toglieranno persino il nome, e se vogliamo conservarlo, dovremo trovare la forza di farlo".<ref>Primo Levi, ''Se questo è un uomo, ad loc.''</ref> Forse in nessun altro momento della nostra storia millenaria un ebreo ha fatto un'affermazione come quella contenuta nel documentario israeliano ''Pillar of Fire (Pilastro di Fuoco)'' (1981): "My name, when I can remember it, is...". ''When I can remember it...!'' Quando riesco a ricordarlo! Com'è possibile che una persona possa dimenticare il proprio nome? Eppure questo è esattamente ciò che i nazisti escogitarono nella loro cancellazione dell'anima del popolo ebraico: la cancellazione del nome e della memoria del Nome, nello strappo del nome dall'anima.
=== Il numero e il nome ===
{{Vedi anche|:en:w:List of Holocaust diarists|:en:w:List of posthumous publications of Holocaust victims|etichetta1=Elenco dei diaristi dell'Olocausto|etichetta2=Elenco delle pubblicazioni postume scritte da vittime dell'Olocausto}}
Questa lacerazione del nome dall'anima assunse la sua prima forma concreta nel 1938, quando i nazisti aggiunsero il nome ''Israele'' a ogni maschio ebreo e il nome ''Sarah'' a ogni femmina ebrea in Germania. Nel primo caso abbiamo l'obliterazione del nome di un popolo, nel secondo l'obliterazione della sua origine. Secondo una tradizione ebraica che ho ricevuto da uno dei miei insegnanti, madri e padri non inventano nomi per i propri figli; piuttosto, viene loro concesso un momento di intuizione profetica, quando viene rivelato loro quale nome Dio ha pronunciato nella creazione di quest'anima. Così, presumendo di dare un nome agli ebrei di Germania, i nazisti compiono un altro passo verso l'usurpazione del Nome.
Il ricordo dell'aggressione all'anima attraverso l'aggressione al nome è centrale nella testimonianza di molti sopravvissuti ai campi. [[w:Germaine Tillion|Germaine Tillion]] (1907-2008) ricorda di essere stata privata del suo nome all'arrivo a [[w:campo di concentramento di Ravensbrück|Ravensbrück]]: "Tutto ciò che avevamo ora erano pochi stracci sporchi che non ci appartenevano - e un numero".<ref>Germaine Tillion, ''Ravensbrück'', trad. {{en}}Gerald Satterwhite (Garden City, NY: Doubleday, 1975), 6 - mia trad{{it}}</ref> La tradizione ebraica insegna che il nome e l'anima, il nome e la persona, sono un pezzo unico.<ref>Cfr. per esempio, ''Sefer Chasidim'' (244) del saggio medievale Rabbi Yehuda HeChasid; cfr. anche Nachman di Breslov, ''Tikkun'', trad. {{en}}Avraham Greenbaum (Jerusalem: Breslov Research Institute, 1984), 103.</ref> Forzare il numero nel corpo, sotto la pelle e indelebilmente nel nucleo del corpo, prosciuga il corpo della sua anima. Nelle sue memorie, Sara Nomberg-Przytyk afferma altrettanto: "Ad Auschwitz eravamo solo numeri, senza volto né anima".<ref>Sara Nomberg-Przytyk, ''Auschwitz: True Tales from a Grotesque Land'', trad. {{en}}Roslyn Hirsch (Chapel Hill: University of North Carolina Press, 1985), 15 - mia trad{{it}}.</ref> E così, attraverso il numero, i nazisti trasformarono l'ebreo in uno ''Stück'', cioè un "pezzo" o un'"unità".<ref>Cfr. ''Ibid.''.</ref> Nel gergo del Partito, ad Auschwitz gli esseri umani non venivano assassinati: le "unità" numerate venivano semplicemente "processate".
Riducendo la persona a nient'altro che un oggetto di cui disporre, il numero è la prima arma sguainata nella guerra ontologica per uccidere l'essere umano, annientando ogni benedizione che derivi dall'al di là dell'essere. Come insegna il Talmud: "La benedizione non si trova in qualcosa di pesato, né in qualcosa di misurato, né in qualcosa di contato" (''Bava Metzia'' 42a). E i numeri sono precisamente il linguaggio – o l'antilinguaggio – del pesare, del misurare e del contare. Privato del suo nome e marchiato con un numero, l'essere umano viene privato della sua vita e della sua umanità. "Un numero di serie", afferma Sim Kessel (n. 1919) nelle sue memorie, "ti dispensa dall'aver avuto un nome, dall'aver avuto un'anima, dall'aver avuto una vita".<ref>Sim Kessel, [https://www.google.co.uk/books/edition/Hanged_at_Auschwitz/XdsWAQAAIAAJ?hl=en ''Hanged at Auschwitz''], trad. Melville Wallace e Delight Wallace (New York: Stein and Day, 1972), 169 - mia trad{{it}}.</ref> Così, cercando di recuperare la propria umanità, gli autori di numerose memorie si sono proposti di recuperare un nome ricordando un numero. Per esempio:
<blockquote>
[[Elie Wiesel|ELIE WIESEL]]: Divenni A-7713. Dopo di che non ebbi nessun altro nome."<ref>[[Elie Wiesel]], ''Night'', trad. Stella Rodway (New York: Hill and Wang, 1961), 51.</ref>
[[w:Miklós Nyiszli|MIKLÓS NYISZLI]]: "Dall'ora in poi sarei semplicemente stato il prigioniero KZ numero A 8450."<ref>Miklós Nyiszli, ''Auschwitz: A Doctor’s Eyewitness Account'', trad. Tibere Kremer e Richard Seaver (New York: Fawcett Crest, 1960), 26.</ref>
[[w:Sara Zyskind|SARA ZYSKIND]]: "Il mio era 55091 – il mio nuovo nome dall'ora in poi."<ref>Sara Zyskind, ''Stolen Years'', trad. Margarit Inbar (Minneapolis: Lerner, 1981), 211.</ref>
[[w:Alexander Donat|ALEXANDER DONAT]]: "Guardai il mio numero: 7115. Da quel momento smisi di essere un uomo."<ref>Alexander Donat, ''The Holocaust Kingdom'' (New York: Holocaust Library, 1978), 168.</ref>
[[w:Rudolf Vrba|RUDOLF VRBA]]: "Quella fu davvero l'ultima volta che usai il mio nome... perché ora ero il prigioniero numero 44070."<ref>Rudolf Vrba con Alan Bestic, ''I Cannot Forgive'' (New York: Bantam, 1964), 78–79.</ref>
[[:en:w:Nathan Shapell|NATHAN SHAPELL]]: "Un ago sporco... cancellò Natan Schapelski dalla razza umana e diede vita all'Häftling 134138."<ref>Nathan Shapell, ''Witness to the Truth'' (New York: David McKay, 1974), 116.</ref>
[[:en:w:Olga Lengyel|OLGA LENGYEL]]: "Ero il numero ‘25403’. Ce l’ho ancora sul braccio destro e lo porterò con me nella tomba."<ref>Olga Lengyel, ''Five Chimneys'' (London: Granada, 1972), 116.</ref>
MOSHE SANDBERG: "Cessammo di essere esseri umani con cognomi... Nella mia metamorfosi ero il numero 124753."<ref>Moshe Sandberg, ''My Longest Year'', trad. S. C. Hyman (Jerusalem: Yad Vashem, 1968), 55.</ref>
</blockquote>
"Cessato di essere un uomo", "cancellato dalla razza umana", "cessato di essere un essere umano": la memoria si aggrappa a queste frasi nel tentativo di articolare la morte che il sopravvissuto attraversa, poiché lo segue dall'enorme fossa comune che era il pianeta Auschwitz fino alla sua tomba. Con inciso il numero, l'essere umano non "sperimenta" l'Olocausto, nella misura in cui, in un senso importante, non lo vive; piuttosto, l'Olocausto "sperimenta" e vive attraverso l'essere umano, diventando parte della sua essenza per sempre. Egli lascia Auschwitz, ma non la lascia indietro: il prigioniero non è ad Auschwitz – Auschwitz è nel prigioniero. Nelle sue memorie, Judith Dribben spiega: "Once the number was there, there was no chance to escape. It bound us more strongly than any chain. It was something that could only be removed together with a piece of flesh". <ref>Judith Dribben, ''And Some Shall Live'' (Jerusalem: Keter, 1969), 185.</ref>
Se Auschwitz è nel prigioniero, i morti sono in tutti noi. Ricordate il [[w:disastro di Černobyl'|disastro di Chernobyl il 26 aprile 1986]], quando una nube di materiale radioattivo fu rilasciata nell'aria dal camino di una centrale nucleare? Due settimane dopo, i livelli di radiazione nel [[w:Montana|Montana]] erano elevati. In effetti, si possono determinare i livelli di inquinamento atmosferico per un dato anno prendendo un campione di neve e ghiaccio dall'[[w:Antartide|Antartide]]. Antartide! Al tempo dell'Olocausto, il fumo dei morti ebrei si è alzato nell'aria non per un giorno, ma per mille giorni, non da un solo camino, ma da decine. I venti hanno sparso le ceneri del corpo di Israele sulla faccia della terra, da est a ovest, da un polo all'altro. Abitano il suolo da cui raccogliamo il nostro pane. Rimangono nel pane che mettiamo in bocca. In una cupa unione eucaristica ci leghiamo a quelle ceneri ogni volta che mettiamo in bocca un pezzo di pane. Come siamo fatti di quel pane, così siamo fatti di quelle ceneri: siamo la tomba per coloro a cui è stata negata una tomba.
[[w:Arnošt Lustig|Arnošt Lustig]] lo afferma in modo più eloquente di me:
{{citazione|These ashes would be indestructible and immutable, they would not burn up into nothingness because they themselves were remnants of fire... No one living would ever be able to escape them; these ashes would be contained in the milk that will be drunk by babies yet unborn and in the breasts their mothers offer them... These ashes will be contained in the breath and expression of every one of us and the next time anybody asks what the air he breathes is made of, he will have to think about these ashes; they will be contained in books which haven’t been written and will be found in the remotest regions of the earth where no human foot has ever trod; no one will be able to get rid of them, for they will be the fond, nagging ashes of the dead who died in innocence.|[[:en:w:Arnošt Lustig|Arnošt Lustig]], ''[[:en:w:A Prayer for Katerina Horovitzova|A Prayer for Katerina Horovitzova]]'', trad. Jeanne Němcová (New York: Harper & Row, 1973), 50–51}}
E nel loro tormento persiste una domanda assillante: qual è il tuo nome? Essendo diventati un veicolo dei morti, scopriamo che l'Angelo della Morte è diventato il nostro compagno costante.
E così lottiamo con l'Angelo dai Mille Occhi, l'Angelo giallo come la stella che i nazisti impressero sugli ebrei.<ref>Saadia Gaon, ''The Book of Belief and Opinions'', trad. Samuel Rosenblatt (New Haven, CT: Yale University Press, 1976), 255–256; cfr. anche Talmud, trattato ''Avodah Zarah'', 20b.</ref> Solo che questa volta l'Angelo non viene per prenderci, ma per lasciarci con occhi nuovi, attraverso i quali possiamo guardare nello specchio della nostra anima. Con tutti i suoi occhi fissi su di noi, l'Angelo pone la stessa domanda che pose a Giacobbe quando lottarono fino all'alba: "Qual è il tuo nome?". Nel nostro cognome è iscritto il nostro passato; nel nostro primo nome dimora il nostro futuro. Ma cosa sappiamo, in realtà, quando conosciamo il nostro nome? Conoscere il nostro nome significa conoscere i nomi di coloro che ci conferiscono un nome, i nomi di nostra madre e di nostro padre. Significa conoscere una tradizione portata da coloro che hanno avuto i nostri nomi prima di noi; significa conoscere un insegnamento che ospita la nostra missione nella vita, come inscritto nel nostro nome; significa riconoscere che siamo chiamati per nome e dobbiamo rispondere al nostro nome. Chiedendoci il nome, l'Angelo stabilisce qualcosa del nostro essere che è intimamente legato al nostro agire: conoscere il nostro nome, come conoscere Dio, significa sapere cosa si deve fare.
Mentre l'Angelo lottava con Giacobbe, il ''Midrash'' narra che "egli mise il dito sulla terra, e la terra cominciò a sprizzare fuoco. Giacobbe gli disse: ‘Vuoi spaventarmi con questo? Perché io sono tutto di quella materia!’ Così sta scritto: E la casa di Giacobbe sarà un fuoco ({{passo biblico2|Abdia|1:18}})" (''Bereshit Rabbah'' 77:2). Certo, i figli di Giacobbe sono fatti di quella materia. Proprio come la Torah è fatta di fuoco nero su fuoco bianco (''Tanchuma Bereshit'' 1; ''Devarim Rabbah'' 3:12; ''Shir HaShirim Rabbah'' 5:11:6; ''Zohar'' II 226b), così il fuoco "costituisce la base dell'anima", come attesta Rabbi Chayim ben Attar (''Or HaChayim'' su {{passo biblico2|Genesi|3:2}}). Dopo Auschwitz, quel fuoco assume una nuova dimensione. Nella lotta post-Olocausto con l'Angelo, la terra erutta in un fuoco strano, un fuoco di cui ora siamo fatti. Proprio come Giacobbe lottò per ottenere un nome dall'Angelo, ora dobbiamo lottare per ottenere un nome dal fuoco che avrebbe consumato il Nome. Così possiamo comprendere meglio almeno un'implicazione dell'intuizione di [[Elie Wiesel]] secondo cui il fuoco era l'immagine dominante dell'Evento.<ref>Elie Wiesel, ''Evil and Exile'', trad. Jon Rothschild (Notre Dame: University of Notre Dame Press, 1990), 39.</ref> È un'immagine dominante perché si trova al centro del compito che si presenta alla nostra anima mentre continuiamo a lottare con l'Angelo a Peniel. E, come osserva il [[:en:w:Rashbam|Rashbam, Rabbi Shmuel ben Meir]], nel suo commentario a {{passo biblico2|Genesi|32}}, sapere che il nostro nome è Israele significa conoscere non solo la nostra identità, ma anche la sua ineluttabilità, che è l'ineluttabilità della lotta con Dio e l'umanità.<ref>Jonathan Sacks, ''Crisis and Covenant: Jewish Thought after the Holocaust'' (Manchester, Eng.: Manchester University Press, 1992), 274.</ref> Quando arriverà l'alba, nessuno lo sa. Ma è chiaro che dobbiamo lottare finché non arriverà e meritare così la benedizione e il nome di Israele.
=== La convocazione del nome ===
Se non conosce altro, l'ebreo però sa che, a meno che non venga chiamato a questa resa dei conti, non solo la sua vita è priva di significato, ma è impossibile vivere alla ricerca di un qualsiasi significato. Lottare con l'Angelo è pieno di pericoli; come suggerisce la storia di Giacobbe a Peniel, nessuno ne esce indenne. Forse è per questo che siamo così riluttanti a entrare nella mischia e scegliamo invece di seguire i venti della moda e di [[w:moda passeggera|trend passeggeri]]. Ricordiamo che ai tempi del Terzo Reich l'antisemitismo era di moda nelle aule accademiche quanto nelle birrerie. Come abbiamo visto nei Capitoli precedenti, l'antisemitismo odierno, di moda e persino moralmente imposto, assume spesso la forma di un attacco a Israele. L'ironia nel criticare il nome che siamo chiamati a strappare all'Angelo è travolgente. Ci dice che la posta in gioco degli ebrei nel recupero di un nome dopo l'assalto al Nome va oltre qualsiasi cosa superficiale come "autostima" o "autoaffermazione"; si tratta di una salvezza comunitaria, di una riparazione della Creazione stessa. Perché la Creazione è fatta del Nome.
Un criterio per riparare il mondo dopo l'Evento che lo distrusse è stabilito dall'interno dell'Evento stesso, nell'esempio dei diaristi dell'Olocausto. Lungi dall'essere un resoconto quotidiano degli eventi del giorno, questi diari sono una testimonianza offerta in risposta a una convocazione che coinvolge chiunque ne apra le pagine, che miracolosamente giungono nelle nostre mani. Proprio come Giacobbe lottò nel cuore di una notte terribile, così gli ebrei scrissero i loro diari nel cuore della notte, sotto pena di morte, in segreto, tormentati dalla stanchezza e dalla fame. Tuttavia, in qualche modo, queste grida lontane di "Eccomi!" e "Dove sei?" ci pongono ora la domanda dell'Angelo: Qual è il tuo nome? Il recupero del nome dopo la sua cancellazione comporta la lotta per restituire significato alla parola dopo l'assalto alla parola. Attraverso le loro stesse parole, i diaristi intrapresero tale riparazione della parola, che è una riparazione del Nome. Il Santo Nome li convoca, convoca tutti noi, a tale riparazione.
La tradizione ebraica insegna che le parole decidono non solo la verità, ma anche la vita e la morte; proprio come "morte e vita sono in potere della lingua" ({{passo biblico2|Proverbi|18:21}}), così la vita dell'anima, la ''neshamah'', è insita nel respiro, la ''neshimah'', su cui vibra la parola. Affrontando la parola, i diaristi dell'Olocausto affrontano la vita dell'anima che è fatta del nome e che era minacciata a ogni passo. Come gli operai che, secondo il Talmud, scendevano occasionalmente nel Santo dei Santi in ''tevot'', o casse, per effettuare riparazioni (cfr. ''Midot'' 37a), anche questi autori scendono in ''tevot'', che significa anch'esso "parole", dove lottano per recuperare il significato della parola e il ricordo del nome. Se la chiamata a scrivere viene dall'interno, la sua voce si ode dall'aldilà. Chi chiama? È la parola stessa, il Nome stesso, sotto attacco. E chiama il testimone per nome.
