Wikibooks itwikibooks https://it.wikibooks.org/wiki/Pagina_principale MediaWiki 1.45.0-wmf.8 first-letter Media Speciale Discussione Utente Discussioni utente Wikibooks Discussioni Wikibooks File Discussioni file MediaWiki Discussioni MediaWiki Template Discussioni template Aiuto Discussioni aiuto Categoria Discussioni categoria Progetto Discussioni progetto Ripiano Discussioni ripiano TimedText TimedText talk Modulo Discussioni modulo Analisi matematica I 0 1480 478435 473402 2025-07-05T14:59:37Z Hippias 18281 da controllare, vari problemi 478435 wikitext text/x-wiki {{abbandonato}} {{da controllare|È iniziata (nel 2013) e mai terminata l'importazione di alcune pagine da [[v:Materia:Analisi matematica|Wikiversità]], ma l'indice non è mai stato sistemato: il nuovo indice non è mai stato integrato con quello vecchio (che è stato mantenuto sotto la voce ''VECCHIO''), con la conseguenza che ci sono argomenti trattati in due moduli. Da valutare anche una fusione con [[Analisi matematica]].}} {{Analisi matematica I}} L'indice di questo libro fa riferimento, "in media", a piani di studio adottati da facoltà scientifiche, pertanto è suscettibile di variazioni. Attualmente si basa sui contenuti del corso del primo anno di Analisi matematica dei corsi di laurea in Matematica. ==Scopo== Lo scopo di questo libro è non solo quello di essere un riferimento didattico, ma anche un testo da poter consultare in ogni momento per fare luce su dubbi o dimenticanze che nel tempo, purtroppo, si verificano. [[Categoria:Analisi matematica I| ]] [[Categoria:Matematica]] {{Alfabetico|A}} [[Categoria:Dewey 515]] {{Avanzamento|50%|30 luglio 2013}} s3j4tiya5dadthom81nbpns5v1r1vy8 Analisi matematica I/I numeri reali 0 22168 478437 427923 2025-07-05T15:41:20Z Hippias 18281 da unire a [[Analisi matematica I/Numeri reali]] 478437 wikitext text/x-wiki {{da unire|Analisi matematica I/Numeri reali}} {{analisi matematica I}} == Definizione == L'insieme '''R''' è l'insieme dei numeri in cui sono definite le operazioni già definite in '''Q''' (cioè Somma, Prodotto e la relazione di Ordinamento), sono verificate le proprietà su tali operazioni e relazioni, e in cui vale un ''nuovo assioma'', chiamato '''Assioma di Continuità'''. == L'insieme <math>\mathbb{Q}</math> e l'insieme <math>\mathbb{R}</math>== I numeri razionali si scrivono nella forma <math>m \over n</math>, dove <math>n\ne0</math> e <math>m,n \in \mathbb{Z}</math>. L'insieme dei numeri ''razionali'' <math>\mathbb{Q}</math> risulta essere limitato; se consideriamo un quadrato di lato 1, la sua diagonale (che per il teorema di Pitagora varrebbe ''radice di 2'') non è misurabile in <math>\mathbb{Q}</math> : <math>\sqrt{2} </math> non può mai essere scritto sotto forma di frazione razionale. Per rappresentare questi numeri, detti ''irrazionali'', l'insieme <math>\mathbb{Q}</math> è stato esteso, ed è nato l'insieme dei numeri reali <math>\mathbb{R}</math> (unione dei numeri razionali e irrazionali). Le 11 ''proprietà'' che erano definite per l'insieme <math>\mathbb{Q}</math> (9 per le Operazioni ''Somma'' e ''Prodotto'' e 2 per la ''Relazione di Ordinamento'') sono anche qui verificate. == Proprietà di Q che valgono in R == Proprietà ''Somma e Prodotto'': '''S1''' Commutativa : ∀x,y ∈ '''R''', x+y = y+x '''S2''' Associativa : ∀x,y,z ∈ '''R''', (x+y)+z = x+(y+z) '''S3''' Elemento Neutro : ∀x ∈ '''R''', x+0 = x '''S4''' Elemento Opposto : ∀x ∈ '''R''', ∃y ∈ '''R''' tale che x+y = 0 (x = -y) '''P1''' Commutativa : ∀x,y ∈ '''R''', xy = yx '''P2''' Associativa : ∀x,y,z ∈ '''R''', (xy)z = x(yx) '''P3''' Elemento Neutro : ∀x ∈ '''R''', x×1 = x '''P4''' Reciproco (Inverso) : ∀x ∈ '''R''', x ≠ 0, ∃y ∈ '''R''' tale che xy = 1 (y = 1/x) '''SP''' Distributiva : ∀x,y,z ∈ '''R''', (x+y)z = xz+yz Relazioni di ''Ordinamento'': '''SO''' Rispetto alla Somma : ∀x,y ∈ '''R''', x ≤ y, ∃z ∈ '''R''' tale che x+z ≤ y+z '''PO''' Rispetto al Prodotto : ∀x,y ∈ '''R''', x ≤ y, ∃z ∈ '''R''', z ≥ 0 tale che xz ≤ yz == Assioma di Continuità == Nell'insieme '''R''' è verificato un importante '''assioma''', chiamato ''Assioma di Continuità'', che è alla base di tutti i teoremi dell'Analisi Matematica. Quest'assioma afferma che: ''Se prediamo un insieme limitato superiormente contenuto in '''R''', questo insieme ammette Estremo Superiore, e viceversa, se prendiamo un insieme limitato inferiormente contenuto in '''R''', allora l'insieme ammette Estremo Inferiore''. [[Categoria:Analisi matematica I|I numeri reali]]{{Avanzamento|50%|12 ottobre 2008}} 69r3yrzy0d699osa33vtfhcqy89cvoq Analisi matematica I/I numeri complessi 0 24212 478439 427922 2025-07-05T15:42:22Z Hippias 18281 da unire a [[Analisi matematica I/Numeri complessi]] 478439 wikitext text/x-wiki {{da unire|Analisi matematica I/Numeri complessi}} {{Analisi matematica I}} ==L'insieme <math>\mathbb{C}</math> dei numeri complessi== L'espressione <math>\sqrt{-1} </math> non ha senso all'interno dei reali; non esiste un numero reale che elevato al quadrato dia un numero negativo. Come operammo nel passaggio da <math>\mathbb{Q}</math> a <math>\mathbb{R}</math>, estendiamo quest'ultimo insieme per comprendere numeri come <math>\sqrt{-1}</math>. Introduciamo allora un'''unità immaginaria'' <math>\imath=\sqrt{-1}</math>. Fatto questo, possiamo introdurre la classe dei numeri complessi: un ''numero complesso'' <math>\emph z</math> si può esprimere come coppia ordinata di numeri reali <math>\emph(a,b)</math>, oppure nella forma <math>a+\imath b</math>. Singolarmente, <math>\emph a</math> e <math>\emph b</math> sono numeri reali, e rappresentano rispettivamente la ''parte reale'' e la ''parte immaginaria'' di un numero complesso. Se <math>\mathbb{Q}</math> finiva per essere incluso in <math>\mathbb{R}</math>, nel nostro caso <math>\mathbb{R}</math> può essere inteso come sottoinsieme di un più vasto <math>\mathbb{C}</math> dei numeri complessi; ciascun numero reale può essere infatti visto come un numero complesso a parte immaginaria <math>\emph b</math> nulla. ==Operazioni tra complessi== La '''somma algebrica''' nei complessi si può portare a termine come nei reali se si tratta separatamente la parte reale e la parte immaginaria. Così, presi due complessi <math>z=a+\imath b</math> e <math>z'=c+\imath d</math>, abbiamo che <math>z+z'=a+c+\imath(b+d)</math>. Stesso discorso per il '''prodotto''', ricordando però che <math>\imath^2=-1</math>, e quindi <math>z\cdot z'=ac+\imath ad+ \imath bc-bd=(ac-bd)+\imath(ad+bc)</math> Per il '''quoziente''' ci serve qualche definizione in più. ==Modulo, argomento e forma polare di un numero complesso== L'espressione di <math>\emph z</math> come coppia ordinata di numeri reali può essere sfruttata per rappresentare graficamente un numero complesso in un piano. Si può costruire un ''piano complesso'' intersecando perpendicolarmente due assi: l'asse reale dove nel piano cartesiano avremmo le ascisse, l'asse immaginario al posto delle ordinate. Tale piano è detto anche Piano di Argand-Gauss, o semplicemente di Gauss. Chiamiamo ''modulo'' del numero complesso <math>\emph z</math> la sua distanza dall'origine, ovvero <math>\rho=|z|=\sqrt{a^2+b^2}</math>. L'''argomento'' di <math>\emph z</math> è invece definito come l'angolo orientato <math>\vartheta</math> che va dall'asse reale al segmento congiungente il punto <math>\emph z</math> con l'origine. Dalla trigonometria estrapoliamo poi che <math>a=\rho\cdot \cos\vartheta</math> e <math>b=\rho\cdot \sin\vartheta</math>. Ora possiamo scrivere z nella sua '''forma polare''': <math>z=\rho(\cos\vartheta + \imath\sin\vartheta)</math>. ===Coniugato di un numero complesso=== Il numero <math>\overline{z}=a-ib</math> è chiamato ''coniugato'' del solito <math>\emph z=a+\imath b</math> . Le seguenti proprietà del coniugato risultano molto utili: <math>|\overline{z}|=|z|</math> e <math>\arg \overline{z}= -\arg z</math> . Inoltre, il prodotto di <math>\emph z</math> con il suo coniugato <math> \overline{z}</math> dà il quadrato del modulo di <math>\emph z</math>, cioè <math>z\overline{z}=|z|^2</math>. ==Ancora sulle operazioni, quoziente tra complessi== Mediante semplici considerazioni algebriche, si può dedurre che se abbiamo due numeri complessi <math>z=\rho(\cos\vartheta+\imath\sin\vartheta)</math> e <math>w=r(\cos\phi +\imath\sin\phi)</math> il modulo del loro prodotto sarà il prodotto dei due moduli, e l'argomento ''la somma'' degli argomenti. Cioè: <math>|z\cdot w|= |z|\cdot|w|</math> e <math>\arg(z\cdot w)=\arg z+\arg w</math>. Quindi, <math>z\cdot w= \rho r(\cos(\vartheta+\phi)+ \imath \sin (\vartheta+\phi))</math>. Detto questo, torniamo alla divisione. Sappiamo che <math>z^{-1}={1 \over z}={1\over {a+\imath b}}</math> . Possiamo moltiplicare numeratore e denominatore per <math>\overline{z}</math>, ottenendo <math>z^{-1}={{a-\imath b}\over {a^2+b^2}}= {\overline{z}\over {|z|^2}}</math>. Il modulo di quest'ultima espressione è <math>\left |{{1}\over {z}}\right | = {|\overline{z}|\over {|z|^2}} = {{1} \over {|z|}}</math>, mentre l'argomento è <math>\arg {1 \over z} = \arg \overline{z}</math>. Conseguentemente possiamo interpretare <math> z\over w </math> come <math> z\cdot {1\over w} = {{ac+bd+\imath (bc-ad)}\over{a^2+b^2}}</math>, oppure, con moduli e argomenti, <math> \left |{z\over w}\right |={|z|\over |w|}</math> e <math> \arg{z\over w}=\arg z - \arg w </math>. ==Teorema di De Moivre e potenze== Un numero complesso elevato all'<math>n</math>-esima, con <math>n \in \mathbb{N}</math>, è uguale al numero stesso moltiplicato <math>n</math> volte per sè, come al solito. Sia dunque <math>z=\rho(\cos\vartheta+\imath\sin\vartheta)</math>. Con <math>\rho=1</math> otteniamo il '''Teorema di De Moivre''': <math>(\cos\vartheta + \imath\sin\vartheta)^n = \cos{n\vartheta} + \imath \sin {n\vartheta}</math>. L'uguaglianza è soddisfatta in seguito alla sommabilità degli argomenti di un prodotto tra complessi. Più in generale, <math>z^n=\rho^n(\cos(n\vartheta)+\imath\sin(n\vartheta))</math>. ==Radici complesse== Nel caso dei numeri reali, avevamo che <math>x^2=4 \Rightarrow x=\pm2</math>. Si potrebbe chiedersi perché <math>\sqrt 4</math> sia uguale al solo <math> \emph+2</math>, mentre il suo opposto sia escluso. Il problema è di notazione: con <math>\sqrt 4</math> si intende la radice quadrata '''principale''' di 4, ovvero precisamente il numero reale ''positivo'' che ha per quadrato il radicando. Al contrario, con la notazione <math>\sqrt x</math>, dove <math> x</math> è una variabile reale, si intendono entrambe le sue radici, se la radice è ad indice pari. La radice di un numero complesso, <math>\sqrt z</math>, assume questo secondo significato. Sfruttando lo stesso principio di cui ci siamo serviti nel caso della divisione, intendiamo l'operazione di estrazione di radice come un elevamento a potenza all'inverso. Cioè <math> \sqrt[n]{z}=z^{1\over n}</math>. Applicando la formula di De Moivre otteniamo proprio la '''radice principale''' di <math>\emph z</math>, <math>z^{1\over n}=\rho^{1\over n}(\cos{\vartheta\over n}+ \imath \sin{\vartheta\over n})</math>. Esistono <math> n</math> radici n-esime per un numero complesso: oltre a questa radice principale, ce ne sono altre <math> n-1</math>, che differiscono dalla principale solo nell'argomento. Prendendo la formula di De Moivre all'inverso, si vede che siccome seno e coseno sono periodiche con periodicità <math> 2k\pi</math>, gli altri argomenti validi al variare di <math>\emph k</math> sono della forma <math>{\vartheta+2k\pi}\over n</math>. Di conseguenza <math>\sqrt[n]{z}=\sqrt[n]{\rho}(\cos{{\vartheta+2k\pi}\over n}+ \imath \sin{{\vartheta+2k\pi}\over n}), </math> con <math>\emph k=0,1,2,...,n-1</math>. La rappresentazione di queste radici sul piano complesso è assai intrigante: si tratta, al crescere di <math> \emph k</math>, del k-esimo vertice in senso antiorario di un poligono regolare con n lati inscritto nella circonferenza di raggio <math>\rho^{1\over n}</math>. ==Teorema fondamentale dell'algebra, equazioni complesse== Il '''teorema fondamentale dell'algebra''' prevede che un polinomio di grado n a coefficienti reali abbia precisamente n radici (da non confondere con le radici di un ''numero'') nell'insieme dei complessi, considerando le loro molteplicità. Ad esempio, prendiamo l'espressione che abbiamo scelto all'inizio, <math> \emph x^2+1=0 </math>. Nel campo dei reali questa non ha nessuna soluzione. Nel campo dei complessi, espressioni di secondo grado di questo tipo hanno sempre due soluzioni (o al più una, ma doppia). In questo caso la soluzione è particolarmente semplice: <math>\emph x^2=-1 \quad x=\pm\imath </math>. ===Soluzione di equazioni di grado superiore al secondo=== Un esempio di esercizio è quello, dato un polinomio <math>a_0 + a_1z + a_2z^2 + a_3z^3... </math> (di norma, non oltre il quinto grado) a coefficienti reali e una radice <math>\emph k</math> del polinomio, di trovare tutte le altre radici. Si opera scomponendo il polinomio in un prodotto di fattori irriducibili, in particolare in un prodotto di <math>\emph n </math> fattori della forma <math>\emph (z-j)</math>, dove <math>\emph j</math> è un numero complesso (o reale) e <math>\emph n</math> è il grado del polinomio iniziale. Sviluppiamo l'esempio con un polinomio di quinto grado e una certa radice complessa data. È dimostrato che se un polinomio ha una radice complessa anche il coniugato della radice è radice, per cui possiamo [[:w:Divisione polinomiale|dividere]] il polinomio per <math> (z-k)(z-\overline {k}) </math> fino ad ottenere un polinomio di terzo grado. Ora, il polinomio ha grado dispari. Ha quindi una (o tre) radici ''reali'' semplici, di cui quasi sempre una è facilmente individuabile "per tentativi sensati". Se troviamo un numero reale <math> \emph q</math> che soddisfi l'annullamento del polinomio di terzo grado, possiamo dividere quest'ultimo per <math> \emph (z-q) </math> così da ottenere un polinomio di secondo grado. Trovandoci a dividere il polinomio in questo particolare modo possiamo usare anche la [[:w:Regola di Ruffini|Regola di Ruffini]]. Finalmente sappiamo trovare le ultime due radici con la formula risolutiva per le equazioni di secondo grado, non dimenticando che le radici quadrate vanno intese come complesse. Questo metodo risolutivo, ''dove risolutivo'', è il più rapido, poiché far ricorso alla [[:w:Equazione di terzo grado|formula di Cardano-Tartaglia]] per le equazioni di terzo (o quarto) grado risulta piuttosto scomodo. [[Categoria:Analisi matematica I|Numeri complessi]] ejlyuuqnafkupu2rzmk2c3xilcz7tcm Template:Algoritmi 10 30927 478442 242816 2025-07-05T15:53:20Z Hippias 18281 +pdf 478442 wikitext text/x-wiki {{Sommario V |titolo=Algoritmi |pdf=Appunti di Algoritmi e programmazione.pdf |contenuto= :'''{{modulo|Algoritmi/Copertina}}''' # {{modulo|Algoritmi/Gli algoritmi}} # {{modulo|Algoritmi/L'analisi di complessità degli algoritmi}} # {{modulo|Algoritmi/Gli algoritmi di ordinamento}} # {{modulo|Algoritmi/Grafi e alberi}} # {{modulo|Algoritmi/La ricorsione}} # {{modulo|Algoritmi/Il paradigma "divide et impera"}} # {{modulo|Algoritmi/Gli heap}} # {{modulo|Algoritmi/Le tabelle di simboli}} # {{modulo|Algoritmi/Alberi binari di ricerca (BST)}} # {{modulo|Algoritmi/Tipologie di problemi}} # {{modulo|Algoritmi/Le tabelle di hash}} # {{modulo|Algoritmi/L'ADT grafo non orientato}} # {{modulo|Algoritmi/Gli algoritmi di visita dei grafi}} # {{modulo|Algoritmi/Le applicazioni degli algoritmi di visita dei grafi}} # {{modulo|Algoritmi/Gli alberi ricoprenti minimi}} # {{modulo|Algoritmi/I cammini minimi}} }} <noinclude> [[Categoria:Template sommario]] [[Categoria:Algoritmi| ]] </noinclude> e9ok649fsc8dfjzu44nsqal91yvj8n7 Analisi matematica I/Numeri reali 0 31606 478436 380284 2025-07-05T15:40:50Z Hippias 18281 da unire a [[Analisi matematica I/I numeri reali]] 478436 wikitext text/x-wiki {{da unire|Analisi matematica I/I numeri reali}} {{Analisi matematica I}} __TOC__ ==Relazione d'ordine== Sia <math>R</math> una relazione. Si dice che <math>R</math> è una relazione '''d'ordine''' se è *riflessiva *transitiva *<span style="text-decoration: underline">antisimmetrica</span>. Se tale relazione è assegnata ad un insieme <math>A</math>, allora si dice che <math>A</math> è ordinato e si indica con <math>(A,\leq)</math>. Ad esempio, consideriamo la relazione così definita :<math>xRy\Leftrightarrow \exists n \in \mathbb{N}\ :\ x+n=y</math> È sufficiente verificare le tre proprietà per dimostrare che <math>R</math> è una relazione d'ordine. E infatti, è l'usuale relazione d'ordine di <math>\leq</math>. Se <math>x\leq y </math> oppure <math>y\leq x</math>, allora la relazione si dice di '''ordine totale''' (o lineare). ===Insiemi limitati=== Sia <math>(A,\leq)</math> un insieme ordinato e <math>A'\subseteq A</math> un sottoinsieme non vuoto. Allora <math>a\in A</math> si dice '''maggiorante''' di <math>A'</math> se <div style="text-align:center"><math>a\geq b,\ \forall b\in A'</math></div> Analogamente si dice che <math>a \in A</math> è '''minorante''' di <math>A</math> se <div style="text-align:center"><math>a \leq b,\ \forall b \in A'</math></div> Se <math>a</math> è maggiorante (minorante) ed è anche appartenente ad <math>A'</math>, allora si dice che <math>a</math> è il '''massimo''' ('''minimo''') di <math>A'</math>. Si indicano rispettivamente con <div style="text-align:center"><math>\max A\ \ \ \ \ \min A</math></div> Non tutti gli insiemi hanno massimo e minimo, ma se li hanno, essi sono unici. Dimostriamolo solo nel caso del massimo. Consigliamo di provare come esercizio a dimostrare il caso del minimo. ====Proposizione (unicità di massimo e minimo)==== {{riquadro|border=1px solid blue|contenuto= Sia <math>(A,\leq)\neq \emptyset</math> e <math>A\subseteq B</math>. Se <math>A</math> ha massimo, allora è unico. }} =====Dimostrazione===== Sia <math>m=\max A</math>. Supponiamo che esista un altro <math>m'=\max A</math>. Allora, per la definizione di massimo, si ha :<math>m,m'\in A\ \ m\geq a\in A</math>(*) e :<math>m'\geq a\in A</math>(**). Siccome <math>m'</math> è un elemento di <math>A</math>, per la (*) si ha <math>m \geq m'</math>. D'altra parte, siccome anche <math>m\in A</math>, per la (**) abbiamo <math>m'\geq m\in A</math>.<br /> Allora altro non può essere che <div style="text-align:center"><math>m=m'</math>.</div>{{endproof}} ===Estremo superiore e inferiore=== Si dice '''estremo superiore''' il più piccolo dei maggioranti ed '''estremo inferiore''' il più grande dei minoranti. In altri termini: <div style="text-align:center"><math>\sup A = \min \{x \geq a,\ \forall a\in A\} </math><br /><math>\inf A = \max \{ x \leq a,\ \forall a\in A\}</math></div> Anche per l'estremo superiore e inferiore, se esistono sono unici. Non tutti gli insiemi però hanno tali estremi, perché non tutti gli insiemi hanno un insieme dei maggioranti o minoranti (e dunque non ha senso quanto scritto appena sopra). Vediamo ora alcuni esempi di quello che abbiamo visto finora. ====Esempi==== 1. Sia <math>A=\{x\in \mathbb{Q}\ :\ 0\leq x < 1\} </math>. Studiamo un po' questo insieme. :<math>A</math> è l'insieme dei numeri razionali non negativi e più piccoli di 1. Innanzitutto notiamo che, da quello che abbiamo appena detto, tutti gli elementi dell'insieme sono più piccoli di 1 e quindi, equivalentemente, 1 è un maggiorante. Gli elementi di <math>A</math> sono perà <span style="text-decoration: underline">tutti</span> quei razionali <span style="text-decoration: underline">strettamente </span> più piccoli 1, dunque 1 è il minore tra i maggioranti perché se <math>\lambda</math> fosse un maggiorante e fosse minore di 1, allora si avrebbe che <math>\lambda \geq x \in A</math> pur essende stesso un elemento di <math>A</math> e questo non è possibile perché possiamo sempre trovare un altro numero razionale <math>y\in \mathbb{Q}\ :\ x<y<1,\ \forall x \in \mathbb{Q}</math>. Dunque un <math>\lambda</math> siffatto non è un maggiorante e dunque <math>\sup A = 1</math>.<br /> :Osserviamo anche che gli elementi di <math>A</math> sono tutti maggiori uguale di 0 ma <math>0 \in A</math> e questo equivale alla definizione di minimo. Dunque <math>0 = \min A</math>. {{todo|vedere se scrivere il teorema 3.7}} Se un insieme ordinato <math>A</math> ha maggioranti, tale insieme si dice '''superiormente limitato'''. Analogamente si dice '''inferiormente limitato ''' se esistono minoranti. ==Completezza di un insieme== Un insieme ordinato <math>A</math> si dice '''completo''' se ogni suo sottoinsieme superiormente limitato ha estremo superiore in <math>A</math>. ====Proposizione (esistenza dell'estremo inferiore in un insieme completo)==== {{riquadro|border=1px solid blue|contenuto= Sia <math>(\mathbb{I},\leq)</math> completo e <math>A\subseteq \mathbb{I},\ A \neq \emptyset</math>. Allora <math>A</math> ha estremo inferiore in <math>\mathbb{I}</math>. }} =====Dimostrazione===== <math>A</math> è inferiormente limitato per ipotesi, dunque certamente esiste in <math>\mathbb{I}</math> l'insieme dei minoranti di <math>A</math> <div style="text-align:center"><math>M=\{m \leq a,\ \forall a \in A\}</math>.</div> Osserviamo anche l'inverso, cioè che ogni elemento di <math>A</math> è maggiorante di <math>M</math>, dunque <math>M</math> ha estremo superiore in <math>\mathbb{I}</math> (perché, per ipotesi, <math>\mathbb{I}</math> è completo). Sia <math>\lambda = \sup M</math>. <br /> Ogni elemento di <math>A</math> è più grande di ogni elemento di <math>M</math> ma anche <math>a \geq \lambda,\ \forall a\in A</math> dato che <math>\lambda</math> è il più piccolo tra i maggioranti di <math>M</math>.<br /> Ma allora <math>\lambda \in M</math> e dunque <math>\lambda = \max M</math>. Infine, essendo <math>\lambda</math> il massimo dei minoranti di <math>A</math>, è per definizione l'estremo inferiore di <math>A</math>. {{endproof}} {{cassetto|titolo=Esercizio: L'insieme dei numeri razionali non è completo|testo= Dimostriamo che <math>(\mathbb{Q},\leq)</math> non è completo, quindi che esistono sottoinsiemi superiormente limitati ma che non hanno estremo superiore. <small>(d'ora in avanti indicheremo con <math>\mathbb{Q}</math> l'insieme <math>(\mathbb{Q},\leq)</math></small>. Per giungere al nostro scopo, dimostriamo che non è vero che <math>\mathbb{Q}</math> è completo; dunque forniamo un controesempio.<br />Consideriamo <div style="text-align:center"><math>R=\{x\in \mathbb{Q}\ :\ x>0,\ x^2<2\}</math></div> <math>R</math> non è ovviamente vuoto ed ha dei maggioranti (ad esempio 2 è un maggiorante, visto che <math>2^2 = 4 > 2 \Rightarrow 2 > x,\forall x\in R</math>). Proviamo ora che non esiste l'estremo superiore di questo insieme, cioè che non esiste un <math>m\in \mathbb{Q}</math> il minore di tutti i maggioranti di <math>R</math>. Ragioniamo per assurdo e supponiamo che <math>m=\sup R</math> esista. * Se <math>m^2<2</math>, allora <math>m \in R</math>. Però esiste certamente <math>\varepsilon \in \mathbb{Q}</math> tale che <math>(m+\varepsilon)^2<2</math>. <br />Infatti <math>\mathbb{Q}</math> è un insieme '''denso''', dunque tra due razionali esiste sempre un altro razionale; in questo caso se <math>2 = m+\alpha</math>, si ha <math>0 < \varepsilon < \alpha </math> e dunque <math>m+\varepsilon < m+\alpha = 2</math>. :Ma allora <math>m\in R</math> e <math>m+\varepsilon \in R</math> e da qui si ottiene che in <math>R</math> c'è un valore più grande di <math>m</math> e questo contraddice l'ipotesi che <math>m^2<2</math>. * Se <math>m^2=2</math>, possiamo scrivere anche <math>m=\frac{p}{q}</math> (con <math>p,q</math> primi tra loro) e quindi <math>\frac{p^2}{q^2}=2</math>. Da qui <math>p^2=2q^2</math> e il fatto che il secondo membro si pari, ci dice che <math>p^2</math> è pari e dunque lo è anche <math>p</math>. Allora possiamo scrivere il tutto come <math>4y^2=2q^2</math> (con <math>p=2y</math>) ed equivalentemente <math>2y=^2=q^2</math>. Per lo stesso ragionamento di prima, anche <math>q</math> è pari e questa è una contraddizione perché avevamo supposto <math>p,q</math> primi tra loro! :<small>Questa è anche la prova classica che esistono numeri non razionali.</small> *Infine, se <math>m^2>2</math>, allora esiste certamente (per lo stesso criterio del punto 1) un <math>\varepsilon \in \mathbb{Q}</math> tale che <math>(m-\varepsilon)^2 > 2</math>. Ma <math>x^2<(m-\varepsilon)^2</math> e siccome è tutta roba positiva, <math>x<m-\varepsilon</math> e dunque <math>m-\varepsilon</math> è un maggiorante di <math>R</math> e abbiamo finito, perché questo contraddice l'ipotesi che <math>m</math> sia il più piccolo dei maggioranti e dimostra che non può essere nemmeno <math>m^2>2</math> }} [[Categoria:Analisi matematica I|Numeri reali 1]] 5dkhx0whnsw1ihqafcpm4t04si37b0b Analisi matematica I/Numeri complessi 0 31611 478438 344320 2025-07-05T15:41:56Z Hippias 18281 da unire a [[Analisi matematica I/I numeri complessi]] 478438 wikitext text/x-wiki {{da unire|Analisi matematica I/I numeri complessi}} {{Analisi matematica I}} ==Insieme dei numeri complessi== L'insieme dei numeri '''complessi''', denotato con <math>\mathbb{C}</math>, è un anello così composto: <div style="text-align:center"><math>\mathbb{C}:=(\mathbb{R}\times \mathbb{R}, +, \cdot)</math></div> cioè è un insieme composto da coppie di numeri reali con le operazioni di somma e prodotto (di coppie di numeri reali). Queste operazioni sono definite nel modo seguente, <math>\forall (x,y),(x',y') \in \mathbb{C}</math> e <math>x,x',y,y' \in \mathbb{R}</math>: <br /><br /> <div style="text-align:center"><math>\begin{array}{l} (x,y)+(x',y') = (x+x',y+y') \\ (x,y)\cdot(x',y') = (xx'-yy',xy'+yx')\end{array}</math></div> In definitiva, <math>(\mathbb{C},+,\cdot)</math> è un campo. Omettiamo la dimostrazione perché è una semplice verifica, ma vi invitiamo a farla come esercizio. ==<math>\mathbb{R}</math> come sottocampo di <math>\mathbb{C}</math>== Poniamo <math>\mathbb{R}^*:=\{(x,0),\ x \in \mathbb{R}\} \subset \mathbb{C}</math>. È immediato verificare che <math>\mathbb{R}^*</math> è un sottocampo di <math>\mathbb{C}</math>, ma la cosa interessante è che <math>\mathbb{R}^*</math> è isomorfo a <math>\mathbb{R}</math>, dunque in particolare esiste una funzione <math>f:\mathbb{R}\to \mathbb{R}^*</math> tale che <math>f(x)=(x,0)</math>. Quindi <math>\mathbb{C}</math> è un'"estensione" dei numeri reali e identifichiamo <math>\mathbb{R}^*</math> con <math>\mathbb{R}</math> e dunque, <div style="text-align:center"><math>(x,0)=x,\ \forall x \in \mathbb{R}</math>.</div> ==Unità immaginaria== Definiamo l' '''unità immaginaria''' il numero complesso <div style="text-align:center"><math>i:= (0,1)</math>.</div> Con la definizione che abbiamo dato di <math>i</math>, possiamo scrivere ogni numero complesso in ''forma algebrica'', cioè <div style="text-align:center"><math>(x,y)=x+i y</math></div> Infatti: :<math>(x,y)=(x,0)+(0,y)=(x,0)+(0,1)(y,0)=x+ iy</math> L'unità immaginaria ha una proprietà veramente notevole, che è una di quelle proprietà che caratterizzano i numeri complessi: <math>i</math> è una radice dell'equazione <div style="text-align:center"><math>x^2+1=0</math>.</div> Infatti: :<math>i^2=(0,1)(0,1)=(-1,0)=-1</math>. Questo è un risultato veramente notevole che è caratteristico di <math>\mathbb{C}</math>. Infatti, tale soluzione nei numeri reali non esiste. ====Proposizione (non esistenza di una relazione d'ordine in <math>\mathbb{C}</math>)==== {{riquadro|border=1px solid blue|contenuto= <math>\mathbb{C}</math> non è un insieme ordinato, dunque non esiste una relazione d'ordine <math>\leq</math> tale che <div style="text-align:center"><math>a\leq b \Rightarrow a+c \leq b+c,\ \ \forall c \in \mathbb{C}</math><br /><br /> <math>a\leq b \Rightarrow ac \leq bc,\ \ \forall c \in \mathbb{C},c\geq 0</math></div> }} =====Dimostrazione===== Se per assurdo esistesse una tale relazione, si avrebbe :<math>aa=a^2\geq 0,\ \forall c=a \geq 0 \in \mathbb{C}</math>. dunque non esiste in <math>\mathbb{C}</math> una radice negativa e questo è falso, perché <math>i^2 = -1 < 0</math>.{{endproof}} ==Parte reale e parte immaginaria== Consideriamo un numero complesso <math>x+iy</math>. Si definisce * <math>x=:\Re (x+iy)</math> '''parte reale''' * <math>y=:\Im (x+iy)</math> '''parte immaginaria''' * <math>x-iy =: \overline{x+iy}</math> '''coniugato di ''' <math>x+iy</math> ====Proposizione (algebra dei coniugati)==== {{riquadro|border=1px solid blue|contenuto= #<math>\overline{a+b}=\overline{a}+\overline{b}</math> #<math>\overline{ab}=\overline{a}\overline{b}</math> #<math>a+\overline{a}=2\Re(a)</math> #<math>a-\overline{a}=2i\Im(a)</math> #<math>a\overline{a}=\left(\Re (a)\right)^2+\left(\Im (a)\right)^2</math> #<math>\overline{\overline{a}}=a</math> }} =====Dimostrazione===== Queste dimostrazioni sono una semplice verifica. Dimostriamo la terza solo per esempio.<br /> <math>a+\overline{a}=(x+iy) + (x-iy) = 2x = 2\Re(a) </math> ==Valore assoluto di un numero complesso== Definiamo il valore assoluto di <math>a \in \mathbb{C}</math> <div style="text-align:center"><math>|a|=\sqrt{a\overline{a}}=\sqrt{(\Re a)^2+(\Im a)^2}=|\overline{a}| \in \mathbb{R}</math></div> Tenete presente che <math>a\overline{a}=(\Re a)^2+(\Im a)^2 \in \mathbb{R}</math> e <math>(\Re a)^2+(\Im a)^2 \geq 0</math>. Questo ne garantisce l'esistenza. ====Proposizione (proprietà del valore assoluto)==== {{riquadro|border=1px solid blue|contenuto= (i) <math>|a|\geq 0</math><br /> (ii) <math>|ab|=|a||b|</math><br /> (iii) <math>|\Re a|,|\Im a| \leq |a|</math><br /> (iv) <math>|a+b|\leq |a|+|b|</math><br /> (v) <math>||a|-|b|| \leq |a-b|</math><br /> (vi) <math>|a|=0 \Rightarrow a=0</math> }} =====Dimostrazione===== {{todo|dimostrarlo brevemente}} [[Categoria:Analisi matematica I|Numeri complessi]] [[en:Complex Numbers]] [[es:Numeros complejos]] [[fr:Nombre complexe]] dvwv9jrrqaa849w6nfdqdiju6uhuzko Template:Tecnologie e servizi di rete 10 33877 478444 407071 2025-07-05T15:55:18Z Hippias 18281 + pdf 478444 wikitext text/x-wiki {{Sommario V |pdf=Appunti di Tecnologie e servizi di rete.pdf |titolo=Tecnologie e servizi di rete |contenuto= :'''{{modulo|Tecnologie e servizi di rete/Copertina}}''' # {{modulo|Tecnologie e servizi di rete/WAN}} # {{modulo|Tecnologie e servizi di rete/MPLS}} # {{modulo|Tecnologie e servizi di rete/IPv6}} # {{modulo|Tecnologie e servizi di rete/Migrazione a IPv6}} # {{modulo|Tecnologie e servizi di rete/VPN}} # {{modulo|Tecnologie e servizi di rete/VoIP}} # {{modulo|Tecnologie e servizi di rete/Qualità del servizio}} # {{modulo|Tecnologie e servizi di rete/Cenni di sicurezza e crittografia}} }} <noinclude> [[Categoria:Template sommario]] [[Categoria:Tecnologie e servizi di rete| ]] </noinclude> larrwpp0xeejckzyn9x4ka4w6f70jpc Template:Progetto di reti locali 10 37370 478443 300156 2025-07-05T15:54:24Z Hippias 18281 + pdf 478443 wikitext text/x-wiki {{Sommario V |pdf=Appunti di Progetto di reti locali.pdf |titolo=Progetto di reti locali |contenuto= :'''{{modulo|Progetto di reti locali/Copertina}}''' # Nozioni di base sulle LAN ## {{modulo|Progetto di reti locali/Introduzione alle Local Area Network}} ## {{modulo|Progetto di reti locali/Ethernet}} ## {{modulo|Progetto di reti locali/Repeater e bridge}} ## {{modulo|Progetto di reti locali/Evoluzioni di Ethernet}} ## {{modulo|Progetto di reti locali/Funzionalità avanzate sulle reti Ethernet}} # Albero ricoprente ## {{modulo|Progetto di reti locali/Spanning Tree Protocol}} ## {{modulo|Progetto di reti locali/Rapid Spanning Tree Protocol}} # Standard aggiuntivi per le LAN ## {{modulo|Progetto di reti locali/Qualità del servizio nelle LAN IEEE 802}} ## {{modulo|Progetto di reti locali/Link aggregation – IEEE 802.3ad}} ## {{modulo|Progetto di reti locali/IGMP snooping}} # Configurazione e progettazione avanzate delle LAN ## {{modulo|Progetto di reti locali/Virtual LAN}} ## {{modulo|Progetto di reti locali/Ridondanza e bilanciamento del carico a livello 3 nelle LAN}} ## {{modulo|Progetto di reti locali/Il livello rete nelle LAN}} # Argomenti aggiuntivi ## {{modulo|Progetto di reti locali/Introduzione alle Storage Area Network}} }} <noinclude> [[Categoria:Template sommario]] [[Categoria:Progetto di reti locali| ]] </noinclude> nq5dy7c0fgyy2rkefajqub9o20nqzhf Template:Codifica della voce e dell'audio 10 37711 478445 302940 2025-07-05T15:57:13Z Hippias 18281 +pdf 478445 wikitext text/x-wiki {{Sommario V |pdf=Appunti di Elaborazione e trasmissione di informazioni multimediali.pdf |titolo=Codifica della voce e dell'audio |contenuto= :'''{{modulo|Codifica della voce e dell'audio/Copertina}}''' # {{modulo|Codifica della voce e dell'audio/Storia}} # [[Codifica della voce e dell'audio/Conversione analogico/digitale|<!-- -->{{#ifeq:|noico<!-- -->|{{#titleparts:Codifica della voce e dell'audio/Conversione analogico/digitale||-2}}<!-- -->|{{#titleparts:Codifica della voce e dell'audio/Conversione analogico/digitale||-2}}<!-- -->}}]]{{#ifeq:|noico||{{#ifeq:|noico||[[Aiuto:Fasi di sviluppo|<span class="avz_placeholder" style="margin-left:3px;">Codifica della voce e dell'audio/Conversione analogico/digitale</span>]]}}}} # {{modulo|Codifica della voce e dell'audio/Codifica di sorgente}} # {{modulo|Codifica della voce e dell'audio/Tecniche PCM}} # {{modulo|Codifica della voce e dell'audio/Tecniche parametriche}} # {{modulo|Codifica della voce e dell'audio/Tecniche CELP}} # {{modulo|Codifica della voce e dell'audio/Codifica dell'audio}} }} <noinclude> [[Categoria:Template sommario]] [[Categoria:Codifica della voce e dell'audio| ]] </noinclude> 41vlq5pps3q2b6wvyqos37imcr7a6x0 Non c'è alcun altro/Dio è Simpatico 0 43888 478451 412747 2025-07-05T20:00:26Z 95.232.204.223 Corretto: "Israele" 478451 wikitext text/x-wiki {{Template:Non c'è alcun altro}} [[File:Mercy and Truth are Met Together, Righteousness and Peace Have Kissed Each Other, object 1 (Butlin 463).jpg|480px|center|"Mercy and Truth are Met Together, Righteousness and Peace Have Kissed Each Other", di William Blake (1803)]] <br>{{clear}} [[File:Tora Rolle auf Pergament.jpg|320px|right|Rotolo della Torah su pergamena]] ==Tensione== Le nostre immagini di Dio sono in tensione. Tale comunque sembra essere una delle conclusioni del nostro studio fin qui. Dio è ''echad'' ma non ancora. Dio è onnipotente ma non nel tempo storico. Ora però tratteremo dell'espressione più drammatica di tale tensione: Dio si interessa a noi, ci ama? O Dio ci abbandona e perfino ci maltratta? Di nuovo, la nostra risposta sarà duplice — a volte l'una, a volte l'altra. I testi ebraici classici forniscono ampio supporto per entrambe le opzioni, ma la tensione è ben lungi dall'essere semplicemente testuale. Questi testi emergono dall'esperienza di vita dei loro autori umani. La nostra esperienza stessa conferma tale tensione. Anche noi conosciamo momenti in cui Dio ci sembra vicino e amorevole. Ma conosciamo anche momenti in cui Dio sembra essere distante e persino crudele. Si devono tenere in mente due ammonimenti metodologici. Primo, qui più che mai dobbiamo ricordarci che attribuire a Dio caratteristiche positive o negative vuol dire esprimere le nostre percezioni umane, non di rappresentare l'essenza di Dio, che nessun essere umano può conoscere. Quello che cerchiamo di caratterizzare con queste metafore è come Dio ci appare, come Lo sentiamo, in un dato momento. Nessuno di noi ha una linea diretta al pensiero divino. Secondo, è ugualmente importante notare che la distinzione tra un Dio amorevole e un Dio punitivo è anche una questione di prospettiva. Un esempio ovvio: un genitore che punisce un figlio per aver attraversato la strada col semaforo rosso viene percepito dal figlio come punitivo. "Sei cattivo!" dice il bambino, ma il genitore sa che questa punizione è espressione di interessamento paterno. Parimenti, che Dio permetta ai lupi di mangiare conigli viene percepito come amore dal lupo ma come crudeltà dal coniglio. D'altra parte, noi tutti abbiamo amici o conoscenti che sembrano destinati ad una vita di sventure. Mi viene in mente un fumetto dove il personaggio principale girava sempre con una nuvoletta di pioggia che lo seguiva sul capo, ma attorno a lui il sole splendeva su tutti gli altri. Io stesso conosco persone che soffrono in simile maniera. Poi ci sono persone che invece hanno vissuto una vita idilliaca. Ma la maggioranza di noi sta circa nel mezzo. Quelli di noi che credono in Dio nel mondo, devono cercare di spiegarsi questo enigma esistenziale. La nostra discussione è comunque sempre permeata di soggettività. Non possiamo mai sfuggire alla nostra condizione umana. Con questi avvertimenti in mente, cominciamo ad esaminare testi in cui Dio appare "simpatico". ==Rifugio== Iniziamo con l'inno che cantiamo alla conclusione del nostro servizio mattutino durante il Sabbath e le festività, il noto ''[[w:Adon Olam|Adon Olam]]''. L'ultima strofa evidenzia che questo poema, di autore sconosciuto e probabilmente datata a partire dall'undicesimo secolo e.v., fu composto originalmente per concludere le preghiere private recitate subito prima di andare a dormire la notte; appare anche alla conclusione di tale servizio. Inizia con una nota cosmica e poi cambia e questa potenza cosmica diventa molto personale: <div align="center"> <div style="font-family:'SBL Hebrew', 'Ezra SIL SR', 'Ezra SIL', 'Times New Roman', Cardo"> {| style="border: 1px solid;" ! [[w:lingua italiana|Traduzione italiana]] ! [[w:Traslitterazione|Traslitterazione]] ! [[w:Ebraico|Ebraico]] |- |valign=top| Il Signore dell'Universo che regnò, |valign=top| ''Adon 'olam, 'asher malakh,'' |valign=top dir=rtl| אֲדוֹן עוֹלָם אֲשֶׁר מָלַךְ |- |valign=top| Prima che ogni cosa fosse creata. |valign=top| ''b'terem kol yetzir niv'ra'' |valign=top dir=rtl| בְּטֶרֶם כָּל יְצִיר נִבְרָא |- |valign=top| Quando tutto fu compiuto per Sua volontà, |valign=top| ''L'et na'asa v'ḥeftso kol,'' |valign=top dir=rtl| לְעֵת נַעֲשָׂה בְחֶפְצוֹ כֹּל |- |valign=top| Egli fu riconosciuto quale Re. |valign=top| ''Azai melekh sh'mo nikra'' |valign=top dir=rtl| אֲזַי מֶלֶךְ שְׁמוֹ נִקְרָא |- |valign=top| Quando questo nostro mondo non ci sarà più<ref>...Se così stanno le cose, allora i nostri Maestri sono d'accordo sul fatto che il mondo sarà distrutto e che esso tornerà al suo stato iniziale (''[[w:Nachmanide|Nachmanide]]'')</ref>, |valign=top| ''V'aḥarey kikh'lot hakol'' |valign=top dir=rtl| וְאַחֲרֵי כִּכְלוֹת הַכֹּל |- |valign=top| Egli ancora regnerà in maestà, |valign=top| ''L'vado y'imlokh nora'' |valign=top dir=rtl| לְבַדּוֹ יִמְלוֹךְ נוֹרָא |- |valign=top| Egli era, è, |valign=top| ''V'hu hayah v'hu hoveh'' |valign=top dir=rtl| וְהוּא הָיָה וְהוּא הֹוֶה |- |valign=top| E sarà nella gloria. |valign=top| ''V'hu yih'yeh b'tif'arah'' |valign=top dir=rtl| וְהוּא יִהְיֶה בְּתִפְאָרָה |- |valign=top| Egli è uno, incomparabile, |valign=top| ''V'hu 'eḥad v'eyn sheyni'' |valign=top dir=rtl| וְהוּא אֶחָד וְאֵין שֵׁנִי |- |valign=top| senza divisione o alleato. |valign=top| ''L'ham'shil lo l'haḥbirah'' |valign=top dir=rtl| לְהַמְשִׁילֹ לוֹ לְהַחְבִּירָה |- |valign=top| Senza inizio, senza fine, |valign=top| ''B'li reyshiyt b'li taḥ'liyt'' |valign=top dir=rtl| בְּלִי רֵאשִׁית בְּלִי תַכְלִית |- |valign=top| ed a Lui appartengono la sovranità ed il potere. |valign=top| ''V'lo ha'oz v'hamis'rah'' |valign=top dir=rtl| וְלוֹ הָעֹז וְהַמִּשְׂרָה |- |valign=top| Egli è il mio Dio, il mio Vivente Redentore |valign=top| ''V'hu 'Eli v'ḥay go'ali'' |valign=top dir=rtl| וְהוּא אֵלִי וְחַי גּוֹאֲלִי |- |valign=top| in lui mi rifugio in tempo di dolore, |valign=top| ''v'tsur ḥevli b'eit tsarah'' |valign=top dir=rtl| וְצוּר חֶבְלִי בְּעֵת צָרָה |- |valign=top| e Lui è la mia bandiera e il mio rifugio, |valign=top| ''V'hu nisi 'umanos li'' |valign=top dir=rtl| וְהוּא נִסִּי וּמָנוֹס ִלִי |- |valign=top| che risponde nel giorno in cui io chiamo. |valign=top| ''m'nat kosi b'yom 'ekra'' |valign=top dir=rtl| מְנָת כּוֹסִי בְּיוֹם אֶקְרָא |- |valign=top| Nelle sue mani io rimetto il mio spirito |valign=top| ''B'yado af'kid ruḥi'' |valign=top dir=rtl| בְּיָדוֹ אַפְקִיד רוּחִי |- |valign=top| quando dormo e quando mi sveglio, |valign=top| ''b'et 'ishan v'a'ira'' |valign=top dir=rtl| בְּעֵת אִישָׁן וְאָעִירָה |- |valign=top| e col mio spirito, col il mio corpo<ref>oppure: "Anche qualora il mio spirito mi lasciasse".</ref> |valign=top| ''v'im ruḥi g'viyati'' |valign=top dir=rtl| וְעִם רוּחִי גְוִיָּתִי |- |valign=top| Dio è con me e non avrò timore. |valign=top| ''Adonai li v'lo 'ira'' |valign=top dir=rtl| אֲדֹנָי לִי וְלֹא אִירָא |} </div> </div> Leggendo un testo come questo, dobbiamo iniziare identificando la metafora o le metafore espresse nel testo e poi provare ad identificarne i sentimenti che hanno spinto l'autore a costruire tali metafore. Qui le metafore sono chiare: Dio è sovrano, eterno, trascendente e onnipotente. Ecco perché Dio può essere anche la roccia personale del poeta, il suo rifugio, bandiera e porzione, nelle Cui mani il poeta sente sicurezza, fiducia assoluta e serenità. Non c'è tensione nel poema, almeno non apertamente. Il contesto liturgico originale di questo inno è importante perché andare a dormire la notte può essere irto di ansia. Addormentarsi significa perdere il controllo del nostro destino. Quando leggo questo testo, cerco di ricollegarmi alla mia infanzia quando andavo a letto la sera; poi penso ai miei figli e, più recentemente, ai miei nipotini, quando li mettevo a dormire. I bambini creano complicati rituali serali, per addormentarsi: vogliono che si legga loro storie e filastrocche ([[w:ninna nanna|ninna nanne e melodie rasserenanti]]); abbracciano bambole o orsacchiotti; alcuni recitano preghiere. Non esiste cultura al mondo che non abbia in qualche modo ritualizzato il processo di andare a dormire. Questi rituali vengono chiamati dagli psicologi "[[w:oggetti transizionali|oggetti transizionali]]". Sono creati per guidare i bambini – e anche gli adulti, poiché anche noi ritualizziamo il nostro addormentarci in altri modi – oltre la soglia della veglia verso il sonno. Le soglie sono stati mediani e tutti intrinsecamente producono ansietà — come gli aeroporti per i viaggiatori.<ref name="Fortuna">{{Cita pubblicazione|cognome=Fortuna|nome=Keren|cognome2=Baor|nome2=Liora|cognome3=Israel|nome3=Salomon|cognome4=Abadi|nome4=Adi|cognome5=Knafo|nome5=Ariel|data=22 maggio 2014|titolo=Attachment to inanimate objects and early childcare: A twin study|rivista=Frontiers in Psychology|volume=5}} Vedi anche {{Cita libro|url=https://www.worldcat.org/title/attachment-and-loss/oclc/24186|titolo=Attachment and loss|cognome=Bowlby|nome=John|data=1969|editore=Basic Books|isbn=978-0-465-09716-6|città=New York|lingua=}}</ref> Gli antichi sembra avessero compreso che il sonno è un'esperienza di "piccola morte". Un esame veloce della liturgia serale indica come sia pervasa da riferimenti alla morte, mentre le preghiere recitate appena ci si desta sono pervase di riferimenti alla risurrezione. Il senso subliminale che il sonno sia come la morte persiste in tutti noi. Nel poema, tuttavia, tale ansietà è nascosta e i versetti sono permeati di serenità. La fiducia dell'autore in Dio gli permette di lasciarsi andare, di accogliere il sonno, di abbandonare il controllo della propria consapevolezza e del proprio destino. Poiché quel Dio cosmicamente potente è lì, e poiché quel Dio è anche il Dio personale del poeta, cosa c'è allora da temere? ==Perché i Salmi?== Questa immagine di Dio come rifugio e protettore, con il concomitante sentimento di fiducia nella Sua potenza, è onnipresente nei [[w:Salmi|Salmi]], un'antologia di 150 poemi — probabilmente solo un assaggio di tutti quelli che furono composti originariamente. Scritti nel corso dei secoli, i loro autori sono anonimi, nonostante soprascritti come "un Salmo di Davide" o "un Salmo dei figli di [[w:Core (Bibbia)|Korach]]" che ne introducono alcuni. Possiamo comunque solo congetturare il loro contesto personale o storico. Il Salmo {{passo biblico|Salmi|137}}, che inizia "Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion", fu scritto probabilmente da un membro della comunità di esuli Israeliti poco dopo la distruzione di Gerusalemme per mano di Babilonia nel 586 p.e.v. Tuttavia, tale contesto storico esplicito è una rara eccezione. Più importante per noi del contesto originale in cui un salmo è stato scritto e della sua data di compossizione, sono due questioni: in primo luogo, come è stato inserito un dato salmo nella tradizione susseguente? Quando e perché venne ad essere recitato da generazioni successive nella tradizione postbiblica? In secondo luogo, qual è il suo persistente messaggio teologico? Cosa ci dice delle convinzioni degli autori riguardo a Dio, a Israele e all'esperienza umana? Sulla prima domanda, secondo il Libro di Preghiere ufficiale,<ref>Mi riferisco specialmente all’''Authorized Daily Prayer Book'' curato da Joseph H. Hertz, ediz.riveduta, 1948, uno dei libri di preghiera ebraica più diffusi nel mondo. La lista di salmi appare nell'ultima pagina del libro (senza numero).</ref> circa settantacinque salmi appaiono nella liturgia, in varie sezioni. Molti di questi salmi vengono riportati solo una volta e sono recitati saltuariamente. Altri appaiono diverse volte; il Salmo {{passo biblico|Salmi|91}}, che stiamo per studiare qui, appare quattro volte ed è recitato quotidianamente e settimanalmente dagli ebrei devoti. Perché il Salmo 91 e perché l'altra metà dei salmi nell'antologia biblica non viene inclusa nella liturgia? Non siamo mai sicuri delle risposte a queste domande, ma siamo sicuri di una conclusione: quei salmi che sono stati recitati più o meno regolarmente hanno avuto un particolare impatto nel formare la sensibilità religiosa ebraica. Sebbene le donne dicano spesso ''tehillim'' invece del servizio di preghiere obbligatoriamente maschile, la maggior parte degli uomini ebrei vengono raramente in contatto con l'intero Libro dei Salmi biblico, ma usano il libro di preghiere ogni singolo giorno della loro vita. Se la prima domanda implica solo congetture, la secondo è ancor più pericolosa. I salmisti biblici non erano teologi sistematici. Condividevano una serie di credenze apprese dal loro contatto con il resto della tradizione biblica, ma tale tradizione era multivocale e, ancor più importante, non si sentirono mai vincolati ad essa. L'ebraismo non ha mai riconosciuto un'autorità teolgica suprema, un qualche comitato di sacerdoti o rabbini responsabili di supervisionare l'espressione teologica. I salmisti erano probabilmente semplici credenti che vivevano e provavano più o meno quello che proviamo noi nel corso delle nostre vite. Ciò che però li distingueva è che erano consapevoli di vivere sotto la presenza di un Dio trascendente che, credevano, governava il corso di tutte le cose. Tutto ciò che provavano, quindi, era in qualche modo un'espressione delle loro credenze riguardo alla natura di questo Dio e del Suo governo della natura, della storia e delle loro stesse vite. Le loro composizioni erano reazioni a tale esperienza. Anche quando erano arrabbiati con Dio, rivolgevano comunque la loro rabbia a Dio; non uscirono mai dalla loro comunità religiosa. Tocca a noi ipotizzare quale fu la loro esperienza, come si sentissero e come espressero quei sentimenti verso Dio che, così credevano, era accessibile alle loro preghiere, si interessava a loro e li ascoltava. Infine, ogni salmo è un poema. Il linguaggio poetico non è mai lineare. Usa la metafora, l'allusione e l'iperbole; indica un sentimento piuttosto che trasmettere un messaggio o insegnare una lezione. Ecco perché l'uso di un salmo come asserzione teologica è doppiamente incerto. Non possiamo mai arrivare al messaggio direttamente. Dobbiamo iniziare lasciando che il poema ci parli, venendo a contatto con i nostri stessi sentimenti mentre lo leggiamo, facendo filtrare nel nostro conscio le reazioni a ciò che dice il poeta. La nostra reazione può quindi guidarci verso i sedntimenti del poeta. Tali sentimenti sono il nostro indizio su come il salmista abbia reagito ad una data esperienza provata. Lì sta la chiave alla teologia implicita del salmo. Il Salmo 91 è recitato quale parte della liturgia tradizionale prima di addormentarsi, ma appare anche nella selezione di salmi che precede il servizio mattutino formale del Sabbath e delle festività (''[[w:Pesukei Dezimra|pesukei dezimra]]'' — letteralmente, "versi dell'inno"), nella liturgia del servizio funebre e alla chiusura del Sabbath.<ref>Si veda ''The Complete Artscroll Siddur'', p. 58. Cfr. anche ''A Guide to Jewish Prayer'', Rabbi Adin Steinsaltz, Shocken Books. ISBN 0-8052-4174-4</ref> All'inizio, la voce del poeta rassicura un'altra: {{q|[Dio] ti libererà dal laccio del cacciatore,<br/> dalla peste che distrugge.<br/> Ti coprirà con le sue penne<br/> sotto le sue ali troverai rifugio.<br/> La sua fedeltà ti sarà scudo e corazza;<br/> non temerai i terrori della notte<br/> né la freccia che vola di giorno,<br/> la peste che vaga nelle tenebre,<br/> lo sterminio che devasta a mezzogiorno.<br/> Mille cadranno al tuo fianco<br/> e diecimila alla tua destra;<br/> ma nulla ti potrà colpire.<br/> Solo che tu guardi, con i tuoi occhi<br/> vedrai il castigo degli empi.<br/> Poiché tuo rifugio è il Signore<br/> e hai fatto dell'Altissimo la tua dimora,<br/> non ti potrà colpire la sventura,<br/> nessun colpo cadrà sulla tua tenda.<br/> Egli darà ordine ai suoi angeli<br/> di custodirti in tutti i tuoi passi.<br/> Sulle loro mani ti porteranno<br/> perché non inciampi nella pietra il tuo piede.}} Al culmine del salmo, Dio appare in prima persona per rassicurare ulteriormente: {{q|Lo salverò, perché a Me si è affidato;<br/> lo esalterò, perché ha conosciuto il Mio nome.<br/> Mi invocherà e gli darò risposta;<br/> presso di lui sarò nella sventura,<br/> lo salverò e lo renderò glorioso.<br/> Lo sazierò di lunghi giorni<br/> e gli mostrerò la Mia salvezza.}} Non sappiamo nulla del contesto originale in cui fu composto questo salmo, ma il suo motivo sotteso è il pericolo associato con un viaggio — viaggio reale, o sonno, o morte, o forse la vita stessa, il tutto interpretato come viaggi. I viaggi sono anche esperienze transizionali, stati mediani. Anche oggi non è insolito sentirci ansiosi o vulnerabili quando ci impegnamo in un viaggio. Io stesso viaggio moltissimo e le ore prima di lasciar casa – specialmente se devo volare verso destinazioni remote (come l'Australia o l'Alaska) – sono invariabilmente piene d'ansia, che persiste finché non ho raggiunto la destinazione. Molti libri di preghiera includono la preghiera tradizionale del viaggiatore (''[[w:Tefilat HaDerech|Teffilat HaDerekh]]''), che si rivolge a tale ansietà.<ref>Testo {{it}}: "Sia la Tua volontà, Signore, nostro Dio e Dio dei nostri avi, di guidarci alla pace, di guidare i nostri passi verso la pace, e farci raggiungere la nostra desiderata destinazione per la vita, la felicità e la pace. Salvaci dalle mani del nemico, dagli agguati lungo la via e da tutte le punizioni della terra. Benedici il nostro lavoro e concedici grazia, bontà e misericordia ai Tuoi occhi e agli occhi di tutti coloro che ci incontrano. Ascolta la nostra umile supplica perché Tu sei Dio e ascolti le nostre richieste in preghiera. Sii benedetto Tu, o Signore, che ascolti le preghiere." Vedi [http://www.askmoses.com/article.html?h=224&o=179766 "Ask Moses" di Rabbi Naftali Silberberg, ''What is Tefilat Haderech?'']</ref> Tale tensione, più tenue del poema ''Adon Olam'' citato precedentemente, è esplicita nel Salmo 91. Da notare le molte forme di pericolo qui evocate: laccio del cacciatore, peste, sterminio, frecce, pietre, vipere, dragoni, leoni e aspidi. Questa ansietà acutizzata evoca metafore ugualmente acute di Dio come protettore: Dio è rifugio e bastione, Dio ci protegge come scudo e corazza, Dio ordina agli angeli di portarci sulle loro mani. La serenità di ''Adon Olam'' qui manca, ma rimane la fiducia nell'amore protettivo di Dio. Una terza espressione familiare di questo tema è il noto Salmo {{passo biblico|Salmi|23}}. La metafora d'apertura qui è Dio come pastore. Dio fa tutte quelle cose che fanno i pastori. Dio {{q|su pascoli erbosi mi fa riposare<br/> ad acque tranquille mi conduce.<br/> Mi ristora l’anima,<br/> mi guida per il giusto cammino.}} Di nuovo, come nel Salmo 91, Dio protegge il salmista anche se i pericoli abbondano. Il salmista cammina nella "nella valle dell’ombra della morte". Anche qui possiamo solo congetturare che esperienza abbiano ispirato questo salmo. È forse un altro salmo di viaggio? Forse. Sebbene questo viaggio sia più metafora delle altre precedenti. Inoltre Dio apparecchia una mensa "sotto gli occhi dei miei nemici", probabilmente nemici umani. Chiaramente, il salmista ha incontrato, o sta per incontrare, e fra breve incontrerà, grandi pericoli — pericoli sufficienti a mettere a rischio la sua vita stessa. Forse questo salmista interpreta la sua attuale esperienza di vita come un viaggio pericoloso, tuttavia ha fiducia che "felicità e grazia [di Dio] mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita." Il sentimento è qui più vicino al Salmo 91 di quanto non lo sia in ''Adon Olam''? C'è qui serenità oppure la tensione del salmo? Ognuno legge un testo di questo tipo in maniera differente. Secondo me questo salmo specifico abbonda di tensione; l'autore è in pericolo e spera che Dio lo proteggerà, ma non ne è troppo convinto, nonostante l'ultimo versetto. Tuttavia, molti non sono d'accordo su tale lettura e ci vedono invece fiducia e sicurezza. C'è persino chi si sente a disagio con la rappresentazione di Dio come pastore perché il lettore non si vuole paragonare ad una pecora. Non esiste un contesto liturgico fisso per la recitazione di questo salmo. Viene spesso recitato a funerali o a servizi di rimembranza (''[[w:Morte nell'ebraismo|Yizkor]]'') e viene cantato nel tardo pomeriggio dello Sabbath, prima della sua chiusura.<ref>Vedi spec. [https://www.myjewishlearning.com/article/yizkor-the-memorial-service/ "Yizkor e le funzioni di rimembranza"] {{en}}.</ref> In ciascun caso, l'umore di base è nostalgico, elegiaco, o anche di compianto. Ma di tutti i salmi, il Salmo 21 è quello che viene usato più spesso per ispirare sentimenti di fiducia e sicurezza davanti ad una qualche crisi personale. Tale utilizzo evidenzia come venga compreso solitamente. ==Roccia e Redentore== Un sintomo più sottile della continua tensione tra ansia e fiducia si trova nel breve passo liturgico di origine medievale che precede la recita dell’''amidah'' nel servizio mattutino. È il culmine di una lunga unità che segue la recitazione dello ''Shema'' e che tratta del tema di Dio come Redentore. Appare in questo preciso contesto con l'intento di far giustapporre al fedele una preghiera di redenzione con l’''amidah''. {{q|Roccia di Israele, sorgi alla difesa sua difesa.<br/> Libera Giuda e Israele, come Tu hai promesso.<br/> Il nostro Redentore è il Santo di Israele...<br/> Che Tu sia lodato, che hai redento Israele.}} Dio è la roccia di Israele — fermo, fidato, sicuro, potente, una vera [[w:Rocca di Gibilterra|Rocca di Gibilterra]]! Ma allo stesso tempo, il liturgista invoca questo Dio che è roccia di difendere e redimere Israele. Ciò indica che il contesto storico del passo è quello di Israele in esilio e in profonda sofferenza. La redenzione promessa non è ancora avvenuta, pertanto il salmista supplica che Dio possa redimere. Questa qualità di Dio come roccia è quindi più una speranza che una realtà. La storia di Israele suggerisce che Dio sia veramente una roccia redentrice, ma tale ricordo è in netto contrasto con la realtà corrente. Una pari tensione pervade l'uso della metafora di Dio come guaritore. Il Salmo {{passo biblico|Salmi|147:3}} afferma che Dio "risana i cuori affranti e fascia le loro ferite", attribuendo quindi a Dio poteri di guarigione sia medici che psicologici. Il Salmo {{passo biblico|Salmi|30:3}} personalizza le guarigioni di Dio: "Signore Dio mio, a te ho gridato e mi hai guarito." A volte Dio non guarisce ( o almeno non subito). "Abbi pietà di me, o Signore, perché sono sfinito; risanami, o Signore, perché le mie ossa sono tutte tremanti" (Salmo {{passo biblico|Salmi|6:2}}). Il profeta Geremia applica questa ambiguità al fato di Israele: {{q|Non v'è forse balsamo in Gàlaad?<br/> Non c'è più nessun medico?<br/> Perché non si cicatrizza<br/> la ferita della figlia del mio popolo?|Geremia {{passo biblico|Geremia|8:22}}}} In un altro contesto, il lamento di Geremia diventa una preghiera per la sua stessa guarigione: "Guariscimi, o Signore, e io sarò guarito, salvami e io sarò salvato, poiché Tu sei il mio vanto" (Geremia {{passo biblico|Geremia|17:14}}). Questa preghiera, nella forma plurale ("Guariscici"), è stata susseguentemente incorporata nella ''amidah'' quotidiana, dove viene recitata tre volte al giorno durante la settimana. Di nuovo, l'uso liturgico di tale metafora ha riflesso e quindi modellato la sensibilità ebraica per generazioni. Ogni Sabbath mattutino, durante il servizio di culto, lo ''[[w:Chazzan|chazan]]'' (cantore) della congragazione recita una preghiera per la guarigione degli infermi della comunità, che sono poi identificati per nome individualmente. Per l'ebreo, Dio ha il potere di sanare, anche se tale potere non è ancora manifesto nella vita del sofferente o nella storia ebraica. Una volta ancora, la nostra necessità umana di essere sanati è irta di ambiguità; a volte veniamo guariti, ma non sempre. ==Genitore== L'immagine di Dio che sostiene, protegge e guarisce viene concretizzata nella metafora di paternità. Abbiamo studiato precedentemente alcune di queste metafore ''paterne'', ma dobbiamo esaminarle ancora, questa volta da una prospettiva differente, leggermente più ambigua. L'ambiguità è multidimensionale. Tipicamente, in tutti i testi classici, il genitore è il padre. La nostra sensibilità moderna alle problematiche di genere (maschile o femminile?) ci dà la tentazione di sostituire "[[w:genitore|genitore]]" a "padre", dato che la genitorialità include sia padre che madre — ma nell'ebraico originale non ci sono dubbi: indica chiaramente "padre". Tale questione di genere è una delle ragioni dell'ambiguità che evoca questa metafora.<ref>Si veda Judith Plaskow, ''Standing Again at Sinai: Judaism from a Feminist Perspective'', Harper & Row, 1990, 141-142 e ''passim'', come da citazioni successive in questo capitolo.</ref> Una seconda ragione, più delicata, è che come ogni altra metafora, questa evoca echi differenti in differenti persone, a seconda dei nostri rapporti con i nostri padri (o madri), quasi sempre uno dei rapporti più complicati. Alcuni di noi hanno sentimenti inquietanti per i rispettivi genitori; altri hanno sentimenti di profondo affetto. La maggioranza di noi rientrano in entrambe le situazioni. Altri ancora sono in grado di distinguere tra genitori umani e genitore divino: Dio è il genitore che non abbiamo mai avuto o che desideravamo di avere. Dio è persino descritto come "padre degli orfani" (Salmo {{passo biblico|Salmi|68:6}}), padre dei senza padre, il padre idealizzato. Secondo tale modalità, Dio sembra apparire come il padre benevolo, amorevole. Il Salmo {{passo biblico|Salmi|103}} è un peana alla disponibilità da parte di Dio di perdonare i Suoi figli erranti: {{q|Come il cielo è alto sulla terra,<br/> così è grande la sua misericordia su quanti Lo temono;<br/> come dista l'oriente dall'occidente,<br/> così allontana da noi le nostre colpe.<br/> Come un padre ha pietà dei suoi figli,<br/> così il Signore ha pietà di quanti Lo temono.|Salmi {{passo biblico|Salmi|103:11-13}}}} I padri sono compassionevoli verso i propri figli, dice il salmo, ma notiamo l'ammonimento ripetuto due volte: "su quanti Lo temono". E quello che non Lo temono? La propagandata benevolenza di Dio dipende dal nostro "timore" di Dio. "Timere" non è forse qui la traduzione più accurata dell'originale ebraico; è qualcosa di più simile a "venerare"; tuttavia, il significato rimane lo stesso: la compassione di Dio non è incondizionata. La compassione paterna di Dio è condizionale perché anche la compassione paterna umana è condizionale. La genitorialità è complicata. Ovviamente i genitori amano i figli, ma la genitorialità richiede anche una sana dose di tutoraggio, giudizio e talvolta punizione. Un genitore che si rifiuta sistematicamente di punire un figlio turbolento fallisce come genitore. Le immagini divine che evidenziano la dura qualità di Dio sono comunemente attribuite a questa dimensione punitiva della Sua genitorialità. Tale percezione viene riflessa dalle prime parole del lungo poema liturgico citato precedentemente e recitato durante la stagione delle Grandi Festività. In tutto il poema, ci si rivolge a Dio con ''Avinu Malkenu'', "Padre nostro, nostre Re" (o, in modo più generico, "Nostro Genitore, nostro Sovrano"). La giustapposizione delle due metafore suggerisce che Dio si relaziona con noi simultaneamente in due modi: il primo, con compassione; il secondo, in giudizio. L'uno modera l'altro. La tensione persiste fino alla fine della preghiera: "Padre nostro, nostro Re! Sii benevolo con noi e rispondici, anche se siamo indegni; trattaci con compassione e bontà, e salvaci." La supplica sembra voler asserire che veniamo davanti a questo Genitore-Sovrano a mani vuote, ma non è certo così. In verità, veniamo davanti a Dio nella stagione della Grandi Fesitività con le promesse di perdono spesso ribadite da Dio, col merito dei nostri antenati che ci supporta, con le rassicurazioni che Dio è sempre disposto ad accettare un pentimento sincero. Qui, però, asseriamo che se Dio da Sovrano ci giudica, allora siamo perduti. Pertanto preghiamo che Dio lasci da parte la Sua natura sovrana e ci tratti con compassione paterna. E qui incontriamo la questione del sesso, del [[w:genere (linguistica)|genere]]. Alcuni di noi tendono a stereotipare i padri come severi e le madri come amorevoli e compassionevoli. Tale divisione del lavoro nella genetorialità non è quasi più attuale e,a volte come abbiamo visto, la punizione è espressione d'amore. Ma attribuire il genere femminile o femminilità a Dio era del tutto impensabile per i nostri antenati biblici (e successivi). Ciò che allora fecero fu di espandere la metafora della paternità ad includere anche una buona dose di quello che a loro sembrava appartenesse agli attributi della maternità. Avvenne solo molti secoli dopo che l'ebraismo sviluppasse un'immagine femminile completa di Dio nel concetto mistico di Dio come ''[[w:Shekhinah|Shekhinah]]'', la presenza divina immanente che pervade tutta la creazione e che è un nome femminile.<ref>Vedi [http://www.jewishencyclopedia.com/articles/13537-shekinah "Shekinah"], voce della ''[[w:Jewish Encyclopedia|Jewish Encyclopedia]]'' (1906); cfr. anche Giulio Busi, ''Simboli del pensiero ebraico'', Einaudi, 1999, ''ad hoc''.</ref> ==Linguaggio divino== Molte femministe ebree contemporanee sono state alquanto critiche delle immagini gerarchiche maschili/mascoline dominanti relative a Dio nei testi ebraici. Tale attacco ha preso due direzioni complementari: in primo luogo, un programma aggressivo di sostituzione dei pronomi maschili di Dio con forme di [[w:Genere dei sostantivi nella lingua italiana|genere]] neutro (ove grammaticalmente possibile) o anche esplicitamente femminile. Ci si riferisce ora a Dio con "Ella" o "Ella /Egli" o alternando "Egli" ed "Ella" in paragrafi differenti, oppure evitando di usare pronomi personali riferiti a Dio, che comunque in italiano è un sostantivo maschile. In ebraico vengono cambiati i pronomi della seconda persona, che differiscono a seconda se ci si rivolge ad un uomo (''atah'') o ad una donna (''at''), quando ci si rivolge a Dio. La seconda e più radicale strategia è quella di cercare metafore di Dio che sono percepite come esplicitamente femminili. Una delle più popolari è ''Mekor HaChayim'' — Dio è "la fontana di vita" o "la fonte di vita". Implicita nell'immagine è la nozione di Dio che dà alla luce il mondo. Altre metafore maggiormente radicali riflettono il senso di Dio come Dea. [[w:Judith Plaskow|Judith Plaskow]] cattura l'impulso di tali nuove metafore, che manifestano "un senso di fluidità, di movimento e di molteplicità, un intrecciare audace di esperienze femminili con immagini ebraiche, native americane e divine che dà a chi legge/sente un senso espanso di ciò che è possibile fare quando si parla di/a Dio."<ref>Judith Plaskow, ''Standing Again at Sinai: Judaism from a Feminist Perspective'', Harper & Row, 1990, 141 segg.</ref> Plaskow riconosce che Dio non è né maschile né femminile, ma insiste che simboli di questo tipo debbano essere presi seriamente, sebbene non letteralmente. Difende la femminizzazione radicale delle metafore di Dio: {{q|La Dea è, ovviamente, Dio, ma in un modo più chiaro e più potente. Non semplicemente una rielaborazione femminile della divinità maschile ma una potenza antica di per sé, riunisce in lei tutte le qualità e prerogative delle dee dai molti nomi. Ella è [[w:Asherah|Asherah]], [[w:Ištar|Ishtar]], [[w:Iside|Isis]], Afrekete, Oyo, Ezuli, [[w:Venerazione di Maria nella Chiesa cattolica|Maria]] e Shekhinah. È amante, creatrice, guerriera, garante di fertilità, legislatrice, vergine, madre e vegliarda.<ref>Judith Plaskow, ''Standing Again at Sinai: Judaism from a Feminist Perspective, cit.'', 146 segg.</ref>}} Non c'è da sorprenderci che lettori più tradizionalisti abbiano tacciato di paganesimo tutte queste proposte.<ref>Una forte critica della posizione di Plaskow è stata fatta da [[w:Cynthia Ozick|Cynthia Ozick]], "Notes toward Finding the Right Question", in [[:en:w:Susannah Heschel|Susannah Heschel]] (cur.), ''On Being a Jewish Feminist: A Reader'', Schocken Books, 1983. Per la risposta di Plaskow, si vedano pp. 149 segg. del suo libro.</ref> Il fulcro della critica femminista è la convinzione che il problema non sia soltanto di linguaggio. Il linguaggio che usiamo riflette e modella a sua volta il modo in cui costruiamo la nostra esperienza del mondo. Plaskow riconosce che tutte queste immagini di Dio sono elaborate metafore umane, ma le nostre metafore emergono da specifici contesti culturali e politici. Quando tali contesti cambiano, le vecchie metafore devono cambiare insieme a loro. {{q|Le metafore di Dio che una volta potevano essere avvincenti nonostante la loro risonanza politica – o grazie ad essa – non solo hanno perso la loro immediatezza e potenza, ma sono diventate moralmente sospette e inquietanti. Specialmente quelle immagini di Dio estratte dalla vita politica e famigliare sono cambiate nelle loro associazioni e significati, coi cambiamenti delle nuove prospettive relative all'ordine politico e famigliare. Tuttavia, quando le immagini diventano inadeguate socialmente, politicamente, o moralmente, allora diventano inadeguate anche religiosamente. Invece di puntare alla realtà di Dio ed evocarla, [tali immagini] bloccano la possibilità di un'esperienza religiosa.<ref>Judith Plaskow, ''Standing Again at Sinai: Judaism from a Feminist Perspective, cit.'', 135-136.</ref>}} La conclusione di Plaskow influenza le ipotesi generali di questo nostro studio. Tutte le nostre metafore relative a Dio sono designate a facilitarne la nostra esperienza, a rivelare Dio, ad aprirci gli occhi. Funzionano come un paio di occhiali. Mi è stata suggerita un'analogia del film ''[[w:Il mago di Oz (film 1939)|Il mago di Oz]]'', in cui [[w:Dorothy Gale|Dorothy]] deve indossare un paio di occhiali per poter vedere la città di Oz. A volte, tuttavia, dopo un cambiamento nelle condizioni culturali, invece di rivelare, le metafore accecano. E questo si può applicare a tutto. Alcuni hanno indicato per esempio, che la metafora di Dio come Re o Sovrano che pervade la liturgia della Grandi Festività ebraiche non funziona più per coloro che non vivono sotto una monarchia. Questo è precisamente la rimostranza delle femministe ebree. Rifiutano entrambe le metafore — la metafora del re a causa delle sue associazioni gerarchiche, e la metafora paterna perché esclude la loro esperienza distintivamente femminile. Il mondo è cambiato e quindi devono cambiare le immagini divine. L'intero problema è tuttora in fase "lavori in corso". I libri di preghiera delle ale più liberali della comunità religiosa hanno incorporato il processo meno radicale di utilizzare un linguaggio che rappresenti un Dio di "genere neutro". Più radicalmente, i libri di preghiera femministi hanno rimpiazzato le metafore mascoline con metafore femminine.<ref>La letteratura sul femminismo ebraico è vasta e in continua crescita. A parte Plaskow, si possono esaminare i testi di: Rachel Adler, ''Engendering Judaism: An Inclusive Theology and Ethics'', Jewish Publication Society, 1998, spec. Cap. 3 sulle immagini di Dio nella liturgia; Marcia Falk, ''The Book of Blessings: New Jewish Prayers for Daily Life, the Sabbath and the New Moon'', Harper, 1998, per la revisione femminista della liturgia ebraica.</ref> Ciononostante, e al di là della questione femminista, non c'è proprio nessuna ambiguità riguardo all'interessamento protettivo di Dio per Israele nell'omelia rabbinica su Esodo {{passo biblico|Esodo|14:19-20}}. Il passo biblico descrive come Dio protesse Israele dall'esercito egiziano in inseguimento, dopo l'esodo: "L'angelo di Dio, che precedeva l'accampamento d'Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro. Venne così a trovarsi tra l'accampamento degli Egiziani e quello d'Israele." Il midrash riporta: {{q|Come si spiega questo? È come un uomo che camminava per strada e spingeva suo figlio davanti. Quando dei ladroni arrivarono davanti per poter catturare il figlio, l'uomo prese suo figlio e dal davanti lo mise di dietro. Quando un lupo arrivò da dietro, egli prese suo figlio e dal di dietro lo mise davanti. Quando ladroni vennero davanti e lupi dietro, egli prese suo figlio tra le braccia. Quando il figlio iniziò a soffrire per il troppo sole, suo padre lo coprì col proprio mantello. Quando il figlio ebbe fame, egli lo nutrì. Quando ebbe sete, egli gli diede da bere.<ref>''[http://www.jewishencyclopedia.com/articles/10594-mekilta Mekhilta BaHodesh]'', Cap. 2.</ref>}} ==Insegnante== L'ebraismo è la religione centrata paradigmaticamente sul testo. La sostanza dei desideri di Dio per Israele e per il mondo sono incorporati in un libro. L'immediate implicazione di tale affermazione è che l'obbligo ebraico supremo è quello di studiare il libro. Lo studio diventa l'ingresso alla comprensione della volontà di Dio. Nessuna altra cultura esalta l'atto di studiare, lo studente e l'insegnante come fa l'ebraismo. Lo [[w:studio della Torah|studio della Torah]] è "confrontato e soppesato con tutti gli altri comandamenti" secondo la ''[[w:Mishnah|Mishnah]]'' (''Pe`ah'' 1:1), perché come facciamo a capire come osservare tutti gli altri comandamenti se non studiando la Torah? L'ebraismo è l'unica religione in cui lo studio è equivalente al culto. Il rinomato rabbino [[:en:w:Louis Finkelstein|Louis Finkelstein]] usava dire: "Quando prego, parlo a Dio; quando studio, Dio mi parla." E con le parole della liturgia: {{q|Benedetto sei Tu, Signore nostro Dio, Sovrano dell'universo... che ci comandò di studiare le parole della Torah. Possano le parole della Torah... essere dolci sulle nostre labbra e sulle labbra di tutto il Tuo popolo cosicché noi, tuoi figli, e tutti i figli della Casa di israele possano venire ad amarTi e a studiare la Tua Torah... Benedetto sei Tu, Signore, che insegna la Torah alla Casa di Israele.}} Da notare il tempo del verbo: Dio "'''insegna'''", non "ha insegnato", la Torah a Israele. Dio quindi è un insegnante non solo al Sinai, nell'antichità, ma anche oggi, e n on solo oggi ma anche nel mondo a venire. Le anime dei giusti che sono defunti vengono descritte come andate alla "[[w:yeshivah|yeshiva]] nell'Alto", dove Dio sarà il loro insegnante e chiarirà tutti gli enigmi della Torah che non furono mai esplicati mentre vivevano sulla terra.<ref>''Midrash [[:en:w:Tanhuma|Tanchuma]], Vayyiggash'', Cap. 12. Vedi anche ''[https://www.sefaria.org/Midrash_Tanchuma%2C_Vayigash.11.1?lang=bi&p2=&lang2=bi Sefaria: Midrash Tanchuma]'', testo {{he}}/{{en}}</ref> Dio come sposo, amante, genitore, guaritore, giudice e pastore sono tutte metafore alquanto convenzionali, ma Dio è anche insegnante! Tale immagine è molto suggestiva e unicamente ebraica. È inoltre significativamente libera dalle tensioni che pervadono le immagini positive di Dio studiate finora. Tuttavia, tali tensioni stanno anche al centro delle metafore negative di Dio, a cui ora passiamo. ==Note== <references/> {{Avanzamento|100%|21 agosto 2019}} [[Categoria:Non c'è alcun altro|Dio è Simpatico]] sbq4sfd52nkyrfww3p2fsp4scwrtf70 Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Sicilia/Libero consorzio comunale di Siracusa/Siracusa/Siracusa - Cattedrale metropolitana della Natività di Maria Santissima 0 44372 478459 397354 2025-07-05T21:30:14Z 93.35.50.252 Ho corretto la data di costruzione dello strumento 478459 wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} * '''Costruttore:''' Michele e Agostino Polizzi * '''Anno:''' 1914 * '''Restauri/modifiche:''' Bovelacci (2013-2015) * '''Registri:''' 37 * '''Canne:''' 2308 * '''Trasmissione:''' meccanica per le tastiere, pneumatica per registri e pedale * '''Consolle:''' fissa indipendente, in cantoria, rivolta verso l'abside * '''Tastiere:''' 2 di 58 note (''Do<small>1</small>''-''La<small>5</small>'') * '''Pedaliera:''' dritta di 27 note (''Do<small>1</small>''-''Re<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in corpo unico, sulla cantoria di sinistra dell'abside {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Principale || 16' |- |Principale || 8' |- |Principale II || 8' |- |Dulciana || 8' |- |Flauto || 8' |- |Gamba || 8' |- |Viola || 8' |- |Bordone || 8' |- |Unda maris || 8' |- |Violino || 4' |- |Flauto || 4' |- |Ottava || 4' |- |Silvestrina || 4' |- |Piccolo || 2' |- |Duodecima || 2.2/3' |- |Decimaquinta || 2' |- |Ripieno |- |Tromba || 8' |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''II - ''Espressivo''''' ---- |- |Principale || 8' |- |Flauto || 8' |- |Gamba || 8' |- |Voce celeste || 8' |- |Salicionale || 8' |- |Viola || 8' |- |Violino || 4' |- |Flauto || 4' |- |Ottava || 4' |- |Flautino || 2' |- |Decimaquinta || 2' |- |Ripieno |- |Oboe || 8' |- |Voci umane || 8' |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Pedale''' ---- |- |Contrabbasso || 16' |- |Bordone || 16' |- |Violone || 16' |- |Basso || 8' |- |Cello || 8' |- |} |} == Bibliografia == * {{cita libro|autore=Giuseppe Dispensa Zaccaria|titolo=Organi e organari in Sicilia dal '400 al '900|città=Palermo|editore=Accademia nazionale di scienze lettere e arti|anno=1988|isbn=no|p=76}} == Altri progetti == {{ip|preposizione=sulla|etichetta=cattedrale metropolitana della Natività di Maria Santissima a Siracusa}} {{Avanzamento|100%|22 ottobre 2019}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]] 7d8h1hrruhrgqivs69jpa3hdomq5aru 478460 478459 2025-07-05T21:31:39Z 93.35.50.252 Ho corretto la data finale del restauro. Lo strumento è stato inaugurato dopo il restauro il 30 aprile 2016 478460 wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} * '''Costruttore:''' Michele e Agostino Polizzi * '''Anno:''' 1914 * '''Restauri/modifiche:''' Bovelacci (2013-2016) * '''Registri:''' 37 * '''Canne:''' 2308 * '''Trasmissione:''' meccanica per le tastiere, pneumatica per registri e pedale * '''Consolle:''' fissa indipendente, in cantoria, rivolta verso l'abside * '''Tastiere:''' 2 di 58 note (''Do<small>1</small>''-''La<small>5</small>'') * '''Pedaliera:''' dritta di 27 note (''Do<small>1</small>''-''Re<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in corpo unico, sulla cantoria di sinistra dell'abside {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Principale || 16' |- |Principale || 8' |- |Principale II || 8' |- |Dulciana || 8' |- |Flauto || 8' |- |Gamba || 8' |- |Viola || 8' |- |Bordone || 8' |- |Unda maris || 8' |- |Violino || 4' |- |Flauto || 4' |- |Ottava || 4' |- |Silvestrina || 4' |- |Piccolo || 2' |- |Duodecima || 2.2/3' |- |Decimaquinta || 2' |- |Ripieno |- |Tromba || 8' |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''II - ''Espressivo''''' ---- |- |Principale || 8' |- |Flauto || 8' |- |Gamba || 8' |- |Voce celeste || 8' |- |Salicionale || 8' |- |Viola || 8' |- |Violino || 4' |- |Flauto || 4' |- |Ottava || 4' |- |Flautino || 2' |- |Decimaquinta || 2' |- |Ripieno |- |Oboe || 8' |- |Voci umane || 8' |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Pedale''' ---- |- |Contrabbasso || 16' |- |Bordone || 16' |- |Violone || 16' |- |Basso || 8' |- |Cello || 8' |- |} |} == Bibliografia == * {{cita libro|autore=Giuseppe Dispensa Zaccaria|titolo=Organi e organari in Sicilia dal '400 al '900|città=Palermo|editore=Accademia nazionale di scienze lettere e arti|anno=1988|isbn=no|p=76}} == Altri progetti == {{ip|preposizione=sulla|etichetta=cattedrale metropolitana della Natività di Maria Santissima a Siracusa}} {{Avanzamento|100%|22 ottobre 2019}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]] 9vu5f56ev8t3hspdvht60ke1t5w7v82 Pluralismo religioso in prospettiva ebraica/Pluralismo, giustificazione, politica 0 48055 478453 441291 2025-07-05T20:04:24Z 95.232.204.223 Corretto: "Israele" 478453 wikitext text/x-wiki {{Pluralismo religioso in prospettiva ebraica}} {{Immagine grande|12 tribes clock in the western wall.jpg|550px|<small>Orologio scolpito in ceramica, di Michael Silverstone. L'orologio, appeso sul [[w:Muro Occidentale|Muro Occidentale]], mostra i simboli delle [[w:Dodici tribù di Israele|Dodici tribù di Israele]]: Reuven, Shimon, Levi, Judah, Issachar, Zabulon, Dan, Neftali, Gad, Asher, Joseph e Binyamin. Al centro dell'orologio c'è un rilievo del Tempio e del Monte del Tempio.</small>}} = Pluralismo religioso, giustificazione e politica = == Ebraismo e pluralismo religioso == Le prime due sezioni forniscono molti dati storici per illustrare la mia posizione secondo cui non possiamo parlare di "religione" in termini generali astratti. È solo quando comprendiamo una tradizione religiosa nei suoi propri termini che possiamo iniziare a sviluppare una prospettiva sul ruolo della religione nella vita contemporanea. Allora cosa può dirci la storia dell'ebraismo sul problema dell'omogeneizzazione globale della cultura? Nell'ultima sezione di questo studio, rifletto sui dati storici da una prospettiva teologica. In qualità di teologo ebreo, considero tutte le fonti sacre dell'ebraismo (comprese quelle bibliche, rabbiniche, filosofiche e mistiche) come la fonte da cui attingo la saggezza che mi permette di dare un senso alla vita e di rispondere alle sfide contemporanee, compresa la sfida della globalizzazione. Parlando sulla base delle fonti dell'ebraismo, offro alcune riflessioni sulla sfida della globalizzazione non come conclusioni precise e argomentate in senso stretto, ma come suggerimenti per un'ulteriore riflessione. == Il pluralismo è un bene umano == L'esperienza storica del popolo ebraico insegna la necessità di proteggere l'unicità dei gruppi e degli individui dalle richieste di omogeneizzazione. Nel loro rifiuto di principio di essere qualcosa di diverso da quello che sono, gli ebrei nel corso dei secoli in effetti hanno detto "rispetta la nostra differenza; permettici di essere chi siamo; non assimilarci alla tua autocomprensione; non imporci i tuoi valori, credenze, sensibilità e rituali, perché non siamo te". Nella loro presenza persistente e nei loro intensi dibattiti interni, gli ebrei sono una testimonianza del valore del pluralismo sia nei confronti delle altre tradizioni sia all'interno dello stesso ebraismo. Pertanto, io sostengo che '''il pluralismo è di per sé un bene''': una società che ammette la diversità religiosa è migliore di una società in cui solo una visione o una prospettiva può fiorire. Questo messaggio è particolarmente rilevante oggi in un mondo che sta diventando sempre più omogeneo, dove le differenze culturali sono state offuscate e le culture locali e le tradizioni religiose sono a rischio di estinzione. La storia degli ebrei ci suggerisce che ogni volta che viene permesso a una sola forma di autoespressione umana (sia essa religiosa o secolare) di fiorire, ne deriva necessariamente ingiustizia, perché altre forme devono essere oppresse, emarginate o cancellate. La stessa tenacia del popolo ebraico rappresenta una sfida contro l'uniformità e il conformismo. Lo stesso vale per l'ebraismo stesso. Gli ebrei moderni devono ricordarsi che l'ebraismo tradizionale non è mai stato monolitico, anche se fino al periodo moderno gli ebrei hanno accettato la versione rabbinica come normativa. Gli ebrei sono stati in disaccordo sul significato dell'ebraismo anche nel periodo premoderno: nel X secolo i [[w:Caraiti|Caraiti]] sfidarono l'autorità dei rabbini e nel XIII secolo i filosofi discussero il vero significato del monoteismo ebraico. Le pratiche non meno delle credenze furono oggetto di accesi dibattiti, specialmente quando ebrei di diverse regioni furono costretti a convivere a causa di espulsioni e migrazioni. La diversità ebraica interna è stata intensificata nel periodo moderno perché nessun ente comunitario ha alcuna autorità sugli ebrei. Pertanto, qualsiasi tentativo di rendere una versione dell'ebraismo l'unica versione "autentica" è storicamente, teologicamente e politicamente discutibile. Storicamente, nega l'effettiva pluralità di opinioni nell'ambito dell'ebraismo; teologicamente è, almeno a mio avviso, una lettura errata del monoteismo ebraico; e politicamente, porta alla coercizione religiosa in cui gli ebrei commettono ingiustizie gli uni contro gli altri. La coercizione religiosa è in conflitto non solo con il principio democratico della libertà di pensare e di credere, ma anche con alcuni dei più profondi insegnamenti religiosi dell'ebraismo che consigliano pace, tolleranza, rispetto e amore per l’''Altro''. Imporre una sola interpretazione dell'ebraismo, escludendo tutte le altre, è un grave errore. == Giustificazioni religiose per il pluralismo == Il mio sostegno al pluralismo religioso e all'opposizione alla coercizione religiosa (tra ebrei e non ebrei, o tra ebrei) può sembrare contrario alle affermazioni del monoteismo. Dal momento che il monoteismo, dopo tutto, afferma l'esistenza di un solo Dio, lo stesso monoteismo ebraico non legittima forse la lotta contro gli "dèi contendenti"? Non a mio modesto parere. Il monoteismo ebraico, per come lo intendo io, è compatibile con il pluralismo perché afferma che la vera unità appartiene solo a Dio e non agli esseri umani, nemmeno agli esseri umani che parlano in nome di Dio o di una verità assoluta. L'unità e la verità appartengono a Dio perché Dio è il Creatore di tutte le cose e tutte le cose alla fine devono la loro esistenza a Dio. Poiché l'ordine creato, per definizione, è governato dalla molteplicità e non dall'unità, qualsiasi tentativo delle creature di imporre l'uniformità di una visione singolare nel mondo creato significa fingere impropriamente di essere Dio, conoscere la mente di Dio e dire la verità di Dio come Dio la conosce. Questo, credo, è il segno dell'arroganza umana, l’''[[w:hybris|hybris]]'' che è alla base di tanti conflitti etnici, politici e religiosi nella società umana. Tale ''hybris'' si basa sull'idea errata che gli esseri umani possano, in linea di principio, possedere l'intera verità. Ma la verità divina è infinita; non può mai essere esaurita da una sua versione umana. La verità divina è sempre più grande, più profonda, più complessa e più sottile di quanto qualsiasi prospettiva umana possa esprimere. Quando gli esseri umani cercano di "giocare a fare Dio", danno necessariamente a ciò che è finito, parziale e incompleto lo status di infinito, pieno e completo. In altre parole, se permettiamo a una sola versione parziale della verità infinita di dominare tutte le altre, propaghiamo necessariamente l'errore e commettiamo ingiustizia opprimendo, emarginando o cancellando altre visioni della realtà. Qualsiasi forma di coercizione ideativa (religiosa o secolare) ignora anche un'altra profonda intuizione del monoteismo ebraico: la convinzione che tutti gli esseri umani siano creati a immagine divina. Nonostante le differenze radicali tra il creato e il Creatore, il monoteismo ebraico afferma che gli esseri umani sono, in un certo senso, come Dio. Indipendentemente da come interpretiamo il significato dell'"immagine divina" (ad esempio, come l'anima umana, l'intelletto umano da solo o qualche valore umano intrinseco), la convinzione che tutti gli esseri umani siano creati da Dio a Sua immagine rende qualsiasi tentativo di diminuire l'umanità di un'altra persona o di un altro gruppo un peccato contro Dio. La disumanizzazione degli altri, attraverso la coercizione, l'oppressione, lo sfruttamento, l'abuso, la tortura o l'emarginazione, sono tutti reati contro l'aspetto divino della natura umana. Gli esseri umani commettono tali reati proprio perché gli esseri umani non sono Dio. La storia della razza umana è stata quindi piena di guerre, conflitti, sofferenze, torture e ingiustizie, perché noi tutti non siamo riusciti a essere all'altezza dell'aspetto divino in noi, sebbene possiamo parlare in nome della verità assoluta, dei testi sacri, e autorità religiose. È solo quando ricordiamo che tutti gli esseri umani sono creati a immagine di Dio che possiamo iniziare a onorare le differenze e rispettare l’''alterità'' di coloro che sono diversi da noi. Molta intolleranza religiosa nel corso dei secoli è stata commessa in nome dello status divinamente rivelato di certe affermazioni di verità. Presumibilmente, una data tradizione religiosa, o una sua interpretazione, ha uno status assoluto perché è rivelata da Dio. Ma io sostengo che una lettura pluralistica del monoteismo ebraico sia compatibile con la fede nella rivelazione divina perché, come disse [[w:Abraham Joshua Heschel|Abraham Joshua Heschel]], "l'ebraismo si basa su un minimo di rivelazione e un massimo di interpretazione, sulla volontà di Dio e sulla comprensione di Israele".<ref>Si veda lo stupendo libro di Abraham Joshua Heschel, ''God in Search of Man: A Philosophy of Judaism'' (Farrar, Straus and Giroux, 1955), qui a p. 274.</ref> Seguendo l'interpretazione di [[w:Martin Buber|Martin Buber]] riguardo alla rivelazione divina come risposta umana alla presenza di Dio, anch'io insisto sul fatto che si può accedere alla rivelazione divina solo attraverso l'interpretazione. Ma quest'ultima, ahimè, è un'attività umana soggetta ad ambiguità e opacità, che necessariamente sfociano nella diversità. Gli stessi rabbini erano consapevoli di questo principio quando distinguevano tra ciò che viene da Dio e ciò che è regolamentato dagli esseri umani. Le risposte alla presenza di Dio sono sempre parziali, incomplete e fallibili. L'ebraismo ha potuto evolversi nel corso dei secoli attraverso l'attività dell'interpretazione, che ha dato origine a diverse visioni della verità infinita. Qualsiasi tentativo di arrestare il processo, sostenendo che una sola lettura dell'ebraismo è la versione esclusiva e autentica, in effetti vuol dire minare una delle principali fonti di sopravvivenza e vitalità ebraica. L'ebraismo continuerà a crescere e rispondere alle sfide future solo se l'interpretazione sarà mantenuta viva, determinando, a sua volta, un pluralismo di opinioni e pratiche. Finora ho sostenuto che la pluralità di punti di vista, prospettive e pratiche, è essa stessa un segno dell'ordine creato. Nell'ordine creato le cose sono quello che sono perché limitate da confini che segnano l'identità: per essere qualcosa, una cosa deve essere distinta da ciò che non è. L'affermazione del sé, quindi, implica necessariamente l'affermazione dell’''alterità''. Vi è un'ampia ricerca psicologica, soprattutto da parte dei cosiddetti psicologi della "[[w:object relations theory|relazione oggettuale]]", per supportare questa affermazione. Nell'ebraismo, la necessità dei confini è trasmessa nella narrativa biblica della creazione. Nella Genesi, il mondo è nato come un atto di separazione di elementi l'uno dall'altro: i cieli sono separati dalla terra, l'acqua dalla terraferma, la vegetazione dalla vita animale e gli esseri umani dagli animali. La creazione, quindi, non è rappresentata come un atto di portare l'esistenza dalla non-esistenza, ma come un atto di porre limiti, delineare confini e affermare differenze. La dottrina religiosa della creazione sancisce la differenza. La dottrina della creazione (da non confondere con il [[w:creazionismo|creazionismo]]) è alla base della visione ebraica della realtà.<ref>Si veda Norbert Samuelson, ''Judaism and the Doctrine of Creation'' (Cambridge University Press, 1997).</ref> Dalla separazione tra il Creatore e il creato, il divino e l'umano, o Dio e natura, attraverso la separazione tra il santo e profano, il permesso e il proibito, fino alla separazione tra Israele e le nazioni, l'ebraismo afferma esplicitamente la necessità di confini e l'istituzione di differenze. I numerosi comandamenti riguardo al tempo, al luogo, alle relazioni sociali, al corpo e ai rituali religiosi, illustrano tutti la centralità dei confini nell'autocomprensione ebraica. Allo stesso tempo, la condotta peccaminosa è vista in termini di attraversamento o offuscamento dei confini stabiliti dalla rivelazione divina (che si accorda coi principi che hanno informato l'atto di creazione iniziale da parte di Dio). Mettere le cose a parte, separarle tra loro e trattarle secondo il loro giusto status è al centro della condotta religiosa ebraica. Tuttavia i confini, come abbiamo visto nella rassegna storica del passato ebraico, non escludono l'interazione. Mi sia consentito di esplorare questa idea su basi teologiche. In un sistema di credenze basato sulla creazione, cosa potrebbe esserci di più ''altro'' di Dio? Il monoteismo ebraico afferma che il Dio Creatore è l’''Altro Totale'', il Quale è diverso da qualsiasi altra cosa. Nel Medioevo, i filosofi ebrei spiegarono ulteriormente come l'unicità di Dio sia diversa dall'unità delle cose discrete e come Dio sia unico e inconoscibile. Nonostante la differenza radicale tra Dio e il mondo creato, il Dio dell'ebraismo non è solo trascendente ma anche imminente nel mondo che Egli ha creato. Dio è presente in qualche modo sia nel mondo naturale che nella storia umana, in modo tale che è possibile una relazione con il Dio Creatore. Inoltre, la convinzione che Dio abbia rivelato la Sua volontà nella forma della Torah è il modo in cui l'ebraismoo rende chiaro che gli esseri umani possono interagire con Dio. In altre parole, anche la differenza radicale, come la differenza tra Dio e gli esseri umani creati, non esclude la relazione, il rapporto con Dio. Infatti, nel filone mistico dell'ebraismo, la ''[[w:Cabala ebraica|Kabbalah]]'', l’''alterità'' di Dio richiede l'interazione con la realtà non-divina, in particolare gli esseri umani. Secondo la ''Kabbalah'', l'imperfezione e la disarmonia non sono solo il segno dell'ordine creato, ma sono anche una caratteristica della realtà divina. Ed è solo lo sforzo congiunto di Dio e degli uomini che può redimere la realtà (individuale, sociale, cosmica e divina) dalla sua imperfezione intrinseca. Ma non è necessario consultare alla ''Kabbalah'' per trovare l'insistenza ebraica sull'interdipendenza tra Dio e l'umanità; è una caratteristica fondamentale della comprensione ebraica del culto religioso. Eppure tutte le versioni della teologia ebraica insistono sul fatto che la redenzione appartiene al remoto futuro dell'[[w:Messia nell'ebraismo|Era Messianica]] e non al presente. L'ideale non può essere realizzato nel tempo-spazio; può solo essere approssimato.<ref>Questa interpretazione dell'ideale messianico ebraico si ritrova nelle idee di [[w:Hermann Cohen|Hermann Cohen]], filosofo ebreo tedesco neokantiano, e dei suoi seguaci del XX secolo. L'argomentazione più appassionata a favore dell'interpretazione prescrittiva del messianismo ebraico fu proposta da [[:en:w:Steven Schwarzschild|Steven Schwarzchild]], in particolare il suo "On Jewish Eschatology", in ''The Pursuit of the Ideal: Jewish Writings of Steven Schwarzchild'', Menachem Kellner, cur. (SUNY Press, 1990), 209–28.</ref> Il culto ebraico in tutte le sue diverse forme è quindi uno sforzo continuo per raggiungere la vicinanza a Dio pur riconoscendo che, fino all'Era Messianica, tale vicinanza è nel migliore dei casi momentanea e temporanea. Anche un'esperienza mistica, che alcune personalità di spicco chiaramente aspiravano a raggiungere, non può superare i limiti dell'ordine creato. Fino all'Era Messianica, gli ebrei vivono in un mondo irredento, sebbene non irredimibile. L'azione ebraica nell'ordine spazio-temporale creato è orientata a rendere il mondo un posto migliore in cui vivere perché è più adatto alla presenza di Dio. L'azione ebraica nella sfera morale-sociale – come nutrire gli affamati, vestire gli ignudi e prendersi cura dei malati – non può di per sé redimere il mondo, perché l'azione umana è, per definizione, parziale, limitata e incompleta. Questo è il motivo per cui gli ebrei non potevano e non possono accettare le affermazioni del cristianesimo e perché tutti i contendenti messianici nella storia ebraica hanno dimostrato di essere falsi messia. Che la realtà umana non sia ancora redenta è suggerito anche dal fallimento del Sionismo moderno e delle ideologie secolari, come il socialismo, nel liberare gli ebrei e/o l'umanità dalla condizione di imperfezione. Tutte le agende utopiche, che affermano il successo nel qui e ora, si dimostreranno un fallimento nell'ordine creato. Da una prospettiva ebraica, costituiscono una forma di idolatria. Se è così, allora il divino deve rimanere un ideale che ispira gli esseri umani a essere migliori, non un ideale già realizzato nel tempo-spazio. == Religione e potere politico == La pluralità di visioni, prospettive e pratiche religiose è quindi il segno di un mondo irredento, un mondo governato dalla finitezza, dall'incertezza e dall'ambiguità piuttosto che dall'uniformità trionfalista. In pratica, pluralismo significa che gli individui, i gruppi sociali e le nazioni devono imparare a limitare il loro appetito di potere e frenare il loro desiderio di dominio o espansione. Chiedere agli umani di esercitare l'autocontrollo in modo che altri possano esistere, è chiaramente nell'interesse dei deboli. In effetti, sostengo i limiti al potere proprio perché ho familiarità con l'impotenza politica degli ebrei protrattasi per due millenni. Ma che dire di coloro che già possiedono il potere? Possono rinunciarci volontariamente per accogliere il pluralismo? L'esperienza ebraica nella storia può essere utilizzata come base per riflessioni sul significato del potere politico. Come tutte le cose nell'ordine creato, il potere politico è nella migliore delle ipotesi temporaneo, se non del tutto illusorio. Imperi, stati, governi, burocrazie e istituzioni sociali vanno e vengono, soggetti al processo di cambiamento; nessuno rimane potente per sempre. La lezione della storia, in particolare della storia ebraica, è che il più delle volte è nell'interesse dei temporanei potenti permettere all’''Altro'' non solo di esistere ma di prosperare. Sulla base della storia ebraica, si può sostenere validamente che una struttura politica in cui le differenze possono essere espresse piuttosto che schiacciate durerà più a lungo di una in cui viene applicata l'uniformità. Ma per consentire l'esistenza di gruppi diversi è necessario che i membri di un sistema politico creino leggi e strutture politiche che frenino il potere dello stato o del governante. Il potere limitato, come viene sostenuto dalla visione democratica, non può essere stabilito semplicemente attraverso l'autocontrollo da parte dei potenti; richiede leggi per far rispettare e proteggere gli interessi dei deboli. La storia degli ebrei coglie la problematica relazione tra pluralismo e potere politico. Da un lato, la cultura ebraica potrebbe prosperare senza potere politico, specialmente quando gli ebrei vivevano in comunità multietniche e multireligiose. Ma d'altra parte, l'impotenza politica ebraica comportava anche un prezzo elevato: non solo gli ebrei indifesi potevano essere una facile preda dei loro nemici, ma gli ebrei potevano facilmente perdere anche autostima e orgoglio e incorporare la percezione negativa degli altri nella loro propria comprensione di sé. Il persistente odio per se stessi degli ebrei è uno dei costi pesanti che gli ebrei hanno pagato per la loro impotenza. La riconquista del potere politico è stata, quindi, una necessità per gli ebrei nel periodo moderno. Nello Stato di Israele, come abbiamo visto, gli ebrei hanno dovuto fare i conti con la presenza di una grande minoranza araba, essa stessa religiosamente diversificata, come anche con la bruciante auto-definizione nazionalista della popolazione araba. Le vittime del passato ora possiedono un potere politico, che può essere usato giustamente o ingiustamente. Essere una vittima in passato non preclude di essere un persecutore nel presente. L'occupazione dei territori che Israele conquistò nel 1967 in una guerra imposta dai vicini arabi, ha posto la sfida più difficile per gli ebrei. Abusi di potere, che hanno solo galvanizzato il nazionalismo palestinese, hanno seriamente danneggiato l'integrità morale degli israeliani. Questa lezione è ora compresa da segmenti più ampi della società israeliana, ed è possibile che, sotto l'attuale governo, la strada sarà spianata per separare le due nazioni in modo che Israele non opprima i palestinesi e i palestinesi, a loro volta, non tentino di minare l'esistenza di Israele. Come realizzare questa separazione politica è davvero molto complicato, ma credo che, in linea di principio, sia la definizione di confini chiari che possa portare alla fine di abusi e discordie. L'altra sfida al moderno Stato di Israele riguarda la natura della democrazia. Nel mondo premoderno, il pluralismo religioso poteva talvolta essere mantenuto all'interno di una struttura gerarchica. Ogni minoranza religiosa poteva comportarsi secondo le proprie leggi con lo status personale dell'individuo derivato dall'appartenenza a un gruppo religioso ben definito. Sebbene le gerarchie siano compatibili con il pluralismo religioso, è importante ricordare che la minoranza è sempre vista come inferiore (sia in teoria che in pratica) e che è proprio quell'inferiorità che i moderni principi democratici hanno messo in discussione. Sebbene la democrazia possa essere più ''giusta'' in teoria, la democrazia (almeno nella particolare versione dell'Illuminismo europeo) mina anche l'auto-definizione del gruppo. Questa è stata la lezione dell'Emancipazione degli ebrei, che ci si aspettava che si disintegrassero come gruppo una volta ottenuta la cittadinanza in una democrazia moderna. Il modo in cui i gruppi religiosi possono continuare a mantenere le loro differenze in una struttura democratica è la sfida del ventunesimo secolo. La soluzione americana al problema era la separazione tra stato e religione, ma quel modello stesso emerse da una concezione cristiana della religione che non è coerente con la struttura corporativa di altre religioni come l'ebraismo. Tuttavia, gli ebrei di fatto sono riusciti a prosperare nel mondo moderno, specialmente in America, resistendo in parte all'assimilazione totale a causa dell'esistenza dello Stato di Israele. Nello Stato di Israele, la tensione tra pluralismo democratico ed ebraismo tradizionale si fa ora sentire più acutamente, sia nell'interazione tra le varie fazioni in Israele sia nei confronti della minoranza araba. Israele è ora una casa divisa e solo il tempo dirà se riuscirà ad articolare una visione pluralistica che consenta a diverse interpretazioni dell'ebraismo di coesistere insieme alle minoranze cristiane e islamiche. Vorrei ora esplorare come questa sfida potrebbe essere affrontata sulla base degli insegnamenti religiosi dell'ebraismo. == I limiti del pluralismo == Se il pluralismo esprime una verità radicata sulla condizione umana, significa che il pluralismo è un valore assoluto? Non credo proprio. Il pluralismo è un bene strumentale, ma non un bene assoluto. Sebbene un mondo che consente più visioni, modi di vita e abitudini del cuore sia migliore di un mondo in cui ciò non è consentito, questo non significa che il pluralismo debba essere illimitato. Il pluralismo è limitato dalla moralità e dalla verità. Le opinioni o le pratiche che chiedono espressamente l'eliminazione dell’''Altro'' (come il nazismo invocava lo sterminio degli ebrei) o la sottomissione dell’''Altro'' (come hanno sostenuto le ideologie razziste negli Stati Uniti e nell'[[w:apartheid|apartheid]] del Sud Africa) sono entrambe moralmente sbagliate e false. Sono moralmente sbagliate perché compromettono (come minimo) l'umanità di coloro che sono dichiarati inferiori, e ciò che affermano sull’''Altro'' per legittimare la discriminazione e l'oppressione è di fatto falso (cioè, gli ebrei non sono una specie subumana; i neri non sono in natura inferiori ai bianchi). Dichiarare falso un dato punto di vista implica che il valore di verità di varie affermazioni, comprese quelle pronunciate in nome di Dio, può essere messo in discussione da esseri umani razionali. Il pluralismo non significa che gli esseri umani debbano rinunciare alla loro capacità di esprimere un giudizio su varie affermazioni di verità. Questo non è per glorificare la razionalità umana né per equiparare l'umanità alla capacità di pensare. Piuttosto, significa che gli esseri umani hanno la responsabilità di impiegare la loro capacità di pensare e di non accettare certi insegnamenti come veri quando sono palesemente falsi. L'obbligo di esercitare la razionalità è acuto nella nostra generazione a causa della proliferazione di pubblicità sofisticate che manipolano facilmente i limiti umani. Come i nazisti capirono così bene, manipolare l'opinione pubblica e creare falsi miti è diventato molto più facile con i progressi tecnologici del ventesimo secolo. L'orrenda storia del razzismo, di cui gli ebrei sono stati vittime importanti, anche se non le uniche, impone agli esseri umani l'obbligo di distinguere tra verità e false affermazioni in modo da proteggere la dignità e il valore intrinseci della persona. Il pluralismo, quindi, non deve sfociare in un relativismo epistemico. Per quanto difettoso e limitato, il ragionamento umano può stabilire una ragionevole separazione tra ciò che è vero e ciò che è falso in un ampio segmento dell'esperienza umana. La dipendenza dalla ragione è stata la principale strategia di autodifesa che gli ebrei hanno impiegato nelle loro polemiche contro i non ebrei; dovrebbe ora essere impiegato nelle polemiche ebraiche interne. == Ebraismo e le sfide della globalizzazione == Dove ci lascia tutto questo per quanto riguarda la globalizzazione? Con i progressi tecnologici del ventunesimo secolo e la rottura dei confini nazionali, il nostro mondo è diventato sempre più piccolo, costringendo gruppi, ideologie e tradizioni a venire a patti tra loro. La contrazione del mondo e la proliferazione di sofisticate tecnologie ci rendono tutti più vulnerabili ai conflitti che potrebbero facilmente distruggere non solo le parti in lotta ma anche ampi segmenti della popolazione mondiale — così come l'ambiente fisico che rende possibile la vita su questo pianeta. La globalizzazione sarebbe un processo positivo che porta alla pace nel mondo solo se consentisse la diversità, solo se consentisse il pluralismo di opinioni, stili, culture, ideologie e pratiche. Preservare le differenze può essere compatibile con l'ascoltarsi l'un l'altro, onorare le differenze e permettere all’''Altro'' di prosperare, se lo desideriamo. Ma per farlo, religioni, nazioni, ideologie e individui dovranno esercitare la virtù dell'autocontrollo. Dovranno limitare la portata delle loro affermazioni senza rinunciare alla propria identità. Facendo umilmente i conti con i limiti dell'esistenza umana creata ed evitando la tentazione dell'arroganza, dobbiamo permettere a coloro che sono diversi da noi non solo di esistere accanto a noi ma anche di prosperare. Nel mondo creato, finito, incompleto e irredento, non abbiamo altra scelta che seguire le parole di {{passo biblico2|Levitico|19:18}}: "אָהַבְתָּ לְרֵעַךָ כָּמוֹךָ בַּתּוֹרָה – ''ve-ahavta le-reakha kamokha'' (amerai il prossimo tuo come te stesso)". Ma per amare l’''Altro'' e fare dell’''Altro'' nostro fratello, dobbiamo prima sapere chi siamo. Per me, in quanto ebreo, storico dell'ebraismo e teologo ebreo, questa conoscenza deriva dall'affermazione del legame con il passato, in particolare il passato del popolo ebraico. È come ebreo che parlo contro i pericoli che confrontano un mondo governato da corporazioni transnazionali la cui preoccupazione principale è la massimizzazione del profitto. Il mondo transnazionale sarà, molto probabilmente, meno incline alle guerre globali (poiché mettono a repentaglio gli interessi delle multinazionali) ma è anche un mondo in cui la diversità umana è seriamente minacciata poiché i costumi, le tradizioni e le sensibilità locali vengono cancellati nel nome del materialismo corporativo. In questo ambiente, essere umani è equiparato al possesso di beni materiali da cui trarre conforto e piacere. Questa è un'interpretazione pericolosamente semplicistica di "umano" contro la quale l'ebraismo, così come altre tradizioni religiose, parlano più energicamente. L'ebraismo ci ricorda che, sebbene i piaceri del corpo siano buoni di per sé, non devono essere trasformati nel fine ultimo della vita umana. La nostra piena umanità può essere espressa non quando perseguiamo esclusivamente piaceri materiali, ma quando ci dedichiamo all'adorazione di Dio all'interno del quale la gioia corporea ha un posto legittimo. Poiché in passato l'ebraismo ha detto la verità alle potenze terrene, ora deve dire la verità alle multinazionali, resistendo alla loro campagna d'imporre al villaggio globale una forma superficiale di "felicità" incentrata sulle merci. L'ebraismo può e deve ricordare a tutti noi che il benessere umano implica molto più del comfort materiale e che né il profitto né l'efficienza sono valori umani ultimi. L'ebraismo e altre tradizioni religiose, ognuna nel suo modo unico, ci ricordano da dove veniamo e in cosa consiste la vita umana. Ricordiamoci queste lezioni mentre ci muoviamo per affrontare le sfide del "momento globale". ==Note== <references/> {{Avanzamento|100%|27 gennaio 2021}} [[Categoria:Pluralismo religioso in prospettiva ebraica|Pluralismo, giustificazione, politica]] 1hutopisp4cdzayk3i0gj8u0mik06no Storia intellettuale degli ebrei italiani/Spazio allegorico 0 49642 478464 474821 2025-07-06T10:59:00Z Emme17 25021 corretto errore di battitura 478464 wikitext text/x-wiki {{Storia intellettuale degli ebrei italiani}} {{Immagine grande|Afbeeldinge van den Tempel Solomonis.jpg|530px|'''Fig. 1''' — ''[[w:Tempio di Salomone|Tempio di Salomone]]'', incisione di [[:en:w:Judah Leon Templo|Jacob Judah Leon]], 1665}} [[File:Holman The Tabernacle in the Wilderness.jpg|thumb|240px|<small>Il [[w:Tabernacolo (ebraismo)|Tabernacolo]] nel deserto (illustrazione dalla Bibbia Holman (1890)</small>]] [[File:Stiftshuette Modell Timnapark.jpg|thumb|240px|<small>Modello del Tabernacolo trasportabile, ricostruito nel Parco Timna di Israele</small>]] [[File:Tabernacle Mishkan Tent.jpg|thumb|240px|<small>Tabernacolo nel deserto (Tenda Mishkan)</small>]] [[File:Tabernacle-view.jpg|thumb|240px|<small>Modello dell'area del Tabernacolo in forma di [[w:Tenda (abitazione)|tenda]]</small><ref>[http://www.jewishencyclopedia.com/articles/14184-tabernacle Articolo ''s.v.'' "Tabernacle"], su ''[[w:Jewish Encyclopedia|Jewish Encyclopedia]]''.</ref>]] [[File:The works of Josephus (1683) (14781191601).jpg|thumb|240px|<small>''Il Tabernacolo'', incisione del 1683</small>]] [[File:Tabernaclè avec Ses Couvertures. Carte du voïage des Israëlites. xviie siècle.JPG|thumb|240px|<small>Tabernacolo con copertura, incisione di Jean-Baptiste Liébaux (XVII sec.)</small>]] [[File:Figures The erection of the Tabernacle and the Sacred vessels.jpg|thumb|240px|<small>Erezione del Tabernacolo e preparazione degli arredi, in {{passo biblico2|Esodo|40:17-19}} (illustrazione da ''Figures de la Bible'', 1728)</small>]] [[File:Holy of Holies 2014-07-06 00-28.jpg|240px|thumb|<small>Rappresentazione tridimensionale moderna del ''Sancta Santorum''</small>]] [[File:Modern document hypothesis.svg|thumb|240px|<small>Schema dell'"[[w:Ipotesi documentale|ipotesi documentale]]" o "teoria delle quattro fonti" della [[w:Tōrāh|Tōrāh]].<br />'J': ''[[w:tradizione jahvista|tradizione jahvista]]''<br />'E': tradizione ''Elohista''<br />'D': tradizione ''Deuteronomista''<br />'P': tradizione ''Codice Sacerdotale''<br />'R': "Redattore" che ha compilato le fonti<br />* include la maggior parte del Levitico<br />† include la maggior parte del Deuteronomio<br />‡ "'''D'''euteronomic '''H'''istory ''(Storia deuteronomica)''": [[w:Libro di Giosuè|Giosuè]], [[w:Libro dei Giudici|Giudici]], [[w:Libri di Samuele|Samuele 1&2]], [[w:Libri dei Re|Re 1&2]]</small>]] = Spazio allegorico e spazio geometrico: Rappresentazioni del Tempio di Gerusalemme nelle opere di autori ebrei italiani = Le riserve espresse nella Bibbia e rafforzate nella letteratura normativa ebraica sulla rappresentazione divina hanno limitato in modo significativo la produzione di immagini nel mondo ebraico.<ref>Sulla nozione di "immagine" nella tradizione ebraica, si vedano J. Gutmann, cur., ''No Graven Images: Studies in Art and the Hebrew Bible'' (New York: Ktav, 1971); R. Prigent, ''Le judaïsme et l’image'' (Tübingen: Mohr, 1990); K. P. Bland, ''The Artless Jew: Medieval and Modern Affirmations and Denials of the Visual'' (Princeton: Princeton University Press, 2000); V. B. Mann, ''Jewish Texts on the Visual Arts'' (Cambridge: Cambridge University Press, 2000).</ref> In pratica, questa posizione è stata corroborata dal comportamento religioso e dalle produzioni intellettuali ebraiche fino alla cosiddetta epoca "moderna": sia a livello popolare che accademico, le immagini non erano uno strumento di conoscenza per gli ebrei, e le allegorie visive in particolare non avevano alcun posto nell'ebraismo, nonostante fossero un mezzo espressivo privilegiato in altre culture. Sebbene la cultura ebraica avesse sicuramente delle allegorie, queste assumevano la forma di testi scritti, piuttosto che di immagini. Inoltre, a questa importante limitazione si aggiungeva una seconda restrizione: anche a livello esclusivamente letterario, le allegorie raramente si basavano sulla rappresentazione umana. Fu il '''[[w:Tempio di Gerusalemme|Tempio di Gerusalemme]]''' a diventare un catalizzatore della rappresentazione allegorica, avendo sempre avuto un ruolo centrale sia nel pensiero ebraico che nell'immaginario ebraico. Per questo motivo, i cambiamenti subiti dalla sua rappresentazione nel corso del tempo consentono di seguire l'evoluzione delle percezioni e delle rappresentazioni ebraiche dello spazio. Al Tempio di Gerusalemme – o meglio "Templi" di Gerusalemme – si deve aggiungere il '''[[w:Tabernacolo (ebraismo)|Tabernacolo]]''', che fu eretto nel deserto sotto la guida divina e prefigurava il Tempio. Il primo Tempio fu eretto dal re [[w:Salomone|Salomone]] e distrutto dal re babilonese [[w:Nabucodonosor II|Nabucodonosor]] nel 587 [[w:P.e.v.|p.e.v.]]; il secondo fu costruito da Zorobavel al suo ritorno dall'esilio e in gran parte rimodellato da Erode, prima di essere abbattuto dai Romani nel 70 [[w:Era volgare|e.v.]] Da questa data in poi, fino all'età moderna, gli ebrei non hanno mai cessato di considerare la distruzione del Tempio il segno più saliente e angosciante della loro perduta autonomia nazionale e disaffezione da Dio; infatti, molti pensatori ebrei hanno sostenuto che la soggezione fisica del popolo d'Israele e il suo rapporto imperfetto con Dio li ha portati al declino intellettuale e alla confusione. C'era anche l'idea di un [[w:Terzo Tempio|Terzo Tempio]], che il profeta [[w:Ezechiele|Ezechiele]] aveva visto in una visione dettagliata e che avrebbe dovuto ripristinare l'ebraismo a Gerusalemme, riportare il popolo d'Israele alla prosperità e riaccendere il suo rapporto privilegiato con Dio. Attorno al Tempio si cristallizzavano una profonda disillusione e la speranza di un futuro ripristino, poiché il bisogno di rappresentazione intellettuale ebraico si concentrava sui volumi, gli spazi, gli edifici, i cortili, le fortificazioni, gli arredi e i riti di quella struttura architettonica, reale o immaginaria. Un'indagine sull'evoluzione delle rappresentazioni del Tempio nell'intera cultura ebraica sarebbe un progetto troppo ambizioso, che esula dagli scopi del presente Capitolo. Più modestamente, desideriamo soffermarci su una specifica area geografica definita da una certa coerenza interna e continuità storica: l’'''Italia'''. Tuttavia, prima di affrontare autori significativi del periodo medievale e moderno, dobbiamo spendere qualche parola sul fondatore del metodo allegorico nella cultura ebraica medievale, [[Maimonide]]. == Maimonide e allegorie == Le allegorie hanno un ruolo centrale nella ''[[Guida dei perplessi]]'' di [[Maimonide]], composta intorno al 1190 ed è l'opera più celebre e influente nella storia del pensiero ebraico. Nella sua introduzione, l'autore afferma chiaramente che il suo testo è destinato esclusivamente agli ebrei che credono nella verità della Torah e hanno dimestichezza con il pensiero filosofico. In particolare, si rivolge agli ebrei perplessi per lo scarto tra i registri concettuali delle narrazioni in cui Dio assume caratteristiche umane (parla, è visibile, ha sentimenti, ecc.) mentre interviene nel mondo, da un lato, e delle speculazioni astratte su un Dio trascendente e incorporeo, dall'altro. Con molta cautela Maimonide propone una soluzione radicale, sostenendo che esiste una corrispondenza perfetta tra la Torah e il pensiero filosofico, nonostante i loro linguaggi differenti. Egli paragona la Torah a una mela d'oro avvolta in una maglia d'argento: mentre la stragrande maggioranza dei lettori percepirà solo la maglia – il significato immediato o letterale della Torah – i lettori esperti (cioè i filosofi) saranno in grado di discernere l'oro – il significato figurativo – che giace sotto quella superficie. Per Maimonide, la Torah nel suo insieme (e in particolare le storie della Creazione e la descrizione del [[w:Merkavah|Carro]], cioè la visione celeste dei profeti Ezechiele e Isaia) è un ''[[:en:w:Mashal (allegory)|mashal]]'' (משל) – un'allegoria – che deve essere decifrato per afferrare il testo del ''nimshal'' (נמשל) filosofico – il suo significato nascosto. Così, tutti gli antropomorfismi del racconto biblico perdono il loro significato immediato, puntando invece a un discorso filosofico su Dio. In realtà, il pensiero di Maimonide è più complesso. Non solo la Torah nel suo insieme è un'allegoria, ma le allegorie costituiscono anche un metodo di interpretazione. Per Maimonide, ideare allegorie per evocare contenuti metafisici è come fare una corda legando pezzi di spago l'uno all'altro finché non è abbastanza lungo da attingere dalle profondità della Torah. In altre parole, per Maimonide i buoni interpreti sono allegoristi, come esemplificato dai profeti e dai maestri del Talmud, che usavano le allegorie quando volevano evocare realtà metafisiche al di fuori della portata dell'intelletto comune e del linguaggio quotidiano.<ref>[[Maimonide]], ''[[Guida dei perplessi]]'', Introduzione.</ref> La ''Guida dei Perplessi'' è un trattato filosofico-religioso che presenta ai suoi lettori un percorso verso l'autentico culto divino, dove la conoscenza intellettuale conduce al desiderio appassionato: si conclude su una magnifica allegoria dei diversi atteggiamenti umani verso la verità e Dio. Il ''mashal'' prescelto da Maimonide è una città con al centro un palazzo reale: le persone vagano fuori dalle mura della città, o vi entrano ma sbagliano strada, mentre altre ancora si fermano nell'androne del palazzo; solo pochi raggiungono la stanza del re e stanno davanti a lui: {{q|Dico allora: il sovrano è nel suo palazzo, e tutti i suoi sudditi sono in parte all'interno della città e in parte fuori della città. Di quelli che sono nella città, alcuni hanno voltato le spalle all'abitazione del sovrano, la loro faccia girata verso un'altra direzione. Altri cercano di raggiungere l'abitazione del sovrano, si volgono verso di essa e desiderano entrarvi e stare davanti a lui, ma finora non hanno ancora visto il muro dell'abitazione.|''[[Guida dei perplessi]]'' III:51<ref>Traduco dalla versione {{en}} di Shlomo Pines (Chicago: University of Chicago Press, 1974), vol. II, 618-619.</ref>}} Le immagini che Maimonide aveva in mente erano probabilmente di Gerusalemme e del Tempio, con i loro diversi gradi di santità, dal [[w:Monte del Tempio|Monte del Tempio]] (הַר הַבַּיִת), al vestibolo, ai cortili interni, al Santuario (detto ''heykhal'', "palazzo"), alla "dimora del monarca", il ''[[w:Santo dei Santi|Qodesh ha-qodashym]]'' (קֹדֶשׁ הַקֳּדָשִׁים) o ''Sancta sanctorum'', dove erano conservate le [[:en:w:Tablets of Stone|Tavole dell'Alleanza]] (לוחות הברית ''Luchot HaBrit'') e dove la Presenza divina era più intensa. == I Santuari Allegorici di Mosheh da Rieti == Incoraggiati da questo prestigioso precedente, gli autori ebrei posero il Tempio di Gerusalemme al centro della loro creazione di allegorie: in ebraico, la creazione di allegorie è chiamata ''memashel meshalym'' ed è una qualità attribuita ai profeti. Come i loro omologhi cristiani dello stesso periodo (cfr. [[w:Bonaventura da Bagnoregio|Bonaventura da Bagnoregio]], nel suo ''Itinerarium mentis ad Deum''), fecero della città di Gerusalemme un'allegoria della perfezione e della beatitudine, segnando il punto di arrivo dei fedeli al termine del loro viaggio di iniziazione. Uno di loro, [[w:Mosè ben Isaac da Rieti|Mosheh ben Yitzḥaq da Rieti]] (1388–1460), ammiratore incondizionato di Maimonide, legò tutte le sue produzioni intellettuali all'immagine del Tempio.<ref>[[w:Rieti|Rieti]] è una città a nord-ovest di Roma. Su Mosheh ben Yitzḥaq, si veda A. Guetta "Mosheh da Rieti (XIVe—XVe s.), philosophe, scientifique et poète", ''Revue des Etudes Juives'' 158, numeri 3-4 (luglio-dicembre 1999):577-586; A. Guetta, "Renaissance et culture juive: le cas de Moshe ben Yitzhaq de Rieti", ''Tzafon'' 48 (2004-2005):43-57; D. Bregman, ''The Golden Way: The Hebrew Sonnet during the Renaissance and the Baroque'' (Tempe, AZ:ACMRS, 2006).</ref> Medico, filosofo e poeta, Mosheh da Rieti è noto soprattutto per il suo ''Miqdash me‘at'' (מקדש מעט "Piccolo Santuario"), un poema in ebraico di 4800 versi inteso a costituire la "risposta ebraica" alla ''[[w:Divina Commedia|Divina Commedia]]'' di [[w:Dante Alighieri|Dante Alighieri]].<ref>Questo poema fu pubblicato in J. Goldenthal, ''Il Dante Ebreo ossia il Picciol Sanctuario'' (ebraico, con introduzione in italiano, Vienna, 1865). Per una presentazione dell'opera, con una traduzione in {{en}} e versione annotata dei primi due capitoli, si veda D. Bergman, A. Guetta e R. P. Scheindlin, curr., ''Prooftexts'' 23, no. 1 (2003), numero speciale di ''Medieval Jewish Literature''.</ref> Modellato sul Tempio di Gerusalemme, il poema di Moshe da Rieti è costituito da tre parti: un vestibolo, un palazzo e il ''Sancta sanctorum''. A ciascuno di questi tre spazi corrisponde un livello di conoscenza sacra, tanto maggiore quanto più ci si avvicina al centro del Santuario. Ma il Tempio non si limita a fornire una cornice esterna per un'enciclopedia della conoscenza, rappresenta anche il Paradiso, meta finale del viaggio iniziatico del poeta, sia Santuario celeste che ''Yeshivah shel ma‘lah'' (scuola celeste), dove le anime dei santi praticano dispute intellettuali, come farebbero in una scuola talmudica, sotto la guida della Presenza divina. Rieti conferisce ulteriori significati al Santuario: non solo rappresenta allegoricamente il Paradiso, ma illustra anche un'emanazione divina. Suggerisce una lunga preghiera in cui il poeta supplica il Tempio di perdonare i suoi peccati, compreso il brano seguente: {{q|Tempio dei supplicanti, O suprema aspirazione,<br/> A cui ci rivolgiamo per la misericordia e il perdono,<br/> La vita sgorga dalla tua fonte benedetta.<ref>Questo capitolo ebbe un notevole successo tra gli ebrei italiani, tra i qualigodette di un successo più duraturo dell'intero poema; fu estratto dal suo contesto e tradotto in versi italiani (trascritti in caratteri ebraici o latini) da quattro diversi scrittori tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento. Vari studiosi ebrei italiani, tra cui Azariyah de’ Rossi, trascrissero anche la versione ebraica originale, considerandola evidentemente esemplificativa della scuola italiana di poesia ebraica. Si veda [[Storia intellettuale degli ebrei italiani/Lazzaro da Viterbo|Capitolo 6, "Le opere di Lazzaro da Viterbo"]].</ref>}} Non stupisce che il fedele rivolga una preghiera al Tempio, se consideriamo che qui non si tratta del Tempio storico ma di un'emanazione divina (probabilmente ''Ḥokhmah'', "Sapienza") che gli permette di accedere alla divinità, la cui essenza è al di là della sua portata. Il ''Miqdash Me‘at'' di Mosheh da Rieti è interamente allegorico. Le sue allegorie possono essere esplicite, come nel capitolo "La Città di Dio", in cui ogni casa rappresenta un libro biblico (da cui la successiva identificazione del Tempio o Città Sacra e le scritture<ref>Goldenthal, seconda parte, cap. 3, pp. 51a-52b.</ref>), oppure lasciate al lettore da interpretare, come avviene ad esempio con il ''mashal'' in cui alcune fanciulle attingono acqua dal mare fuori della Città di Dio ("acqua pura, purezza dall'alto") per riversarla nella "Casa del Padre".<ref>''Ibid.'', cap. 4, p. 53b.</ref> In questa opera poetica, la rappresentazione spaziale non cerca di mostrare una realtà tangibile; fornisce invece un trampolino di lancio per riflessioni di natura concettuale, una rappresentazione visiva che consente all'autore di evocare considerazioni astratte altrimenti impossibili da afferrare. In un altro testo ebraico, più breve e difficile, ''Ya‘ar ha-Levanon'' ("La Foresta del Libano"), Rieti considera il Tempio in una luce più tradizionale, come un'allegoria dei diversi mondi: il mondo sublunare, le sfere celesti e gli intelletti separati. La parte finale di questo lavoro consiste in una serie di risposte alla domanda ''Ubi sunt?'' (liberamente tradotto come "che ne è stato del Tempio e dei suoi oggetti?"): {{q|Dove sono i Cherubini? Dove sono l'Arca e le Tavole che furono lasciate lì affinché potessimo ricordare che la Torah è il mistero stesso dell'essere e sta alla radice della vita di ogni anima? [...] L'Arca rappresenta la parte del mondo che è costituita da un corpo sostenuto dalla forma intellettuale che lo circonda [...] i Cherubini sono lì per mostrare che tutti gli esseri di questo mondo sono intelletti separati, veri e propri.<ref>A. Guetta, "Ya‘ar ha-Levanon ou la quête de la connaissance perdue. Un texte en prose rimée de Moshe de Rieti", ''Revue des études juives'' 164 (2005):67-129 (edizione critica di un testo inedito con introduzione, traduz. francese e note).</ref>}} Il poeta non è interessato al Tempio materiale; la posta in gioco qui, per lui, è l'accesso a un altro livello di realtà indicato dall'edificio, i suoi accessori e i suoi riti. Il terzo dei testi di Rieti che prenderemo in esame, ''Filosofia naturale e fatti de Dio'' è stato scritto in italiano – più precisamente, in un dialetto dell'Italia centrale – ma trascritto in caratteri ebraici. Destinato agli studenti, quest'opera sulla fisica e sulla metafisica include alcune notevoli allegorie, la più elaborata delle quali è incentrata sul Tempio. Associando una risposta ricevuta in sogno a una domanda che lo perseguita – esiste una gerarchia tra i vari libri biblici? – Rieti concepisce l'immagine grandiosa e complessa di un palazzo all'interno del quale le corrispondenze tra il ''mashal'' (la figura, l'allegoria ) e il ''nimshal'' (il significato figurato) abbondano:<ref>Moshe da Rieti, ''Filosofia naturale e fatti de Dio'', cur. Irene Hijmans-Tromp (Leiden: Brill, 1989).</ref> {{q|E ho visto un magnifico edificio nella parte più alta del mondo. Era la cosa più sacra e straordinaria che avessi mai visto, e mi sembrava che i cieli non la circondassero affatto. Le sue pareti erano di argento fine, ed era ricoperta di forme d'oro puro che brillavano così chiaramente e luminose che a prima vista sembravano esattamente come le stelle; a uno sguardo più attento, però, si vedeva che, pur essendo una miriade, costituivano tutte variazioni su ventisette figure. Il suo tetto era fatto dello stesso materiale e sostenuto da quarantotto meravigliose colonne con la stessa filigrana. Una di loro stava al centro mentre le altre la circondavano. La colonna centrale brillava come un sole e quelle intorno erano come stelle. E ne vidi altre sette che si mescolavano a loro e avevano la lucentezza del chiaro di luna. In tutto ne ho contate cinquantacinque.<br/> All'interno del tempio vidi quattro piccole nuvole di finissimo cristallo, intrecciate in una copertura completamente eterea. Indicavano cinque recinti all'interno del tempio. Mi sembrava impossibile che contemplare così tanta radiosità e maestà combinate non turbasse l'occhio e lo spirito dello spettatore.<br/> Fuori, vidi che c'erano sessanta piccole stanze sparse intorno al tempio e collegate ad esso, ognuna con un ingresso separato che conduceva all'interno. Tutte somigliavano al tempio nei loro ornamenti, a parte quelli che non si mostravano mai; ma erano alti come un uomo.<br/> Ancora e ancora, contai seicentotredici finestre intorno al tempio. Ma nulla di ciò che avevo mai visto eguagliava la luminosità di queste splendide figure, unite all'atmosfera serena del tempio; e nessun [[w:spinello (mineralogia)|balas]] o [[w:rubino|rubino]] terrestre, come nessun rubino su Venere o su Giove nei cieli, ha mai avuto un colore simile. C'era un magnifico ingresso sul lato orientale.<br/> E tutt'intorno a questo pendeva una nuvola molto preziosa e sottile, che era essa stessa circondata da un'altra terribile e pesante nuvola, che gettava tutt'intorno un'oscurità impenetrabile e mortale.<br/> All'interno, il tempio sembrava quasi completamente pieno degli uccellini più belli che avessi mai visto. Svolazzavano instancabilmente da un'estremità all'altra del tempio. Continuavano a cantare versetti di grande delicatezza e dolcezza, più gioiosi e giubilanti di quanto qualsiasi voce umana potesse esprimere. Ogni tanto si appollaiavano da qualche parte, divertendosi ad ascoltarsi, e a volte mi sembrava che stessero contemplando qualcosa di più nobile e più alto di loro.<br/> [...] Osserva da vicino tutta questa splendida figura, perché forse non hai mai visto nulla di simile; descrive il Paradiso nei termini della Sacra Scrittura, cioè ''Torath Mosheh'', la Torah di Mosè, nella ferma convinzione che l'una corrisponda all'altra.<ref>Il testo originale si trova ''ibid.'', 409-415. Per una traduzione più estesa, si veda A. Guetta, "Renaissance et culture juive."</ref>}} In questa immagine si esplicita l'intrinseca corrispondenza ("unità intrinseca", nelle parole di Rieti) tra il Tempio, la Scrittura e il Paradiso. Dopo aver raffigurato questa visione, l'autore presenta l'"intenzione" (cioè il significato) di ogni suo dettaglio, prima di concludere con una definizione generale di rappresentazione allegorica: più immagini la mente crea (per adornare la memoria), più piacere l'anima sperimenta, come una donna che è tanto più bella e adulata per essere rivestita di veli belli e seducenti che sono stati finemente pieghettati. La psiche umana è vista come uno spazio vuoto da arredare ("per ornare la memoria"), e le immagini allegoriche sono sia strumenti mnemonici sia fattori di piacere (che, si potrebbe aggiungere, è estetico: "l'anima prova il piacere").<ref>Su questo argomento, si vedano L. Bolzoni e P. Corsi, curr., ''La cultura della memoria'' (Bologna: Il Mulino, 1992); L. Bolzoni, ''La chambre de la mémoire: modèles littéraires et iconographiques à l’âge de l`imprimerie'' (Genève: Droz, 2005).</ref> == Il Tempio come Enciclopedia: Abramo Portaleone == Mosheh da Rieti fu molto popolare tra gli ebrei italiani fino all'inizio del XVII secolo. Da quel momento in poi la sua memoria fu completamente dimenticata, probabilmente perché i cambiamenti culturali avevano fatto apparire superate le sue opere superate. È proprio in questo periodo che il Tempio di Gerusalemme smise di evocare allegoricamente un'altra dimensione e iniziò ad essere studiato fine a se stesso. Proprio come Galileo respinse l'idea che ci fosse una differenza tra la fisica delle regioni sovra-lunari e sub-lunari, le due versioni del Tempio divennero una, e gli intellettuali ebrei iniziarono a concentrarsi sullo stabilire la sua realtà storica e architettonica. [[Baruch Spinoza]] adottò un approccio simile all'esegesi biblica, denunciando vigorosamente le interpretazioni allegoriche e il loro principale sostenitore ebraico, [[Maimonide]]. Il filosofo olandese insistette invece sul principio della ''sola scriptura'', secondo cui i testi sono sufficienti a se stessi e non alludono ad altri mondi di significato. Tra gli ebrei italiani, il tentativo più ambizioso di descrivere la realtà concreta del Tempio di Gerusalemme e dei suoi riti venne da un autore mantovano che era anche medico, e di cui abbiamo analizzato le opere nel [[Storia intellettuale degli ebrei italiani/Fondamentalismo e modernità|Capitolo precedente: Abramo Portaleone]] (1542-1612). In realtà, il suo progetto era, come discusso, l'esito di un processo intellettuale più complesso, radicato in un imperativo religioso che imponeva che tutti i testi ebraici, per quanto profani e di qualsiasi disciplina, dovessero avere una sorta di giustificazione religiosa. L'ampio ''corpus'' di opere dotte che Portaleone produsse (lette e citate più spesso dai cristiani che dagli ebrei) ebbe origine dal desiderio di espiare i peccati della sua giovinezza, durante la quale aveva mostrato un eccessivo interesse per discipline profane come la filosofia e la scienza . Venticinque anni dopo aver prodotto un trattato filosofico e scientifico decisamente moderno in latino che sosteneva il metodo sperimentale, il brillante medico si pentì, ricorrendo alla retorica della [[w:Controriforma|Controriforma cattolica]], pur aderendo alle coordinate culturali ebraiche, nel suo nuovo testo ebraico ''Shiltey ha -Gibborym'', di cui abbiamo già brevemente discusso, e che assolutamente e indiscutibilmente deferiva agli anziani, i maestri del Talmud. Tentando di espiare il peccato di "secolarizzazione" dando ai suoi figli la possibilità di studiare gli scritti ebraici sul sacrificio, Portaleone produce un'antologia di testi biblici e rabbinici da leggere in diversi giorni della settimana. Insiste però sul fatto che l'esercizio sarà più produttivo se i lettori potranno immaginarsi nel (Secondo) Tempio di Gerusalemme, per meglio identificarsi con i credenti che hanno preso parte ai riti; da qui la necessità di riprodurre l'architettura e i riti del Santuario "come erano": {{q|Quando i Figli d'Israele saranno tutti tornati a Dio, potranno pregare in ogni parte della loro Terra e nel Tempio che hanno costruito, volgendosi verso il Muro Occidentale [...] e si immagineranno all'interno del Santuario quando pregheranno.|''Shiltey ha-Gibborym'', Introduzione.}} Di conseguenza, Portaleone dà un resoconto ricco e dettagliato del Tempio, basando le sue descrizioni su fonti sia ebraiche che non ebraiche. La prima parte del suo volume è dedicata a questa descrizione, e costituisce una sorta di preparazione all'antologia che ne costituisce la seconda parte. Un'esigenza religiosa quasi mistica presiede alla sua opera di ricostruzione storica: il lettore deve poter immaginare se stesso in piedi nel Tempio. L'acuta consapevolezza di Portaleone del divario temporale che deve superare dà vita a una ricerca scientifica. Cessando di essere un significante allegorico, il Tempio acquista una dimensione fisica, che può essere raffigurata nell'immaginazione. È interessante notare che, mentre Portaleone si allontanò dalle allegorie, il suo contemporaneo cristiano [[w:Filippo d'Aquino|Filippo d'Aquino (Philippe d’Aquin)]], un ebreo convertito, continuò a considerare il Tabernacolo come un'allegoria dei tre mondi (divino, celeste e terreno);<ref>Philippe d’Aquin, ''Discours des sacrifices de la loy mosaique'' (Parigi: Jean Laguehay, 1623), Parte I: "Explications literales, allégoriques et moralles du Tabernacle, que Dieu commanda à Moyse de faire."</ref> allo stesso modo, per il gesuita [[:en:w:Juan Bautista Villalpando|Juan Bautista Villalpando]], il Tempio di Gerusalemme era un modello per la perfetta armonia tra le diverse dimensioni dell'essere umano e dell'universo.<ref>''Hieronymi Pradi et Ioannis Baptistae Villalpandi e Societate Iesu, In Ezechielem explanationes et apparatus Urbis, ac temple Hyerosolymitani commentariis et imaginibus illustrates opus tribus tomis distinctum'' (Roma, 1596-1605).</ref> Ciò sembra suggerire che, quando si trattava di rappresentazioni del Tempio, gli ebrei – in particolare i membri della comunità ebraica italiana, che era probabilmente la comunità ebraica in Europa più aperta al mondo non ebraico – erano in alcuni casi più "moderni ” rispetto ai cristiani.<ref>L'opera dell'ebraista François Vatable (morto 1542), che insegnava al Collège de France, costituisce una rimarchevole eccezione: Vatable illustrò la Bibbia pubblicata da Robert Estienne nel 1538-40 con immagini del Tempio tratte da fonti ebraiche che non lo allegorizzavano né lo simboleggiavano. Sulle rapprsentazioni del Tempio prevalentemente cristiane del XVII secolo, si vedano Helen Rosenau, ''Vision of the Temple: The Image of the Temple of Jerusalem in Judaism and Christianity'' (Londres: Oresko, 1979); Hendrik Bude & Andreas Nachama, curr., ''Die Reise nach Jerusalem'' (Berlino: Argon, 1996), particolarmente il capitolo intitolato "Der wiedererstandene Tempel: Architektonische Visionen."</ref> Come nella poesia di Rieti, il Tempio diventa la pietra angolare di un'enciclopedia del sapere contemporaneo. Così un racconto degli accompagnamenti musicali per i sacrifici porta il dotto Portaleone a comporre un trattato di musica polifonica; una discussione sulle offerte di incenso diventa pretesto per riflessioni botaniche; un'allusione al sale spruzzato sulle vittime porta a una disquisizione sulla chimica, e così via. Il Tempio diventa una sorta di "teatro della memoria",<ref>L'espressione si ispira al libro di G. Camillo, ''L`idea del theatro'' (1550, nuova edizione Palermo: Sellerio, 1991).</ref> ma non ha connotazioni mistiche: queste divagazioni enciclopediche hanno un quadro ben definito, e sono associate a descrizioni architettoniche estremamente precise, suggerendo che l'empirista scientifico è rimasto immutato dalla sua "conversione". Portaleone accompagna i suoi lettori attraverso i cortili del Santuario e li fa assistere ai suoi riti. Le sue descrizioni si basano su testi rabbinici canonici e, cosa abbastanza notevole, su numerose fonti non ebraiche. Il suo ''Shiltey ha-Gibborym'' è quindi un'opera nata da un imperativo espiatorio che offre ai suoi lettori ebrei una sinossi della conoscenza contemporanea e consente loro di evocare un'immagine tridimensionale del Tempio di Gerusalemme nella propria mente evocando visivamente le sue diverse sezioni, i suoi oggetti rituali, e la vita che si svolgeva all'interno delle sue mura sacre. Naturalmente, Portaleone non fu né il primo né il più importante autore ebreo a dare un resoconto dettagliato del Tempio: esiste una lunga tradizione di tali descrizioni, da ''Hilkhoth Beyth ha-beḥyrah'' ("Le Leggi della Casa d'Elezione"), un trattato incorporato nel codice maimonideo ''[[Mishneh Torah]]'' ai commentari che Maimonide e lo studioso italiano del XVI secolo [[w:Obadiah di Bertinoro|Obadiah di Bertinoro]] scrissero su un trattato della ''Mishnah'' intitolato ''Middoth'' ("Misure"), e ad altre opere successive. Tuttavia, più di ogni altro autore, Portaleone enfatizzò la visualità delle sue descrizioni. A volte può sembrare che le illustrazioni siano tutto ciò che manca al suo libro; infatti, quando il cristiano [[:en:w:Blaisio Ugolino|Blasio Ugolini]] – che pubblicò trentaquattro volumi in folio sui riti e costumi degli ebrei tra il 1744 e il 1769 – tradusse poi in latino alcuni capitoli di ''Shiltey ha-Gibborym'', aggiunse delle illustrazioni.<ref>B. Ugolini, ''Thesaurus antiquitatum'' vol. 9, col. CCI-CCII, CCIX-CCXX, CCLIII-CCLIX, CCICVII-CCXCVIII, CCCXI-CCCXII.</ref> (Cfr. fig. 1 ''supra'') == Modelli in scala del Tempio == [[File:The Phillip Medhurst Picture Torah 438. The altar for incense. Exodus cap 30 vv 1-2. Heuman.jpg|thumb|240px|<small>'''Fig. 2''' — ''Altare dell'Incenso'', Tempio di Gerusalemme</small>]] [[File:The Phillip Medhurst Picture Torah 431. The ark of the covenant. Exodus cap 25 vv 10&40. Merian.jpg|thumb|240px|<small>'''Fig. 3''' — ''Arca dell'Alleanza'' nel Tempio di Gerusalemme, con altri oggetti sacri</small>]] Fu fuori dall'Italia che la rappresentazione del Tempio avrebbe subito un altro importante cambiamento diversi decenni dopo, molto probabilmente nel 1641, quando [[:en:w:Judah Leon Templo|Jacob Judah Leon]] (1603-1675), un rabbino olandese che sarebbe diventato noto come "Templo",<ref>Su questo autore, si vedano H. Rosenau, "Jacob Judah Leon Templo’s Contribution to Architectural Imagery", ''Journal of Jewish Studies'' 23, nr. 1 (1972):72-81; A. L. Shane, "Rabbi Jacob Judah Leon (Templo) of Amsterdam (1603-1675) and his Connections with England", ''Transactions of the Jewish Historical Society of England'' 25 (1977): 120-136; A. K. Offenberg, "Jacob Jehuda Leon (1602-1675) and his Model of the Temple", in ''Jewish-Christian Relations in the Seventeenth Century'', cur. J. Van Den Berg & E. Van Der Wall (Dordrecht: Springer, 1988):95-115.</ref> portò l'evocazione virtuale del Tempio di Portaleone un ulteriore passo avanti, producendo un modello tridimensionale. Questo modello in scala venne esposto al pubblico in diverse città, tra cui Amsterdam e Londra, conferendo un grado di celebrità al suo autore. Jacob Judah dedicò al Tempio anche un libro illustrato, ''Retrato del templo de Selomo'' (1642). Destinato a spiegare il suo modello in scala, il libro fu tradotto in diverse lingue e vendette migliaia di copie. (Cfr. figg. 2 e 3) I progetti di Jacob Judah furono stimolati dai rappresentanti dei [[w:Collegianti|Collegianti]], un gruppo religioso olandese con tendenze millenarie, a cui Spinoza si associò dopo la sua scomunica dalla comunità ebraica. Potrebbe forse esserci una connessione tra la corrente di pensiero millenaria e le rappresentazioni tridimensionali del Tempio? L'attenta indagine dello storico [[:en:w:Richard Popkin|Richard Popkin]] su tale questione suggerisce che i [[w:Millenarismo|Millenari]] erano interessati a rappresentazioni realistiche del Tempio perché si stavano preparando all'avvento dell'era messianica, quando gli ebrei sarebbero tornati nella loro Terra e il Tempio sarebbe stato ricostruito.<ref>R. H. Popkin, "Christian Jews and Jewish Christians in the 17th Century", in ''Jewish Christians and Christian Jews: From Renaissance to the Enlightenment'', curr. R. H. Popkin & G. M. Weiner (Dordrecht: Springer, 1994), 57-72.</ref> Se questo è vero, una motivazione religiosa è alla base della sostituzione dell'allegoria da parte di Jacob Judah e Portaleone con uno spazio tridimensionale che è sufficiente a se stesso e non allude ad un'altra sfera della realtà. In altre parole, la sovrapposizione "moderna" all'interno di un unico spazio delle dimensioni umana e celeste, la cui separazione aveva a lungo legittimato un'allegoria, potrebbe aver avuto radici religiose. Non dimentichiamo che questo cambiamento di rappresentazione si è concentrato sul Tempio, oggetto privilegiato dell'immaginario ebraico. Sebbene abbiamo lasciato l'Italia quando ci siamo rivolti a Jacob Judah Templo, una fonte manoscritta suggerisce che già nel 1570 un altro ebreo italiano avesse costruito un modello in scala del Tempio per suo uso personale: il drammaturgo [[w:Leone de' Sommi|Leone de’ Sommi]], che era, come Portaleone, di Mantova.<ref>Cfr. D. B. Ruderman, ''Kabbalah, Magic and Science: The Cultural Universe of a Sixteenth-Century Jewish Physician'' (Cambridge, MA: Harvard University Press, 1988). Giuda Leone de’ Sommi (anche: Leone Sommo), che compose diversi drammi in italiano, come anche un trattato di teoria drammatica, scritto anch'esso in italiano, fu inoltre l'autore di quello che è considerata la prima opera drammatica scritta in ebraico, ''Tzaḥuth bediḥuta de-kiddushin'' (La Commedia delle Nozze), si veda R. Bonfil, "Lo spazio culturale degli ebrei d`Italia fra Rinascimento ed Età barocca", in ''Storia d’Italia'', Annali 11: ''Gli ebrei in Italia'', vol. 1, pp. 413-473, cur. C. Vivanti (Torino: Einaudi, 1996), particolarmente pp. 457-472. Un successivo autore mantovano di un libro con la descrizione del Tempio, fu lo studioso del XVII secolo Malkyiel Ashkenazy. Il libro fu pubblicato da Avraham Sofer, col titolo: ''Beur ‘al masekheth middoth le-ha-gaon Mosheh Caze. We-nilweh elayw sefer hanukath ha-bayit ‘al tzurath beyt ha-miqdash lehe-hakham rabby Malkyiel Ashkenazy mi-Mantovah'', a Gerusalemme nel 1963.</ref> Tra il Seicento e il Settecento, nelle opere degli autori ebrei italiani proliferarono rappresentazioni realistiche del Santuario, che talvolta le utilizzavano per scopi didattici, con o senza il ricorso a modelli in scala. Nel 1696, Mosheh ben Gershom Ḥefetz (Gentili) pubblicò ''Ḥanukath ha-bayith'' ("L'Inaugurazione della Casa") a Venezia. Quest'opera straordinariamente colta e accurata si basa esclusivamente su fonti ebraiche:<ref>C'è un'eccezione (f. 14v): una citazione da uno "studioso contemporaneo", il cui nome non viene rivelato e che supporta la sua posizione.</ref> sono una ventina, dalla ''Mishnah'' agli autori seicenteschi (Maimonide è l'autore più citato). È interessante notare che Ḥefetz cita raramente Portaleone, probabilmente perché quest'ultimo si riferiva così tanto a fonti non ebraiche: i contributi "esterni" non erano visti di buon occhio in quel periodo. Sebbene l'argomento del suo libro segua la logica dei commentari talmudici, tuttavia ricorre occasionalmente a dimostrazioni geometriche o fisiche (soprattutto esperimenti ottici), alcune delle quali enfatizzano il carattere tridimensionale delle descrizioni. Un accurato disegno tridimensionale illustra il testo. {{Immagine grande|The Temple of Solomon; aerial view, with flames billowing fr Wellcome V0034335.jpg|800px|Illustrazione antica del Tempio di Salomone, con fiamme dall'altare dei sacrifici (veduta aerea)}} Nonostante il suo approccio strettamente talmudico, ''Ḥanukhath ha-bayith'' era per molti versi semplicemente un'opera di erudizione priva di qualsiasi impatto giudiziario: un'opera antiquaria di indagine storica basata solo su fonti ebraiche. L'autore sottolinea questo aspetto del suo libro quando spiega di averlo scritto nello spirito di "Darosh we-qabbel sakhar" ("Studia e ottieni una ricompensa"), una formula talmudica che afferma il valore intrinseco dell'erudizione, anche in l'assenza di qualsiasi implicazione giuridica.<ref>F. 17a. Si veda il Talmud Bavli, ''Sanhedrin'' 51b.</ref> Significativamente, Azariyah de’ Rossi, che probabilmente avviò questa tendenza antiquaria nel mondo ebraico e ne fu il rappresentante più prestigioso, cita la stessa formula per giustificare le proprie indagini storiche e filologiche.<ref>Azariyah de’ Rossi, ''Meor ‘eynayim'', sezione ''Imrey bynah'', capitolo 29. Traduzione {{en}} di Joanna Weinberg, ''The Light of the Eyes'', 406.</ref> A sua volta, ''Ma‘aseh Ḥoshev'' ("Un'Opera di Pensierosità", pubblicato a Venezia nel 1716) del cabalista [[:en:w:Immanuel Hai Ricchi|Immanuel ben Abraham Ḥay Ricchi]] non si concentra tanto sul Tempio quanto sul Tabernacolo. Come il libro di Ḥefetz, questo testo si basa esclusivamente su fonti ebraiche, talmudiche e medievali, incluso un riferimento allo ''[[Zohar]]''. In altre parole, si rivolge a lettori ebrei che conoscono bene i concetti e la metodologia tradizionali della propria cultura religiosa. Uno dei maggiori esponenti della [[w:Cabala lurianica|Cabala lurianica]], Ricchi non mostrò alcun interesse per la più ampia cultura del mondo non ebraico nelle sue opere, sottolineando invece il rapporto speciale di Israele con la divinità. Eppure spiega nell'introduzione a ''Ma‘aseh Ḥoshev'' che il suo libro è basato su un piccolo modello in scala di cartone del Tabernacolo che ha realizzato per i suoi giovani studenti. Ciò suggerisce che anche in un'opera letteraria incentrata esclusivamente sul patrimonio religioso ebraico, che a prima vista sembrava indifferente a ricostruzioni realistiche, l'autore si sia sentito in dovere di intraprendere ricerche storiche sul Tempio (o Tabernacolo) e rappresentarlo in tre dimensioni. == Cabala e rappresentazioni bidimensionali del Tempio == [[File:Moshe Chaim Luzzatto (ramhal) - Wall painting in Acre, Israel.jpg|thumb|240px|<small>[[w:Mosè Luzzatto|Mosheh Ḥayyim Luzzatto]] (detto il ''Ramḥal'') - affresco ad [[w:Acri (Israele)|Acri]], Israele</small>]] Sebbene la trasformazione della percezione spaziale rivelata dall'evoluzione delle rappresentazioni del Tempio abbia seguito un percorso storico lineare, ciò non ha impedito il risorgere di un antico universo intellettuale e religioso in un testo intitolato ''Mishkeney ‘elyon'' ("I Tabernacoli dell'Altissimo ”), del cabalista e poeta padovano '''[[w:Mosè Luzzatto|Mosheh Ḥayyim Luzzatto]]''' (1707-1746).<ref>''Mishkeney ‘elyon'' fu pubblicato per la prima volta da H. Friedlander in ''Ginzey Ramḥal'' (Bnei-Braq: 1984), 149-205. Su M. H. Luzzatto, si vedano in particolare S. Ginzburg, ''The Life and Works of Moses Hayyim Luzzatto'' (Philadelphia: Dropsie College for Hebrew and Cognate Learning, 1931); J. Hansel, ''Moïse Hayyim Luzzatto (1707-1746). Kabbale et philosophie'' (Parigi: Editions du Cerf, 2004); N. Danieli, ''L’epistolario di Moshe Hayyim Luzzatto'' (Firenze: Giuntina, 2006).