In una nota del 28 febbraio 1941, [[w:Emanuel Ringelblum|Emmanuel Ringelblum]] osserva: "L'impulso a scrivere le proprie memorie è potente: lo fanno anche i giovani nei campi di lavoro".<ref>Emmanuel Ringelblum, ''Notes from the Warsaw Ghetto'', trad. e cur. Jacob Sloan (New York: Schocken Books, 1974), 133.</ref> Il diarista scrive suo malgrado. Questo è ciò che rende il diario una risposta alla chiamata del ''Nome'': contrariamente alla soddisfazione di un bisogno personale, rispondere alla Voce che comanda risiede in un movimento verso la relazione comandata con gli altri. "Perché l'altro è il cuore", scrive [[Emmanuel Levinas]], "e la bontà, dello stesso, l'ispirazione o la psiche stessa nell'anima".<ref>Emmanuel Levinas, "Substitution", trad. Alphonso Lingis, in Sean Hand, ed., ''The Levinas Reader'' (Oxford, UK: Basil Blackwell, 1989), 99 - mia trad{{it}}.</ref> E: "Il Bene assegna al soggetto, secondo una suscettibilità che non può essere presunta, l'avvicinamento all'altro, al prossimo".<ref>''Ibid.'', 112.</ref> Il diarista si avvicina al prossimo attraverso la riparazione dello strappo tra parola e significato. [[:en:w:Philip Mechanicus|Philip Mechanicus]] (1889-1944), detenuto a [[w:Campo di transito di Westerbork|Westerbork]] e poi ucciso ad Auschwitz, si rende conto di dover "registrare gli avvenimenti quotidiani per coloro che in futuro vorranno farsi un'idea di ciò che accadde qui. Quindi ho il dovere di continuare a scrivere".<ref>Philip Mechanicus, ''Year of Fear: A Jewish Prisoner Waits for Auschwitz'', trad. {{en}}Irene S. Gibbons (New York: Hawthorne, 1964), 181–182 - mia trad{{it}}</ref> Ho un dovere: scrivendo il diario dell'Olocausto, colui che è chiamato dal Nome è chiamato non come storico o giornalista, ma come essere umano, un ebreo, nel cui nome è inscritta la comandata relazione con altri esseri umani e che, attraverso tale relazione, deve rispondere al proprio nome. Vale a dire: strappano un nome all'Angelo.
La chiamata del Nome è la chiamata del Buon Nome, o il Nome del Bene, la chiamata di ''HaEl HaTov'', di Dio che è il Bene. Rispondendo per nome alla chiamata del Nome, il testimone ebreo scopre cosa significa essere scelto per nome: significa lottare per ottenere un nome dall'Angelo della Morte. Scrittori di diari come [[w:Emil Dorian|Emil Dorian]] (1893-1956)<ref>Emil Dorian, ''The Quality of Witness'', trad. Mara Soceanu Vamos, ed. Marguerite Dorian (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1982), 126.</ref> e [[w:Itzhak Katzenelson|Yitzhak Katznelson]]<ref>Yitzhak Katznelson, ''Vittel Diary'', trad. Myer Cohn, 2a ed. (Tel Aviv: Hakibbutz Hameuchad, 1972), 187.</ref> sottolineano che i nazisti avevano reso illegale la scrittura di diari e altre testimonianze ebraiche. E ora ne capiamo il motivo: i nazisti cercarono di distruggere non solo il corpo di Israele, ma anche l'anima dell'ebreo, non solo la memoria e il nome dell'ebreo, ma anche la memoria del Nome. Per distruggere il nome di cui è fatta l'anima, dovettero distruggere il Bene; e per distruggere il Bene, dovettero distruggere la risposta alla chiamata del Nome.
L'assalto alla parola testimoniale è parte di un assalto al Bene, al Santo e al Nome. Per il testimone ebraico dell'obliterazione del nome, il senso dell'obbligo etico ha un aspetto metafisico; scritto in una risposta etica agli altri, ospita una risposta metafisica a Dio, un'affermazione implicita dell'alleanza con il Divino attraverso la risposta all'umano. [[:en:w:Zelig Kalmanovich|Zelig Kalmanovitch]], un diarista del [[w:Ghetto di Vilnius|Ghetto di Vilnius]], dichiara: "In verità, ogni giorno dovrebbe essere registrato",<ref>Zelig Kalmanovitvh, “A Diary of the Nazi Ghetto in Vilna,” trad. e cur. Koppel S. Pinson, ''YIVO Annual of Jewish Social Studies'' 8 (1953): 50.</ref> perché il giorno stesso è inciso con il Nome. Dio entra nel giorno attraverso il comandamento, e attraverso il giorno Egli entra nella storia, un'entrata incisa nel nome di ogni ebreo. Il richiamo del Nome è il richiamo della vita, un punto che diventa vividamente chiaro quando leggiamo la nota datata 21 luglio 1942 nel diario del [[w:Ghetto di Varsavia|Ghetto di Varsavia]] di [[w:Janusz Korczak|Janusz Korczak]] (1878-1942): "Ore dieci. Spari: due, diversi, due, uno, diversi. Forse è la mia finestra oscurata male. Ma non smetto di scrivere. Al contrario: acuisce (un singolo sparo) il pensiero".<ref>Janusz Korczak, ''Ghetto Diary'', trad. Jerzy Bachrach e Barbara Krzywicka (New York: Holocaust Library, 1978), 175 - mia trad{{it}}</ref> Il colpo che toglie una vita alimenta la scrittura che la recupererebbe. Come il fucile spara i suoi proiettili, la penna incide le sue parole; l'una dispensa la morte, mentre l'altra cerca la vita. Anche quando non ha nulla da dire, per il diarista la parola è un rifugio.
=== Recuperare un nome attraverso la parola ===
Affermare che per il testimone intrappolato nel vortice la parola è un rifugio non significa semplicemente che si tratti di un reame in cui egli fugge dalla morte e dalla disperazione; piuttosto, come abbiamo suggerito, è un reame in cui egli cerca vita e significato, un ricordo, un nome e una voce. "Memoria", o ''zikaron'', ci ricorda Rabbi [[w:Yitzchak Ginsburgh|Yitzchak Ginsburgh]], significa "fonte di parola".<ref>Yitzchak Ginsburgh, ''The Alef-Beit: Jewish Thought Revealed Through the Hebrew Letters'' (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1991), 4.</ref> A differenza dei testimoni che testimoniano a posteriori nei contesti di un mondo, il diarista fa il suo ingresso nel mezzo dell'antimondo e quindi ''entra in'' un "luogo", un ''makom'', per dare voce alla parola e al significato. Così l'anima cerca il suo nome. [[Elie Wiesel]] esprime questa ricerca nel suo romanzo ''Twilight'', dove il suo personaggio Abraham dice: "Please try to understand: the Word is everything. Through the Word we elevate ourselves or debase ourselves. It is refuge for the man in exile, and exile for the righteous. How would we pray without it? How would we live without it?"<ref>Elie Wiesel, ''Twilight'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1998), 98.</ref> La domanda di Wiesel sulla preghiera suggerisce che il processo di restituire significato alla parola è piuttosto simile a restituirle l'aura della preghiera. Ricordiamo che la parola ebraica per "preghiera", ''tefillah'', è affine a ''naftulim'', che significa "lotte" o "combattimenti", così che qui la preghiera non è una richiesta ma un incontro tra un ricordo e il Nome, come quando Giacobbe lottò con l'Angelo.
Assumendo le caratteristiche della preghiera, la parola della testimonianza diventa non solo il mezzo di comunicazione, ma anche una presenza a cui rivolgersi. Qui acquisiamo un senso più profondo del processo di scrittura come processo di ascolto: la parola stessa ascolta e risponde al testimone. Improvvisamente, mentre il testimone posa la mano sulla pagina, il silenzio indifferente del foglio bianco diventa il silenzio reattivo di chi ascolta: diventa un ''tu''. "Quanto ho bisogno di te, mio caro diario", scrive la ragazza rumena Mirjam Korber (n. 1923).<ref>Mirjam Korber, ''Deportiert: Jüdische Überlebensschicksale aus Rumänien 1941–1944: Ein Tagebuch'', trad. Andrei Hoisie (Konstanz: Hartung-Garre, 1993), 109 - mia trad{{it}}.</ref> E Chaim Kaplan dichiara: "Questo diario è la mia vita, il mio amico e alleato. Sarei perso senza di esso".<ref>Chaim A. Kaplan, ''Scroll of Agony: The Warsaw Diary of Chaim A. Kaplan'', trad. Abraham I. Katsh (Bloomington: Indiana University Press, 1999), 278.</ref> Nelle annotazioni di Kaplan vediamo che il processo di scrittura del diario è parte del processo di entrare in una relazione che può sostenere una presenza in un mondo dominato dall'assenza. Il diario non è solo uno sfogo: è la sua vita; il diario non è solo un documento: è il suo amico. Vale a dire: lo chiama per nome.
Pertanto, se il diario viene scritto per assolvere a una responsabilità nei confronti della comunità umana, chi lo scrive si assume una responsabilità nei confronti del diario stesso. Una volta che considera il diario come la presenza di un altro, chi lo scrive contrae un debito nei confronti di quella presenza. Si consideri, ad esempio, questa annotazione dalle prime pagine del diario di [[w:Anna Frank|Anne Frank]] (1929-1945): "Now I come to the root of the matter, the reason for my starting a diary...: I want this diary to be my friend, and I shall call my friend Kitty".<ref>Anne Frank, ''The Diary of a Young Girl'', trad. B. M. Mooyaart-Doubleday (New York: Modern Library, 1952), 12–13.</ref> Il recupero del nome avviene nella relazione con un amico. Questo recupero avviene per due motivi: in primo luogo, la parola implica la presenza di un altro a cui è rivolta; in secondo luogo, è il luogo in cui il significato diventa un problema. Quando il testimone si confronta con la parola della testimonianza, il rifugio della parola risiede nel significato restituito a un mondo in cui il significato è in costante collasso. È un ''andare avanti''.
Questa prospettiva di andare avanti è un ingresso nella parola tale da rendere la parola stessa sia oggetto che soggetto del movimento. La parola attraverso cui si manifesta il recupero di un nome si presenta non solo come una presenza responsiva, ma anche come un soggetto da affrontare e perseguire. Come quando Betzalel plasmò l'Arca della Testimonianza nel deserto ({{passo biblico2|Esodo|37:1}}), così il testimone introduce la parola nel deserto dell'antimondo. Combina le lettere e invoca una parola che può introdurre una luce e una dimensione di altezza in un mondo consegnato al ''tohu vavohu'' del caos e dell'oscurità. Per questi diaristi, c'è un ''nondimeno'' che costituisce l'ingresso nella parola della testimonianza. Fa della parola della testimonianza l'oggetto della testimonianza stessa. È così che avviene il recupero del legame tra parola e significato, che resiste alla morte e afferma la vita. Così il diario crea un luogo in cui il testimone può affermare l'importanza di questa riaffermazione della vita ebraica e di questa responsabilità nei confronti della vita ebraica. La parola della testimonianza, quindi, non si rivolge solo alla morte e alla distruzione, ma anche ai mezzi per resistere alla morte e alla distruzione. Qui comprendiamo che il ''tu'' invocato nel diario non è una proiezione psicologica: è la vita stessa, una vita inerente al recupero del nome.
Nel tentativo di rispondere al Nome, il diarista apre una profondità interiore che non proviene solo da dentro, ma dall'al di là. La profondità che si estende oltre si chiama parola o spirito: lo spirito che si muove sulla superficie dell'abisso si muove attraverso la parola (cfr. {{passo biblico2|Genesi|1:2}}). E l'oscurità che è l'abisso stesso? Secondo il saggio talmudico Rabbi Berekhyah, è "l'Angelo della Morte, che oscurò il volto della Creazione" (''Tanchuma Yashev'' 4). E così la morte che era stata cancellata, come abbiamo visto nel Capitolo precedente, viene ristabilita mentre il Nome ci chiama per nome. Questa chiamata trova la sua voce nell'espressione dell'anima; quando questa espressione viene meno, viene meno anche il senso di realtà di sé e del mondo, come vediamo quando [[w:Emil Dorian|Dorian]] scrive: "Days of an eerie sensation, like floating above the ground. My whole life, it seems, belongs to someone else. I write as if in a dream. I am not absent from reality, but remote, and this tints all levels of existence with a strange hue of unreality".<ref>Dorian, ''The Quality of Witness'', 91.</ref> Questa disconnessione dal terreno, questa distanza dal reale, è il risultato di una breccia nel nome dell'uomo.
Se il diario si impegna in un recupero del terreno e del nome, è molto simile alla resistenza che Fackenheim descrive quando osserva: "German resistance, such as it was, had to discover a true self to be respected. The Jewish resistance had to ''recreate'' Jewish selfhood and self-respect... Once again the categories ‘willpower’ and ‘internal desire’ seem inadequate. Once again we have touched an Ultimate".<ref>Emil L. Fackenheim, ''To Mend the World: Foundations of Post-Holocaust Jewish Thought'' (New York: Schocken Books, 1989), 222.</ref> Forza di volontà e desiderio interiore sono adeguati all'impegno umano solo quando l'essere umano ha una dimora, e i resistenti tedeschi avevano un tale luogo: non furono allontanati dalle loro case, e le loro madri, i loro padri e i loro figli erano ancora madri, padri e figli. Nonostante il loro allontanamento da un luogo del mondo, d'altra parte, gli ebrei trovarono il modo di ricreare un luogo e con esso una relazione con il Luogo, o il ''makom'', cioè il Nome.
Al di là della somma degli individui, il popolo ebraico chiamato Israele incarna il ''Makom'' di Dio; lo ''[[Zohar]]'', ricordiamo, si riferisce alla Comunità di Israele come alla ''Shekhinah'', o Presenza Interiore del Santo (cfr. ''Zohar'' II 98a). Tra i diaristi in cui questa consapevolezza è più pronunciata c'è Yitzhak Katznelson. Nella sua annotazione del 14 settembre 1943, scrive: "Il sangue di sette milioni grida dal profondo di me. Dove sono? Il grido di tutto il mio popolo assassinato grida nell'abisso di questo mondo vuoto e malvagio".<ref>Katznelson, ''Vittel Diary'', 220.</ref> Il Nome è nel sangue: chiama attraverso il sangue di Israele che chiama dalla terra e si riversa nelle pagine del diario di Avraham Tory (1909-2002) dal [[w:Ghetto di Kovno|Ghetto di Kovno]]. Commentando un elenco delle vittime di un’''Aktion'', scrive: "Da ogni riga, e da ogni nome... il sangue ebraico versato grida vendetta; la memoria di Amalek sarà cancellata da sotto il cielo di Dio".<ref>Avraham Tory, ''Surviving the Holocaust: The Kovno Ghetto Diary'', trad. Jerzy Michalowicz, ed. Martin Gilbert (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1990), 280.</ref> La menzione di Amalek da parte di Tory è una parafrasi di {{passo biblico2|Esodo|17:14}}, e in questa allusione al passato biblico di Israele egli fa un'osservazione sul futuro di Israele. Entrambi sono raccolti in questa annotazione datata 6 aprile 1943. Questa raccolta del tempo e dell'eternità di Israele nella parola scritta distingue questo diario come una risposta al Nome, alla ricerca di un recupero del nome.
<gallery class="center" mode="packed" heights="140" caption="Diariste/i ebree/i uccise/i nella Shoah (lista parziale)">
Anne Frank passport photo, May 1942 (cropped).jpg|Anne Frank (1929-1945)
Etty Hillesum 1939 (cropped).jpg|Etty Hillesum (1914-1943)
EmanuelRingelblum 1900-1944.jpg|Emanuel Ringelblum (1900-1944)
PhilipMechanicus.jpg|Philip Mechanicus (1889-1944)
Helga deen.jpg|Helga Deen (1925-1943)
Icchak Kacenelson pocztówka.jpg|Itzhak Katzenelson (1886-1944)
Janusz Korczak (cropped).jpg|Janusz Korczak (1878-1942)
Willy-Cohn-Plakette am Rynek in Breslau (cropped).jpg|Willy Cohn (1888-1941)
Petr Ginz.jpg|Petr Ginz (1928-1944)
Czerniakow.jpg|Adam Czerniaków (1880-1942)
זלמן גרדובסקי.jpg|Zalman e Sonia Gradowski (1910-1944), entrambi uccisi a Auschwitz
RutkaHeniusLaskier1938.JPG|Rutka Laskier (1929-1943) con fratellino, entrambi uccisi a Auschwitz
Calel.jpg|Calel Perechodnik (1916-1944)
Yitskhok Rudashevski avec sa grand-mère et ses deux cousines - Wilno - Pologne.jpg|Yitskhok Rudashevski (1927-1943) con nonna e cugine
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=== Recupero di un nome, recupero della Torah ===
Molti passi della Torah iniziano dichiarando: "Queste sono le parole che Dio pronunciò". Il Libro del Deuteronomio, tuttavia, si apre dicendo: "Queste sono le parole che Mosè pronunciò". Mosè, piuttosto che Dio, parlò al popolo d'Israele alla vigilia del loro ingresso nella Terra Promessa per trasmettere il ricordo di come vi erano arrivati. Se fossero usciti dall'esilio, quel ricordo sarebbe stato importante da portare con sé quanto lo erano le tavole della Torah e le ossa di Giuseppe. Come i vasi che contenevano i comandamenti di Dio e le spoglie dei defunti, la memoria stessa è una sorta di [[w:Aron haQodesh|''aron kodesh'' {{lang|he|אֲרוֹן קׄדֶש}}]], un'arca santa, che rende possibile trovare dimora nel mondo. Perché nell'arca della memoria dimora il Nome che ci chiama a ricordare.
Ciò che colpisce dell'ultimo dei Cinque Libri di Mosè è che è sia Torah che racconto della Torah. Il che significa: se la Torah e il Nome sono un tutt'uno, allora il Nome è anche il racconto del Nome, persino – o soprattutto – quando è il racconto dell'assalto al Nome. Mentre gli Israeliti stavano per entrare nella Terra e crearvi una dimora per Dio e l'umanità, Mosè trasmise a una nuova generazione (la generazione uscita dall'Egitto era scomparsa) un racconto di schiavitù e liberazione, di peregrinazioni e rivelazione. Perché? Perché la capacità di abitare nella Terra si fonda sulla capacità di questa memoria della propria origine e del proprio destino. La memoria della Torah contenuta nella Torah non è la memoria della sofferenza, ma la memoria del perché la sofferenza sia ''importante''. Questo è ciò che la rende una memoria del Nome senza il quale non abbiamo nome.
Possiamo quindi comprendere meglio l'affermazione del Baal Shem Tov secondo cui, così come l'oblio è legato all'esilio, così la memoria è legata alla redenzione.<ref>Cfr. [[Elie Wiesel]], ''Souls on Fire: Portraits and Legends of Hasidic Masters'', trad. Marion Wiesel (New York: Vintage, 1973), 227.</ref> Legata alla redenzione, la memoria è legata al significato e alla direzione, al passato e al futuro, e soprattutto all'umanità; legata alla redenzione, la memoria è legata a tutto ciò che confluisce in un nome; legata alla redenzione, la memoria è il Nome. "Il Re Supremo", dice lo ''[[Zohar]]'', "è accennato nella parola ''Zakhor'' (ricorda)" (''Zohar'' I 5b). Una funzione della memoria nelle memorie dell'Olocausto è quella di intraprendere un movimento di ritorno attraverso un atto di risposta: non un ritorno al campo, ma un ritorno al mondo, a un luogo dove è possibile dimorare. Se i nazisti si proponevano di assassinare le anime ebraiche prima di distruggere i corpi ebrei, allora si proponevano di distruggere questo movimento di ritorno che è una risposta al proprio nome. Se la [[Shoah]] è caratterizzata da un attacco alla ''teshuvah'' – alla redenzione, al ritorno e alla risposta – allora è definita da un attacco a una memoria e a un nome.
[[File:Merneptah Steli (cropped).jpg|220px|center|Stele di Merneptah]]
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| desolato
| non (c'è)
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| suo
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Del XIII secolo AEV abbiamo l'iscrizione sulla '''[[w:Stele di Merenptah|Stele del faraone Merneptah]]''' (regnò dal 1213 al 1203 AEV): "Israele è devastato e la sua discendenza non esiste più" (cfr. grafico ''supra'').<ref>Cfr. Kenton L. Sparks, ''Ethnicity and Identity in Ancient Israel'' (Winona Lake, IN: Eisenbaums, 1998), 97.</ref> Dall'inizio del XII secolo EV abbiamo il grido di battaglia del capo almohade Ibn Tumart del Marocco (1080-1130), come riportato dal nostro saggio [[w:Abraham ibn Dawud|Abraham ibn Daud]] (1110-1180): "Venite e distruggiamoli dall'essere una nazione; che il nome di Israele non sia più ricordato".<ref>Abraham ibn Daud, ''The Book of Tradition: Sefer ha-Qabbalah'', trad. Gershon D. Cohen (Philadelphia: Jewish Publication Society, 2010), 87–88 - mia trad{{it}}</ref> E nel XX secolo abbiamo [[w:Amon Göth|Amon Göth]] e il suo proclama alle truppe in occasione della liquidazione del [[w:Ghetto di Cracovia|Ghetto di Cracovia]], tratto da ''[[w:Schindler's List - La lista di Schindler|Schindler's List]]'' (1993) di [[w:Steven Spielberg|Steven Spielberg]]: "Jews have lived in Krakow for six hundred years. By the end of the afternoon those six hundred years will be a rumor. They never happened".<ref>Vale la pena notare che gli ebrei erano effettivamente a Cracovia da 800 anni.</ref> Gli antisemiti sterminazionisti non vogliono gli ebrei vivi. Non vogliono la morte degli ebrei. No, come nel caso per eccellenza del ''Muselmann'', vogliono rimuovere dagli ebrei ogni predicato, ogni memoria e ogni nome. I nazisti non furono i primi a voler sterminare la Casa di Giacobbe e i Figli d'Israele, ma furono i più riusciti, i più radicali, i più coscienziosi nel loro attacco al Nome.
All'indomani dell'Evento, quando la chiamata al recupero di un nome incombe sul popolo ebraico, gli autori delle memorie si confrontano anche con la guerra alla memoria. Li vediamo, infatti, alle prese con la propria memoria. "L'indebolimento della mia memoria mi tormentava", scrive Alexander Donat (1905-1983).<ref>Donat, ''The Holocaust Kingdom'', 239.</ref> E Olga Lengyel (1908-2001) ricorda che i suoi compagni di prigionia ad Auschwitz "persero la memoria e la capacità di concentrarsi".<ref>Lengyel, ''Five Chimneys'', 96.</ref> Scrivere ''queste'' memorie, quindi, implica molto più che registrare i ricordi di una vita; è una lotta folle per recuperare una memoria e un nome, uno ''yad vashem'', in un atto di memoria compiuto in risposta a un attacco alla memoria e al Nome. Il ricordo che confluisce nelle memorie è una risposta al proprio nome, e racchiude un'affermazione della sacralità della vita umana che proviene solo dal Nome. Senza questo atto di memoria non c'è ritorno alla vita, non c'è recupero del nome.
Nel suo romanzo ''The Forgotten'', [[Elie Wiesel]] affronta proprio questo argomento. È la storia di Elhanan, un sopravvissuto che, afflitto dal morbo di Alzheimer, si trova ad affrontare il problema di trasmettere la propria memoria al figlio. Questa è la sua preghiera: "Dio di Auschwitz, sappi che devo ricordare Auschwitz. E che devo ricordarTelo... Ricorda che solo la memoria riconduce l'uomo alla fonte del suo desiderio di Te".<ref>Elie Wiesel, ''The Forgotten'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1992), 11–12 - mia trad{{it}}</ref> In seguito, suo figlio Malkiel, che diventa il tramite della memoria del padre, elabora: "Per un ebreo, nulla è più importante della memoria. È legato alle sue origini dalla memoria".<ref>''Ibid.'', 71.</ref> Sebbene non tutti i sopravvissuti siano vittime del morbo di Alzheimer, loro – e noi – ci troviamo tutti a dover trasmettere una memoria che si sta esaurendo e a lottare con l'Angelo dell'Amnesia. Siamo chiamati a unire il nostro grido al grido del sopravvissuto che alza la voce al cielo: "Che Egli si ricordi, perché solo Lui può farci ricordare".<ref>Elie Wiesel, ''Against Silence: The Voice and Vision of Elie Wiesel'', Vol. 1, ed. Irving Abrahamson (New York: Holocaust Library, 1985), 114.</ref> Persino il nostro nome? Soprattutto il nostro nome.
Le memorie scritte durante la prima generazione dopo l'Olocausto furono scritte per lettori che erano vivi durante l'Evento, lettori per i quali l'Evento era parte della loro memoria storica, parte del loro reame di possibilità e quindi parte del loro reame di responsabilità. In quasi tutti i casi, gli autori delle memorie precedenti non scrivevano per le loro famiglie o per i loro figli; le loro famiglie erano state massacrate e i loro figli non erano ancora nati, se non già tra i morti. Coloro che insistevano perché parlassero non erano i loro figli adulti, come spesso accadeva negli anni successivi, ma i loro genitori, fratelli, sorelle, zii e zie defunti, i cui nomi erano attenti a registrare, in un recupero dei propri nomi. In queste memorie il legame con un passato pieno di distruzione e disperazione è spesso molto più forte del legame con un futuro pieno di rinnovamento e speranza; ricordate il cadavere che ci scruta negli occhi dalle profondità dell'ultima pagina delle memorie di Wiesel, [[w:La notte (romanzo)|''Night (La Notte)'']].<ref>Elie Wiesel, ''Night'', 116.</ref>
A differenza degli autori di memorie precedenti, i sopravvissuti che hanno scritto le loro memorie in età avanzata hanno un pubblico desideroso almeno di ascoltarli. Ci sono studiosi e insegnanti, artisti e agenti, pronti a scrivere libri su di loro, tenere corsi, girare film e organizzare conferenze. Coloro che hanno registrato i loro ricordi nel crepuscolo della memoria lo hanno fatto sullo sfondo di un [[w:Yom HaShoah|Giorno della Memoria dell'Olocausto]] (''Yom HaShoah'') e di musei commemorativi dedicati al messaggio che cercano di trasmettere. Ci sono workshop e conferenze, appuntamenti professionali e organizzazioni professionali dedicati agli studi sull'Olocausto; infatti, ora è finanche possibile conseguire un [[w:Dottorato di ricerca|dottorato di ricerca (Ph.D.)]] in studi sull'Olocausto.
Chi di noi si accosta alle memorie di fine vita si sente più a suo agio – anzi, fin troppo – con il "lieto fine", o almeno con qualcosa che non si concluda con un cadavere che ci fissa dalle profondità di uno specchio. Quegli eventi, inoltre, sono accaduti prima che la maggior parte di noi nascesse: ci sono estranei, al di fuori degli orizzonti della nostra coscienza. Ma siamo davvero così al sicuro? Gli autori delle memorie scritte nel crepuscolo della memoria parlano davvero da una dimora nel mondo, e non da un esilio nell'antimondo? Cosa cercano ora i sopravvissuti in questo ricordo? Cosa cerchiamo ora noi? E conosciamo davvero il nostro nome?
=== Recupero di un nome come recupero di un futuro ===
Sebbene le memorie scritte trenta o quarant'anni fa fossero destinate a un pubblico diverso, in circostanze diverse e con motivazioni diverse, l'Evento ricordato è lo stesso. Il sopravvissuto risponde allo stesso assalto all'anima, al Nome, all'idea stessa e all'identità dell'umanità; si impegna nella stessa lotta per ripristinare un centro di verità, significato e santità che può essere fondato solo sul Nome da cui tutti i nomi derivano. Sì, le memorie precedenti spesso disperano del futuro più di quelle successive; ma il fatto che siano pronunciate da qualcuno a qualcuno le orienta verso il futuro. Perché in quella frase il sopravvissuto recupera un nome rivolgendosi a noi per nome, così che un futuro racchiuso nel nostro nome si schiude nella risposta che dobbiamo ''ancora'' dare.
Molto spesso, più tardi nella vita si scrive un ''memoir'', maggiore è l'orientamento al futuro. Rendendoci conto di questo, giungiamo a un'altra conclusione: la memoria nel ''memoir'' dell'Olocausto è memoria del futuro, per il futuro. Il futuro di cosa? Il futuro del nostro impegno con l'Angelo. Perché il futuro non è un ''cosa''; il futuro è un ''chi''. Il che significa: il futuro ha un ''nome''. Il futuro è ''l’altro essere umano'' – un punto sottolineato con forza dagli autori di ''memoir'' di età avanzata, che vedono il volto del futuro negli occhi dei loro figli, che portano i nomi dei morti in ricordo dei morti. Gli autori del ''memoir'' dell'Olocausto recuperano un futuro che supera gli orizzonti del loro tempo in questo mondo. Ricordare significa avere tempo, tempo per ciò che è infinitamente prezioso, per ciò che c'è da amare, tempo per l'altro essere umano. Perché il tempo che diamo all'altro è l'unico tempo che abbiamo: abbiamo solo il tempo che diamo.
Scrivendo le loro ''memoir'', i sopravvissuti affermano il loro nome, come anche il Nome che è stato aggredito durante l'evento ricordato. In quasi ogni caso delle memorie degli ultimi anni di vita, qualcuno che li ama chiede loro di scriverle. Rispondono alla prima domanda posta al primo essere umano, la domanda posta a ogni essere umano – Dove sei? – dichiarando: "Eccomi, per te". Questo "Eccomi" significa: "Ecco la mia memoria. Ecco il mio nome. In esso è il tuo nome". E ci pongono una domanda: "Cosa farai del tuo nome?". La tradizione insegna che "ci sono tre corone: la corona della Torah, la corona del sacerdozio e la corona della regalità. Ma la corona di un buon nome le supera tutte" (''Pirke Avot'' 4:13). Se vogliamo opporci alla visione nazista dell'essere umano, allora dobbiamo abbracciare la visione a cui si opponevano, ovvero che siamo ''essenzialmente'' connessi a ogni essere umano come i membri di una famiglia sono essenzialmente connessi tra loro – attraverso il nome. Il che significa: gli autori di memorie di fine vita sono le nostre madri e i nostri padri. Siamo il lignaggio a cui rispondono quando si assumono l'onere gravoso di questo ricordo. E noi che portiamo i loro nomi siamo quelli che devono reagire alla loro risposta – per nome.
Se la sopravvivenza dell'autore del ''memoir'' è un miracolo, il ''memoir'' stesso è un miracolo ancora più grande. Perché nel ''memoir'' l'autore attesta l'infinita preziosità dell'essere umano dopo essere emerso da un reame in cui era meno di niente. Contrariamente all'abusante che abusa perché è stato abusato, queste persone trasformano una sofferenza indicibile in una benedizione ineffabile, non per sentirsi meglio con se stesse, ma per il bene dei propri figli.
Rispondendo al 614° Comandamento di Fackenheim, questi testimoni si impegnano nella loro testimonianza strappando il nome di Israele all'Angelo della Morte. Nelle memorie scritte in tarda età, si può osservare il racconto di una vita che supera il tempo della morte dell'anti-mondo, una vita che include figli e nipoti, come anche il ricordo di una madre e di un padre il cui amore e i cui insegnamenti vengono trasmessi alla generazione successiva. Il che significa: queste memorie scritte in tarda età non sono solo resoconti di testimoni oculari offerti al mondo, ma ci vengono ''tramandati''. Questa è la differenza tra un resoconto e un ricordo: un resoconto lo archiviamo, un ricordo lo ''ereditiamo''. Questi ''memoir'' giungono a una generazione di bambini che sono cresciuti fino a diventare genitori e hanno trasmesso nomi, chiamando i propri figli come i sopravvissuti che se ne sono andati. Cosa racconteremo, allora, ai nostri figli, non solo dell'Olocausto, ma anche di coloro che vi sopravvissero? Che le loro vite fossero vuote, che il mondo fosse un vuoto e che la vita fosse priva di significato – basta guardare l'Olocausto? Ma non si limitano a guardare l'Olocausto: l'Olocausto li scruta. Lo vivono, lo rivivono e continuano a vivere – ''come ebrei'' – nonostante ciò, per portare al mondo una verità e un insegnamento su ciò che è più prezioso e più caro.
Poiché questa memoria ci giunge non solo come ricordo di orrore, ma anche come affermazione di umanità, ci viene presentata come testimonianza sia di ciò che accadde allora sia di ciò che ''accadrà'' in seguito. Il ricordo dei sopravvissuti racchiude una vocazione e un comandamento. Pertanto, gli autori di ''memoir'' dell'Olocausto affidano alle nostre cure ciò che è stato affidato alle loro cure – e anche di più: affidano alle nostre cure sia il grido degli assassinati che li perseguita, sia il richiamo di un futuro che li chiama. Come loro figli e nipoti, riceviamo la loro eredità; accogliendo la loro eredità, diventiamo testimoni e messaggeri che a loro volta devono rispondere alla domanda: qual è il tuo nome? Non solo riceviamo il racconto di una vita, ma ora dobbiamo vivere in un certo modo, abbracciando la Torah che è il Nome. Man mano che sempre più numerosi questi sopravvissuti muoiono, ci troviamo sempre più nella posizione di chi recita il ''Kaddish'' per il genitore defunto, aggiungendo: ''"Hareyni kaparat mishkavo'' - Possa io essere un'espiazione per il suo riposo". Come possiamo farlo? Ascoltando questi ricordi e vivendo secondo l'insegnamento della Torah che li definisce, l'insegnamento che l'altro essere umano è un essere santo.
L'ultimo residuo di memoria vivente sta trapassando. Quando tale memoria vivente se ne va, non scompare; passa – a noi. Di cosa sarà il ricordo? Dell'urlo del silenzio o della voce del testimone? Non si tratta di una questione di scelta; certo, le memorie dell'Olocausto contengono sia la voce del sopravvissuto che il silenzio a cui è sopravvissuto. La domanda è: come possiamo prestare attenzione alla voce senza essere inghiottiti dal silenzio? La risposta: trasmettendo il messaggio delle nostre madri e dei nostri padri in quanto madri e padri, rispondendo al nostro nome e conferendo un nome ai nostri figli. Onorare la memoria delle nostre madri e dei nostri padri significa prestare attenzione al loro messaggio. Diamo attenzione al loro messaggio vivendo vite degne delle loro vite, attestando il valore delle loro vite attraverso una testimonianza dell'infinito valore delle vite che ci circondano. E diventando ciò che siamo dopo una dura lotta con l'Angelo della Morte: '''''Am Yisrael'''''.
=== Qual'è il tuo nome? ===
{{Vedi anche|:en:w:Am Yisrael Chai|w:Chai (ebraismo)|etichetta1=Am Yisrael Chai עַם יִשְׂרָאֵל חַי|etichetta2=Chai חַי}}
Il [[:en:w:Meir Yechiel Halevi Halstock|Rebbe di Ostrovitzer]] (1851–1928) una volta commentò "E Giacobbe rimase solo" ({{passo biblico2|Genesi|32:25}}), dicendo: "Con la benedizione che HaShem diede a Giacobbe, ‘E il tuo nome sarà Israele’, Israele sarà menzionato quando gli ebrei si riuniscono per pregare o imparare come popolo. Quando gli ebrei si riuniscono per pregare o partecipare all'apprendimento come popolo, raggiungono il livello molto più elevato di ‘Israele’, il livello di unità e amore fraterno".<ref>Cfr. Dovid Kirschenbaum, ''Fun di Chasidishe Otsros'' (New York: Pardes Publishers, 1948), 115; cfr. anche Victor Cohen, ed., ''The Soul of the Torah: Insights of the Chasidic Masters on the Weekly Torah Portions'' (Northvale, NJ: Jason Aronson, 2000), 54.</ref> In questa unità e amore fraterno risiede l'identità dell'ebreo e la risposta alla domanda più fondamentale che possa essere posta a un essere umano, la domanda che l'Angelo della Morte pone a ciascuno di noi.