</ref> Oggetto di questo libro non è tanto il Tempio storico quanto il Tempio che il profeta [[w:Ezechiele|Ezechiele]] immaginava nei capitoli 40-47 del suo [[w:Libro di Ezechiele|libro omonimo]]: quello che viene chiamato il [[w:Terzo Tempio|Terzo Tempio]], il più perfetto, che scenderà dal cielo, preannunciando la redenzione finale. Questo Tempio corrisponde al mondo delle emanazioni divine, le ''[[w:Sĕfirōt|sefirot]]'', secondo il principio cabalistico che postula l'esistenza di corrispondenze tra il mondo inferiore e quello superiore: la sua struttura fisica è una replica perfetta del mondo superiore, e ciascuna delle sue parti allude a un aspetto particolare del mondo delle emanazioni divine. Le sue porte, ad esempio, sono aperture nei muri create dall'energia concentrata dell'influsso divino per sostenere gli esseri inferiori, mentre le loro proporzioni – descritte con dovizia di particolari da Ezechiele e discusse da Luzzatto – hanno un significato ben preciso, perché indicano i [[Il Nome di Dio nell'Ebraismo|nomi di Dio]] e i loro valori numerici. Il mondo delle luci divine è gerarchico: ciascuna delle sue varie parti deve sostenere con la sua energia una diversa categoria di esseri: le anime di Israele, le diverse classi di angeli e le altre creature. In questo testo, un'immagine bidimensionale sostituisce l'illusione di profondità offerta dalla rappresentazione tridimensionale: siamo lontani dalla percezione dello spazio che ha fatto immaginare e descrivere ad altri scrittori volumi tridimensionali prima di ricrearli in modelli in scala. Il lettore, infatti, ha l'impressione che Luzzatto abbia concepito la mappa del Tempio – che corrisponde al mondo delle ''sefirot'' – solo in termini di due coordinate privilegiate: sopra/sotto, destra/sinistra. In effetti, l'autore dichiara che la sua descrizione del Tempio cerca di seguire il movimento discendente delle emanazioni divine, mentre scendono dai regni superiori a quelli inferiori. Il moderno editore del testo ha giustamente aggiunto una mappa bidimensionale che rappresenta l'insieme di edifici e spazi che compongono questo Tempio ideale nel racconto del cabalista. Il cabalista concepisce così un'immagine bidimensionale, come nelle allegorie; tuttavia, non è un'allegoria. Mentre nelle allegorie un piano di realtà ne evoca un altro sulla base delle loro somiglianze esterne, le immagini cabalistiche pretendono di aderire alla realtà, nella misura in cui la mente umana può concepire la realtà del mondo divino. Pertanto, secondo il grande cabalista del XIII secolo [[w:Joseph ben Abraham Gikatilla|Yosef Gikatilla]], ogni volta che il testo biblico menziona "la mano di Dio", ciò non si riferisce né al significato letterale della parola "mano" né a qualche significato allegorico: evoca invece le somiglianze intrinseche ("un segno analogo") che legano l'entità divina e la mano fisica.<ref>Y. ben Abraham Gikatilla, ''Sha‘arey Orah'' ("Porte di Luce"), cur. Y. ben Shelomo (II edizione, Gerusalemme: 1989), vol. 1, p. 49. Su Cabala e rappresentazione, cfr. G. Busi, ''Qabbalah visiva'' (Torino: Einaudi, 2005).</ref> Nel testo di Luzzatto c'è una corrispondenza tra ogni dettaglio, per quanto piccolo, dell'immagine del Terzo Tempio e i mondi delle luci divine, che ci permette di visualizzare dispiegando "segni analoghi" e allo stesso tempo prolungando visivamente queste dimensioni divine nel mondo sensibile. Secondo Luzzatto, la redenzione consiste nel passare dal livello di somiglianza che esiste tra i Templi superiore e inferiore all'uniformità, poiché il Santuario celeste si estende fino alla terra, diventando tutt'uno con il Santuario terrestre: {{q|I due Santuari, superiore e inferiore, sono inclinati l'uno verso l'altro [...]. Un giorno, i due Santuari non solo saranno uguali, ma il Santuario superiore si estenderà fino in fondo. I rabbini dissero che il Terzo Tempio è opera di Dio, perché l'edificio celeste non si sposterà, ma si estenderà fino in fondo, a quel punto sarà eretta una struttura fisica intorno ad esso, per questo mondo. Le due strutture dovranno poi fondersi in una e non dovranno mai essere separate.<ref>Friedlander, 157.</ref>}} Luzzatto difficilmente potrebbe essere descritto come uno scrittore minore che faceva parte di una tendenza marginale; al contrario, il suo lavoro è stato molto influente, in passato in Europa e ora in Israele. Inoltre, il suo approccio sistematico alla Cabala – che ricorda la [[w:neotomismo|nuova scolastica cattolica]] – è stato adottato da altri importanti autori ebrei italiani. La prevalenza nelle sue opere di caratteristiche che potrebbero essere definite medievali – in particolare l'immagine di un mondo gerarchico bidimensionale – ci mette in guardia contro resoconti radicalmente lineari e progressisti della storia intellettuale, e della storia intellettuale ebraica in particolare: in effetti, non sarebbe sostenibile affermare che questa storia si è evoluta in modo diretto e lineare dalla rappresentazione allegorica a quella realistica. Il fatto che la diffusa popolarità di cui godeva la Cabala nelle comunità ebraiche in epoca moderna coesistesse con la diffusione di una nuova visione del mondo fondata sul razionalismo scientifico, rappresenta un enigma per gli storici. In ogni caso, la focalizzazione sul Tempio, oggetto privilegiato della rappresentazione ebraica, sia essa allegorica, realistica o simbolica, ci ha aiutato a tracciare alcuni importanti cambiamenti nella rappresentazione spaziale. Questa è una solida testimonianza, crediamo, dei processi più generali. {{Immagine grande|Templo de Ezequiel.JPG|800px|Il ''[[w:Terzo Tempio|Terzo Tempio]]'' di Ezechiele, in proiezione tridimensionale moderna}} == Note == {{Vedi anche|Serie maimonidea|Serie misticismo ebraico}} <div style="height: 300px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4" ><references/></div> {{Avanzamento|100%|6 giugno 2021}} [[Categoria:Storia intellettuale degli ebrei italiani|Spazio allegorico]] p66fgdjj7sgujsx0mg71n29olefqfdl Diritto del commercio internazionale 0 50356 478441 418381 2025-07-05T15:49:14Z Hippias 18281 abbandonato 478441 wikitext text/x-wiki {{abbandonato}} {{Avanzamento|25%|7 novembre 2021}} == Sommario == * {{modulo|Diritto del commercio internazionale/Prassi bancaria internazionale uniforme}} * {{modulo|Diritto del commercio internazionale/Garanzia a prima richiesta}} * {{modulo|Diritto del commercio internazionale/Norme uniformi per le garanzie bancarie a prima richiesta}} * {{modulo|Diritto del commercio internazionale/Documenti richiesti per l'export e import}} * {{modulo|Diritto del commercio internazionale/Metodi di pagamento internazionali}} * {{modulo|Diritto del commercio internazionale/Norme uniformi relative agli incassi}} * {{modulo|Diritto del commercio internazionale/Assicurazione del credito all'esportazione}} * {{modulo|Diritto del commercio internazionale/Finanza commerciale}} * {{modulo|Diritto del commercio internazionale/Strategie di difesa dalle acquisizioni ostili}} [[Categoria:Diritto del commercio internazionale| ]] [[Categoria:Diritto]] [[Categoria:Economia]] [[Categoria:Dewey 382]] lx91re1h1iydfb246bvvv5yy7rawg9a Yeshua e i Goyim/Capitolo 2 0 50598 478452 420501 2025-07-05T20:04:05Z 95.232.204.223 Corretto: "Israele" 478452 wikitext text/x-wiki {{Immagine grande|El Greco (Domenikos Theotokopoulos) - Christ Blessing ('The Saviour of the World') - Google Art Project.jpg|840px|''Salvator Mundi'', di [[w:El Greco|El Greco]] (1600)}} {{Yeshua e i Goyim}} = Ebrei e gentili nel tardo periodo del Secondo Tempio: Teologia della Missione = == Note introduttive == La stragrande maggioranza degli studiosi è convinta, su basi valide, che Gesù non abbia esercitato una missione per raggiungere i gentili con il suo Vangelo sul regno di Dio. Questo ci porta alla domanda: gli altri ebrei del tempo di Gesù praticavano la missione ai gentili? C'era un'idea di missione universale nel primo ebraismo? Alcuni studiosi hanno insistito sul fatto che l'[[w:ebraismo|ebraismo]], come religione, fosse davvero desideroso di guidare una missione ai gentili. In questo Capitolo chiariamo principalmente una parte del contesto ideologico e religioso di Gesù. Le nostre due domande principali in questo Capitolo sono le seguenti. Primo, l'ebraismo del [[w:Periodo del Secondo Tempio|tardo Secondo Tempio]], o qualche sua fazione, era una religione missionaria? Secondo, in che modo si realizzerebbe il destino delle nazioni in base alle speranze escatologiche dell'ebraismo? Valuteremo anche come gli ebrei del periodo del Secondo Tempio consideravano la loro missione, compito e significato ultimo nel mondo, tra i gentili. Alcuni studiosi precedenti hanno affermato che le pratiche missionarie dei primi cristiani furono adottate dall'ebraismo. Pertanto, tali studiosi hanno compreso l'ebraismo come una religione fortemente missionaria che mirava a convertire i gentili all'ebraismo. Secondo questa visione, la rapida diffusione del Vangelo cristiano diventa comprensibile perché i primi cristiani, [[w:Paolo di Tarso|Paolo]] in particolare, avevano adottato la pratica e i modi missionari degli ebrei del loro tempo.<ref>Per una discussione in merito a questi argomenti, si vedano Schnabel, 2004, 92–93. Ware, 2005, 23–55.</ref> Recentemente, diversi studiosi hanno affermato che l'ebraismo non intendeva convertire i gentili, e quindi non può aver funzionato come un modello per l'ardente missione ai gentili dei primi cristiani. [[:en:w:Martin Goodman (historian)|Goodman]] e Bird affermano esplicitamente che l'ebraismo, a causa della sua mancanza di movimenti di proselitismo, non spiega il forte e ineguagliabile zelo missionario evidente nella Chiesa primitiva.<ref>Goodman, 1992, 53, 74–75.</ref> == Israele e il suo compito universale == [[:en:w:Michael Bird (theologian)|Bird]], [https://www.google.co.uk/books/edition/The_Mission_of_the_Church_In_Paul_s_Lett/PELgx9AtptMC?hl=en Ware] e [[w:Nicholas Thomas Wright|Wright]] hanno correttamente sottolineato che nelle nostre fonti, cioè nell'Antico Testamento e negli scritti del periodo del Secondo Tempio, Israele ha uno scopo e un compito unici per tutte le nazioni.<ref>Bird, 2006, 126–130. Wright, 1992, 267–268. Ware, 2005, 57–159.</ref> Questo scopo universale nasce dalla convinzione che ci sia un solo Dio, [[w:YHWH|YHWH]], che ha creato il mondo e ha scelto Israele come suo servo. Il [[w:monoteismo|monoteismo]] di per sé porta naturalmente all'idea che l'unico e solo vero Dio debba essere adorato da tutta l'umanità.<ref>Si veda Schnabel, 2004, 58–60. A p. 59 Schnabel afferma correttamente che "la confessione di Israele dell'unicità di YHWH è il fondamento dei concetti missionari".</ref> I gentili servivano idoli e non avevano la [[w:Torah|Torah]] di Dio, che fu data a Israele sul [[w:Monte Sinai|Sinai]]. Lo scopo ultimo di Israele era trasmettere la benedizione di Dio al mondo, essere una "luce per le nazioni" e portare la gloria di Dio al mondo. Ammettendo questo, dobbiamo riconoscere che il compito universale di Israele non significava che Israele dovesse essere attivo nel proselitismo — nell'AT la conversione dei gentili è un evento [[w:escatologia|escatologico]] e Dio è il più delle volte il suo unico soggetto. Abbastanza recentemente Ware ha sottolineato che Paolo pensava che la missione dei gentili fosse in realtà la missione di Dio.<ref>Ware, 2005, 291–292.</ref> Diversi studiosi hanno sottolineato che nell'Antico Testamento, Israele non ha la missione di predicare ai gentili. L'unico "percorso missionario" per raggiungere i gentili può essere attribuito al [[w:Giona (profeta)|profeta Giona]] che consegnò il messaggio del destino di Dio ai [[w:Ninive|niniviti]] ({{passo biblico2|Giona|1:2;3:2,4-7}}). Altrimenti ci sono pochissimi passaggi che parlano di un futuristico dovere missionario dei servi di Dio di predicare la parola di Dio ai gentili.<ref>Nonostante il fatto che Giona sia inviato a Ninive, tra i gentili, è ovvio che la sua missione può a malapena essere vista come sostegno a una missione verso i gentili. I niniviti si pentono, ma non c'è traccia che siano circoncisi e non c'è alcuna indicazione che Giona sia stato costretto a convertire i niniviti alla religione degli ebrei. Inoltre negli scritti rabbinici Giona non è considerato un missionario presso i gentili. Il pentimento dei niniviti è considerato esemplare per gli ebrei: m. Taan. 2:1; B. Taan. 16A; B. Ros. Ha. 16B; Mek. R.Yishm. Piska 1; y. Sanh. 11:7 (30b); Gen. Rab. 44:12. Nella tradizione attribuita a Gesù, il segno di Giona e il pentimento dei niniviti pone a Israele una sfida di pentimento. Per così dire, i niniviti sono visti come esemplari nella loro disponibilità a pentirsi: Matteo 12:39–41/Luca 11:29–32; Matteo 16:4. Si vedano Schnabel, 2004, 87. Wilson, 1973, 1–3.</ref> Il brano di {{passo biblico|Isaia|66:19}} e i Cantici del Servo Isaia costituiscono gli unici passaggi dell'Antico Testamento che anticipano emissari umani a predicare il parola di Dio ai gentili.<ref>Schnabel, 2004, 85.</ref> Ware sottolinea il ruolo del [[w:libro di Isaia|libro di Isaia]] per l'universalismo ebraico: "La relazione del Dio d'Israele con le nazioni è in Isaia, in misura maggiore che in qualsiasi altro libro dell'Antico Testamento, un tema importante e consistente". Secondo Ware in Isaia è prevista una conversione dei gentili nell’''eschaton'', ma questa conversione sarà realizzata esclusivamente da Dio.<ref>Ware, 2005, 59–60, 106–107. Cfr. {{passo biblico2|Isaia|2:2-5;11:9-10;25:6-9;60:1-16;66:18-24}}. A p. 61 Ware nota: "Israel has no part in the conversion of the nations; it is God who will turn the nations to himself and bring them to Mount Zion ({{passo biblico2|Isaia|2:2}}; {{passo biblico2|Aggeo|2:7}}; {{passo biblico2|Zaccaria|9:7}}; {{passo biblico2|Sofonia|2:11}}; {{passo biblico2|Salmi|22:27}})".</ref> Nell'Antico Testamento in generale, la ragione di esistenza universale di Israele non è connessa con il suo bisogno di proclamare il messaggio di Dio ai gentili e di raggiungerli attivamente. Al contrario, la missione universale di Israele si realizza quando essa agisce obbedientemente alla sua alleanza con l'unico e solo Dio ({{passo biblico2|Geremia|4:1-2}}). Schnabel afferma: {{q|The mission of Israel, focused on following joyously and obediently the injunctions of the covenant that YHWH had granted Israel, was local. What is universal, is the future consequences of this obedience.|Schnabel, 2004, 77–78}} Questa idea principale è espressa in vari modi nell'Antico Testamento.<ref>Come un chiaro rappresentante di questo si può citare {{passo biblico2|Deuteronomio|26:18-19}}: "Il Signore ti ha fatto oggi dichiarare che tu sarai per lui un popolo particolare, come egli ti ha detto, ma solo se osserverai tutti i suoi comandi; Egli ti metterà per gloria, rinomanza e splendore, sopra tutte le nazioni che ha fatte e tu sarai un popolo consacrato al Signore tuo Dio com'egli ha promesso". Deuteronomio 26:18–19 supporta l'affermazione principale che è evidente anche in {{passo biblico2|Mt|5:13-16}}: "Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli."</ref> Nei Salmi la conversione dei gentili nell’''eschaton'' è attesa con impazienza. Numerosi Salmi prevedono il regno universale di Dio o il re di Sion.<ref>Ware, 2005, 68–70. Per il regno universale di Dio o del suo re unto, cfr. {{passo biblico2|Salmi|2:8-12;22:27-28;46:8-10;66:1-4;72:8-11;96:10-13;97:1,9;98:1-9;110:1-2}}. Le nazioni sono chiamate a lodare Dio: {{passo biblico2|Salmi|47:1-2;66:1-8;68:32-33;96:1-2,7-10;97:1;98:4-6;100:1-2;117:1}}. Nei Salmi la conversione delle nazioni è un'aspettativa messianica: {{passo biblico2|Salmi|22:27;66:4;67:4-6;86:9;102:15-17,19,21-23}}. In alcuni Salmi l'ascoltatore è chiamato a proclamare le meraviglie di Dio tra le nazioni, ma non c'è un chiaro comando di impegnarsi nella predicazione missionaria: {{passo biblico2|Salmi|9:12;96:3;105:1-3}}.</ref> La salvezza dei gentili faceva parte della visione escatologica, e apparteneva alle attese riguardanti l'età messianica. Durante il tempo dell'adempimento escatologico, la beata Sion radunava a sé i gentili in modo centripeto ({{passo biblico2|Isaia|2:2-4;11:1-10}}). Secondo Isaia, il Servo del Signore ({{passo biblico2|Isaia|42:1,4,6;49:1,6;52:15}}) e alcuni emissari umani ({{passo biblico|Isaia|66:19}}) sarebbero attivi nell'annuncio della parola di Dio ai gentili e nel radunarli a Sion. Nonostante queste visioni futuristiche è abbastanza chiaro che secondo l'AT gli ebrei non praticavano la missione ai gentili. Nell'Antico Testamento solo alcuni individui, come [[w:Libro di Rut|Rut]], sono menzionati come convertiti al popolo di Dio.<ref>Si veda Schnabel, 2004, 78–86, 90–91.</ref> In Isaia e nell'Antico Testamento in generale la conversione dei gentili era prevista nell’''eschaton''. Nel contesto del raduno escatologico degli ebrei esiliati e della restaurazione di Sion, i gentili si sarebbero recati in pellegrinaggio a Gerusalemme. Questo spiega perché gli ebrei non praticassero la missione ai gentili sebbene ne anticipassero la speranza di conversione.<ref>Ware, 2005, 60–61.</ref> L'Antico Testamento e gli scritti ebraici del Secondo Tempio associano certamente Israele a termini sia particolaristici che universalistici. Lundgren sottolinea correttamente che l'autoconcezione e la missione degli ebrei e di Israele, dai tempi dell'Antico Testamento al periodo dell'ebraismo formativo e classico, erano improntate all'idea sia del particolarismo che dell'universalismo. Lundgren afferma quindi: {{q|The concept that unites the particularistic and the universalistic feature is the concept of the mission of Israel. Israel is the witness and servant of God for all mankind, ‘a light for the Gentiles’... Thus God acts for the benefit of all but uses Israel as his agent.|Lundgren, 2001, 19-31<ref>La citazione è a p. 24. Cfr. Blenkinsopp, 2002, 115-117.</ref>}} Israele è il popolo eletto ({{passo biblico2|Dt|7:6-9;32:8-9}}), il regno dei sacerdoti ({{passo biblico2|Es|19,5-6}}), e il suo destino e la sua vocazione è di essere una benedizione per tutte le famiglie della terra ({{passo biblico2|Gen|12:2-3}}). Che gli ebrei del periodo del Secondo Tempio concordassero sul fatto che Israele fosse il popolo eletto di Dio è attestato in tutte le nostre fonti. Questa idea di essere il popolo eletto di Dio costituiva il nucleo della concezione di sé degli ebrei.<ref>Cfr. Bird, 2006, 126. Wright, 1992, 259-268. Lundgren, 2001, 19–22, 25–28. Dunn, 2003, 289–290. I seguenti passi affermano il fatto che Israele era considerato eletto da Dio: {{passo biblico2|Deuteronomio|7:6-16;14:2}}; {{passo biblico2|Esodo 19:5}}; {{passo biblico2|Salmi|33:12;135:4}}; {{passo biblico2|Isaia|41:8-9;44:1-2;45:4}}; {{passo biblico2|Siracide|46:1}}; {{passo biblico2|Sapienza|3:9;4:15}}; {{passo biblico2|4Esdra|2:15-17;5:23-29;6:54}}; ''Spec.'' 1:303; ''Vit. Mos.'' 1:278; ''Jub.'' 15:31–32; ''Ps. Sol.'' 9:9–10 ecc.</ref> Israele doveva mantenersi separato dai gentili e dalle loro credenze e pratiche pagane. In {{passo biblico2|1Maccabei|1:11}} i "malvagi" di Israele incoraggiano gli altri ebrei palestinesi ad abbandonare questa separazione ebraica, che era una caratteristica emblematica del popolo ebraico: "Andiamo e facciamo alleanza con i gentili intorno a noi, poiché da quando ci siamo separati da loro molti disastri sono caduti su di noi".<ref>Cfr. Catchpole, 2006, 172.</ref> Israele è, come afferma {{passo biblico2|Nm|23:9}}, "un popolo che dimora solo e tra le nazioni non si annovera". Allo stesso tempo, la chiamata universale per Israele è evidente nell'Antico Testamento e negli scritti del periodo del Secondo Tempio. == Le speranze della restaurazione escatologica == === Escatologia del restaurazione === Ciò che si intende per speranza della restaurazione escatologica di Israele differisce da testo a testo, ma fondamentalmente gli ebrei condividevano la speranza di un tempo di beatitudine, fecondità, pace e prosperità ({{passo biblico2|Dt|30:1-10}}). Queste speranze escatologiche erano spesso collegate a visioni di un esodo e a idee secondo le quali sarebbero apparse una o due figure messianiche. Secondo alcune fonti il Tempio sarebbe stato restaurato o ricostruito e un pellegrinaggio di gentili e di nazioni sarebbe confluito nella Casa di Dio. Satana e i demoni sarebbero stati annientati e condannati, e Sion sarebbe stata trasformata in un paradiso. Wright ha sottolineato che molti ebrei si aspettavano soprattutto che il Dio d'Israele sarebbe tornato a Sion.<ref>Per chiarimenti sull'escatologia del restauro e sulle credenze escatologiche degli ebrei durante il periodo del Secondo Tempio, si vedano i seguenti riferimenti: Bird, 2006, 27. Donaldson, 1997, 70. Sanders, 1985, 77–119. Sanders, 1992, 289–298. Wright, 1992, 299–338. Dunn, 2003, 393–396. Dunn, 2003B, 4–7. Levine, 2006, 56–57, 62, 68–69.</ref> Per quanto riguarda le speranze escatologiche, va sottolineato che durante il periodo del Secondo Tempio gli ebrei non condividevano un "unica narrazione completa e totalmente d'accordo sui suoi dettagli" . Concordo con l'affermazione di [[w:James Dunn (teologo)|Dunn]]: {{q|What we have in Israel’s eschatology is a common basic outline of trust and hope elaborated and suplemented only by flashes of insight and inspiration.|Dunn, 2003B, 34–36}} In questa opera l'escatologia del restauro è usata come un concetto che descrive le credenze escatologiche ampiamente diffuse degli ebrei del periodo del Secondo Tempio secondo le quali Dio avrebbe dovuto redimere il suo popolo, restaurare Israele e portare avanti un tempo di beatitudine. Questo sarebbe stato un periodo durante il quale le profezie di salvezza si sarebbero adempiute – apparentemente l'adempimento avrebbe significato la dannazione per alcuni considerati peccatori. Nonostante le varie e complesse visioni della restaurazione escatologica di Israele, la restaurazione avrebbe sempre avuto un forte impatto sul mondo e sui gentili in qualche modo. Così la restaurazione escatologica di Israele e dell'era messianica riguarderebbe non solo Israele e gli ebrei, ma anche i gentili.<ref>L'adempimento escatologico della narrativa di Israele sarebbe incompleto se i gentili e il mondo intero non fossero indicati in qualche modo. Bird, 2006, 27, 29. Cfr. anche Vermes, 1983, 35. Sanders, 1992, 265–270.</ref> === Il pellegrinaggio delle nazioni === Dall'Antico Testamento, [[w:Joachim Jeremias|Jeremias]] formulò un preciso modello escatologico in cinque fasi del pellegrinaggio delle nazioni.<ref>Jeremias, 1971, 247. Jeremias, 1981, 57–60.</ref> Affermò che Gesù condivideva le linee principali di questo modello in cinque fasi del pellegrinaggio escatologico. Jeremias è stato criticato, per ragioni comprensibili, per aver semplificato le visioni escatologiche dell'Antico Testamento e del pensiero ebraico del Secondo Tempio. Gli ebrei del tardo periodo del Secondo Tempio non erano certamente uniti in un dogma rigorosamente formulato di pellegrinaggio delle nazioni. C'erano vari scenari del destino dei gentili nell'era escatologica. Lo stesso Antico Testamento contiene diversi scenari escatologici che sono talvolta in contraddizione tra loro. Il modello del pellegrinaggio escatologico proposto da Jeremias si compone delle seguenti cinque fasi: # La gloria di Dio è rivelata alle nazioni ({{passo biblico2|Zaccaria|2:17}}; {{passo biblico2|Isaia|40:5;51:4;52:10;60:3}}). # La chiamata di Dio ({{passo biblico2|Isaia|45:20,22;55:5;66:19-20}}; {{passo biblico2|Salmi|96:3,10}}). # L'effettivo pellegrinaggio delle nazioni a Sion ({{passo biblico2|Isaia|2:3;19:23;60:11;66:18}}; {{passo biblico2|Salmi|47:10}}; {{passo biblico2|Ger|3:17}}; {{passo biblico2|Mic|7:12}}; {{passo biblico2|Zaccaria|8:21,23;14:16}}). # La meta del pellegrinaggio è il santuario mondiale ({{passo biblico2|Isaia|45:14,23;56:7;66:18}}; {{passo biblico2|Salmi|22:28;96:7-8}}; {{passo biblico2|Sof|3:9}}). # Nel santuario mondiale le nazioni sono incorporate nel popolo di Dio. Prendono parte al banchetto sulla montagna del mondo ({{passo biblico2|Isaia|25:6-9}}). Jeremias enfatizza le speranze universali dell'Antico Testamento e afferma che le osservazioni negative sul destino dei gentili rappresentano una visione successiva e marginale nell'Antico Testamento. Inoltre, Jeremias afferma che "l'atteggiamento del tardo ebraismo nei confronti dei non-ebrei era intransigentemente severo" e che "l'aspettativa popolare dominante attendeva con ansia il giorno della vendetta divina, specialmente su Roma, e la distruzione finale dei gentili". Jeremias insiste sul fatto che queste aspettative escatologiche negative riguardo ai gentili erano popolari tra gli ebrei e che queste aspettative facevano parte dell'ambiente religioso di Gesù.<ref>Jeremias, 1981, 40–41.</ref> Tuttavia, a p. 61 del suo ''Jesus’ Promise to the Nations'', Jeremias ammette quanto segue: {{q|The pilgrimage of the Gentiles is also to be found in the extracanonical literature. It has repeatedly been inserted into the text of the Septuagint (''LXX'' Isaiah 54:15; Amos 9:12 ⇔ Acts 15:17).}} Geremia elenca passaggi come {{passo biblico2|Tobia|13:13}}; ''Sib. O.'' 3:716–717, 725–726, 772–775; ''T. Ben.'' 9:2; ''1 En.'' 10:21; 48:5 e 90:33 come rappresentanti del fatto che gli scritti extra-canonici del periodo del Secondo Tempio contenevano anche la speranza che i gentili entrassero nel santuario mondiale all’''eschaton''. Jeremias afferma inoltre che alcuni gruppi ebraici del tardo periodo del Secondo Tempio credevano chiaramente che una parte di gentili avrebbe beneficiato della venuta del Messia nell’''eschaton'' (''Sal. Sol.'' 17:31; {{passo biblico2|4Esdra|13:12-13}}; ''T. Ben.'' 11:2; ''T. Levi'' 18:9). Per Jeremias il "tardo ebraismo" risulta riferirsi principalmente all'[[w:rabbinismo|ebraismo rabbinico]] del periodo post-70. Nella [[w:letteratura rabbinica|letteratura rabbinica]], così insiste Jeremias: {{q|The exclusively nationalistic conception of the Messianic age which envisaged the destruction of the Gentiles had completely prevailed after the destruction of the temple in AD 70.|Jeremias, 1981, 61–62}} A mio avviso, Jeremias non affronta abbastanza chiaramente la questione di come, secondo la sua interpretazione, l'ambiente religioso ebraico del tempo di Gesù potesse essere sia negativo che positivo nei confronti dei gentili.<ref>Jeremias, 1981, 40–41, 61–63.</ref> Jeremias afferma che gli ebrei del primo secolo furono spinti con grande zelo a convertire i gentili all'ebraismo.<ref>Jeremias, 1981, 11–19. Altrove nella ''[[Serie misticismo ebraico]]'' ho chiarito le speranze ebraiche riguardo al ruolo del Messia. Secondo il mio punto di vista, moltissimi ebrei del I secolo anticipavano che il prossimo sovrano mondiale sarebbe sorto dalla Giudea (''Bell.'' 6:312). Questo sovrano-gestalt era certamente associato a credenze messianiche in alcuni circoli ebraici. Cfr. Sankamo, 2012, 293–308.</ref> Egli sostiene che l'ambiente culturale e religioso di Gesù era fortemente anti-gentile nelle sue aspettative escatologiche. Nonostante ciò, Jeremias riconosce i numerosi passi extra-canonici che testimoniano speranze più positive riguardo al destino dei gentili nell’''eschaton''. Inoltre, i brani che danno prova di visioni escatologiche anti-gentili, provengono per lo più dalla letteratura rabbinica, e quindi sono posteriori e non ritraggono necessariamente le credenze comuni del tardo periodo del Secondo Tempio. Alla luce degli scritti del periodo del Secondo Tempio, è plausibile sostenere che prima della distruzione del Tempio gli ebrei palestinesi condividessero abbastanza ampiamente speranze positive riguardo al destino dei gentili nell’''eschaton''. La "distruzione finale dei gentili" non era, secondo le nostre fonti, una speranza comunemente condivisa, sebbene questa speranza esistesse anche in certi ambienti. Certamente le speranze escatologiche erano complesse e varie. A livello popolare esistevano certamente speranze escatologiche ampiamente supportate del Messia, di un nuovo re Davide, che governasse i gentili e le nazioni (cfr. ''Bell.'' 6:312; ''2 Bar.'' 39:7; 40:1 e ''4 Esdra'' 12:31-32; ''Sal. Sol.'' 17-18).<ref>Collins, 1995, 68. Collins afferma quanto segue: "This concept of the Davidic messiah as the warrior king who would destroy the enemies of Israel and institute an era of unending peace constitutes the common core of Jewish messianism around the turn of the era." Horsley & Hanson, 1985, 109-110. In un [[Messianismo Chabad e la redenzione del mondo|wikilibro]] ho chiarito le speranze ebraiche riguardo al ruolo del Messia. Secondo il mio punto di vista, moltissimi ebrei del I secolo anticipavano che il prossimo sovrano mondiale sarebbe sorto dalla Giudea (''Bell.'' 6:312). Questo sovrano-gestalt era certamente associato a credenze messianiche in alcuni circoli ebraici. Vedi Sankamo, 2012, 293-308.</ref> === Il destino dei Gentili === Secondo [[w:Ed Parish Sanders|Sanders]] il pellegrinaggio dei gentili è solo una delle tante visioni che si possono trovare nell'Antico Testamento. Sanders introduce sei diverse predizioni dall'Antico Testamento che trattano del destino dei gentili.<ref>Sanders, 1985, 214–215.</ref> Evidentemente tutte queste predizioni sono menzionate con vari gradi di frequenza nell'Antico Testamento e anche negli scritti del periodo del Secondo Tempio: # Le ricchezze delle nazioni affluiscono a Gerusalemme ({{passo biblico2|Isaia|45:14;60:5-16;61:6}}; {{passo biblico2|Mic|4:13}}; {{passo biblico2|Sof|2:9}}; {{passo biblico2|Tobia|13:11}}; [[:en:w:War of the Sons of Light Against the Sons of Darkness|''1 QM'' 12:13-14]]). # I re dei gentili e delle nazioni gentili si inchinano e servono Israele ({{passo biblico2|Isaia|49:23;45:14,23}}; {{passo biblico2|Mic|7:17}}; ''[[w:Libro di Enoch|1 Enoch]]'' 90:30; [[:en:w:War of the Sons of Light Against the Sons of Darkness|''1 QM'' 12:13]]). # Israele sarà una luce per il mondo. La sua salvezza risplenderà fino ai confini della terra ({{passo biblico2|Isaia|49:6;51:4;2:2}}; {{passo biblico2|Mic|4:1}}). I gentili possono essere aggiunti a Israele e quindi essere salvati ({{passo biblico2|Isaia|56:6-8}}; {{passo biblico2|Zaccaria|2:11;8:20-23}}; {{passo biblico2|Tobia|14:6-7}}; ''[[w:Libro di Enoch|1 Enoch]]'' 90:30-33) # I gentili e le loro città vengono distrutti e conquistati ({{passo biblico2|Isaia|54:3}}; {{passo biblico2|Sir|36:7,9}}; ''[[w:Libro di Enoch|1 Enoch]]'' 91:9; {{passo biblico2|Baruc 4:25,31,35}}; [[:en:w:War of the Sons of Light Against the Sons of Darkness|''1 QM'' 12:103]]). # I gentili confrontano la vendetta di Israele ({{passo biblico2|Mic|5:10-14}}; {{passo biblico2|Sof|2:10-11}}; ''T. Mos.'' 10:7; ''[[w:Libro dei Giubilei|Giubilei]]'' 23:30; ''[[w:Salmi di Salomone|Sal. Sol.]]'' 17:25-27). # I gentili sopravvivono ma vivranno fuori della Terra d'Israele (''[[w:Salmi di Salomone|Sal. Sol.]]'' 17:31). Da questo elenco più o meno contraddittorio di aspettative escatologiche è impossibile formare un'aspettativa dogmatica e unificante che fosse condivisa in dettaglio dagli ebrei in generale. È tuttavia chiaro che il pellegrinaggio delle nazioni era una visione ampiamente condivisa tra gli ebrei del primo secolo. È da notare che nonostante la complicità della visione attestata nell'Antico Testamento e negli scritti successivi del periodo del Secondo Tempio, Sanders sostiene ancora che durante il tempo di Gesù l'ebraismo era abbastanza unito nella sua convinzione che la restaurazione escatologica di Israele avrebbe avviato il pellegrinaggio delle nazioni al Monte Sion.<ref>Si veda Sanders, 1993, 191–193. Sanders afferma che "molti ebrei" nutrivano speranze escatologiche secondo le quali i gentili si sarebbero convertiti e che avrebbero fatto pellegrinaggio al Monte Sion per lodare il Signore nel Suo tempio. Secondo Sanders "un buon numero di ebrei" condivideva tali credenze e che queste visioni/credenze erano "speranze di vecchia data e profondamente radicate tra gli ebrei".</ref> Riguardo alle speranze escatologiche degli ebrei sui gentili, Dunn afferma che "più comunemente l'aspettativa era che i gentili venissero in pellegrinaggio a Sion per rendere tributo o adorare Dio lì".<ref>Dunn, 2003B, 5.</ref> la popolarità della visione del pellegrinaggio escatologico dei gentili è sottolineata anche da Ware. Secondo lui, l'attesa del pellegrinaggio dei gentili a Sion restaurata è un "caratteristica diffusa, fondamentale e speciale del pensiero ebraico riguardo ai gentili nel periodo del secondo tempio". Questa fervente speranza e anelito trova le sue espressioni nelle opere di ''LXX'' Isaia, [[Oracoli Sibillini|Oracoli Sibillini]] III, [[w:Libro della Sapienza|Sapienza]], ''[[w:Libro di Enoch|Parabole di Enoc]]'' (1 En. 48; 62), [[w:Filone di Alessandria|Filone]], [[w:Libro di Tobia|Tobia]] e ''[[w:Testamento dei Dodici Patriarchi|Testamento di Levi]]''. Pur affermando ciò, Ware ammette che vi furono alcuni gruppi ebraici – soprattutto la setta di [[w:Qumran|Qumran]] – in cui l'idea del pellegrinaggio escatologico dei gentili fu marginalizzata, ma non del tutto abbandonata (1QIsa-a, ''[[w:Targum|Targum]] di Isaia'', [[w:Qumran|Qumran]]).<ref>Ware, 2005, 111–112, 153–154. Cfr. Bird, 2006, 28.</ref> Io sostengo l'ipotesi che il pellegrinaggio escatologico dei gentili a Sion per adorare Dio fosse una visione popolare. Alla luce delle nostre fonti, gli ebrei del tardo periodo del Secondo Tempio erano considerevolmente uniti in un'unica convinzione: la restaurazione escatologica di Israele avrebbe influenzato i gentili. Le credenze escatologiche sulla restaurazione di Israele riguardano, quasi senza eccezioni, la questione del destino dei gentili.<ref>Cfr. Dunn, 2003, 394–395. In alcune occasioni i gentili sono previsti che facciano una pellegrinaggio escatologico al Monte Sion per pregare il Signore, e in un'altra visione i gentili affluiscono a Sion in maniera negativa per pagare tributi agli Israeli e servirli come schiavi. Pellegrinaggio escatologico in cui i gentili verranno a Sion per servire il Dio di Israele: Salmi 22:27–28; 47:6–9; 68:30–32; 86:9; Isaia 2:2–4/Michea 4:1–3; Isa. 45:20–23; 56:6–8; 66:19–20, 23; Ger. 3:17; Sof. 3:9–10; 8:20–23; 14:16–19; Tobia 13:11; 14:6–7; 1 En. 10:21; 48:5 (= in questo versetto il pellegrinaggio non è esplicitamente menzionato nonostante il fatto che "tutti gli abitanti della terra si prostreranno e adoreranno davanti a lui" - cioè il Figlio dell'Uomo); 90:30–36; ''[[Oracoli Sibillini|Or. Sib.]]'' III:702–719, 772–775; T. Ben. 9:2; 2 Bar. 68:5–8. Pellegrinaggio escatologico secondo il quale i gentili porteranno doni e tributi agli Israeliti: Isa. 18:7; 45:14; 60:3–16; 61:5–6; Ag. 2:7–9; 1QM 12:13–14; 19:3–9; ''Salmi Sal.'' 17:30–34; ''[[Oracoli Sibillini|Or. Sib.]]'' III:772–776. I seguenti passi riguardano la conversione escatologica dei gentili o il fatto che la verità divina diverrà manifesta al mondo intero durante la fine dei tempi: 1 En. 10:21; 50:2–6; 90:30–36; 91:14; T. Sim. 7:2; T. Lev. 4:4; 8:14–15; T. Napht. 8:3; T. Asher 7:3; T. Dan. 6:7.</ref> Secondo una visione minoritaria, i gentili sarebbero stati condannati e totalmente distrutti.<ref>Salmi 2:8–9; Sof. 2:9–11; Sir. 36:1–9; Giub. 15:26; Isa. 34:2; Mic. 5:15; Zacc. 12:9; T. Mos. 10:7; Giub. 15:26–32; 1 En. 48:7–10; 63:1–12; 91:9; 1QM 1:9–10; 4:12; 6:5–6; 9:5–9; 11:13–17; 12:10–16; 15:1–16:15; 1QpHab 5:4; 1QSa 1:21. Si potrebbe sostenere che una visione pessimistica riguardo ai gentili sia conforme alle storie distruttive degli egiziani che annegano nel Mar Rosso e delle truppe di Sennacherib che vengono miracolosamente messe a morte fuori dalle mura di Gerusalemme. Cfr. Bird, 2006, 27. Si vedano 1 Macc. 4:9; 7:39–42; 2 Macc. 8:19–24; 15:20–27; Sir. 48:17–22; Bell. 5:375–419; 2 Bar. 63:3; 1QM 11:9–10.</ref> Nonostante la visione distruttiva è importante notare che la visione di distruzione e salvezza non va vista in termini troppo assoluti. Gli studiosi hanno riconosciuto che nelle nostre fonti le previsioni di sventura e salvezza per i gentili possono essere trovate inseparabilmente vicine l'una all'altra. Quindi, le predizioni di sventura per i gentili non significano necessariamente che fossero in senso assoluto condannati alla dannazione. Ciò è evidente in testi come {{passo biblico2|Isaia|66:15-21}}; ''2 Baruc'' 72:2-6 e ''[[w:Salmi di Salomone|Salmi Sal.]]'' 17:22-25, 30-31, in cui le predizioni riguardanti la distruzione e la salvezza dei gentili sono separate solo da un paio di versetti.<ref>Bird, 2006, 28.</ref> === Esodo escatologico === Il pellegrinaggio delle nazioni è introdotto in modo influente da Isaia e la visione si è diffusa in vari libri e passaggi della Bibbia ebraica. Il pellegrinaggio, come espresso in {{passo biblico2|Isaia|2:2-3}}, compare in passi come {{passo biblico2|Michea|4:1-3}}; {{passo biblico2|Geremia|3:17}} e {{passo biblico2|Zaccaria|8:20-23}}. In questi brani i gentili si recano in pellegrinaggio a Sion per adorare il Signore, ascoltare la sua Torah e servirLo. Negli scritti del periodo del Secondo Tempio questa visione è presentata per esempio in {{passo biblico2|Tobia|13:11,14:6-7}} e ''[[Oracoli Sibillini|Or. Sib.]]'' III:715-723, 767-775. In altri casi i gentili non arrivano solo per motivi cultuali e religiosi, ma per portare tributi e le "ricchezze delle nazioni" a Gerusalemme ({{passo biblico2|Isaia|60:3-7,9,11,13;61:6;66:12}}). Grazie a questi doni dei gentili, la già povera Sion diventerà ricca a spese dei gentili ex ricchi che poi diventeranno poveri. I re dei gentili vengono a Sion e portano con sé i figli di Sion, e di conseguenza l'esodo escatologico e il pellegrinaggio delle nazioni si realizzano simultaneamente. Questi gentili reali si prenderanno poi umilmente cura dei neonati d'Israele e li serviranno ({{passo biblico2|Isaia|49:22-23;60:16;66:12}}). Come mostra questa panoramica, il libro di Isaia contiene due diverse visioni dei gentili che arrivano a Sion durante il tempo escatologico. Secondo il primo punto di vista, si recheranno in pellegrinaggio per servire il Signore, vedere la Sua gloria e ascoltare e obbedire alla Sua Torah ({{passo biblico2|Isaia|2:2-4;66:18-21,23}}). Nella seconda visione invece i gentili arrivano a Gerusalemme per servire gli Israeliti e per portare nella città le "ricchezze delle nazioni", il che significa oro e argento, cammelli e greggi di pecore ({{passo biblico2|Isaia|60:3-16}}).<ref>Si veda Stansell, 2009, 233–255.</ref> Nei Vangeli non troviamo alcuna prova che Gesù abbia condiviso la visione dei gentili che fluivano verso il regno di Dio o verso Sion per servire come schiavi al gruppo di Gesù o a qualche altro gruppo speciale. La tradizione cristologica non contiene nemmeno detti espliciti secondo i quali gentili o estranei si sarebbero recati in pellegrinaggio al regno di Dio per pregare Dio e ascoltare la Sua Torah. È possibile trovare testimonianze secondo cui Gesù si aspettava che molti ebrei e gentili facessero "pellegrinaggio" o semplicemente che entrassero nel regno di Dio dove sarebbe stato servito un "grande banchetto" ({{passo biblico2|Matteo|8:11-12}} e parall.). Le tradizioni di Gesù non collegano la meta del pellegrinaggio con Sion, la Casa del Signore o Gerusalemme, ma solo con il regno di Dio, dove viene servito un banchetto in compagnia di Abramo, Isacco e Giacobbe. Una differenza tra le visioni classiche del pellegrinaggio delle nazioni e le tradizioni cristologiche è l'idea che il pellegrinaggio dei gentili non fosse chiaramente associato a un pasto o a un banchetto sul Monte Sion. In {{passo biblico2|Matteo|8:11-12}}/{{passo biblico2|Luca|13:28-29}} la destinazione dei molti non è geograficamente chiara, ma ciò che viene sottolineato è che alla destinazione, nel regno di Dio, sarà servito un pasto. È certamente corretto notare che le nostre fonti scritte dall'Antico Testamento e dal periodo del Secondo Tempio non indicano che ci fosse un banchetto nella destinazione finale del pellegrinaggio escatologico. I passi più significativi del pellegrinaggio escatologico, cioè {{passo biblico2|Isaia|2:2-3}} e poi {{passo biblico2|Tobia|13-14}}, non si riferiscono in alcun modo a un banchetto. Tuttavia è molto probabile che il lettore/ascoltatore di Isaia 2:2-3 avrebbe compreso questi versetti in relazione a {{passo biblico2|Isaia|25:6-10}}.<ref>Bird, 2006, 88–89.</ref> Dal punto di vista degli ebrei del I secolo, è difficile immaginare un altro contesto escatologico per {{passo biblico2|Isaia|25:6-10}} diverso da Isaia 2:2-3.<ref>È credibile affermare che dal punto di vista dei lettori o degli ascoltatori del I secolo "questo monte" di {{passo biblico2|Isaia|25:6}} sarebbe stato inteso come Monte Sion almeno per il fatto che il Monte Sion è menzionato in precedenza in {{passo biblico2|Isaia|24:23}}. Si è sostenuto che la visione escatologica di un banchetto ({{passo biblico2|Isaia|25:6-10}}) non appartenesse alla visione escatologica del pellegrinaggio. Per la relativa discussione si veda Beasley-Murray, 1986, 170. Bird, 2006, 88. Allison, 1997, 186.</ref> == Gli ebrei praticavano il proselitismo? == Finora abbiamo chiarito le diverse credenze degli ebrei del periodo del Secondo Tempio riguardo al destino dei gentili nell’''eschaton''. Ora metteremo in evidenza le pratiche concrete degli ebrei nei confronti dei gentili. Gli studiosi hanno discusso intensamente se gli ebrei del periodo del Secondo Tempio fossero spinti dallo zelo per la missione ai gentili. In altre parole, l'ebraismo era una "religione missionaria"? Se l'ebraismo fu pervaso da uno zelo missionario per convertire i gentili, allora Gesù, che secondo i Vangeli non condusse la sua missione tra i gentili, fu sorprendentemente diverso da molti dei suoi contemporanei. Questo è ciò che Jeremias asserisce con enfasi. Secondo lui, al tempo di Gesù, l'ebraismo era animato da uno zelo di missione senza pari nella sua storia. Egli afferma che "l'ebraismo fu la prima grande religione missionaria a fare la sua comparsa nel mondo mediterraneo".<ref>Jeremias, 1981, 11-12. A pag. 12 Jeremias afferma che "Gesù si presentò così in mezzo a quella che fu per eccellenza l'età missionaria della storia ebraica". Sostiene inoltre che il graduale declino dell'attività missionaria ebraica iniziò nel periodo successivo agli anni 70 e che gli sforzi missionari ebraici gradualmente svanirono quando il cristianesimo emerse come religione di stato dell'impero romano e la conversione all'ebraismo divenne illegale. Jeremias, 1981, 11-12, 17. A p. 17 Jeremias afferma che "la conversione alla religione ebraica non significava altro che la naturalizzazione, il diventare ebreo: la missione ebraica era allo stesso tempo propaganda nazionale". Jeremias è convinto della popolarità della missione ai gentili tra gli ebrei del tardo periodo del Secondo Tempio: "Gesù crebbe in mezzo a un popolo attivamente impegnato, sia con la parola che con lo scritto, in una missione ai gentili, il cui movente impellente era un profondo senso del loro obbligo di glorificare il loro Dio nel mondo dei gentili".</ref> Guardando alla storia della ricerca è ovvio che verso la fine del ventesimo secolo la maggior parte degli studiosi sosteneva che l'ebraismo fosse una religione missionaria. La conclusione di Jeremias sullo zelo missionario dell'ebraismo era una visione ancora ampiamente supportata negli ambienti accademici durante il suo tempo.<ref>Bird si riferisce a importanti studiosi come Adolf von Harnack, Emil Schürer, Julius Wellhausen, T. Mommsen, G. F. Moore e S. Sandmel che consideravano l'ebraismo una religione missionaria durante la fine del periodo del Secondo Tempio. Si veda Schürer, 1986, 158-176.</ref> Il problema sembra essere che le nostre fonti rivelano una fervida aspettativa e speranza di conversione dei gentili nell’''eschaton''. Nonostante questa speranza di conversione dei gentili, ci sono solo pochi vaghi riferimenti agli ebrei che convertono attivamente i gentili all'ebraismo, ma in modo confuso le nostre fonti rivelano che nel mondo antico c'erano molti convertiti, come anche "[[:en:w:God-fearer|timorati di Dio]]" che si erano parzialmente convertiti all'ebraismo.<ref>Ware, 2005, 47-55. Alle pagg. 54-55, Ware conclude: "Jews in antiquity did not, as far as our evidence indicates, engage in planned or public missionary preaching to gentiles. The only Jewish missionaries we know of in antiquity are the Jewish Christians we meet in Paul’s letters, the book of Acts, and other early Christian documents". Per la valutazione del numero di convertiti parziali nell'antichità, si veda Ware, 2005, 44–47. Le nostre fonti suggeriscono che ci fossero dei gentili che si erano parzialmente convertiti all'ebraismo, ma allo stesso tempo dobbiamo notare che la conversione al cristianesimo nascente divenne più popolare abbastanza presto. Come afferma Ware a p. 47 "these conversions to Judaism were not comparable in scope to the missionary gains of the early church... By the middle of the second century at least, Christians simply took for granted that their numbers far exceeded those of the entire Jewish population worldwide" - cfr. ''2 Clem.'' 2:3; Giustino Martire, ''Dial.'' 117; Ireneo, ''Dem.'' 94; Eusebio, ''Hist. Ecc.'' 1.4.2.</ref> === Cos'è la Missione? === Tra gli studiosi il concetto di '''''missione''''' ai gentili è spesso inteso in modi diversi e questo naturalmente incide sui risultati della visione della questione da parte degli studiosi. Per cominciare, possiamo notare che la missione in generale è da intendersi come intenzioni e azioni motivate dallo scopo di raggiungere, realizzare qualcosa e arrivare da qualche parte. Jeremias intendeva la missione dei gentili come "propaganda nazionale", perché la religione ebraica non può essere separata dalla nazione e dal popolo ebraici. Inoltre afferma che la missione dei gentili era intesa a realizzare la speranza di glorificare Dio in mezzo al mondo dei gentili, per diffondere la luce della Torah e per ''convertirli all’ebraismo''. Sorprendentemente per Jeremias, Gesù, come egli afferma, si oppose fermamente a questa missione dei gentili, che era ampiamente sostenuta e praticata tra gli ebrei del suo tempo ({{passo biblico2|Matteo|23:15}}).<ref>Jeremias, 1981, 17, 17-39.</ref> Secondo Geremia questa missione fu iniziata e praticata da alcuni individui ({{passo biblico2|Giovanni|7:35}}) che si sentivano obbligati a praticare la missione ai Gentili, cioè a realizzare i fini universali dell'ebraismo. È importante notare che nemmeno Jeremias, che sostiene che l'ebraismo al tempo di Gesù era una religione fortemente impegnata nella missione ai gentili, insiste che l'iniziativa di praticare la missione fosse presa dalle istituzioni ufficiali dell'ebraismo.94 Dai tempi dell'Antico Testamento per tutto il periodo del Secondo Tempio, l'unica fase in cui si può parlare di una missione-campagna organizzata con l'intenzione di convertire i gentili avvenne durante il regno degli [[w:Asmonei|Asmonei]] alla fine del II secolo p.e.v. [[w:Flavio Giuseppe|Flavio Giuseppe]] ci informa che durante il regno di [[w:Giovanni Ircano I|Giovanni Ircano I]] (134-104 p.e.v.) gli ebrei convertirono con la forza gli [[w:Edomiti|idumei]], e in seguito durante il regno di [[w:Aristobulo I|Aristobulo I]] (104-103 p.e.v.), gli [[w:Iturei|Iturei]] furono convertiti con la forza all'ebraismo. Flavio Giuseppe afferma che se gli Idumei desideravano rimanere nelle terre recentemente invase, che ora erano annesse al regno degli Asmonei (''[[w:Antichità giudaiche|Ant.]]'' 13:257-258, 319), dovevano essere circoncisi. È stato notato da Goodman e Bird che questa grande e organizzata campagna non può essere considerata una prova della disponibilità degli ebrei a diffondere l'ebraismo in tutto il mondo. Piuttosto, queste campagne erano motivate dalla volontà degli ebrei di mantenere pura ed ebraica la terra di Israele. La motivazione ideologica e religiosa della campagna degli Asmonei era certamente simile alla motivazione che spingeva i Maccabei a circoncidere con la forza tutti i ragazzi incirconcisi – sia ebrei che gentili – che trovavano "nel territorio d'Israele;" ({{passo biblico2|1Maccabei|2:46}}). I Maccabei adempirono a questo dovere all'inizio delle loro rivolte, il che suggerisce l'elevata importanza dell'atto. Flavio Giuseppe menziona che nel 67 e.v. due grandi uomini, che erano sotto la giurisdizione del re Agrippa II, vennero in Galilea. I galilei stavano per costringere questi due gentili a farsi circoncidere se fossero rimasti in mezzo a loro (''Vita'' 113). Qui è da notare che nel caso della conversione degli Idumei e di questi due cortigiani di Agrippa II, si sottolinea che loro potevano rimanere nel Paese solo se venivano circoncisi (''Ant''. 13:257-258, 319, 394-397; ''Vita'' 113, 149-154). Se lasciavano la Terra, non ci sarebbero state ragioni impellenti per essere circoncisi. Questo ovviamente suggerisce che la motivazione degli ebrei a circoncidere i gentili residenti nella loro terra era parte della loro volontà di mantenere la Terra Santa ebraica e religiosamente pura. Questi incidenti non possono essere considerati una prova della volontà degli ebrei di praticare la missione verso i gentili. È chiaro che la pressione sociale per essere circoncisi era grande in Galilea e in Giudea. L'affermazione di Bird è corretta: "La circoncisione dei gentili qui (in Israele) non è una questione di missione o conversione, ma di mantenere la santità della terra e proteggerla dalla contaminazione".<ref>Bird, 2010, 35, 59–60. Goodman, 1992, 64–65. Ware, 2005, 49.</ref> La necessità di mantenere la terra santa purificata e incontaminata è evidente in vari passi degli scritti del Secondo Tempio. Durante le rivolte dei Maccabei gli oggetti di culto pagano furono cancellati, abbattuti e diversi gentili furono cacciati dal paese: {{passo biblico2|1Maccabei|4:42-45;5:68;13:47-48,50;14:36}}.<ref>Si vedano Schnabel, 2004, 96–97. Bauckham, 2005, 94–102.</ref> La motivazione teologica di queste riforme cultuali derivava senza dubbio da {{passo biblico2|Dt|12:2-4}}. Dagli anni 1990, l'affermazione di Jeremias che la missione ai gentili era molto praticata durante il tempo di Gesù è stata criticata e abbandonata da Goodman e [[:en:w:Scot McKnight|McKnight]]. Possiamo certamente affermare che il consenso secondo cui l'ebraismo era una religione missionaria è stato abbandonato tra gli studiosi attuali. Tuttavia è chiaro che la conclusione negativa di Goodman e McKnight sullo zelo missionario dell'ebraismo dipende in parte dalla loro ristretta definizione della missione ai gentili. Nella sua definizione della missione gentile, Goodman afferma che la motivazione conscia alla base della missione è di grande importanza. Secondo lui la motivazione diretta della missione ai gentili è fare proselitismo, e non solo informare, educare o giustificare una visione della fede con un intento apologetico.<ref>Goodman, 1994, 4–5.</ref> A causa di questa definizione apparentemente rigorosa, Goodman trascura diversi passi contenenti menzioni di apologetica e di educazione quando giudica se l'ebraismo fosse una religione missionaria o meno. In modo simile, McKnight intende una religione missionaria come una religione che desideri consapevolmente di evangelizzare i non-membri in modo che si convertano alla religione.<ref>McKnight, 1991, 4–5.</ref> [[w:John Dickson (saggista)|Dickson]] critica la definizione minimalista di McKnight e Goodman della missione ai gentili perché tendono a considerare la missione in modo troppo ristretto, come attività direttamente collegabile a finalità di conversione del non-membro. Secondo questa definizione restrittiva, la missione è intesa praticamente come evangelizzare/predicare ai non-membri affinché si convertano. Tuttavia, la missione, che mira alla conversione dei non-membri, può essere vista in termini più ampi. La preghiera, l'insegnamento apologetico e le buone opere a favore dei non-membri sono spesso visti come indirettamente motivati ​​da un impegno missionario, cioè dal desiderio che i non-membri diventino, in qualche modo, membri o associati. Dickson ha certamente ragione nella sua affermazione che una religione missionaria non è riconosciuta solo dai suoi atti pratici di predicazione, evangelizzazione e conquista dei non-membri, ma anche da molte altre attività, che non sono direttamente da considerare al servizio della conversione del non-membro. L'impegno missionario di una religione si vede anche nelle sue credenze e visioni religiose.<ref>Dickson, 2003, 10. Dickson definisce la missione come "la gamma di attività con cui i membri di una comunità religiosa desiderosi della conversione degli estranei cercano di promuovere la loro religione ai non aderenti".</ref> Possiamo affermare che la questione dell'ebraismo come "religione missionaria" è troppo semplicistica. Essa presuppone che l'ebraismo fosse unito in queste grandi questioni intenzionali – cioè, che gli ebrei in genere desiderassero la conversione dei pagani, e che agissero secondo questa speranza.<ref>Dickson, 2003, 11–13.</ref> A tale domanda una risposta facile e corretta deve essere "no", perché nel senso presupposto l'ebraismo non era una religione missionaria. Tuttavia l'ebraismo conteneva certamente speranze universali, che credo fossero condivise dalla maggioranza degli ebrei. Queste speranze universali contenevano la visione che Israele sarebbe stata una fonte di benedizione e luce per le nazioni ({{passo biblico2|Genesi|12:2-3}}; {{passo biblico2|Isaia|49:6}}) e che i gentili sarebbero andati in pellegrinaggio al glorificato Monte Sion nell’''eschaton'' a causa del miracolo di Dio.<ref>Ware, 2005, 90, 93–94, 107, 116–117, 143, 153–154.</ref> Tra gli ebrei c'erano certamente alcuni maestri che cercavano di insegnare e raggiungere i gentili affinché potessero pervenire alla salvezza, sotto le "ali della [[w:Shakhinah|Shekhinah]]".<ref>Donaldson, 1997, 59. Dickson, 2003, 12–13, 49–50.</ref> === Testimonianze di proselitismo ebraico === Il nostro scopo non è di approfondire la discussione sull'attività missionaria di alcuni ebrei durante il periodo del Secondo Tempio. Qui introdurrò solo di sfuggita i brani principali, importanti per la questione della missione degli ebrei ai gentili. Tanto per cominciare, sia le fonti scritte romane che quelle ebraiche suggeriscono che alcuni ebrei individualmente praticassero la missione ai gentili durante il periodo del Secondo Tempio. Ci sono due riferimenti più o meno espliciti a singoli ebrei che fanno proselitismo verso i gentili a Roma. Il primo risale al 139 p.e.v. e il secondo al 19 e.v. Secondo [[w:Valerio Massimo|Valerio Massimo]], scrittore all'inizio del I secolo, gli ebrei furono espulsi da Roma nel 139 p.e.v. a causa della diffusione della loro religione (''[[w:Factorum et dictorum memorabilium libri IX|Factorvm et Dictorvm Memorabilivm]]'', 1.3.3).<ref>Valerio Massimo, 13. 3–4. Dickson, 2003, 24–25. Valerio compilò il suo lavoro durante il regno dell'imperatore Tiberio (14-37 p.e.v.). McKnight, che è, come abbiamo visto, scettico sull'affermazione che gli ebrei sarebbero stati impegnati nella missione ai gentili, afferma sulla base dei testi di Valerio Massimo che durante questo periodo gli ebrei praticavano effettivamente il proselitismo in una certa misura. Inoltre afferma che questa attività sembra essere stata così potente che i romani ebbero bisogno di prendere alcuni provvedimenti contro di essa. McKnight, 1991, 73.</ref> Il secondo riferimento a una possibile attività di proselitismo a Roma riguarda l'anno 19 e.v. quando, secondo Flavio Giuseppe (''Ant.'' 18:81-84), [[w:Publio Cornelio Tacito|Tacito]] (''Ann.'' 2:85), [[w:Gaio Svetonio Tranquillo|Svetonio]] (''Tib.'' 36) e [[w:Cassio Dione|Cassio]] (''Dio'' 57.18.5a) una grande moltitudine di ebrei furono deportati da Roma. È degno di nota che solo Cassio affermi chiaramente che il motivo dell'espulsione era l'attività di proselitismo degli ebrei.<ref>Dickson, 2003, 26–27.</ref> Secondo Flavio Giuseppe l'espulsione di quattromila ebrei romani nell'isola di Sardegna fu dovuta a un truffatore ebreo che "era stato cacciato lontano dal proprio paese con un'accusa mossa contro di lui per aver trasgredito le loro leggi", ''Ant.'' 18:81. Questo truffatore ebreo senza nome, che era "sotto tutti gli aspetti un uomo malvagio", era sfuggito alla sua punizione a Roma dove ora "professava di istruire gli uomini nella saggezza delle leggi di Mosè", 18:81. Lavorando con altri tre ebrei, che erano "in tutto del suo stesso carattere, persuasero Fulvia, una donna di grande dignità, e una che aveva abbracciato la religione ebraica, a inviare porpora e oro al tempio di Gerusalemme", 18:82. Fulvia diede loro i soldi da mandare a Gerusalemme, gli uomini usarono i soldi per se stessi. L'inganno divenne però noto al marito di Fulvia, che lo raccontò all'imperatore [[w:Tiberio|Tiberio]], 18:83. Di conseguenza Tiberio bandì l'intera comunità ebraica di Roma, in tutto quattromila ebrei, se si può fare affidamento su Flavio Giuseppe, dalla città all'isola di Sardegna, 18:84. Dal racconto di Flavio Giuseppe è possibile leggere un implicito riferimento alla missione dei gentili poiché questi uomini stavano insegnando la Torah al popolo e siccome erano in contatto con un convertito all'ebraismo. Inoltre, l'idea di inviare doni al tempio di Gerusalemme può essere compresa alla luce delle più ampie visioni del pellegrinaggio delle nazioni a Sion, che spesso si accompagna alla speranza della ricchezza delle nazioni che affluisce nella città ({{passo biblico2|Tobia|13:11}}, {{passo biblico2|Isaia|60:5-13}}; {{passo biblico2|Ag|2:7}}; {{passo biblico2|Salmi|72:10}}). Anche altri convertiti stranieri inviarono denaro a Gerusalemme: ''Ant.'' 20:50–53. Dickson interpreta queste due storie a Roma come supporto per l'affermazione che alcuni singoli ebrei avessero diffuso gli insegnamenti dell'ebraismo a Roma, e senza dubbio anche in altre città dell'Impero, al fine di convertire i romani.<ref>Dickson, 2003, 30–31.</ref> McKnight ammette esitante che ci sono testimonianze che suggeriscono che a Roma, nei due periodi citati, vi fossero ebrei che tentarono di convertire i romani all'ebraismo. McKnight sottolinea che le prove provenienti da Roma sono eccezionali e riguardano solo Roma.<ref>McKnight, 1991, 74.</ref> È tuttavia più probabile che sarebbe stato più pericoloso e difficile praticare il proselitismo a Roma che in altre città o paesi dell'Impero. Come osserva Dickson, le restrizioni ufficiali per la promozione di altre credenze religiose erano più severe a Roma che altrove nell'Impero Romano. Di conseguenza, si può presumere che il proselitismo fosse praticato anche da altri individui in altre parti dell'Impero.<ref>Dickson, 2003, 31. Cfr. Ignat. ''Phld.'' 6:1.</ref> È possibile che Paolo fosse a conoscenza del famigerato incidente del 19 e.v. a Roma, come suggerito dai versetti {{passo biblico2|Rm|2:17-24}}, che potrebbero riferirsi all'incidente. Se tale è il caso, allora Paolo (Romani 2:17-24) stava criticando le attività missionarie ebraiche sulla base di questi individui che ingannavano i romani nonostante avessero insegnato loro la Torah. Il brano di Romani 2:17-24 si riferisce agli ebrei come "guide dei ciechi", mentre in ''[[Antologia ebraica/Dalle Profondità|Or. Sib.]]'' III:194-195 "la nazione dell'Iddio Potente... sarà per tutti i mortali la guida della vita". Inoltre in ''[[Antologia ebraica/Dalle Profondità|Or. Sib.]]'' III-IV i gentili sono incoraggiati ad abbandonare i loro idoli e a servire Dio.<ref>''[[Antologia ebraica/Dalle Profondità|Or. Sib.]]'' III:5–10, 547–579, 624–634, 732–740; 4:162–167.</ref> Questi passi da ''[[Oracoli Sibillini|Or. Sib.]]'' III–IV sostengono la visione attestata in Romani 2:17–24 secondo la quale alcuni ebrei religiosi consideravano loro dovere proclamare una sorta di monoteismo etico ai gentili. Secondo la mia opinione, c'è una debole possibilità che Romani 2:17-24 si riferisca effettivamente all'incidente menzionato da Flavio Giuseppe (''Ant.'' 18:81-84) e dalle altre tre fonti, ma anche se non si riferisce a quell'incidente, si erge comunque come prova della pratica missionaria ebraica.<ref>Dickson, 2003, 31–32.</ref> Oltre a questi due riferimenti all'attività missionaria a Roma, Flavio Giuseppe menziona per esteso (''Ant.'' 20:17-96) la conversione di Elena, regina di Adiabene e di suo figlio Izate. La loro conversione nella Mesopotamia settentrionale sarebbe avvenuta ca. 30 e.v. La regina Elena è citata anche nelle fonti rabbiniche: ''m. Naz.'' 3:6. Flavio Giuseppe afferma che Anania, un mercante ebreo, entrò tra le donne della casa reale e "insegnò loro ad adorare Dio secondo la religione ebraica". Inoltre, esortò anche Izate ad abbracciare l'ebraismo, 20:34-35. Izate si convertì, ma sentiva che "non poteva essere completamente ebreo a meno che non fosse circonciso", 20:38. Elena, sua madre e il mercante ebreo Anania cercarono di convincerlo che sarebbe stato troppo pericoloso per lui essere circonciso perché era il re, e che i suoi sudditi non si sarebbero mai lasciati guidare da un ebreo, 20:39-40. Al momento Izate si convinse di poter servire Dio anche se non fosse stato circonciso, 20:41-42. In seguito, però, Eleazar, venne ad incontrare il re. Egli persuase Izate che per servire Dio come ebreo, avrebbe dovuto essere circonciso. Pertanto Izate fu circonciso, 20:43-46.<ref>Si veda Dickson, 2003, 33–37. La questione si i gentili che si convertaivano all'ebraismo fossero obbligati a circoncidersi è certamente complicata. Borgen (Borgen, 1987, 220, 223) afferma quanto segue: "According to ''b. Sabb'' 31a, Hillel gave the status of proselyte to a heathen who came to him and accepted the Golden Rule as summary of the Torah. Philo and Hillel’s understanding has thus been that bodily circumcision was not the requirement for entering the Jewish community, but was one of the commandments which they had to obey upon receiving status as a Jew." A p. 223 Borgen asserisce: "Although Philo, according to QE 2:2, gave heathens the status of proselytes on the basis of ethical circumcision of the pagan pleasures, he meant that the observance of bodily circumcision was to follow." In QE 2:2 Filone interpreta {{passo biblico2|Esodo|22:21}} e afferma che "il forestiero (= προσήλυτος) è uno che non circoncide la sua incirconcisione, ma i suoi desideri e piaceri sensuali e le altre passioni dell'anima". Sembra che per Filone si potesse circoncidere un proselito completo nel senso di QE 2:2, e che non fosse necessaria una circoncisione fisica (Borgen, 1987, 218-219). Filone sottolinea chiaramente che un proselito fosse identificato grazie al suo comportamento etico (''Virt.'' 102-104). Secondo la lettura di Filone fatta da Borgen "conversion meant that the proselytes made a social, judicial and ethnic break with pagan society and joined another ethnic group, the Jewish nation." In linea con ''Virt.'' 102-104 queti abbandonavano la loro famiglia, il loro paese e le loro usanze per entrare a far parte di una nuova "comunità" (πολιτεία). Borgen, 1987, 212-213. Bird, 2010, 106-107. Ware, 2005, 140-143. Cfr. ''Virt.'' 180, 219, 214. ''Spec.'' 1:51–153. Alle pp. 210-211 Borgen (Borgen, 1987, 210-211) afferma che il brano di Filone sulla conversione in ''Virt.'' 178-179 funziona come un "model for the instruction of pagans in Philo’s own time". L'intera sezione di ''Virt.'' 175-186 raffigura la virtù della conversione. Si noti inotre il curioso passaggio di Tacito in ''Hist.'' 5:5, che riguarda i gentili che in qualche modo si sono uniti agli Ebrei – forse come proseliti: "Coloro che si avvicinano alla loro religione adottano la pratica, e si fanno prima instillare questa lezione, di disprezzare tutti gli dei, di rinnegare i loro paese e sminuire genitori, figli e fratelli". Nei testi di Filone si ha l'impressione che la conversione fosse segnata dal seguire alcune virtù etiche (''Virt.'' 102-104, 180-182), ma Filone non menziona che i convertiti venissero circoncisi fisicamente.</ref> A questo proposito è interessante che quando Filone scrive dei convertiti, come fa abbastanza spesso, non menziona mai che sarebbero stati circoncisi.<ref>Donaldson, 1997, 64. Filone presenta alcuni gentili come giusti e pii nonostante il fatto che non vivessero secondo la Torah: ''Spec.'' 2:42-48. Filone ha scritto della conversione dei pagani in ''Virt.'' 178-179.</ref> In particolare in ''[[Antologia ebraica/Davanti a Dio|Or. Sib.]]'' IV il messaggio per i gentili non menziona la circoncisione ma è un messaggio su monoteismo e giudizio futuro. La circoncisione non è richiesta e nemmeno menzionata, ma ciò che è richiesto ai gentili è un bagno di purificazione (''[[Antologia ebraica/Davanti a Dio|Or. Sib.]]'' IV:162-177). Sembra che gli ebrei avessero opinioni diverse riguardo alle leggi che i convertiti, i timorati di Dio e i simpatizzanti degli ebrei avrebbero dovuto osservare. La circoncisione non era richiesta ai timorati di Dio o ai gentili che si erano uniti liberamente alla comunità ebraica e osservavano alcune pratiche religiose degli ebrei come il sabato e l'accensione delle lampade.<ref>Schürer, 1986, 165–176. Cfr. in particolare pp. 165, 173–175. Si vedano i vari obblighi in merito ai convertiti gentili: ''m. Ker.'' 2:1; ''m. Pes.'' 8:8; ''m. Eduy.'' 5:2.</ref> Fredriksen ha ragione nell'insistere sul fatto che durante i tempi antichi l'unione dei gentili con gli ebrei nel loro culto del Dio di Israele dovesse essere compresa nel contesto dell'"ecumenismo religioso che segnò la cultura pagana in generale". Alcuni gentili adottarono molte pratiche e punti di vista degli ebrei, alcuni si unirono al loro culto, ma allo stesso tempo questi "simpatizzanti" della religione e della nazione ebraiche rimasero comunque gentili.<ref>Bird, 2010, 84–85. Inoltre Bird sottolinea questo punto e nota a p. 85 quanto segue: "since the Roman religion was not exclusivist in principle or practice, it was relatively easy to establish new cults in the imperial capital itself and to worship in a variety of religious temples and associations. That is why a Roman noble woman such as Julia Severa could be a pagan high priestess and also the benefactor of a synagogue at Acomia in Phrygia." Cfr. Schürer, 1986, 164. A p. 164 si afferma: "The possible forms of the union of gentiles to Judaism, and the extent of their observation of the Jewish Law, were clearly very varied. Tertullian speaks of gentiles who worshipped their pagan gods as well as observing individual Jewish precepts. On the other hand, those who underwent circumcision presumably undertook thereby the obligation to observe the entire Law to its full extent (cf. Gal 5:3)." Si veda Bird, 2004, 124, 129.</ref> Di solito non si convertivano all'ebraismo perché ciò avrebbe richiesto la circoncisione e un'intera trasformazione della propria identità al suo interno. Una conversione completa, segnata dalla circoncisione, avrebbe significato che il convertito doveva obbedire a tutta la Torah come afferma Paolo in {{passo biblico2|Galati|5:3}}.<ref>Schürer, 1986, 165–176.</ref> Vale la pena citare Fredriksen per esteso: {{q|Conversion accordingly meant ceasing traditional pagan worship altogether, thus cutting oneself out of the social and religious fabric of the ancient city. This was a serious and consequential step. Virtually all civic activities involved sacrifices. Failure to participate in the cults of the city and of the empire (which mandated homage to the emperor and to the genius of Rome) could easily result in at least resentment, if not actual criminal charge.|Fredriksen, 1999, 129–132<ref>Cfr. anche Bird, 2010, 22–23. Bird nota correttamente, in linea con Fredriksen, che la conversione all'ebraismo significava che la persona doveva rinunciare alle sue precedenti pratiche e credenze religiose pagane. Un pagano poteva essere devoto a Iside o a Dionisio e aggiungere alle sue preesistenti convinzioni religiose la devozione a qualche altra divinità pagana. Tale sincretismo era teoricamente impossibile per un convertito all'ebraismo perché l'ebraismo era una fede monoteista, che escludeva tutte le altre divinità. A p. 33 Bird afferma: "circumcision was the end point or the final bridge to be crossed in the movement towards the Jewish way of life. The implication is that Judaizing by Gentiles was a broad concept, but circumcision was the terminus of conversion." Cfr. Bird, 2010, 24, 30–31, 33–34. La circoncisione come prova di una conversione completa appare confermata nei seguenti passi: ''Ant.'' 20:38; 13:257–258, 319; ''Bell.'' 2:454; ''Jdt'' 14:10. Si veda Bird, 2010, 24–40.</ref>}} Secondo me non c'è motivo di dubitare della storicità fondamentale del chiarimento che Flavio Giuseppe propone sulla conversione della regina di Adiabene e di suo figlio Izate. La circoncisione di Izate era una questione eccezionale, che, come sostiene la storia, suscitò timori e provocò serie considerazioni, nonché la persuasione del maestro galileo, Eleazar. Goodman ha ragione nell'affermare quanto segue: {{q|circumcision is a painful business and cases are recorded from the ancient world of this being the sticking point for would-be converts: Izates of Adiabene hesitated to undertake an act which might prove disastrously unpopular with his subjects (''Ant.'' 20:38–39).|Goodman, 1994, 81}} Il requisito della circoncisione non era un qualcosa che fosse necessariamente connesso con l'attività dei "missionari" ebrei.117 Ciò dimostra ancora una volta che l'ebraismo del periodo del Secondo Tempio non praticava una missione gentile e intenzionale di vasta portata al fine di convertire (mediante la circoncisione ) i gentili all'ebraismo.<ref>Bird, 2010, 12–13, 40. Si veda anche: Schürer, 1986, 164–165.</ref> Certamente alcuni singoli ebrei presero l'iniziativa di diffondere il "monoteismo etico" e di "evangelizzare" i gentili al Dio di Israele. Gli ebrei di regola, tuttavia, non richiedevano o desideravano che i gentili diventassero ebrei, cioè membri a pieno titolo del popolo ebraico.<ref>Cfr. Bauckham, 2005, 99. Gli scritti rabbinici del periodo talmudico affermano che i gentili sono incoraggiati e obbligati a osservare le leggi dei figli di Noè, cioè le [[w:Noachismo|Leggi Noachidi]] (''b. Sanh.'' 58b-59a). Gli scritti riguardanti le Leggi Noachidi sono troppo tardi per essere applicati come fonti al nostro studio. Nonostante ciò, le Leggi Noachidi del Talmud rivelano che gli ebrei volevano diffondere il monoteismo etico ai gentili, sebbene non volessero che i gentili si convertissero completamente all'ebraismo. Un elenco di leggi date ai figli di Noè si trova in ''Jub.'' 7:20-21. Cfr. Neusner, 2005, 288–290. Lundgren, 2001, 29–31. ''B. Sanh.'' 56a; t. ''ʿAbod. Zar.'' 8:4; ''Gen. R.'' 34:8 e ''Seder Olam'' R. 4.</ref> [[w:Filone di Alessandria|Filone]] certamente pensava che la religione dell'ebraismo dovesse servire il mondo intero. Sperava che i gentili abbandonassero le loro strane leggi e adottassero la Torah, ''Vit. Mos.'' 2:44: "Penso che in tal caso ogni nazione, abbandonando tutte le proprie usanze individuali, e disprezzando completamente le proprie leggi nazionali, cambi e passi solo all'onore di un tale popolo; poiché le loro leggi, che risplendono in connessione e simultaneamente con la prosperità della nazione, oscureranno tutte le altre, proprio come il sole nascente oscura le stelle". Filone menziona anche che, a differenza degli aderenti alle religioni misteriche di Alessandria, gli ebrei praticavano apertamente la loro religione, ''Spec.'' 1:320–323. Filone afferma che l'insegnamento dell'ebraismo era a beneficio di tutti e quindi era e avrebbe dovuto essere insegnato nei mercati, 1:321. Il fatto che Filone non menzioni la sinagoga ma le piazze del mercato di Alessandria, suggerisce fortemente che sperava che le glorie dell'ebraismo sarebbero state insegnate a tutti.<ref>Dickson, 2003, 38–39. McKnight, 1991, 55–56.</ref> Filone afferma che la Bibbia ebraica venne tradotta in greco perché alcuni ebrei pensavano che sarebbe stata "cosa scandalosa che queste leggi fossero conosciute solo da una metà della razza umana" e di conseguenza, a causa della traduzione greca, la Bibbia fu resa disponibile ai barbari e ai greci (''Vita Mos.'' 2:27). Come ulteriore prova della volontà di alcuni ebrei di diffondere l'insegnamento dell'ebraismo tra i gentili, possiamo fare riferimento a {{passo biblico2|Gal|5:11}}, {{passo biblico2|Rm|2:19-24}} e {{passo biblico2|Mt|23:15}}. Il brano di Galati indica molto probabilmente che Paolo era stato coinvolto nella predicazione della "circoncisione" ai gentili durante il periodo precedente alla sua rivelazione di Cristo. Il detto di {{passo biblico2|Matteo|23:15}} è stato interpretato in diversi modi. Implica che alcuni farisei si fossero recati in terre straniere per convertire i gentili?<ref>Jeremias, 1981, 18–19. Feldman, 1993, 298.</ref> O riflette la volontà di alcuni farisei di convertire altri ebrei alla lora fazione o setta?<ref>Goodman, 1994, 69–74.</ref> Entrambe queste interpretazioni sono improbabili perché non possono essere supportate da scritti chiari provenienti dal periodo del Secondo Tempio. Concordo con Ware nella sua conclusione che Matteo 23:15 mette in relazione il desiderio di alcuni ebrei di convertire all'ebraismo i timorati di Dio e i simpatizzanti ebrei tramite la circoncisione. Questa spiegazione trova sostegno nella storia di Eleazar, il maestro ebreo galileo, che viaggiò in terre straniere per completare la conversione del gentile Izate (''Ant.'' 20:43-46). Eleazar costrinse Izate a farsi circoncidere per convertirsi all'ebraismo — seguire il monoteismo etico ebraico in quanto tale non era per lui sufficiente.<ref>Ware, 2005, 53–54. Cfr. {{passo biblico2|Galati|1:7;2:4,11-13}}; {{passo biblico2|Atti|15:1}}. Della stessa opinione sono McKnight e Bird. McKnight, 1991, 106–108. Bird, 2004, 127–137. Bird (Bird, 2004, 120–122, 136–137), McKnight (McKnight, 1991, 106–107), Goodman (Goodman, 1994, 69), Davies e Allison (Davies & Allison, 1997, 287–288) sostengono che {{passo biblico2|Matteo|23:15}} si basa sulla tradizione ma che il detto sia stato strutturato da Matteo nella sua forma presente. Sul significato di Matteo 23:15, Bird (Bird, 2004, 136) afferma quanto segue: "In sum, I have suggested that Jesus criticizes the Pharisees for Judaizing a God-fearer with a view to indoctrinating him with nationalistic propaganda where, if he accedes and enacts such a perilous programme, the proselyte will share the fate of his mentor and burn like Jerusalem in the ashes of ''geheena'' in the aftermath of the terror wrought by the Roman legions." È interessante notare che Flavio Giuseppe ci informa che parecchi stranieri e Idumei, che erano stati convertiti all'ebraismo, presero parte con entusiasmo alla guerra giudaica contro i romani (''Bell.'' 4:224–355; 5:15, 248–250, 358; 7:191): cfr. Bird, 2004, 130–131.</ref> Sebbene non ci siano prove sufficienti per affermare che l'ebraismo fosse una "religione missionaria", è chiaro che molti ebrei sentivano e credevano che la loro missione fosse quella di diffondere gli insegnamenti dell'ebraismo – il monoteismo etico – ai gentili. In questo senso è particolarmente importante l'idea che Israele è il regno dei sacerdoti: {{passo biblico2|Es|19:6}}; {{passo biblico2|Isaia|61:6}}. Secondo questi versetti Israele adempie al suo dovere sacerdotale come popolo quando obbedisce alla Torah, la voce di Dio. In [[Antologia ebraica/Dodici Patriarchi#XIV|''T. Levi'' 14:1-4]] è indicato che i Leviti devono obbedire alla Torah per risplendere davanti alle nazioni, e così la luce illuminerebbe ogni uomo: "E se voi diventerete tenebra a causa dell'empietà, che resterà da fare alle genti che vivono nella cecità? Voi attirerete la maledizione sopra la nostra gente e così finirete col distruggere la luce della Legge che é stata data per illuminare tutti gli uomini, insegnando comandamenti contrari alla volontà di Dio." Parti del ''[[Antologia ebraica/Dodici Patriarchi#TESTAMENTO DI LEVI, TERZO FIGLIO DI GIACOBBE E DI LEA|Testamento di Levi]]'' possono essere datate al II o I secolo p.e.v. perché una copia di quest'opera è stata trovata a [[w:Qumran|Qumran]].<ref>Feldman, 1993, 294–295. Ware, 2005, 147–151. Con particolare riferimento a ''T. Levi'' 14:3-4, Ware afferma quanto segue a p. 149: "the largely pre-Christian origin of this passage is indeed remarkably confirmed by the Qumran fragment 4QLevi-a ar 3–5 (=4Q213 3–5), for these highly mutilated fragments, where their text is preserved, correspond quite strikingly to the text of ''Testament of Levi'' 14:3–4.This fragment shows that the Jewish traditions underlying ''Testament of Levi'' 14:3–4 are probably Palestinian in origin."</ref> La ''[[w:Libro della Sapienza|Sapienza di Salomone]]'' (''Sap'' 18:4) afferma che "Essi (cioè gli egiziani) avevano tenuto prigionieri i vostri figli, tramite i quali doveva essere data al mondo la luce indistruttibile della Legge". Anche questo passo indica che la missione di Israele è portare avanti la Luce nel mondo. Nell'ebraismo la luce, in tali connotazioni, è solitamente intesa come riferita alla Torah e alla conoscenza di Dio: {{passo biblico2|Isaia|51:4}}.<ref>Cfr. {{passo biblico2|Prov|6:23}}; ''[[Antologia ebraica/Apocalisse di Baruc|Apoc. Bar.]]'' 59:2; 77:16; ''[[Antologia ebraica/Libri di Esdra|4 Esdra]]'' 14:20–21; ''Dtn. R.'' 7:3 ja ''Sifr. Num.'' 6:25. Per la datazione della ''Sapienza di Salomone'', si veda Ware, 2005, 117. Ware afferma che la ''Sapienza di Salomone'' "was composed in Greek anywhere from around 120 BCE to around 45 CE. The widespread assumption that the work was composed at least partly for gentiles in order to promote their conversion has little evidence to support it... The book was apparently addressed to a Jewish audience."</ref> Questa idea è evidente anche in Paolo ({{passo biblico2|Rm|2:19}}; {{passo biblico2|2Corinzi|3:7-18}}). Flavio Giuseppe (''Bell.'' 7:45) menziona che ad Antiochia gli ebrei "facevano perennemente proseliti anche di un gran numero di greci, e quindi, in un certo modo, li consideravano d'essere parte del loro stesso gruppo". Flavio Giuseppe afferma anche in ''Bell.'' 2:560–561 che una grande moltitudine delle donne di Damasco era "assiduamente dedita alla religione ebraica” (ὑπηγμένας τῇ Ὶουδαἳκῇ θρησκείᾳ).<ref>Cfr. Bird, 2010, 96–97.</ref> Infine dobbiamo notare che secondo Filone le porte delle sinagoghe erano aperte in ogni città durante tutti gli [[w:Shabbat|Shabbat]] (''Spec.'' 2:62-63). Flavio Giuseppe inoltre si vanta (''C. Ap.'' 2:282) che {{q|...le masse hanno da tempo dimostrato un vivo desiderio di adottare le nostre osservanze religiose; e non vi è città, greca o barbara, né singola nazione, nella quale non si sia diffusa la nostra consuetudine di astenersi dal lavoro il settimo giorno, e dove i digiuni e l'accensione delle lampade e molti dei nostri divieti in materia di cibo non siano osservati.<ref>Si veda anche ''C. Ap.'' 1:167–171.</ref>}} Ciò suggerisce che diversi non-ebrei interessati alla Torah, alla religione ebraica, alla filosofia o al popolo ebraico, si univano occasionalmente al servizio della sinagoga e adottavano alcune costumanze dagli ebrei. Queste nozioni si adattano ai riferimenti in {{passo biblico2|Atti|13:42-48;15:21}} secondo cui i timorati di Dio erano presenti nelle sinagoghe della diaspora.<ref>Dickson, 2003, 78–79. Hengel, 2010, 56. Le sinagoghe attiravano i timorati di Dio, come attestano Bell. 2:560–561, {{passo biblico2|Atti|9:19-22;11:19-30}}.</ref> Sebbene l'ebraismo tendesse ovviamente ad essere una religione e un modo di vivere attraenti per molti gentili e pagani, ciò non implica che tali individui si fossero convertiti all'ebraismo mediante la circoncisione.<ref>Cfr. Bird, 2010, 52–53, n 153–154. È stato affermato che il popolo giudeo/ebraico aumentò da circa 150.000 alla fine del periodo preesilico a 4-8 milioni di ebrei per la metà del I secolo e.v.</ref> Infine, diversi studiosi hanno notato che la popolazione ebraica era aumentata molte volte durante il periodo del Secondo Tempio.130 Feldman afferma quanto segue: {{q|Only proselytism can account for this vast increase, though admittedly aggressive proselytism is only one possible explanation for the numerous conversions.|Feldman, 1993, 293<ref>Feldman, 1993, 293. Stern, 1974, 117–118. Riguardo alla diaspora, Stern afferma a p. 117: "rapid population increase of the various Jewish communities has been remarked upon by Jews and Gentiles alike. Another major source of population increase was proselytism, which reached its peak in the first century C.E."</ref>}} Bird critica giustamente gli studiosi per essersi affidati troppo alle stime demografiche dei tempi antichi. Sicuramente queste cifre e stime sono vaghe. Bird ha ovviamente ragione nel notare che il proselitismo non è la spiegazione più possibile per l'aumento della popolazione. C'erano anche altre ragioni che portarono alla crescita del popolo ebraico.<ref>Bird, 2010, 52–54. Bird cita altre ragioni per la crsscita della popolazione ebraica: "superior Jewish hygiene, Jewish refusal to engage in infanticide and abortion (Tacitus, ''Hist.'' 5.5.3), immigration, intermarriage, forced conversions in Ituraea and Idumaea by the Hasmoneans, assimilation of the Phoenicians into Israel, and an increase in the agricultural output of Ptolemaic Egypt that could sustain larger populations."</ref> Tuttavia, gli antichi riferimenti alla crescita del popolo ebraico forniscono prove considerevoli che alcuni ebrei fossero attivi e avessero successo nel proselitismo. Dobbiamo abbandonare l'affermazione di Jeremias secondo la quale Gesù viveva tra ebrei che praticavano con entusiasmo la missione ai gentili. La missione di Gesù incentrata sull'ebraismo, che escludeva la pratica di rivolgersi ai gentili ed evangelizzali, non lo distinse, in quanto tale, dai suoi contemporanei. Nonostante il fatto che gli ebrei in generale non praticassero la missione ai gentili, è chiaro che alcuni individui ebrei presero l'iniziativa di diffondere gli insegnamenti dell'ebraismo, in particolare il monoteismo etico, ai gentili. Sembra che gli ebrei fossero per lo più aperti passivamente ai gentili, ma raramente presero parte attiva nel raggiungerli – perlomeno non in una campagna missionaria organizzata nella Diaspora. L'ebraismo in sé era apparentemente una religione e uno stile di vita attraenti per molti gentili. Si afferma spesso che secondo gli ebrei del periodo del Secondo Tempio la possibile salvezza dei gentili riguardava il futuro escatologico. Questo è vero e spiega perché gli ebrei del primo secolo non fossero impegnati in un proselitismo aggressivo. Le speranze escatologiche, che avrebbero offerto la salvezza anche ai gentili, non includevano nessun imperativo esplicito per gli ebrei di diffonderle ai gentili. Le nostre fonti testuali suggeriscono che gli ebrei in generale erano positivamente disposti verso i convertiti e al fatto che i gentili vivessero secondo i principi del monoteismo etico. Una questione interessante è come gli ebrei del tardo periodo del Secondo Tempio comprendessero la relazione degli attuali convertiti con la speranza della conversione escatologica dei gentili. Sulla base delle nostre fonti, Ware insiste sul fatto che almeno alcuni ebrei – Filone per esempio – considerassero questi convertiti dell'epoca come un presagio della conversione escatologica e del pellegrinaggio finale dei gentili.<ref>Ware, 2005, 142–143, 147, 90.</ref> == Note == {{Vedi anche|Serie cristologica}} <div style="height: 200px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4" > <references/> </div> {{Avanzamento|100%|29 dicembre 2021}} [[Categoria:Yeshua e i Goyim|Capitolo 2]] qyso01ade4vg80vu60p368kdrokxidi Una storia dell'ebraismo/Capitolo 1 0 57716 478434 478385 2025-07-05T14:01:12Z Monozigote 19063 /* La preistoria dell'ebraismo */ 478434 wikitext text/x-wiki {{Una storia dell'ebraismo}} {{Immagine grande|Scribe- Menahem - The Birds' Head Haggadah - Google Art Project.jpg|750px|}} == La preistoria dell'ebraismo == <!--- vari miei testi inglesi da tradurre e inserire ---> La religione ebraica (Ebraismo) è emersa dagli scritti della Bibbia ebraica ''(Tanakh)'', ma in realtà non si trova in quegli scritti. L'Ebraismo è una religione che adora Dio<ref>1</ref> attraverso le ''parole'' – preghiera, sermoni, lettura delle Scritture e simili – in edifici chiamati ''[[w:sinagoga|sinagoghe]]'' sotto la guida di ''[[w:rabbino|rabbini]]'' eruditi. La Bibbia sa qualcosa della preghiera ma nulla del resto: la Bibbia descrive una religione incentrata su un singolo edificio comunemente chiamato ''[[w:Tempio di Gerusalemme|Tempio]]'' e guidata da ''[[w:sacerdote (ebraismo)|sacerdoti]]'' ereditari che adorano attraverso le ''azioni'' – elaborati riti sacrificali e altre cerimonie di purificazione ed espiazione. La transizione da quella religione primitiva a quella che le persone moderne riconoscerebbero è la trama di questo mio libro. Quasi tutte le nostre informazioni sulle prime parti di questa storia provengono dalle pagine della ''[[w:Tanakh|Bibbia]]''<ref>2</ref> (cfr. riquadro: "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"). La Bibbia in realtà non è un singolo libro; è un'antologia di materiali scritti nell'arco di molti secoli – forse anche di {{FORMATNUM:1000 anni}} – in due lingue diverse e in almeno due paesi diversi. Non sorprende che i suoi scritti mostrino una varietà di stili e prospettive su molte questioni importanti (cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]]). Questa varietà di contenuti ha permesso ai lettori successivi di trovare molti messaggi diversi nelle sue pagine e di applicarli alla grande varietà di situazioni che si sono trovati ad affrontare. Questa flessibilità è la chiave del successo straordinariamente duraturo della Bibbia nel sostenere individui e comunità di fede per oltre due millenni. Tuttavia, dal punto di vista dello storico, la Bibbia presenta un problema molto difficile. Molte, forse la maggior parte, delle sue narrazioni furono scritte molto tempo dopo gli eventi che descrivono (la storia inizia con la creazione del mondo!), e quasi nulla nella Bibbia può essere confermato da qualsiasi altra fonte antica di informazione. Come sempre con informazioni non corroborate, l'osservatore moderno non è in grado di giudicare l'affidabilità storica della Bibbia, non è in grado di misurare la distanza tra descrizione ed evento, non è in grado di leggere le storie della Bibbia e capire cosa (se qualcosa) sia realmente accaduto.<ref>3</ref> La Bibbia non può quindi essere letta come un documento storico: bisogna invece comprendere che la narrazione biblica è un distillato della memoria nazionale concepito per trasmettere un messaggio religioso. Il messaggio religioso della Bibbia è forte e chiaro, ma non possiamo sempre sapere come gli eventi descritti sarebbero apparsi senza lo scopo religioso che ora plasma la narrazione, o addirittura come gli autori della Bibbia abbiano appreso di quegli eventi in primo luogo. Allora, noi lettori moderni, possiamo veramente imparare la storia antica dalla Bibbia? Certo che possiamo, ma non nel modo in cui possiamo imparare la storia dagli archivi o da altri documenti ufficiali. La chiave per imparare la storia dalla Bibbia è focalizzare l'attenzione ''non sul contenuto delle storie, ma sulle storie stesse: chi le ha raccontate? Perché? Come le hanno comprese le persone che le hanno raccontate? Quali verità vi hanno trovato? Quali insegnamenti hanno cercato di trasmettere?'' Le persone hanno recitato queste narrazioni per ben oltre {{FORMATNUM:2000}} anni ― questo di per sé è un fatto storico di enorme importanza. Dopo un breve riassunto della narrazione stessa, sarà possibile riflettere su tali domande. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = COSA CONTIENE LA BIBBIA? |contenuto = La tradizione ebraica divideva la Bibbia in tre sezioni, contenenti in totale ventiquattro libri. <center>'''I. The Torah'''</center> # '''Genesi'''. Contesto della nascita del popolo d'Israele, dalla creazione del mondo attraverso le vite dei patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe) e delle matriarche (Sara, Rebecca, Lia, Rachele) fino alla morte di Giuseppe in Egitto. # '''Esodo'''. Schiavitù in Egitto, poi liberazione. Alleanza al Sinai, rivelazione dei comandamenti di Dio, costruzione del Tabernacolo per il culto formale. Storia del Vitello d'Oro: la prima caduta di Israele nell'idolatria. # '''Levitico'''. Regole per il mantenimento della purezza rituale e la corretta esecuzione dei sacrifici; anche per la creazione di una comunità sacra. Prima descrizione delle leggi alimentari e delle feste dell'anno. # '''Numeri'''. Censimento nel deserto prima della marcia verso la Terra Promessa. Incidenti nel corso di quella marcia, ulteriore legislazione. # '''Deuteronomio'''. Discorso di addio di Mosè: riassunto della sua carriera, riassunto dei comandamenti di Dio, avvertimento delle conseguenze della disobbedienza. Mosè muore ai confini della Terra Promessa. <center>'''II. I Profeti'''</center> a. The Early Prophets. Despite its traditional name, this section actually contains very little prophecy. Instead, it mainly continues the narrative beyond the death of Moses. # Joshua. Israel’s conquest and initial settlement of the Promised Land. # Judges. The next several generations. Disloyalty to God brings foreign oppressors; repentance brings liberation. # 1 and 2 Samuel. The last of the judges and the first of the kings of Israel up to David’s death. 9. 1 and 2 Kings. The history of the kingdoms through their destruction. Note: The books nowcited as numbered pairswere originally single works. They were divided by copyists in the Middle Ages on account of their great size. This is not the case with the numbered books of the New Testament, which are separate documents. b. The Later Prophets. These are the great orators and writers of the Bible. 10. Isaiah. The historical Isaiah lived around 700 BCE, butmuchin this book seems to date from a later time, during the Babylonian Exile and perhaps even later. 11. Jeremiah. Lived around the time of the Exile; the book contains significant biographical narrative along with Jeremiah’s orations. 12. Ezekiel. Contemporary with Jeremiah, but livedandprophesiedamong the exiles in Babylon. 13. The Twelve. Twelve much smaller books of prophecy, attributed to writers who lived over a span of several centuries. Only Jonah contains significant narrative. Hosea Obadiah Nahum Haggai Joel Jonah Habakkuk Zephaniah Amos Micah Zechariah Malachi III. The Writings 14. Psalms. A collection of 150 religious poems, many attributed to King David. 15. Proverbs. A collection of wisdom teachings, largely attributed to King Solomon. 16. Job. A story of righteousness tested by suffering. The Five Scrolls, so called because they are liturgically read on specified holidays (this grouping reflects later synagogue practice and is not a formally recognized section of the Bible). 17. Song of Songs. A love poem attributed to King Solomon. Read in synagogues on Passover. 18. Ruth. A brief narrative of loyalty and love set in the days of the judges; the origins of the dynasty of King David. Read on the Feast ofWeeks. 19. Lamentations. Poems on the destruction of Jerusalem, attributed to Jeremiah. Read on the Ninth of Av, anniversary of the destruction of the Temple. 20. Ecclesiastes, or Qohelet. Philosophical musings, attributed to King Solomon. Read on the Feast of Booths. 21. Esther. Intrigue at the royal court of Persia; the Jews narrowly defeat the evil designs of a powerful enemy. Read on Purim. This is the only book of the Bible in which God is never directly mentioned in the Hebrew text. 22. Daniel. Stories about loyal Jews in the royal courts of Babylon and Persia; also visions of the end of history. 23. Ezra-Nehemiah. Jewish leaders and their achievements in the period after the Babylonian Exile. 24. 1 and 2 Chronicles. Retelling of Israel’s history from the time of King David through the return from the Babylonian Exile. Largely a revision, but sometimes a straightforward repetition of the Books of Samuel and Kings. In recent times the Hebrew acronym Tanakh (Torah, Nevi’im [prophets], Ketuvim [writings]) has been used to designate the entire twenty-fourbook collection. ∗ ∗ ∗ The Christian tradition, following the custom of ancient Greek-speaking Jews, arranged these books differently, in two sections (not formally separated) containing prose narrative and poetic compositions, respectively. The order was as follows: {{Colonne}} *Genesis *Exodus *Leviticus *Numbers *Deuteronomy *Joshua *Judges *Ruth *1 and 2 Samuel {{Colonne spezza}} *1 and 2 Kings *1 and 2 Chronicles *Ezra *Nehemiah (a separate book) *Esther *Giobbe *Salmi *Proverbi {{Colonne spezza}} *Ecclesiaste *Cantico dei Cantici *Isaia *Geremia *Lamentazioni *Ezechiele *Daniele *I Dodici {{Colonne fine}} [...etc...] }} === La narrazione biblica === '''Primi sviluppi'''. La Bibbia inizia con la creazione del mondo da parte del Dio d'Israele.<ref>4</ref> Non si tratta di un dio che lotta o collabora con altri dèi, come nei miti di altri popoli; il Dio d'Israele crea il mondo da solo, senza sforzo o difficoltà, semplicemente comandando passo dopo passo che l'ordine cosmico venga ad esistere. In questo mondo il Creatore colloca tutte le specie viventi, inclusa una coppia umana di nome ''Adamo'' ed ''Eva''. Adamo ed Eva avrebbero potuto vivere spensierati sotto la protezione di Dio nel ''Giardino dell’Eden'', ma trasgredirono: c'era un solo albero nel giardino, l'"albero della conoscenza del bene e del male", il cui frutto era stato detto loro di evitare, ma mangiarono quel frutto e di conseguenza furono espulsi nel mondo del duro lavoro, il mondo del sesso, della nascita e della morte. Il solo atto di apprendere la differenza tra il bene e il male portò sofferenza nel mondo. [...etc...] [[File:Israeli blue Star of David.svg|30px|center|Maghen David]] {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL CALENDARIO BIBLICO |contenuto = The earliest biblical evidence reflects a variety of calendar systems in ancient Israel; these are not fully compatible, so they must reflect either variation in local custom or (more likely) different stages in Israel’s cultural development. Unfortunately, the evidence does not allow modern scholars to reconstruct these stages in any detail. One calendar, apparently lunar, used names for the months, though only four such names have survived: most of these appear in the narrative of Solomon’s construction of the Temple (1 Kings 6–8). A year of twelve lunar months lasts only 354 days, and several annual festivals (see the following description) had clear seasonal associations, yet there is no evidence explaining how the people who used this calendar kept those festivals from slipping out of season. (In later centuries the authorities occasionally added a thirteenth month in the spring to make sure that Passover did not fall too early.) For centuries, lunar months were declared based on actual observation of the new moon; the fourth-century rabbinic leader Hillel II is reported to have dispensed with this system and to have instituted mathematical formulas for determining lunation. See Chapter 8, especially “Early Rabbinic Taqqanot and Gezerot.” Another calendar only numbers the months, starting with the month of the spring equinox, the month in which Passover falls. This may have been a solar calendar similar to those known from ancient Egypt and elsewhere, consisting of twelve thirty-day months and one extra day every quarter to complete exactly fifty-two weeks. Use of this calendar may explain why Genesis 1:14 indicates that the heavenly bodies serve to mark off days and years but says nothing about months. [...etc...] }} '''L'Alleanza decisiva'''. Moses led the people into the desert of Sinai. There, from a mountaintop, God’s own voice spoke to them and gave them the laws by which they were to live. God offered to renew his covenant with them as a people, and they enthusiastically agreed. Israel became God’s own nation. They were now living under God’s protection and subject to God’s rule and God’s judgment. The nation’s fate would now depend on their loyalty to God and the covenant, on their obedience to God’s commands. [...] {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = "I DIECI COMANDAMENTI" DUE VERSIONI |contenuto = ''Note: Different religious traditions variously divide these instructions into the Ten Commandments. The following translations offer the traditional Jewish division.'' I I am YHWH your God who brought you out of the land of Egypt, out of the house of servants. You shall have no other gods in my presence. You shall not make for yourself a sculpture or a depiction [of anything] in the heavens above or that is on the earth beneath or that is in the waters beneath the earth. You shall not bow to them and you shall not serve them, for I,YHWHyour God, a jealous God, visit the sin of fathersonsons until the third and fourth [generations] to those that hate me, while I perform mercy to thousands, to those that love me and observe my commandments. Do not take the name of YHWH your God in vain, for YHWH will not hold guiltless the one who takes his name in vain. Remember the Sabbath day to keep it holy. You shall work six days and perform all your labor, but the seventh day is Sabbath unto YHWH your God: do not perform any labor – you or your son or your daughter or your manservant or your maidservant or your cattle or your alien who is in your gates – for [in] six days YHWH made the heavens and the earth, the sea and all that is in them, and on the seventh day he rested. Therefore YHWH blessed the Sabbath day and made it holy. Honor your father and your mother in order that your days may be long on the land that YHWH your God gives you. You shall not murder. You shall not commit adultery. You shall not steal. You shall not answer against your fellow [as a] false witness. You shall not covet your fellow’s house. You shall not covet your fellow’s wife, or his manservant or his maidservant or his ox or his donkey, or anything that belongs to your fellow. (Exodus 20:2–17) [...etc...] }} [[File:Israeli blue Star of David.svg|30px|center|Maghen David]] === La religione dell'Antico Israele === [...] {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA |contenuto = As mentioned in the text, biblical law recognizes the importance of distinguishing genuine prophecy from false but sees that this can be difficult to accomplish. Scripture offers a very simple rule for sorting this out: genuine prophecy comes true, and false prophecy does not. [...etc...] }} [...] [[File:Israeli blue Star of David.svg|30px|center|Maghen David]] {{clear}} {{Immagine grande|Tel Arad 280321 03 Temple.jpg|1010px|''Altare preesilico a [[:en:w:Tel Arad|Tel Arad]]''. Questo altare fu rinvenuto in una fortezza israelita preesilica ad Arad, vicino al Mar Morto. La sua costruzione – una struttura quadrata in pietra grezza – combina elementi delle istruzioni fornite in {{passo biblico2|Esodo|20;27}}, ma l'altare raffigurato non ha corni, come richiesto in {{passo biblico|Esodo|27:2}} ― è possibile che i corni esistessero ma siano stati spezzati, questo comunque non è più possibile stabilirlo.}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|3 luglio 2025}} [[Categoria:Una storia dell'ebraismo|Capitolo 1]] 24b9m7et6san6oq7dnqcxtps0kmvn93 478440 478434 2025-07-05T15:48:29Z Monozigote 19063 /* La preistoria dell'ebraismo */ testo 478440 wikitext text/x-wiki {{Una storia dell'ebraismo}} {{Immagine grande|Scribe- Menahem - The Birds' Head Haggadah - Google Art Project.jpg|750px|}} == La preistoria dell'ebraismo == <!--- vari miei testi inglesi da tradurre e inserire ---> La religione ebraica (Ebraismo) è emersa dagli scritti della Bibbia ebraica ''(Tanakh)'', ma in realtà non si trova in quegli scritti. L'Ebraismo è una religione che adora Dio<ref>1</ref> attraverso le ''parole'' – preghiera, sermoni, lettura delle Scritture e simili – in edifici chiamati ''[[w:sinagoga|sinagoghe]]'' sotto la guida di ''[[w:rabbino|rabbini]]'' eruditi. La Bibbia sa qualcosa della preghiera ma nulla del resto: la Bibbia descrive una religione incentrata su un singolo edificio comunemente chiamato ''[[w:Tempio di Gerusalemme|Tempio]]'' e guidata da ''[[w:sacerdote (ebraismo)|sacerdoti]]'' ereditari che adorano attraverso le ''azioni'' – elaborati riti sacrificali e altre cerimonie di purificazione ed espiazione. La transizione da quella religione primitiva a quella che le persone moderne riconoscerebbero è la trama di questo mio libro. Quasi tutte le nostre informazioni sulle prime parti di questa storia provengono dalle pagine della ''[[w:Tanakh|Bibbia]]''<ref>2</ref> (cfr. riquadro: "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"). La Bibbia in realtà non è un singolo libro; è un'antologia di materiali scritti nell'arco di molti secoli – forse anche di {{FORMATNUM:1000 anni}} – in due lingue diverse e in almeno due paesi diversi. Non sorprende che i suoi scritti mostrino una varietà di stili e prospettive su molte questioni importanti (cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]]). Questa varietà di contenuti ha permesso ai lettori successivi di trovare molti messaggi diversi nelle sue pagine e di applicarli alla grande varietà di situazioni che si sono trovati ad affrontare. Questa flessibilità è la chiave del successo straordinariamente duraturo della Bibbia nel sostenere individui e comunità di fede per oltre due millenni. Tuttavia, dal punto di vista dello storico, la Bibbia presenta un problema molto difficile. Molte, forse la maggior parte, delle sue narrazioni furono scritte molto tempo dopo gli eventi che descrivono (la storia inizia con la creazione del mondo!), e quasi nulla nella Bibbia può essere confermato da qualsiasi altra fonte antica di informazione. Come sempre con informazioni non corroborate, l'osservatore moderno non è in grado di giudicare l'affidabilità storica della Bibbia, non è in grado di misurare la distanza tra descrizione ed evento, non è in grado di leggere le storie della Bibbia e capire cosa (se qualcosa) sia realmente accaduto.<ref>3</ref> La Bibbia non può quindi essere letta come un documento storico: bisogna invece comprendere che la narrazione biblica è un distillato della memoria nazionale concepito per trasmettere un messaggio religioso. Il messaggio religioso della Bibbia è forte e chiaro, ma non possiamo sempre sapere come gli eventi descritti sarebbero apparsi senza lo scopo religioso che ora plasma la narrazione, o addirittura come gli autori della Bibbia abbiano appreso di quegli eventi in primo luogo. Allora, noi lettori moderni, possiamo veramente imparare la storia antica dalla Bibbia? Certo che possiamo, ma non nel modo in cui possiamo imparare la storia dagli archivi o da altri documenti ufficiali. La chiave per imparare la storia dalla Bibbia è focalizzare l'attenzione ''non sul contenuto delle storie, ma sulle storie stesse: chi le ha raccontate? Perché? Come le hanno comprese le persone che le hanno raccontate? Quali verità vi hanno trovato? Quali insegnamenti hanno cercato di trasmettere?'' Le persone hanno recitato queste narrazioni per ben oltre {{FORMATNUM:2000}} anni ― questo di per sé è un fatto storico di enorme importanza. Dopo un breve riassunto della narrazione stessa, sarà possibile riflettere su tali domande. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = COSA CONTIENE LA BIBBIA? |contenuto = La tradizione ebraica divideva la Bibbia in tre sezioni, contenenti in totale ventiquattro libri. <center>'''I. The Torah'''</center> # '''Genesi'''. Contesto della nascita del popolo d'Israele, dalla creazione del mondo attraverso le vite dei patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe) e delle matriarche (Sara, Rebecca, Lia, Rachele) fino alla morte di Giuseppe in Egitto. # '''Esodo'''. Schiavitù in Egitto, poi liberazione. Alleanza al Sinai, rivelazione dei comandamenti di Dio, costruzione del Tabernacolo per il culto formale. Storia del Vitello d'Oro: la prima caduta di Israele nell'idolatria. # '''Levitico'''. Regole per il mantenimento della purezza rituale e la corretta esecuzione dei sacrifici; anche per la creazione di una comunità sacra. Prima descrizione delle leggi alimentari e delle feste dell'anno. # '''Numeri'''. Censimento nel deserto prima della marcia verso la Terra Promessa. Incidenti nel corso di quella marcia, ulteriore legislazione. # '''Deuteronomio'''. Discorso di addio di Mosè: riassunto della sua carriera, riassunto dei comandamenti di Dio, avvertimento delle conseguenze della disobbedienza. Mosè muore ai confini della Terra Promessa. <center>'''II. I Profeti'''</center> a. The Early Prophets. Despite its traditional name, this section actually contains very little prophecy. Instead, it mainly continues the narrative beyond the death of Moses. # Joshua. Israel’s conquest and initial settlement of the Promised Land. # Judges. The next several generations. Disloyalty to God brings foreign oppressors; repentance brings liberation. # 1 and 2 Samuel. The last of the judges and the first of the kings of Israel up to David’s death. 9. 1 and 2 Kings. The history of the kingdoms through their destruction. Note: The books nowcited as numbered pairswere originally single works. They were divided by copyists in the Middle Ages on account of their great size. This is not the case with the numbered books of the New Testament, which are separate documents. b. The Later Prophets. These are the great orators and writers of the Bible. 10. Isaiah. The historical Isaiah lived around 700 BCE, butmuchin this book seems to date from a later time, during the Babylonian Exile and perhaps even later. 11. Jeremiah. Lived around the time of the Exile; the book contains significant biographical narrative along with Jeremiah’s orations. 12. Ezekiel. Contemporary with Jeremiah, but livedandprophesiedamong the exiles in Babylon. 13. The Twelve. Twelve much smaller books of prophecy, attributed to writers who lived over a span of several centuries. Only Jonah contains significant narrative. Hosea Obadiah Nahum Haggai Joel Jonah Habakkuk Zephaniah Amos Micah Zechariah Malachi <center>'''III. The Writings'''</center> 14. Psalms. A collection of 150 religious poems, many attributed to King David. 15. Proverbs. A collection of wisdom teachings, largely attributed to King Solomon. 16. Job. A story of righteousness tested by suffering. The Five Scrolls, so called because they are liturgically read on specified holidays (this grouping reflects later synagogue practice and is not a formally recognized section of the Bible). 17. Song of Songs. A love poem attributed to King Solomon. Read in synagogues on Passover. 18. Ruth. A brief narrative of loyalty and love set in the days of the judges; the origins of the dynasty of King David. Read on the Feast ofWeeks. 19. Lamentations. Poems on the destruction of Jerusalem, attributed to Jeremiah. Read on the Ninth of Av, anniversary of the destruction of the Temple. 20. Ecclesiastes, or Qohelet. Philosophical musings, attributed to King Solomon. Read on the Feast of Booths. 21. Esther. Intrigue at the royal court of Persia; the Jews narrowly defeat the evil designs of a powerful enemy. Read on Purim. This is the only book of the Bible in which God is never directly mentioned in the Hebrew text. 22. Daniel. Stories about loyal Jews in the royal courts of Babylon and Persia; also visions of the end of history. 23. Ezra-Nehemiah. Jewish leaders and their achievements in the period after the Babylonian Exile. 24. 1 and 2 Chronicles. Retelling of Israel’s history from the time of King David through the return from the Babylonian Exile. Largely a revision, but sometimes a straightforward repetition of the Books of Samuel and Kings. In recent times the Hebrew acronym Tanakh (Torah, Nevi’im [prophets], Ketuvim [writings]) has been used to designate the entire twenty-fourbook collection. [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] The Christian tradition, following the custom of ancient Greek-speaking Jews, arranged these books differently, in two sections (not formally separated) containing prose narrative and poetic compositions, respectively. The order was as follows: {{Colonne}} *Genesis *Exodus *Leviticus *Numbers *Deuteronomy *Joshua *Judges *Ruth *1 and 2 Samuel {{Colonne spezza}} *1 and 2 Kings *1 and 2 Chronicles *Ezra *Nehemiah (a separate book) *Esther *Giobbe *Salmi *Proverbi {{Colonne spezza}} *Ecclesiaste *Cantico dei Cantici *Isaia *Geremia *Lamentazioni *Ezechiele *Daniele *I Dodici {{Colonne fine}} [...etc...] }} === La narrazione biblica === '''Primi sviluppi'''. La Bibbia inizia con la creazione del mondo da parte del Dio d'Israele.<ref>4</ref> Non si tratta di un dio che lotta o collabora con altri dèi, come nei miti di altri popoli; il Dio d'Israele crea il mondo da solo, senza sforzo o difficoltà, semplicemente comandando passo dopo passo che l'ordine cosmico venga ad esistere. In questo mondo il Creatore colloca tutte le specie viventi, inclusa una coppia umana di nome ''Adamo'' ed ''Eva''. Adamo ed Eva avrebbero potuto vivere spensierati sotto la protezione di Dio nel ''Giardino dell’Eden'', ma trasgredirono: c'era un solo albero nel giardino, l'"albero della conoscenza del bene e del male", il cui frutto era stato detto loro di evitare, ma mangiarono quel frutto e di conseguenza furono espulsi nel mondo del duro lavoro, il mondo del sesso, della nascita e della morte. Il solo atto di apprendere la differenza tra il bene e il male portò sofferenza nel mondo. I primi capitoli della Bibbia contengono diverse altre drammatiche rappresentazioni dell'incapacità degli esseri umani di vivere come dovrebbero. Adamo ed Eva ebbero due figli di nome Caino e Abele, e uno uccise l'altro. L'immoralità sessuale e la violenza divennero diffuse. Cinque generazioni dopo Caino, avvenne un altro omicidio. Alla decima generazione, Dio era così scoraggiato che distrusse l'intera creazione con un diluvio; solo un uomo giusto ([[w:Noè|Noè]]) e la sua famiglia furono salvati per dar via a un nuovo inizio. Ma anche Noè purtroppo deluse: uscendo dall'arca con cui aveva superato il diluvio, piantò una vigna, si ubriacò e inflisse umiliazioni sessuali alla sua famiglia.<ref>5</ref> I discendenti di Noè crebbero di nuovo numerosi, ma poi costruirono la famosa [[w:Torre di Babele|Torre di Babele]] in ribellione contro la volontà di Dio. Costretti di conseguenza a parlare lingue diverse, si dispersero per il mondo: l'idillio era andato a male. Il lettore moderno può facilmente comprendere come queste narrazioni cerchino di rispondere a domande fondamentali sulla natura dell'esistenza umana: perché non parliamo tutti la stessa lingua? Perché le persone devono lavorare così duramente per procurarsi il cibo? Perché si muore? Perché l'impulso sessuale è così forte e il parto così doloroso? Perché le donne sono subordinate agli uomini? Tutte le culture antiche hanno narrato storie di questo tipo, e gli studiosi moderni possono confrontare le versioni bibliche con altre che circolavano nel mondo antico, inserendo così Israele più saldamente nel contesto culturale del Vicino Oriente antico. Ma tali paragoni non spiegano perché la Bibbia stessa sia stata preservata o come questa particolare versione di quelle storie sia arrivata a dominare la nostra civiltà. Solo la fase successiva della narrazione lo spiega. '''Dio fa una scelta'''. Dopo venti generazioni di storia umana, Dio improvvisamente incaricò un uomo di nome ''Abram'' ({{lang|he|אַבְרָם}}), proveniente da una famiglia con radici in Mesopotamia, di recarsi nella lontana terra di Canaan e di stabilirvisi. In effetti, il padre di Abram era partito per questa stessa destinazione anni prima, ma non aveva mai raggiunto il suo obiettivo; ora Abram poteva completare il viaggio del padre e compiere una missione divina allo stesso tempo. La Bibbia non spiega mai del tutto la scelta di quest'uomo da parte di Dio; ci viene detto che era giusto, ma non ci viene detto (come fu detto di Noè) che fosse l'unico uomo giusto della sua generazione. Quale che fosse la ragione della scelta di Dio, i risultati furono epocali. Abram si stabilì a Canaan e ricevette la promessa o ''alleanza'' di Dio che i suoi discendenti avrebbero ereditato quella terra e vi sarebbero diventati una grande nazione. Il segno di questo patto sarebbe stato l'antico rito della ''[[w:Brit milà|circoncisione]]'', eseguito sul corpo di ogni neonato maschio nella prima settimana di vita. Come simbolo del suo nuovo status, Abram ricevette un nuovo nome, ''[[w:Abramo|Abraham]]''; come segno della speciale cura di Dio per lui, suo figlio ed erede ''Isacco'' non nacque prima che Abramo avesse 100 anni. Col tempo Isacco divenne il padre di ''Giacobbe'', che fu anche chiamato ''Israele'', e nella generazione successiva le quattro mogli di Giacobbe gli diedero un totale di dodici figli maschi e una femmina. Una carestia costrinse la famiglia di Giacobbe ad abbandonare la patria a loro destinata e si stabilì in Egitto. Uno dei figli di Giacobbe, ''Giuseppe'', dopo molte avventure aveva elaborato un piano per salvare l'Egitto dagli effetti di questa stessa carestia, e aveva quindi acquisito un grande potere nel paese; sotto la protezione del loro famoso fratello, la famiglia si moltiplicò e prosperò nella loro nuova dimora. Alla fine, tuttavia, un nuovo re perse di vista il debito di gratitudine della sua nazione; sospettoso del numero degli Israeliti, li ridusse in schiavitù.<ref>6</ref> Soffrirono molto finché alla fine Dio si ricordò del loro patto ancestrale e mandò un nuovo capo, ''[[w:Mosè|Mosè]]'', per aiutarli a liberarsi dalle loro catene. Dio (e Mosè) compirono molti atti prodigiosi, infliggendo molte "piaghe" agli ostinati Egiziani; infine, dopo la terrificante morte di ogni primogenito in Egitto, al popolo israelita fu permesso di andarsene. Anche ora, tuttavia, il re si pentì di averli lasciati andare e cercò di inseguirli: in un miracolo finale, il popolo attraversò il mare giungendo in terraferma, ma gli inseguitori egiziani invece annegarono nel tentativo di seguirli. Così i discendenti di Giacobbe divennero il popolo libero di Israele, una nazione di dodici tribù che prese il nome dai dodici figli di Giacobbe, popolo di quasi 2 milioni di persone.<ref>7</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL CALENDARIO BIBLICO |contenuto = The earliest biblical evidence reflects a variety of calendar systems in ancient Israel; these are not fully compatible, so they must reflect either variation in local custom or (more likely) different stages in Israel’s cultural development. Unfortunately, the evidence does not allow modern scholars to reconstruct these stages in any detail. One calendar, apparently lunar, used names for the months, though only four such names have survived: most of these appear in the narrative of Solomon’s construction of the Temple (1 Kings 6–8). A year of twelve lunar months lasts only 354 days, and several annual festivals (see the following description) had clear seasonal associations, yet there is no evidence explaining how the people who used this calendar kept those festivals from slipping out of season. (In later centuries the authorities occasionally added a thirteenth month in the spring to make sure that Passover did not fall too early.) For centuries, lunar months were declared based on actual observation of the new moon; the fourth-century rabbinic leader Hillel II is reported to have dispensed with this system and to have instituted mathematical formulas for determining lunation. See Chapter 8, especially “Early Rabbinic Taqqanot and Gezerot.” Another calendar only numbers the months, starting with the month of the spring equinox, the month in which Passover falls. This may have been a solar calendar similar to those known from ancient Egypt and elsewhere, consisting of twelve thirty-day months and one extra day every quarter to complete exactly fifty-two weeks. Use of this calendar may explain why Genesis 1:14 indicates that the heavenly bodies serve to mark off days and years but says nothing about months. The seven-day week is an entirely artificial unit; attempts to link this unit to the phases of the moon or to features of the Babylonian calendar have not been successful. Except for the Sabbath, the days of the week too are numbered, not named: the modern Hebrew language still has no names for the other days of the week. From an early time, the Israelites celebrated annual festivals at certain key seasons of the year. In later years, three such festivals were marked by pilgrimage to the Temple in Jerusalem, and were apparently conceived from an early time as an annual cycle. Most famous of these was the spring Passover festival, connected to the Festival of Unleavened Bread. Combined, these festivals served to commemorate the Israelites’ escape from Egyptian slavery in the days of Moses. The observances may originally have been separate: the offering of a lamb on the fourteenth day of the first month, followed by a week-long abstention from leavened or fermented foods beginning on the fifteenth. From an early time, however, these two were combined into a single great celebration. A later report suggests that shortly before the Second Temple was destroyed, over 1 million pilgrims would gather in Jerusalem each year to celebrate this festival (see Josephus, Jewish War, 6.424). Seven weeks later, the beginning of the harvest season was marked by a briefer festival; over time this observance too acquired a historical dimension as the anniversary of the revelation of the Torah at Mount Sinai. Finally, the great autumn harvest festival was marked by the construction of booths in the fields where people would eat and sleep. These boothswere probably utilitarian in origin: when every hour counted, farmers did not want to take time each day to travel between their villages and their fields. In time, however, the Festival of Booths or Tabernacles became another token of historical memory, recalling Israel’s forty years of wandering in the desert before the liberated slaves reached the Promised Land (Leviticus 23:43). An additional pair of holidayswas celebrated every fall, though evidence of their actual observance only comes from the later biblical period. The fall new moon marked the beginning of the civil year, and the tenth day thereafter became an annual day of atonement marked by fasting and elaborate ceremonies. Initially this day seems to have focused on the Temple itself, and served once a year to purge the shrine of any accidental defilement of its holiness, but eventually the annual Day of Atonement (Yom Kippur) became the holiest day of the year, celebrated by Jews all over the world. Later books of the Bible added several new holidays to the calendar. The Book of Esther instituted the early spring holiday of Purim to celebrate Persian Jews’ escape from the evil designs of a hostile royal minister. The prophet Zechariah, toward the very end of the biblical period, hints at a series of fasts throughout the year that must have commemorated disastrous events from earlier times (Zechariah 8:19). On the other hand, certain observances appear to have dropped out of practice. The offering of a sheaf of wheat every spring inaugurated the new year’s grain crop (Leviticus 23:9–14), but this rite disappeared when the Temple was destroyed, giving only its name (Omer, the Hebrew word for “sheaf”) to the seven-week period after Passover. The precise time for offering this sheafbecamethe topic of fierce controversy during the time of the Second Temple, and other partisan disputes among advocates of these different calendars seem to have arisen as well; see Chapter 5, “Calendar and Controversy.” The most detailed listings of biblical festivals can be found in Leviticus 23 and Numbers 28–29; see also Deuteronomy 16 and (more briefly) Exodus 23:14–19 and 34:22–26. Nehemiah 8 reports that at a later time the Judahites returning from the Babylonian Exile found the rules for these festivals in the Torah and were evidently unfamiliar with them. See Chapter 3, “King Josiah’s Book,” for a celebration of the Passover in the days of King Josiah, shortly before the first Temple was destroyed. }} '''L'Alleanza decisiva'''. Mosè condusse il popolo nel deserto del Sinai. Lì, dalla cima di una montagna, la voce di Dio parlò loro e diede loro le leggi secondo cui avrebbero dovuto vivere. Dio si offrì di rinnovare la Sua alleanza con loro come popolo, e loro accettarono con entusiasmo. Israele divenne la nazione di Dio. Ora vivevano sotto la protezione di Dio e soggetti al Suo governo e al Suo giudizio. Il destino della nazione sarebbe ora dipeso dalla loro lealtà a Dio e all'Alleanza, dalla loro obbedienza ai Suoi comandamenti. Mosè salì sul monte e trascorse quaranta giorni e quaranta notti alla presenza di Dio; al suo ritorno, portò con sé la parola di Dio scritta su tavole di pietra. Le ripose in un contenitore speciale e, per custodire questo sacro scrigno, costruì un santuario mobile dove il popolo potesse incontrare il suo Dio e adorarlo. Tuttavia, quasi subito, si verificò una situazione che sarebbe diventata presto familiare: ripetutamente, il popolo rinunciò alle proprie speranze tradendo i propri obblighi e violando i comandamenti di Dio.<ref>8</ref> Al momento della sua morte, Mosè era completamente disilluso dal suo popolo; nel suo discorso d'addio, li avvertì che la continua disobbedienza avrebbe portato alla catastrofe. '''Il popolo e la loro terra'''. Per fedeltà all'alleanza, Dio guidò il popolo attraverso il deserto per quarant'anni e poi lo condusse nella Terra Promessa. Ancora una volta, tradirono ripetutamente l'alleanza adorando altri dèi. Privi della protezione divina, furono ripetutamente invasi e oppressi da nazioni straniere. Ogni volta, sotto la pressione della sofferenza, si pentirono: Dio li avrebbe salvati dai loro nemici, ma presto sarebbero caduti di nuovo. Dopo alcune generazioni, le tribù unirono le loro forze e costruirono un regno sotto l'eroico ''Davide''. A Davide seguì ''Salomone'', famoso per la sua saggezza, che costruì il Primo Tempio permanente a Dio nella nuova capitale reale, ''Gerusalemme''. Tramite i ''profeti'', Dio assicurò che la famiglia di Davide sarebbe salita per sempre sul trono d'Israele, ma i vecchi schemi di slealtà continuarono a ripresentarsi; dieci tribù su dodici si ribellarono alla famiglia reale, lasciando ai suoi discendenti il ​​governo della sola tribù di Davide, ''Giuda''; in entrambi i regni, i ricchi opprimevano i poveri e il culto di altri dei persisteva. Il regno di Israele, che comprendeva le dieci tribù ribelli, fu distrutto dai conquistatori assiri nel 722 AEV. Poi il regno davidiano di Giuda fu spazzato via, il Tempio di Salomone fu demolito e i capi della nazione furono deportati in esilio a Babilonia (l’''Esilio babilonese'') nel 586 AEV. Sembrava che la santa alleanza fosse crollata. Ma ora il resto del popolo attuò una vera riforma delle proprie abitudini. Finalmente abbandonò l'attrazione per false divinità; finalmente accettò l'autorità dell'unico vero Dio. Un gruppo di esuli tornò nella terra dei loro antenati e ricostruì il Tempio. Sotto la guida di ''Esdra'', ''Neemia'' e dell'ultimo dei profeti, si dedicarono nuovamente all'edificazione di una comunità santa basata sulla devozione alla parola di Dio e agli insegnamenti di Mosè. L'apostasia continuò, naturalmente, ma non dominava più la vita nazionale. Il popolo problematico di Israele era diventato la nazione santa degli ebrei.<ref>9</ref> [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] Vale la pena ripetere che la narrazione precedente non può essere verificata come Storia. La maggior parte dei personaggi della saga biblica non compare negli scritti storici di nessun'altra nazione antica; la maggior parte degli eventi di questa saga non è raccontata in nessun altro documento antico. L'importanza della storia non risiede nella questione se ''gli eventi siano realmente accaduti'', cosa che non può essere determinata, ma nella certezza che ''la storia sia stata raccontata'' più e più volte, nel corso di innumerevoli generazioni: ''questo'' fatto, di fondamentale importanza, è fuori da ogni dubbio. La narrazione epica appena riassunta ha plasmato la coscienza di uomini e donne ebrei fin dagli albori della storia ebraica. La narrazione biblica stabilisce alcune concezioni che sono rimaste centrali per la nascente religione ebraica. La storia identifica il Dio degli ebrei come creatore e unico sovrano dell'universo. Afferma la pretesa di Israele di un rapporto speciale con questo Dio e spiega come questo rapporto sia nato. La storia descrive lo stile di vita ebraico e la patria nazionale ebraica come doni di Dio e porte d'accesso alla santità per coloro che rispettano le richieste e gli insegnamenti di Dio; d'altra parte, contiene anche un severo monito: coloro che si allontanano da quegli insegnamenti o che resistono a quelle richieste porteranno inevitabilmente alla catastrofe per sé stessi e per chi li circonda. Queste idee costituiscono il contesto per comprendere le strutture formali dell'antica religione israelita. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = "I DIECI COMANDAMENTI" DUE VERSIONI |contenuto = ''Note: Different religious traditions variously divide these instructions into the Ten Commandments. The following translations offer the traditional Jewish division.'' <center>'''I'''</center> Note: Different religious traditions variously divide these instructions into the Ten Commandments. The following translations offer the traditional Jewish division. I I am YHWH your God who brought you out of the land of Egypt, out of the house of servants. You shall have no other gods in my presence. You shall not make for yourself a sculpture or a depiction [of anything] in the heavens above or that is on the earth beneath or that is in the waters beneath the earth. You shall not bow to them and you shall not serve them, for I,YHWHyour God, a jealous God, visit the sin of fathersonsons until the third and fourth [generations] to those that hate me, while I perform mercy to thousands, to those that love me and observe my commandments. Do not take the name of YHWH your God in vain, for YHWH will not hold guiltless the one who takes his name in vain. Remember the Sabbath day to keep it holy. You shall work six days and perform all your labor, but the seventh day is Sabbath unto YHWH your God: do not perform any labor – you or your son or your daughter or your manservant or your maidservant or your cattle or your alien who is in your gates – for [in] six days YHWH made the heavens and the earth, the sea and all that is in them, and on the seventh day he rested. Therefore YHWH blessed the Sabbath day and made it holy. Honor your father and your mother in order that your days may be long on the land that YHWH your God gives you. You shall not murder. You shall not commit adultery. You shall not steal. You shall not answer against your fellow [as a] false witness. You shall not covet your fellow’s house. You shall not covet your fellow’s wife, or his manservant or his maidservant or his ox or his donkey, or anything that belongs to your fellow. <div align="right">({{passo biblico2|Esodo|20:2-17}})</div> <center>'''II'''</center> I am YHWH your God who brought you out of the land of Egypt, out of the house of servants. You shall have no other gods in my presence. You shall not make for yourself a sculpture or a depiction [of anything] in the heavens above or that is on the earth beneath or that is in the waters beneath the earth. You shall notbowto them and you shall not serve them, for I, YHWH your God, a jealous God, visit the sin of fathers on sons until the third and fourth [generations] to those that hate me, while I perform mercy to thousands, to those that loveme and observemy commandments. Do not take the name of YHWH your God in vain, for YHWH will not hold guiltless the one who takes his name in vain. Preserve the Sabbath day to keep it holy, as YHWH your God has commanded you. You shall work six days and perform all your labor, but the seventh day is Sabbath unto YHWH your God: do not perform any labor – you or your son or your daughter or your manservant or your maidservant or your ox or your donkey or any of your cattle or the alien who is in your gates – in order that your manservant and your maidservant rest as you do. And remember that you were a servant in the land of Egypt and [that] YHWH your God took you out of there with a strong hand and an outstretched arm; therefore YHWH your God has commanded you to keep the Sabbath day. Honor your father and your mother as YHWH your God has commanded you, in order that your days may be long, and in order that it go well with you on the land that YHWH your God gives you. You shall not murder, And you shall not commit adultery, And you shall not steal, And you shall not answer against your fellow [as a] vain witness, And you shall not covet your fellow’s wife, and you shall not desire your fellow’s house, his field, or his manservant or his maidservant, his ox or his donkey, or anything that belongs to your fellow. <div align+"right">({{passo biblico2|Deuteronomio|5:6-21}})</div> }} === La religione dell'Antico Israele === In their private lives, the people of early Israel seem to have been very like their neighbors. The economy was largely rural, based on agriculture and herding.10 Biblical law presumes the existence of slavery, but scriptural narrative never mentions slaves outside the households of the very rich. Similarly, in theory, men could take multiple wives, but very few did so except for the exceedingly wealthy. Polygamy was expensive, and few could afford to maintain a large household; moreover, husbands and wives often developed ties of affection that left no room for parallel relationships. Biblical law takes for granted the existence of polygamy, but scripture actually reports very few cases of polygamous households.11 When women married, they came into their husbands’ households. They might retain ties of affection to the families of their birth, but their legal identity was now determined by their marriage.12 For this reason, biblical law took care to provide for widows: not only did suchwomenoften lack material support, they also had no secure legal identity in society.13 Biblical law repeatedly outlaws marriage with foreign women; sometimes the reference seems limited to the non- Israelite native peoples of the Promised Land, but sometimes the prohibition seems absolute. Nevertheless, the law also recognizes that a soldier might fall in love with a woman captured in war (Deuteronomy 21:10–14), and scripture recounts several noteworthy cases of Israelite men marrying foreign women.14 Since women took on their husbands’ legal identity at marriage, Israelite women who married foreign men probably disappeared from Israelite society. To be sure, the Bible provides not a single instance of a woman who did this, but this may simply confirm that such women went off with their husbands and were gone. Worship of a national god was typical of the Near East, but in other cases this was usually combined with reverence for the forces of nature, such as rain and storm or love and fertility, that seemed to rule people’s lives; similarly, even in Israel, the idea that worship should be limited to one god met heavy resistance for generations. See Chapter 2 for further discussion. Biblical narrative says almost nothing about the religious lives of private individuals. On special occasions people offered sacrifices to God, but it is hard to tell if the formal biblical rules of sacrifice applied to such private offerings. In addition to large-scale public altars, did private homes contain specific locations for domestic offerings? We cannot tell. We do not know whether marriage or the birth of a child was marked by religious ceremonies other than standard thankofferings or the postpartum purification-offerings that are specified in Leviticus 12.We also cannot tell whether great festivals were marked by home rituals as well as the great ceremonies performed at public shrines.15 In any case, as with all ancient peoples, Israelites’ public worship centered on sacrifice, the gift to God (usually by destruction) of some object of value. Biblical law provides detailed regulations for the proper offering of sacrifice: a suitable object of value (usually an animal, but sometimes grain or wine or olive oil), the correct occasion (sometimes required by the calendar or by an occurrence in one’s own life such as the birth of a child, but also possibly the result of a spontaneous vow), the necessary procedures, the appropriate personnel. As time went on, the right to offer sacrifice came to rest with hereditary priests (Heb. kohanim); national memory traced this priesthood back to Aaron, the brother of Moses, but this ancestry cannot be verified. Indeed, various biblical passages suggest that at an early time the priestly role could be assigned on a different basis; most importantly, the tradition suggests that before the inherited priesthood started, this role was filled by the firstborn son of every household. This tradition is clearly related to the narrative tradition that Israelite firstborns were spared when the firstborn of Egypt were all killed in the tenth and final plague. For a while, there were local shrines and groups of local priests scattered across the country (Figure 1), but in the time of King Josiah (late seventh century BCE) all sacrificial worship was centralized at a single location (the Temple) in the capital city of Jerusalem. This shrine had been constructed under King Solomon about 300 years earlier, but scripture mentions renovations and other changes over the centuries. We cannot tell for sure what the Temple or its ceremonies were like in Solomon’s own time (the descriptions may incorporate information fromlater on), but by its last years the shrine had become an important national institution, a focus of pride and veneration. Its loss in 586 BCE was considered a divine punishment and a national catastrophe. From an early time, the Israelite religion had developed a calendar of festivals (see “The Biblical Calendar”). Of these, probably the earliest (and most famous) is Passover (Heb. Pesach), still in modern times an annual celebration of Israel’s escape from Egyptian bondage. This spring holiday featured the annual offering of a new (paschal) lamb and the careful avoidance of all leavened food products for a week. Careful reading of the biblical materials (see especially Exodus 12– 13) suggests that these observances may already have been ancient celebrations of the arrival of spring, but now a new level of meaning was attached to these; in addition to acclaiming their god as lord of nature, the Israelites identified major events in their history as the work of his mighty arm. This pattern of reaching beyond the eternal, unchanging world of natural cycles to find religious meaning in the unique events of history was one of Israel’s great contributions to Western thought. In a similar way, the fall harvest Festival of Booths or Tabernacles (Heb., Sukkot) receives a historical explanation through reference to events that actually are never recounted in the biblical narrative (see Leviticus 23:43). Over the course of time, however, the most striking feature of the Israelite calendar turned out to be not an annual feast at all but the weekly Sabbath day when productive labor was forbidden. As far as we can tell, no other culture in the ancient Near East had a seven-day week.16 Theories abound as to the origins of this idea, but we can simply note its prominence. God himself is said to have instituted the Sabbath as soon as the world was created (Genesis 2:1–3). As a sign of its importance, the Torah threatens the death penalty for those who violate the Sabbath (Exodus 31:14 or 35:2), and Sabbath observance is the only ceremonial provision in the so-called Ten Commandments or Decalogue (Exodus 20:8–11; Deuteronomy 5:12– 15), an early listing of basic religious principles. The Bible does not provide much detailed information about this important Israelite institution; we do not know what rituals were performed other than some special sacrifices (Numbers 28:9–10),17 nor do we know what actions were deemed laborious and thus forbidden.18 {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA |contenuto = As mentioned in the text, biblical law recognizes the importance of distinguishing genuine prophecy from false but sees that this can be difficult to accomplish. Scripture offers a very simple rule for sorting this out: genuine prophecy comes true, and false prophecy does not. {{citazione|If you should ask, “How will we know the word that YHWH has not spoken?,” that which the prophet speaks in the name of YHWH and does not come about, YHWH did not speak that word. The prophet spoke thus defiantly, and you must not fear him.|{{passo biblico2|Deuteronomio|18:21-22}}}} Biblical narrators, however, also seem aware that this rule is not always adequate. The famous story of Jonah, also mentioned in the text, contains a deep paradox. The prophet foretells the downfall of the great city Nineveh, but the people strive to change their sinful ways and God forgives them (Jonah 3). This angers the prophet greatly: now his prophecy has been falsified! The message of the book, however, is that the prophecy succeeded by not coming true. The destruction of the city, not its survival, would have been the real failure. A less well-known incident, in Jeremiah 28, concerned a confrontation between two prophets: Jeremiah himself and another named Hananiah ben Azur. Jeremiah had consistently called for surrender to the Babylonians now besieging Jerusalem, but Hananiah disagreed and did so in the name of God: he foretold that within two years the besiegers would be gone. Jeremiah did not know what to do; he was deeply convinced that Hananiah was misleading the people and that his own advocacy of surrender was the true of word of God, but how could he prove this to the perplexed bystanders? When two prophets offer directly opposite proclamations of the word of God, how are people to know whom to follow? Jeremiah went home without responding, only to receive a new prophecy confirming his conviction, and then “Hananiah the prophet died that year, in the seventh month.” God himself, so to speak, executed Jeremiah’s rival on the charge of false prophecy, but could it really be that when two prophets disagree the nation must wait to see who dies first? Another story (1 Kings 22:1–37) is more perplexing still. The two Israelite kings, Jehoshaphat of the south and Ahab of the north, met to consider making war on their common enemy the Arameans. Jehoshaphat, known for his piety, was ready to agree but wanted to consult the prophets of God before deciding. Many prophets predicted victory, but finally one last prophet (his name was Micaiah ben Imlah, and Ahab disliked him because his prophecies were always hostile) offered a shocking vision: God had sent a spirit into all the other prophets in order to entice Ahab to war, but the purpose of this message was to lure Ahab to his death. Sure enough Ahab went to war, and sure enough he was killed. In need of prophetic guidance, Ahab had naturally followed the majority opinion, and this was fatal. The story of the prophet Micaiah raises the terrifying possibility that an authentic prophecy may come from God but with a hidden, deceitful purpose, so that those who follow the prophecy achieve no salvation but are led on to their own destruction. Once aware of this danger, who would ever follow a prophet again? }} The two versions of the Ten Commandments offer quite different explanations of the reason behind the weekly day of rest (see “‘The Ten Commandments,’ Two Versions”). The Book of Exodus describes the Sabbath as an acknowledgment of God as Creator of the world: God created the world in six days and then rested on the seventh, and those who worship him should do the same. In Deuteronomy, however, the focus shifts to the escape from slavery in Egypt: just as you were slaves but God gave you rest, so too you must rest and give rest to all who labor on your behalf. This is the only paragraph of the Decalogue in which the two versions significantly differ, and their combination once again presents a mixture of themes drawn from the contemplation of nature and from the study of the nation’s history. The widespread appearance of such mixtures is a distinguishing characteristic of biblical literature. Every ancient culture had its priests, but Israel had a second, very different kind of religious leader as well: the prophets. The Hebrew prophets (nevi’im) were not fortune-tellers but messengers, intermediaries between the people and their God; in this they differed from the fortune-tellers, astrologers, and oracles who could be found all over the ancient world. Moses is the prototype of the prophets (see Deuteronomy 18:15), and throughout the biblical period prophets served as vehicles by which God’s word came to the people. It can easily be seen that prophecy is inherently unsettling: a prophet can turn up at any time and announce that previous messages from God have been replaced by a new one. Naturally, those officials (priests, kings, etc.) responsible for maintaining the nation’s stability often tangled with prophets; scripture is full of stories of prophets denouncing kings in the name of God, while priests at their holy shrines, dedicated to the regular performance of their ceremonial duties, sometimes tried to silence prophets or just to keep them away.19 Such hostility might be avoided – a prophet who won the king’s confidence could become an important royal advisor – but the tension between the priests’ dedication to order and permanence and the prophets’ unpredictable disruptions is one of the ongoing themes of the Bible. Prophecy gave rise to another difficulty as well: how could you tell who the true prophets were? Anyone could appear and claim to bear a message from God: how could people distinguish false prophets – malicious or deluded individuals – from the real thing? Biblical law offers the simple but unhelpful solution that if the prophecy doesn’t come true the prophet can’t have been sent by God (Deuteronomy 18:22), but people couldn’t always wait to see whether a prophecy would be fulfilled. And sometimes, as in the famous case of Jonah, prophecy achieved its purpose without coming true. Jonah predicted the downfall of a great city, but its people repented and were forgiven; this meant that, strictly speaking, the prophecy had not come true, but who could deny that it had achieved its true purpose? In addition to this intellectual puzzle, prophecy sometimes demanded action; when conflicting prophecies demanded incompatible actions, the prophets’ audience was at a loss to know what God really wanted them to do (see “The Trouble with Prophecy”). These uncertainties combined to produce the worst dilemma of all: sometimes prophecies were designed to save their audience from disaster, as in the case of Jonah, but sometimes, as with King Ahab, they were intended to lead their audience to destruction. How could people tell which prophecies to follow? What were they to do when they could not tell? What might happen if they failed to consider all possibilities? What might happen if they guessed wrong? Under the pressure of such uncertainty, later generations began to lose confidence in prophecy as a reliable method of learning God’s will. The prophets of the past had been holy men and women, and their words were remembered and continually revisited, but no further messages from God were expected. Zechariah, one of the last biblical prophets, paradoxically foretells the end of prophecy: in the future, anyone who so much as claimed to bring a message from God would be put to death as a false prophet, so real prophets would have to lie about their identity to protect their own lives.20 Throughout later centuries, prophet-like figures continued to appear, but they were greeted with resistance and skepticism. Later Jewish tradition claimed that prophecy disappeared around the time of Alexander the Great (reigned 336–323 BCE), and this memory is probably about right.21 The prophets were the second element of Israelite religious leadership to disappear from national life, the kings having been gone for centuries. That left the priests. After the Babylonian Exile, Israelite religion was increasingly dominated by priests, and the story of that domination – the rise and decline of priestly Judaism – will be told in the following chapters. [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] {{clear}} {{Immagine grande|Tel Arad 280321 03 Temple.jpg|1010px|''Altare preesilico a [[:en:w:Tel Arad|Tel Arad]]''. Questo altare fu rinvenuto in una fortezza israelita preesilica ad Arad, vicino al Mar Morto. La sua costruzione – una struttura quadrata in pietra grezza – combina elementi delle istruzioni fornite in {{passo biblico2|Esodo|20;27}}, ma l'altare raffigurato non ha corni, come richiesto in {{passo biblico|Esodo|27:2}} ― è possibile che i corni esistessero ma siano stati spezzati, questo comunque non è più possibile stabilirlo.}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|3 luglio 2025}} [[Categoria:Una storia dell'ebraismo|Capitolo 1]] 4y6jgwu2wzv63tkh69du6u49pt7dy2e 478446 478440 2025-07-05T16:48:31Z Monozigote 19063 /* La preistoria dell'ebraismo */ testo 478446 wikitext text/x-wiki {{Una storia dell'ebraismo}} {{Immagine grande|Scribe- Menahem - The Birds' Head Haggadah - Google Art Project.jpg|750px|}} == La preistoria dell'ebraismo == <!--- vari miei testi in inglese da tradurre, adattare e inserire ---> La religione ebraica (Ebraismo) è emersa dagli scritti della Bibbia ebraica ''(Tanakh)'', ma in realtà non si trova in quegli scritti. L'Ebraismo è una religione che adora Dio<ref>1</ref> attraverso le ''parole'' – preghiera, sermoni, lettura delle Scritture e simili – in edifici chiamati ''[[w:sinagoga|sinagoghe]]'' sotto la guida di ''[[w:rabbino|rabbini]]'' eruditi. La Bibbia sa qualcosa della preghiera ma nulla del resto: la Bibbia descrive una religione incentrata su un singolo edificio comunemente chiamato ''[[w:Tempio di Gerusalemme|Tempio]]'' e guidata da ''[[w:sacerdote (ebraismo)|sacerdoti]]'' ereditari che adorano attraverso le ''azioni'' – elaborati riti sacrificali e altre cerimonie di purificazione ed espiazione. La transizione da quella religione primitiva a quella che le persone moderne riconoscerebbero è la trama di questo mio libro. Quasi tutte le nostre informazioni sulle prime parti di questa storia provengono dalle pagine della ''[[w:Tanakh|Bibbia]]''<ref>2</ref> (cfr. riquadro: "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"). La Bibbia in realtà non è un singolo libro; è un'antologia di materiali scritti nell'arco di molti secoli – forse anche di {{FORMATNUM:1000 anni}} – in due lingue diverse e in almeno due paesi diversi. Non sorprende che i suoi scritti mostrino una varietà di stili e prospettive su molte questioni importanti (cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]]). Questa varietà di contenuti ha permesso ai lettori successivi di trovare molti messaggi diversi nelle sue pagine e di applicarli alla grande varietà di situazioni che si sono trovati ad affrontare. Questa flessibilità è la chiave del successo straordinariamente duraturo della Bibbia nel sostenere individui e comunità di fede per oltre due millenni. Tuttavia, dal punto di vista dello storico, la Bibbia presenta un problema molto difficile. Molte, forse la maggior parte, delle sue narrazioni furono scritte molto tempo dopo gli eventi che descrivono (la storia inizia con la creazione del mondo!), e quasi nulla nella Bibbia può essere confermato da qualsiasi altra fonte antica di informazione. Come sempre con informazioni non corroborate, l'osservatore moderno non è in grado di giudicare l'affidabilità storica della Bibbia, non è in grado di misurare la distanza tra descrizione ed evento, non è in grado di leggere le storie della Bibbia e capire cosa (se qualcosa) sia realmente accaduto.