E così, ancora una volta, ci ritroviamo con la domanda: Qual è il tuo nome? Lasciato con questa domanda, l'ebreo viene riportato a Peniel, dove deve decidere: Chi sono io, in quanto ebreo? La lingua sacra che i nazisti tentarono di mettere a tacere nel loro assalto al Nome ci dice che un ebreo è uno ''Yehud''i. E così in quest'ultimo Capitolo torniamo a un insegnamento del primo Capitolo. La radice di questa parola ''Yehudi'', come ivi indicato, è ''yadah'', che significa "offrire lode" o "rendere grazie". Chi è l'ebreo? Lui o lei è colui che è stato scelto per essere una luce di gratitudine per le nazioni ― ''nonostante tutto''. Iniziando le nostre preghiere ogni mattina con ''hodu l’HaShem'' - "grazie e lode al Nome" - iniziamo le nostre preghiere quotidiane, la nostra lotta quotidiana, con una dichiarazione di cosa significhi essere ebreo: essere ebreo significa rendere grazie, soprattutto quando abbiamo dimenticato ciò per cui essere grati. Questo è l'unico modo per recuperare la memoria di chi siamo e per cosa siamo stati scelti. Questo è ciò di cui parla questo mio wikilibro: ciò per cui essere grati. Dopotutto, Giacobbe lottò contro l'Angelo non solo per un nome, ma anche per una benedizione.
Cosa? L'Olocausto una benedizione? Assolutamente no. Ma il fatto che sia un male, che sia un orrore e che quindi sia ''importante'' è una benedizione. Il fatto che abbiamo un nome, che dobbiamo rispondere al nostro nome e che, rispondendo al nostro nome, dobbiamo affermare la sacralità della vita è una benedizione. Ciò che la [[Torah]] può offrire, e che è inimmaginabile per il pensiero moderno, è il senso di questa benedizione che accompagna il nome e il senso di questa gratitudine che accompagna la benedizione. Ciò che la Torah può offrire non è solo il ricordo del Nome, ma anche un motivo per ricordare il nostro nome, e quindi un motivo per ricordare l'Olocausto: non si tratta semplicemente di impedire il ripetersi della storia, ma di affermare un futuro, sia come individui che come popolo chiamato con il nome di Israele. La posta in gioco in questo ricordo non è solo la sopravvivenza di Israele, ma il ''significato'' stesso dell'umanità che è stata attaccata dai nazisti. Pertanto non abbiamo scelta in questa lotta: siamo già sul ring.
"Il Talmud", dice Levinas, "è la lotta con l'Angelo".<ref>[[Emmanuel Levinas]], "The Pact", trad. Sarah Richmond, in Sean Hand, ed., ''The Levinas Reader'' (Oxford, UK: Basil Blackwell, 1989), 220 - mia trad{{it}}</ref> Il Talmud, quindi, è la chiave per strappare un'identità all'Angelo dell'Olocausto. Perché senza la memoria di questa tradizione che ci definisce, dimenticheremo sicuramente il nostro nome. La parola ebraica per "tradizione" è ''masoret''; il suo affine ''mesirut'' significa "devozione" o "dedizione". Il ricordo che caratterizza la devozione alla tradizione è un oblio di sé, come suggerisce l'espressione ''mesirat nefesh''. Tradotto come "sacrificio di sé", non significa semplicemente ''deporre'' una vita, ma ''tramandare'' una vita. Il sacrificio di sé in questo senso è un sacrificio dell'ego in un atto di donazione che è insegnamento e testimonianza, e non c'è tradizione, non c'è ''masoret'', senza ''mesirat nefesh''. Perché il significato del verbo radice ''masar'' è "trasmettere" o "tramandare". E ciò che viene tramandato attraverso la tradizione, attraverso il ''masoret'', è un ''meser'' o un "messaggio". È il messaggio racchiuso nel nome Israele, che può essere trasmesso solo lottando con l'Angelo.
L'eliminazione dell'ebreo dal mondo non richiede solo la rimozione del nome dall'ebreo; comporta anche l'eliminazione dell'ebreo da questo rapporto con l'Angelo. Ecco perché proprio coloro che vorrebbero vedere una ripetizione dell'Olocausto negano che sia accaduto: se non è accaduto, allora non c'è lotta. Allora l'ebreo può semplicemente scivolare in una nebulosa anonimità e scomparire. Allora non c'è bisogno di uno Stato ebraico, dell'ebraismo o della memoria ebraica. Allora l'ebreo può diventare parte dell'anonimato che riduce l'umanità a una massa senza volto. E allora il desiderio più profondo dell'antisemita sarà stato realizzato: un mondo libero dalla Questione Ebraica: Qual'è il tuo nome? La Soluzione Finale alla Questione Ebraica risiede in una sola risposta: '''''Am Yisrael Chai'''''.
[[File:Israeli blue Star of David.svg|150px|left|Maghen David]][[File:Israeli blue Star of David.svg|150px|right|Maghen David]]
<div style="text-align: center; font-size: 2.5em;">''Am Yisrael Chai''</div>
{{Testo ebraico|allineamento=centro|dimensioni=grande|עַם יִשְׂרָאֵל חַי}}
<div style="text-align: center; font-size: 1.4em;">''Viva il popolo di Israele!''</div>
</div>
[[File:BergenBelsenHatikva.ogg|200px|center|thumb|<div style="color: teal; text-align: center; font-size: 0.9em;">Registrazione della [[w:BBC|BBC]] del 20 aprile 1945 in cui i sopravvissuti ebrei di [[w:Campo di concentramento di Bergen-Belsen|Bergen-Belsen]] cantano l’''[[w:Hatikvah|Hatikvah]]'', seguito dal grido di ''"[[:en:w:Am Yisrael Chai|Am Yisrael Chai!]]"'', solo cinque giorni dopo la loro liberazione da parte degli Alleati.</div>]]
== Note ==
[[File:Elie Wiesel (1987) by Erling Mandelmann - 2.jpg|162px|right|Elie Wiesel, 1987]]
[[File:Primo Levi.jpg|left|159px|Primo Levi, anni '50]]
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie letteratura moderna|Serie dei sentimenti}}
<div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div>
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[[Categoria:Connessioni|Capitolo 12]]
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wikitext
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== Il recupero di un nome dopo l'aggressione al Nome: la testimonianza di diari e memorie ==
{{Vedi anche|Shoah e identità ebraica|etichetta1=Shoah e identità ebraica: l'Olocausto nella letteratura di Primo Levi e Elie Wiesel}}
Nel cuore della notte, mentre Giacobbe stava per partire andando a riconciliarsi con suo fratello Esaù e tornare alla sua terra natale, l'Angelo della Morte si abbatté su di lui e i due lottarono fino all'alba. Giacobbe vinse l'Angelo e non lo lasciò andare finché non ottenne una benedizione dall'essere ultraterreno. La benedizione iniziò con una domanda: "Qual è il tuo nome?"
E l'uomo rispose: "Giacobbe".
Al che l'Angelo della Morte rispose: "Non ti chiamerai più Giacobbe. D'ora in poi ti chiamerai Israele, perché hai lottato contro Dio e contro l'umanità, e hai vinto" (cfr. {{passo biblico2|Genesi|32:25-31}}).
Cosa può significare per Giacobbe aver "lottato contro Dio [''Elokim''] e l'umanità"? Il [[Chabad-Lubavitch|Rabbi di Lubavitch]], [[w:Menachem Mendel Schneerson|Menachem M. Schneerson]], ז״ל, spiega:
{{citazione|“Elokim” in this context means “angels” [cf. ''Talmud Bavli, Chullin'' 92a], and generally connotes the “seventy heavenly princes” through whom flow the Divine emanations which sustain physical existence, and who thereby act to conceal Godliness. “Men” signifies a still greater concealment, for men are capable of denigrating the Jew for performing God’s will, and this is a harder concealment to bear. For this reason, the first paragraph of the entire Shulchan Aruch warns us “not to be ashamed of men who ridicule.” And this is the basis of the whole of a Jew’s service – to break down the concealment of God.|[[w:Menachem Mendel Schneerson|Menachem M. Schneerson]], ''Torah Studies'', adattato da [[w:Jonathan Sacks|Jonathan Sacks]], 2a ed. (London: Lubavitch Foundation, 1986), 45}}
Mai come ai tempi dell'Olocausto, la denigrazione dell'ebreo da parte degli uomini fu più pronunciata. E mai come ai tempi dell'Olocausto, l'occultamento di Dio fu più grande. Come può un ebreo nell'era post-Olocausto penetrare l'occultamento di Dio, di Colui che chiamiamo "il Nome"? Recuperando il proprio nome, il nome di Israele, conferito a ogni anima ebrea prima del suo ingresso in questo reame.
Un'altra domanda sorge nel racconto della lotta di Giacobbe con l'Angelo: cosa significa dire che egli vinse/prevalse sull'Angelo della Morte? Il termine ebraico è ''vatukhal'', affine a ''takhlit'', che significa "scopo" o "proposito". Vale a dire: Egli ricevette un nuovo significato e una nuova missione, una nuova anima, lottando per ottenere un nuovo nome dall'Angelo. Qual è, dunque, la differenza tra Giacobbe e Israele? Il salmista lo afferma in questo modo: "Egli [Dio] ha stabilito una testimonianza [''edut''] in Giacobbe e ha posto un insegnamento [''Torah''] in Israele" ({{passo biblico2|Salmi|78:5}}). Nella lotta abbiamo la testimonianza; nel nome abbiamo l'insegnamento. La testimonianza o ''edah'' è una testimonianza dello ''yaad'', lo "scopo" o la "missione" per cui siamo creati. ''Edah'' può anche significare "comunità" o "incontro", come nell’''Ohel Moed'' o "Tenda del Convegno" ({{passo biblico2|Esodo|33:7}}). Non c'è comunità senza testimonianza, non c'è testimonianza senza incontro, e la testimonianza riguarda qualcosa in merito alla natura dell'abitare in comunità; in effetti, ogni abitare nasce in una comunità di incontro. Impegnarsi nella testimonianza centrale della comunità significa rispondere: "Eccomi", in reazione al comandamento di prendersi cura del bisogno dell'altro essere umano. Un membro di un’''edah'' o comunità, quindi, è un ''ed'' o un "testimone" di un comandamento o "precetto di Dio", che è ancora un altro significato di ''edah'', e senza il quale non abitiamo in una comunità, ma solo in un'inevitabilmente vana lotta per la sopravvivenza, poiché nessuno ne esce vivo. Questo abitare è il "destino", lo ''yiud'', un altro affine di ''edah'', della Casa di Giacobbe.
E la [[Torah]] o l'"insegnamento" che si trova in ''Yisrael''? È un insegnamento che ci insegna a lottare, come suggerisce il nome ''Yisrael'', "colui che lotta con Dio". Senza la Torah, non c'è lotta per ottenere un nome dal Nome, che è Torah. Dice lo ''[[Zohar]]'': "Tutta la Torah è un involucro del Nome Divino, il Nome più eccelso, il Nome che comprende tutti gli altri nomi" (''Zohar'' II 124a). Non studiamo la Torah, lottiamo con essa. L'insegnamento, la Torah, è sia una chiamata che una benedizione. Lottando per ottenere una benedizione dall'Angelo, Giacobbe raggiunse il significato e lo scopo – ottenne un insegnamento, una Torah – ottenendo un nome, il nome Israele. Essere benedetti significa essere benedetti non con la fortuna, ma con il significato, con una chiamata. Così, ricevendo il nome di Israele, Giacobbe ricevette una chiamata. Ciò significa: per raggiungere il nome di Israele, l'ebreo deve vivere secondo la Torah, che è il Nome.
Come abbiamo visto, il tempo dell'Olocausto fu un'epoca di aggressione all'anima di Israele, anima conquistata come benedizione e nome. Pertanto, l'afflizione nazista dell'anima ebraica comportò un attacco alla benedizione e al nome, sia umani che divini. Il Rabbi di Shilev comprese questo punto anche mentre lui e i suoi confratelli ebrei attendevano il loro turno per le camere a gas di Birkenau: "Non vedi", si rivolse a un uomo di nome Ferber, "lo spirito di Dio che aleggia qui ora sopra questa Distruzione e questa Creazione? Non senti che Giacobbe – nelle nostre ossa – ora lotta con l'Angelo? Noi siamo il tendine della sua vena femorale in questa lotta!"
E Ferber gli chiese: "Rabbi di Shilev, per amore di chi Giacobbe lotta con l'Angelo, se i suoi figli non attraversarono il fiume, ma rimasero qui nell'oscurità della notte?"
E il Rabbi rispose: "Dall'oscurità stessa di questa notte Giacobbe tirerà fuori il nome ‘Israele!’"<ref>Ka-tzetnik 135633, ''Kaddish'', trad. Nina De-Nur (New York: Algemeiner Associates, 1998), 97–98.</ref> E dall'oscurità di quelle ceneri. Perché lo ''[[Zohar]]'' ci dice che la polvere sollevata quando Giacobbe strappò all'Angelo il nome "Israele" "non era polvere comune, ma cenere, residuo di fuoco" (''Zohar'' I 170a), lanciata al vento e riversata nei fiumi per essere sparsa sulla faccia della terra.
I campi e i ghetti dell'universo concentrazionario sono stati smantellati, ma resta da vedere se Giacobbe riuscirà davvero a strappare una benedizione e un nome all'Angelo della Morte: la lotta per una benedizione e un nome – per un ricordo e un nome, uno ''yad vashem'' – continua. Ricordiamo le parole di [[Primo Levi]]: "Ci toglieranno persino il nome, e se vogliamo conservarlo, dovremo trovare la forza di farlo".<ref>Primo Levi, ''Se questo è un uomo, ad loc.''</ref> Forse in nessun altro momento della nostra storia millenaria un ebreo ha fatto un'affermazione come quella contenuta nel documentario israeliano ''Pillar of Fire (Pilastro di Fuoco)'' (1981): "My name, when I can remember it, is...". ''When I can remember it...!'' Quando riesco a ricordarlo! Com'è possibile che una persona possa dimenticare il proprio nome? Eppure questo è esattamente ciò che i nazisti escogitarono nella loro cancellazione dell'anima del popolo ebraico: la cancellazione del nome e della memoria del Nome, nello strappo del nome dall'anima.
=== Il numero e il nome ===
{{Vedi anche|:en:w:List of Holocaust diarists|:en:w:List of posthumous publications of Holocaust victims|etichetta1=Elenco dei diaristi dell'Olocausto|etichetta2=Elenco delle pubblicazioni postume scritte da vittime dell'Olocausto}}
Questa lacerazione del nome dall'anima assunse la sua prima forma concreta nel 1938, quando i nazisti aggiunsero il nome ''Israele'' a ogni maschio ebreo e il nome ''Sarah'' a ogni femmina ebrea in Germania. Nel primo caso abbiamo l'obliterazione del nome di un popolo, nel secondo l'obliterazione della sua origine. Secondo una tradizione ebraica che ho ricevuto da uno dei miei insegnanti, madri e padri non inventano nomi per i propri figli; piuttosto, viene loro concesso un momento di intuizione profetica, quando viene rivelato loro quale nome Dio ha pronunciato nella creazione di quest'anima. Così, presumendo di dare un nome agli ebrei di Germania, i nazisti compiono un altro passo verso l'usurpazione del Nome.
Il ricordo dell'aggressione all'anima attraverso l'aggressione al nome è centrale nella testimonianza di molti sopravvissuti ai campi. [[w:Germaine Tillion|Germaine Tillion]] (1907-2008) ricorda di essere stata privata del suo nome all'arrivo a [[w:campo di concentramento di Ravensbrück|Ravensbrück]]: "Tutto ciò che avevamo ora erano pochi stracci sporchi che non ci appartenevano - e un numero".<ref>Germaine Tillion, ''Ravensbrück'', trad. {{en}}Gerald Satterwhite (Garden City, NY: Doubleday, 1975), 6 - mia trad{{it}}</ref> La tradizione ebraica insegna che il nome e l'anima, il nome e la persona, sono un pezzo unico.<ref>Cfr. per esempio, ''Sefer Chasidim'' (244) del saggio medievale Rabbi Yehuda HeChasid; cfr. anche Nachman di Breslov, ''Tikkun'', trad. {{en}}Avraham Greenbaum (Jerusalem: Breslov Research Institute, 1984), 103.</ref> Forzare il numero nel corpo, sotto la pelle e indelebilmente nel nucleo del corpo, prosciuga il corpo della sua anima. Nelle sue memorie, Sara Nomberg-Przytyk afferma altrettanto: "Ad Auschwitz eravamo solo numeri, senza volto né anima".<ref>Sara Nomberg-Przytyk, ''Auschwitz: True Tales from a Grotesque Land'', trad. {{en}}Roslyn Hirsch (Chapel Hill: University of North Carolina Press, 1985), 15 - mia trad{{it}}.</ref> E così, attraverso il numero, i nazisti trasformarono l'ebreo in uno ''Stück'', cioè un "pezzo" o un'"unità".<ref>Cfr. ''Ibid.''.</ref> Nel gergo del Partito, ad Auschwitz gli esseri umani non venivano assassinati: le "unità" numerate venivano semplicemente "processate".