<ref>3</ref> La Bibbia non può quindi essere letta come un documento storico: bisogna invece comprendere che la narrazione biblica è un distillato della memoria nazionale concepito per trasmettere un messaggio religioso. Il messaggio religioso della Bibbia è forte e chiaro, ma non possiamo sempre sapere come gli eventi descritti sarebbero apparsi senza lo scopo religioso che ora plasma la narrazione, o addirittura come gli autori della Bibbia abbiano appreso di quegli eventi in primo luogo. Allora, noi lettori moderni, possiamo veramente imparare la storia antica dalla Bibbia? Certo che possiamo, ma non nel modo in cui possiamo imparare la storia dagli archivi o da altri documenti ufficiali. La chiave per imparare la storia dalla Bibbia è focalizzare l'attenzione ''non sul contenuto delle storie, ma sulle storie stesse: chi le ha raccontate? Perché? Come le hanno comprese le persone che le hanno raccontate? Quali verità vi hanno trovato? Quali insegnamenti hanno cercato di trasmettere?'' Le persone hanno recitato queste narrazioni per ben oltre {{FORMATNUM:2000}} anni ― questo di per sé è un fatto storico di enorme importanza. Dopo un breve riassunto della narrazione stessa, sarà possibile riflettere su tali domande. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = COSA CONTIENE LA BIBBIA? |contenuto = La tradizione ebraica divideva la Bibbia in tre sezioni, contenenti in totale ventiquattro libri. <center>'''I. La [[Torah]]'''</center> 1. '''Genesi'''. Contesto della nascita del popolo d'Israele, dalla creazione del mondo attraverso le vite dei patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe) e delle matriarche (Sara, Rebecca, Lia, Rachele) fino alla morte di Giuseppe in Egitto. 2. '''Esodo'''. Schiavitù in Egitto, poi liberazione. Alleanza al Sinai, rivelazione dei comandamenti di Dio, costruzione del Tabernacolo per il culto formale. Storia del Vitello d'Oro: la prima caduta di Israele nell'idolatria. 3. '''Levitico'''. Regole per il mantenimento della purezza rituale e la corretta esecuzione dei sacrifici; anche per la creazione di una comunità sacra. Prima descrizione delle leggi alimentari e delle feste dell'anno. 4. '''Numeri'''. Censimento nel deserto prima della marcia verso la Terra Promessa. Incidenti nel corso di quella marcia, ulteriore legislazione. 5. '''Deuteronomio'''. Discorso di addio di Mosè: riassunto della sua carriera, riassunto dei comandamenti di Dio, avvertimento delle conseguenze della disobbedienza. Mosè muore ai confini della Terra Promessa. <center>'''II. I Profeti'''</center> '''a. The Early Prophets'''. Despite its traditional name, this section actually contains very little prophecy. Instead, it mainly continues the narrative beyond the death of Moses. 6. '''Giosuè'''. Israel’s conquest and initial settlement of the Promised Land. 7. '''Giudici'''. The next several generations. Disloyalty to God brings foreign oppressors; repentance brings liberation. 8. '''1 e 2 Samuele'''. The last of the judges and the first of the kings of Israel up to David’s death. 9. '''1 e 2 Re'''. The history of the kingdoms through their destruction. ''Nota: The books nowcited as numbered pairswere originally single works. They were divided by copyists in the Middle Ages on account of their great size. This is not the case with the numbered books of the New Testament, which are separate documents.'' '''b. The Later Prophets'''. These are the great orators and writers of the Bible. 10. '''Isaia'''. The historical Isaiah lived around 700 BCE, butmuchin this book seems to date from a later time, during the Babylonian Exile and perhaps even later. 11. '''Geremia'''. Lived around the time of the Exile; the book contains significant biographical narrative along with Jeremiah’s orations. 12. '''Ezechiele'''. Contemporary with Jeremiah, but lived and prophesied among the exiles in Babylon. 13. '''I Dodici'''. Twelve much smaller books of prophecy, attributed to writers who lived over a span of several centuries. Only Jonah contains significant narrative. {{Colonne}} *Hosea *Joel *Amos {{Colonne spezza}} *Obadiah *Jonah *Micah {{Colonne spezza}} *Nahum *Habakkuk *Zechariah {{Colonne spezza}} *Haggai *Zephaniah *Malachi {{Colonne fine}} <center>'''III. Scritti ''(Ketuvim)'''''</center> 14. '''Salmi'''. A collection of 150 religious poems, many attributed to King David. 15. '''Proverbi'''. A collection of wisdom teachings, largely attributed to King Solomon. 16. '''Giobbe'''. A story of righteousness tested by suffering. '''The Five Scrolls''', so called because they are liturgically read on specified holidays (this grouping reflects later synagogue practice and is not a formally recognized section of the Bible). 17. '''Cantico dei Cantici'''. A love poem attributed to King Solomon. Read in synagogues on Passover. 18. '''Rut'''. A brief narrative of loyalty and love set in the days of the judges; the origins of the dynasty of King David. Read on the Feast ofWeeks. 19. '''Lamentazioni'''. Poems on the destruction of Jerusalem, attributed to Jeremiah. Read on the Ninth of Av, anniversary of the destruction of theTemple. 20. '''Ecclesiaste''' o '''Qohelet'''. Philosophical musings, attributed to King Solomon. Read on the Feast of Booths. 21. '''Ester'''. Intrigue at the royal court of Persia; the Jews narrowly defeat the evil designs of a powerful enemy. Read on Purim. This is the only book of the Bible in which God is never directly mentioned in the Hebrew text. 22. '''Daniele'''. Stories about loyal Jews in the royal courts of Babylon and Persia; also visions of the end of history. 23. '''Ezra-Nehemiah'''. Jewish leaders and their achievements in the period after the Babylonian Exile. 24. '''1 and 2 Cronache'''. Retelling of Israel’s history from the time of King David through the return from the Babylonian Exile. Largely a revision, but sometimes a straightforward repetition of the Books of Samuel and Kings. In recent times the Hebrew acronym ''Tanakh'' ('''T'''orah, '''N'''evi’im [prophets], '''K'''etuvim [writings]) has been used to designate the entire twenty-fourbook collection. [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] La tradizione cristiana, seguendo l'usanza degli antichi ebrei di lingua greca, organizzò questi libri in modo diverso, in due sezioni (non formalmente separate) contenenti rispettivamente la narrazione in prosa e le composizioni poetiche. L'ordine era il seguente: {{Colonne}} *Genesi *Esodo *Levitico *Numbers *Deuteronomio *Giosuè *Giudici *Rut *1 e 2 Samuele {{Colonne spezza}} *1 e 2 Re *1 e 2 Cronache *Esdra *Neemia (libro separato) *Ester *Giobbe *Salmi *Proverbi {{Colonne spezza}} *Ecclesiaste *Cantico dei Cantici *Isaia *Geremia *Lamentazioni *Ezechiele *Daniele *I Dodici {{Colonne fine}} }} === La narrazione biblica === '''Primi sviluppi'''. La Bibbia inizia con la creazione del mondo da parte del Dio d'Israele.<ref>4</ref> Non si tratta di un dio che lotta o collabora con altri dèi, come nei miti di altri popoli; il Dio d'Israele crea il mondo da solo, senza sforzo o difficoltà, semplicemente comandando passo dopo passo che l'ordine cosmico venga ad esistere. In questo mondo il Creatore colloca tutte le specie viventi, inclusa una coppia umana di nome ''Adamo'' ed ''Eva''. Adamo ed Eva avrebbero potuto vivere spensierati sotto la protezione di Dio nel ''Giardino dell’Eden'', ma trasgredirono: c'era un solo albero nel giardino, l'"albero della conoscenza del bene e del male", il cui frutto era stato detto loro di evitare, ma mangiarono quel frutto e di conseguenza furono espulsi nel mondo del duro lavoro, il mondo del sesso, della nascita e della morte. Il solo atto di apprendere la differenza tra il bene e il male portò sofferenza nel mondo. I primi capitoli della Bibbia contengono diverse altre drammatiche rappresentazioni dell'incapacità degli esseri umani di vivere come dovrebbero. Adamo ed Eva ebbero due figli di nome Caino e Abele, e uno uccise l'altro. L'immoralità sessuale e la violenza divennero diffuse. Cinque generazioni dopo Caino, avvenne un altro omicidio. Alla decima generazione, Dio era così scoraggiato che distrusse l'intera creazione con un diluvio; solo un uomo giusto ([[w:Noè|Noè]]) e la sua famiglia furono salvati per dar via a un nuovo inizio. Ma anche Noè purtroppo deluse: uscendo dall'arca con cui aveva superato il diluvio, piantò una vigna, si ubriacò e inflisse umiliazioni sessuali alla sua famiglia.<ref>5</ref> I discendenti di Noè crebbero di nuovo numerosi, ma poi costruirono la famosa [[w:Torre di Babele|Torre di Babele]] in ribellione contro la volontà di Dio. Costretti di conseguenza a parlare lingue diverse, si dispersero per il mondo: l'idillio era andato a male. Il lettore moderno può facilmente comprendere come queste narrazioni cerchino di rispondere a domande fondamentali sulla natura dell'esistenza umana: perché non parliamo tutti la stessa lingua? Perché le persone devono lavorare così duramente per procurarsi il cibo? Perché si muore? Perché l'impulso sessuale è così forte e il parto così doloroso? Perché le donne sono subordinate agli uomini? Tutte le culture antiche hanno narrato storie di questo tipo, e gli studiosi moderni possono confrontare le versioni bibliche con altre che circolavano nel mondo antico, inserendo così Israele più saldamente nel contesto culturale del Vicino Oriente antico. Ma tali paragoni non spiegano perché la Bibbia stessa sia stata preservata o come questa particolare versione di quelle storie sia arrivata a dominare la nostra civiltà. Solo la fase successiva della narrazione lo spiega. '''Dio fa una scelta'''. Dopo venti generazioni di storia umana, Dio improvvisamente incaricò un uomo di nome ''Abram'' ({{lang|he|אַבְרָם}}), proveniente da una famiglia con radici in Mesopotamia, di recarsi nella lontana terra di Canaan e di stabilirvisi. In effetti, il padre di Abram era partito per questa stessa destinazione anni prima, ma non aveva mai raggiunto il suo obiettivo; ora Abram poteva completare il viaggio del padre e compiere una missione divina allo stesso tempo. La Bibbia non spiega mai del tutto la scelta di quest'uomo da parte di Dio; ci viene detto che era giusto, ma non ci viene detto (come fu detto di Noè) che fosse l'unico uomo giusto della sua generazione. Quale che fosse la ragione della scelta di Dio, i risultati furono epocali. Abram si stabilì a Canaan e ricevette la promessa o ''alleanza'' di Dio che i suoi discendenti avrebbero ereditato quella terra e vi sarebbero diventati una grande nazione. Il segno di questo patto sarebbe stato l'antico rito della ''[[w:Brit milà|circoncisione]]'', eseguito sul corpo di ogni neonato maschio nella prima settimana di vita. Come simbolo del suo nuovo status, Abram ricevette un nuovo nome, ''[[w:Abramo|Abraham]]''; come segno della speciale cura di Dio per lui, suo figlio ed erede ''Isacco'' non nacque prima che Abramo avesse 100 anni. Col tempo Isacco divenne il padre di ''Giacobbe'', che fu anche chiamato ''Israele'', e nella generazione successiva le quattro mogli di Giacobbe gli diedero un totale di dodici figli maschi e una femmina. Una carestia costrinse la famiglia di Giacobbe ad abbandonare la patria a loro destinata e si stabilì in Egitto. Uno dei figli di Giacobbe, ''Giuseppe'', dopo molte avventure aveva elaborato un piano per salvare l'Egitto dagli effetti di questa stessa carestia, e aveva quindi acquisito un grande potere nel paese; sotto la protezione del loro famoso fratello, la famiglia si moltiplicò e prosperò nella loro nuova dimora. Alla fine, tuttavia, un nuovo re perse di vista il debito di gratitudine della sua nazione; sospettoso del numero degli Israeliti, li ridusse in schiavitù.<ref>6</ref> Soffrirono molto finché alla fine Dio si ricordò del loro patto ancestrale e mandò un nuovo capo, ''[[w:Mosè|Mosè]]'', per aiutarli a liberarsi dalle loro catene. Dio (e Mosè) compirono molti atti prodigiosi, infliggendo molte "piaghe" agli ostinati Egiziani; infine, dopo la terrificante morte di ogni primogenito in Egitto, al popolo israelita fu permesso di andarsene. Anche ora, tuttavia, il re si pentì di averli lasciati andare e cercò di inseguirli: in un miracolo finale, il popolo attraversò il mare giungendo in terraferma, ma gli inseguitori egiziani invece annegarono nel tentativo di seguirli. Così i discendenti di Giacobbe divennero il popolo libero di Israele, una nazione di dodici tribù che prese il nome dai dodici figli di Giacobbe, popolo di quasi 2 milioni di persone.<ref>7</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL CALENDARIO BIBLICO |contenuto = The earliest biblical evidence reflects a variety of calendar systems in ancient Israel; these are not fully compatible, so they must reflect either variation in local custom or (more likely) different stages in Israel’s cultural development. Unfortunately, the evidence does not allow modern scholars to reconstruct these stages in any detail. One calendar, apparently lunar, used names for the months, though only four such names have survived: most of these appear in the narrative of Solomon’s construction of the Temple (1 Kings 6–8). A year of twelve lunar months lasts only 354 days, and several annual festivals (see the following description) had clear seasonal associations, yet there is no evidence explaining how the people who used this calendar kept those festivals from slipping out of season. (In later centuries the authorities occasionally added a thirteenth month in the spring to make sure that Passover did not fall too early.) For centuries, lunar months were declared based on actual observation of the new moon; the fourth-century rabbinic leader Hillel II is reported to have dispensed with this system and to have instituted mathematical formulas for determining lunation. See Chapter 8, especially “Early Rabbinic Taqqanot and Gezerot.” Another calendar only numbers the months, starting with the month of the spring equinox, the month in which Passover falls. This may have been a solar calendar similar to those known from ancient Egypt and elsewhere, consisting of twelve thirty-day months and one extra day every quarter to complete exactly fifty-two weeks. Use of this calendar may explain why Genesis 1:14 indicates that the heavenly bodies serve to mark off days and years but says nothing about months. The seven-day week is an entirely artificial unit; attempts to link this unit to the phases of the moon or to features of the Babylonian calendar have not been successful. Except for the Sabbath, the days of the week too are numbered, not named: the modern Hebrew language still has no names for the other days of the week. From an early time, the Israelites celebrated annual festivals at certain key seasons of the year. In later years, three such festivals were marked by pilgrimage to the Temple in Jerusalem, and were apparently conceived from an early time as an annual cycle. Most famous of these was the spring Passover festival, connected to the Festival of Unleavened Bread. Combined, these festivals served to commemorate the Israelites’ escape from Egyptian slavery in the days of Moses. The observances may originally have been separate: the offering of a lamb on the fourteenth day of the first month, followed by a week-long abstention from leavened or fermented foods beginning on the fifteenth. From an early time, however, these two were combined into a single great celebration. A later report suggests that shortly before the Second Temple was destroyed, over 1 million pilgrims would gather in Jerusalem each year to celebrate this festival (see Josephus, Jewish War, 6.424). Seven weeks later, the beginning of the harvest season was marked by a briefer festival; over time this observance too acquired a historical dimension as the anniversary of the revelation of the Torah at Mount Sinai. Finally, the great autumn harvest festival was marked by the construction of booths in the fields where people would eat and sleep. These boothswere probably utilitarian in origin: when every hour counted, farmers did not want to take time each day to travel between their villages and their fields. In time, however, the Festival of Booths or Tabernacles became another token of historical memory, recalling Israel’s forty years of wandering in the desert before the liberated slaves reached the Promised Land (Leviticus 23:43). An additional pair of holidayswas celebrated every fall, though evidence of their actual observance only comes from the later biblical period. The fall new moon marked the beginning of the civil year, and the tenth day thereafter became an annual day of atonement marked by fasting and elaborate ceremonies. Initially this day seems to have focused on the Temple itself, and served once a year to purge the shrine of any accidental defilement of its holiness, but eventually the annual Day of Atonement (Yom Kippur) became the holiest day of the year, celebrated by Jews all over the world. Later books of the Bible added several new holidays to the calendar. The Book of Esther instituted the early spring holiday of Purim to celebrate Persian Jews’ escape from the evil designs of a hostile royal minister. The prophet Zechariah, toward the very end of the biblical period, hints at a series of fasts throughout the year that must have commemorated disastrous events from earlier times (Zechariah 8:19). On the other hand, certain observances appear to have dropped out of practice. The offering of a sheaf of wheat every spring inaugurated the new year’s grain crop (Leviticus 23:9–14), but this rite disappeared when the Temple was destroyed, giving only its name (Omer, the Hebrew word for “sheaf”) to the seven-week period after Passover. The precise time for offering this sheafbecamethe topic of fierce controversy during the time of the Second Temple, and other partisan disputes among advocates of these different calendars seem to have arisen as well; see Chapter 5, “Calendar and Controversy.” The most detailed listings of biblical festivals can be found in Leviticus 23 and Numbers 28–29; see also Deuteronomy 16 and (more briefly) Exodus 23:14–19 and 34:22–26. Nehemiah 8 reports that at a later time the Judahites returning from the Babylonian Exile found the rules for these festivals in the Torah and were evidently unfamiliar with them. See Chapter 3, “King Josiah’s Book,” for a celebration of the Passover in the days of King Josiah, shortly before the first Temple was destroyed. }} '''L'Alleanza decisiva'''. Mosè condusse il popolo nel deserto del Sinai. Lì, dalla cima di una montagna, la voce di Dio parlò loro e diede loro le leggi secondo cui avrebbero dovuto vivere. Dio si offrì di rinnovare la Sua alleanza con loro come popolo, e loro accettarono con entusiasmo. Israele divenne la nazione di Dio. Ora vivevano sotto la protezione di Dio e soggetti al Suo governo e al Suo giudizio. Il destino della nazione sarebbe ora dipeso dalla loro lealtà a Dio e all'Alleanza, dalla loro obbedienza ai Suoi comandamenti. Mosè salì sul monte e trascorse quaranta giorni e quaranta notti alla presenza di Dio; al suo ritorno, portò con sé la parola di Dio scritta su tavole di pietra. Le ripose in un contenitore speciale e, per custodire questo sacro scrigno, costruì un santuario mobile dove il popolo potesse incontrare il suo Dio e adorarlo. Tuttavia, quasi subito, si verificò una situazione che sarebbe diventata presto familiare: ripetutamente, il popolo rinunciò alle proprie speranze tradendo i propri obblighi e violando i comandamenti di Dio.<ref>8</ref> Al momento della sua morte, Mosè era completamente disilluso dal suo popolo; nel suo discorso d'addio, li avvertì che la continua disobbedienza avrebbe portato alla catastrofe. '''Il popolo e la loro terra'''. Per fedeltà all'alleanza, Dio guidò il popolo attraverso il deserto per quarant'anni e poi lo condusse nella Terra Promessa. Ancora una volta, tradirono ripetutamente l'alleanza adorando altri dèi. Privi della protezione divina, furono ripetutamente invasi e oppressi da nazioni straniere. Ogni volta, sotto la pressione della sofferenza, si pentirono: Dio li avrebbe salvati dai loro nemici, ma presto sarebbero caduti di nuovo. Dopo alcune generazioni, le tribù unirono le loro forze e costruirono un regno sotto l'eroico ''Davide''. A Davide seguì ''Salomone'', famoso per la sua saggezza, che costruì il Primo Tempio permanente a Dio nella nuova capitale reale, ''Gerusalemme''. Tramite i ''profeti'', Dio assicurò che la famiglia di Davide sarebbe salita per sempre sul trono d'Israele, ma i vecchi schemi di slealtà continuarono a ripresentarsi; dieci tribù su dodici si ribellarono alla famiglia reale, lasciando ai suoi discendenti il ​​governo della sola tribù di Davide, ''Giuda''; in entrambi i regni, i ricchi opprimevano i poveri e il culto di altri dei persisteva. Il regno di Israele, che comprendeva le dieci tribù ribelli, fu distrutto dai conquistatori assiri nel 722 AEV. Poi il regno davidiano di Giuda fu spazzato via, il Tempio di Salomone fu demolito e i capi della nazione furono deportati in esilio a Babilonia (l’''Esilio babilonese'') nel 586 AEV. Sembrava che la santa alleanza fosse crollata. Ma ora il resto del popolo attuò una vera riforma delle proprie abitudini. Finalmente abbandonò l'attrazione per false divinità; finalmente accettò l'autorità dell'unico vero Dio. Un gruppo di esuli tornò nella terra dei loro antenati e ricostruì il Tempio. Sotto la guida di ''Esdra'', ''Neemia'' e dell'ultimo dei profeti, si dedicarono nuovamente all'edificazione di una comunità santa basata sulla devozione alla parola di Dio e agli insegnamenti di Mosè. L'apostasia continuò, naturalmente, ma non dominava più la vita nazionale. Il popolo problematico di Israele era diventato la nazione santa degli ebrei.<ref>9</ref> [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] Vale la pena ripetere che la narrazione precedente non può essere verificata come Storia. La maggior parte dei personaggi della saga biblica non compare negli scritti storici di nessun'altra nazione antica; la maggior parte degli eventi di questa saga non è raccontata in nessun altro documento antico. L'importanza della storia non risiede nella questione se ''gli eventi siano realmente accaduti'', cosa che non può essere determinata, ma nella certezza che ''la storia sia stata raccontata'' più e più volte, nel corso di innumerevoli generazioni: ''questo'' fatto, di fondamentale importanza, è fuori da ogni dubbio. La narrazione epica appena riassunta ha plasmato la coscienza di uomini e donne ebrei fin dagli albori della storia ebraica. La narrazione biblica stabilisce alcune concezioni che sono rimaste centrali per la nascente religione ebraica. La storia identifica il Dio degli ebrei come creatore e unico sovrano dell'universo. Afferma la pretesa di Israele di un rapporto speciale con questo Dio e spiega come questo rapporto sia nato. La storia descrive lo stile di vita ebraico e la patria nazionale ebraica come doni di Dio e porte d'accesso alla santità per coloro che rispettano le richieste e gli insegnamenti di Dio; d'altra parte, contiene anche un severo monito: coloro che si allontanano da quegli insegnamenti o che resistono a quelle richieste porteranno inevitabilmente alla catastrofe per sé stessi e per chi li circonda. Queste idee costituiscono il contesto per comprendere le strutture formali dell'antica religione israelita. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = "I DIECI COMANDAMENTI" DUE VERSIONI |contenuto = ''Note: Different religious traditions variously divide these instructions into the Ten Commandments. The following translations offer the traditional Jewish division.'' <center>'''I'''</center> Note: Different religious traditions variously divide these instructions into the Ten Commandments. The following translations offer the traditional Jewish division. I I am YHWH your God who brought you out of the land of Egypt, out of the house of servants. You shall have no other gods in my presence. You shall not make for yourself a sculpture or a depiction [of anything] in the heavens above or that is on the earth beneath or that is in the waters beneath the earth. You shall not bow to them and you shall not serve them, for I,YHWHyour God, a jealous God, visit the sin of fathersonsons until the third and fourth [generations] to those that hate me, while I perform mercy to thousands, to those that love me and observe my commandments. Do not take the name of YHWH your God in vain, for YHWH will not hold guiltless the one who takes his name in vain. Remember the Sabbath day to keep it holy. You shall work six days and perform all your labor, but the seventh day is Sabbath unto YHWH your God: do not perform any labor – you or your son or your daughter or your manservant or your maidservant or your cattle or your alien who is in your gates – for [in] six days YHWH made the heavens and the earth, the sea and all that is in them, and on the seventh day he rested. Therefore YHWH blessed the Sabbath day and made it holy. Honor your father and your mother in order that your days may be long on the land that YHWH your God gives you. You shall not murder. You shall not commit adultery. You shall not steal. You shall not answer against your fellow [as a] false witness. You shall not covet your fellow’s house. You shall not covet your fellow’s wife, or his manservant or his maidservant or his ox or his donkey, or anything that belongs to your fellow. <div align="right">({{passo biblico2|Esodo|20:2-17}})</div> <center>'''II'''</center> I am YHWH your God who brought you out of the land of Egypt, out of the house of servants. You shall have no other gods in my presence. You shall not make for yourself a sculpture or a depiction [of anything] in the heavens above or that is on the earth beneath or that is in the waters beneath the earth. You shall notbowto them and you shall not serve them, for I, YHWH your God, a jealous God, visit the sin of fathers on sons until the third and fourth [generations] to those that hate me, while I perform mercy to thousands, to those that loveme and observemy commandments. Do not take the name of YHWH your God in vain, for YHWH will not hold guiltless the one who takes his name in vain. Preserve the Sabbath day to keep it holy, as YHWH your God has commanded you. You shall work six days and perform all your labor, but the seventh day is Sabbath unto YHWH your God: do not perform any labor – you or your son or your daughter or your manservant or your maidservant or your ox or your donkey or any of your cattle or the alien who is in your gates – in order that your manservant and your maidservant rest as you do. And remember that you were a servant in the land of Egypt and [that] YHWH your God took you out of there with a strong hand and an outstretched arm; therefore YHWH your God has commanded you to keep the Sabbath day. Honor your father and your mother as YHWH your God has commanded you, in order that your days may be long, and in order that it go well with you on the land that YHWH your God gives you. You shall not murder, And you shall not commit adultery, And you shall not steal, And you shall not answer against your fellow [as a] vain witness, And you shall not covet your fellow’s wife, and you shall not desire your fellow’s house, his field, or his manservant or his maidservant, his ox or his donkey, or anything that belongs to your fellow. <div align+"right">({{passo biblico2|Deuteronomio|5:6-21}})</div> }} === La religione dell'Antico Israele === In their private lives, the people of early Israel seem to have been very like their neighbors. The economy was largely rural, based on agriculture and herding.10 Biblical law presumes the existence of slavery, but scriptural narrative never mentions slaves outside the households of the very rich. Similarly, in theory, men could take multiple wives, but very few did so except for the exceedingly wealthy. Polygamy was expensive, and few could afford to maintain a large household; moreover, husbands and wives often developed ties of affection that left no room for parallel relationships. Biblical law takes for granted the existence of polygamy, but scripture actually reports very few cases of polygamous households.11 When women married, they came into their husbands’ households. They might retain ties of affection to the families of their birth, but their legal identity was now determined by their marriage.12 For this reason, biblical law took care to provide for widows: not only did suchwomenoften lack material support, they also had no secure legal identity in society.13 Biblical law repeatedly outlaws marriage with foreign women; sometimes the reference seems limited to the non- Israelite native peoples of the Promised Land, but sometimes the prohibition seems absolute. Nevertheless, the law also recognizes that a soldier might fall in love with a woman captured in war (Deuteronomy 21:10–14), and scripture recounts several noteworthy cases of Israelite men marrying foreign women.14 Since women took on their husbands’ legal identity at marriage, Israelite women who married foreign men probably disappeared from Israelite society. To be sure, the Bible provides not a single instance of a woman who did this, but this may simply confirm that such women went off with their husbands and were gone. Worship of a national god was typical of the Near East, but in other cases this was usually combined with reverence for the forces of nature, such as rain and storm or love and fertility, that seemed to rule people’s lives; similarly, even in Israel, the idea that worship should be limited to one god met heavy resistance for generations. See Chapter 2 for further discussion. Biblical narrative says almost nothing about the religious lives of private individuals. On special occasions people offered sacrifices to God, but it is hard to tell if the formal biblical rules of sacrifice applied to such private offerings. In addition to large-scale public altars, did private homes contain specific locations for domestic offerings? We cannot tell. We do not know whether marriage or the birth of a child was marked by religious ceremonies other than standard thankofferings or the postpartum purification-offerings that are specified in Leviticus 12.We also cannot tell whether great festivals were marked by home rituals as well as the great ceremonies performed at public shrines.15 In any case, as with all ancient peoples, Israelites’ public worship centered on sacrifice, the gift to God (usually by destruction) of some object of value. Biblical law provides detailed regulations for the proper offering of sacrifice: a suitable object of value (usually an animal, but sometimes grain or wine or olive oil), the correct occasion (sometimes required by the calendar or by an occurrence in one’s own life such as the birth of a child, but also possibly the result of a spontaneous vow), the necessary procedures, the appropriate personnel. As time went on, the right to offer sacrifice came to rest with hereditary priests (Heb. kohanim); national memory traced this priesthood back to Aaron, the brother of Moses, but this ancestry cannot be verified. Indeed, various biblical passages suggest that at an early time the priestly role could be assigned on a different basis; most importantly, the tradition suggests that before the inherited priesthood started, this role was filled by the firstborn son of every household. This tradition is clearly related to the narrative tradition that Israelite firstborns were spared when the firstborn of Egypt were all killed in the tenth and final plague. For a while, there were local shrines and groups of local priests scattered across the country (Figure 1), but in the time of King Josiah (late seventh century BCE) all sacrificial worship was centralized at a single location (the Temple) in the capital city of Jerusalem. This shrine had been constructed under King Solomon about 300 years earlier, but scripture mentions renovations and other changes over the centuries. We cannot tell for sure what the Temple or its ceremonies were like in Solomon’s own time (the descriptions may incorporate information fromlater on), but by its last years the shrine had become an important national institution, a focus of pride and veneration. Its loss in 586 BCE was considered a divine punishment and a national catastrophe. From an early time, the Israelite religion had developed a calendar of festivals (see “The Biblical Calendar”). Of these, probably the earliest (and most famous) is Passover (Heb. Pesach), still in modern times an annual celebration of Israel’s escape from Egyptian bondage. This spring holiday featured the annual offering of a new (paschal) lamb and the careful avoidance of all leavened food products for a week. Careful reading of the biblical materials (see especially Exodus 12– 13) suggests that these observances may already have been ancient celebrations of the arrival of spring, but now a new level of meaning was attached to these; in addition to acclaiming their god as lord of nature, the Israelites identified major events in their history as the work of his mighty arm. This pattern of reaching beyond the eternal, unchanging world of natural cycles to find religious meaning in the unique events of history was one of Israel’s great contributions to Western thought. In a similar way, the fall harvest Festival of Booths or Tabernacles (Heb., Sukkot) receives a historical explanation through reference to events that actually are never recounted in the biblical narrative (see Leviticus 23:43). Over the course of time, however, the most striking feature of the Israelite calendar turned out to be not an annual feast at all but the weekly Sabbath day when productive labor was forbidden. As far as we can tell, no other culture in the ancient Near East had a seven-day week.16 Theories abound as to the origins of this idea, but we can simply note its prominence. God himself is said to have instituted the Sabbath as soon as the world was created (Genesis 2:1–3). As a sign of its importance, the Torah threatens the death penalty for those who violate the Sabbath (Exodus 31:14 or 35:2), and Sabbath observance is the only ceremonial provision in the so-called Ten Commandments or Decalogue (Exodus 20:8–11; Deuteronomy 5:12– 15), an early listing of basic religious principles. The Bible does not provide much detailed information about this important Israelite institution; we do not know what rituals were performed other than some special sacrifices (Numbers 28:9–10),17 nor do we know what actions were deemed laborious and thus forbidden.<ref>18</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA |contenuto = As mentioned in the text, biblical law recognizes the importance of distinguishing genuine prophecy from false but sees that this can be difficult to accomplish. Scripture offers a very simple rule for sorting this out: genuine prophecy comes true, and false prophecy does not. {{citazione|If you should ask, “How will we know the word that YHWH has not spoken?,” that which the prophet speaks in the name of YHWH and does not come about, YHWH did not speak that word. The prophet spoke thus defiantly, and you must not fear him.|{{passo biblico2|Deuteronomio|18:21-22}}}} Biblical narrators, however, also seem aware that this rule is not always adequate. The famous story of Jonah, also mentioned in the text, contains a deep paradox. The prophet foretells the downfall of the great city Nineveh, but the people strive to change their sinful ways and God forgives them (Jonah 3). This angers the prophet greatly: now his prophecy has been falsified! The message of the book, however, is that the prophecy succeeded by not coming true. The destruction of the city, not its survival, would have been the real failure. A less well-known incident, in Jeremiah 28, concerned a confrontation between two prophets: Jeremiah himself and another named Hananiah ben Azur. Jeremiah had consistently called for surrender to the Babylonians now besieging Jerusalem, but Hananiah disagreed and did so in the name of God: he foretold that within two years the besiegers would be gone. Jeremiah did not know what to do; he was deeply convinced that Hananiah was misleading the people and that his own advocacy of surrender was the true of word of God, but how could he prove this to the perplexed bystanders? When two prophets offer directly opposite proclamations of the word of God, how are people to know whom to follow? Jeremiah went home without responding, only to receive a new prophecy confirming his conviction, and then “Hananiah the prophet died that year, in the seventh month.” God himself, so to speak, executed Jeremiah’s rival on the charge of false prophecy, but could it really be that when two prophets disagree the nation must wait to see who dies first? Another story (1 Kings 22:1–37) is more perplexing still. The two Israelite kings, Jehoshaphat of the south and Ahab of the north, met to consider making war on their common enemy the Arameans. Jehoshaphat, known for his piety, was ready to agree but wanted to consult the prophets of God before deciding. Many prophets predicted victory, but finally one last prophet (his name was Micaiah ben Imlah, and Ahab disliked him because his prophecies were always hostile) offered a shocking vision: God had sent a spirit into all the other prophets in order to entice Ahab to war, but the purpose of this message was to lure Ahab to his death. Sure enough Ahab went to war, and sure enough he was killed. In need of prophetic guidance, Ahab had naturally followed the majority opinion, and this was fatal. The story of the prophet Micaiah raises the terrifying possibility that an authentic prophecy may come from God but with a hidden, deceitful purpose, so that those who follow the prophecy achieve no salvation but are led on to their own destruction. Once aware of this danger, who would ever follow a prophet again? }} The two versions of the Ten Commandments offer quite different explanations of the reason behind the weekly day of rest (see “‘The Ten Commandments,’ Two Versions”). The Book of Exodus describes the Sabbath as an acknowledgment of God as Creator of the world: God created the world in six days and then rested on the seventh, and those who worship him should do the same. In Deuteronomy, however, the focus shifts to the escape from slavery in Egypt: just as you were slaves but God gave you rest, so too you must rest and give rest to all who labor on your behalf. This is the only paragraph of the Decalogue in which the two versions significantly differ, and their combination once again presents a mixture of themes drawn from the contemplation of nature and from the study of the nation’s history. The widespread appearance of such mixtures is a distinguishing characteristic of biblical literature. Every ancient culture had its priests, but Israel had a second, very different kind of religious leader as well: the prophets. The Hebrew prophets (nevi’im) were not fortune-tellers but messengers, intermediaries between the people and their God; in this they differed from the fortune-tellers, astrologers, and oracles who could be found all over the ancient world. Moses is the prototype of the prophets (see Deuteronomy 18:15), and throughout the biblical period prophets served as vehicles by which God’s word came to the people. It can easily be seen that prophecy is inherently unsettling: a prophet can turn up at any time and announce that previous messages from God have been replaced by a new one. Naturally, those officials (priests, kings, etc.) responsible for maintaining the nation’s stability often tangled with prophets; scripture is full of stories of prophets denouncing kings in the name of God, while priests at their holy shrines, dedicated to the regular performance of their ceremonial duties, sometimes tried to silence prophets or just to keep them away.19 Such hostility might be avoided – a prophet who won the king’s confidence could become an important royal advisor – but the tension between the priests’ dedication to order and permanence and the prophets’ unpredictable disruptions is one of the ongoing themes of the Bible. Prophecy gave rise to another difficulty as well: how could you tell who the true prophets were? Anyone could appear and claim to bear a message from God: how could people distinguish false prophets – malicious or deluded individuals – from the real thing? Biblical law offers the simple but unhelpful solution that if the prophecy doesn’t come true the prophet can’t have been sent by God (Deuteronomy 18:22), but people couldn’t always wait to see whether a prophecy would be fulfilled. And sometimes, as in the famous case of Jonah, prophecy achieved its purpose without coming true. Jonah predicted the downfall of a great city, but its people repented and were forgiven; this meant that, strictly speaking, the prophecy had not come true, but who could deny that it had achieved its true purpose? In addition to this intellectual puzzle, prophecy sometimes demanded action; when conflicting prophecies demanded incompatible actions, the prophets’ audience was at a loss to know what God really wanted them to do (see “The Trouble with Prophecy”). These uncertainties combined to produce the worst dilemma of all: sometimes prophecies were designed to save their audience from disaster, as in the case of Jonah, but sometimes, as with King Ahab, they were intended to lead their audience to destruction. How could people tell which prophecies to follow? What were they to do when they could not tell? What might happen if they failed to consider all possibilities? What might happen if they guessed wrong? Under the pressure of such uncertainty, later generations began to lose confidence in prophecy as a reliable method of learning God’s will. The prophets of the past had been holy men and women, and their words were remembered and continually revisited, but no further messages from God were expected. Zechariah, one of the last biblical prophets, paradoxically foretells the end of prophecy: in the future, anyone who so much as claimed to bring a message from God would be put to death as a false prophet, so real prophets would have to lie about their identity to protect their own lives.20 Throughout later centuries, prophet-like figures continued to appear, but they were greeted with resistance and skepticism. Later Jewish tradition claimed that prophecy disappeared around the time of Alexander the Great (reigned 336–323 BCE), and this memory is probably about right.21 The prophets were the second element of Israelite religious leadership to disappear from national life, the kings having been gone for centuries. That left the priests. After the Babylonian Exile, Israelite religion was increasingly dominated by priests, and the story of that domination – the rise and decline of priestly Judaism – will be told in the following Chapters. [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] {{clear}} {{Immagine grande|Tel Arad 280321 03 Temple.jpg|1010px|''Altare preesilico a [[:en:w:Tel Arad|Tel Arad]]''. Questo altare fu rinvenuto in una fortezza israelita preesilica ad Arad, vicino al Mar Morto. La sua costruzione – una struttura quadrata in pietra grezza – combina elementi delle istruzioni fornite in {{passo biblico2|Esodo|20;27}}, ma l'altare raffigurato non ha corni, come richiesto in {{passo biblico|Esodo|27:2}} ― è possibile che i corni esistessero ma siano stati spezzati, questo comunque non è più possibile stabilirlo.}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|3 luglio 2025}} [[Categoria:Una storia dell'ebraismo|Capitolo 1]] rzbl7tx5b4zz4z9cx6nq83z2cwniqla 478447 478446 2025-07-05T17:28:27Z Monozigote 19063 /* La preistoria dell'ebraismo */ testo 478447 wikitext text/x-wiki {{Una storia dell'ebraismo}} {{Immagine grande|Scribe- Menahem - The Birds' Head Haggadah - Google Art Project.jpg|750px|}} == La preistoria dell'ebraismo == <!--- vari miei testi in inglese da tradurre, adattare e inserire ---> La religione ebraica (Ebraismo) è emersa dagli scritti della Bibbia ebraica ''(Tanakh)'', ma in realtà non si trova in quegli scritti. L'Ebraismo è una religione che adora Dio<ref>1</ref> attraverso le ''parole'' – preghiera, sermoni, lettura delle Scritture e simili – in edifici chiamati ''[[w:sinagoga|sinagoghe]]'' sotto la guida di ''[[w:rabbino|rabbini]]'' eruditi. La Bibbia sa qualcosa della preghiera ma nulla del resto: la Bibbia descrive una religione incentrata su un singolo edificio comunemente chiamato ''[[w:Tempio di Gerusalemme|Tempio]]'' e guidata da ''[[w:sacerdote (ebraismo)|sacerdoti]]'' ereditari che adorano attraverso le ''azioni'' – elaborati riti sacrificali e altre cerimonie di purificazione ed espiazione. La transizione da quella religione primitiva a quella che le persone moderne riconoscerebbero è la trama di questo mio libro. Quasi tutte le nostre informazioni sulle prime parti di questa storia provengono dalle pagine della ''[[w:Tanakh|Bibbia]]''<ref>2</ref> (cfr. riquadro: "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"). La Bibbia in realtà non è un singolo libro; è un'antologia di materiali scritti nell'arco di molti secoli – forse anche di {{FORMATNUM:1000 anni}} – in due lingue diverse e in almeno due paesi diversi. Non sorprende che i suoi scritti mostrino una varietà di stili e prospettive su molte questioni importanti (cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]]). Questa varietà di contenuti ha permesso ai lettori successivi di trovare molti messaggi diversi nelle sue pagine e di applicarli alla grande varietà di situazioni che si sono trovati ad affrontare. Questa flessibilità è la chiave del successo straordinariamente duraturo della Bibbia nel sostenere individui e comunità di fede per oltre due millenni. Tuttavia, dal punto di vista dello storico, la Bibbia presenta un problema molto difficile. Molte, forse la maggior parte, delle sue narrazioni furono scritte molto tempo dopo gli eventi che descrivono (la storia inizia con la creazione del mondo!), e quasi nulla nella Bibbia può essere confermato da qualsiasi altra fonte antica di informazione. Come sempre con informazioni non corroborate, l'osservatore moderno non è in grado di giudicare l'affidabilità storica della Bibbia, non è in grado di misurare la distanza tra descrizione ed evento, non è in grado di leggere le storie della Bibbia e capire cosa (se qualcosa) sia realmente accaduto.<ref>3</ref> La Bibbia non può quindi essere letta come un documento storico: bisogna invece comprendere che la narrazione biblica è un distillato della memoria nazionale concepito per trasmettere un messaggio religioso. Il messaggio religioso della Bibbia è forte e chiaro, ma non possiamo sempre sapere come gli eventi descritti sarebbero apparsi senza lo scopo religioso che ora plasma la narrazione, o addirittura come gli autori della Bibbia abbiano appreso di quegli eventi in primo luogo. Allora, noi lettori moderni, possiamo veramente imparare la storia antica dalla Bibbia? Certo che possiamo, ma non nel modo in cui possiamo imparare la storia dagli archivi o da altri documenti ufficiali. La chiave per imparare la storia dalla Bibbia è focalizzare l'attenzione ''non sul contenuto delle storie, ma sulle storie stesse: chi le ha raccontate? Perché? Come le hanno comprese le persone che le hanno raccontate? Quali verità vi hanno trovato? Quali insegnamenti hanno cercato di trasmettere?'' Le persone hanno recitato queste narrazioni per ben oltre {{FORMATNUM:2000}} anni ― questo di per sé è un fatto storico di enorme importanza. Dopo un breve riassunto della narrazione stessa, sarà possibile riflettere su tali domande. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = COSA CONTIENE LA BIBBIA? |contenuto = La tradizione ebraica divideva la Bibbia in tre sezioni, contenenti in totale ventiquattro libri. <center>'''I. La [[Torah]]'''</center> 1. '''Genesi'''. Contesto della nascita del popolo d'Israele, dalla creazione del mondo attraverso le vite dei patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe) e delle matriarche (Sara, Rebecca, Lia, Rachele) fino alla morte di Giuseppe in Egitto. 2. '''Esodo'''. Schiavitù in Egitto, poi liberazione. Alleanza al Sinai, rivelazione dei comandamenti di Dio, costruzione del Tabernacolo per il culto formale. Storia del Vitello d'Oro: la prima caduta di Israele nell'idolatria. 3. '''Levitico'''. Regole per il mantenimento della purezza rituale e la corretta esecuzione dei sacrifici; anche per la creazione di una comunità sacra. Prima descrizione delle leggi alimentari e delle feste dell'anno. 4. '''Numeri'''. Censimento nel deserto prima della marcia verso la Terra Promessa. Incidenti nel corso di quella marcia, ulteriore legislazione. 5. '''Deuteronomio'''. Discorso di addio di Mosè: riassunto della sua carriera, riassunto dei comandamenti di Dio, avvertimento delle conseguenze della disobbedienza. Mosè muore ai confini della Terra Promessa. <center>'''II. I Profeti'''</center> '''a. The Early Prophets'''. Despite its traditional name, this section actually contains very little prophecy. Instead, it mainly continues the narrative beyond the death of Moses. 6. '''Giosuè'''. Israel’s conquest and initial settlement of the Promised Land. 7. '''Giudici'''. The next several generations. Disloyalty to God brings foreign oppressors; repentance brings liberation. 8. '''1 e 2 Samuele'''. The last of the judges and the first of the kings of Israel up to David’s death. 9. '''1 e 2 Re'''. The history of the kingdoms through their destruction. ''Nota: The books nowcited as numbered pairswere originally single works. They were divided by copyists in the Middle Ages on account of their great size. This is not the case with the numbered books of the New Testament, which are separate documents.'' '''b. The Later Prophets'''. These are the great orators and writers of the Bible. 10. '''Isaia'''. The historical Isaiah lived around 700 BCE, butmuchin this book seems to date from a later time, during the Babylonian Exile and perhaps even later. 11. '''Geremia'''. Lived around the time of the Exile; the book contains significant biographical narrative along with Jeremiah’s orations. 12. '''Ezechiele'''. Contemporary with Jeremiah, but lived and prophesied among the exiles in Babylon. 13. '''I Dodici'''. Twelve much smaller books of prophecy, attributed to writers who lived over a span of several centuries. Only Jonah contains significant narrative. {{Colonne}} *Hosea *Joel *Amos {{Colonne spezza}} *Obadiah *Jonah *Micah {{Colonne spezza}} *Nahum *Habakkuk *Zechariah {{Colonne spezza}} *Haggai *Zephaniah *Malachi {{Colonne fine}} <center>'''III. Scritti ''(Ketuvim)'''''</center> 14. '''Salmi'''. A collection of 150 religious poems, many attributed to King David. 15. '''Proverbi'''. A collection of wisdom teachings, largely attributed to King Solomon. 16. '''Giobbe'''. A story of righteousness tested by suffering. '''The Five Scrolls''', so called because they are liturgically read on specified holidays (this grouping reflects later synagogue practice and is not a formally recognized section of the Bible). 17. '''Cantico dei Cantici'''. A love poem attributed to King Solomon. Read in synagogues on Passover. 18. '''Rut'''. A brief narrative of loyalty and love set in the days of the judges; the origins of the dynasty of King David. Read on the Feast ofWeeks. 19. '''Lamentazioni'''. Poems on the destruction of Jerusalem, attributed to Jeremiah. Read on the Ninth of Av, anniversary of the destruction of theTemple. 20. '''Ecclesiaste''' o '''Qohelet'''. Philosophical musings, attributed to King Solomon. Read on the Feast of Booths. 21. '''Ester'''. Intrigue at the royal court of Persia; the Jews narrowly defeat the evil designs of a powerful enemy. Read on Purim. This is the only book of the Bible in which God is never directly mentioned in the Hebrew text. 22. '''Daniele'''. Stories about loyal Jews in the royal courts of Babylon and Persia; also visions of the end of history. 23. '''Ezra-Nehemiah'''. Jewish leaders and their achievements in the period after the Babylonian Exile. 24. '''1 and 2 Cronache'''. Retelling of Israel’s history from the time of King David through the return from the Babylonian Exile. Largely a revision, but sometimes a straightforward repetition of the Books of Samuel and Kings. In recent times the Hebrew acronym ''Tanakh'' ('''T'''orah, '''N'''evi’im [prophets], '''K'''etuvim [writings]) has been used to designate the entire twenty-fourbook collection. [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] La tradizione cristiana, seguendo l'usanza degli antichi ebrei di lingua greca, organizzò questi libri in modo diverso, in due sezioni (non formalmente separate) contenenti rispettivamente la narrazione in prosa e le composizioni poetiche. L'ordine era il seguente: {{Colonne}} *Genesi *Esodo *Levitico *Numbers *Deuteronomio *Giosuè *Giudici *Rut *1 e 2 Samuele {{Colonne spezza}} *1 e 2 Re *1 e 2 Cronache *Esdra *Neemia (libro separato) *Ester *Giobbe *Salmi *Proverbi {{Colonne spezza}} *Ecclesiaste *Cantico dei Cantici *Isaia *Geremia *Lamentazioni *Ezechiele *Daniele *I Dodici {{Colonne fine}} }} === La narrazione biblica === '''Primi sviluppi'''. La Bibbia inizia con la creazione del mondo da parte del Dio d'Israele.<ref>4</ref> Non si tratta di un dio che lotta o collabora con altri dèi, come nei miti di altri popoli; il Dio d'Israele crea il mondo da solo, senza sforzo o difficoltà, semplicemente comandando passo dopo passo che l'ordine cosmico venga ad esistere. In questo mondo il Creatore colloca tutte le specie viventi, inclusa una coppia umana di nome ''Adamo'' ed ''Eva''. Adamo ed Eva avrebbero potuto vivere spensierati sotto la protezione di Dio nel ''Giardino dell’Eden'', ma trasgredirono: c'era un solo albero nel giardino, l'"albero della conoscenza del bene e del male", il cui frutto era stato detto loro di evitare, ma mangiarono quel frutto e di conseguenza furono espulsi nel mondo del duro lavoro, il mondo del sesso, della nascita e della morte. Il solo atto di apprendere la differenza tra il bene e il male portò sofferenza nel mondo. I primi capitoli della Bibbia contengono diverse altre drammatiche rappresentazioni dell'incapacità degli esseri umani di vivere come dovrebbero. Adamo ed Eva ebbero due figli di nome Caino e Abele, e uno uccise l'altro. L'immoralità sessuale e la violenza divennero diffuse. Cinque generazioni dopo Caino, avvenne un altro omicidio. Alla decima generazione, Dio era così scoraggiato che distrusse l'intera creazione con un diluvio; solo un uomo giusto ([[w:Noè|Noè]]) e la sua famiglia furono salvati per dar via a un nuovo inizio. Ma anche Noè purtroppo deluse: uscendo dall'arca con cui aveva superato il diluvio, piantò una vigna, si ubriacò e inflisse umiliazioni sessuali alla sua famiglia.<ref>5</ref> I discendenti di Noè crebbero di nuovo numerosi, ma poi costruirono la famosa [[w:Torre di Babele|Torre di Babele]] in ribellione contro la volontà di Dio. Costretti di conseguenza a parlare lingue diverse, si dispersero per il mondo: l'idillio era andato a male. Il lettore moderno può facilmente comprendere come queste narrazioni cerchino di rispondere a domande fondamentali sulla natura dell'esistenza umana: perché non parliamo tutti la stessa lingua? Perché le persone devono lavorare così duramente per procurarsi il cibo? Perché si muore? Perché l'impulso sessuale è così forte e il parto così doloroso? Perché le donne sono subordinate agli uomini? Tutte le culture antiche hanno narrato storie di questo tipo, e gli studiosi moderni possono confrontare le versioni bibliche con altre che circolavano nel mondo antico, inserendo così Israele più saldamente nel contesto culturale del Vicino Oriente antico. Ma tali paragoni non spiegano perché la Bibbia stessa sia stata preservata o come questa particolare versione di quelle storie sia arrivata a dominare la nostra civiltà. Solo la fase successiva della narrazione lo spiega. '''Dio fa una scelta'''. Dopo venti generazioni di storia umana, Dio improvvisamente incaricò un uomo di nome ''Abram'' ({{lang|he|אַבְרָם}}), proveniente da una famiglia con radici in Mesopotamia, di recarsi nella lontana terra di Canaan e di stabilirvisi. In effetti, il padre di Abram era partito per questa stessa destinazione anni prima, ma non aveva mai raggiunto il suo obiettivo; ora Abram poteva completare il viaggio del padre e compiere una missione divina allo stesso tempo. La Bibbia non spiega mai del tutto la scelta di quest'uomo da parte di Dio; ci viene detto che era giusto, ma non ci viene detto (come fu detto di Noè) che fosse l'unico uomo giusto della sua generazione. Quale che fosse la ragione della scelta di Dio, i risultati furono epocali. Abram si stabilì a Canaan e ricevette la promessa o ''alleanza'' di Dio che i suoi discendenti avrebbero ereditato quella terra e vi sarebbero diventati una grande nazione. Il segno di questo patto sarebbe stato l'antico rito della ''[[w:Brit milà|circoncisione]]'', eseguito sul corpo di ogni neonato maschio nella prima settimana di vita. Come simbolo del suo nuovo status, Abram ricevette un nuovo nome, ''[[w:Abramo|Abraham]]''; come segno della speciale cura di Dio per lui, suo figlio ed erede ''Isacco'' non nacque prima che Abramo avesse 100 anni. Col tempo Isacco divenne il padre di ''Giacobbe'', che fu anche chiamato ''Israele'', e nella generazione successiva le quattro mogli di Giacobbe gli diedero un totale di dodici figli maschi e una femmina. Una carestia costrinse la famiglia di Giacobbe ad abbandonare la patria a loro destinata e si stabilì in Egitto. Uno dei figli di Giacobbe, ''Giuseppe'', dopo molte avventure aveva elaborato un piano per salvare l'Egitto dagli effetti di questa stessa carestia, e aveva quindi acquisito un grande potere nel paese; sotto la protezione del loro famoso fratello, la famiglia si moltiplicò e prosperò nella loro nuova dimora. Alla fine, tuttavia, un nuovo re perse di vista il debito di gratitudine della sua nazione; sospettoso del numero degli Israeliti, li ridusse in schiavitù.<ref>6</ref> Soffrirono molto finché alla fine Dio si ricordò del loro patto ancestrale e mandò un nuovo capo, ''[[w:Mosè|Mosè]]'', per aiutarli a liberarsi dalle loro catene. Dio (e Mosè) compirono molti atti prodigiosi, infliggendo molte "piaghe" agli ostinati Egiziani; infine, dopo la terrificante morte di ogni primogenito in Egitto, al popolo israelita fu permesso di andarsene. Anche ora, tuttavia, il re si pentì di averli lasciati andare e cercò di inseguirli: in un miracolo finale, il popolo attraversò il mare giungendo in terraferma, ma gli inseguitori egiziani invece annegarono nel tentativo di seguirli. Così i discendenti di Giacobbe divennero il popolo libero di Israele, una nazione di dodici tribù che prese il nome dai dodici figli di Giacobbe, popolo di quasi 2 milioni di persone.<ref>7</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL CALENDARIO BIBLICO |contenuto = The earliest biblical evidence reflects a variety of calendar systems in ancient Israel; these are not fully compatible, so they must reflect either variation in local custom or (more likely) different stages in Israel’s cultural development. Unfortunately, the evidence does not allow modern scholars to reconstruct these stages in any detail. One calendar, apparently lunar, used names for the months, though only four such names have survived: most of these appear in the narrative of Solomon’s construction of the Temple (1 Kings 6–8). A year of twelve lunar months lasts only 354 days, and several annual festivals (see the following description) had clear seasonal associations, yet there is no evidence explaining how the people who used this calendar kept those festivals from slipping out of season. (In later centuries the authorities occasionally added a thirteenth month in the spring to make sure that Passover did not fall too early.) For centuries, lunar months were declared based on actual observation of the new moon; the fourth-century rabbinic leader Hillel II is reported to have dispensed with this system and to have instituted mathematical formulas for determining lunation. See Chapter 8, especially “Early Rabbinic Taqqanot and Gezerot.” Another calendar only numbers the months, starting with the month of the spring equinox, the month in which Passover falls. This may have been a solar calendar similar to those known from ancient Egypt and elsewhere, consisting of twelve thirty-day months and one extra day every quarter to complete exactly fifty-two weeks. Use of this calendar may explain why Genesis 1:14 indicates that the heavenly bodies serve to mark off days and years but says nothing about months. The seven-day week is an entirely artificial unit; attempts to link this unit to the phases of the moon or to features of the Babylonian calendar have not been successful. Except for the Sabbath, the days of the week too are numbered, not named: the modern Hebrew language still has no names for the other days of the week. From an early time, the Israelites celebrated annual festivals at certain key seasons of the year. In later years, three such festivals were marked by pilgrimage to the Temple in Jerusalem, and were apparently conceived from an early time as an annual cycle. Most famous of these was the spring Passover festival, connected to the Festival of Unleavened Bread. Combined, these festivals served to commemorate the Israelites’ escape from Egyptian slavery in the days of Moses. The observances may originally have been separate: the offering of a lamb on the fourteenth day of the first month, followed by a week-long abstention from leavened or fermented foods beginning on the fifteenth. From an early time, however, these two were combined into a single great celebration. A later report suggests that shortly before the Second Temple was destroyed, over 1 million pilgrims would gather in Jerusalem each year to celebrate this festival (see Josephus, Jewish War, 6.424). Seven weeks later, the beginning of the harvest season was marked by a briefer festival; over time this observance too acquired a historical dimension as the anniversary of the revelation of the Torah at Mount Sinai. Finally, the great autumn harvest festival was marked by the construction of booths in the fields where people would eat and sleep. These boothswere probably utilitarian in origin: when every hour counted, farmers did not want to take time each day to travel between their villages and their fields. In time, however, the Festival of Booths or Tabernacles became another token of historical memory, recalling Israel’s forty years of wandering in the desert before the liberated slaves reached the Promised Land (Leviticus 23:43). An additional pair of holidayswas celebrated every fall, though evidence of their actual observance only comes from the later biblical period. The fall new moon marked the beginning of the civil year, and the tenth day thereafter became an annual day of atonement marked by fasting and elaborate ceremonies. Initially this day seems to have focused on the Temple itself, and served once a year to purge the shrine of any accidental defilement of its holiness, but eventually the annual Day of Atonement (Yom Kippur) became the holiest day of the year, celebrated by Jews all over the world. Later books of the Bible added several new holidays to the calendar. The Book of Esther instituted the early spring holiday of Purim to celebrate Persian Jews’ escape from the evil designs of a hostile royal minister. The prophet Zechariah, toward the very end of the biblical period, hints at a series of fasts throughout the year that must have commemorated disastrous events from earlier times (Zechariah 8:19). On the other hand, certain observances appear to have dropped out of practice. The offering of a sheaf of wheat every spring inaugurated the new year’s grain crop (Leviticus 23:9–14), but this rite disappeared when the Temple was destroyed, giving only its name (Omer, the Hebrew word for “sheaf”) to the seven-week period after Passover. The precise time for offering this sheafbecamethe topic of fierce controversy during the time of the Second Temple, and other partisan disputes among advocates of these different calendars seem to have arisen as well; see Chapter 5, “Calendar and Controversy.” The most detailed listings of biblical festivals can be found in Leviticus 23 and Numbers 28–29; see also Deuteronomy 16 and (more briefly) Exodus 23:14–19 and 34:22–26. Nehemiah 8 reports that at a later time the Judahites returning from the Babylonian Exile found the rules for these festivals in the Torah and were evidently unfamiliar with them. See Chapter 3, “King Josiah’s Book,” for a celebration of the Passover in the days of King Josiah, shortly before the first Temple was destroyed. }} '''L'Alleanza decisiva'''. Mosè condusse il popolo nel deserto del Sinai. Lì, dalla cima di una montagna, la voce di Dio parlò loro e diede loro le leggi secondo cui avrebbero dovuto vivere. Dio si offrì di rinnovare la Sua alleanza con loro come popolo, e loro accettarono con entusiasmo. Israele divenne la nazione di Dio. Ora vivevano sotto la protezione di Dio e soggetti al Suo governo e al Suo giudizio. Il destino della nazione sarebbe ora dipeso dalla loro lealtà a Dio e all'Alleanza, dalla loro obbedienza ai Suoi comandamenti. Mosè salì sul monte e trascorse quaranta giorni e quaranta notti alla presenza di Dio; al suo ritorno, portò con sé la parola di Dio scritta su tavole di pietra. Le ripose in un contenitore speciale e, per custodire questo sacro scrigno, costruì un santuario mobile dove il popolo potesse incontrare il suo Dio e adorarlo. Tuttavia, quasi subito, si verificò una situazione che sarebbe diventata presto familiare: ripetutamente, il popolo rinunciò alle proprie speranze tradendo i propri obblighi e violando i comandamenti di Dio.<ref>8</ref> Al momento della sua morte, Mosè era completamente disilluso dal suo popolo; nel suo discorso d'addio, li avvertì che la continua disobbedienza avrebbe portato alla catastrofe. '''Il popolo e la loro terra'''. Per fedeltà all'alleanza, Dio guidò il popolo attraverso il deserto per quarant'anni e poi lo condusse nella Terra Promessa. Ancora una volta, tradirono ripetutamente l'alleanza adorando altri dèi. Privi della protezione divina, furono ripetutamente invasi e oppressi da nazioni straniere. Ogni volta, sotto la pressione della sofferenza, si pentirono: Dio li avrebbe salvati dai loro nemici, ma presto sarebbero caduti di nuovo. Dopo alcune generazioni, le tribù unirono le loro forze e costruirono un regno sotto l'eroico ''Davide''. A Davide seguì ''Salomone'', famoso per la sua saggezza, che costruì il Primo Tempio permanente a Dio nella nuova capitale reale, ''Gerusalemme''. Tramite i ''profeti'', Dio assicurò che la famiglia di Davide sarebbe salita per sempre sul trono d'Israele, ma i vecchi schemi di slealtà continuarono a ripresentarsi; dieci tribù su dodici si ribellarono alla famiglia reale, lasciando ai suoi discendenti il ​​governo della sola tribù di Davide, ''Giuda''; in entrambi i regni, i ricchi opprimevano i poveri e il culto di altri dei persisteva. Il regno di Israele, che comprendeva le dieci tribù ribelli, fu distrutto dai conquistatori assiri nel 722 AEV. Poi il regno davidiano di Giuda fu spazzato via, il Tempio di Salomone fu demolito e i capi della nazione furono deportati in esilio a Babilonia (l’''Esilio babilonese'') nel 586 AEV. Sembrava che la santa alleanza fosse crollata. Ma ora il resto del popolo attuò una vera riforma delle proprie abitudini. Finalmente abbandonò l'attrazione per false divinità; finalmente accettò l'autorità dell'unico vero Dio. Un gruppo di esuli tornò nella terra dei loro antenati e ricostruì il Tempio. Sotto la guida di ''Esdra'', ''Neemia'' e dell'ultimo dei profeti, si dedicarono nuovamente all'edificazione di una comunità santa basata sulla devozione alla parola di Dio e agli insegnamenti di Mosè. L'apostasia continuò, naturalmente, ma non dominava più la vita nazionale. Il popolo problematico di Israele era diventato la nazione santa degli ebrei.<ref>9</ref> [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] Vale la pena ripetere che la narrazione precedente non può essere verificata come Storia. La maggior parte dei personaggi della saga biblica non compare negli scritti storici di nessun'altra nazione antica; la maggior parte degli eventi di questa saga non è raccontata in nessun altro documento antico. L'importanza della storia non risiede nella questione se ''gli eventi siano realmente accaduti'', cosa che non può essere determinata, ma nella certezza che ''la storia sia stata raccontata'' più e più volte, nel corso di innumerevoli generazioni: ''questo'' fatto, di fondamentale importanza, è fuori da ogni dubbio. La narrazione epica appena riassunta ha plasmato la coscienza di uomini e donne ebrei fin dagli albori della storia ebraica. La narrazione biblica stabilisce alcune concezioni che sono rimaste centrali per la nascente religione ebraica. La storia identifica il Dio degli ebrei come creatore e unico sovrano dell'universo. Afferma la pretesa di Israele di un rapporto speciale con questo Dio e spiega come questo rapporto sia nato. La storia descrive lo stile di vita ebraico e la patria nazionale ebraica come doni di Dio e porte d'accesso alla santità per coloro che rispettano le richieste e gli insegnamenti di Dio; d'altra parte, contiene anche un severo monito: coloro che si allontanano da quegli insegnamenti o che resistono a quelle richieste porteranno inevitabilmente alla catastrofe per sé stessi e per chi li circonda. Queste idee costituiscono il contesto per comprendere le strutture formali dell'antica religione israelita. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = "I DIECI COMANDAMENTI" DUE VERSIONI |contenuto = ''Nota: diverse tradizioni religiose suddividono queste istruzioni nei Dieci Comandamenti. Le seguenti traduzioni offrono la tradizionale divisione ebraica.'' <center>'''I'''</center> I am YHWH your God who brought you out of the land of Egypt, out of the house of servants. You shall have no other gods in my presence. You shall not make for yourself a sculpture or a depiction [of anything] in the heavens above or that is on the earth beneath or that is in the waters beneath the earth. You shall not bow to them and you shall not serve them, for I,YHWHyour God, a jealous God, visit the sin of fathersonsons until the third and fourth [generations] to those that hate me, while I perform mercy to thousands, to those that love me and observe my commandments. Do not take the name of YHWH your God in vain, for YHWH will not hold guiltless the one who takes his name in vain. Remember the Sabbath day to keep it holy. You shall work six days and perform all your labor, but the seventh day is Sabbath unto YHWH your God: do not perform any labor – you or your son or your daughter or your manservant or your maidservant or your cattle or your alien who is in your gates – for [in] six days YHWH made the heavens and the earth, the sea and all that is in them, and on the seventh day he rested. Therefore YHWH blessed the Sabbath day and made it holy. Honor your father and your mother in order that your days may be long on the land that YHWH your God gives you. You shall not murder. You shall not commit adultery. You shall not steal. You shall not answer against your fellow [as a] false witness. You shall not covet your fellow’s house. You shall not covet your fellow’s wife, or his manservant or his maidservant or his ox or his donkey, or anything that belongs to your fellow. <div align="right">({{passo biblico2|Esodo|20:2-17}})</div> <center>'''II'''</center> I am YHWH your God who brought you out of the land of Egypt, out of the house of servants. You shall have no other gods in my presence. You shall not make for yourself a sculpture or a depiction [of anything] in the heavens above or that is on the earth beneath or that is in the waters beneath the earth. You shall notbowto them and you shall not serve them, for I, YHWH your God, a jealous God, visit the sin of fathers on sons until the third and fourth [generations] to those that hate me, while I perform mercy to thousands, to those that loveme and observemy commandments. Do not take the name of YHWH your God in vain, for YHWH will not hold guiltless the one who takes his name in vain. Preserve the Sabbath day to keep it holy, as YHWH your God has commanded you. You shall work six days and perform all your labor, but the seventh day is Sabbath unto YHWH your God: do not perform any labor – you or your son or your daughter or your manservant or your maidservant or your ox or your donkey or any of your cattle or the alien who is in your gates – in order that your manservant and your maidservant rest as you do. And remember that you were a servant in the land of Egypt and [that] YHWH your God took you out of there with a strong hand and an outstretched arm; therefore YHWH your God has commanded you to keep the Sabbath day. Honor your father and your mother as YHWH your God has commanded you, in order that your days may be long, and in order that it go well with you on the land that YHWH your God gives you. You shall not murder, And you shall not commit adultery, And you shall not steal, And you shall not answer against your fellow [as a] vain witness, And you shall not covet your fellow’s wife, and you shall not desire your fellow’s house, his field, or his manservant or his maidservant, his ox or his donkey, or anything that belongs to your fellow. <div align+"right">({{passo biblico2|Deuteronomio|5:6-21}})</div> }} === La religione dell'Antico Israele === Nella loro vita privata, gli antichi abitanti di Israele sembrano essere stati molto simili ai loro vicini. L'economia era prevalentemente rurale, basata sull'agricoltura e sulla pastorizia.<ref>10</ref> La legge biblica presuppone l'esistenza della schiavitù, ma la narrazione scritturale non menziona mai schiavi al di fuori delle famiglie dei più ricchi. Similmente, in teoria, gli uomini potevano prendere più mogli, ma pochissimi lo facevano, fatta eccezione per i più ricchi. La poligamia era costosa e pochi potevano permettersi di mantenere una famiglia numerosa; inoltre, mariti e mogli spesso sviluppavano legami affettivi che non lasciavano spazio a relazioni parallele. La legge biblica dà per scontata l'esistenza della poligamia, ma le Scritture riportano in realtà pochissimi casi di famiglie poligame.<ref>11</ref> Quando le donne si sposavano, entravano a far parte delle famiglie dei loro mariti. Potevano mantenere legami di affetto con le famiglie di nascita, ma la loro identità legale era ora determinata dal matrimonio.<ref>12</ref> Per questo motivo, la legge biblica si preoccupava di provvedere alle vedove: non solo queste donne spesso mancavano di sostegno materiale, ma non avevano nemmeno un'identità legale sicura nella società.<ref>13</ref> La legge biblica proibisce ripetutamente il matrimonio con donne straniere; a volte il riferimento sembra limitato ai popoli nativi non-israeliti della Terra Promessa, ma a volte il divieto sembra assoluto. Ciononostante, la legge riconosce anche che un soldato potrebbe innamorarsi di una donna catturata in guerra ({{passo biblico2|Deuteronomio|21:10-14}}), e le Scritture raccontano diversi casi di uomini israeliti che sposavano donne straniere.<ref>14</ref> Poiché le donne assumevano l'identità legale dei loro mariti al momento del matrimonio, le donne israelite che sposavano uomini stranieri probabilmente scomparivano dalla società israelita. Certo, la Bibbia non fornisce un singolo caso di una donna che lo facesse, ma questo potrebbe semplicemente confermare che tali donne se ne andarono con i loro mariti e scomparvero. Il culto di una divinità nazionale era tipico del Vicino Oriente, ma in altri casi era solitamente combinato con la venerazione per le forze della natura, come la pioggia e la tempesta, o l'amore e la fertilità, che sembravano governare la vita delle persone; analogamente, anche in Israele, l'idea che il culto dovesse essere limitato a una sola divinità incontrò forti resistenze per generazioni. Si veda il [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]] per ulteriori approfondimenti. La narrazione biblica non dice quasi nulla sulla vita religiosa dei privati. In occasioni speciali si offrivano sacrifici a Dio, ma è difficile stabilire se le regole formali bibliche sui sacrifici si applicassero a tali offerte private. Oltre ai grandi altari pubblici, le case private avevano luoghi specifici per le offerte domestiche? Non possiamo dirlo. Non sappiamo se il matrimonio o la nascita di un figlio fossero celebrati da cerimonie religiose diverse dalle consuete offerte di ringraziamento o dalle offerte di purificazione ''post-partum'' specificate in {{passo biblico2|Levitico|12}}. Non possiamo nemmeno dire se le grandi feste fossero caratterizzate da rituali domestici oltre che dalle grandi cerimonie celebrate nei santuari pubblici.<ref>15</ref> In ogni caso, come per tutti i popoli antichi, il culto pubblico degli Israeliti era incentrato sul ''sacrificio'', il dono a Dio (solitamente tramite la distruzione) di un oggetto di valore. La legge biblica fornisce norme dettagliate per la corretta offerta del sacrificio: un oggetto di valore adeguato (di solito un animale, ma a volte anche grano, vino o olio d'oliva), l'occasione giusta (talvolta richiesta dal calendario o da un evento della propria vita come la nascita di un figlio, ma anche eventualmente il risultato di un voto spontaneo), le procedure necessarie, il personale appropriato. Col passare del tempo, il diritto di offrire sacrifici passò ai sacerdoti ereditari (ebr. ''kohanim''); la memoria nazionale fa risalire questo sacerdozio ad Aronne, fratello di Mosè, ma questa discendenza non può essere verificata. In effetti, vari passi biblici suggeriscono che in epoca antica il ruolo sacerdotale potesse essere assegnato su basi diverse; soprattutto, la tradizione suggerisce che prima dell'inizio del sacerdozio ereditario, questo ruolo fosse ricoperto dal figlio primogenito di ogni famiglia. Questa tradizione è chiaramente collegata alla tradizione narrativa secondo cui i primogeniti israeliti furono risparmiati quando i primogeniti d'Egitto furono tutti uccisi nella decima e ultima piaga. Per un certo periodo, esistevano santuari locali e gruppi di sacerdoti locali sparsi in tutto il paese (cfr. immagine in basso), ma al tempo di re ''Giosia'' (fine del VII secolo AEV) tutto il culto sacrificale era centralizzato in un unico luogo (il Tempio) nella capitale Gerusalemme. Questo santuario era stato costruito sotto re Salomone circa 300 anni prima, ma le Scritture menzionano ristrutturazioni e altri cambiamenti nel corso dei secoli. Non possiamo dire con certezza come fossero il Tempio o le sue cerimonie al tempo di Salomone (le descrizioni potrebbero incorporare informazioni successive), ma negli ultimi anni il santuario era diventato un'importante istituzione nazionale, un centro di orgoglio e venerazione. La sua perdita nel 586 AEV fu considerata una punizione divina e una catastrofe nazionale. Fin dai tempi antichi, la religione israelita aveva sviluppato un calendario di feste (cfr. "IL CALENDARIO BIBLICO"). Tra queste, probabilmente la più antica (e la più famosa) è la ''[[w:Pesach|Pesach]]'' (''Pasqua ebraica''), ancora oggi una celebrazione annuale della liberazione di Israele dalla schiavitù egiziana. Questa festività primaverile prevedeva l'offerta annuale di un nuovo agnello (''paschal'') e l'attenta astensione da tutti i prodotti alimentari lievitati per una settimana. Un'attenta lettura dei testi biblici (si veda in particolare {{passo biblico2|Esodo|12-13}}) suggerisce che queste osservanze potessero già essere antiche celebrazioni dell'arrivo della primavera, ma ora a esse veniva attribuito un nuovo livello di significato; oltre ad acclamare il loro Dio come signore della ''natura'', gli Israeliti identificavano gli eventi principali della loro ''storia'' come opera del Suo braccio potente. Questo modello di andare oltre l'eterno e immutabile mondo dei cicli naturali per trovare un significato religioso negli eventi unici della storia fu uno dei grandi contributi di Israele al pensiero occidentale. In modo simile, la festa del raccolto autunnale delle ''Capanne'' o dei ''Tabernacoli'' (in ebraico ''[[w:Sukkot|Sukkot]]'') riceve una spiegazione storica tramite il riferimento ad eventi che in realtà non vengono mai raccontati nella narrazione biblica (cfr. {{passo biblico2|Levitico|23:43}}). Nel corso del tempo, tuttavia, la caratteristica più sorprendente del calendario israelita si rivelò non essere affatto una festa annuale, bensì il giorno del Sabbath (''[[w:Shabbat|Shabbat]]'') settimanale, in cui il lavoro produttivo era proibito. Per quanto ne sappiamo, nessun'altra cultura nell'antico Vicino Oriente aveva una settimana di sette giorni.<ref>16</ref> Le teorie abbondano sulle origini di questa idea, ma possiamo semplicemente notarne l'importanza. Si dice che Dio stesso abbia istituito il Sabbath fin dalla creazione del mondo ({{passo biblico2|Genesi|2:1-3}}). Come segno della sua importanza, la [[Torah]] minaccia la pena di morte per coloro che violano il Sabbath ({{passo biblico2|Esodo|31:14;35:2}}), e l'osservanza del Sabbath è l'unica disposizione cerimoniale nei cosiddetti ''Dieci Comandamenti'' o ''Decalogo'' ({{passo biblico2|Esodo|20:8-11}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|5:12-15}}), un primo elenco di principi religiosi fondamentali. La Bibbia non fornisce molte informazioni dettagliate su questa importante istituzione israelita; non sappiamo quali rituali venissero eseguiti oltre ad alcuni sacrifici speciali ({{passo biblico2|Numeri|28:9-10}}),<ref>17</ref> né sappiamo quali azioni fossero considerate faticose e quindi proibite.<ref>18</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA |contenuto = As mentioned in the text, biblical law recognizes the importance of distinguishing genuine prophecy from false but sees that this can be difficult to accomplish. Scripture offers a very simple rule for sorting this out: genuine prophecy comes true, and false prophecy does not. {{citazione|If you should ask, “How will we know the word that YHWH has not spoken?,” that which the prophet speaks in the name of YHWH and does not come about, YHWH did not speak that word. The prophet spoke thus defiantly, and you must not fear him.|{{passo biblico2|Deuteronomio|18:21-22}}}} Biblical narrators, however, also seem aware that this rule is not always adequate. The famous story of Jonah, also mentioned in the text, contains a deep paradox. The prophet foretells the downfall of the great city Nineveh, but the people strive to change their sinful ways and God forgives them (Jonah 3). This angers the prophet greatly: now his prophecy has been falsified! The message of the book, however, is that the prophecy succeeded by not coming true. The destruction of the city, not its survival, would have been the real failure. A less well-known incident, in Jeremiah 28, concerned a confrontation between two prophets: Jeremiah himself and another named Hananiah ben Azur. Jeremiah had consistently called for surrender to the Babylonians now besieging Jerusalem, but Hananiah disagreed and did so in the name of God: he foretold that within two years the besiegers would be gone. Jeremiah did not know what to do; he was deeply convinced that Hananiah was misleading the people and that his own advocacy of surrender was the true of word of God, but how could he prove this to the perplexed bystanders? When two prophets offer directly opposite proclamations of the word of God, how are people to know whom to follow? Jeremiah went home without responding, only to receive a new prophecy confirming his conviction, and then “Hananiah the prophet died that year, in the seventh month.” God himself, so to speak, executed Jeremiah’s rival on the charge of false prophecy, but could it really be that when two prophets disagree the nation must wait to see who dies first? Another story (1 Kings 22:1–37) is more perplexing still. The two Israelite kings, Jehoshaphat of the south and Ahab of the north, met to consider making war on their common enemy the Arameans. Jehoshaphat, known for his piety, was ready to agree but wanted to consult the prophets of God before deciding. Many prophets predicted victory, but finally one last prophet (his name was Micaiah ben Imlah, and Ahab disliked him because his prophecies were always hostile) offered a shocking vision: God had sent a spirit into all the other prophets in order to entice Ahab to war, but the purpose of this message was to lure Ahab to his death. Sure enough Ahab went to war, and sure enough he was killed. In need of prophetic guidance, Ahab had naturally followed the majority opinion, and this was fatal. The story of the prophet Micaiah raises the terrifying possibility that an authentic prophecy may come from God but with a hidden, deceitful purpose, so that those who follow the prophecy achieve no salvation but are led on to their own destruction. Once aware of this danger, who would ever follow a prophet again? }} The two versions of the Ten Commandments offer quite different explanations of the reason behind the weekly day of rest (see “‘The Ten Commandments,’ Two Versions”). The Book of Exodus describes the Sabbath as an acknowledgment of God as Creator of the world: God created the world in six days and then rested on the seventh, and those who worship him should do the same. In Deuteronomy, however, the focus shifts to the escape from slavery in Egypt: just as you were slaves but God gave you rest, so too you must rest and give rest to all who labor on your behalf. This is the only paragraph of the Decalogue in which the two versions significantly differ, and their combination once again presents a mixture of themes drawn from the contemplation of nature and from the study of the nation’s history. The widespread appearance of such mixtures is a distinguishing characteristic of biblical literature. Every ancient culture had its priests, but Israel had a second, very different kind of religious leader as well: the prophets. The Hebrew prophets (nevi’im) were not fortune-tellers but messengers, intermediaries between the people and their God; in this they differed from the fortune-tellers, astrologers, and oracles who could be found all over the ancient world. Moses is the prototype of the prophets (see Deuteronomy 18:15), and throughout the biblical period prophets served as vehicles by which God’s word came to the people. It can easily be seen that prophecy is inherently unsettling: a prophet can turn up at any time and announce that previous messages from God have been replaced by a new one. Naturally, those officials (priests, kings, etc.) responsible for maintaining the nation’s stability often tangled with prophets; scripture is full of stories of prophets denouncing kings in the name of God, while priests at their holy shrines, dedicated to the regular performance of their ceremonial duties, sometimes tried to silence prophets or just to keep them away.19 Such hostility might be avoided – a prophet who won the king’s confidence could become an important royal advisor – but the tension between the priests’ dedication to order and permanence and the prophets’ unpredictable disruptions is one of the ongoing themes of the Bible. Prophecy gave rise to another difficulty as well: how could you tell who the true prophets were? Anyone could appear and claim to bear a message from God: how could people distinguish false prophets – malicious or deluded individuals – from the real thing? Biblical law offers the simple but unhelpful solution that if the prophecy doesn’t come true the prophet can’t have been sent by God (Deuteronomy 18:22), but people couldn’t always wait to see whether a prophecy would be fulfilled. And sometimes, as in the famous case of Jonah, prophecy achieved its purpose without coming true. Jonah predicted the downfall of a great city, but its people repented and were forgiven; this meant that, strictly speaking, the prophecy had not come true, but who could deny that it had achieved its true purpose? In addition to this intellectual puzzle, prophecy sometimes demanded action; when conflicting prophecies demanded incompatible actions, the prophets’ audience was at a loss to know what God really wanted them to do (see “The Trouble with Prophecy”). These uncertainties combined to produce the worst dilemma of all: sometimes prophecies were designed to save their audience from disaster, as in the case of Jonah, but sometimes, as with King Ahab, they were intended to lead their audience to destruction. How could people tell which prophecies to follow? What were they to do when they could not tell? What might happen if they failed to consider all possibilities? What might happen if they guessed wrong? Under the pressure of such uncertainty, later generations began to lose confidence in prophecy as a reliable method of learning God’s will. The prophets of the past had been holy men and women, and their words were remembered and continually revisited, but no further messages from God were expected. Zechariah, one of the last biblical prophets, paradoxically foretells the end of prophecy: in the future, anyone who so much as claimed to bring a message from God would be put to death as a false prophet, so real prophets would have to lie about their identity to protect their own lives.20 Throughout later centuries, prophet-like figures continued to appear, but they were greeted with resistance and skepticism. Later Jewish tradition claimed that prophecy disappeared around the time of Alexander the Great (reigned 336–323 BCE), and this memory is probably about right.21 The prophets were the second element of Israelite religious leadership to disappear from national life, the kings having been gone for centuries. That left the priests. After the Babylonian Exile, Israelite religion was increasingly dominated by priests, and the story of that domination – the rise and decline of priestly Judaism – will be told in the following Chapters. [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] {{clear}} {{Immagine grande|Tel Arad 280321 03 Temple.jpg|1010px|''Altare preesilico a [[:en:w:Tel Arad|Tel Arad]]''. Questo altare fu rinvenuto in una fortezza israelita preesilica ad Arad, vicino al Mar Morto. La sua costruzione – una struttura quadrata in pietra grezza – combina elementi delle istruzioni fornite in {{passo biblico2|Esodo|20;27}}, ma l'altare raffigurato non ha corni, come richiesto in {{passo biblico|Esodo|27:2}} ― è possibile che i corni esistessero ma siano stati spezzati, questo comunque non è più possibile stabilirlo.}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|3 luglio 2025}} [[Categoria:Una storia dell'ebraismo|Capitolo 1]] pgr7ogcpxl3f59p65p0kghnke17ftod 478448 478447 2025-07-05T17:48:27Z Monozigote 19063 /* La preistoria dell'ebraismo */ testo 478448 wikitext text/x-wiki {{Una storia dell'ebraismo}} {{Immagine grande|Scribe- Menahem - The Birds' Head Haggadah - Google Art Project.jpg|750px|}} == La preistoria dell'ebraismo == <!--- vari miei testi in inglese da tradurre, adattare e inserire ---> La religione ebraica (Ebraismo) è emersa dagli scritti della Bibbia ebraica ''(Tanakh)'', ma in realtà non si trova in quegli scritti. L'Ebraismo è una religione che adora Dio<ref>1</ref> attraverso le ''parole'' – preghiera, sermoni, lettura delle Scritture e simili – in edifici chiamati ''[[w:sinagoga|sinagoghe]]'' sotto la guida di ''[[w:rabbino|rabbini]]'' eruditi. La Bibbia sa qualcosa della preghiera ma nulla del resto: la Bibbia descrive una religione incentrata su un singolo edificio comunemente chiamato ''[[w:Tempio di Gerusalemme|Tempio]]'' e guidata da ''[[w:sacerdote (ebraismo)|sacerdoti]]'' ereditari che adorano attraverso le ''azioni'' – elaborati riti sacrificali e altre cerimonie di purificazione ed espiazione. La transizione da quella religione primitiva a quella che le persone moderne riconoscerebbero è la trama di questo mio libro. Quasi tutte le nostre informazioni sulle prime parti di questa storia provengono dalle pagine della ''[[w:Tanakh|Bibbia]]''<ref>2</ref> (cfr. riquadro: "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"). La Bibbia in realtà non è un singolo libro; è un'antologia di materiali scritti nell'arco di molti secoli – forse anche di {{FORMATNUM:1000 anni}} – in due lingue diverse e in almeno due paesi diversi. Non sorprende che i suoi scritti mostrino una varietà di stili e prospettive su molte questioni importanti (cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]]). Questa varietà di contenuti ha permesso ai lettori successivi di trovare molti messaggi diversi nelle sue pagine e di applicarli alla grande varietà di situazioni che si sono trovati ad affrontare. Questa flessibilità è la chiave del successo straordinariamente duraturo della Bibbia nel sostenere individui e comunità di fede per oltre due millenni. Tuttavia, dal punto di vista dello storico, la Bibbia presenta un problema molto difficile. Molte, forse la maggior parte, delle sue narrazioni furono scritte molto tempo dopo gli eventi che descrivono (la storia inizia con la creazione del mondo!), e quasi nulla nella Bibbia può essere confermato da qualsiasi altra fonte antica di informazione. Come sempre con informazioni non corroborate, l'osservatore moderno non è in grado di giudicare l'affidabilità storica della Bibbia, non è in grado di misurare la distanza tra descrizione ed evento, non è in grado di leggere le storie della Bibbia e capire cosa (se qualcosa) sia realmente accaduto.<ref>3</ref> La Bibbia non può quindi essere letta come un documento storico: bisogna invece comprendere che la narrazione biblica è un distillato della memoria nazionale concepito per trasmettere un messaggio religioso. Il messaggio religioso della Bibbia è forte e chiaro, ma non possiamo sempre sapere come gli eventi descritti sarebbero apparsi senza lo scopo religioso che ora plasma la narrazione, o addirittura come gli autori della Bibbia abbiano appreso di quegli eventi in primo luogo. Allora, noi lettori moderni, possiamo veramente imparare la storia antica dalla Bibbia? Certo che possiamo, ma non nel modo in cui possiamo imparare la storia dagli archivi o da altri documenti ufficiali. La chiave per imparare la storia dalla Bibbia è focalizzare l'attenzione ''non sul contenuto delle storie, ma sulle storie stesse: chi le ha raccontate? Perché? Come le hanno comprese le persone che le hanno raccontate? Quali verità vi hanno trovato? Quali insegnamenti hanno cercato di trasmettere?'' Le persone hanno recitato queste narrazioni per ben oltre {{FORMATNUM:2000}} anni ― questo di per sé è un fatto storico di enorme importanza. Dopo un breve riassunto della narrazione stessa, sarà possibile riflettere su tali domande. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = COSA CONTIENE LA BIBBIA? |contenuto = La tradizione ebraica divideva la Bibbia in tre sezioni, contenenti in totale ventiquattro libri. <center>'''I. La [[Torah]]'''</center> 1. '''Genesi'''. Contesto della nascita del popolo d'Israele, dalla creazione del mondo attraverso le vite dei patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe) e delle matriarche (Sara, Rebecca, Lia, Rachele) fino alla morte di Giuseppe in Egitto. 2. '''Esodo'''. Schiavitù in Egitto, poi liberazione. Alleanza al Sinai, rivelazione dei comandamenti di Dio, costruzione del Tabernacolo per il culto formale. Storia del Vitello d'Oro: la prima caduta di Israele nell'idolatria. 3. '''Levitico'''. Regole per il mantenimento della purezza rituale e la corretta esecuzione dei sacrifici; anche per la creazione di una comunità sacra. Prima descrizione delle leggi alimentari e delle feste dell'anno. 4. '''Numeri'''. Censimento nel deserto prima della marcia verso la Terra Promessa. Incidenti nel corso di quella marcia, ulteriore legislazione. 5. '''Deuteronomio'''. Discorso di addio di Mosè: riassunto della sua carriera, riassunto dei comandamenti di Dio, avvertimento delle conseguenze della disobbedienza. Mosè muore ai confini della Terra Promessa. <center>'''II. I Profeti'''</center> '''a. The Early Prophets'''. Despite its traditional name, this section actually contains very little prophecy. Instead, it mainly continues the narrative beyond the death of Moses. 6. '''Giosuè'''. Israel’s conquest and initial settlement of the Promised Land. 7. '''Giudici'''. The next several generations. Disloyalty to God brings foreign oppressors; repentance brings liberation. 8. '''1 e 2 Samuele'''. The last of the judges and the first of the kings of Israel up to David’s death. 9. '''1 e 2 Re'''. The history of the kingdoms through their destruction. ''Nota: The books nowcited as numbered pairswere originally single works. They were divided by copyists in the Middle Ages on account of their great size. This is not the case with the numbered books of the New Testament, which are separate documents.'' '''b. The Later Prophets'''. These are the great orators and writers of the Bible. 10. '''Isaia'''. The historical Isaiah lived around 700 BCE, butmuchin this book seems to date from a later time, during the Babylonian Exile and perhaps even later. 11. '''Geremia'''. Lived around the time of the Exile; the book contains significant biographical narrative along with Jeremiah’s orations. 12. '''Ezechiele'''. Contemporary with Jeremiah, but lived and prophesied among the exiles in Babylon. 13. '''I Dodici'''. Twelve much smaller books of prophecy, attributed to writers who lived over a span of several centuries. Only Jonah contains significant narrative. {{Colonne}} *Hosea *Joel *Amos {{Colonne spezza}} *Obadiah *Jonah *Micah {{Colonne spezza}} *Nahum *Habakkuk *Zechariah {{Colonne spezza}} *Haggai *Zephaniah *Malachi {{Colonne fine}} <center>'''III. Scritti ''(Ketuvim)'''''</center> 14. '''Salmi'''. A collection of 150 religious poems, many attributed to King David. 15. '''Proverbi'''. A collection of wisdom teachings, largely attributed to King Solomon. 16. '''Giobbe'''. A story of righteousness tested by suffering. '''The Five Scrolls''', so called because they are liturgically read on specified holidays (this grouping reflects later synagogue practice and is not a formally recognized section of the Bible). 17. '''Cantico dei Cantici'''. A love poem attributed to King Solomon. Read in synagogues on Passover. 18. '''Rut'''. A brief narrative of loyalty and love set in the days of the judges; the origins of the dynasty of King David. Read on the Feast ofWeeks. 19. '''Lamentazioni'''. Poems on the destruction of Jerusalem, attributed to Jeremiah. Read on the Ninth of Av, anniversary of the destruction of theTemple. 20. '''Ecclesiaste''' o '''Qohelet'''. Philosophical musings, attributed to King Solomon. Read on the Feast of Booths. 21. '''Ester'''. Intrigue at the royal court of Persia; the Jews narrowly defeat the evil designs of a powerful enemy. Read on Purim. This is the only book of the Bible in which God is never directly mentioned in the Hebrew text. 22. '''Daniele'''. Stories about loyal Jews in the royal courts of Babylon and Persia; also visions of the end of history. 23. '''Ezra-Nehemiah'''. Jewish leaders and their achievements in the period after the Babylonian Exile. 24. '''1 and 2 Cronache'''. Retelling of Israel’s history from the time of King David through the return from the Babylonian Exile. Largely a revision, but sometimes a straightforward repetition of the Books of Samuel and Kings. In recent times the Hebrew acronym ''Tanakh'' ('''T'''orah, '''N'''evi’im [prophets], '''K'''etuvim [writings]) has been used to designate the entire twenty-fourbook collection. [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] La tradizione cristiana, seguendo l'usanza degli antichi ebrei di lingua greca, organizzò questi libri in modo diverso, in due sezioni (non formalmente separate) contenenti rispettivamente la narrazione in prosa e le composizioni poetiche. L'ordine era il seguente: {{Colonne}} *Genesi *Esodo *Levitico *Numbers *Deuteronomio *Giosuè *Giudici *Rut *1 e 2 Samuele {{Colonne spezza}} *1 e 2 Re *1 e 2 Cronache *Esdra *Neemia (libro separato) *Ester *Giobbe *Salmi *Proverbi {{Colonne spezza}} *Ecclesiaste *Cantico dei Cantici *Isaia *Geremia *Lamentazioni *Ezechiele *Daniele *I Dodici {{Colonne fine}} }} === La narrazione biblica === '''Primi sviluppi'''. La Bibbia inizia con la creazione del mondo da parte del Dio d'Israele.<ref>4</ref> Non si tratta di un dio che lotta o collabora con altri dèi, come nei miti di altri popoli; il Dio d'Israele crea il mondo da solo, senza sforzo o difficoltà, semplicemente comandando passo dopo passo che l'ordine cosmico venga ad esistere. In questo mondo il Creatore colloca tutte le specie viventi, inclusa una coppia umana di nome ''Adamo'' ed ''Eva''. Adamo ed Eva avrebbero potuto vivere spensierati sotto la protezione di Dio nel ''Giardino dell’Eden'', ma trasgredirono: c'era un solo albero nel giardino, l'"albero della conoscenza del bene e del male", il cui frutto era stato detto loro di evitare, ma mangiarono quel frutto e di conseguenza furono espulsi nel mondo del duro lavoro, il mondo del sesso, della nascita e della morte. Il solo atto di apprendere la differenza tra il bene e il male portò sofferenza nel mondo. I primi capitoli della Bibbia contengono diverse altre drammatiche rappresentazioni dell'incapacità degli esseri umani di vivere come dovrebbero. Adamo ed Eva ebbero due figli di nome Caino e Abele, e uno uccise l'altro. L'immoralità sessuale e la violenza divennero diffuse. Cinque generazioni dopo Caino, avvenne un altro omicidio. Alla decima generazione, Dio era così scoraggiato che distrusse l'intera creazione con un diluvio; solo un uomo giusto ([[w:Noè|Noè]]) e la sua famiglia furono salvati per dar via a un nuovo inizio. Ma anche Noè purtroppo deluse: uscendo dall'arca con cui aveva superato il diluvio, piantò una vigna, si ubriacò e inflisse umiliazioni sessuali alla sua famiglia.<ref>5</ref> I discendenti di Noè crebbero di nuovo numerosi, ma poi costruirono la famosa [[w:Torre di Babele|Torre di Babele]] in ribellione contro la volontà di Dio. Costretti di conseguenza a parlare lingue diverse, si dispersero per il mondo: l'idillio era andato a male. Il lettore moderno può facilmente comprendere come queste narrazioni cerchino di rispondere a domande fondamentali sulla natura dell'esistenza umana: perché non parliamo tutti la stessa lingua? Perché le persone devono lavorare così duramente per procurarsi il cibo? Perché si muore? Perché l'impulso sessuale è così forte e il parto così doloroso? Perché le donne sono subordinate agli uomini? Tutte le culture antiche hanno narrato storie di questo tipo, e gli studiosi moderni possono confrontare le versioni bibliche con altre che circolavano nel mondo antico, inserendo così Israele più saldamente nel contesto culturale del Vicino Oriente antico. Ma tali paragoni non spiegano perché la Bibbia stessa sia stata preservata o come questa particolare versione di quelle storie sia arrivata a dominare la nostra civiltà. Solo la fase successiva della narrazione lo spiega. '''Dio fa una scelta'''. Dopo venti generazioni di storia umana, Dio improvvisamente incaricò un uomo di nome ''Abram'' ({{lang|he|אַבְרָם}}), proveniente da una famiglia con radici in Mesopotamia, di recarsi nella lontana terra di Canaan e di stabilirvisi. In effetti, il padre di Abram era partito per questa stessa destinazione anni prima, ma non aveva mai raggiunto il suo obiettivo; ora Abram poteva completare il viaggio del padre e compiere una missione divina allo stesso tempo. La Bibbia non spiega mai del tutto la scelta di quest'uomo da parte di Dio; ci viene detto che era giusto, ma non ci viene detto (come fu detto di Noè) che fosse l'unico uomo giusto della sua generazione. Quale che fosse la ragione della scelta di Dio, i risultati furono epocali. Abram si stabilì a Canaan e ricevette la promessa o ''alleanza'' di Dio che i suoi discendenti avrebbero ereditato quella terra e vi sarebbero diventati una grande nazione. Il segno di questo patto sarebbe stato l'antico rito della ''[[w:Brit milà|circoncisione]]'', eseguito sul corpo di ogni neonato maschio nella prima settimana di vita. Come simbolo del suo nuovo status, Abram ricevette un nuovo nome, ''[[w:Abramo|Abraham]]''; come segno della speciale cura di Dio per lui, suo figlio ed erede ''Isacco'' non nacque prima che Abramo avesse 100 anni. Col tempo Isacco divenne il padre di ''Giacobbe'', che fu anche chiamato ''Israele'', e nella generazione successiva le quattro mogli di Giacobbe gli diedero un totale di dodici figli maschi e una femmina. Una carestia costrinse la famiglia di Giacobbe ad abbandonare la patria a loro destinata e si stabilì in Egitto. Uno dei figli di Giacobbe, ''Giuseppe'', dopo molte avventure aveva elaborato un piano per salvare l'Egitto dagli effetti di questa stessa carestia, e aveva quindi acquisito un grande potere nel paese; sotto la protezione del loro famoso fratello, la famiglia si moltiplicò e prosperò nella loro nuova dimora. Alla fine, tuttavia, un nuovo re perse di vista il debito di gratitudine della sua nazione; sospettoso del numero degli Israeliti, li ridusse in schiavitù.<ref>6</ref> Soffrirono molto finché alla fine Dio si ricordò del loro patto ancestrale e mandò un nuovo capo, ''[[w:Mosè|Mosè]]'', per aiutarli a liberarsi dalle loro catene. Dio (e Mosè) compirono molti atti prodigiosi, infliggendo molte "piaghe" agli ostinati Egiziani; infine, dopo la terrificante morte di ogni primogenito in Egitto, al popolo israelita fu permesso di andarsene. Anche ora, tuttavia, il re si pentì di averli lasciati andare e cercò di inseguirli: in un miracolo finale, il popolo attraversò il mare giungendo in terraferma, ma gli inseguitori egiziani invece annegarono nel tentativo di seguirli. Così i discendenti di Giacobbe divennero il popolo libero di Israele, una nazione di dodici tribù che prese il nome dai dodici figli di Giacobbe, popolo di quasi 2 milioni di persone.<ref>7</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL CALENDARIO BIBLICO |contenuto = The earliest biblical evidence reflects a variety of calendar systems in ancient Israel; these are not fully compatible, so they must reflect either variation in local custom or (more likely) different stages in Israel’s cultural development. Unfortunately, the evidence does not allow modern scholars to reconstruct these stages in any detail. One calendar, apparently lunar, used names for the months, though only four such names have survived: most of these appear in the narrative of Solomon’s construction of the Temple (1 Kings 6–8). A year of twelve lunar months lasts only 354 days, and several annual festivals (see the following description) had clear seasonal associations, yet there is no evidence explaining how the people who used this calendar kept those festivals from slipping out of season. (In later centuries the authorities occasionally added a thirteenth month in the spring to make sure that Passover did not fall too early.) For centuries, lunar months were declared based on actual observation of the new moon; the fourth-century rabbinic leader Hillel II is reported to have dispensed with this system and to have instituted mathematical formulas for determining lunation. See Chapter 8, especially “Early Rabbinic Taqqanot and Gezerot.” Another calendar only numbers the months, starting with the month of the spring equinox, the month in which Passover falls. This may have been a solar calendar similar to those known from ancient Egypt and elsewhere, consisting of twelve thirty-day months and one extra day every quarter to complete exactly fifty-two weeks. Use of this calendar may explain why Genesis 1:14 indicates that the heavenly bodies serve to mark off days and years but says nothing about months. The seven-day week is an entirely artificial unit; attempts to link this unit to the phases of the moon or to features of the Babylonian calendar have not been successful. Except for the Sabbath, the days of the week too are numbered, not named: the modern Hebrew language still has no names for the other days of the week. From an early time, the Israelites celebrated annual festivals at certain key seasons of the year. In later years, three such festivals were marked by pilgrimage to the Temple in Jerusalem, and were apparently conceived from an early time as an annual cycle. Most famous of these was the spring Passover festival, connected to the Festival of Unleavened Bread. Combined, these festivals served to commemorate the Israelites’ escape from Egyptian slavery in the days of Moses. The observances may originally have been separate: the offering of a lamb on the fourteenth day of the first month, followed by a week-long abstention from leavened or fermented foods beginning on the fifteenth. From an early time, however, these two were combined into a single great celebration. A later report suggests that shortly before the Second Temple was destroyed, over 1 million pilgrims would gather in Jerusalem each year to celebrate this festival (see Josephus, Jewish War, 6.424). Seven weeks later, the beginning of the harvest season was marked by a briefer festival; over time this observance too acquired a historical dimension as the anniversary of the revelation of the Torah at Mount Sinai. Finally, the great autumn harvest festival was marked by the construction of booths in the fields where people would eat and sleep. These boothswere probably utilitarian in origin: when every hour counted, farmers did not want to take time each day to travel between their villages and their fields. In time, however, the Festival of Booths or Tabernacles became another token of historical memory, recalling Israel’s forty years of wandering in the desert before the liberated slaves reached the Promised Land (Leviticus 23:43). An additional pair of holidayswas celebrated every fall, though evidence of their actual observance only comes from the later biblical period. The fall new moon marked the beginning of the civil year, and the tenth day thereafter became an annual day of atonement marked by fasting and elaborate ceremonies. Initially this day seems to have focused on the Temple itself, and served once a year to purge the shrine of any accidental defilement of its holiness, but eventually the annual Day of Atonement (Yom Kippur) became the holiest day of the year, celebrated by Jews all over the world. Later books of the Bible added several new holidays to the calendar. The Book of Esther instituted the early spring holiday of Purim to celebrate Persian Jews’ escape from the evil designs of a hostile royal minister. The prophet Zechariah, toward the very end of the biblical period, hints at a series of fasts throughout the year that must have commemorated disastrous events from earlier times (Zechariah 8:19). On the other hand, certain observances appear to have dropped out of practice. The offering of a sheaf of wheat every spring inaugurated the new year’s grain crop (Leviticus 23:9–14), but this rite disappeared when the Temple was destroyed, giving only its name (Omer, the Hebrew word for “sheaf”) to the seven-week period after Passover. The precise time for offering this sheafbecamethe topic of fierce controversy during the time of the Second Temple, and other partisan disputes among advocates of these different calendars seem to have arisen as well; see Chapter 5, “Calendar and Controversy.” The most detailed listings of biblical festivals can be found in Leviticus 23 and Numbers 28–29; see also Deuteronomy 16 and (more briefly) Exodus 23:14–19 and 34:22–26. Nehemiah 8 reports that at a later time the Judahites returning from the Babylonian Exile found the rules for these festivals in the Torah and were evidently unfamiliar with them. See Chapter 3, “King Josiah’s Book,” for a celebration of the Passover in the days of King Josiah, shortly before the first Temple was destroyed. }} '''L'Alleanza decisiva'''. Mosè condusse il popolo nel deserto del Sinai. Lì, dalla cima di una montagna, la voce di Dio parlò loro e diede loro le leggi secondo cui avrebbero dovuto vivere. Dio si offrì di rinnovare la Sua alleanza con loro come popolo, e loro accettarono con entusiasmo. Israele divenne la nazione di Dio. Ora vivevano sotto la protezione di Dio e soggetti al Suo governo e al Suo giudizio. Il destino della nazione sarebbe ora dipeso dalla loro lealtà a Dio e all'Alleanza, dalla loro obbedienza ai Suoi comandamenti. Mosè salì sul monte e trascorse quaranta giorni e quaranta notti alla presenza di Dio; al suo ritorno, portò con sé la parola di Dio scritta su tavole di pietra. Le ripose in un contenitore speciale e, per custodire questo sacro scrigno, costruì un santuario mobile dove il popolo potesse incontrare il suo Dio e adorarlo. Tuttavia, quasi subito, si verificò una situazione che sarebbe diventata presto familiare: ripetutamente, il popolo rinunciò alle proprie speranze tradendo i propri obblighi e violando i comandamenti di Dio.<ref>8</ref> Al momento della sua morte, Mosè era completamente disilluso dal suo popolo; nel suo discorso d'addio, li avvertì che la continua disobbedienza avrebbe portato alla catastrofe. '''Il popolo e la loro terra'''. Per fedeltà all'alleanza, Dio guidò il popolo attraverso il deserto per quarant'anni e poi lo condusse nella Terra Promessa. Ancora una volta, tradirono ripetutamente l'alleanza adorando altri dèi. Privi della protezione divina, furono ripetutamente invasi e oppressi da nazioni straniere. Ogni volta, sotto la pressione della sofferenza, si pentirono: Dio li avrebbe salvati dai loro nemici, ma presto sarebbero caduti di nuovo. Dopo alcune generazioni, le tribù unirono le loro forze e costruirono un regno sotto l'eroico ''Davide''. A Davide seguì ''Salomone'', famoso per la sua saggezza, che costruì il Primo Tempio permanente a Dio nella nuova capitale reale, ''Gerusalemme''. Tramite i ''profeti'', Dio assicurò che la famiglia di Davide sarebbe salita per sempre sul trono d'Israele, ma i vecchi schemi di slealtà continuarono a ripresentarsi; dieci tribù su dodici si ribellarono alla famiglia reale, lasciando ai suoi discendenti il ​​governo della sola tribù di Davide, ''Giuda''; in entrambi i regni, i ricchi opprimevano i poveri e il culto di altri dei persisteva. Il regno di Israele, che comprendeva le dieci tribù ribelli, fu distrutto dai conquistatori assiri nel 722 AEV. Poi il regno davidiano di Giuda fu spazzato via, il Tempio di Salomone fu demolito e i capi della nazione furono deportati in esilio a Babilonia (l’''Esilio babilonese'') nel 586 AEV. Sembrava che la santa alleanza fosse crollata. Ma ora il resto del popolo attuò una vera riforma delle proprie abitudini. Finalmente abbandonò l'attrazione per false divinità; finalmente accettò l'autorità dell'unico vero Dio. Un gruppo di esuli tornò nella terra dei loro antenati e ricostruì il Tempio. Sotto la guida di ''Esdra'', ''Neemia'' e dell'ultimo dei profeti, si dedicarono nuovamente all'edificazione di una comunità santa basata sulla devozione alla parola di Dio e agli insegnamenti di Mosè. L'apostasia continuò, naturalmente, ma non dominava più la vita nazionale. Il popolo problematico di Israele era diventato la nazione santa degli ebrei.<ref>9</ref> [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] Vale la pena ripetere che la narrazione precedente non può essere verificata come Storia. La maggior parte dei personaggi della saga biblica non compare negli scritti storici di nessun'altra nazione antica; la maggior parte degli eventi di questa saga non è raccontata in nessun altro documento antico. L'importanza della storia non risiede nella questione se ''gli eventi siano realmente accaduti'', cosa che non può essere determinata, ma nella certezza che ''la storia sia stata raccontata'' più e più volte, nel corso di innumerevoli generazioni: ''questo'' fatto, di fondamentale importanza, è fuori da ogni dubbio. La narrazione epica appena riassunta ha plasmato la coscienza di uomini e donne ebrei fin dagli albori della storia ebraica. La narrazione biblica stabilisce alcune concezioni che sono rimaste centrali per la nascente religione ebraica. La storia identifica il Dio degli ebrei come creatore e unico sovrano dell'universo. Afferma la pretesa di Israele di un rapporto speciale con questo Dio e spiega come questo rapporto sia nato. La storia descrive lo stile di vita ebraico e la patria nazionale ebraica come doni di Dio e porte d'accesso alla santità per coloro che rispettano le richieste e gli insegnamenti di Dio; d'altra parte, contiene anche un severo monito: coloro che si allontanano da quegli insegnamenti o che resistono a quelle richieste porteranno inevitabilmente alla catastrofe per sé stessi e per chi li circonda. Queste idee costituiscono il contesto per comprendere le strutture formali dell'antica religione israelita. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = "I DIECI COMANDAMENTI" DUE VERSIONI |contenuto = ''Nota: diverse tradizioni religiose suddividono queste istruzioni nei Dieci Comandamenti. Le seguenti traduzioni offrono la tradizionale divisione ebraica.'' <center>'''I'''</center> I am YHWH your God who brought you out of the land of Egypt, out of the house of servants. You shall have no other gods in my presence. You shall not make for yourself a sculpture or a depiction [of anything] in the heavens above or that is on the earth beneath or that is in the waters beneath the earth. You shall not bow to them and you shall not serve them, for I,YHWHyour God, a jealous God, visit the sin of fathersonsons until the third and fourth [generations] to those that hate me, while I perform mercy to thousands, to those that love me and observe my commandments. Do not take the name of YHWH your God in vain, for YHWH will not hold guiltless the one who takes his name in vain. Remember the Sabbath day to keep it holy. You shall work six days and perform all your labor, but the seventh day is Sabbath unto YHWH your God: do not perform any labor – you or your son or your daughter or your manservant or your maidservant or your cattle or your alien who is in your gates – for [in] six days YHWH made the heavens and the earth, the sea and all that is in them, and on the seventh day he rested. Therefore YHWH blessed the Sabbath day and made it holy. Honor your father and your mother in order that your days may be long on the land that YHWH your God gives you. You shall not murder. You shall not commit adultery. You shall not steal. You shall not answer against your fellow [as a] false witness. You shall not covet your fellow’s house. You shall not covet your fellow’s wife, or his manservant or his maidservant or his ox or his donkey, or anything that belongs to your fellow. <div align="right">({{passo biblico2|Esodo|20:2-17}})</div> <center>'''II'''</center> I am YHWH your God who brought you out of the land of Egypt, out of the house of servants. You shall have no other gods in my presence. You shall not make for yourself a sculpture or a depiction [of anything] in the heavens above or that is on the earth beneath or that is in the waters beneath the earth. You shall notbowto them and you shall not serve them, for I, YHWH your God, a jealous God, visit the sin of fathers on sons until the third and fourth [generations] to those that hate me, while I perform mercy to thousands, to those that loveme and observemy commandments. Do not take the name of YHWH your God in vain, for YHWH will not hold guiltless the one who takes his name in vain. Preserve the Sabbath day to keep it holy, as YHWH your God has commanded you. You shall work six days and perform all your labor, but the seventh day is Sabbath unto YHWH your God: do not perform any labor – you or your son or your daughter or your manservant or your maidservant or your ox or your donkey or any of your cattle or the alien who is in your gates – in order that your manservant and your maidservant rest as you do. And remember that you were a servant in the land of Egypt and [that] YHWH your God took you out of there with a strong hand and an outstretched arm; therefore YHWH your God has commanded you to keep the Sabbath day. Honor your father and your mother as YHWH your God has commanded you, in order that your days may be long, and in order that it go well with you on the land that YHWH your God gives you. You shall not murder, And you shall not commit adultery, And you shall not steal, And you shall not answer against your fellow [as a] vain witness, And you shall not covet your fellow’s wife, and you shall not desire your fellow’s house, his field, or his manservant or his maidservant, his ox or his donkey, or anything that belongs to your fellow. <div align+"right">({{passo biblico2|Deuteronomio|5:6-21}})</div> }} === La religione dell'Antico Israele === Nella loro vita privata, gli antichi abitanti di Israele sembrano essere stati molto simili ai loro vicini. L'economia era prevalentemente rurale, basata sull'agricoltura e sulla pastorizia.<ref>10</ref> La legge biblica presuppone l'esistenza della schiavitù, ma la narrazione scritturale non menziona mai schiavi al di fuori delle famiglie dei più ricchi. Similmente, in teoria, gli uomini potevano prendere più mogli, ma pochissimi lo facevano, fatta eccezione per i più ricchi. La poligamia era costosa e pochi potevano permettersi di mantenere una famiglia numerosa; inoltre, mariti e mogli spesso sviluppavano legami affettivi che non lasciavano spazio a relazioni parallele. La legge biblica dà per scontata l'esistenza della poligamia, ma le Scritture riportano in realtà pochissimi casi di famiglie poligame.<ref>11</ref> Quando le donne si sposavano, entravano a far parte delle famiglie dei loro mariti. Potevano mantenere legami di affetto con le famiglie di nascita, ma la loro identità legale era ora determinata dal matrimonio.<ref>12</ref> Per questo motivo, la legge biblica si preoccupava di provvedere alle vedove: non solo queste donne spesso mancavano di sostegno materiale, ma non avevano nemmeno un'identità legale sicura nella società.<ref>13</ref> La legge biblica proibisce ripetutamente il matrimonio con donne straniere; a volte il riferimento sembra limitato ai popoli nativi non-israeliti della Terra Promessa, ma a volte il divieto sembra assoluto. Ciononostante, la legge riconosce anche che un soldato potrebbe innamorarsi di una donna catturata in guerra ({{passo biblico2|Deuteronomio|21:10-14}}), e le Scritture raccontano diversi casi di uomini israeliti che sposavano donne straniere.<ref>14</ref> Poiché le donne assumevano l'identità legale dei loro mariti al momento del matrimonio, le donne israelite che sposavano uomini stranieri probabilmente scomparivano dalla società israelita. Certo, la Bibbia non fornisce un singolo caso di una donna che lo facesse, ma questo potrebbe semplicemente confermare che tali donne se ne andarono con i loro mariti e scomparvero. Il culto di una divinità nazionale era tipico del Vicino Oriente, ma in altri casi era solitamente combinato con la venerazione per le forze della natura, come la pioggia e la tempesta, o l'amore e la fertilità, che sembravano governare la vita delle persone; analogamente, anche in Israele, l'idea che il culto dovesse essere limitato a una sola divinità incontrò forti resistenze per generazioni. Si veda il [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]] per ulteriori approfondimenti. La narrazione biblica non dice quasi nulla sulla vita religiosa dei privati. In occasioni speciali si offrivano sacrifici a Dio, ma è difficile stabilire se le regole formali bibliche sui sacrifici si applicassero a tali offerte private. Oltre ai grandi altari pubblici, le case private avevano luoghi specifici per le offerte domestiche? Non possiamo dirlo. Non sappiamo se il matrimonio o la nascita di un figlio fossero celebrati da cerimonie religiose diverse dalle consuete offerte di ringraziamento o dalle offerte di purificazione ''post-partum'' specificate in {{passo biblico2|Levitico|12}}. Non possiamo nemmeno dire se le grandi feste fossero caratterizzate da rituali domestici oltre che dalle grandi cerimonie celebrate nei santuari pubblici.<ref>15</ref> In ogni caso, come per tutti i popoli antichi, il culto pubblico degli Israeliti era incentrato sul ''sacrificio'', il dono a Dio (solitamente tramite la distruzione) di un oggetto di valore. La legge biblica fornisce norme dettagliate per la corretta offerta del sacrificio: un oggetto di valore adeguato (di solito un animale, ma a volte anche grano, vino o olio d'oliva), l'occasione giusta (talvolta richiesta dal calendario o da un evento della propria vita come la nascita di un figlio, ma anche eventualmente il risultato di un voto spontaneo), le procedure necessarie, il personale appropriato. Col passare del tempo, il diritto di offrire sacrifici passò ai sacerdoti ereditari (ebr. ''kohanim''); la memoria nazionale fa risalire questo sacerdozio ad Aronne, fratello di Mosè, ma questa discendenza non può essere verificata. In effetti, vari passi biblici suggeriscono che in epoca antica il ruolo sacerdotale potesse essere assegnato su basi diverse; soprattutto, la tradizione suggerisce che prima dell'inizio del sacerdozio ereditario, questo ruolo fosse ricoperto dal figlio primogenito di ogni famiglia. Questa tradizione è chiaramente collegata alla tradizione narrativa secondo cui i primogeniti israeliti furono risparmiati quando i primogeniti d'Egitto furono tutti uccisi nella decima e ultima piaga. Per un certo periodo, esistevano santuari locali e gruppi di sacerdoti locali sparsi in tutto il paese (cfr. immagine in basso), ma al tempo di re ''Giosia'' (fine del VII secolo AEV) tutto il culto sacrificale era centralizzato in un unico luogo (il Tempio) nella capitale Gerusalemme. Questo santuario era stato costruito sotto re Salomone circa 300 anni prima, ma le Scritture menzionano ristrutturazioni e altri cambiamenti nel corso dei secoli. Non possiamo dire con certezza come fossero il Tempio o le sue cerimonie al tempo di Salomone (le descrizioni potrebbero incorporare informazioni successive), ma negli ultimi anni il santuario era diventato un'importante istituzione nazionale, un centro di orgoglio e venerazione. La sua perdita nel 586 AEV fu considerata una punizione divina e una catastrofe nazionale. Fin dai tempi antichi, la religione israelita aveva sviluppato un calendario di feste (cfr. "IL CALENDARIO BIBLICO"). Tra queste, probabilmente la più antica (e la più famosa) è la ''[[w:Pesach|Pesach]]'' (''Pasqua ebraica''), ancora oggi una celebrazione annuale della liberazione di Israele dalla schiavitù egiziana. Questa festività primaverile prevedeva l'offerta annuale di un nuovo agnello (''paschal'') e l'attenta astensione da tutti i prodotti alimentari lievitati per una settimana. Un'attenta lettura dei testi biblici (si veda in particolare {{passo biblico2|Esodo|12-13}}) suggerisce che queste osservanze potessero già essere antiche celebrazioni dell'arrivo della primavera, ma ora a esse veniva attribuito un nuovo livello di significato; oltre ad acclamare il loro Dio come signore della ''natura'', gli Israeliti identificavano gli eventi principali della loro ''storia'' come opera del Suo braccio potente. Questo modello di andare oltre l'eterno e immutabile mondo dei cicli naturali per trovare un significato religioso negli eventi unici della storia fu uno dei grandi contributi di Israele al pensiero occidentale. In modo simile, la festa del raccolto autunnale delle ''Capanne'' o dei ''Tabernacoli'' (in ebraico ''[[w:Sukkot|Sukkot]]'') riceve una spiegazione storica tramite il riferimento ad eventi che in realtà non vengono mai raccontati nella narrazione biblica (cfr. {{passo biblico2|Levitico|23:43}}). Nel corso del tempo, tuttavia, la caratteristica più sorprendente del calendario israelita si rivelò non essere affatto una festa annuale, bensì il giorno del Sabbath (''[[w:Shabbat|Shabbat]]'') settimanale, in cui il lavoro produttivo era proibito. Per quanto ne sappiamo, nessun'altra cultura nell'antico Vicino Oriente aveva una settimana di sette giorni.<ref>16</ref> Le teorie abbondano sulle origini di questa idea, ma possiamo semplicemente notarne l'importanza. Si dice che Dio stesso abbia istituito il Sabbath fin dalla creazione del mondo ({{passo biblico2|Genesi|2:1-3}}). Come segno della sua importanza, la [[Torah]] minaccia la pena di morte per coloro che violano il Sabbath ({{passo biblico2|Esodo|31:14;35:2}}), e l'osservanza del Sabbath è l'unica disposizione cerimoniale nei cosiddetti ''Dieci Comandamenti'' o ''Decalogo'' ({{passo biblico2|Esodo|20:8-11}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|5:12-15}}), un primo elenco di principi religiosi fondamentali. La Bibbia non fornisce molte informazioni dettagliate su questa importante istituzione israelita; non sappiamo quali rituali venissero eseguiti oltre ad alcuni sacrifici speciali ({{passo biblico2|Numeri|28:9-10}}),<ref>17</ref> né sappiamo quali azioni fossero considerate faticose e quindi proibite.<ref>18</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA |contenuto = As mentioned in the text, biblical law recognizes the importance of distinguishing genuine prophecy from false but sees that this can be difficult to accomplish. Scripture offers a very simple rule for sorting this out: genuine prophecy comes true, and false prophecy does not. {{citazione|If you should ask, “How will we know the word that YHWH has not spoken?,” that which the prophet speaks in the name of YHWH and does not come about, YHWH did not speak that word. The prophet spoke thus defiantly, and you must not fear him.|{{passo biblico2|Deuteronomio|18:21-22}}}} Biblical narrators, however, also seem aware that this rule is not always adequate. The famous story of Jonah, also mentioned in the text, contains a deep paradox. The prophet foretells the downfall of the great city Nineveh, but the people strive to change their sinful ways and God forgives them (Jonah 3). This angers the prophet greatly: now his prophecy has been falsified! The message of the book, however, is that the prophecy succeeded by not coming true. The destruction of the city, not its survival, would have been the real failure. A less well-known incident, in Jeremiah 28, concerned a confrontation between two prophets: Jeremiah himself and another named Hananiah ben Azur. Jeremiah had consistently called for surrender to the Babylonians now besieging Jerusalem, but Hananiah disagreed and did so in the name of God: he foretold that within two years the besiegers would be gone. Jeremiah did not know what to do; he was deeply convinced that Hananiah was misleading the people and that his own advocacy of surrender was the true of word of God, but how could he prove this to the perplexed bystanders? When two prophets offer directly opposite proclamations of the word of God, how are people to know whom to follow? Jeremiah went home without responding, only to receive a new prophecy confirming his conviction, and then “Hananiah the prophet died that year, in the seventh month.” God himself, so to speak, executed Jeremiah’s rival on the charge of false prophecy, but could it really be that when two prophets disagree the nation must wait to see who dies first? Another story (1 Kings 22:1–37) is more perplexing still. The two Israelite kings, Jehoshaphat of the south and Ahab of the north, met to consider making war on their common enemy the Arameans. Jehoshaphat, known for his piety, was ready to agree but wanted to consult the prophets of God before deciding. Many prophets predicted victory, but finally one last prophet (his name was Micaiah ben Imlah, and Ahab disliked him because his prophecies were always hostile) offered a shocking vision: God had sent a spirit into all the other prophets in order to entice Ahab to war, but the purpose of this message was to lure Ahab to his death. Sure enough Ahab went to war, and sure enough he was killed. In need of prophetic guidance, Ahab had naturally followed the majority opinion, and this was fatal. The story of the prophet Micaiah raises the terrifying possibility that an authentic prophecy may come from God but with a hidden, deceitful purpose, so that those who follow the prophecy achieve no salvation but are led on to their own destruction. Once aware of this danger, who would ever follow a prophet again? }} Le due versioni dei Dieci Comandamenti offrono spiegazioni piuttosto diverse sul motivo del giorno di riposo settimanale (cfr. "I DIECI COMANDAMENTI – DUE VERSIONI"). Il Libro dell'Esodo descrive il Sabbath come un riconoscimento di Dio quale Creatore del mondo: Dio creò il mondo in sei giorni e poi si riposò il settimo, e coloro che lo adorano dovrebbero fare lo stesso. Nel Deuteronomio, tuttavia, l'attenzione si sposta sulla fuga dalla schiavitù in Egitto: come voi eravate schiavi ma Dio vi ha dato riposo, così anche voi dovete riposarvi e dare riposo a tutti coloro che lavorano per voi. Questo è l'unico paragrafo del Decalogo in cui le due versioni differiscono significativamente, e la loro combinazione presenta ancora una volta una miscela di temi tratti dalla contemplazione della natura e dallo studio della storia della nazione. La presenza diffusa di tali miscele è una caratteristica distintiva della letteratura biblica. Ogni cultura antica aveva i suoi sacerdoti, ma Israele aveva anche un secondo tipo di guida religiosa, molto diverso: i ''profeti''. I profeti ebrei (''nevi’im'') non erano indovini, ma messaggeri, intermediari tra il popolo e il loro Dio; in questo si differenziavano dagli indovini, dagli astrologi e dagli oracoli che si potevano trovare in tutto il mondo antico. Mosè è il prototipo dei profeti (cfr. {{passo biblico2|Deuteronomio|18:15}}), e per tutto il periodo biblico i profeti servirono da veicoli attraverso i quali la parola di Dio giungeva al popolo. È facile comprendere quanto la profezia sia intrinsecamente inquietante: un profeta può presentarsi in qualsiasi momento e annunciare che i precedenti messaggi di Dio sono stati sostituiti da uno nuovo. Naturalmente, i funzionari (sacerdoti, re, ecc.) responsabili del mantenimento della stabilità della nazione spesso si scontravano con i profeti; le Scritture sono piene di storie di profeti che denunciavano i re in nome di Dio, mentre i sacerdoti nei loro santuari sacri, dediti al regolare svolgimento dei loro doveri cerimoniali, a volte cercavano di mettere a tacere i profeti o semplicemente di tenerli lontani.<ref>19</ref> Tale ostilità poteva essere evitata – un profeta che si guadagnava la fiducia del re poteva diventare un importante consigliere reale – ma la tensione tra la dedizione dei sacerdoti all'ordine e alla permanenza e le imprevedibili interruzioni dei profeti è uno dei temi ricorrenti della Bibbia. La profezia sollevava anche un'altra difficoltà: come si poteva distinguere chi fossero i veri profeti? Chiunque poteva presentarsi e affermare di essere portatore di un messaggio da Dio: come si potevano distinguere i falsi profeti – individui maliziosi o illusi – dai veri profeti? La legge biblica offre la soluzione semplice ma inutile: se la profezia non si avvera, il profeta non può essere stato mandato da Dio ({{passo biblico2|Deuteronomio|18:22}}), ma non sempre si poteva aspettare per vedere se una profezia si sarebbe adempiuta. E a volte, come nel famoso caso di Giona, la profezia raggiunse il suo scopo senza avverarsi. Giona predisse la caduta di una grande città, ma il suo popolo si pentì e fu perdonato; questo significava che, a rigor di termini, la profezia non si era avverata, ma chi poteva negare che avesse raggiunto il suo vero scopo? Oltre a questo enigma intellettuale, a volte la profezia richiedeva un'azione; quando profezie contrastanti richiedevano azioni incompatibili, il pubblico dei profeti non riusciva a capire cosa Dio volesse veramente che facessero (cfr. "IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA"). Queste incertezze si combinavano per produrre il peggiore dilemma di tutti: a volte le profezie erano concepite per salvare il pubblico dal disastro, come nel caso di Giona, ma a volte, come con il re Acab, erano destinate a condurre il pubblico alla distruzione. Come potevano le persone capire a quali profezie dare seguito? Cosa dovevano fare quando non potevano saperlo? Cosa sarebbe potuto accadere se non avessero considerato tutte le possibilità? Cosa sarebbe potuto accadere se avessero fatto ipotesi sbagliate? Sotto la pressione di tale incertezza, le generazioni successive iniziarono a perdere fiducia nella profezia come metodo affidabile per conoscere la volontà di Dio. I profeti del passato erano stati uomini e donne santi, e le loro parole venivano ricordate e continuamente rivisitate, ma non ci si aspettava alcun ulteriore messaggio da Dio. Zaccaria, uno degli ultimi profeti biblici, paradossalmente predice la fine della profezia: in futuro, chiunque avesse anche solo affermato di portare un messaggio da Dio sarebbe stato messo a morte come falso profeta, quindi i veri profeti avrebbero dovuto mentire sulla propria identità per proteggere la propria vita.<ref>20</ref> Nei secoli successivi, figure simili a profeti continuarono ad apparire, ma furono accolte con resistenza e scetticismo. La successiva tradizione ebraica affermò che la profezia scomparve intorno al tempo di [[w:Alessandro Magno|Alessandro Magno]] (che regnò dal 336 al 323 AEV), e questo ricordo è probabilmente corretto.<ref>21</ref> I profeti furono il secondo elemento della leadership religiosa israelita a scomparire dalla vita nazionale, dopo che i re erano scomparsi da secoli. Rimasero i sacerdoti. Dopo l'esilio babilonese, la religione israelita fu sempre più dominata dai sacerdoti, e la storia di tale dominazione – l'ascesa e il declino dell'ebraismo sacerdotale – sarà raccontata nei Capitoli successivi. {{Immagine grande|Tel Arad 280321 03 Temple.jpg|1010px|''Altare preesilico a [[:en:w:Tel Arad|Tel Arad]]''. Questo altare fu rinvenuto in una fortezza israelita preesilica ad Arad, vicino al Mar Morto. La sua costruzione – una struttura quadrata in pietra grezza – combina elementi delle istruzioni fornite in {{passo biblico2|Esodo|20;27}}, ma l'altare raffigurato non ha corni, come richiesto in {{passo biblico|Esodo|27:2}} ― è possibile che i corni esistessero ma siano stati spezzati, questo comunque non è più possibile stabilirlo.}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|3 luglio 2025}} [[Categoria:Una storia dell'ebraismo|Capitolo 1]] id3wzz6ziwqefdxh80rokodqg9ozb4x 478449 478448 2025-07-05T18:12:57Z Monozigote 19063 /* La preistoria dell'ebraismo */ testo 478449 wikitext text/x-wiki {{Una storia dell'ebraismo}} {{Immagine grande|Scribe- Menahem - The Birds' Head Haggadah - Google Art Project.jpg|750px|}} == La preistoria dell'ebraismo == <!--- vari miei testi in inglese da tradurre, adattare e inserire ---> La religione ebraica (Ebraismo) è emersa dagli scritti della Bibbia ebraica ''(Tanakh)'', ma in realtà non si trova in quegli scritti. L'Ebraismo è una religione che adora Dio<ref>1</ref> attraverso le ''parole'' – preghiera, sermoni, lettura delle Scritture e simili – in edifici chiamati ''[[w:sinagoga|sinagoghe]]'' sotto la guida di ''[[w:rabbino|rabbini]]'' eruditi. La Bibbia sa qualcosa della preghiera ma nulla del resto: la Bibbia descrive una religione incentrata su un singolo edificio comunemente chiamato ''[[w:Tempio di Gerusalemme|Tempio]]'' e guidata da ''[[w:sacerdote (ebraismo)|sacerdoti]]'' ereditari che adorano attraverso le ''azioni'' – elaborati riti sacrificali e altre cerimonie di purificazione ed espiazione. La transizione da quella religione primitiva a quella che le persone moderne riconoscerebbero è la trama di questo mio libro. Quasi tutte le nostre informazioni sulle prime parti di questa storia provengono dalle pagine della ''[[w:Tanakh|Bibbia]]''<ref>2</ref> (cfr. riquadro: "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"). La Bibbia in realtà non è un singolo libro; è un'antologia di materiali scritti nell'arco di molti secoli – forse anche di {{FORMATNUM:1000 anni}} – in due lingue diverse e in almeno due paesi diversi. Non sorprende che i suoi scritti mostrino una varietà di stili e prospettive su molte questioni importanti (cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]]). Questa varietà di contenuti ha permesso ai lettori successivi di trovare molti messaggi diversi nelle sue pagine e di applicarli alla grande varietà di situazioni che si sono trovati ad affrontare. Questa flessibilità è la chiave del successo straordinariamente duraturo della Bibbia nel sostenere individui e comunità di fede per oltre due millenni. Tuttavia, dal punto di vista dello storico, la Bibbia presenta un problema molto difficile. Molte, forse la maggior parte, delle sue narrazioni furono scritte molto tempo dopo gli eventi che descrivono (la storia inizia con la creazione del mondo!), e quasi nulla nella Bibbia può essere confermato da qualsiasi altra fonte antica di informazione. Come sempre con informazioni non corroborate, l'osservatore moderno non è in grado di giudicare l'affidabilità storica della Bibbia, non è in grado di misurare la distanza tra descrizione ed evento, non è in grado di leggere le storie della Bibbia e capire cosa (se qualcosa) sia realmente accaduto.<ref>3</ref> La Bibbia non può quindi essere letta come un documento storico: bisogna invece comprendere che la narrazione biblica è un distillato della memoria nazionale concepito per trasmettere un messaggio religioso. Il messaggio religioso della Bibbia è forte e chiaro, ma non possiamo sempre sapere come gli eventi descritti sarebbero apparsi senza lo scopo religioso che ora plasma la narrazione, o addirittura come gli autori della Bibbia abbiano appreso di quegli eventi in primo luogo. Allora, noi lettori moderni, possiamo veramente imparare la storia antica dalla Bibbia? Certo che possiamo, ma non nel modo in cui possiamo imparare la storia dagli archivi o da altri documenti ufficiali. La chiave per imparare la storia dalla Bibbia è focalizzare l'attenzione ''non sul contenuto delle storie, ma sulle storie stesse: chi le ha raccontate? Perché? Come le hanno comprese le persone che le hanno raccontate? Quali verità vi hanno trovato? Quali insegnamenti hanno cercato di trasmettere?'' Le persone hanno recitato queste narrazioni per ben oltre {{FORMATNUM:2000}} anni ― questo di per sé è un fatto storico di enorme importanza. Dopo un breve riassunto della narrazione stessa, sarà possibile riflettere su tali domande. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = COSA CONTIENE LA BIBBIA? |contenuto = La tradizione ebraica divideva la Bibbia in tre sezioni, contenenti in totale ventiquattro libri. <center>'''I. La [[Torah]]'''</center> 1. '''Genesi'''. Contesto della nascita del popolo d'Israele, dalla creazione del mondo attraverso le vite dei patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe) e delle matriarche (Sara, Rebecca, Lia, Rachele) fino alla morte di Giuseppe in Egitto. 2. '''Esodo'''. Schiavitù in Egitto, poi liberazione. Alleanza al Sinai, rivelazione dei comandamenti di Dio, costruzione del Tabernacolo per il culto formale. Storia del Vitello d'Oro: la prima caduta di Israele nell'idolatria. 3. '''Levitico'''. Regole per il mantenimento della purezza rituale e la corretta esecuzione dei sacrifici; anche per la creazione di una comunità sacra. Prima descrizione delle leggi alimentari e delle feste dell'anno. 4. '''Numeri'''. Censimento nel deserto prima della marcia verso la Terra Promessa. Incidenti nel corso di quella marcia, ulteriore legislazione. 5. '''Deuteronomio'''. Discorso di addio di Mosè: riassunto della sua carriera, riassunto dei comandamenti di Dio, avvertimento delle conseguenze della disobbedienza. Mosè muore ai confini della Terra Promessa. <center>'''II. I Profeti'''</center> '''a. I Primi Profeti'''. Nonostante il nome tradizionale, questa sezione contiene in realtà pochissime profezie. Piuttosto, prosegue principalmente la narrazione oltre la morte di Mosè. 6. '''Giosuè'''. Conquista e insediamento iniziale della Terra Promessa da parte di Israele. 7. '''Giudici'''. Le generazioni successive. L'infedeltà a Dio porta oppressori stranieri; il pentimento porta la liberazione. 8. '''1 e 2 Samuele'''. L’ultimo dei giudici e il primo dei re d’Israele fino alla morte di Davide. 9. '''1 e 2 Re'''. La storia dei regni fino alla loro distruzione. ''Nota: I libri ora citati come coppie numerate erano originariamente opere singole. Furono divisi dai copisti nel Medioevo a causa delle loro grandi dimensioni. Tale non è il caso dei libri numerati del Nuovo Testamento, che sono documenti separati.'' '''b. I Profeti posteriori '''. Questi sono i grandi oratori e scrittori della Bibbia. 10. '''Isaia'''. L'Isaia storico visse intorno al 700 AEV, ma molti contenuti di questo libro sembrano risalire a un'epoca successiva, durante l'esilio babilonese e forse anche più tardi. 11. '''Geremia'''. Vissuto all'incirca all'epoca dell'Esilio, il libro contiene una significativa narrazione biografica insieme alle orazioni di Geremia. 12. '''Ezechiele'''. Contemporaneo di Geremia, ma visse e profetizzò tra gli esuli a Babilonia. 13. '''I Dodici'''. Dodici libri profetici molto più brevi, attribuiti a scrittori vissuti in un arco di diversi secoli. Solo Giona contiene una narrazione significativa. {{Colonne}} *Osea *Gioele *Amos {{Colonne spezza}} *Abdia *Giona *Michea {{Colonne spezza}} *Naum *Abacuc *Zaccaria {{Colonne spezza}} *Aggeo *Sofonia *Malachia {{Colonne fine}} <center>'''III. Scritti ''(Ketuvim)'''''</center> 14. '''Salmi'''. Una raccolta di 150 poemi religiosi, molti dei quali attribuiti al re Davide. 