Riducendo la persona a nient'altro che un oggetto di cui disporre, il numero è la prima arma sguainata nella guerra ontologica per uccidere l'essere umano, annientando ogni benedizione che derivi dall'al di là dell'essere. Come insegna il Talmud: "La benedizione non si trova in qualcosa di pesato, né in qualcosa di misurato, né in qualcosa di contato" (''Bava Metzia'' 42a). E i numeri sono precisamente il linguaggio – o l'antilinguaggio – del pesare, del misurare e del contare. Privato del suo nome e marchiato con un numero, l'essere umano viene privato della sua vita e della sua umanità. "Un numero di serie", afferma Sim Kessel (n. 1919) nelle sue memorie, "ti dispensa dall'aver avuto un nome, dall'aver avuto un'anima, dall'aver avuto una vita".<ref>Sim Kessel, [https://www.google.co.uk/books/edition/Hanged_at_Auschwitz/XdsWAQAAIAAJ?hl=en ''Hanged at Auschwitz''], trad. Melville Wallace e Delight Wallace (New York: Stein and Day, 1972), 169 - mia trad{{it}}.</ref> Così, cercando di recuperare la propria umanità, gli autori di numerose memorie si sono proposti di recuperare un nome ricordando un numero. Per esempio:
<blockquote>
[[Elie Wiesel|ELIE WIESEL]]: Divenni A-7713. Dopo di che non ebbi nessun altro nome."<ref>[[Elie Wiesel]], ''Night'', trad. Stella Rodway (New York: Hill and Wang, 1961), 51.</ref>
[[w:Miklós Nyiszli|MIKLÓS NYISZLI]]: "Dall'ora in poi sarei semplicemente stato il prigioniero KZ numero A 8450."<ref>Miklós Nyiszli, ''Auschwitz: A Doctor’s Eyewitness Account'', trad. Tibere Kremer e Richard Seaver (New York: Fawcett Crest, 1960), 26.</ref>
[[w:Sara Zyskind|SARA ZYSKIND]]: "Il mio era 55091 – il mio nuovo nome dall'ora in poi."<ref>Sara Zyskind, ''Stolen Years'', trad. Margarit Inbar (Minneapolis: Lerner, 1981), 211.</ref>
[[w:Alexander Donat|ALEXANDER DONAT]]: "Guardai il mio numero: 7115. Da quel momento smisi di essere un uomo."<ref>Alexander Donat, ''The Holocaust Kingdom'' (New York: Holocaust Library, 1978), 168.</ref>
[[w:Rudolf Vrba|RUDOLF VRBA]]: "Quella fu davvero l'ultima volta che usai il mio nome... perché ora ero il prigioniero numero 44070."<ref>Rudolf Vrba con Alan Bestic, ''I Cannot Forgive'' (New York: Bantam, 1964), 78–79.</ref>
[[:en:w:Nathan Shapell|NATHAN SHAPELL]]: "Un ago sporco... cancellò Natan Schapelski dalla razza umana e diede vita all'Häftling 134138."<ref>Nathan Shapell, ''Witness to the Truth'' (New York: David McKay, 1974), 116.</ref>
[[:en:w:Olga Lengyel|OLGA LENGYEL]]: "Ero il numero ‘25403’. Ce l’ho ancora sul braccio destro e lo porterò con me nella tomba."<ref>Olga Lengyel, ''Five Chimneys'' (London: Granada, 1972), 116.</ref>
MOSHE SANDBERG: "Cessammo di essere esseri umani con cognomi... Nella mia metamorfosi ero il numero 124753."<ref>Moshe Sandberg, ''My Longest Year'', trad. S. C. Hyman (Jerusalem: Yad Vashem, 1968), 55.</ref>
</blockquote>
"Cessato di essere un uomo", "cancellato dalla razza umana", "cessato di essere un essere umano": la memoria si aggrappa a queste frasi nel tentativo di articolare la morte che il sopravvissuto attraversa, poiché lo segue dall'enorme fossa comune che era il pianeta Auschwitz fino alla sua tomba. Con inciso il numero, l'essere umano non "sperimenta" l'Olocausto, nella misura in cui, in un senso importante, non lo vive; piuttosto, l'Olocausto "sperimenta" e vive attraverso l'essere umano, diventando parte della sua essenza per sempre. Egli lascia Auschwitz, ma non la lascia indietro: il prigioniero non è ad Auschwitz – Auschwitz è nel prigioniero. Nelle sue memorie, Judith Dribben spiega: "Once the number was there, there was no chance to escape. It bound us more strongly than any chain. It was something that could only be removed together with a piece of flesh". <ref>Judith Dribben, ''And Some Shall Live'' (Jerusalem: Keter, 1969), 185.</ref>
Se Auschwitz è nel prigioniero, i morti sono in tutti noi. Ricordate il [[w:disastro di Černobyl'|disastro di Chernobyl il 26 aprile 1986]], quando una nube di materiale radioattivo fu rilasciata nell'aria dal camino di una centrale nucleare? Due settimane dopo, i livelli di radiazione nel [[w:Montana|Montana]] erano elevati. In effetti, si possono determinare i livelli di inquinamento atmosferico per un dato anno prendendo un campione di neve e ghiaccio dall'[[w:Antartide|Antartide]]. Antartide! Al tempo dell'Olocausto, il fumo dei morti ebrei si è alzato nell'aria non per un giorno, ma per mille giorni, non da un solo camino, ma da decine. I venti hanno sparso le ceneri del corpo di Israele sulla faccia della terra, da est a ovest, da un polo all'altro. Abitano il suolo da cui raccogliamo il nostro pane. Rimangono nel pane che mettiamo in bocca. In una cupa unione eucaristica ci leghiamo a quelle ceneri ogni volta che mettiamo in bocca un pezzo di pane. Come siamo fatti di quel pane, così siamo fatti di quelle ceneri: siamo la tomba per coloro a cui è stata negata una tomba.
[[w:Arnošt Lustig|Arnošt Lustig]] lo afferma in modo più eloquente di me:
{{citazione|These ashes would be indestructible and immutable, they would not burn up into nothingness because they themselves were remnants of fire... No one living would ever be able to escape them; these ashes would be contained in the milk that will be drunk by babies yet unborn and in the breasts their mothers offer them... These ashes will be contained in the breath and expression of every one of us and the next time anybody asks what the air he breathes is made of, he will have to think about these ashes; they will be contained in books which haven’t been written and will be found in the remotest regions of the earth where no human foot has ever trod; no one will be able to get rid of them, for they will be the fond, nagging ashes of the dead who died in innocence.|[[:en:w:Arnošt Lustig|Arnošt Lustig]], ''[[:en:w:A Prayer for Katerina Horovitzova|A Prayer for Katerina Horovitzova]]'', trad. Jeanne Němcová (New York: Harper & Row, 1973), 50–51}}
E nel loro tormento persiste una domanda assillante: qual è il tuo nome? Essendo diventati un veicolo dei morti, scopriamo che l'Angelo della Morte è diventato il nostro compagno costante.
E così lottiamo con l'Angelo dai Mille Occhi, l'Angelo giallo come la stella che i nazisti impressero sugli ebrei.<ref>Saadia Gaon, ''The Book of Belief and Opinions'', trad. Samuel Rosenblatt (New Haven, CT: Yale University Press, 1976), 255–256; cfr. anche Talmud, trattato ''Avodah Zarah'', 20b.</ref> Solo che questa volta l'Angelo non viene per prenderci, ma per lasciarci con occhi nuovi, attraverso i quali possiamo guardare nello specchio della nostra anima. Con tutti i suoi occhi fissi su di noi, l'Angelo pone la stessa domanda che pose a Giacobbe quando lottarono fino all'alba: "Qual è il tuo nome?". Nel nostro cognome è iscritto il nostro passato; nel nostro primo nome dimora il nostro futuro. Ma cosa sappiamo, in realtà, quando conosciamo il nostro nome? Conoscere il nostro nome significa conoscere i nomi di coloro che ci conferiscono un nome, i nomi di nostra madre e di nostro padre. Significa conoscere una tradizione portata da coloro che hanno avuto i nostri nomi prima di noi; significa conoscere un insegnamento che ospita la nostra missione nella vita, come inscritto nel nostro nome; significa riconoscere che siamo chiamati per nome e dobbiamo rispondere al nostro nome. Chiedendoci il nome, l'Angelo stabilisce qualcosa del nostro essere che è intimamente legato al nostro agire: conoscere il nostro nome, come conoscere Dio, significa sapere cosa si deve fare.
Mentre l'Angelo lottava con Giacobbe, il ''Midrash'' narra che "egli mise il dito sulla terra, e la terra cominciò a sprizzare fuoco. Giacobbe gli disse: ‘Vuoi spaventarmi con questo? Perché io sono tutto di quella materia!’ Così sta scritto: E la casa di Giacobbe sarà un fuoco ({{passo biblico2|Abdia|1:18}})" (''Bereshit Rabbah'' 77:2). Certo, i figli di Giacobbe sono fatti di quella materia. Proprio come la Torah è fatta di fuoco nero su fuoco bianco (''Tanchuma Bereshit'' 1; ''Devarim Rabbah'' 3:12; ''Shir HaShirim Rabbah'' 5:11:6; ''Zohar'' II 226b), così il fuoco "costituisce la base dell'anima", come attesta Rabbi Chayim ben Attar (''Or HaChayim'' su {{passo biblico2|Genesi|3:2}}). Dopo Auschwitz, quel fuoco assume una nuova dimensione. Nella lotta post-Olocausto con l'Angelo, la terra erutta in un fuoco strano, un fuoco di cui ora siamo fatti. Proprio come Giacobbe lottò per ottenere un nome dall'Angelo, ora dobbiamo lottare per ottenere un nome dal fuoco che avrebbe consumato il Nome. Così possiamo comprendere meglio almeno un'implicazione dell'intuizione di [[Elie Wiesel]] secondo cui il fuoco era l'immagine dominante dell'Evento.<ref>Elie Wiesel, ''Evil and Exile'', trad. Jon Rothschild (Notre Dame: University of Notre Dame Press, 1990), 39.</ref> È un'immagine dominante perché si trova al centro del compito che si presenta alla nostra anima mentre continuiamo a lottare con l'Angelo a Peniel. E, come osserva il [[:en:w:Rashbam|Rashbam, Rabbi Shmuel ben Meir]], nel suo commentario a {{passo biblico2|Genesi|32}}, sapere che il nostro nome è Israele significa conoscere non solo la nostra identità, ma anche la sua ineluttabilità, che è l'ineluttabilità della lotta con Dio e l'umanità.<ref>Jonathan Sacks, ''Crisis and Covenant: Jewish Thought after the Holocaust'' (Manchester, Eng.: Manchester University Press, 1992), 274.</ref> Quando arriverà l'alba, nessuno lo sa. Ma è chiaro che dobbiamo lottare finché non arriverà e meritare così la benedizione e il nome di Israele.
=== La convocazione del nome ===
Se non conosce altro, l'ebreo però sa che, a meno che non venga chiamato a questa resa dei conti, non solo la sua vita è priva di significato, ma è impossibile vivere alla ricerca di un qualsiasi significato. Lottare con l'Angelo è pieno di pericoli; come suggerisce la storia di Giacobbe a Peniel, nessuno ne esce indenne. Forse è per questo che siamo così riluttanti a entrare nella mischia e scegliamo invece di seguire i venti della moda e di [[w:moda passeggera|trend passeggeri]]. Ricordiamo che ai tempi del Terzo Reich l'antisemitismo era di moda nelle aule accademiche quanto nelle birrerie. Come abbiamo visto nei Capitoli precedenti, l'antisemitismo odierno, di moda e persino moralmente imposto, assume spesso la forma di un attacco a Israele. L'ironia nel criticare il nome che siamo chiamati a strappare all'Angelo è travolgente. Ci dice che la posta in gioco degli ebrei nel recupero di un nome dopo l'assalto al Nome va oltre qualsiasi cosa superficiale come "autostima" o "autoaffermazione"; si tratta di una salvezza comunitaria, di una riparazione della Creazione stessa. Perché la Creazione è fatta del Nome.
Un criterio per riparare il mondo dopo l'Evento che lo distrusse è stabilito dall'interno dell'Evento stesso, nell'esempio dei diaristi dell'Olocausto. Lungi dall'essere un resoconto quotidiano degli eventi del giorno, questi diari sono una testimonianza offerta in risposta a una convocazione che coinvolge chiunque ne apra le pagine, che miracolosamente giungono nelle nostre mani. Proprio come Giacobbe lottò nel cuore di una notte terribile, così gli ebrei scrissero i loro diari nel cuore della notte, sotto pena di morte, in segreto, tormentati dalla stanchezza e dalla fame. Tuttavia, in qualche modo, queste grida lontane di "Eccomi!" e "Dove sei?" ci pongono ora la domanda dell'Angelo: Qual è il tuo nome? Il recupero del nome dopo la sua cancellazione comporta la lotta per restituire significato alla parola dopo l'assalto alla parola. Attraverso le loro stesse parole, i diaristi intrapresero tale riparazione della parola, che è una riparazione del Nome. Il Santo Nome li convoca, convoca tutti noi, a tale riparazione.
La tradizione ebraica insegna che le parole decidono non solo la verità, ma anche la vita e la morte; proprio come "morte e vita sono in potere della lingua" ({{passo biblico2|Proverbi|18:21}}), così la vita dell'anima, la ''neshamah'', è insita nel respiro, la ''neshimah'', su cui vibra la parola. Affrontando la parola, i diaristi dell'Olocausto affrontano la vita dell'anima che è fatta del nome e che era minacciata a ogni passo. Come gli operai che, secondo il Talmud, scendevano occasionalmente nel Santo dei Santi in ''tevot'', o casse, per effettuare riparazioni (cfr. ''Midot'' 37a), anche questi autori scendono in ''tevot'', che significa anch'esso "parole", dove lottano per recuperare il significato della parola e il ricordo del nome. Se la chiamata a scrivere viene dall'interno, la sua voce si ode dall'aldilà. Chi chiama? È la parola stessa, il Nome stesso, sotto attacco. E chiama il testimone per nome.
In una nota del 28 febbraio 1941, [[w:Emanuel Ringelblum|Emmanuel Ringelblum]] osserva: "L'impulso a scrivere le proprie memorie è potente: lo fanno anche i giovani nei campi di lavoro".<ref>Emmanuel Ringelblum, ''Notes from the Warsaw Ghetto'', trad. e cur. Jacob Sloan (New York: Schocken Books, 1974), 133.</ref> Il diarista scrive suo malgrado. Questo è ciò che rende il diario una risposta alla chiamata del ''Nome'': contrariamente alla soddisfazione di un bisogno personale, rispondere alla Voce che comanda risiede in un movimento verso la relazione comandata con gli altri. "Perché l'altro è il cuore", scrive [[Emmanuel Levinas]], "e la bontà, dello stesso, l'ispirazione o la psiche stessa nell'anima".<ref>Emmanuel Levinas, "Substitution", trad. Alphonso Lingis, in Sean Hand, ed., ''The Levinas Reader'' (Oxford, UK: Basil Blackwell, 1989), 99 - mia trad{{it}}.</ref> E: "Il Bene assegna al soggetto, secondo una suscettibilità che non può essere presunta, l'avvicinamento all'altro, al prossimo".<ref>''Ibid.'', 112.</ref> Il diarista si avvicina al prossimo attraverso la riparazione dello strappo tra parola e significato. [[:en:w:Philip Mechanicus|Philip Mechanicus]] (1889-1944), detenuto a [[w:Campo di transito di Westerbork|Westerbork]] e poi ucciso ad Auschwitz, si rende conto di dover "registrare gli avvenimenti quotidiani per coloro che in futuro vorranno farsi un'idea di ciò che accadde qui. Quindi ho il dovere di continuare a scrivere".<ref>Philip Mechanicus, ''Year of Fear: A Jewish Prisoner Waits for Auschwitz'', trad. {{en}}Irene S. Gibbons (New York: Hawthorne, 1964), 181–182 - mia trad{{it}}</ref> Ho un dovere: scrivendo il diario dell'Olocausto, colui che è chiamato dal Nome è chiamato non come storico o giornalista, ma come essere umano, un ebreo, nel cui nome è inscritta la comandata relazione con altri esseri umani e che, attraverso tale relazione, deve rispondere al proprio nome. Vale a dire: strappano un nome all'Angelo.
La chiamata del Nome è la chiamata del Buon Nome, o il Nome del Bene, la chiamata di ''HaEl HaTov'', di Dio che è il Bene. Rispondendo per nome alla chiamata del Nome, il testimone ebreo scopre cosa significa essere scelto per nome: significa lottare per ottenere un nome dall'Angelo della Morte. Scrittori di diari come [[w:Emil Dorian|Emil Dorian]] (1893-1956)<ref>Emil Dorian, ''The Quality of Witness'', trad. Mara Soceanu Vamos, ed. Marguerite Dorian (Philadelphia: Jewish Publication Society, 1982), 126.</ref> e [[w:Itzhak Katzenelson|Yitzhak Katznelson]]<ref>Yitzhak Katznelson, ''Vittel Diary'', trad. Myer Cohn, 2a ed. (Tel Aviv: Hakibbutz Hameuchad, 1972), 187.</ref> sottolineano che i nazisti avevano reso illegale la scrittura di diari e altre testimonianze ebraiche. E ora ne capiamo il motivo: i nazisti cercarono di distruggere non solo il corpo di Israele, ma anche l'anima dell'ebreo, non solo la memoria e il nome dell'ebreo, ma anche la memoria del Nome. Per distruggere il nome di cui è fatta l'anima, dovettero distruggere il Bene; e per distruggere il Bene, dovettero distruggere la risposta alla chiamata del Nome.
L'assalto alla parola testimoniale è parte di un assalto al Bene, al Santo e al Nome. Per il testimone ebraico dell'obliterazione del nome, il senso dell'obbligo etico ha un aspetto metafisico; scritto in una risposta etica agli altri, ospita una risposta metafisica a Dio, un'affermazione implicita dell'alleanza con il Divino attraverso la risposta all'umano. [[:en:w:Zelig Kalmanovich|Zelig Kalmanovitch]], un diarista del [[w:Ghetto di Vilnius|Ghetto di Vilnius]], dichiara: "In verità, ogni giorno dovrebbe essere registrato",<ref>Zelig Kalmanovitvh, “A Diary of the Nazi Ghetto in Vilna,” trad. e cur. Koppel S. Pinson, ''YIVO Annual of Jewish Social Studies'' 8 (1953): 50.</ref> perché il giorno stesso è inciso con il Nome. Dio entra nel giorno attraverso il comandamento, e attraverso il giorno Egli entra nella storia, un'entrata incisa nel nome di ogni ebreo. Il richiamo del Nome è il richiamo della vita, un punto che diventa vividamente chiaro quando leggiamo la nota datata 21 luglio 1942 nel diario del [[w:Ghetto di Varsavia|Ghetto di Varsavia]] di [[w:Janusz Korczak|Janusz Korczak]] (1878-1942): "Ore dieci. Spari: due, diversi, due, uno, diversi. Forse è la mia finestra oscurata male. Ma non smetto di scrivere. Al contrario: acuisce (un singolo sparo) il pensiero".<ref>Janusz Korczak, ''Ghetto Diary'', trad. Jerzy Bachrach e Barbara Krzywicka (New York: Holocaust Library, 1978), 175 - mia trad{{it}}</ref> Il colpo che toglie una vita alimenta la scrittura che la recupererebbe. Come il fucile spara i suoi proiettili, la penna incide le sue parole; l'una dispensa la morte, mentre l'altra cerca la vita. Anche quando non ha nulla da dire, per il diarista la parola è un rifugio.