15. '''Proverbi'''. Raccolta di saggi insegnamenti, in gran parte attribuiti al re Salomone. 16. '''Giobbe'''. Una storia di rettitudine messa alla prova dalla sofferenza. '''Le ''Cinque Meghillot''''', così chiamate perché vengono lette liturgicamente in occasione di festività specifiche (questo raggruppamento riflette una successiva pratica sinagogale e non è una sezione formalmente riconosciuta della Bibbia). 17. '''Cantico dei Cantici'''. Una poesia d'amore attribuita a re Salomone. Viene letta nelle sinagoghe durante la Pesach. 18. '''Rut'''. Un breve racconto di lealtà e amore ambientato ai tempi dei giudici; le origini della dinastia di re Davide. Da leggere nella [[w:Shavuot|Festa delle Settimane]] (''Shavuot''). 19. '''Lamentazioni'''. Poemi sulla distruzione di Gerusalemme, attribuite a Geremia. Da leggere il 9 di Av, anniversario della distruzione del Tempio. 20. '''Ecclesiaste''' o '''Qohelet'''. Riflessioni filosofiche, attribuite a re Salomone. Da leggere durante Festa delle Capanne. 21. '''Ester'''. Intrighi alla corte reale di Persia; gli ebrei sconfiggono a malapena i malvagi piani di un potente nemico. Letto durante ''Purim''. Questo è l'unico libro della Bibbia in cui Dio non viene mai menzionato direttamente nel testo ebraico. 22. '''Daniele'''. Storie di ebrei leali nelle corti reali di Babilonia e Persia; anche visioni della Fine della Storia. 23. '''Ezra-Nehemiah'''. I leader ebrei e le loro conquiste nel periodo successivo all'esilio babilonese. 24. '''1 e 2 Cronache'''. Rivisitazione della storia di Israele dai tempi di re Davide fino al ritorno dall'esilio babilonese. In gran parte una revisione, ma a volte una semplice ripetizione dei Libri di Samuele e dei Re. In tempi recenti l'acronimo ebraico ''Tanakh'' ('''T'''orah, '''N'''evi’im [profeti], '''K'''etuvim [scritti]) è stato utilizzato per designare l'intera raccolta di ventiquattro libri. [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] La tradizione cristiana, seguendo l'usanza degli antichi ebrei di lingua greca, organizzò questi libri in modo diverso, in due sezioni (non formalmente separate) contenenti rispettivamente la narrazione in prosa e le composizioni poetiche. L'ordine era il seguente: {{Colonne}} *Genesi *Esodo *Levitico *Numbers *Deuteronomio *Giosuè *Giudici *Rut *1 e 2 Samuele {{Colonne spezza}} *1 e 2 Re *1 e 2 Cronache *Esdra *Neemia (libro separato) *Ester *Giobbe *Salmi *Proverbi {{Colonne spezza}} *Ecclesiaste *Cantico dei Cantici *Isaia *Geremia *Lamentazioni *Ezechiele *Daniele *I Dodici {{Colonne fine}} }} === La narrazione biblica === '''Primi sviluppi'''. La Bibbia inizia con la creazione del mondo da parte del Dio d'Israele.<ref>4</ref> Non si tratta di un dio che lotta o collabora con altri dèi, come nei miti di altri popoli; il Dio d'Israele crea il mondo da solo, senza sforzo o difficoltà, semplicemente comandando passo dopo passo che l'ordine cosmico venga ad esistere. In questo mondo il Creatore colloca tutte le specie viventi, inclusa una coppia umana di nome ''Adamo'' ed ''Eva''. Adamo ed Eva avrebbero potuto vivere spensierati sotto la protezione di Dio nel ''Giardino dell’Eden'', ma trasgredirono: c'era un solo albero nel giardino, l'"albero della conoscenza del bene e del male", il cui frutto era stato detto loro di evitare, ma mangiarono quel frutto e di conseguenza furono espulsi nel mondo del duro lavoro, il mondo del sesso, della nascita e della morte. Il solo atto di apprendere la differenza tra il bene e il male portò sofferenza nel mondo. I primi capitoli della Bibbia contengono diverse altre drammatiche rappresentazioni dell'incapacità degli esseri umani di vivere come dovrebbero. Adamo ed Eva ebbero due figli di nome Caino e Abele, e uno uccise l'altro. L'immoralità sessuale e la violenza divennero diffuse. Cinque generazioni dopo Caino, avvenne un altro omicidio. Alla decima generazione, Dio era così scoraggiato che distrusse l'intera creazione con un diluvio; solo un uomo giusto ([[w:Noè|Noè]]) e la sua famiglia furono salvati per dar via a un nuovo inizio. Ma anche Noè purtroppo deluse: uscendo dall'arca con cui aveva superato il diluvio, piantò una vigna, si ubriacò e inflisse umiliazioni sessuali alla sua famiglia.<ref>5</ref> I discendenti di Noè crebbero di nuovo numerosi, ma poi costruirono la famosa [[w:Torre di Babele|Torre di Babele]] in ribellione contro la volontà di Dio. Costretti di conseguenza a parlare lingue diverse, si dispersero per il mondo: l'idillio era andato a male. Il lettore moderno può facilmente comprendere come queste narrazioni cerchino di rispondere a domande fondamentali sulla natura dell'esistenza umana: perché non parliamo tutti la stessa lingua? Perché le persone devono lavorare così duramente per procurarsi il cibo? Perché si muore? Perché l'impulso sessuale è così forte e il parto così doloroso? Perché le donne sono subordinate agli uomini? Tutte le culture antiche hanno narrato storie di questo tipo, e gli studiosi moderni possono confrontare le versioni bibliche con altre che circolavano nel mondo antico, inserendo così Israele più saldamente nel contesto culturale del Vicino Oriente antico. Ma tali paragoni non spiegano perché la Bibbia stessa sia stata preservata o come questa particolare versione di quelle storie sia arrivata a dominare la nostra civiltà. Solo la fase successiva della narrazione lo spiega. '''Dio fa una scelta'''. Dopo venti generazioni di storia umana, Dio improvvisamente incaricò un uomo di nome ''Abram'' ({{lang|he|אַבְרָם}}), proveniente da una famiglia con radici in Mesopotamia, di recarsi nella lontana terra di Canaan e di stabilirvisi. In effetti, il padre di Abram era partito per questa stessa destinazione anni prima, ma non aveva mai raggiunto il suo obiettivo; ora Abram poteva completare il viaggio del padre e compiere una missione divina allo stesso tempo. La Bibbia non spiega mai del tutto la scelta di quest'uomo da parte di Dio; ci viene detto che era giusto, ma non ci viene detto (come fu detto di Noè) che fosse l'unico uomo giusto della sua generazione. Quale che fosse la ragione della scelta di Dio, i risultati furono epocali. Abram si stabilì a Canaan e ricevette la promessa o ''alleanza'' di Dio che i suoi discendenti avrebbero ereditato quella terra e vi sarebbero diventati una grande nazione. Il segno di questo patto sarebbe stato l'antico rito della ''[[w:Brit milà|circoncisione]]'', eseguito sul corpo di ogni neonato maschio nella prima settimana di vita. Come simbolo del suo nuovo status, Abram ricevette un nuovo nome, ''[[w:Abramo|Abraham]]''; come segno della speciale cura di Dio per lui, suo figlio ed erede ''Isacco'' non nacque prima che Abramo avesse 100 anni. Col tempo Isacco divenne il padre di ''Giacobbe'', che fu anche chiamato ''Israele'', e nella generazione successiva le quattro mogli di Giacobbe gli diedero un totale di dodici figli maschi e una femmina. Una carestia costrinse la famiglia di Giacobbe ad abbandonare la patria a loro destinata e si stabilì in Egitto. Uno dei figli di Giacobbe, ''Giuseppe'', dopo molte avventure aveva elaborato un piano per salvare l'Egitto dagli effetti di questa stessa carestia, e aveva quindi acquisito un grande potere nel paese; sotto la protezione del loro famoso fratello, la famiglia si moltiplicò e prosperò nella loro nuova dimora. Alla fine, tuttavia, un nuovo re perse di vista il debito di gratitudine della sua nazione; sospettoso del numero degli Israeliti, li ridusse in schiavitù.<ref>6</ref> Soffrirono molto finché alla fine Dio si ricordò del loro patto ancestrale e mandò un nuovo capo, ''[[w:Mosè|Mosè]]'', per aiutarli a liberarsi dalle loro catene. Dio (e Mosè) compirono molti atti prodigiosi, infliggendo molte "piaghe" agli ostinati Egiziani; infine, dopo la terrificante morte di ogni primogenito in Egitto, al popolo israelita fu permesso di andarsene. Anche ora, tuttavia, il re si pentì di averli lasciati andare e cercò di inseguirli: in un miracolo finale, il popolo attraversò il mare giungendo in terraferma, ma gli inseguitori egiziani invece annegarono nel tentativo di seguirli. Così i discendenti di Giacobbe divennero il popolo libero di Israele, una nazione di dodici tribù che prese il nome dai dodici figli di Giacobbe, popolo di quasi 2 milioni di persone.<ref>7</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL CALENDARIO BIBLICO |contenuto = The earliest biblical evidence reflects a variety of calendar systems in ancient Israel; these are not fully compatible, so they must reflect either variation in local custom or (more likely) different stages in Israel’s cultural development. Unfortunately, the evidence does not allow modern scholars to reconstruct these stages in any detail. One calendar, apparently lunar, used names for the months, though only four such names have survived: most of these appear in the narrative of Solomon’s construction of the Temple (1 Kings 6–8). A year of twelve lunar months lasts only 354 days, and several annual festivals (see the following description) had clear seasonal associations, yet there is no evidence explaining how the people who used this calendar kept those festivals from slipping out of season. (In later centuries the authorities occasionally added a thirteenth month in the spring to make sure that Passover did not fall too early.) For centuries, lunar months were declared based on actual observation of the new moon; the fourth-century rabbinic leader Hillel II is reported to have dispensed with this system and to have instituted mathematical formulas for determining lunation. See Chapter 8, especially “Early Rabbinic Taqqanot and Gezerot.” Another calendar only numbers the months, starting with the month of the spring equinox, the month in which Passover falls. This may have been a solar calendar similar to those known from ancient Egypt and elsewhere, consisting of twelve thirty-day months and one extra day every quarter to complete exactly fifty-two weeks. Use of this calendar may explain why Genesis 1:14 indicates that the heavenly bodies serve to mark off days and years but says nothing about months. The seven-day week is an entirely artificial unit; attempts to link this unit to the phases of the moon or to features of the Babylonian calendar have not been successful. Except for the Sabbath, the days of the week too are numbered, not named: the modern Hebrew language still has no names for the other days of the week. From an early time, the Israelites celebrated annual festivals at certain key seasons of the year. In later years, three such festivals were marked by pilgrimage to the Temple in Jerusalem, and were apparently conceived from an early time as an annual cycle. Most famous of these was the spring Passover festival, connected to the Festival of Unleavened Bread. Combined, these festivals served to commemorate the Israelites’ escape from Egyptian slavery in the days of Moses. The observances may originally have been separate: the offering of a lamb on the fourteenth day of the first month, followed by a week-long abstention from leavened or fermented foods beginning on the fifteenth. From an early time, however, these two were combined into a single great celebration. A later report suggests that shortly before the Second Temple was destroyed, over 1 million pilgrims would gather in Jerusalem each year to celebrate this festival (see Josephus, Jewish War, 6.424). Seven weeks later, the beginning of the harvest season was marked by a briefer festival; over time this observance too acquired a historical dimension as the anniversary of the revelation of the Torah at Mount Sinai. Finally, the great autumn harvest festival was marked by the construction of booths in the fields where people would eat and sleep. These boothswere probably utilitarian in origin: when every hour counted, farmers did not want to take time each day to travel between their villages and their fields. In time, however, the Festival of Booths or Tabernacles became another token of historical memory, recalling Israel’s forty years of wandering in the desert before the liberated slaves reached the Promised Land (Leviticus 23:43). An additional pair of holidayswas celebrated every fall, though evidence of their actual observance only comes from the later biblical period. The fall new moon marked the beginning of the civil year, and the tenth day thereafter became an annual day of atonement marked by fasting and elaborate ceremonies. Initially this day seems to have focused on the Temple itself, and served once a year to purge the shrine of any accidental defilement of its holiness, but eventually the annual Day of Atonement (Yom Kippur) became the holiest day of the year, celebrated by Jews all over the world. Later books of the Bible added several new holidays to the calendar. The Book of Esther instituted the early spring holiday of Purim to celebrate Persian Jews’ escape from the evil designs of a hostile royal minister. The prophet Zechariah, toward the very end of the biblical period, hints at a series of fasts throughout the year that must have commemorated disastrous events from earlier times (Zechariah 8:19). On the other hand, certain observances appear to have dropped out of practice. The offering of a sheaf of wheat every spring inaugurated the new year’s grain crop (Leviticus 23:9–14), but this rite disappeared when the Temple was destroyed, giving only its name (Omer, the Hebrew word for “sheaf”) to the seven-week period after Passover. The precise time for offering this sheafbecamethe topic of fierce controversy during the time of the Second Temple, and other partisan disputes among advocates of these different calendars seem to have arisen as well; see Chapter 5, “Calendar and Controversy.” The most detailed listings of biblical festivals can be found in Leviticus 23 and Numbers 28–29; see also Deuteronomy 16 and (more briefly) Exodus 23:14–19 and 34:22–26. Nehemiah 8 reports that at a later time the Judahites returning from the Babylonian Exile found the rules for these festivals in the Torah and were evidently unfamiliar with them. See Chapter 3, “King Josiah’s Book,” for a celebration of the Passover in the days of King Josiah, shortly before the first Temple was destroyed. }} '''L'Alleanza decisiva'''. Mosè condusse il popolo nel deserto del Sinai. Lì, dalla cima di una montagna, la voce di Dio parlò loro e diede loro le leggi secondo cui avrebbero dovuto vivere. Dio si offrì di rinnovare la Sua alleanza con loro come popolo, e loro accettarono con entusiasmo. Israele divenne la nazione di Dio. Ora vivevano sotto la protezione di Dio e soggetti al Suo governo e al Suo giudizio. Il destino della nazione sarebbe ora dipeso dalla loro lealtà a Dio e all'Alleanza, dalla loro obbedienza ai Suoi comandamenti. Mosè salì sul monte e trascorse quaranta giorni e quaranta notti alla presenza di Dio; al suo ritorno, portò con sé la parola di Dio scritta su tavole di pietra. Le ripose in un contenitore speciale e, per custodire questo sacro scrigno, costruì un santuario mobile dove il popolo potesse incontrare il suo Dio e adorarlo. Tuttavia, quasi subito, si verificò una situazione che sarebbe diventata presto familiare: ripetutamente, il popolo rinunciò alle proprie speranze tradendo i propri obblighi e violando i comandamenti di Dio.<ref>8</ref> Al momento della sua morte, Mosè era completamente disilluso dal suo popolo; nel suo discorso d'addio, li avvertì che la continua disobbedienza avrebbe portato alla catastrofe. '''Il popolo e la loro terra'''. Per fedeltà all'alleanza, Dio guidò il popolo attraverso il deserto per quarant'anni e poi lo condusse nella Terra Promessa. Ancora una volta, tradirono ripetutamente l'alleanza adorando altri dèi. Privi della protezione divina, furono ripetutamente invasi e oppressi da nazioni straniere. Ogni volta, sotto la pressione della sofferenza, si pentirono: Dio li avrebbe salvati dai loro nemici, ma presto sarebbero caduti di nuovo. Dopo alcune generazioni, le tribù unirono le loro forze e costruirono un regno sotto l'eroico ''Davide''. A Davide seguì ''Salomone'', famoso per la sua saggezza, che costruì il Primo Tempio permanente a Dio nella nuova capitale reale, ''Gerusalemme''. Tramite i ''profeti'', Dio assicurò che la famiglia di Davide sarebbe salita per sempre sul trono d'Israele, ma i vecchi schemi di slealtà continuarono a ripresentarsi; dieci tribù su dodici si ribellarono alla famiglia reale, lasciando ai suoi discendenti il ​​governo della sola tribù di Davide, ''Giuda''; in entrambi i regni, i ricchi opprimevano i poveri e il culto di altri dei persisteva. Il regno di Israele, che comprendeva le dieci tribù ribelli, fu distrutto dai conquistatori assiri nel 722 AEV. Poi il regno davidiano di Giuda fu spazzato via, il Tempio di Salomone fu demolito e i capi della nazione furono deportati in esilio a Babilonia (l’''Esilio babilonese'') nel 586 AEV. Sembrava che la santa alleanza fosse crollata. Ma ora il resto del popolo attuò una vera riforma delle proprie abitudini. Finalmente abbandonò l'attrazione per false divinità; finalmente accettò l'autorità dell'unico vero Dio. Un gruppo di esuli tornò nella terra dei loro antenati e ricostruì il Tempio. Sotto la guida di ''Esdra'', ''Neemia'' e dell'ultimo dei profeti, si dedicarono nuovamente all'edificazione di una comunità santa basata sulla devozione alla parola di Dio e agli insegnamenti di Mosè. L'apostasia continuò, naturalmente, ma non dominava più la vita nazionale. Il popolo problematico di Israele era diventato la nazione santa degli ebrei.<ref>9</ref> [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] Vale la pena ripetere che la narrazione precedente non può essere verificata come Storia. La maggior parte dei personaggi della saga biblica non compare negli scritti storici di nessun'altra nazione antica; la maggior parte degli eventi di questa saga non è raccontata in nessun altro documento antico. L'importanza della storia non risiede nella questione se ''gli eventi siano realmente accaduti'', cosa che non può essere determinata, ma nella certezza che ''la storia sia stata raccontata'' più e più volte, nel corso di innumerevoli generazioni: ''questo'' fatto, di fondamentale importanza, è fuori da ogni dubbio. La narrazione epica appena riassunta ha plasmato la coscienza di uomini e donne ebrei fin dagli albori della storia ebraica. La narrazione biblica stabilisce alcune concezioni che sono rimaste centrali per la nascente religione ebraica. La storia identifica il Dio degli ebrei come creatore e unico sovrano dell'universo. Afferma la pretesa di Israele di un rapporto speciale con questo Dio e spiega come questo rapporto sia nato. La storia descrive lo stile di vita ebraico e la patria nazionale ebraica come doni di Dio e porte d'accesso alla santità per coloro che rispettano le richieste e gli insegnamenti di Dio; d'altra parte, contiene anche un severo monito: coloro che si allontanano da quegli insegnamenti o che resistono a quelle richieste porteranno inevitabilmente alla catastrofe per sé stessi e per chi li circonda. Queste idee costituiscono il contesto per comprendere le strutture formali dell'antica religione israelita. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = "I DIECI COMANDAMENTI" DUE VERSIONI |contenuto = ''Nota: diverse tradizioni religiose suddividono queste istruzioni nei Dieci Comandamenti. Le seguenti traduzioni offrono la tradizionale divisione ebraica.'' <center>'''I'''</center> I am YHWH your God who brought you out of the land of Egypt, out of the house of servants. You shall have no other gods in my presence. You shall not make for yourself a sculpture or a depiction [of anything] in the heavens above or that is on the earth beneath or that is in the waters beneath the earth. You shall not bow to them and you shall not serve them, for I,YHWHyour God, a jealous God, visit the sin of fathersonsons until the third and fourth [generations] to those that hate me, while I perform mercy to thousands, to those that love me and observe my commandments. Do not take the name of YHWH your God in vain, for YHWH will not hold guiltless the one who takes his name in vain. Remember the Sabbath day to keep it holy. You shall work six days and perform all your labor, but the seventh day is Sabbath unto YHWH your God: do not perform any labor – you or your son or your daughter or your manservant or your maidservant or your cattle or your alien who is in your gates – for [in] six days YHWH made the heavens and the earth, the sea and all that is in them, and on the seventh day he rested. Therefore YHWH blessed the Sabbath day and made it holy. Honor your father and your mother in order that your days may be long on the land that YHWH your God gives you. You shall not murder. You shall not commit adultery. You shall not steal. You shall not answer against your fellow [as a] false witness. You shall not covet your fellow’s house. You shall not covet your fellow’s wife, or his manservant or his maidservant or his ox or his donkey, or anything that belongs to your fellow. <div align="right">({{passo biblico2|Esodo|20:2-17}})</div> <center>'''II'''</center> I am YHWH your God who brought you out of the land of Egypt, out of the house of servants. You shall have no other gods in my presence. You shall not make for yourself a sculpture or a depiction [of anything] in the heavens above or that is on the earth beneath or that is in the waters beneath the earth. You shall notbowto them and you shall not serve them, for I, YHWH your God, a jealous God, visit the sin of fathers on sons until the third and fourth [generations] to those that hate me, while I perform mercy to thousands, to those that loveme and observemy commandments. Do not take the name of YHWH your God in vain, for YHWH will not hold guiltless the one who takes his name in vain. Preserve the Sabbath day to keep it holy, as YHWH your God has commanded you. You shall work six days and perform all your labor, but the seventh day is Sabbath unto YHWH your God: do not perform any labor – you or your son or your daughter or your manservant or your maidservant or your ox or your donkey or any of your cattle or the alien who is in your gates – in order that your manservant and your maidservant rest as you do. And remember that you were a servant in the land of Egypt and [that] YHWH your God took you out of there with a strong hand and an outstretched arm; therefore YHWH your God has commanded you to keep the Sabbath day. Honor your father and your mother as YHWH your God has commanded you, in order that your days may be long, and in order that it go well with you on the land that YHWH your God gives you. You shall not murder, And you shall not commit adultery, And you shall not steal, And you shall not answer against your fellow [as a] vain witness, And you shall not covet your fellow’s wife, and you shall not desire your fellow’s house, his field, or his manservant or his maidservant, his ox or his donkey, or anything that belongs to your fellow. <div align+"right">({{passo biblico2|Deuteronomio|5:6-21}})</div> }} === La religione dell'Antico Israele === Nella loro vita privata, gli antichi abitanti di Israele sembrano essere stati molto simili ai loro vicini. L'economia era prevalentemente rurale, basata sull'agricoltura e sulla pastorizia.<ref>10</ref> La legge biblica presuppone l'esistenza della schiavitù, ma la narrazione scritturale non menziona mai schiavi al di fuori delle famiglie dei più ricchi. Similmente, in teoria, gli uomini potevano prendere più mogli, ma pochissimi lo facevano, fatta eccezione per i più ricchi. La poligamia era costosa e pochi potevano permettersi di mantenere una famiglia numerosa; inoltre, mariti e mogli spesso sviluppavano legami affettivi che non lasciavano spazio a relazioni parallele. La legge biblica dà per scontata l'esistenza della poligamia, ma le Scritture riportano in realtà pochissimi casi di famiglie poligame.<ref>11</ref> Quando le donne si sposavano, entravano a far parte delle famiglie dei loro mariti. Potevano mantenere legami di affetto con le famiglie di nascita, ma la loro identità legale era ora determinata dal matrimonio.<ref>12</ref> Per questo motivo, la legge biblica si preoccupava di provvedere alle vedove: non solo queste donne spesso mancavano di sostegno materiale, ma non avevano nemmeno un'identità legale sicura nella società.<ref>13</ref> La legge biblica proibisce ripetutamente il matrimonio con donne straniere; a volte il riferimento sembra limitato ai popoli nativi non-israeliti della Terra Promessa, ma a volte il divieto sembra assoluto. Ciononostante, la legge riconosce anche che un soldato potrebbe innamorarsi di una donna catturata in guerra ({{passo biblico2|Deuteronomio|21:10-14}}), e le Scritture raccontano diversi casi di uomini israeliti che sposavano donne straniere.<ref>14</ref> Poiché le donne assumevano l'identità legale dei loro mariti al momento del matrimonio, le donne israelite che sposavano uomini stranieri probabilmente scomparivano dalla società israelita. Certo, la Bibbia non fornisce un singolo caso di una donna che lo facesse, ma questo potrebbe semplicemente confermare che tali donne se ne andarono con i loro mariti e scomparvero. Il culto di una divinità nazionale era tipico del Vicino Oriente, ma in altri casi era solitamente combinato con la venerazione per le forze della natura, come la pioggia e la tempesta, o l'amore e la fertilità, che sembravano governare la vita delle persone; analogamente, anche in Israele, l'idea che il culto dovesse essere limitato a una sola divinità incontrò forti resistenze per generazioni. Si veda il [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]] per ulteriori approfondimenti. La narrazione biblica non dice quasi nulla sulla vita religiosa dei privati. In occasioni speciali si offrivano sacrifici a Dio, ma è difficile stabilire se le regole formali bibliche sui sacrifici si applicassero a tali offerte private. Oltre ai grandi altari pubblici, le case private avevano luoghi specifici per le offerte domestiche? Non possiamo dirlo. Non sappiamo se il matrimonio o la nascita di un figlio fossero celebrati da cerimonie religiose diverse dalle consuete offerte di ringraziamento o dalle offerte di purificazione ''post-partum'' specificate in {{passo biblico2|Levitico|12}}. Non possiamo nemmeno dire se le grandi feste fossero caratterizzate da rituali domestici oltre che dalle grandi cerimonie celebrate nei santuari pubblici.<ref>15</ref> In ogni caso, come per tutti i popoli antichi, il culto pubblico degli Israeliti era incentrato sul ''sacrificio'', il dono a Dio (solitamente tramite la distruzione) di un oggetto di valore. La legge biblica fornisce norme dettagliate per la corretta offerta del sacrificio: un oggetto di valore adeguato (di solito un animale, ma a volte anche grano, vino o olio d'oliva), l'occasione giusta (talvolta richiesta dal calendario o da un evento della propria vita come la nascita di un figlio, ma anche eventualmente il risultato di un voto spontaneo), le procedure necessarie, il personale appropriato. Col passare del tempo, il diritto di offrire sacrifici passò ai sacerdoti ereditari (ebr. ''kohanim''); la memoria nazionale fa risalire questo sacerdozio ad Aronne, fratello di Mosè, ma questa discendenza non può essere verificata. In effetti, vari passi biblici suggeriscono che in epoca antica il ruolo sacerdotale potesse essere assegnato su basi diverse; soprattutto, la tradizione suggerisce che prima dell'inizio del sacerdozio ereditario, questo ruolo fosse ricoperto dal figlio primogenito di ogni famiglia. Questa tradizione è chiaramente collegata alla tradizione narrativa secondo cui i primogeniti israeliti furono risparmiati quando i primogeniti d'Egitto furono tutti uccisi nella decima e ultima piaga. Per un certo periodo, esistevano santuari locali e gruppi di sacerdoti locali sparsi in tutto il paese (cfr. immagine in basso), ma al tempo di re ''Giosia'' (fine del VII secolo AEV) tutto il culto sacrificale era centralizzato in un unico luogo (il Tempio) nella capitale Gerusalemme. Questo santuario era stato costruito sotto re Salomone circa 300 anni prima, ma le Scritture menzionano ristrutturazioni e altri cambiamenti nel corso dei secoli. Non possiamo dire con certezza come fossero il Tempio o le sue cerimonie al tempo di Salomone (le descrizioni potrebbero incorporare informazioni successive), ma negli ultimi anni il santuario era diventato un'importante istituzione nazionale, un centro di orgoglio e venerazione. La sua perdita nel 586 AEV fu considerata una punizione divina e una catastrofe nazionale. Fin dai tempi antichi, la religione israelita aveva sviluppato un calendario di feste (cfr. "IL CALENDARIO BIBLICO"). Tra queste, probabilmente la più antica (e la più famosa) è la ''[[w:Pesach|Pesach]]'' (''Pasqua ebraica''), ancora oggi una celebrazione annuale della liberazione di Israele dalla schiavitù egiziana. Questa festività primaverile prevedeva l'offerta annuale di un nuovo agnello (''paschal'') e l'attenta astensione da tutti i prodotti alimentari lievitati per una settimana. Un'attenta lettura dei testi biblici (si veda in particolare {{passo biblico2|Esodo|12-13}}) suggerisce che queste osservanze potessero già essere antiche celebrazioni dell'arrivo della primavera, ma ora a esse veniva attribuito un nuovo livello di significato; oltre ad acclamare il loro Dio come signore della ''natura'', gli Israeliti identificavano gli eventi principali della loro ''storia'' come opera del Suo braccio potente. Questo modello di andare oltre l'eterno e immutabile mondo dei cicli naturali per trovare un significato religioso negli eventi unici della storia fu uno dei grandi contributi di Israele al pensiero occidentale. In modo simile, la festa del raccolto autunnale delle ''Capanne'' o dei ''Tabernacoli'' (in ebraico ''[[w:Sukkot|Sukkot]]'') riceve una spiegazione storica tramite il riferimento ad eventi che in realtà non vengono mai raccontati nella narrazione biblica (cfr. {{passo biblico2|Levitico|23:43}}). Nel corso del tempo, tuttavia, la caratteristica più sorprendente del calendario israelita si rivelò non essere affatto una festa annuale, bensì il giorno del Sabbath (''[[w:Shabbat|Shabbat]]'') settimanale, in cui il lavoro produttivo era proibito. Per quanto ne sappiamo, nessun'altra cultura nell'antico Vicino Oriente aveva una settimana di sette giorni.<ref>16</ref> Le teorie abbondano sulle origini di questa idea, ma possiamo semplicemente notarne l'importanza. Si dice che Dio stesso abbia istituito il Sabbath fin dalla creazione del mondo ({{passo biblico2|Genesi|2:1-3}}). Come segno della sua importanza, la [[Torah]] minaccia la pena di morte per coloro che violano il Sabbath ({{passo biblico2|Esodo|31:14;35:2}}), e l'osservanza del Sabbath è l'unica disposizione cerimoniale nei cosiddetti ''Dieci Comandamenti'' o ''Decalogo'' ({{passo biblico2|Esodo|20:8-11}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|5:12-15}}), un primo elenco di principi religiosi fondamentali. La Bibbia non fornisce molte informazioni dettagliate su questa importante istituzione israelita; non sappiamo quali rituali venissero eseguiti oltre ad alcuni sacrifici speciali ({{passo biblico2|Numeri|28:9-10}}),<ref>17</ref> né sappiamo quali azioni fossero considerate faticose e quindi proibite.<ref>18</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA |contenuto = As mentioned in the text, biblical law recognizes the importance of distinguishing genuine prophecy from false but sees that this can be difficult to accomplish. Scripture offers a very simple rule for sorting this out: genuine prophecy comes true, and false prophecy does not. {{citazione|If you should ask, “How will we know the word that YHWH has not spoken?,” that which the prophet speaks in the name of YHWH and does not come about, YHWH did not speak that word. The prophet spoke thus defiantly, and you must not fear him.|{{passo biblico2|Deuteronomio|18:21-22}}}} Biblical narrators, however, also seem aware that this rule is not always adequate. The famous story of Jonah, also mentioned in the text, contains a deep paradox. The prophet foretells the downfall of the great city Nineveh, but the people strive to change their sinful ways and God forgives them (Jonah 3). This angers the prophet greatly: now his prophecy has been falsified! The message of the book, however, is that the prophecy succeeded by not coming true. The destruction of the city, not its survival, would have been the real failure. A less well-known incident, in Jeremiah 28, concerned a confrontation between two prophets: Jeremiah himself and another named Hananiah ben Azur. Jeremiah had consistently called for surrender to the Babylonians now besieging Jerusalem, but Hananiah disagreed and did so in the name of God: he foretold that within two years the besiegers would be gone. Jeremiah did not know what to do; he was deeply convinced that Hananiah was misleading the people and that his own advocacy of surrender was the true of word of God, but how could he prove this to the perplexed bystanders? When two prophets offer directly opposite proclamations of the word of God, how are people to know whom to follow? Jeremiah went home without responding, only to receive a new prophecy confirming his conviction, and then “Hananiah the prophet died that year, in the seventh month.” God himself, so to speak, executed Jeremiah’s rival on the charge of false prophecy, but could it really be that when two prophets disagree the nation must wait to see who dies first? Another story (1 Kings 22:1–37) is more perplexing still. The two Israelite kings, Jehoshaphat of the south and Ahab of the north, met to consider making war on their common enemy the Arameans. Jehoshaphat, known for his piety, was ready to agree but wanted to consult the prophets of God before deciding. Many prophets predicted victory, but finally one last prophet (his name was Micaiah ben Imlah, and Ahab disliked him because his prophecies were always hostile) offered a shocking vision: God had sent a spirit into all the other prophets in order to entice Ahab to war, but the purpose of this message was to lure Ahab to his death. Sure enough Ahab went to war, and sure enough he was killed. In need of prophetic guidance, Ahab had naturally followed the majority opinion, and this was fatal. The story of the prophet Micaiah raises the terrifying possibility that an authentic prophecy may come from God but with a hidden, deceitful purpose, so that those who follow the prophecy achieve no salvation but are led on to their own destruction. Once aware of this danger, who would ever follow a prophet again? }} Le due versioni dei Dieci Comandamenti offrono spiegazioni piuttosto diverse sul motivo del giorno di riposo settimanale (cfr. "I DIECI COMANDAMENTI – DUE VERSIONI"). Il Libro dell'Esodo descrive il Sabbath come un riconoscimento di Dio quale Creatore del mondo: Dio creò il mondo in sei giorni e poi si riposò il settimo, e coloro che lo adorano dovrebbero fare lo stesso. Nel Deuteronomio, tuttavia, l'attenzione si sposta sulla fuga dalla schiavitù in Egitto: come voi eravate schiavi ma Dio vi ha dato riposo, così anche voi dovete riposarvi e dare riposo a tutti coloro che lavorano per voi. Questo è l'unico paragrafo del Decalogo in cui le due versioni differiscono significativamente, e la loro combinazione presenta ancora una volta una miscela di temi tratti dalla contemplazione della natura e dallo studio della storia della nazione. La presenza diffusa di tali miscele è una caratteristica distintiva della letteratura biblica. Ogni cultura antica aveva i suoi sacerdoti, ma Israele aveva anche un secondo tipo di guida religiosa, molto diverso: i ''profeti''. I profeti ebrei (''nevi’im'') non erano indovini, ma messaggeri, intermediari tra il popolo e il loro Dio; in questo si differenziavano dagli indovini, dagli astrologi e dagli oracoli che si potevano trovare in tutto il mondo antico. Mosè è il prototipo dei profeti (cfr. {{passo biblico2|Deuteronomio|18:15}}), e per tutto il periodo biblico i profeti servirono da veicoli attraverso i quali la parola di Dio giungeva al popolo. È facile comprendere quanto la profezia sia intrinsecamente inquietante: un profeta può presentarsi in qualsiasi momento e annunciare che i precedenti messaggi di Dio sono stati sostituiti da uno nuovo. Naturalmente, i funzionari (sacerdoti, re, ecc.) responsabili del mantenimento della stabilità della nazione spesso si scontravano con i profeti; le Scritture sono piene di storie di profeti che denunciavano i re in nome di Dio, mentre i sacerdoti nei loro santuari sacri, dediti al regolare svolgimento dei loro doveri cerimoniali, a volte cercavano di mettere a tacere i profeti o semplicemente di tenerli lontani.<ref>19</ref> Tale ostilità poteva essere evitata – un profeta che si guadagnava la fiducia del re poteva diventare un importante consigliere reale – ma la tensione tra la dedizione dei sacerdoti all'ordine e alla permanenza e le imprevedibili interruzioni dei profeti è uno dei temi ricorrenti della Bibbia. La profezia sollevava anche un'altra difficoltà: come si poteva distinguere chi fossero i veri profeti? Chiunque poteva presentarsi e affermare di essere portatore di un messaggio da Dio: come si potevano distinguere i falsi profeti – individui maliziosi o illusi – dai veri profeti? La legge biblica offre la soluzione semplice ma inutile: se la profezia non si avvera, il profeta non può essere stato mandato da Dio ({{passo biblico2|Deuteronomio|18:22}}), ma non sempre si poteva aspettare per vedere se una profezia si sarebbe adempiuta. E a volte, come nel famoso caso di Giona, la profezia raggiunse il suo scopo senza avverarsi. Giona predisse la caduta di una grande città, ma il suo popolo si pentì e fu perdonato; questo significava che, a rigor di termini, la profezia non si era avverata, ma chi poteva negare che avesse raggiunto il suo vero scopo? Oltre a questo enigma intellettuale, a volte la profezia richiedeva un'azione; quando profezie contrastanti richiedevano azioni incompatibili, il pubblico dei profeti non riusciva a capire cosa Dio volesse veramente che facessero (cfr. "IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA"). Queste incertezze si combinavano per produrre il peggiore dilemma di tutti: a volte le profezie erano concepite per salvare il pubblico dal disastro, come nel caso di Giona, ma a volte, come con il re Acab, erano destinate a condurre il pubblico alla distruzione. Come potevano le persone capire a quali profezie dare seguito? Cosa dovevano fare quando non potevano saperlo? Cosa sarebbe potuto accadere se non avessero considerato tutte le possibilità? Cosa sarebbe potuto accadere se avessero fatto ipotesi sbagliate? Sotto la pressione di tale incertezza, le generazioni successive iniziarono a perdere fiducia nella profezia come metodo affidabile per conoscere la volontà di Dio. I profeti del passato erano stati uomini e donne santi, e le loro parole venivano ricordate e continuamente rivisitate, ma non ci si aspettava alcun ulteriore messaggio da Dio. Zaccaria, uno degli ultimi profeti biblici, paradossalmente predice la fine della profezia: in futuro, chiunque avesse anche solo affermato di portare un messaggio da Dio sarebbe stato messo a morte come falso profeta, quindi i veri profeti avrebbero dovuto mentire sulla propria identità per proteggere la propria vita.<ref>20</ref> Nei secoli successivi, figure simili a profeti continuarono ad apparire, ma furono accolte con resistenza e scetticismo. La successiva tradizione ebraica affermò che la profezia scomparve intorno al tempo di [[w:Alessandro Magno|Alessandro Magno]] (che regnò dal 336 al 323 AEV), e questo ricordo è probabilmente corretto.<ref>21</ref> I profeti furono il secondo elemento della leadership religiosa israelita a scomparire dalla vita nazionale, dopo che i re erano scomparsi da secoli. Rimasero i sacerdoti. Dopo l'esilio babilonese, la religione israelita fu sempre più dominata dai sacerdoti, e la storia di tale dominazione – l'ascesa e il declino dell'ebraismo sacerdotale – sarà raccontata nei Capitoli successivi. {{Immagine grande|Tel Arad 280321 03 Temple.jpg|1010px|''Altare preesilico a [[:en:w:Tel Arad|Tel Arad]]''. Questo altare fu rinvenuto in una fortezza israelita preesilica ad Arad, vicino al Mar Morto. La sua costruzione – una struttura quadrata in pietra grezza – combina elementi delle istruzioni fornite in {{passo biblico2|Esodo|20;27}}, ma l'altare raffigurato non ha corni, come richiesto in {{passo biblico|Esodo|27:2}} ― è possibile che i corni esistessero ma siano stati spezzati, questo comunque non è più possibile stabilirlo.}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|3 luglio 2025}} [[Categoria:Una storia dell'ebraismo|Capitolo 1]] mefoqqg2udpo4x118t1o023349wvi1k 478450 478449 2025-07-05T19:47:03Z Monozigote 19063 /* La preistoria dell'ebraismo */ testo 478450 wikitext text/x-wiki {{Una storia dell'ebraismo}} {{Immagine grande|Scribe- Menahem - The Birds' Head Haggadah - Google Art Project.jpg|750px|}} == La preistoria dell'ebraismo == <!--- vari miei testi in inglese da tradurre, adattare e inserire ---> La religione ebraica (Ebraismo) è emersa dagli scritti della Bibbia ebraica ''(Tanakh)'', ma in realtà non si trova in quegli scritti. L'Ebraismo è una religione che adora Dio<ref>1</ref> attraverso le ''parole'' – preghiera, sermoni, lettura delle Scritture e simili – in edifici chiamati ''[[w:sinagoga|sinagoghe]]'' sotto la guida di ''[[w:rabbino|rabbini]]'' eruditi. La Bibbia sa qualcosa della preghiera ma nulla del resto: la Bibbia descrive una religione incentrata su un singolo edificio comunemente chiamato ''[[w:Tempio di Gerusalemme|Tempio]]'' e guidata da ''[[w:sacerdote (ebraismo)|sacerdoti]]'' ereditari che adorano attraverso le ''azioni'' – elaborati riti sacrificali e altre cerimonie di purificazione ed espiazione. La transizione da quella religione primitiva a quella che le persone moderne riconoscerebbero è la trama di questo mio libro. Quasi tutte le nostre informazioni sulle prime parti di questa storia provengono dalle pagine della ''[[w:Tanakh|Bibbia]]''<ref>2</ref> (cfr. riquadro: "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"). La Bibbia in realtà non è un singolo libro; è un'antologia di materiali scritti nell'arco di molti secoli – forse anche di {{FORMATNUM:1000 anni}} – in due lingue diverse e in almeno due paesi diversi. Non sorprende che i suoi scritti mostrino una varietà di stili e prospettive su molte questioni importanti (cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]]). Questa varietà di contenuti ha permesso ai lettori successivi di trovare molti messaggi diversi nelle sue pagine e di applicarli alla grande varietà di situazioni che si sono trovati ad affrontare. Questa flessibilità è la chiave del successo straordinariamente duraturo della Bibbia nel sostenere individui e comunità di fede per oltre due millenni. Tuttavia, dal punto di vista dello storico, la Bibbia presenta un problema molto difficile. Molte, forse la maggior parte, delle sue narrazioni furono scritte molto tempo dopo gli eventi che descrivono (la storia inizia con la creazione del mondo!), e quasi nulla nella Bibbia può essere confermato da qualsiasi altra fonte antica di informazione. Come sempre con informazioni non corroborate, l'osservatore moderno non è in grado di giudicare l'affidabilità storica della Bibbia, non è in grado di misurare la distanza tra descrizione ed evento, non è in grado di leggere le storie della Bibbia e capire cosa (se qualcosa) sia realmente accaduto.<ref>3</ref> La Bibbia non può quindi essere letta come un documento storico: bisogna invece comprendere che la narrazione biblica è un distillato della memoria nazionale concepito per trasmettere un messaggio religioso. Il messaggio religioso della Bibbia è forte e chiaro, ma non possiamo sempre sapere come gli eventi descritti sarebbero apparsi senza lo scopo religioso che ora plasma la narrazione, o addirittura come gli autori della Bibbia abbiano appreso di quegli eventi in primo luogo. Allora, noi lettori moderni, possiamo veramente imparare la storia antica dalla Bibbia? Certo che possiamo, ma non nel modo in cui possiamo imparare la storia dagli archivi o da altri documenti ufficiali. La chiave per imparare la storia dalla Bibbia è focalizzare l'attenzione ''non sul contenuto delle storie, ma sulle storie stesse: chi le ha raccontate? Perché? Come le hanno comprese le persone che le hanno raccontate? Quali verità vi hanno trovato? Quali insegnamenti hanno cercato di trasmettere?'' Le persone hanno recitato queste narrazioni per ben oltre {{FORMATNUM:2000}} anni ― questo di per sé è un fatto storico di enorme importanza. Dopo un breve riassunto della narrazione stessa, sarà possibile riflettere su tali domande. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = COSA CONTIENE LA BIBBIA? |contenuto = La tradizione ebraica divideva la Bibbia in tre sezioni, contenenti in totale ventiquattro libri. <center>'''I. La [[Torah]]'''</center> 1. '''Genesi'''. Contesto della nascita del popolo d'Israele, dalla creazione del mondo attraverso le vite dei patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe) e delle matriarche (Sara, Rebecca, Lia, Rachele) fino alla morte di Giuseppe in Egitto. 2. '''Esodo'''. Schiavitù in Egitto, poi liberazione. Alleanza al Sinai, rivelazione dei comandamenti di Dio, costruzione del Tabernacolo per il culto formale. Storia del Vitello d'Oro: la prima caduta di Israele nell'idolatria. 3. '''Levitico'''. Regole per il mantenimento della purezza rituale e la corretta esecuzione dei sacrifici; anche per la creazione di una comunità sacra. Prima descrizione delle leggi alimentari e delle feste dell'anno. 4. '''Numeri'''. Censimento nel deserto prima della marcia verso la Terra Promessa. Incidenti nel corso di quella marcia, ulteriore legislazione. 5. '''Deuteronomio'''. Discorso di addio di Mosè: riassunto della sua carriera, riassunto dei comandamenti di Dio, avvertimento delle conseguenze della disobbedienza. Mosè muore ai confini della Terra Promessa. <center>'''II. I Profeti'''</center> '''a. I Primi Profeti'''. Nonostante il nome tradizionale, questa sezione contiene in realtà pochissime profezie. Piuttosto, prosegue principalmente la narrazione oltre la morte di Mosè. 6. '''Giosuè'''. Conquista e insediamento iniziale della Terra Promessa da parte di Israele. 7. '''Giudici'''. Le generazioni successive. L'infedeltà a Dio porta oppressori stranieri; il pentimento porta la liberazione. 8. '''1 e 2 Samuele'''. L’ultimo dei giudici e il primo dei re d’Israele fino alla morte di Davide. 9. '''1 e 2 Re'''. La storia dei regni fino alla loro distruzione. ''Nota: I libri ora citati come coppie numerate erano originariamente opere singole. Furono divisi dai copisti nel Medioevo a causa delle loro grandi dimensioni. Tale non è il caso dei libri numerati del Nuovo Testamento, che sono documenti separati.'' '''b. I Profeti posteriori '''. Questi sono i grandi oratori e scrittori della Bibbia. 10. '''Isaia'''. L'Isaia storico visse intorno al 700 AEV, ma molti contenuti di questo libro sembrano risalire a un'epoca successiva, durante l'esilio babilonese e forse anche più tardi. 11. '''Geremia'''. Vissuto all'incirca all'epoca dell'Esilio, il libro contiene una significativa narrazione biografica insieme alle orazioni di Geremia. 12. '''Ezechiele'''. Contemporaneo di Geremia, ma visse e profetizzò tra gli esuli a Babilonia. 13. '''I Dodici'''. Dodici libri profetici molto più brevi, attribuiti a scrittori vissuti in un arco di diversi secoli. Solo Giona contiene una narrazione significativa. {{Colonne}} *Osea *Gioele *Amos {{Colonne spezza}} *Abdia *Giona *Michea {{Colonne spezza}} *Naum *Abacuc *Zaccaria {{Colonne spezza}} *Aggeo *Sofonia *Malachia {{Colonne fine}} <center>'''III. Scritti ''(Ketuvim)'''''</center> 14. '''Salmi'''. Una raccolta di 150 poemi religiosi, molti dei quali attribuiti al re Davide. 15. '''Proverbi'''. Raccolta di saggi insegnamenti, in gran parte attribuiti al re Salomone. 16. '''Giobbe'''. Una storia di rettitudine messa alla prova dalla sofferenza. '''Le ''Cinque Meghillot''''', così chiamate perché vengono lette liturgicamente in occasione di festività specifiche (questo raggruppamento riflette una successiva pratica sinagogale e non è una sezione formalmente riconosciuta della Bibbia). 17. '''Cantico dei Cantici'''. Una poesia d'amore attribuita a re Salomone. Viene letta nelle sinagoghe durante la Pesach. 18. '''Rut'''. Un breve racconto di lealtà e amore ambientato ai tempi dei giudici; le origini della dinastia di re Davide. Da leggere nella [[w:Shavuot|Festa delle Settimane]] (''Shavuot''). 19. '''Lamentazioni'''. Poemi sulla distruzione di Gerusalemme, attribuite a Geremia. Da leggere il 9 di Av, anniversario della distruzione del Tempio. 20. '''Ecclesiaste''' o '''Qohelet'''. Riflessioni filosofiche, attribuite a re Salomone. Da leggere durante Festa delle Capanne. 21. '''Ester'''. Intrighi alla corte reale di Persia; gli ebrei sconfiggono a malapena i malvagi piani di un potente nemico. Letto durante ''Purim''. Questo è l'unico libro della Bibbia in cui Dio non viene mai menzionato direttamente nel testo ebraico. 22. '''Daniele'''. Storie di ebrei leali nelle corti reali di Babilonia e Persia; anche visioni della Fine della Storia. 23. '''Ezra-Nehemiah'''. I leader ebrei e le loro conquiste nel periodo successivo all'esilio babilonese. 24. '''1 e 2 Cronache'''. Rivisitazione della storia di Israele dai tempi di re Davide fino al ritorno dall'esilio babilonese. In gran parte una revisione, ma a volte una semplice ripetizione dei Libri di Samuele e dei Re. In tempi recenti l'acronimo ebraico ''Tanakh'' ('''T'''orah, '''N'''evi’im [profeti], '''K'''etuvim [scritti]) è stato utilizzato per designare l'intera raccolta di ventiquattro libri. [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] La tradizione cristiana, seguendo l'usanza degli antichi ebrei di lingua greca, organizzò questi libri in modo diverso, in due sezioni (non formalmente separate) contenenti rispettivamente la narrazione in prosa e le composizioni poetiche. L'ordine era il seguente: {{Colonne}} *Genesi *Esodo *Levitico *Numeri *Deuteronomio *Giosuè *Giudici *Rut *1 e 2 Samuele {{Colonne spezza}} *1 e 2 Re *1 e 2 Cronache *Esdra *Neemia (libro separato) *Ester *Giobbe *Salmi *Proverbi {{Colonne spezza}} *Ecclesiaste *Cantico dei Cantici *Isaia *Geremia *Lamentazioni *Ezechiele *Daniele *I Dodici {{Colonne fine}} }} === La narrazione biblica === '''Primi sviluppi'''. La Bibbia inizia con la creazione del mondo da parte del Dio d'Israele.<ref>4</ref> Non si tratta di un dio che lotta o collabora con altri dèi, come nei miti di altri popoli; il Dio d'Israele crea il mondo da solo, senza sforzo o difficoltà, semplicemente comandando passo dopo passo che l'ordine cosmico venga ad esistere. In questo mondo il Creatore colloca tutte le specie viventi, inclusa una coppia umana di nome ''Adamo'' ed ''Eva''. Adamo ed Eva avrebbero potuto vivere spensierati sotto la protezione di Dio nel ''Giardino dell’Eden'', ma trasgredirono: c'era un solo albero nel giardino, l'"albero della conoscenza del bene e del male", il cui frutto era stato detto loro di evitare, ma mangiarono quel frutto e di conseguenza furono espulsi nel mondo del duro lavoro, il mondo del sesso, della nascita e della morte. Il solo atto di apprendere la differenza tra il bene e il male portò sofferenza nel mondo. I primi capitoli della Bibbia contengono diverse altre drammatiche rappresentazioni dell'incapacità degli esseri umani di vivere come dovrebbero. Adamo ed Eva ebbero due figli di nome Caino e Abele, e uno uccise l'altro. L'immoralità sessuale e la violenza divennero diffuse. Cinque generazioni dopo Caino, avvenne un altro omicidio. Alla decima generazione, Dio era così scoraggiato che distrusse l'intera creazione con un diluvio; solo un uomo giusto ([[w:Noè|Noè]]) e la sua famiglia furono salvati per dar via a un nuovo inizio. Ma anche Noè purtroppo deluse: uscendo dall'arca con cui aveva superato il diluvio, piantò una vigna, si ubriacò e inflisse umiliazioni sessuali alla sua famiglia.<ref>5</ref> I discendenti di Noè crebbero di nuovo numerosi, ma poi costruirono la famosa [[w:Torre di Babele|Torre di Babele]] in ribellione contro la volontà di Dio. Costretti di conseguenza a parlare lingue diverse, si dispersero per il mondo: l'idillio era andato a male. Il lettore moderno può facilmente comprendere come queste narrazioni cerchino di rispondere a domande fondamentali sulla natura dell'esistenza umana: perché non parliamo tutti la stessa lingua? Perché le persone devono lavorare così duramente per procurarsi il cibo? Perché si muore? Perché l'impulso sessuale è così forte e il parto così doloroso? Perché le donne sono subordinate agli uomini? Tutte le culture antiche hanno narrato storie di questo tipo, e gli studiosi moderni possono confrontare le versioni bibliche con altre che circolavano nel mondo antico, inserendo così Israele più saldamente nel contesto culturale del Vicino Oriente antico. Ma tali paragoni non spiegano perché la Bibbia stessa sia stata preservata o come questa particolare versione di quelle storie sia arrivata a dominare la nostra civiltà. Solo la fase successiva della narrazione lo spiega. '''Dio fa una scelta'''. Dopo venti generazioni di storia umana, Dio improvvisamente incaricò un uomo di nome ''Abram'' ({{lang|he|אַבְרָם}}), proveniente da una famiglia con radici in Mesopotamia, di recarsi nella lontana terra di Canaan e di stabilirvisi. In effetti, il padre di Abram era partito per questa stessa destinazione anni prima, ma non aveva mai raggiunto il suo obiettivo; ora Abram poteva completare il viaggio del padre e compiere una missione divina allo stesso tempo. La Bibbia non spiega mai del tutto la scelta di quest'uomo da parte di Dio; ci viene detto che era giusto, ma non ci viene detto (come fu detto di Noè) che fosse l'unico uomo giusto della sua generazione. Quale che fosse la ragione della scelta di Dio, i risultati furono epocali. Abram si stabilì a Canaan e ricevette la promessa o ''alleanza'' di Dio che i suoi discendenti avrebbero ereditato quella terra e vi sarebbero diventati una grande nazione. Il segno di questo patto sarebbe stato l'antico rito della ''[[w:Brit milà|circoncisione]]'', eseguito sul corpo di ogni neonato maschio nella prima settimana di vita. Come simbolo del suo nuovo status, Abram ricevette un nuovo nome, ''[[w:Abramo|Abraham]]''; come segno della speciale cura di Dio per lui, suo figlio ed erede ''Isacco'' non nacque prima che Abramo avesse 100 anni. Col tempo Isacco divenne il padre di ''Giacobbe'', che fu anche chiamato ''Israele'', e nella generazione successiva le quattro mogli di Giacobbe gli diedero un totale di dodici figli maschi e una femmina. Una carestia costrinse la famiglia di Giacobbe ad abbandonare la patria a loro destinata e si stabilì in Egitto. Uno dei figli di Giacobbe, ''Giuseppe'', dopo molte avventure aveva elaborato un piano per salvare l'Egitto dagli effetti di questa stessa carestia, e aveva quindi acquisito un grande potere nel paese; sotto la protezione del loro famoso fratello, la famiglia si moltiplicò e prosperò nella loro nuova dimora. Alla fine, tuttavia, un nuovo re perse di vista il debito di gratitudine della sua nazione; sospettoso del numero degli Israeliti, li ridusse in schiavitù.<ref>6</ref> Soffrirono molto finché alla fine Dio si ricordò del loro patto ancestrale e mandò un nuovo capo, ''[[w:Mosè|Mosè]]'', per aiutarli a liberarsi dalle loro catene. Dio (e Mosè) compirono molti atti prodigiosi, infliggendo molte "piaghe" agli ostinati Egiziani; infine, dopo la terrificante morte di ogni primogenito in Egitto, al popolo israelita fu permesso di andarsene. Anche ora, tuttavia, il re si pentì di averli lasciati andare e cercò di inseguirli: in un miracolo finale, il popolo attraversò il mare giungendo in terraferma, ma gli inseguitori egiziani invece annegarono nel tentativo di seguirli. Così i discendenti di Giacobbe divennero il popolo libero di Israele, una nazione di dodici tribù che prese il nome dai dodici figli di Giacobbe, popolo di quasi 2 milioni di persone.<ref>7</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL CALENDARIO BIBLICO |contenuto = Le prime testimonianze bibliche riflettono una varietà di sistemi di calendario nell'antico Israele; questi non sono pienamente compatibili, quindi devono riflettere variazioni nelle usanze locali o (più probabilmente) diverse fasi dello sviluppo culturale di Israele. Sfortunatamente, le prove non consentono agli studiosi moderni di ricostruire queste fasi in dettaglio. Un calendario, apparentemente lunare, usava nomi per i mesi, sebbene ne siano sopravvissuti solo quattro: la maggior parte di questi compare nel racconto della costruzione del Tempio da parte di Salomone ({{passo biblico2|1Re|6-8}}). Un anno di dodici mesi lunari dura solo 354 giorni e diverse feste annuali (cfr. descrizione seguente) avevano chiare associazioni stagionali, eppure non ci sono prove che spieghino come le persone che usavano questo calendario impedissero a tali feste di essere fuori stagione. (Nei secoli successivi le autorità aggiunsero occasionalmente un tredicesimo mese in primavera per assicurarsi che la Pesach non cadesse troppo presto.) Per secoli, i mesi lunari furono dichiarati in base all'effettiva osservazione della luna nuova; si dice che il capo rabbinico del IV secolo Hillel II abbia abbandonato questo sistema e abbia istituito formule matematiche per determinare la lunazione. Si veda [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 8|Capitolo 8]], in particolare "''Taqqanot'' e ''Gezerot'' rabbiniche antiche". Un altro calendario numera solo i mesi, a partire dal mese dell'equinozio di primavera, il mese in cui cade la Pesach. Potrebbe trattarsi di un calendario solare simile a quelli conosciuti nell'antico Egitto e altrove, composto da dodici mesi di trenta giorni e un giorno in più ogni trimestre per completare esattamente cinquantadue settimane. L'uso di questo calendario potrebbe spiegare perché {{passo biblico2|Genesi|1:14}} indica che i corpi celesti servono a segnare giorni e anni, ma non dice nulla sui mesi. La settimana di sette giorni è un'unità del tutto artificiale; i tentativi di collegarla alle fasi lunari o alle caratteristiche del calendario babilonese non hanno avuto successo. A parte lo Shabbat, anche i giorni della settimana sono numerati, non nominati: l'ebraico moderno ancora non ha nomi per gli altri giorni della settimana. Fin dall'antichità, gli Israeliti celebravano feste annuali in determinati periodi chiave dell'anno. In seguito, tre di queste feste furono contrassegnate dal pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme e, a quanto pare, furono concepite fin dall'inizio come un ciclo annuale. La più famosa di queste era la festa primaverile della ''Pesach'', collegata alla ''[[w:Pesach|Festa dei Pani Azzimi]]''. Insieme, queste feste servivano a commemorare la fuga degli Israeliti dalla schiavitù egiziana ai tempi di Mosè. In origine, le osservanze potrebbero essere state separate: l'offerta di un agnello il quattordicesimo giorno del primo mese, seguita da un'astensione di una settimana da cibi lievitati o fermentati a partire dal quindicesimo. Fin dall'antichità, tuttavia, queste due feste furono unite in un'unica grande celebrazione. Un resoconto successivo suggerisce che, poco prima della distruzione del Secondo Tempio, oltre un milione di pellegrini si riunivano a Gerusalemme ogni anno per celebrare questa festa (cfr. Flavio Giuseppe , ''[[w:Guerra giudaica (Flavio Giuseppe)|Guerra giudaica]]'', 6.424). Sette settimane dopo, l'inizio della stagione del raccolto fu segnato da una festa più breve; col tempo anche questa osservanza acquisì una dimensione storica come anniversario della rivelazione della [[Torah]] sul Monte Sinai. Infine, la grande festa autunnale del raccolto era segnata dalla costruzione di capanne nei campi dove la gente mangiava e dormiva. Queste capanne avevano probabilmente un'origine utilitaristica: quando ogni ora contava, i contadini non volevano perdere tempo ogni giorno per spostarsi tra i loro villaggi e i loro campi. Col tempo, tuttavia, la ''[[w:Sukkot|Festa delle Capanne]]'' o dei ''Tabernacoli'' divenne un altro simbolo della memoria storica, ricordando i quarant'anni di peregrinazioni di Israele nel deserto prima che gli schiavi liberati raggiungessero la Terra Promessa ({{passo biblico2|Levitico|23:43}}). Un'ulteriore coppia di festività veniva celebrata ogni autunno, sebbene la prova della loro effettiva osservanza provenga solo dal periodo biblico successivo. La luna nuova autunnale segnava l'inizio dell'anno civile, e il decimo giorno successivo divenne un giorno annuale di espiazione caratterizzato da digiuno e cerimonie elaborate. Inizialmente questo giorno sembra essere stato incentrato sul Tempio stesso e serviva una volta all'anno per purificare il santuario da qualsiasi contaminazione accidentale della sua sacralità, ma col tempo l'annuale Giorno dell'Espiazione (''[[w:Yom Kippur|Yom Kippur]]'') divenne il giorno più sacro dell'anno, celebrato dagli ebrei di tutto il mondo. I libri successivi della Bibbia aggiunsero diverse nuove festività al calendario. Il Libro di Ester istituì la festa di ''[[w:Purim|Purim]]'', all'inizio della primavera, per celebrare la fuga degli ebrei persiani dai malvagi disegni di un ministro reale ostile. Il profeta Zaccaria, verso la fine del periodo biblico, accenna a una serie di digiuni durante l'anno che dovevano commemorare eventi disastrosi del passato ({{passo biblico2|Zaccaria|8:19}}). D'altra parte, alcune osservanze sembrano essere cadute in disuso. L'offerta di un covone di grano ogni primavera inaugurava il raccolto di grano del nuovo anno ({{passo biblico2|Levitico|23:9-14}}), ma questo rito scomparve con la distruzione del Tempio, dando solo il suo nome (''Omer'', la parola ebraica per "covone") al periodo di sette settimane dopo la Pesach. Il momento preciso per l'offerta di questo covone divenne oggetto di accese controversie durante il periodo del Secondo Tempio, e sembrano essere sorte anche altre dispute tra i sostenitori di questi diversi calendari; cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 5|Capitolo 5]], "Calendario & Controversie". Gli elenchi più dettagliati delle feste bibliche si trovano in {{passo biblico2|Levitico|23}} e {{passo biblico2|Numeri|28-29}}; si veda anche {{passo biblico2|Deuteronomio|16}} e (più brevemente) {{passo biblico2|Esodo|23:14-19;34:22-26}}. {{passo biblico2|Neemia|8}} riporta che in seguito i Giudei di ritorno dall'esilio babilonese trovarono le regole per queste feste nella Torah e evidentemente non le conoscevano. Si veda il [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 3|Capitolo 3]], "Il Libro di Re Giosia", per una celebrazione della Pesach ebraica ai tempi di re Giosia, poco prima della distruzione del Primo Tempio. }} '''L'Alleanza decisiva'''. Mosè condusse il popolo nel deserto del Sinai. Lì, dalla cima di una montagna, la voce di Dio parlò loro e diede loro le leggi secondo cui avrebbero dovuto vivere. Dio si offrì di rinnovare la Sua alleanza con loro come popolo, e loro accettarono con entusiasmo. Israele divenne la nazione di Dio. Ora vivevano sotto la protezione di Dio e soggetti al Suo governo e al Suo giudizio. Il destino della nazione sarebbe ora dipeso dalla loro lealtà a Dio e all'Alleanza, dalla loro obbedienza ai Suoi comandamenti. Mosè salì sul monte e trascorse quaranta giorni e quaranta notti alla presenza di Dio; al suo ritorno, portò con sé la parola di Dio scritta su tavole di pietra. Le ripose in un contenitore speciale e, per custodire questo sacro scrigno, costruì un santuario mobile dove il popolo potesse incontrare il suo Dio e adorarlo. Tuttavia, quasi subito, si verificò una situazione che sarebbe diventata presto familiare: ripetutamente, il popolo rinunciò alle proprie speranze tradendo i propri obblighi e violando i comandamenti di Dio.<ref>8</ref> Al momento della sua morte, Mosè era completamente disilluso dal suo popolo; nel suo discorso d'addio, li avvertì che la continua disobbedienza avrebbe portato alla catastrofe. '''Il popolo e la loro terra'''. Per fedeltà all'alleanza, Dio guidò il popolo attraverso il deserto per quarant'anni e poi lo condusse nella Terra Promessa. Ancora una volta, tradirono ripetutamente l'alleanza adorando altri dèi. Privi della protezione divina, furono ripetutamente invasi e oppressi da nazioni straniere. Ogni volta, sotto la pressione della sofferenza, si pentirono: Dio li avrebbe salvati dai loro nemici, ma presto sarebbero caduti di nuovo. Dopo alcune generazioni, le tribù unirono le loro forze e costruirono un regno sotto l'eroico ''Davide''. A Davide seguì ''Salomone'', famoso per la sua saggezza, che costruì il Primo Tempio permanente a Dio nella nuova capitale reale, ''Gerusalemme''. Tramite i ''profeti'', Dio assicurò che la famiglia di Davide sarebbe salita per sempre sul trono d'Israele, ma i vecchi schemi di slealtà continuarono a ripresentarsi; dieci tribù su dodici si ribellarono alla famiglia reale, lasciando ai suoi discendenti il ​​governo della sola tribù di Davide, ''Giuda''; in entrambi i regni, i ricchi opprimevano i poveri e il culto di altri dei persisteva. Il regno di Israele, che comprendeva le dieci tribù ribelli, fu distrutto dai conquistatori assiri nel 722 AEV. Poi il regno davidiano di Giuda fu spazzato via, il Tempio di Salomone fu demolito e i capi della nazione furono deportati in esilio a Babilonia (l’''Esilio babilonese'') nel 586 AEV. Sembrava che la santa alleanza fosse crollata. Ma ora il resto del popolo attuò una vera riforma delle proprie abitudini. Finalmente abbandonò l'attrazione per false divinità; finalmente accettò l'autorità dell'unico vero Dio. Un gruppo di esuli tornò nella terra dei loro antenati e ricostruì il Tempio. Sotto la guida di ''Esdra'', ''Neemia'' e dell'ultimo dei profeti, si dedicarono nuovamente all'edificazione di una comunità santa basata sulla devozione alla parola di Dio e agli insegnamenti di Mosè. L'apostasia continuò, naturalmente, ma non dominava più la vita nazionale. Il popolo problematico di Israele era diventato la nazione santa degli ebrei.<ref>9</ref> [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] Vale la pena ripetere che la narrazione precedente non può essere verificata come Storia. La maggior parte dei personaggi della saga biblica non compare negli scritti storici di nessun'altra nazione antica; la maggior parte degli eventi di questa saga non è raccontata in nessun altro documento antico. L'importanza della storia non risiede nella questione se ''gli eventi siano realmente accaduti'', cosa che non può essere determinata, ma nella certezza che ''la storia sia stata raccontata'' più e più volte, nel corso di innumerevoli generazioni: ''questo'' fatto, di fondamentale importanza, è fuori da ogni dubbio. La narrazione epica appena riassunta ha plasmato la coscienza di uomini e donne ebrei fin dagli albori della storia ebraica. La narrazione biblica stabilisce alcune concezioni che sono rimaste centrali per la nascente religione ebraica. La storia identifica il Dio degli ebrei come creatore e unico sovrano dell'universo. Afferma la pretesa di Israele di un rapporto speciale con questo Dio e spiega come questo rapporto sia nato. La storia descrive lo stile di vita ebraico e la patria nazionale ebraica come doni di Dio e porte d'accesso alla santità per coloro che rispettano le richieste e gli insegnamenti di Dio; d'altra parte, contiene anche un severo monito: coloro che si allontanano da quegli insegnamenti o che resistono a quelle richieste porteranno inevitabilmente alla catastrofe per sé stessi e per chi li circonda. Queste idee costituiscono il contesto per comprendere le strutture formali dell'antica religione israelita. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = "I DIECI COMANDAMENTI" DUE VERSIONI |contenuto = ''Nota: diverse tradizioni religiose suddividono queste istruzioni nei Dieci Comandamenti. Le seguenti traduzioni offrono la tradizionale divisione ebraica.'' <center>'''I'''</center> I am YHWH your God who brought you out of the land of Egypt, out of the house of servants. You shall have no other gods in my presence. You shall not make for yourself a sculpture or a depiction [of anything] in the heavens above or that is on the earth beneath or that is in the waters beneath the earth. You shall not bow to them and you shall not serve them, for I,YHWHyour God, a jealous God, visit the sin of fathersonsons until the third and fourth [generations] to those that hate me, while I perform mercy to thousands, to those that love me and observe my commandments. Do not take the name of YHWH your God in vain, for YHWH will not hold guiltless the one who takes his name in vain. Remember the Sabbath day to keep it holy. You shall work six days and perform all your labor, but the seventh day is Sabbath unto YHWH your God: do not perform any labor – you or your son or your daughter or your manservant or your maidservant or your cattle or your alien who is in your gates – for [in] six days YHWH made the heavens and the earth, the sea and all that is in them, and on the seventh day he rested. Therefore YHWH blessed the Sabbath day and made it holy. Honor your father and your mother in order that your days may be long on the land that YHWH your God gives you. You shall not murder. You shall not commit adultery. You shall not steal. You shall not answer against your fellow [as a] false witness. You shall not covet your fellow’s house. You shall not covet your fellow’s wife, or his manservant or his maidservant or his ox or his donkey, or anything that belongs to your fellow. <div align="right">({{passo biblico2|Esodo|20:2-17}})</div> <center>'''II'''</center> I am YHWH your God who brought you out of the land of Egypt, out of the house of servants. You shall have no other gods in my presence. You shall not make for yourself a sculpture or a depiction [of anything] in the heavens above or that is on the earth beneath or that is in the waters beneath the earth. You shall notbowto them and you shall not serve them, for I, YHWH your God, a jealous God, visit the sin of fathers on sons until the third and fourth [generations] to those that hate me, while I perform mercy to thousands, to those that loveme and observemy commandments. Do not take the name of YHWH your God in vain, for YHWH will not hold guiltless the one who takes his name in vain. Preserve the Sabbath day to keep it holy, as YHWH your God has commanded you. You shall work six days and perform all your labor, but the seventh day is Sabbath unto YHWH your God: do not perform any labor – you or your son or your daughter or your manservant or your maidservant or your ox or your donkey or any of your cattle or the alien who is in your gates – in order that your manservant and your maidservant rest as you do. And remember that you were a servant in the land of Egypt and [that] YHWH your God took you out of there with a strong hand and an outstretched arm; therefore YHWH your God has commanded you to keep the Sabbath day. Honor your father and your mother as YHWH your God has commanded you, in order that your days may be long, and in order that it go well with you on the land that YHWH your God gives you. You shall not murder, And you shall not commit adultery, And you shall not steal, And you shall not answer against your fellow [as a] vain witness, And you shall not covet your fellow’s wife, and you shall not desire your fellow’s house, his field, or his manservant or his maidservant, his ox or his donkey, or anything that belongs to your fellow. <div align+"right">({{passo biblico2|Deuteronomio|5:6-21}})</div> }} === La religione dell'Antico Israele === Nella loro vita privata, gli antichi abitanti di Israele sembrano essere stati molto simili ai loro vicini. L'economia era prevalentemente rurale, basata sull'agricoltura e sulla pastorizia.<ref>10</ref> La legge biblica presuppone l'esistenza della schiavitù, ma la narrazione scritturale non menziona mai schiavi al di fuori delle famiglie dei più ricchi. Similmente, in teoria, gli uomini potevano prendere più mogli, ma pochissimi lo facevano, fatta eccezione per i più ricchi. La poligamia era costosa e pochi potevano permettersi di mantenere una famiglia numerosa; inoltre, mariti e mogli spesso sviluppavano legami affettivi che non lasciavano spazio a relazioni parallele. La legge biblica dà per scontata l'esistenza della poligamia, ma le Scritture riportano in realtà pochissimi casi di famiglie poligame.<ref>11</ref> Quando le donne si sposavano, entravano a far parte delle famiglie dei loro mariti. Potevano mantenere legami di affetto con le famiglie di nascita, ma la loro identità legale era ora determinata dal matrimonio.<ref>12</ref> Per questo motivo, la legge biblica si preoccupava di provvedere alle vedove: non solo queste donne spesso mancavano di sostegno materiale, ma non avevano nemmeno un'identità legale sicura nella società.