=== Recuperare un nome attraverso la parola ===
Affermare che per il testimone intrappolato nel vortice la parola è un rifugio non significa semplicemente che si tratti di un reame in cui egli fugge dalla morte e dalla disperazione; piuttosto, come abbiamo suggerito, è un reame in cui egli cerca vita e significato, un ricordo, un nome e una voce. "Memoria", o ''zikaron'', ci ricorda Rabbi [[w:Yitzchak Ginsburgh|Yitzchak Ginsburgh]], significa "fonte di parola".<ref>Yitzchak Ginsburgh, ''The Alef-Beit: Jewish Thought Revealed Through the Hebrew Letters'' (Northvale, NJ: Jason Aronson, 1991), 4.</ref> A differenza dei testimoni che testimoniano a posteriori nei contesti di un mondo, il diarista fa il suo ingresso nel mezzo dell'antimondo e quindi ''entra in'' un "luogo", un ''makom'', per dare voce alla parola e al significato. Così l'anima cerca il suo nome. [[Elie Wiesel]] esprime questa ricerca nel suo romanzo ''Twilight'', dove il suo personaggio Abraham dice: "Please try to understand: the Word is everything. Through the Word we elevate ourselves or debase ourselves. It is refuge for the man in exile, and exile for the righteous. How would we pray without it? How would we live without it?"<ref>Elie Wiesel, ''Twilight'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1998), 98.</ref> La domanda di Wiesel sulla preghiera suggerisce che il processo di restituire significato alla parola è piuttosto simile a restituirle l'aura della preghiera. Ricordiamo che la parola ebraica per "preghiera", ''tefillah'', è affine a ''naftulim'', che significa "lotte" o "combattimenti", così che qui la preghiera non è una richiesta ma un incontro tra un ricordo e il Nome, come quando Giacobbe lottò con l'Angelo.
Assumendo le caratteristiche della preghiera, la parola della testimonianza diventa non solo il mezzo di comunicazione, ma anche una presenza a cui rivolgersi. Qui acquisiamo un senso più profondo del processo di scrittura come processo di ascolto: la parola stessa ascolta e risponde al testimone. Improvvisamente, mentre il testimone posa la mano sulla pagina, il silenzio indifferente del foglio bianco diventa il silenzio reattivo di chi ascolta: diventa un ''tu''. "Quanto ho bisogno di te, mio caro diario", scrive la ragazza rumena Mirjam Korber (n. 1923).<ref>Mirjam Korber, ''Deportiert: Jüdische Überlebensschicksale aus Rumänien 1941–1944: Ein Tagebuch'', trad. Andrei Hoisie (Konstanz: Hartung-Garre, 1993), 109 - mia trad{{it}}.</ref> E Chaim Kaplan dichiara: "Questo diario è la mia vita, il mio amico e alleato. Sarei perso senza di esso".<ref>Chaim A. Kaplan, ''Scroll of Agony: The Warsaw Diary of Chaim A. Kaplan'', trad. Abraham I. Katsh (Bloomington: Indiana University Press, 1999), 278.</ref> Nelle annotazioni di Kaplan vediamo che il processo di scrittura del diario è parte del processo di entrare in una relazione che può sostenere una presenza in un mondo dominato dall'assenza. Il diario non è solo uno sfogo: è la sua vita; il diario non è solo un documento: è il suo amico. Vale a dire: lo chiama per nome.
Pertanto, se il diario viene scritto per assolvere a una responsabilità nei confronti della comunità umana, chi lo scrive si assume una responsabilità nei confronti del diario stesso. Una volta che considera il diario come la presenza di un altro, chi lo scrive contrae un debito nei confronti di quella presenza. Si consideri, ad esempio, questa annotazione dalle prime pagine del diario di [[w:Anna Frank|Anne Frank]] (1929-1945): "Now I come to the root of the matter, the reason for my starting a diary...: I want this diary to be my friend, and I shall call my friend Kitty".<ref>Anne Frank, ''The Diary of a Young Girl'', trad. B. M. Mooyaart-Doubleday (New York: Modern Library, 1952), 12–13.</ref> Il recupero del nome avviene nella relazione con un amico. Questo recupero avviene per due motivi: in primo luogo, la parola implica la presenza di un altro a cui è rivolta; in secondo luogo, è il luogo in cui il significato diventa un problema. Quando il testimone si confronta con la parola della testimonianza, il rifugio della parola risiede nel significato restituito a un mondo in cui il significato è in costante collasso. È un ''andare avanti''.
Questa prospettiva di andare avanti è un ingresso nella parola tale da rendere la parola stessa sia oggetto che soggetto del movimento. La parola attraverso cui si manifesta il recupero di un nome si presenta non solo come una presenza responsiva, ma anche come un soggetto da affrontare e perseguire. Come quando Betzalel plasmò l'Arca della Testimonianza nel deserto ({{passo biblico2|Esodo|37:1}}), così il testimone introduce la parola nel deserto dell'antimondo. Combina le lettere e invoca una parola che può introdurre una luce e una dimensione di altezza in un mondo consegnato al ''tohu vavohu'' del caos e dell'oscurità. Per questi diaristi, c'è un ''nondimeno'' che costituisce l'ingresso nella parola della testimonianza. Fa della parola della testimonianza l'oggetto della testimonianza stessa. È così che avviene il recupero del legame tra parola e significato, che resiste alla morte e afferma la vita. Così il diario crea un luogo in cui il testimone può affermare l'importanza di questa riaffermazione della vita ebraica e di questa responsabilità nei confronti della vita ebraica. La parola della testimonianza, quindi, non si rivolge solo alla morte e alla distruzione, ma anche ai mezzi per resistere alla morte e alla distruzione. Qui comprendiamo che il ''tu'' invocato nel diario non è una proiezione psicologica: è la vita stessa, una vita inerente al recupero del nome.
Nel tentativo di rispondere al Nome, il diarista apre una profondità interiore che non proviene solo da dentro, ma dall'al di là. La profondità che si estende oltre si chiama parola o spirito: lo spirito che si muove sulla superficie dell'abisso si muove attraverso la parola (cfr. {{passo biblico2|Genesi|1:2}}). E l'oscurità che è l'abisso stesso? Secondo il saggio talmudico Rabbi Berekhyah, è "l'Angelo della Morte, che oscurò il volto della Creazione" (''Tanchuma Yashev'' 4). E così la morte che era stata cancellata, come abbiamo visto nel Capitolo precedente, viene ristabilita mentre il Nome ci chiama per nome. Questa chiamata trova la sua voce nell'espressione dell'anima; quando questa espressione viene meno, viene meno anche il senso di realtà di sé e del mondo, come vediamo quando [[w:Emil Dorian|Dorian]] scrive: "Days of an eerie sensation, like floating above the ground. My whole life, it seems, belongs to someone else. I write as if in a dream. I am not absent from reality, but remote, and this tints all levels of existence with a strange hue of unreality".<ref>Dorian, ''The Quality of Witness'', 91.</ref> Questa disconnessione dal terreno, questa distanza dal reale, è il risultato di una breccia nel nome dell'uomo.
Se il diario si impegna in un recupero del terreno e del nome, è molto simile alla resistenza che Fackenheim descrive quando osserva: "German resistance, such as it was, had to discover a true self to be respected. The Jewish resistance had to ''recreate'' Jewish selfhood and self-respect... Once again the categories ‘willpower’ and ‘internal desire’ seem inadequate. Once again we have touched an Ultimate".<ref>Emil L. Fackenheim, ''To Mend the World: Foundations of Post-Holocaust Jewish Thought'' (New York: Schocken Books, 1989), 222.</ref> Forza di volontà e desiderio interiore sono adeguati all'impegno umano solo quando l'essere umano ha una dimora, e i resistenti tedeschi avevano un tale luogo: non furono allontanati dalle loro case, e le loro madri, i loro padri e i loro figli erano ancora madri, padri e figli. Nonostante il loro allontanamento da un luogo del mondo, d'altra parte, gli ebrei trovarono il modo di ricreare un luogo e con esso una relazione con il Luogo, o il ''makom'', cioè il Nome.
Al di là della somma degli individui, il popolo ebraico chiamato Israele incarna il ''Makom'' di Dio; lo ''[[Zohar]]'', ricordiamo, si riferisce alla Comunità di Israele come alla ''Shekhinah'', o Presenza Interiore del Santo (cfr. ''Zohar'' II 98a). Tra i diaristi in cui questa consapevolezza è più pronunciata c'è Yitzhak Katznelson. Nella sua annotazione del 14 settembre 1943, scrive: "Il sangue di sette milioni grida dal profondo di me. Dove sono? Il grido di tutto il mio popolo assassinato grida nell'abisso di questo mondo vuoto e malvagio".<ref>Katznelson, ''Vittel Diary'', 220.</ref> Il Nome è nel sangue: chiama attraverso il sangue di Israele che chiama dalla terra e si riversa nelle pagine del diario di Avraham Tory (1909-2002) dal [[w:Ghetto di Kovno|Ghetto di Kovno]]. Commentando un elenco delle vittime di un’''Aktion'', scrive: "Da ogni riga, e da ogni nome... il sangue ebraico versato grida vendetta; la memoria di Amalek sarà cancellata da sotto il cielo di Dio".<ref>Avraham Tory, ''Surviving the Holocaust: The Kovno Ghetto Diary'', trad. Jerzy Michalowicz, ed. Martin Gilbert (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1990), 280.</ref> La menzione di Amalek da parte di Tory è una parafrasi di {{passo biblico2|Esodo|17:14}}, e in questa allusione al passato biblico di Israele egli fa un'osservazione sul futuro di Israele. Entrambi sono raccolti in questa annotazione datata 6 aprile 1943. Questa raccolta del tempo e dell'eternità di Israele nella parola scritta distingue questo diario come una risposta al Nome, alla ricerca di un recupero del nome.
<gallery class="center" mode="packed" heights="140" caption="Diariste/i ebree/i uccise/i nella Shoah (lista parziale)">
Anne Frank passport photo, May 1942 (cropped).jpg|Anne Frank (1929-1945)
Etty Hillesum 1939 (cropped).jpg|Etty Hillesum (1914-1943)
EmanuelRingelblum 1900-1944.jpg|Emanuel Ringelblum (1900-1944)
PhilipMechanicus.jpg|Philip Mechanicus (1889-1944)
Helga deen.jpg|Helga Deen (1925-1943)
Icchak Kacenelson pocztówka.jpg|Itzhak Katzenelson (1886-1944)
Janusz Korczak (cropped).jpg|Janusz Korczak (1878-1942)
Willy-Cohn-Plakette am Rynek in Breslau (cropped).jpg|Willy Cohn (1888-1941)
Petr Ginz.jpg|Petr Ginz (1928-1944)
Czerniakow.jpg|Adam Czerniaków (1880-1942)
זלמן גרדובסקי.jpg|Zalman e Sonia Gradowski (1910-1944), entrambi uccisi a Auschwitz
RutkaHeniusLaskier1938.JPG|Rutka Laskier (1929-1943) con fratellino, entrambi uccisi a Auschwitz
Calel.jpg|Calel Perechodnik (1916-1944)
Yitskhok Rudashevski avec sa grand-mère et ses deux cousines - Wilno - Pologne.jpg|Yitskhok Rudashevski (1927-1943) con nonna e cugine
</gallery>
=== Recupero di un nome, recupero della Torah ===
Molti passi della Torah iniziano dichiarando: "Queste sono le parole che Dio pronunciò". Il Libro del Deuteronomio, tuttavia, si apre dicendo: "Queste sono le parole che Mosè pronunciò". Mosè, piuttosto che Dio, parlò al popolo d'Israele alla vigilia del loro ingresso nella Terra Promessa per trasmettere il ricordo di come vi erano arrivati. Se fossero usciti dall'esilio, quel ricordo sarebbe stato importante da portare con sé quanto lo erano le tavole della Torah e le ossa di Giuseppe. Come i vasi che contenevano i comandamenti di Dio e le spoglie dei defunti, la memoria stessa è una sorta di [[w:Aron haQodesh|''aron kodesh'' {{lang|he|אֲרוֹן קׄדֶש}}]], un'arca santa, che rende possibile trovare dimora nel mondo. Perché nell'arca della memoria dimora il Nome che ci chiama a ricordare.
Ciò che colpisce dell'ultimo dei Cinque Libri di Mosè è che è sia Torah che racconto della Torah. Il che significa: se la Torah e il Nome sono un tutt'uno, allora il Nome è anche il racconto del Nome, persino – o soprattutto – quando è il racconto dell'assalto al Nome. Mentre gli Israeliti stavano per entrare nella Terra e crearvi una dimora per Dio e l'umanità, Mosè trasmise a una nuova generazione (la generazione uscita dall'Egitto era scomparsa) un racconto di schiavitù e liberazione, di peregrinazioni e rivelazione. Perché? Perché la capacità di abitare nella Terra si fonda sulla capacità di questa memoria della propria origine e del proprio destino. La memoria della Torah contenuta nella Torah non è la memoria della sofferenza, ma la memoria del perché la sofferenza sia ''importante''. Questo è ciò che la rende una memoria del Nome senza il quale non abbiamo nome.
Possiamo quindi comprendere meglio l'affermazione del Baal Shem Tov secondo cui, così come l'oblio è legato all'esilio, così la memoria è legata alla redenzione.<ref>Cfr. [[Elie Wiesel]], ''Souls on Fire: Portraits and Legends of Hasidic Masters'', trad. Marion Wiesel (New York: Vintage, 1973), 227.</ref> Legata alla redenzione, la memoria è legata al significato e alla direzione, al passato e al futuro, e soprattutto all'umanità; legata alla redenzione, la memoria è legata a tutto ciò che confluisce in un nome; legata alla redenzione, la memoria è il Nome. "Il Re Supremo", dice lo ''[[Zohar]]'', "è accennato nella parola ''Zakhor'' (ricorda)" (''Zohar'' I 5b). Una funzione della memoria nelle memorie dell'Olocausto è quella di intraprendere un movimento di ritorno attraverso un atto di risposta: non un ritorno al campo, ma un ritorno al mondo, a un luogo dove è possibile dimorare. Se i nazisti si proponevano di assassinare le anime ebraiche prima di distruggere i corpi ebrei, allora si proponevano di distruggere questo movimento di ritorno che è una risposta al proprio nome. Se la [[Shoah]] è caratterizzata da un attacco alla ''teshuvah'' – alla redenzione, al ritorno e alla risposta – allora è definita da un attacco a una memoria e a un nome.
[[File:Merneptah Steli (cropped).jpg|220px|center|Stele di Merneptah]]
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| desolato
| non (c'è)
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| suo
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Del XIII secolo AEV abbiamo l'iscrizione sulla '''[[w:Stele di Merenptah|Stele del faraone Merneptah]]''' (regnò dal 1213 al 1203 AEV): "Israele è devastato e la sua discendenza non esiste più" (cfr. grafico ''supra'').<ref>Cfr. Kenton L. Sparks, ''Ethnicity and Identity in Ancient Israel'' (Winona Lake, IN: Eisenbaums, 1998), 97.</ref> Dall'inizio del XII secolo EV abbiamo il grido di battaglia del capo almohade Ibn Tumart del Marocco (1080-1130), come riportato dal nostro saggio [[w:Abraham ibn Dawud|Abraham ibn Daud]] (1110-1180): "Venite e distruggiamoli dall'essere una nazione; che il nome di Israele non sia più ricordato".<ref>Abraham ibn Daud, ''The Book of Tradition: Sefer ha-Qabbalah'', trad. Gershon D. Cohen (Philadelphia: Jewish Publication Society, 2010), 87–88 - mia trad{{it}}</ref> E nel XX secolo abbiamo [[w:Amon Göth|Amon Göth]] e il suo proclama alle truppe in occasione della liquidazione del [[w:Ghetto di Cracovia|Ghetto di Cracovia]], tratto da ''[[w:Schindler's List - La lista di Schindler|Schindler's List]]'' (1993) di [[w:Steven Spielberg|Steven Spielberg]]: "Jews have lived in Krakow for six hundred years. By the end of the afternoon those six hundred years will be a rumor. They never happened".<ref>Vale la pena notare che gli ebrei erano effettivamente a Cracovia da 800 anni.</ref> Gli antisemiti sterminazionisti non vogliono gli ebrei vivi. Non vogliono la morte degli ebrei. No, come nel caso per eccellenza del ''Muselmann'', vogliono rimuovere dagli ebrei ogni predicato, ogni memoria e ogni nome. I nazisti non furono i primi a voler sterminare la Casa di Giacobbe e i Figli d'Israele, ma furono i più riusciti, i più radicali, i più coscienziosi nel loro attacco al Nome.
All'indomani dell'Evento, quando la chiamata al recupero di un nome incombe sul popolo ebraico, gli autori delle memorie si confrontano anche con la guerra alla memoria. Li vediamo, infatti, alle prese con la propria memoria. "L'indebolimento della mia memoria mi tormentava", scrive Alexander Donat (1905-1983).<ref>Donat, ''The Holocaust Kingdom'', 239.</ref> E Olga Lengyel (1908-2001) ricorda che i suoi compagni di prigionia ad Auschwitz "persero la memoria e la capacità di concentrarsi".<ref>Lengyel, ''Five Chimneys'', 96.</ref> Scrivere ''queste'' memorie, quindi, implica molto più che registrare i ricordi di una vita; è una lotta folle per recuperare una memoria e un nome, uno ''yad vashem'', in un atto di memoria compiuto in risposta a un attacco alla memoria e al Nome. Il ricordo che confluisce nelle memorie è una risposta al proprio nome, e racchiude un'affermazione della sacralità della vita umana che proviene solo dal Nome. Senza questo atto di memoria non c'è ritorno alla vita, non c'è recupero del nome.
Nel suo romanzo ''The Forgotten'', [[Elie Wiesel]] affronta proprio questo argomento. È la storia di Elhanan, un sopravvissuto che, afflitto dal morbo di Alzheimer, si trova ad affrontare il problema di trasmettere la propria memoria al figlio. Questa è la sua preghiera: "Dio di Auschwitz, sappi che devo ricordare Auschwitz. E che devo ricordarTelo... Ricorda che solo la memoria riconduce l'uomo alla fonte del suo desiderio di Te".<ref>Elie Wiesel, ''The Forgotten'', trad. Marion Wiesel (New York: Summit Books, 1992), 11–12 - mia trad{{it}}</ref> In seguito, suo figlio Malkiel, che diventa il tramite della memoria del padre, elabora: "Per un ebreo, nulla è più importante della memoria. È legato alle sue origini dalla memoria".<ref>''Ibid.'', 71.</ref> Sebbene non tutti i sopravvissuti siano vittime del morbo di Alzheimer, loro – e noi – ci troviamo tutti a dover trasmettere una memoria che si sta esaurendo e a lottare con l'Angelo dell'Amnesia. Siamo chiamati a unire il nostro grido al grido del sopravvissuto che alza la voce al cielo: "Che Egli si ricordi, perché solo Lui può farci ricordare".<ref>Elie Wiesel, ''Against Silence: The Voice and Vision of Elie Wiesel'', Vol. 1, ed. Irving Abrahamson (New York: Holocaust Library, 1985), 114.</ref> Persino il nostro nome? Soprattutto il nostro nome.
Le memorie scritte durante la prima generazione dopo l'Olocausto furono scritte per lettori che erano vivi durante l'Evento, lettori per i quali l'Evento era parte della loro memoria storica, parte del loro reame di possibilità e quindi parte del loro reame di responsabilità. In quasi tutti i casi, gli autori delle memorie precedenti non scrivevano per le loro famiglie o per i loro figli; le loro famiglie erano state massacrate e i loro figli non erano ancora nati, se non già tra i morti. Coloro che insistevano perché parlassero non erano i loro figli adulti, come spesso accadeva negli anni successivi, ma i loro genitori, fratelli, sorelle, zii e zie defunti, i cui nomi erano attenti a registrare, in un recupero dei propri nomi. In queste memorie il legame con un passato pieno di distruzione e disperazione è spesso molto più forte del legame con un futuro pieno di rinnovamento e speranza; ricordate il cadavere che ci scruta negli occhi dalle profondità dell'ultima pagina delle memorie di Wiesel, [[w:La notte (romanzo)|''Night (La Notte)'']].<ref>Elie Wiesel, ''Night'', 116.</ref>
A differenza degli autori di memorie precedenti, i sopravvissuti che hanno scritto le loro memorie in età avanzata hanno un pubblico desideroso almeno di ascoltarli. Ci sono studiosi e insegnanti, artisti e agenti, pronti a scrivere libri su di loro, tenere corsi, girare film e organizzare conferenze. Coloro che hanno registrato i loro ricordi nel crepuscolo della memoria lo hanno fatto sullo sfondo di un [[w:Yom HaShoah|Giorno della Memoria dell'Olocausto]] (''Yom HaShoah'') e di musei commemorativi dedicati al messaggio che cercano di trasmettere. Ci sono workshop e conferenze, appuntamenti professionali e organizzazioni professionali dedicati agli studi sull'Olocausto; infatti, ora è finanche possibile conseguire un [[w:Dottorato di ricerca|dottorato di ricerca (Ph.D.)]] in studi sull'Olocausto.
Chi di noi si accosta alle memorie di fine vita si sente più a suo agio – anzi, fin troppo – con il "lieto fine", o almeno con qualcosa che non si concluda con un cadavere che ci fissa dalle profondità di uno specchio. Quegli eventi, inoltre, sono accaduti prima che la maggior parte di noi nascesse: ci sono estranei, al di fuori degli orizzonti della nostra coscienza. Ma siamo davvero così al sicuro? Gli autori delle memorie scritte nel crepuscolo della memoria parlano davvero da una dimora nel mondo, e non da un esilio nell'antimondo? Cosa cercano ora i sopravvissuti in questo ricordo? Cosa cerchiamo ora noi? E conosciamo davvero il nostro nome?
=== Recupero di un nome come recupero di un futuro ===
Sebbene le memorie scritte trenta o quarant'anni fa fossero destinate a un pubblico diverso, in circostanze diverse e con motivazioni diverse, l'Evento ricordato è lo stesso. Il sopravvissuto risponde allo stesso assalto all'anima, al Nome, all'idea stessa e all'identità dell'umanità; si impegna nella stessa lotta per ripristinare un centro di verità, significato e santità che può essere fondato solo sul Nome da cui tutti i nomi derivano. Sì, le memorie precedenti spesso disperano del futuro più di quelle successive; ma il fatto che siano pronunciate da qualcuno a qualcuno le orienta verso il futuro. Perché in quella frase il sopravvissuto recupera un nome rivolgendosi a noi per nome, così che un futuro racchiuso nel nostro nome si schiude nella risposta che dobbiamo ''ancora'' dare.
Molto spesso, più tardi nella vita si scrive un ''memoir'', maggiore è l'orientamento al futuro. Rendendoci conto di questo, giungiamo a un'altra conclusione: la memoria nel ''memoir'' dell'Olocausto è memoria del futuro, per il futuro. Il futuro di cosa? Il futuro del nostro impegno con l'Angelo. Perché il futuro non è un ''cosa''; il futuro è un ''chi''. Il che significa: il futuro ha un ''nome''. Il futuro è ''l’altro essere umano'' – un punto sottolineato con forza dagli autori di ''memoir'' di età avanzata, che vedono il volto del futuro negli occhi dei loro figli, che portano i nomi dei morti in ricordo dei morti. Gli autori del ''memoir'' dell'Olocausto recuperano un futuro che supera gli orizzonti del loro tempo in questo mondo. Ricordare significa avere tempo, tempo per ciò che è infinitamente prezioso, per ciò che c'è da amare, tempo per l'altro essere umano. Perché il tempo che diamo all'altro è l'unico tempo che abbiamo: abbiamo solo il tempo che diamo.
Scrivendo le loro ''memoir'', i sopravvissuti affermano il loro nome, come anche il Nome che è stato aggredito durante l'evento ricordato. In quasi ogni caso delle memorie degli ultimi anni di vita, qualcuno che li ama chiede loro di scriverle. Rispondono alla prima domanda posta al primo essere umano, la domanda posta a ogni essere umano – Dove sei? – dichiarando: "Eccomi, per te". Questo "Eccomi" significa: "Ecco la mia memoria. Ecco il mio nome. In esso è il tuo nome". E ci pongono una domanda: "Cosa farai del tuo nome?". La tradizione insegna che "ci sono tre corone: la corona della Torah, la corona del sacerdozio e la corona della regalità. Ma la corona di un buon nome le supera tutte" (''Pirke Avot'' 4:13). Se vogliamo opporci alla visione nazista dell'essere umano, allora dobbiamo abbracciare la visione a cui si opponevano, ovvero che siamo ''essenzialmente'' connessi a ogni essere umano come i membri di una famiglia sono essenzialmente connessi tra loro – attraverso il nome. Il che significa: gli autori di memorie di fine vita sono le nostre madri e i nostri padri. Siamo il lignaggio a cui rispondono quando si assumono l'onere gravoso di questo ricordo. E noi che portiamo i loro nomi siamo quelli che devono reagire alla loro risposta – per nome.
Se la sopravvivenza dell'autore del ''memoir'' è un miracolo, il ''memoir'' stesso è un miracolo ancora più grande. Perché nel ''memoir'' l'autore attesta l'infinita preziosità dell'essere umano dopo essere emerso da un reame in cui era meno di niente. Contrariamente all'abusante che abusa perché è stato abusato, queste persone trasformano una sofferenza indicibile in una benedizione ineffabile, non per sentirsi meglio con se stesse, ma per il bene dei propri figli.
Rispondendo al 614° Comandamento di Fackenheim, questi testimoni si impegnano nella loro testimonianza strappando il nome di Israele all'Angelo della Morte. Nelle memorie scritte in tarda età, si può osservare il racconto di una vita che supera il tempo della morte dell'anti-mondo, una vita che include figli e nipoti, come anche il ricordo di una madre e di un padre il cui amore e i cui insegnamenti vengono trasmessi alla generazione successiva. Il che significa: queste memorie scritte in tarda età non sono solo resoconti di testimoni oculari offerti al mondo, ma ci vengono ''tramandati''. Questa è la differenza tra un resoconto e un ricordo: un resoconto lo archiviamo, un ricordo lo ''ereditiamo''. Questi ''memoir'' giungono a una generazione di bambini che sono cresciuti fino a diventare genitori e hanno trasmesso nomi, chiamando i propri figli come i sopravvissuti che se ne sono andati. Cosa racconteremo, allora, ai nostri figli, non solo dell'Olocausto, ma anche di coloro che vi sopravvissero? Che le loro vite fossero vuote, che il mondo fosse un vuoto e che la vita fosse priva di significato – basta guardare l'Olocausto? Ma non si limitano a guardare l'Olocausto: l'Olocausto li scruta. Lo vivono, lo rivivono e continuano a vivere – ''come ebrei'' – nonostante ciò, per portare al mondo una verità e un insegnamento su ciò che è più prezioso e più caro.
Poiché questa memoria ci giunge non solo come ricordo di orrore, ma anche come affermazione di umanità, ci viene presentata come testimonianza sia di ciò che accadde allora sia di ciò che ''accadrà'' in seguito. Il ricordo dei sopravvissuti racchiude una vocazione e un comandamento. Pertanto, gli autori di ''memoir'' dell'Olocausto affidano alle nostre cure ciò che è stato affidato alle loro cure – e anche di più: affidano alle nostre cure sia il grido degli assassinati che li perseguita, sia il richiamo di un futuro che li chiama. Come loro figli e nipoti, riceviamo la loro eredità; accogliendo la loro eredità, diventiamo testimoni e messaggeri che a loro volta devono rispondere alla domanda: qual è il tuo nome? Non solo riceviamo il racconto di una vita, ma ora dobbiamo vivere in un certo modo, abbracciando la Torah che è il Nome. Man mano che sempre più numerosi questi sopravvissuti muoiono, ci troviamo sempre più nella posizione di chi recita il ''Kaddish'' per il genitore defunto, aggiungendo: ''"Hareyni kaparat mishkavo'' - Possa io essere un'espiazione per il suo riposo". Come possiamo farlo? Ascoltando questi ricordi e vivendo secondo l'insegnamento della Torah che li definisce, l'insegnamento che l'altro essere umano è un essere santo.
L'ultimo residuo di memoria vivente sta trapassando. Quando tale memoria vivente se ne va, non scompare; passa – a noi. Di cosa sarà il ricordo? Dell'urlo del silenzio o della voce del testimone? Non si tratta di una questione di scelta; certo, le memorie dell'Olocausto contengono sia la voce del sopravvissuto che il silenzio a cui è sopravvissuto. La domanda è: come possiamo prestare attenzione alla voce senza essere inghiottiti dal silenzio? La risposta: trasmettendo il messaggio delle nostre madri e dei nostri padri in quanto madri e padri, rispondendo al nostro nome e conferendo un nome ai nostri figli. Onorare la memoria delle nostre madri e dei nostri padri significa prestare attenzione al loro messaggio. Diamo attenzione al loro messaggio vivendo vite degne delle loro vite, attestando il valore delle loro vite attraverso una testimonianza dell'infinito valore delle vite che ci circondano. E diventando ciò che siamo dopo una dura lotta con l'Angelo della Morte: '''''Am Yisrael'''''.
=== Qual'è il tuo nome? ===
{{Vedi anche|:en:w:Am Yisrael Chai|w:Chai (ebraismo)|etichetta1=Am Yisrael Chai עַם יִשְׂרָאֵל חַי|etichetta2=Chai חַי}}
Il [[:en:w:Meir Yechiel Halevi Halstock|Rebbe di Ostrovitzer]] (1851–1928) una volta commentò "E Giacobbe rimase solo" ({{passo biblico2|Genesi|32:25}}), dicendo: "Con la benedizione che HaShem diede a Giacobbe, ‘E il tuo nome sarà Israele’, Israele sarà menzionato quando gli ebrei si riuniscono per pregare o imparare come popolo. Quando gli ebrei si riuniscono per pregare o partecipare all'apprendimento come popolo, raggiungono il livello molto più elevato di ‘Israele’, il livello di unità e amore fraterno".<ref>Cfr. Dovid Kirschenbaum, ''Fun di Chasidishe Otsros'' (New York: Pardes Publishers, 1948), 115; cfr. anche Victor Cohen, ed., ''The Soul of the Torah: Insights of the Chasidic Masters on the Weekly Torah Portions'' (Northvale, NJ: Jason Aronson, 2000), 54.</ref> In questa unità e amore fraterno risiede l'identità dell'ebreo e la risposta alla domanda più fondamentale che possa essere posta a un essere umano, la domanda che l'Angelo della Morte pone a ciascuno di noi.
E così, ancora una volta, ci ritroviamo con la domanda: Qual è il tuo nome? Lasciato con questa domanda, l'ebreo viene riportato a Peniel, dove deve decidere: Chi sono io, in quanto ebreo? La lingua sacra che i nazisti tentarono di mettere a tacere nel loro assalto al Nome ci dice che un ebreo è uno ''Yehud''i. E così in quest'ultimo Capitolo torniamo a un insegnamento del primo Capitolo. La radice di questa parola ''Yehudi'', come ivi indicato, è ''yadah'', che significa "offrire lode" o "rendere grazie". Chi è l'ebreo? Lui o lei è colui che è stato scelto per essere una luce di gratitudine per le nazioni ― ''nonostante tutto''. Iniziando le nostre preghiere ogni mattina con ''hodu l’HaShem'' - "grazie e lode al Nome" - iniziamo le nostre preghiere quotidiane, la nostra lotta quotidiana, con una dichiarazione di cosa significhi essere ebreo: essere ebreo significa rendere grazie, soprattutto quando abbiamo dimenticato ciò per cui essere grati. Questo è l'unico modo per recuperare la memoria di chi siamo e per cosa siamo stati scelti. Questo è ciò di cui parla questo mio wikilibro: ciò per cui essere grati. Dopotutto, Giacobbe lottò contro l'Angelo non solo per un nome, ma anche per una benedizione.
Cosa? L'Olocausto una benedizione? Assolutamente no. Ma il fatto che sia un male, che sia un orrore e che quindi sia ''importante'' è una benedizione. Il fatto che abbiamo un nome, che dobbiamo rispondere al nostro nome e che, rispondendo al nostro nome, dobbiamo affermare la sacralità della vita è una benedizione. Ciò che la [[Torah]] può offrire, e che è inimmaginabile per il pensiero moderno, è il senso di questa benedizione che accompagna il nome e il senso di questa gratitudine che accompagna la benedizione. Ciò che la Torah può offrire non è solo il ricordo del Nome, ma anche un motivo per ricordare il nostro nome, e quindi un motivo per ricordare l'Olocausto: non si tratta semplicemente di impedire il ripetersi della storia, ma di affermare un futuro, sia come individui che come popolo chiamato con il nome di Israele. La posta in gioco in questo ricordo non è solo la sopravvivenza di Israele, ma il ''significato'' stesso dell'umanità che è stata attaccata dai nazisti. Pertanto non abbiamo scelta in questa lotta: siamo già sul ring.
"Il Talmud", dice Levinas, "è la lotta con l'Angelo".<ref>[[Emmanuel Levinas]], "The Pact", trad. Sarah Richmond, in Sean Hand, ed., ''The Levinas Reader'' (Oxford, UK: Basil Blackwell, 1989), 220 - mia trad{{it}}</ref> Il Talmud, quindi, è la chiave per strappare un'identità all'Angelo dell'Olocausto. Perché senza la memoria di questa tradizione che ci definisce, dimenticheremo sicuramente il nostro nome. La parola ebraica per "tradizione" è ''masoret''; il suo affine ''mesirut'' significa "devozione" o "dedizione". Il ricordo che caratterizza la devozione alla tradizione è un oblio di sé, come suggerisce l'espressione ''mesirat nefesh''. Tradotto come "sacrificio di sé", non significa semplicemente ''deporre'' una vita, ma ''tramandare'' una vita. Il sacrificio di sé in questo senso è un sacrificio dell'ego in un atto di donazione che è insegnamento e testimonianza, e non c'è tradizione, non c'è ''masoret'', senza ''mesirat nefesh''. Perché il significato del verbo radice ''masar'' è "trasmettere" o "tramandare". E ciò che viene tramandato attraverso la tradizione, attraverso il ''masoret'', è un ''meser'' o un "messaggio". È il messaggio racchiuso nel nome Israele, che può essere trasmesso solo lottando con l'Angelo.
L'eliminazione dell'ebreo dal mondo non richiede solo la rimozione del nome dall'ebreo; comporta anche l'eliminazione dell'ebreo da questo rapporto con l'Angelo. Ecco perché proprio coloro che vorrebbero vedere una ripetizione dell'Olocausto negano che sia accaduto: se non è accaduto, allora non c'è lotta. Allora l'ebreo può semplicemente scivolare in una nebulosa anonimità e scomparire. Allora non c'è bisogno di uno Stato ebraico, dell'ebraismo o della memoria ebraica. Allora l'ebreo può diventare parte dell'anonimato che riduce l'umanità a una massa senza volto. E allora il desiderio più profondo dell'antisemita sarà stato realizzato: un mondo libero dalla Questione Ebraica: Qual'è il tuo nome? La Soluzione Finale alla Questione Ebraica risiede in una sola risposta: '''''Am Yisrael Chai'''''.
[[File:Israeli blue Star of David.svg|150px|left|Maghen David]][[File:Israeli blue Star of David.svg|150px|right|Maghen David]]
<div style="text-align: center; font-size: 2.5em;">''Am Yisrael Chai''</div>
{{Testo ebraico|allineamento=centro|dimensioni=grande|עַם יִשְׂרָאֵל חַי}}
<div style="text-align: center; font-size: 1.4em;">''Viva il popolo di Israele!''</div>
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[[File:BergenBelsenHatikva.ogg|200px|center|thumb|<div style="color: teal; text-align: center; font-size: 0.9em;">Registrazione della [[w:BBC|BBC]] del 20 aprile 1945 in cui i sopravvissuti ebrei di [[w:Campo di concentramento di Bergen-Belsen|Bergen-Belsen]] cantano l’''[[w:Hatikvah|Hatikvah]]'', seguito dal grido di ''"[[:en:w:Am Yisrael Chai|Am Yisrael Chai!]]"'', solo cinque giorni dopo la loro liberazione da parte degli Alleati.</div>]]
== Note ==
[[File:Elie Wiesel (1987) by Erling Mandelmann - 2.jpg|162px|right|Elie Wiesel, 1987]]
[[File:Primo Levi.jpg|left|159px|Primo Levi, anni '50]]
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie letteratura moderna|Serie dei sentimenti}}
<div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div>
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Una storia dell'ebraismo
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| testo = '''LAVORI IN CORSO! - WORK IN PROGRESS!''' <br/>Testo in preparazione e di prossimo svolgimento — '''[[Utente:Monozigote|Monozigote]]''' ([[Discussioni utente:Monozigote|discussione]]) se ne sta occupando, ma è attualmente impegnato nello studio analitico del relativo materiale; non apportare modifiche, grazie.
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[[File:Wojciech Korneli Stattler - The Maccabees - MNK II-a-562 - National Museum Kraków.jpg|650px|center|I Maccabei]]
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== INDICE ==
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'''{{Modulo|Una storia dell'ebraismo/Bibliografia|Bibliografia scelta & ragionata}}'''
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== ABBREVIAZIONI E RIFERIMENTI ==
{{Vedi anche|Storia e memoria|Sovranità Ebraica|I due mondi dell'ebraismo|w:Storia degli ebrei|etichetta4=Storia degli ebrei}}
Questo wikilibro offre un resoconto chiaro e diretto dello sviluppo dell'ebraismo antico sia nella patria giudaica che nella [[w:Diaspora ebraica|Diaspora]]. A partire dalla Bibbia e terminando con l'ascesa dell'Islam, il testo descrive l'emergere di una religione che oggi sarebbe riconosciuta come [[w:Ebraismo|EBRAISMO]], a partire da usanze e concezioni molto diverse da quelle odierne: particolare attenzione è dedicata al contributo dei primi [[w:Rabbinismo|rabbini]] a questo processo storico. Oltre alla narrazione centrale, il libro offre citazioni sostanziali dai testi primari (biblici, rabbinici e di altro tipo), oltre a approfondimenti collaterali su temi importanti, un glossario, brevi biografie dei primi importanti rabbini, una cronologia delle date principali e suggerimenti per ulteriori letture.
Tutte le traduzioni dei testi biblici e rabbinici sono di [[Utente:Monozigote|Monozigote]], salvo diversa indicazione. Le traduzioni dal greco seguono normalmente l'edizione della ''[[w:Loeb Classical Library|Loeb Classical Library]]'', sebbene occasionalmente con modifiche, sempre salvo diversa indicazione. I testi biblici sono citati per capitolo e versetto secondo il testo ebraico; si noti che le traduzioni cristiane seguono le versioni greca e latina antica e talvolta presentano una diversa suddivisione dei capitoli. I testi rabbinici sono citati come segue:
'''[[w:Mishnah|Mishnah]]''' (talvolta abbreviata M.) e '''[[:en:w:Tosefta|Tosefta]]''' per trattato, capitolo e paragrafo.
'''[[w:Talmud di Gerusalemme|Talmud di Gerusalemme]]''' (talvolta abbreviato J. o JT) per trattato, capitolo e paragrafo, nonché per pagina e colonna nella prima edizione veneziana.
'''[[w:Talmud babilonese|Talmud babilonese]]''' (talvolta abbreviato B. o BT) per trattato e pagina (quasi tutte le edizioni dal XVI secolo hanno utilizzato una numerazione standard). È importante notare che il numero di pagina indica entrambi i lati del foglio; questi sono distinti dalle lettere ''a'' e ''b''.
'''[[:en:w:Midrash Rabba|Midrash Rabba]]''' per sezione e paragrafo.
'''[[w:Sifre|Sifre]]''' per libro (''1'' per Numeri, ''2'' per Deuteronomio) e sezione.
I tre stralci talmudici in '''Appendice 1''' sono lasciati nella loro traduzione originale {{Lingue|en}}, evitando quindi una terza versione.
'''N.B.''': Le traslitterazioni di nomi di persona, titoli letterari e simili sono spesso fonetiche piuttosto che tecniche. In particolare, le lettere con segni diacritici come '''''š''''' spesso omettono tali segni.
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti}}
{{Nota
|allineamento = centro
|larghezza = 100%
|titolo = [[Image:PD-icon.svg|20px|Public domain]] Sotto lo pseudonimo [[Utente:Monozigote|Monozigote]] rilascia in dominio pubblico tutti i suoi scritti su Wikibooks [[File:Wikibooks-logo-it.svg|20px|Wikibooks]]
|contenuto = Si consiglia questo ''wikilibro'' a lettori con buona conoscenza dell'[[w:ebraismo|ebraismo]] e delle lingue {{Lingue|de|el|en|es|fr|he|la|yi}}. Le citazioni estese in queste lingue sono lasciate nell'originale — nel caso di problemi nella visualizzazione dei caratteri nel testo, si consulti la pagina [[Aiuto:Unicode|Unicode]].
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[[Categoria:Una storia dell'ebraismo]]
[[Categoria:Serie delle interpretazioni]]
[[Categoria:Serie misticismo ebraico]]
[[Categoria:Religione]]
[[Categoria:Storia]]
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== ABBREVIAZIONI E RIFERIMENTI ==
{{Vedi anche|Storia e memoria|Sovranità Ebraica|I due mondi dell'ebraismo|w:Storia degli ebrei|etichetta4=Storia degli ebrei}}
Questo wikilibro offre un resoconto chiaro e diretto dello sviluppo dell'ebraismo antico sia nella patria giudaica che nella [[w:Diaspora ebraica|Diaspora]]. A partire dalla Bibbia e terminando con l'ascesa dell'Islam, il testo descrive l'emergere di una religione che oggi sarebbe riconosciuta come [[w:Ebraismo|EBRAISMO]], a partire da usanze e concezioni molto diverse da quelle odierne: particolare attenzione è dedicata al contributo dei primi [[w:Rabbinismo|rabbini]] a questo processo storico. Oltre alla narrazione centrale, il libro offre citazioni sostanziali dai testi primari (biblici, rabbinici e di altro tipo), oltre a approfondimenti collaterali su temi importanti, un glossario, brevi biografie dei primi importanti rabbini, una cronologia delle date principali e suggerimenti per ulteriori letture.
Tutte le traduzioni dei testi biblici e rabbinici sono di [[Utente:Monozigote|Monozigote]], salvo diversa indicazione. Le traduzioni dal greco seguono normalmente l'edizione della ''[[w:Loeb Classical Library|Loeb Classical Library]]'', sebbene occasionalmente con modifiche, sempre salvo diversa indicazione. I testi biblici sono citati per capitolo e versetto secondo il testo ebraico; si noti che le traduzioni cristiane seguono le versioni greca e latina antica e talvolta presentano una diversa suddivisione dei capitoli. I testi rabbinici sono citati come segue:
'''[[w:Mishnah|Mishnah]]''' (talvolta abbreviata M.) e '''[[:en:w:Tosefta|Tosefta]]''' per trattato, capitolo e paragrafo.
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I tre stralci talmudici in '''Appendice 1''' sono lasciati nella loro traduzione originale {{Lingue|en}}, evitando quindi una terza versione.
'''N.B.''': Le traslitterazioni di nomi di persona, titoli letterari e simili sono spesso fonetiche piuttosto che tecniche. In particolare, le lettere con segni diacritici come '''''š''''' spesso omettono tali segni.
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti}}
{{Nota
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[[Categoria:Una storia dell'ebraismo]]
[[Categoria:Serie delle interpretazioni]]
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== Introduzione ==
Questo wikilibro racconta la storia dell'emergere dell'ebraismo dalle sue radici bibliche, una storia che ha richiesto ben più di mille anni per completarsi. All'inizio del testo non esiste l'"ebraismo" e non esiste un "popolo ebraico". Alla fine, gli ebrei e l'ebraismo sono ovunque nell'Impero Romano e oltre, più o meno adattati all'ascesa del cristianesimo e pronti ad assorbire l'improvvisa comparsa di un'altra nuova religione, l'Islam.
Potrebbe essere utile fornire qualche parola introduttiva sul nome stesso: ''Ebraismo''. Questo libro inizierà con le credenze e le pratiche religiose di un insieme di antiche tribù che alla fine si unirono per formare una nazione chiamata ''[[w:Dodici tribù di Israele|Figli di Israele]]''. Ogni tribù viveva in un territorio che era chiamato con il suo nome tribale: la terra di [[w:Beniamino (Bibbia)|Beniamino]], la terra di [[w:Giuda (patriarca)|Giuda]] e così via. Secondo la narrazione biblica, queste tribù organizzarono e mantennero un regno unificato per gran parte del X secolo AEV, ma poi la singola [[w:Giuda (tribù)|tribù di Giuda]] fu separata dalle altre in un regno a sé stante, chiamato ''[[w:Regno di Giuda|Regno di Giuda]]'' (in ebraico ''yehudah'') per distinguerlo dal più ampio ''[[w:Regno di Israele|Regno di Israele]]'' a nord. Quindi il nome ''Israele'' era essenzialmente una designazione nazionale o etnica, mentre il nome ''Giuda'' significava contemporaneamente un'entità etnica più piccola, inclusa in quella più grande, e la terra in cui quel gruppo dimorò per centinaia di anni. Nell'antichità, la parola singola ''Israele'' non veniva mai usata per designare un territorio; a tale scopo è sempre stata utilizzata l’espressione ''Terra d’Israele (Eretz Yisra’el)''.
A complicare ulteriormente le cose, esisteva un'altra autodefinizione, ''Ebrei'', usata dagli Israeliti solo quando si rivolgevano a persone esterne o da persone esterne quando si riferivano al popolo d'Israele. Tale termine alla fine diede il nome alla lingua in cui è scritta la maggior parte della [[w:Tanakh|Bibbia ebraica]], la lingua ancora parlata nel moderno [[w:Israele|Stato di Israele]].
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== Note ==
{{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}}
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[[Categoria:Una storia dell'ebraismo|Introduzione]]
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{{Una storia dell'ebraismo}}
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== Introduzione ==
Questo wikilibro racconta la storia dell'emergere dell'ebraismo dalle sue radici bibliche, una storia che ha richiesto ben più di mille anni per completarsi. All'inizio del testo non esiste l'"ebraismo" e non esiste un "popolo ebraico". Alla fine, gli ebrei e l'ebraismo sono ovunque nell'Impero Romano e oltre, più o meno adattati all'ascesa del cristianesimo e pronti ad assorbire l'improvvisa comparsa di un'altra nuova religione, l'Islam.
Potrebbe essere utile fornire qualche parola introduttiva sul nome stesso: ''Ebraismo''. Questo libro inizierà con le credenze e le pratiche religiose di un insieme di antiche tribù che alla fine si unirono per formare una nazione chiamata ''[[w:Dodici tribù di Israele|Figli di Israele]]''. Ogni tribù viveva in un territorio che era chiamato con il suo nome tribale: la terra di [[w:Beniamino (Bibbia)|Beniamino]], la terra di [[w:Giuda (patriarca)|Giuda]] e così via. Secondo la narrazione biblica, queste tribù organizzarono e mantennero un regno unificato per gran parte del X secolo AEV, ma poi la singola [[w:Giuda (tribù)|tribù di Giuda]] fu separata dalle altre in un regno a sé stante, chiamato ''[[w:Regno di Giuda|Regno di Giuda]]'' (in ebraico ''yehudah'') per distinguerlo dal più ampio ''[[w:Regno di Israele|Regno di Israele]]'' a nord. Quindi il nome ''Israele'' era essenzialmente una designazione nazionale o etnica, mentre il nome ''Giuda'' significava contemporaneamente un'entità etnica più piccola, inclusa in quella più grande, e la terra in cui quel gruppo dimorò per centinaia di anni. Nell'antichità, la parola singola ''Israele'' non veniva mai usata per designare un territorio; a tale scopo è sempre stata utilizzata l’espressione ''Terra d’Israele (Eretz Yisra’el)''.
A complicare ulteriormente le cose, esisteva un'altra autodefinizione, ''Ebrei'', usata dagli Israeliti solo quando si rivolgevano a persone esterne o da persone esterne quando si riferivano al popolo d'Israele. Tale termine alla fine diede il nome alla lingua in cui è scritta la maggior parte della [[w:Tanakh|Bibbia ebraica]], la lingua ancora parlata nel moderno [[w:Israele|Stato di Israele]]: l’[[w:lingua ebraica|ebraico]] ({{lang|he|עברית}}, ''ivrit'').
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== Note ==
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== Introduzione ==
Questo wikilibro racconta la storia dell'emergere dell'ebraismo dalle sue radici bibliche, una storia che ha richiesto ben più di mille anni per completarsi. All'inizio del testo non esiste l'"ebraismo" e non esiste un "popolo ebraico". Alla fine, gli ebrei e l'ebraismo sono ovunque nell'Impero Romano e oltre, più o meno adattati all'ascesa del cristianesimo e pronti ad assorbire l'improvvisa comparsa di un'altra nuova religione, l'Islam.
Potrebbe essere utile fornire qualche parola introduttiva sul nome stesso: ''Ebraismo''. Questo libro inizierà con le credenze e le pratiche religiose di un insieme di antiche tribù che alla fine si unirono per formare una nazione chiamata ''[[w:Dodici tribù di Israele|Figli di Israele]]''. Ogni tribù viveva in un territorio che era chiamato con il suo nome tribale: la terra di [[w:Beniamino (Bibbia)|Beniamino]], la terra di [[w:Giuda (patriarca)|Giuda]] e così via. Secondo la narrazione biblica, queste tribù organizzarono e mantennero un regno unificato per gran parte del X secolo AEV, ma poi la singola [[w:Giuda (tribù)|tribù di Giuda]] fu separata dalle altre in un regno a sé stante, chiamato ''[[w:Regno di Giuda|Regno di Giuda]]'' (in ebraico ''yehudah'') per distinguerlo dal più ampio ''[[w:Regno di Israele|Regno di Israele]]'' a nord. Quindi il nome ''Israele'' era essenzialmente una designazione nazionale o etnica, mentre il nome ''Giuda'' significava contemporaneamente un'entità etnica più piccola, inclusa in quella più grande, e la terra in cui quel gruppo dimorò per centinaia di anni. Nell'antichità, la parola singola ''Israele'' non veniva mai usata per designare un territorio; a tale scopo è sempre stata utilizzata l’espressione ''Terra d’Israele (Eretz Yisra’el)''.
A complicare ulteriormente le cose, esisteva un'altra autodefinizione, ''Ebrei'', usata dagli Israeliti solo quando si rivolgevano a persone esterne o da persone esterne quando si riferivano al popolo d'Israele. Tale termine alla fine diede il nome alla lingua in cui è scritta la maggior parte della [[w:Tanakh|Bibbia ebraica]], la lingua ancora parlata nel moderno [[w:Israele|Stato di Israele]]: l’[[w:lingua ebraica|ebraico]] ({{lang|he|עברית}}, ''ivrit'').<ref> </ref>La lingua ebraica si suddivide poi in diverse ramificazioni antiche: samaritana, mishnaica, tiberiense, medievale, masoretica, ecc.</ref>
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== Introduzione ==
Questo wikilibro racconta la storia dell'emergere dell'ebraismo dalle sue radici bibliche, una storia che ha richiesto ben più di mille anni per completarsi. All'inizio del testo non esiste l'"ebraismo" e non esiste un "popolo ebraico". Alla fine, gli ebrei e l'ebraismo sono ovunque nell'Impero Romano e oltre, più o meno adattati all'ascesa del cristianesimo e pronti ad assorbire l'improvvisa comparsa di un'altra nuova religione, l'Islam.
Potrebbe essere utile fornire qualche parola introduttiva sul nome stesso: ''Ebraismo''. Questo libro inizierà con le credenze e le pratiche religiose di un insieme di antiche tribù che alla fine si unirono per formare una nazione chiamata ''[[w:Dodici tribù di Israele|Figli di Israele]]''. Ogni tribù viveva in un territorio che era chiamato con il suo nome tribale: la terra di [[w:Beniamino (Bibbia)|Beniamino]], la terra di [[w:Giuda (patriarca)|Giuda]] e così via. Secondo la narrazione biblica, queste tribù organizzarono e mantennero un regno unificato per gran parte del X secolo AEV, ma poi la singola [[w:Giuda (tribù)|tribù di Giuda]] fu separata dalle altre in un regno a sé stante, chiamato ''[[w:Regno di Giuda|Regno di Giuda]]'' (in ebraico ''yehudah'') per distinguerlo dal più ampio ''[[w:Regno di Israele|Regno di Israele]]'' a nord. Quindi il nome ''Israele'' era essenzialmente una designazione nazionale o etnica, mentre il nome ''Giuda'' significava contemporaneamente un'entità etnica più piccola, inclusa in quella più grande, e la terra in cui quel gruppo dimorò per centinaia di anni. Nell'antichità, la parola singola ''Israele'' non veniva mai usata per designare un territorio; a tale scopo è sempre stata utilizzata l’espressione ''Terra d’Israele (Eretz Yisra’el)''.
A complicare ulteriormente le cose, esisteva un'altra autodefinizione, ''Ebrei'', usata dagli Israeliti solo quando si rivolgevano a persone esterne o da persone esterne quando si riferivano al popolo d'Israele. Tale termine alla fine diede il nome alla lingua in cui è scritta la maggior parte della [[w:Tanakh|Bibbia ebraica]], la lingua ancora parlata nel moderno [[w:Israele|Stato di Israele]]: l’[[w:lingua ebraica|ebraico]] ({{lang|he|עברית}}, ''ivrit'').<ref>La [[w:lingua ebraica|lingua ebraica]] si suddivide poi in diverse ramificazioni antiche: samaritana, mishnaica, tiberiense, medievale, masoretica, ecc.</ref>
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Discussione:Una storia dell'ebraismo/Introduzione
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