<ref>13</ref> La legge biblica proibisce ripetutamente il matrimonio con donne straniere; a volte il riferimento sembra limitato ai popoli nativi non-israeliti della Terra Promessa, ma a volte il divieto sembra assoluto. Ciononostante, la legge riconosce anche che un soldato potrebbe innamorarsi di una donna catturata in guerra ({{passo biblico2|Deuteronomio|21:10-14}}), e le Scritture raccontano diversi casi di uomini israeliti che sposavano donne straniere.<ref>14</ref> Poiché le donne assumevano l'identità legale dei loro mariti al momento del matrimonio, le donne israelite che sposavano uomini stranieri probabilmente scomparivano dalla società israelita. Certo, la Bibbia non fornisce un singolo caso di una donna che lo facesse, ma questo potrebbe semplicemente confermare che tali donne se ne andarono con i loro mariti e scomparvero. Il culto di una divinità nazionale era tipico del Vicino Oriente, ma in altri casi era solitamente combinato con la venerazione per le forze della natura, come la pioggia e la tempesta, o l'amore e la fertilità, che sembravano governare la vita delle persone; analogamente, anche in Israele, l'idea che il culto dovesse essere limitato a una sola divinità incontrò forti resistenze per generazioni. Si veda il [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]] per ulteriori approfondimenti. La narrazione biblica non dice quasi nulla sulla vita religiosa dei privati. In occasioni speciali si offrivano sacrifici a Dio, ma è difficile stabilire se le regole formali bibliche sui sacrifici si applicassero a tali offerte private. Oltre ai grandi altari pubblici, le case private avevano luoghi specifici per le offerte domestiche? Non possiamo dirlo. Non sappiamo se il matrimonio o la nascita di un figlio fossero celebrati da cerimonie religiose diverse dalle consuete offerte di ringraziamento o dalle offerte di purificazione ''post-partum'' specificate in {{passo biblico2|Levitico|12}}. Non possiamo nemmeno dire se le grandi feste fossero caratterizzate da rituali domestici oltre che dalle grandi cerimonie celebrate nei santuari pubblici.<ref>15</ref> In ogni caso, come per tutti i popoli antichi, il culto pubblico degli Israeliti era incentrato sul ''sacrificio'', il dono a Dio (solitamente tramite la distruzione) di un oggetto di valore. La legge biblica fornisce norme dettagliate per la corretta offerta del sacrificio: un oggetto di valore adeguato (di solito un animale, ma a volte anche grano, vino o olio d'oliva), l'occasione giusta (talvolta richiesta dal calendario o da un evento della propria vita come la nascita di un figlio, ma anche eventualmente il risultato di un voto spontaneo), le procedure necessarie, il personale appropriato. Col passare del tempo, il diritto di offrire sacrifici passò ai sacerdoti ereditari (ebr. ''kohanim''); la memoria nazionale fa risalire questo sacerdozio ad Aronne, fratello di Mosè, ma questa discendenza non può essere verificata. In effetti, vari passi biblici suggeriscono che in epoca antica il ruolo sacerdotale potesse essere assegnato su basi diverse; soprattutto, la tradizione suggerisce che prima dell'inizio del sacerdozio ereditario, questo ruolo fosse ricoperto dal figlio primogenito di ogni famiglia. Questa tradizione è chiaramente collegata alla tradizione narrativa secondo cui i primogeniti israeliti furono risparmiati quando i primogeniti d'Egitto furono tutti uccisi nella decima e ultima piaga. Per un certo periodo, esistevano santuari locali e gruppi di sacerdoti locali sparsi in tutto il paese (cfr. immagine in basso), ma al tempo di re ''Giosia'' (fine del VII secolo AEV) tutto il culto sacrificale era centralizzato in un unico luogo (il Tempio) nella capitale Gerusalemme. Questo santuario era stato costruito sotto re Salomone circa 300 anni prima, ma le Scritture menzionano ristrutturazioni e altri cambiamenti nel corso dei secoli. Non possiamo dire con certezza come fossero il Tempio o le sue cerimonie al tempo di Salomone (le descrizioni potrebbero incorporare informazioni successive), ma negli ultimi anni il santuario era diventato un'importante istituzione nazionale, un centro di orgoglio e venerazione. La sua perdita nel 586 AEV fu considerata una punizione divina e una catastrofe nazionale. Fin dai tempi antichi, la religione israelita aveva sviluppato un calendario di feste (cfr. "IL CALENDARIO BIBLICO"). Tra queste, probabilmente la più antica (e la più famosa) è la ''[[w:Pesach|Pesach]]'' (''Pasqua ebraica''), ancora oggi una celebrazione annuale della liberazione di Israele dalla schiavitù egiziana. Questa festività primaverile prevedeva l'offerta annuale di un nuovo agnello (''paschal'') e l'attenta astensione da tutti i prodotti alimentari lievitati per una settimana. Un'attenta lettura dei testi biblici (si veda in particolare {{passo biblico2|Esodo|12-13}}) suggerisce che queste osservanze potessero già essere antiche celebrazioni dell'arrivo della primavera, ma ora a esse veniva attribuito un nuovo livello di significato; oltre ad acclamare il loro Dio come signore della ''natura'', gli Israeliti identificavano gli eventi principali della loro ''storia'' come opera del Suo braccio potente. Questo modello di andare oltre l'eterno e immutabile mondo dei cicli naturali per trovare un significato religioso negli eventi unici della storia fu uno dei grandi contributi di Israele al pensiero occidentale. In modo simile, la festa del raccolto autunnale delle ''Capanne'' o dei ''Tabernacoli'' (in ebraico ''[[w:Sukkot|Sukkot]]'') riceve una spiegazione storica tramite il riferimento ad eventi che in realtà non vengono mai raccontati nella narrazione biblica (cfr. {{passo biblico2|Levitico|23:43}}). Nel corso del tempo, tuttavia, la caratteristica più sorprendente del calendario israelita si rivelò non essere affatto una festa annuale, bensì il giorno del Sabbath (''[[w:Shabbat|Shabbat]]'') settimanale, in cui il lavoro produttivo era proibito. Per quanto ne sappiamo, nessun'altra cultura nell'antico Vicino Oriente aveva una settimana di sette giorni.<ref>16</ref> Le teorie abbondano sulle origini di questa idea, ma possiamo semplicemente notarne l'importanza. Si dice che Dio stesso abbia istituito il Sabbath fin dalla creazione del mondo ({{passo biblico2|Genesi|2:1-3}}). Come segno della sua importanza, la [[Torah]] minaccia la pena di morte per coloro che violano il Sabbath ({{passo biblico2|Esodo|31:14;35:2}}), e l'osservanza del Sabbath è l'unica disposizione cerimoniale nei cosiddetti ''Dieci Comandamenti'' o ''Decalogo'' ({{passo biblico2|Esodo|20:8-11}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|5:12-15}}), un primo elenco di principi religiosi fondamentali. La Bibbia non fornisce molte informazioni dettagliate su questa importante istituzione israelita; non sappiamo quali rituali venissero eseguiti oltre ad alcuni sacrifici speciali ({{passo biblico2|Numeri|28:9-10}}),<ref>17</ref> né sappiamo quali azioni fossero considerate faticose e quindi proibite.<ref>18</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA |contenuto = As mentioned in the text, biblical law recognizes the importance of distinguishing genuine prophecy from false but sees that this can be difficult to accomplish. Scripture offers a very simple rule for sorting this out: genuine prophecy comes true, and false prophecy does not. {{citazione|If you should ask, “How will we know the word that YHWH has not spoken?,” that which the prophet speaks in the name of YHWH and does not come about, YHWH did not speak that word. The prophet spoke thus defiantly, and you must not fear him.|{{passo biblico2|Deuteronomio|18:21-22}}}} Biblical narrators, however, also seem aware that this rule is not always adequate. The famous story of Jonah, also mentioned in the text, contains a deep paradox. The prophet foretells the downfall of the great city Nineveh, but the people strive to change their sinful ways and God forgives them (Jonah 3). This angers the prophet greatly: now his prophecy has been falsified! The message of the book, however, is that the prophecy succeeded by not coming true. The destruction of the city, not its survival, would have been the real failure. A less well-known incident, in Jeremiah 28, concerned a confrontation between two prophets: Jeremiah himself and another named Hananiah ben Azur. Jeremiah had consistently called for surrender to the Babylonians now besieging Jerusalem, but Hananiah disagreed and did so in the name of God: he foretold that within two years the besiegers would be gone. Jeremiah did not know what to do; he was deeply convinced that Hananiah was misleading the people and that his own advocacy of surrender was the true of word of God, but how could he prove this to the perplexed bystanders? When two prophets offer directly opposite proclamations of the word of God, how are people to know whom to follow? Jeremiah went home without responding, only to receive a new prophecy confirming his conviction, and then “Hananiah the prophet died that year, in the seventh month.” God himself, so to speak, executed Jeremiah’s rival on the charge of false prophecy, but could it really be that when two prophets disagree the nation must wait to see who dies first? Another story (1 Kings 22:1–37) is more perplexing still. The two Israelite kings, Jehoshaphat of the south and Ahab of the north, met to consider making war on their common enemy the Arameans. Jehoshaphat, known for his piety, was ready to agree but wanted to consult the prophets of God before deciding. Many prophets predicted victory, but finally one last prophet (his name was Micaiah ben Imlah, and Ahab disliked him because his prophecies were always hostile) offered a shocking vision: God had sent a spirit into all the other prophets in order to entice Ahab to war, but the purpose of this message was to lure Ahab to his death. Sure enough Ahab went to war, and sure enough he was killed. In need of prophetic guidance, Ahab had naturally followed the majority opinion, and this was fatal. The story of the prophet Micaiah raises the terrifying possibility that an authentic prophecy may come from God but with a hidden, deceitful purpose, so that those who follow the prophecy achieve no salvation but are led on to their own destruction. Once aware of this danger, who would ever follow a prophet again? }} Le due versioni dei Dieci Comandamenti offrono spiegazioni piuttosto diverse sul motivo del giorno di riposo settimanale (cfr. "I DIECI COMANDAMENTI – DUE VERSIONI"). Il Libro dell'Esodo descrive il Sabbath come un riconoscimento di Dio quale Creatore del mondo: Dio creò il mondo in sei giorni e poi si riposò il settimo, e coloro che lo adorano dovrebbero fare lo stesso. Nel Deuteronomio, tuttavia, l'attenzione si sposta sulla fuga dalla schiavitù in Egitto: come voi eravate schiavi ma Dio vi ha dato riposo, così anche voi dovete riposarvi e dare riposo a tutti coloro che lavorano per voi. Questo è l'unico paragrafo del Decalogo in cui le due versioni differiscono significativamente, e la loro combinazione presenta ancora una volta una miscela di temi tratti dalla contemplazione della natura e dallo studio della storia della nazione. La presenza diffusa di tali miscele è una caratteristica distintiva della letteratura biblica. Ogni cultura antica aveva i suoi sacerdoti, ma Israele aveva anche un secondo tipo di guida religiosa, molto diverso: i ''profeti''. I profeti ebrei (''nevi’im'') non erano indovini, ma messaggeri, intermediari tra il popolo e il loro Dio; in questo si differenziavano dagli indovini, dagli astrologi e dagli oracoli che si potevano trovare in tutto il mondo antico. Mosè è il prototipo dei profeti (cfr. {{passo biblico2|Deuteronomio|18:15}}), e per tutto il periodo biblico i profeti servirono da veicoli attraverso i quali la parola di Dio giungeva al popolo. È facile comprendere quanto la profezia sia intrinsecamente inquietante: un profeta può presentarsi in qualsiasi momento e annunciare che i precedenti messaggi di Dio sono stati sostituiti da uno nuovo. Naturalmente, i funzionari (sacerdoti, re, ecc.) responsabili del mantenimento della stabilità della nazione spesso si scontravano con i profeti; le Scritture sono piene di storie di profeti che denunciavano i re in nome di Dio, mentre i sacerdoti nei loro santuari sacri, dediti al regolare svolgimento dei loro doveri cerimoniali, a volte cercavano di mettere a tacere i profeti o semplicemente di tenerli lontani.<ref>19</ref> Tale ostilità poteva essere evitata – un profeta che si guadagnava la fiducia del re poteva diventare un importante consigliere reale – ma la tensione tra la dedizione dei sacerdoti all'ordine e alla permanenza e le imprevedibili interruzioni dei profeti è uno dei temi ricorrenti della Bibbia. La profezia sollevava anche un'altra difficoltà: come si poteva distinguere chi fossero i veri profeti? Chiunque poteva presentarsi e affermare di essere portatore di un messaggio da Dio: come si potevano distinguere i falsi profeti – individui maliziosi o illusi – dai veri profeti? La legge biblica offre la soluzione semplice ma inutile: se la profezia non si avvera, il profeta non può essere stato mandato da Dio ({{passo biblico2|Deuteronomio|18:22}}), ma non sempre si poteva aspettare per vedere se una profezia si sarebbe adempiuta. E a volte, come nel famoso caso di Giona, la profezia raggiunse il suo scopo senza avverarsi. Giona predisse la caduta di una grande città, ma il suo popolo si pentì e fu perdonato; questo significava che, a rigor di termini, la profezia non si era avverata, ma chi poteva negare che avesse raggiunto il suo vero scopo? Oltre a questo enigma intellettuale, a volte la profezia richiedeva un'azione; quando profezie contrastanti richiedevano azioni incompatibili, il pubblico dei profeti non riusciva a capire cosa Dio volesse veramente che facessero (cfr. "IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA"). Queste incertezze si combinavano per produrre il peggiore dilemma di tutti: a volte le profezie erano concepite per salvare il pubblico dal disastro, come nel caso di Giona, ma a volte, come con il re Acab, erano destinate a condurre il pubblico alla distruzione. Come potevano le persone capire a quali profezie dare seguito? Cosa dovevano fare quando non potevano saperlo? Cosa sarebbe potuto accadere se non avessero considerato tutte le possibilità? Cosa sarebbe potuto accadere se avessero fatto ipotesi sbagliate? Sotto la pressione di tale incertezza, le generazioni successive iniziarono a perdere fiducia nella profezia come metodo affidabile per conoscere la volontà di Dio. I profeti del passato erano stati uomini e donne santi, e le loro parole venivano ricordate e continuamente rivisitate, ma non ci si aspettava alcun ulteriore messaggio da Dio. Zaccaria, uno degli ultimi profeti biblici, paradossalmente predice la fine della profezia: in futuro, chiunque avesse anche solo affermato di portare un messaggio da Dio sarebbe stato messo a morte come falso profeta, quindi i veri profeti avrebbero dovuto mentire sulla propria identità per proteggere la propria vita.<ref>20</ref> Nei secoli successivi, figure simili a profeti continuarono ad apparire, ma furono accolte con resistenza e scetticismo. La successiva tradizione ebraica affermò che la profezia scomparve intorno al tempo di [[w:Alessandro Magno|Alessandro Magno]] (che regnò dal 336 al 323 AEV), e questo ricordo è probabilmente corretto.<ref>21</ref> I profeti furono il secondo elemento della leadership religiosa israelita a scomparire dalla vita nazionale, dopo che i re erano scomparsi da secoli. Rimasero i sacerdoti. Dopo l'esilio babilonese, la religione israelita fu sempre più dominata dai sacerdoti, e la storia di tale dominazione – l'ascesa e il declino dell'ebraismo sacerdotale – sarà raccontata nei Capitoli successivi. {{Immagine grande|Tel Arad 280321 03 Temple.jpg|1010px|''Altare preesilico a [[:en:w:Tel Arad|Tel Arad]]''. Questo altare fu rinvenuto in una fortezza israelita preesilica ad Arad, vicino al Mar Morto. La sua costruzione – una struttura quadrata in pietra grezza – combina elementi delle istruzioni fornite in {{passo biblico2|Esodo|20;27}}, ma l'altare raffigurato non ha corni, come richiesto in {{passo biblico|Esodo|27:2}} ― è possibile che i corni esistessero ma siano stati spezzati, questo comunque non è più possibile stabilirlo.}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|3 luglio 2025}} [[Categoria:Una storia dell'ebraismo|Capitolo 1]] o907swsuchnpwtkgh5bdhcxl0brz8j8 478454 478450 2025-07-05T20:06:43Z Monozigote 19063 /* La preistoria dell'ebraismo */ testo 478454 wikitext text/x-wiki {{Una storia dell'ebraismo}} {{Immagine grande|Scribe- Menahem - The Birds' Head Haggadah - Google Art Project.jpg|750px|}} == La preistoria dell'ebraismo == <!--- vari miei testi in inglese da tradurre, adattare e inserire ---> La religione ebraica (Ebraismo) è emersa dagli scritti della Bibbia ebraica ''(Tanakh)'', ma in realtà non si trova in quegli scritti. L'Ebraismo è una religione che adora Dio<ref>1</ref> attraverso le ''parole'' – preghiera, sermoni, lettura delle Scritture e simili – in edifici chiamati ''[[w:sinagoga|sinagoghe]]'' sotto la guida di ''[[w:rabbino|rabbini]]'' eruditi. La Bibbia sa qualcosa della preghiera ma nulla del resto: la Bibbia descrive una religione incentrata su un singolo edificio comunemente chiamato ''[[w:Tempio di Gerusalemme|Tempio]]'' e guidata da ''[[w:sacerdote (ebraismo)|sacerdoti]]'' ereditari che adorano attraverso le ''azioni'' – elaborati riti sacrificali e altre cerimonie di purificazione ed espiazione. La transizione da quella religione primitiva a quella che le persone moderne riconoscerebbero è la trama di questo mio libro. Quasi tutte le nostre informazioni sulle prime parti di questa storia provengono dalle pagine della ''[[w:Tanakh|Bibbia]]''<ref>2</ref> (cfr. riquadro: "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"). La Bibbia in realtà non è un singolo libro; è un'antologia di materiali scritti nell'arco di molti secoli – forse anche di {{FORMATNUM:1000 anni}} – in due lingue diverse e in almeno due paesi diversi. Non sorprende che i suoi scritti mostrino una varietà di stili e prospettive su molte questioni importanti (cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]]). Questa varietà di contenuti ha permesso ai lettori successivi di trovare molti messaggi diversi nelle sue pagine e di applicarli alla grande varietà di situazioni che si sono trovati ad affrontare. Questa flessibilità è la chiave del successo straordinariamente duraturo della Bibbia nel sostenere individui e comunità di fede per oltre due millenni. Tuttavia, dal punto di vista dello storico, la Bibbia presenta un problema molto difficile. Molte, forse la maggior parte, delle sue narrazioni furono scritte molto tempo dopo gli eventi che descrivono (la storia inizia con la creazione del mondo!), e quasi nulla nella Bibbia può essere confermato da qualsiasi altra fonte antica di informazione. Come sempre con informazioni non corroborate, l'osservatore moderno non è in grado di giudicare l'affidabilità storica della Bibbia, non è in grado di misurare la distanza tra descrizione ed evento, non è in grado di leggere le storie della Bibbia e capire cosa (se qualcosa) sia realmente accaduto.<ref>3</ref> La Bibbia non può quindi essere letta come un documento storico: bisogna invece comprendere che la narrazione biblica è un distillato della memoria nazionale concepito per trasmettere un messaggio religioso. Il messaggio religioso della Bibbia è forte e chiaro, ma non possiamo sempre sapere come gli eventi descritti sarebbero apparsi senza lo scopo religioso che ora plasma la narrazione, o addirittura come gli autori della Bibbia abbiano appreso di quegli eventi in primo luogo. Allora, noi lettori moderni, possiamo veramente imparare la storia antica dalla Bibbia? Certo che possiamo, ma non nel modo in cui possiamo imparare la storia dagli archivi o da altri documenti ufficiali. La chiave per imparare la storia dalla Bibbia è focalizzare l'attenzione ''non sul contenuto delle storie, ma sulle storie stesse: chi le ha raccontate? Perché? Come le hanno comprese le persone che le hanno raccontate? Quali verità vi hanno trovato? Quali insegnamenti hanno cercato di trasmettere?'' Le persone hanno recitato queste narrazioni per ben oltre {{FORMATNUM:2000}} anni ― questo di per sé è un fatto storico di enorme importanza. Dopo un breve riassunto della narrazione stessa, sarà possibile riflettere su tali domande. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = COSA CONTIENE LA BIBBIA? |contenuto = La tradizione ebraica divideva la Bibbia in tre sezioni, contenenti in totale ventiquattro libri. <center>'''I. La [[Torah]]'''</center> 1. '''Genesi'''. Contesto della nascita del popolo d'Israele, dalla creazione del mondo attraverso le vite dei patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe) e delle matriarche (Sara, Rebecca, Lia, Rachele) fino alla morte di Giuseppe in Egitto. 2. '''Esodo'''. Schiavitù in Egitto, poi liberazione. Alleanza al Sinai, rivelazione dei comandamenti di Dio, costruzione del Tabernacolo per il culto formale. Storia del Vitello d'Oro: la prima caduta di Israele nell'idolatria. 3. '''Levitico'''. Regole per il mantenimento della purezza rituale e la corretta esecuzione dei sacrifici; anche per la creazione di una comunità sacra. Prima descrizione delle leggi alimentari e delle feste dell'anno. 4. '''Numeri'''. Censimento nel deserto prima della marcia verso la Terra Promessa. Incidenti nel corso di quella marcia, ulteriore legislazione. 5. '''Deuteronomio'''. Discorso di addio di Mosè: riassunto della sua carriera, riassunto dei comandamenti di Dio, avvertimento delle conseguenze della disobbedienza. Mosè muore ai confini della Terra Promessa. <center>'''II. I Profeti'''</center> '''a. I Primi Profeti'''. Nonostante il nome tradizionale, questa sezione contiene in realtà pochissime profezie. Piuttosto, prosegue principalmente la narrazione oltre la morte di Mosè. 6. '''Giosuè'''. Conquista e insediamento iniziale della Terra Promessa da parte di Israele. 7. '''Giudici'''. Le generazioni successive. L'infedeltà a Dio porta oppressori stranieri; il pentimento porta la liberazione. 8. '''1 e 2 Samuele'''. L’ultimo dei giudici e il primo dei re d’Israele fino alla morte di Davide. 9. '''1 e 2 Re'''. La storia dei regni fino alla loro distruzione. ''Nota: I libri ora citati come coppie numerate erano originariamente opere singole. Furono divisi dai copisti nel Medioevo a causa delle loro grandi dimensioni. Tale non è il caso dei libri numerati del Nuovo Testamento, che sono documenti separati.'' '''b. I Profeti posteriori '''. Questi sono i grandi oratori e scrittori della Bibbia. 10. '''Isaia'''. L'Isaia storico visse intorno al 700 AEV, ma molti contenuti di questo libro sembrano risalire a un'epoca successiva, durante l'esilio babilonese e forse anche più tardi. 11. '''Geremia'''. Vissuto all'incirca all'epoca dell'Esilio, il libro contiene una significativa narrazione biografica insieme alle orazioni di Geremia. 12. '''Ezechiele'''. Contemporaneo di Geremia, ma visse e profetizzò tra gli esuli a Babilonia. 13. '''I Dodici'''. Dodici libri profetici molto più brevi, attribuiti a scrittori vissuti in un arco di diversi secoli. Solo Giona contiene una narrazione significativa. {{Colonne}} *Osea *Gioele *Amos {{Colonne spezza}} *Abdia *Giona *Michea {{Colonne spezza}} *Naum *Abacuc *Zaccaria {{Colonne spezza}} *Aggeo *Sofonia *Malachia {{Colonne fine}} <center>'''III. Scritti ''(Ketuvim)'''''</center> 14. '''Salmi'''. Una raccolta di 150 poemi religiosi, molti dei quali attribuiti al re Davide. 15. '''Proverbi'''. Raccolta di saggi insegnamenti, in gran parte attribuiti al re Salomone. 16. '''Giobbe'''. Una storia di rettitudine messa alla prova dalla sofferenza. '''Le ''Cinque Meghillot''''', così chiamate perché vengono lette liturgicamente in occasione di festività specifiche (questo raggruppamento riflette una successiva pratica sinagogale e non è una sezione formalmente riconosciuta della Bibbia). 17. '''Cantico dei Cantici'''. Una poesia d'amore attribuita a re Salomone. Viene letta nelle sinagoghe durante la Pesach. 18. '''Rut'''. Un breve racconto di lealtà e amore ambientato ai tempi dei giudici; le origini della dinastia di re Davide. Da leggere nella [[w:Shavuot|Festa delle Settimane]] (''Shavuot''). 19. '''Lamentazioni'''. Poemi sulla distruzione di Gerusalemme, attribuite a Geremia. Da leggere il 9 di Av, anniversario della distruzione del Tempio. 20. '''Ecclesiaste''' o '''Qohelet'''. Riflessioni filosofiche, attribuite a re Salomone. Da leggere durante Festa delle Capanne. 21. '''Ester'''. Intrighi alla corte reale di Persia; gli ebrei sconfiggono a malapena i malvagi piani di un potente nemico. Letto durante ''Purim''. Questo è l'unico libro della Bibbia in cui Dio non viene mai menzionato direttamente nel testo ebraico. 22. '''Daniele'''. Storie di ebrei leali nelle corti reali di Babilonia e Persia; anche visioni della Fine della Storia. 23. '''Ezra-Nehemiah'''. I leader ebrei e le loro conquiste nel periodo successivo all'esilio babilonese. 24. '''1 e 2 Cronache'''. Rivisitazione della storia di Israele dai tempi di re Davide fino al ritorno dall'esilio babilonese. In gran parte una revisione, ma a volte una semplice ripetizione dei Libri di Samuele e dei Re. In tempi recenti l'acronimo ebraico ''Tanakh'' ('''T'''orah, '''N'''evi’im [profeti], '''K'''etuvim [scritti]) è stato utilizzato per designare l'intera raccolta di ventiquattro libri. [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] La tradizione cristiana, seguendo l'usanza degli antichi ebrei di lingua greca, organizzò questi libri in modo diverso, in due sezioni (non formalmente separate) contenenti rispettivamente la narrazione in prosa e le composizioni poetiche. L'ordine era il seguente: {{Colonne}} *Genesi *Esodo *Levitico *Numeri *Deuteronomio *Giosuè *Giudici *Rut *1 e 2 Samuele {{Colonne spezza}} *1 e 2 Re *1 e 2 Cronache *Esdra *Neemia (libro separato) *Ester *Giobbe *Salmi *Proverbi {{Colonne spezza}} *Ecclesiaste *Cantico dei Cantici *Isaia *Geremia *Lamentazioni *Ezechiele *Daniele *I Dodici {{Colonne fine}} }} === La narrazione biblica === '''Primi sviluppi'''. La Bibbia inizia con la creazione del mondo da parte del Dio d'Israele.<ref>4</ref> Non si tratta di un dio che lotta o collabora con altri dèi, come nei miti di altri popoli; il Dio d'Israele crea il mondo da solo, senza sforzo o difficoltà, semplicemente comandando passo dopo passo che l'ordine cosmico venga ad esistere. In questo mondo il Creatore colloca tutte le specie viventi, inclusa una coppia umana di nome ''Adamo'' ed ''Eva''. Adamo ed Eva avrebbero potuto vivere spensierati sotto la protezione di Dio nel ''Giardino dell’Eden'', ma trasgredirono: c'era un solo albero nel giardino, l'"albero della conoscenza del bene e del male", il cui frutto era stato detto loro di evitare, ma mangiarono quel frutto e di conseguenza furono espulsi nel mondo del duro lavoro, il mondo del sesso, della nascita e della morte. Il solo atto di apprendere la differenza tra il bene e il male portò sofferenza nel mondo. I primi capitoli della Bibbia contengono diverse altre drammatiche rappresentazioni dell'incapacità degli esseri umani di vivere come dovrebbero. Adamo ed Eva ebbero due figli di nome Caino e Abele, e uno uccise l'altro. L'immoralità sessuale e la violenza divennero diffuse. Cinque generazioni dopo Caino, avvenne un altro omicidio. Alla decima generazione, Dio era così scoraggiato che distrusse l'intera creazione con un diluvio; solo un uomo giusto ([[w:Noè|Noè]]) e la sua famiglia furono salvati per dar via a un nuovo inizio. Ma anche Noè purtroppo deluse: uscendo dall'arca con cui aveva superato il diluvio, piantò una vigna, si ubriacò e inflisse umiliazioni sessuali alla sua famiglia.<ref>5</ref> I discendenti di Noè crebbero di nuovo numerosi, ma poi costruirono la famosa [[w:Torre di Babele|Torre di Babele]] in ribellione contro la volontà di Dio. Costretti di conseguenza a parlare lingue diverse, si dispersero per il mondo: l'idillio era andato a male. Il lettore moderno può facilmente comprendere come queste narrazioni cerchino di rispondere a domande fondamentali sulla natura dell'esistenza umana: perché non parliamo tutti la stessa lingua? Perché le persone devono lavorare così duramente per procurarsi il cibo? Perché si muore? Perché l'impulso sessuale è così forte e il parto così doloroso? Perché le donne sono subordinate agli uomini? Tutte le culture antiche hanno narrato storie di questo tipo, e gli studiosi moderni possono confrontare le versioni bibliche con altre che circolavano nel mondo antico, inserendo così Israele più saldamente nel contesto culturale del Vicino Oriente antico. Ma tali paragoni non spiegano perché la Bibbia stessa sia stata preservata o come questa particolare versione di quelle storie sia arrivata a dominare la nostra civiltà. Solo la fase successiva della narrazione lo spiega. '''Dio fa una scelta'''. Dopo venti generazioni di storia umana, Dio improvvisamente incaricò un uomo di nome ''Abram'' ({{lang|he|אַבְרָם}}), proveniente da una famiglia con radici in Mesopotamia, di recarsi nella lontana terra di Canaan e di stabilirvisi. In effetti, il padre di Abram era partito per questa stessa destinazione anni prima, ma non aveva mai raggiunto il suo obiettivo; ora Abram poteva completare il viaggio del padre e compiere una missione divina allo stesso tempo. La Bibbia non spiega mai del tutto la scelta di quest'uomo da parte di Dio; ci viene detto che era giusto, ma non ci viene detto (come fu detto di Noè) che fosse l'unico uomo giusto della sua generazione. Quale che fosse la ragione della scelta di Dio, i risultati furono epocali. Abram si stabilì a Canaan e ricevette la promessa o ''alleanza'' di Dio che i suoi discendenti avrebbero ereditato quella terra e vi sarebbero diventati una grande nazione. Il segno di questo patto sarebbe stato l'antico rito della ''[[w:Brit milà|circoncisione]]'', eseguito sul corpo di ogni neonato maschio nella prima settimana di vita. Come simbolo del suo nuovo status, Abram ricevette un nuovo nome, ''[[w:Abramo|Abraham]]''; come segno della speciale cura di Dio per lui, suo figlio ed erede ''Isacco'' non nacque prima che Abramo avesse 100 anni. Col tempo Isacco divenne il padre di ''Giacobbe'', che fu anche chiamato ''Israele'', e nella generazione successiva le quattro mogli di Giacobbe gli diedero un totale di dodici figli maschi e una femmina. Una carestia costrinse la famiglia di Giacobbe ad abbandonare la patria a loro destinata e si stabilì in Egitto. Uno dei figli di Giacobbe, ''Giuseppe'', dopo molte avventure aveva elaborato un piano per salvare l'Egitto dagli effetti di questa stessa carestia, e aveva quindi acquisito un grande potere nel paese; sotto la protezione del loro famoso fratello, la famiglia si moltiplicò e prosperò nella loro nuova dimora. Alla fine, tuttavia, un nuovo re perse di vista il debito di gratitudine della sua nazione; sospettoso del numero degli Israeliti, li ridusse in schiavitù.<ref>6</ref> Soffrirono molto finché alla fine Dio si ricordò del loro patto ancestrale e mandò un nuovo capo, ''[[w:Mosè|Mosè]]'', per aiutarli a liberarsi dalle loro catene. Dio (e Mosè) compirono molti atti prodigiosi, infliggendo molte "piaghe" agli ostinati Egiziani; infine, dopo la terrificante morte di ogni primogenito in Egitto, al popolo israelita fu permesso di andarsene. Anche ora, tuttavia, il re si pentì di averli lasciati andare e cercò di inseguirli: in un miracolo finale, il popolo attraversò il mare giungendo in terraferma, ma gli inseguitori egiziani invece annegarono nel tentativo di seguirli. Così i discendenti di Giacobbe divennero il popolo libero di Israele, una nazione di dodici tribù che prese il nome dai dodici figli di Giacobbe, popolo di quasi 2 milioni di persone.<ref>7</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL CALENDARIO BIBLICO |contenuto = Le prime testimonianze bibliche riflettono una varietà di sistemi di calendario nell'antico Israele; questi non sono pienamente compatibili, quindi devono riflettere variazioni nelle usanze locali o (più probabilmente) diverse fasi dello sviluppo culturale di Israele. Sfortunatamente, le prove non consentono agli studiosi moderni di ricostruire queste fasi in dettaglio. Un calendario, apparentemente lunare, usava nomi per i mesi, sebbene ne siano sopravvissuti solo quattro: la maggior parte di questi compare nel racconto della costruzione del Tempio da parte di Salomone ({{passo biblico2|1Re|6-8}}). Un anno di dodici mesi lunari dura solo 354 giorni e diverse feste annuali (cfr. descrizione seguente) avevano chiare associazioni stagionali, eppure non ci sono prove che spieghino come le persone che usavano questo calendario impedissero a tali feste di essere fuori stagione. (Nei secoli successivi le autorità aggiunsero occasionalmente un tredicesimo mese in primavera per assicurarsi che la Pesach non cadesse troppo presto.) Per secoli, i mesi lunari furono dichiarati in base all'effettiva osservazione della luna nuova; si dice che il capo rabbinico del IV secolo Hillel II abbia abbandonato questo sistema e abbia istituito formule matematiche per determinare la lunazione. Si veda [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 8|Capitolo 8]], in particolare "''Taqqanot'' e ''Gezerot'' rabbiniche antiche". Un altro calendario numera solo i mesi, a partire dal mese dell'equinozio di primavera, il mese in cui cade la Pesach. Potrebbe trattarsi di un calendario solare simile a quelli conosciuti nell'antico Egitto e altrove, composto da dodici mesi di trenta giorni e un giorno in più ogni trimestre per completare esattamente cinquantadue settimane. L'uso di questo calendario potrebbe spiegare perché {{passo biblico2|Genesi|1:14}} indica che i corpi celesti servono a segnare giorni e anni, ma non dice nulla sui mesi. La settimana di sette giorni è un'unità del tutto artificiale; i tentativi di collegarla alle fasi lunari o alle caratteristiche del calendario babilonese non hanno avuto successo. A parte lo Shabbat, anche i giorni della settimana sono numerati, non nominati: l'ebraico moderno ancora non ha nomi per gli altri giorni della settimana. Fin dall'antichità, gli Israeliti celebravano feste annuali in determinati periodi chiave dell'anno. In seguito, tre di queste feste furono contrassegnate dal pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme e, a quanto pare, furono concepite fin dall'inizio come un ciclo annuale. La più famosa di queste era la festa primaverile della ''Pesach'', collegata alla ''[[w:Pesach|Festa dei Pani Azzimi]]''. Insieme, queste feste servivano a commemorare la fuga degli Israeliti dalla schiavitù egiziana ai tempi di Mosè. In origine, le osservanze potrebbero essere state separate: l'offerta di un agnello il quattordicesimo giorno del primo mese, seguita da un'astensione di una settimana da cibi lievitati o fermentati a partire dal quindicesimo. Fin dall'antichità, tuttavia, queste due feste furono unite in un'unica grande celebrazione. Un resoconto successivo suggerisce che, poco prima della distruzione del Secondo Tempio, oltre un milione di pellegrini si riunivano a Gerusalemme ogni anno per celebrare questa festa (cfr. Flavio Giuseppe , ''[[w:Guerra giudaica (Flavio Giuseppe)|Guerra giudaica]]'', 6.424). Sette settimane dopo, l'inizio della stagione del raccolto fu segnato da una festa più breve; col tempo anche questa osservanza acquisì una dimensione storica come anniversario della rivelazione della [[Torah]] sul Monte Sinai. Infine, la grande festa autunnale del raccolto era segnata dalla costruzione di capanne nei campi dove la gente mangiava e dormiva. Queste capanne avevano probabilmente un'origine utilitaristica: quando ogni ora contava, i contadini non volevano perdere tempo ogni giorno per spostarsi tra i loro villaggi e i loro campi. Col tempo, tuttavia, la ''[[w:Sukkot|Festa delle Capanne]]'' o dei ''Tabernacoli'' divenne un altro simbolo della memoria storica, ricordando i quarant'anni di peregrinazioni di Israele nel deserto prima che gli schiavi liberati raggiungessero la Terra Promessa ({{passo biblico2|Levitico|23:43}}). Un'ulteriore coppia di festività veniva celebrata ogni autunno, sebbene la prova della loro effettiva osservanza provenga solo dal periodo biblico successivo. La luna nuova autunnale segnava l'inizio dell'anno civile, e il decimo giorno successivo divenne un giorno annuale di espiazione caratterizzato da digiuno e cerimonie elaborate. Inizialmente questo giorno sembra essere stato incentrato sul Tempio stesso e serviva una volta all'anno per purificare il santuario da qualsiasi contaminazione accidentale della sua sacralità, ma col tempo l'annuale Giorno dell'Espiazione (''[[w:Yom Kippur|Yom Kippur]]'') divenne il giorno più sacro dell'anno, celebrato dagli ebrei di tutto il mondo. I libri successivi della Bibbia aggiunsero diverse nuove festività al calendario. Il Libro di Ester istituì la festa di ''[[w:Purim|Purim]]'', all'inizio della primavera, per celebrare la fuga degli ebrei persiani dai malvagi disegni di un ministro reale ostile. Il profeta Zaccaria, verso la fine del periodo biblico, accenna a una serie di digiuni durante l'anno che dovevano commemorare eventi disastrosi del passato ({{passo biblico2|Zaccaria|8:19}}). D'altra parte, alcune osservanze sembrano essere cadute in disuso. L'offerta di un covone di grano ogni primavera inaugurava il raccolto di grano del nuovo anno ({{passo biblico2|Levitico|23:9-14}}), ma questo rito scomparve con la distruzione del Tempio, dando solo il suo nome (''Omer'', la parola ebraica per "covone") al periodo di sette settimane dopo la Pesach. Il momento preciso per l'offerta di questo covone divenne oggetto di accese controversie durante il periodo del Secondo Tempio, e sembrano essere sorte anche altre dispute tra i sostenitori di questi diversi calendari; cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 5|Capitolo 5]], "Calendario & Controversie". Gli elenchi più dettagliati delle feste bibliche si trovano in {{passo biblico2|Levitico|23}} e {{passo biblico2|Numeri|28-29}}; si veda anche {{passo biblico2|Deuteronomio|16}} e (più brevemente) {{passo biblico2|Esodo|23:14-19;34:22-26}}. {{passo biblico2|Neemia|8}} riporta che in seguito i Giudei di ritorno dall'esilio babilonese trovarono le regole per queste feste nella Torah e evidentemente non le conoscevano. Si veda il [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 3|Capitolo 3]], "Il Libro di Re Giosia", per una celebrazione della Pesach ebraica ai tempi di re Giosia, poco prima della distruzione del Primo Tempio. }} '''L'Alleanza decisiva'''. Mosè condusse il popolo nel deserto del Sinai. Lì, dalla cima di una montagna, la voce di Dio parlò loro e diede loro le leggi secondo cui avrebbero dovuto vivere. Dio si offrì di rinnovare la Sua alleanza con loro come popolo, e loro accettarono con entusiasmo. Israele divenne la nazione di Dio. Ora vivevano sotto la protezione di Dio e soggetti al Suo governo e al Suo giudizio. Il destino della nazione sarebbe ora dipeso dalla loro lealtà a Dio e all'Alleanza, dalla loro obbedienza ai Suoi comandamenti. Mosè salì sul monte e trascorse quaranta giorni e quaranta notti alla presenza di Dio; al suo ritorno, portò con sé la parola di Dio scritta su tavole di pietra. Le ripose in un contenitore speciale e, per custodire questo sacro scrigno, costruì un santuario mobile dove il popolo potesse incontrare il suo Dio e adorarlo. Tuttavia, quasi subito, si verificò una situazione che sarebbe diventata presto familiare: ripetutamente, il popolo rinunciò alle proprie speranze tradendo i propri obblighi e violando i comandamenti di Dio.<ref>8</ref> Al momento della sua morte, Mosè era completamente disilluso dal suo popolo; nel suo discorso d'addio, li avvertì che la continua disobbedienza avrebbe portato alla catastrofe. '''Il popolo e la loro terra'''. Per fedeltà all'alleanza, Dio guidò il popolo attraverso il deserto per quarant'anni e poi lo condusse nella Terra Promessa. Ancora una volta, tradirono ripetutamente l'alleanza adorando altri dèi. Privi della protezione divina, furono ripetutamente invasi e oppressi da nazioni straniere. Ogni volta, sotto la pressione della sofferenza, si pentirono: Dio li avrebbe salvati dai loro nemici, ma presto sarebbero caduti di nuovo. Dopo alcune generazioni, le tribù unirono le loro forze e costruirono un regno sotto l'eroico ''Davide''. A Davide seguì ''Salomone'', famoso per la sua saggezza, che costruì il Primo Tempio permanente a Dio nella nuova capitale reale, ''Gerusalemme''. Tramite i ''profeti'', Dio assicurò che la famiglia di Davide sarebbe salita per sempre sul trono d'Israele, ma i vecchi schemi di slealtà continuarono a ripresentarsi; dieci tribù su dodici si ribellarono alla famiglia reale, lasciando ai suoi discendenti il ​​governo della sola tribù di Davide, ''Giuda''; in entrambi i regni, i ricchi opprimevano i poveri e il culto di altri dei persisteva. Il regno di Israele, che comprendeva le dieci tribù ribelli, fu distrutto dai conquistatori assiri nel 722 AEV. Poi il regno davidiano di Giuda fu spazzato via, il Tempio di Salomone fu demolito e i capi della nazione furono deportati in esilio a Babilonia (l’''Esilio babilonese'') nel 586 AEV. Sembrava che la santa alleanza fosse crollata. Ma ora il resto del popolo attuò una vera riforma delle proprie abitudini. Finalmente abbandonò l'attrazione per false divinità; finalmente accettò l'autorità dell'unico vero Dio. Un gruppo di esuli tornò nella terra dei loro antenati e ricostruì il Tempio. Sotto la guida di ''Esdra'', ''Neemia'' e dell'ultimo dei profeti, si dedicarono nuovamente all'edificazione di una comunità santa basata sulla devozione alla parola di Dio e agli insegnamenti di Mosè. L'apostasia continuò, naturalmente, ma non dominava più la vita nazionale. Il popolo problematico di Israele era diventato la nazione santa degli ebrei.<ref>9</ref> [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] Vale la pena ripetere che la narrazione precedente non può essere verificata come Storia. La maggior parte dei personaggi della saga biblica non compare negli scritti storici di nessun'altra nazione antica; la maggior parte degli eventi di questa saga non è raccontata in nessun altro documento antico. L'importanza della storia non risiede nella questione se ''gli eventi siano realmente accaduti'', cosa che non può essere determinata, ma nella certezza che ''la storia sia stata raccontata'' più e più volte, nel corso di innumerevoli generazioni: ''questo'' fatto, di fondamentale importanza, è fuori da ogni dubbio. La narrazione epica appena riassunta ha plasmato la coscienza di uomini e donne ebrei fin dagli albori della storia ebraica. La narrazione biblica stabilisce alcune concezioni che sono rimaste centrali per la nascente religione ebraica. La storia identifica il Dio degli ebrei come creatore e unico sovrano dell'universo. Afferma la pretesa di Israele di un rapporto speciale con questo Dio e spiega come questo rapporto sia nato. La storia descrive lo stile di vita ebraico e la patria nazionale ebraica come doni di Dio e porte d'accesso alla santità per coloro che rispettano le richieste e gli insegnamenti di Dio; d'altra parte, contiene anche un severo monito: coloro che si allontanano da quegli insegnamenti o che resistono a quelle richieste porteranno inevitabilmente alla catastrofe per sé stessi e per chi li circonda. Queste idee costituiscono il contesto per comprendere le strutture formali dell'antica religione israelita. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = "I DIECI COMANDAMENTI" – DUE VERSIONI |contenuto = ''Nota: diverse tradizioni religiose suddividono queste istruzioni nei Dieci Comandamenti. Le seguenti traduzioni offrono la tradizionale divisione ebraica.'' <center>'''I'''</center> Io sono YHWH, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avrai altri dèi al mio cospetto. Non ti farai scultura o immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, YHWH, tuo Dio, un Dio geloso, punisco la colpa dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, mentre uso misericordia fino alla millesima generazione, per coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronunciare invano il nome di YHWH, tuo Dio, perché YHWH non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano. Ricordati del giorno di Shabbat per santificarlo. Lavorerai sei giorni e compirai ogni tuo lavoro, ma il settimo giorno è Shabbat in onore del Signore tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te, perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di Shabbat e lo ha santificato. Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che il Signore, il tuo Dio, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non risponderai contro il tuo prossimo come falso testimone. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo. <div align="right">({{passo biblico2|Esodo|20:2-17}})</div> <center>'''II'''</center> Io sono YHWH, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avrai altri dèi al mio cospetto. Non ti farai scultura o immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, YHWH, il tuo Dio, un Dio geloso, punisco la colpa dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, mentre uso misericordia fino alla millesima generazione, per coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronunciare invano il nome di YHWH, tuo Dio, perché YHWH non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano. Osserva il giorno di Shabbat per santificarlo, come YHWH tuo Dio ti ha comandato. Lavorerai sei giorni e farai ogni tuo lavoro, ma il settimo giorno è Shabbat in onore di YHWH tuo Dio: non fare alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bue, né il tuo asino, né alcuna delle tue bestie, né il forestiero che sta entro le tue porte, affinché il tuo servo e la tua serva si riposino come te. E ricordati che sei stato un servo nel paese d'Egitto e che YHWH tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio steso; perciò YHWH tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di Shabbat. Onora tuo padre e tua madre, come YHWH tuo Dio ti ha comandato, perché i tuoi giorni siano prolungati e tu prosperi sulla terra che YHWH, tuo Dio, ti dà. Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, E non risponderai contro il tuo prossimo come un vano testimone, Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo. <div align="right">({{passo biblico2|Deuteronomio|5:6-21}})</div> }} === La religione dell'Antico Israele === Nella loro vita privata, gli antichi abitanti di Israele sembrano essere stati molto simili ai loro vicini. L'economia era prevalentemente rurale, basata sull'agricoltura e sulla pastorizia.<ref>10</ref> La legge biblica presuppone l'esistenza della schiavitù, ma la narrazione scritturale non menziona mai schiavi al di fuori delle famiglie dei più ricchi. Similmente, in teoria, gli uomini potevano prendere più mogli, ma pochissimi lo facevano, fatta eccezione per i più ricchi. La poligamia era costosa e pochi potevano permettersi di mantenere una famiglia numerosa; inoltre, mariti e mogli spesso sviluppavano legami affettivi che non lasciavano spazio a relazioni parallele. La legge biblica dà per scontata l'esistenza della poligamia, ma le Scritture riportano in realtà pochissimi casi di famiglie poligame.<ref>11</ref> Quando le donne si sposavano, entravano a far parte delle famiglie dei loro mariti. Potevano mantenere legami di affetto con le famiglie di nascita, ma la loro identità legale era ora determinata dal matrimonio.<ref>12</ref> Per questo motivo, la legge biblica si preoccupava di provvedere alle vedove: non solo queste donne spesso mancavano di sostegno materiale, ma non avevano nemmeno un'identità legale sicura nella società.<ref>13</ref> La legge biblica proibisce ripetutamente il matrimonio con donne straniere; a volte il riferimento sembra limitato ai popoli nativi non-israeliti della Terra Promessa, ma a volte il divieto sembra assoluto. Ciononostante, la legge riconosce anche che un soldato potrebbe innamorarsi di una donna catturata in guerra ({{passo biblico2|Deuteronomio|21:10-14}}), e le Scritture raccontano diversi casi di uomini israeliti che sposavano donne straniere.<ref>14</ref> Poiché le donne assumevano l'identità legale dei loro mariti al momento del matrimonio, le donne israelite che sposavano uomini stranieri probabilmente scomparivano dalla società israelita. Certo, la Bibbia non fornisce un singolo caso di una donna che lo facesse, ma questo potrebbe semplicemente confermare che tali donne se ne andarono con i loro mariti e scomparvero. Il culto di una divinità nazionale era tipico del Vicino Oriente, ma in altri casi era solitamente combinato con la venerazione per le forze della natura, come la pioggia e la tempesta, o l'amore e la fertilità, che sembravano governare la vita delle persone; analogamente, anche in Israele, l'idea che il culto dovesse essere limitato a una sola divinità incontrò forti resistenze per generazioni. Si veda il [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]] per ulteriori approfondimenti. La narrazione biblica non dice quasi nulla sulla vita religiosa dei privati. In occasioni speciali si offrivano sacrifici a Dio, ma è difficile stabilire se le regole formali bibliche sui sacrifici si applicassero a tali offerte private. Oltre ai grandi altari pubblici, le case private avevano luoghi specifici per le offerte domestiche? Non possiamo dirlo. Non sappiamo se il matrimonio o la nascita di un figlio fossero celebrati da cerimonie religiose diverse dalle consuete offerte di ringraziamento o dalle offerte di purificazione ''post-partum'' specificate in {{passo biblico2|Levitico|12}}. Non possiamo nemmeno dire se le grandi feste fossero caratterizzate da rituali domestici oltre che dalle grandi cerimonie celebrate nei santuari pubblici.<ref>15</ref> In ogni caso, come per tutti i popoli antichi, il culto pubblico degli Israeliti era incentrato sul ''sacrificio'', il dono a Dio (solitamente tramite la distruzione) di un oggetto di valore. La legge biblica fornisce norme dettagliate per la corretta offerta del sacrificio: un oggetto di valore adeguato (di solito un animale, ma a volte anche grano, vino o olio d'oliva), l'occasione giusta (talvolta richiesta dal calendario o da un evento della propria vita come la nascita di un figlio, ma anche eventualmente il risultato di un voto spontaneo), le procedure necessarie, il personale appropriato. Col passare del tempo, il diritto di offrire sacrifici passò ai sacerdoti ereditari (ebr. ''kohanim''); la memoria nazionale fa risalire questo sacerdozio ad Aronne, fratello di Mosè, ma questa discendenza non può essere verificata. In effetti, vari passi biblici suggeriscono che in epoca antica il ruolo sacerdotale potesse essere assegnato su basi diverse; soprattutto, la tradizione suggerisce che prima dell'inizio del sacerdozio ereditario, questo ruolo fosse ricoperto dal figlio primogenito di ogni famiglia. Questa tradizione è chiaramente collegata alla tradizione narrativa secondo cui i primogeniti israeliti furono risparmiati quando i primogeniti d'Egitto furono tutti uccisi nella decima e ultima piaga. Per un certo periodo, esistevano santuari locali e gruppi di sacerdoti locali sparsi in tutto il paese (cfr. immagine in basso), ma al tempo di re ''Giosia'' (fine del VII secolo AEV) tutto il culto sacrificale era centralizzato in un unico luogo (il Tempio) nella capitale Gerusalemme. Questo santuario era stato costruito sotto re Salomone circa 300 anni prima, ma le Scritture menzionano ristrutturazioni e altri cambiamenti nel corso dei secoli. Non possiamo dire con certezza come fossero il Tempio o le sue cerimonie al tempo di Salomone (le descrizioni potrebbero incorporare informazioni successive), ma negli ultimi anni il santuario era diventato un'importante istituzione nazionale, un centro di orgoglio e venerazione. La sua perdita nel 586 AEV fu considerata una punizione divina e una catastrofe nazionale. Fin dai tempi antichi, la religione israelita aveva sviluppato un calendario di feste (cfr. "IL CALENDARIO BIBLICO"). Tra queste, probabilmente la più antica (e la più famosa) è la ''[[w:Pesach|Pesach]]'' (''Pasqua ebraica''), ancora oggi una celebrazione annuale della liberazione di Israele dalla schiavitù egiziana. Questa festività primaverile prevedeva l'offerta annuale di un nuovo agnello (''paschal'') e l'attenta astensione da tutti i prodotti alimentari lievitati per una settimana. Un'attenta lettura dei testi biblici (si veda in particolare {{passo biblico2|Esodo|12-13}}) suggerisce che queste osservanze potessero già essere antiche celebrazioni dell'arrivo della primavera, ma ora a esse veniva attribuito un nuovo livello di significato; oltre ad acclamare il loro Dio come signore della ''natura'', gli Israeliti identificavano gli eventi principali della loro ''storia'' come opera del Suo braccio potente. Questo modello di andare oltre l'eterno e immutabile mondo dei cicli naturali per trovare un significato religioso negli eventi unici della storia fu uno dei grandi contributi di Israele al pensiero occidentale. In modo simile, la festa del raccolto autunnale delle ''Capanne'' o dei ''Tabernacoli'' (in ebraico ''[[w:Sukkot|Sukkot]]'') riceve una spiegazione storica tramite il riferimento ad eventi che in realtà non vengono mai raccontati nella narrazione biblica (cfr. {{passo biblico2|Levitico|23:43}}). Nel corso del tempo, tuttavia, la caratteristica più sorprendente del calendario israelita si rivelò non essere affatto una festa annuale, bensì il giorno del Sabbath (''[[w:Shabbat|Shabbat]]'') settimanale, in cui il lavoro produttivo era proibito. Per quanto ne sappiamo, nessun'altra cultura nell'antico Vicino Oriente aveva una settimana di sette giorni.<ref>16</ref> Le teorie abbondano sulle origini di questa idea, ma possiamo semplicemente notarne l'importanza. Si dice che Dio stesso abbia istituito il Sabbath fin dalla creazione del mondo ({{passo biblico2|Genesi|2:1-3}}). Come segno della sua importanza, la [[Torah]] minaccia la pena di morte per coloro che violano il Sabbath ({{passo biblico2|Esodo|31:14;35:2}}), e l'osservanza del Sabbath è l'unica disposizione cerimoniale nei cosiddetti ''Dieci Comandamenti'' o ''Decalogo'' ({{passo biblico2|Esodo|20:8-11}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|5:12-15}}), un primo elenco di principi religiosi fondamentali. La Bibbia non fornisce molte informazioni dettagliate su questa importante istituzione israelita; non sappiamo quali rituali venissero eseguiti oltre ad alcuni sacrifici speciali ({{passo biblico2|Numeri|28:9-10}}),<ref>17</ref> né sappiamo quali azioni fossero considerate faticose e quindi proibite.<ref>18</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA |contenuto = As mentioned in the text, biblical law recognizes the importance of distinguishing genuine prophecy from false but sees that this can be difficult to accomplish. Scripture offers a very simple rule for sorting this out: genuine prophecy comes true, and false prophecy does not. {{citazione|If you should ask, “How will we know the word that YHWH has not spoken?,” that which the prophet speaks in the name of YHWH and does not come about, YHWH did not speak that word. The prophet spoke thus defiantly, and you must not fear him.|{{passo biblico2|Deuteronomio|18:21-22}}}} Biblical narrators, however, also seem aware that this rule is not always adequate. The famous story of Jonah, also mentioned in the text, contains a deep paradox. The prophet foretells the downfall of the great city Nineveh, but the people strive to change their sinful ways and God forgives them (Jonah 3). This angers the prophet greatly: now his prophecy has been falsified! The message of the book, however, is that the prophecy succeeded by not coming true. The destruction of the city, not its survival, would have been the real failure. A less well-known incident, in Jeremiah 28, concerned a confrontation between two prophets: Jeremiah himself and another named Hananiah ben Azur. Jeremiah had consistently called for surrender to the Babylonians now besieging Jerusalem, but Hananiah disagreed and did so in the name of God: he foretold that within two years the besiegers would be gone. Jeremiah did not know what to do; he was deeply convinced that Hananiah was misleading the people and that his own advocacy of surrender was the true of word of God, but how could he prove this to the perplexed bystanders? When two prophets offer directly opposite proclamations of the word of God, how are people to know whom to follow? Jeremiah went home without responding, only to receive a new prophecy confirming his conviction, and then “Hananiah the prophet died that year, in the seventh month.” God himself, so to speak, executed Jeremiah’s rival on the charge of false prophecy, but could it really be that when two prophets disagree the nation must wait to see who dies first? Another story (1 Kings 22:1–37) is more perplexing still. The two Israelite kings, Jehoshaphat of the south and Ahab of the north, met to consider making war on their common enemy the Arameans. Jehoshaphat, known for his piety, was ready to agree but wanted to consult the prophets of God before deciding. Many prophets predicted victory, but finally one last prophet (his name was Micaiah ben Imlah, and Ahab disliked him because his prophecies were always hostile) offered a shocking vision: God had sent a spirit into all the other prophets in order to entice Ahab to war, but the purpose of this message was to lure Ahab to his death. Sure enough Ahab went to war, and sure enough he was killed. In need of prophetic guidance, Ahab had naturally followed the majority opinion, and this was fatal. The story of the prophet Micaiah raises the terrifying possibility that an authentic prophecy may come from God but with a hidden, deceitful purpose, so that those who follow the prophecy achieve no salvation but are led on to their own destruction. Once aware of this danger, who would ever follow a prophet again? }} Le due versioni dei Dieci Comandamenti offrono spiegazioni piuttosto diverse sul motivo del giorno di riposo settimanale (cfr. "I DIECI COMANDAMENTI – DUE VERSIONI"). Il Libro dell'Esodo descrive il Sabbath come un riconoscimento di Dio quale Creatore del mondo: Dio creò il mondo in sei giorni e poi si riposò il settimo, e coloro che lo adorano dovrebbero fare lo stesso. Nel Deuteronomio, tuttavia, l'attenzione si sposta sulla fuga dalla schiavitù in Egitto: come voi eravate schiavi ma Dio vi ha dato riposo, così anche voi dovete riposarvi e dare riposo a tutti coloro che lavorano per voi. Questo è l'unico paragrafo del Decalogo in cui le due versioni differiscono significativamente, e la loro combinazione presenta ancora una volta una miscela di temi tratti dalla contemplazione della natura e dallo studio della storia della nazione. La presenza diffusa di tali miscele è una caratteristica distintiva della letteratura biblica. Ogni cultura antica aveva i suoi sacerdoti, ma Israele aveva anche un secondo tipo di guida religiosa, molto diverso: i ''profeti''. I profeti ebrei (''nevi’im'') non erano indovini, ma messaggeri, intermediari tra il popolo e il loro Dio; in questo si differenziavano dagli indovini, dagli astrologi e dagli oracoli che si potevano trovare in tutto il mondo antico. Mosè è il prototipo dei profeti (cfr. {{passo biblico2|Deuteronomio|18:15}}), e per tutto il periodo biblico i profeti servirono da veicoli attraverso i quali la parola di Dio giungeva al popolo. È facile comprendere quanto la profezia sia intrinsecamente inquietante: un profeta può presentarsi in qualsiasi momento e annunciare che i precedenti messaggi di Dio sono stati sostituiti da uno nuovo. Naturalmente, i funzionari (sacerdoti, re, ecc.) responsabili del mantenimento della stabilità della nazione spesso si scontravano con i profeti; le Scritture sono piene di storie di profeti che denunciavano i re in nome di Dio, mentre i sacerdoti nei loro santuari sacri, dediti al regolare svolgimento dei loro doveri cerimoniali, a volte cercavano di mettere a tacere i profeti o semplicemente di tenerli lontani.<ref>19</ref> Tale ostilità poteva essere evitata – un profeta che si guadagnava la fiducia del re poteva diventare un importante consigliere reale – ma la tensione tra la dedizione dei sacerdoti all'ordine e alla permanenza e le imprevedibili interruzioni dei profeti è uno dei temi ricorrenti della Bibbia. La profezia sollevava anche un'altra difficoltà: come si poteva distinguere chi fossero i veri profeti? Chiunque poteva presentarsi e affermare di essere portatore di un messaggio da Dio: come si potevano distinguere i falsi profeti – individui maliziosi o illusi – dai veri profeti? La legge biblica offre la soluzione semplice ma inutile: se la profezia non si avvera, il profeta non può essere stato mandato da Dio ({{passo biblico2|Deuteronomio|18:22}}), ma non sempre si poteva aspettare per vedere se una profezia si sarebbe adempiuta. E a volte, come nel famoso caso di Giona, la profezia raggiunse il suo scopo senza avverarsi. Giona predisse la caduta di una grande città, ma il suo popolo si pentì e fu perdonato; questo significava che, a rigor di termini, la profezia non si era avverata, ma chi poteva negare che avesse raggiunto il suo vero scopo? Oltre a questo enigma intellettuale, a volte la profezia richiedeva un'azione; quando profezie contrastanti richiedevano azioni incompatibili, il pubblico dei profeti non riusciva a capire cosa Dio volesse veramente che facessero (cfr. "IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA"). Queste incertezze si combinavano per produrre il peggiore dilemma di tutti: a volte le profezie erano concepite per salvare il pubblico dal disastro, come nel caso di Giona, ma a volte, come con il re Acab, erano destinate a condurre il pubblico alla distruzione. Come potevano le persone capire a quali profezie dare seguito? Cosa dovevano fare quando non potevano saperlo? Cosa sarebbe potuto accadere se non avessero considerato tutte le possibilità? Cosa sarebbe potuto accadere se avessero fatto ipotesi sbagliate? Sotto la pressione di tale incertezza, le generazioni successive iniziarono a perdere fiducia nella profezia come metodo affidabile per conoscere la volontà di Dio. I profeti del passato erano stati uomini e donne santi, e le loro parole venivano ricordate e continuamente rivisitate, ma non ci si aspettava alcun ulteriore messaggio da Dio. Zaccaria, uno degli ultimi profeti biblici, paradossalmente predice la fine della profezia: in futuro, chiunque avesse anche solo affermato di portare un messaggio da Dio sarebbe stato messo a morte come falso profeta, quindi i veri profeti avrebbero dovuto mentire sulla propria identità per proteggere la propria vita.<ref>20</ref> Nei secoli successivi, figure simili a profeti continuarono ad apparire, ma furono accolte con resistenza e scetticismo. La successiva tradizione ebraica affermò che la profezia scomparve intorno al tempo di [[w:Alessandro Magno|Alessandro Magno]] (che regnò dal 336 al 323 AEV), e questo ricordo è probabilmente corretto.<ref>21</ref> I profeti furono il secondo elemento della leadership religiosa israelita a scomparire dalla vita nazionale, dopo che i re erano scomparsi da secoli. Rimasero i sacerdoti. Dopo l'esilio babilonese, la religione israelita fu sempre più dominata dai sacerdoti, e la storia di tale dominazione – l'ascesa e il declino dell'ebraismo sacerdotale – sarà raccontata nei Capitoli successivi. {{Immagine grande|Tel Arad 280321 03 Temple.jpg|1010px|''Altare preesilico a [[:en:w:Tel Arad|Tel Arad]]''. Questo altare fu rinvenuto in una fortezza israelita preesilica ad Arad, vicino al Mar Morto. La sua costruzione – una struttura quadrata in pietra grezza – combina elementi delle istruzioni fornite in {{passo biblico2|Esodo|20;27}}, ma l'altare raffigurato non ha corni, come richiesto in {{passo biblico|Esodo|27:2}} ― è possibile che i corni esistessero ma siano stati spezzati, questo comunque non è più possibile stabilirlo.}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|3 luglio 2025}} [[Categoria:Una storia dell'ebraismo|Capitolo 1]] bl1khwl24vlrsvm3h8ms7zchisr369o 478455 478454 2025-07-05T20:33:20Z Monozigote 19063 /* La religione dell'Antico Israele */ testo 478455 wikitext text/x-wiki {{Una storia dell'ebraismo}} {{Immagine grande|Scribe- Menahem - The Birds' Head Haggadah - Google Art Project.jpg|750px|}} == La preistoria dell'ebraismo == <!--- vari miei testi in inglese da tradurre, adattare e inserire ---> La religione ebraica (Ebraismo) è emersa dagli scritti della Bibbia ebraica ''(Tanakh)'', ma in realtà non si trova in quegli scritti. L'Ebraismo è una religione che adora Dio<ref>1</ref> attraverso le ''parole'' – preghiera, sermoni, lettura delle Scritture e simili – in edifici chiamati ''[[w:sinagoga|sinagoghe]]'' sotto la guida di ''[[w:rabbino|rabbini]]'' eruditi. La Bibbia sa qualcosa della preghiera ma nulla del resto: la Bibbia descrive una religione incentrata su un singolo edificio comunemente chiamato ''[[w:Tempio di Gerusalemme|Tempio]]'' e guidata da ''[[w:sacerdote (ebraismo)|sacerdoti]]'' ereditari che adorano attraverso le ''azioni'' – elaborati riti sacrificali e altre cerimonie di purificazione ed espiazione. La transizione da quella religione primitiva a quella che le persone moderne riconoscerebbero è la trama di questo mio libro. Quasi tutte le nostre informazioni sulle prime parti di questa storia provengono dalle pagine della ''[[w:Tanakh|Bibbia]]''<ref>2</ref> (cfr. riquadro: "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"). La Bibbia in realtà non è un singolo libro; è un'antologia di materiali scritti nell'arco di molti secoli – forse anche di {{FORMATNUM:1000 anni}} – in due lingue diverse e in almeno due paesi diversi. Non sorprende che i suoi scritti mostrino una varietà di stili e prospettive su molte questioni importanti (cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]]). Questa varietà di contenuti ha permesso ai lettori successivi di trovare molti messaggi diversi nelle sue pagine e di applicarli alla grande varietà di situazioni che si sono trovati ad affrontare. Questa flessibilità è la chiave del successo straordinariamente duraturo della Bibbia nel sostenere individui e comunità di fede per oltre due millenni. Tuttavia, dal punto di vista dello storico, la Bibbia presenta un problema molto difficile. Molte, forse la maggior parte, delle sue narrazioni furono scritte molto tempo dopo gli eventi che descrivono (la storia inizia con la creazione del mondo!), e quasi nulla nella Bibbia può essere confermato da qualsiasi altra fonte antica di informazione. Come sempre con informazioni non corroborate, l'osservatore moderno non è in grado di giudicare l'affidabilità storica della Bibbia, non è in grado di misurare la distanza tra descrizione ed evento, non è in grado di leggere le storie della Bibbia e capire cosa (se qualcosa) sia realmente accaduto.<ref>3</ref> La Bibbia non può quindi essere letta come un documento storico: bisogna invece comprendere che la narrazione biblica è un distillato della memoria nazionale concepito per trasmettere un messaggio religioso. Il messaggio religioso della Bibbia è forte e chiaro, ma non possiamo sempre sapere come gli eventi descritti sarebbero apparsi senza lo scopo religioso che ora plasma la narrazione, o addirittura come gli autori della Bibbia abbiano appreso di quegli eventi in primo luogo. Allora, noi lettori moderni, possiamo veramente imparare la storia antica dalla Bibbia? Certo che possiamo, ma non nel modo in cui possiamo imparare la storia dagli archivi o da altri documenti ufficiali. La chiave per imparare la storia dalla Bibbia è focalizzare l'attenzione ''non sul contenuto delle storie, ma sulle storie stesse: chi le ha raccontate? Perché? Come le hanno comprese le persone che le hanno raccontate? Quali verità vi hanno trovato? Quali insegnamenti hanno cercato di trasmettere?'' Le persone hanno recitato queste narrazioni per ben oltre {{FORMATNUM:2000}} anni ― questo di per sé è un fatto storico di enorme importanza. Dopo un breve riassunto della narrazione stessa, sarà possibile riflettere su tali domande. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = COSA CONTIENE LA BIBBIA? |contenuto = La tradizione ebraica divideva la Bibbia in tre sezioni, contenenti in totale ventiquattro libri. <center>'''I. La [[Torah]]'''</center> 1. '''Genesi'''. Contesto della nascita del popolo d'Israele, dalla creazione del mondo attraverso le vite dei patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe) e delle matriarche (Sara, Rebecca, Lia, Rachele) fino alla morte di Giuseppe in Egitto. 2. '''Esodo'''. Schiavitù in Egitto, poi liberazione. Alleanza al Sinai, rivelazione dei comandamenti di Dio, costruzione del Tabernacolo per il culto formale. Storia del Vitello d'Oro: la prima caduta di Israele nell'idolatria. 3. '''Levitico'''. Regole per il mantenimento della purezza rituale e la corretta esecuzione dei sacrifici; anche per la creazione di una comunità sacra. Prima descrizione delle leggi alimentari e delle feste dell'anno. 4. '''Numeri'''. Censimento nel deserto prima della marcia verso la Terra Promessa. Incidenti nel corso di quella marcia, ulteriore legislazione. 5. '''Deuteronomio'''. Discorso di addio di Mosè: riassunto della sua carriera, riassunto dei comandamenti di Dio, avvertimento delle conseguenze della disobbedienza. Mosè muore ai confini della Terra Promessa. <center>'''II. I Profeti'''</center> '''a. I Primi Profeti'''. Nonostante il nome tradizionale, questa sezione contiene in realtà pochissime profezie. Piuttosto, prosegue principalmente la narrazione oltre la morte di Mosè. 6. '''Giosuè'''. Conquista e insediamento iniziale della Terra Promessa da parte di Israele. 7. '''Giudici'''. Le generazioni successive. L'infedeltà a Dio porta oppressori stranieri; il pentimento porta la liberazione. 8. '''1 e 2 Samuele'''. L’ultimo dei giudici e il primo dei re d’Israele fino alla morte di Davide. 9. '''1 e 2 Re'''. La storia dei regni fino alla loro distruzione. ''Nota: I libri ora citati come coppie numerate erano originariamente opere singole. Furono divisi dai copisti nel Medioevo a causa delle loro grandi dimensioni. Tale non è il caso dei libri numerati del Nuovo Testamento, che sono documenti separati.'' '''b. I Profeti posteriori '''. Questi sono i grandi oratori e scrittori della Bibbia. 10. '''Isaia'''. L'Isaia storico visse intorno al 700 AEV, ma molti contenuti di questo libro sembrano risalire a un'epoca successiva, durante l'esilio babilonese e forse anche più tardi. 11. '''Geremia'''. Vissuto all'incirca all'epoca dell'Esilio, il libro contiene una significativa narrazione biografica insieme alle orazioni di Geremia. 12. '''Ezechiele'''. Contemporaneo di Geremia, ma visse e profetizzò tra gli esuli a Babilonia. 13. '''I Dodici'''. Dodici libri profetici molto più brevi, attribuiti a scrittori vissuti in un arco di diversi secoli. Solo Giona contiene una narrazione significativa. {{Colonne}} *Osea *Gioele *Amos {{Colonne spezza}} *Abdia *Giona *Michea {{Colonne spezza}} *Naum *Abacuc *Zaccaria {{Colonne spezza}} *Aggeo *Sofonia *Malachia {{Colonne fine}} <center>'''III. Scritti ''(Ketuvim)'''''</center> 14. '''Salmi'''. Una raccolta di 150 poemi religiosi, molti dei quali attribuiti al re Davide. 15. '''Proverbi'''. Raccolta di saggi insegnamenti, in gran parte attribuiti al re Salomone. 16. '''Giobbe'''. Una storia di rettitudine messa alla prova dalla sofferenza. '''Le ''Cinque Meghillot''''', così chiamate perché vengono lette liturgicamente in occasione di festività specifiche (questo raggruppamento riflette una successiva pratica sinagogale e non è una sezione formalmente riconosciuta della Bibbia). 17. '''Cantico dei Cantici'''. Una poesia d'amore attribuita a re Salomone. Viene letta nelle sinagoghe durante la Pesach. 18. '''Rut'''. Un breve racconto di lealtà e amore ambientato ai tempi dei giudici; le origini della dinastia di re Davide. Da leggere nella [[w:Shavuot|Festa delle Settimane]] (''Shavuot''). 19. '''Lamentazioni'''. Poemi sulla distruzione di Gerusalemme, attribuite a Geremia. Da leggere il 9 di Av, anniversario della distruzione del Tempio. 20. '''Ecclesiaste''' o '''Qohelet'''. Riflessioni filosofiche, attribuite a re Salomone. Da leggere durante Festa delle Capanne. 21. '''Ester'''. Intrighi alla corte reale di Persia; gli ebrei sconfiggono a malapena i malvagi piani di un potente nemico. Letto durante ''Purim''. Questo è l'unico libro della Bibbia in cui Dio non viene mai menzionato direttamente nel testo ebraico. 22. '''Daniele'''. Storie di ebrei leali nelle corti reali di Babilonia e Persia; anche visioni della Fine della Storia. 23. '''Ezra-Nehemiah'''. I leader ebrei e le loro conquiste nel periodo successivo all'esilio babilonese. 24. '''1 e 2 Cronache'''. Rivisitazione della storia di Israele dai tempi di re Davide fino al ritorno dall'esilio babilonese. In gran parte una revisione, ma a volte una semplice ripetizione dei Libri di Samuele e dei Re. In tempi recenti l'acronimo ebraico ''Tanakh'' ('''T'''orah, '''N'''evi’im [profeti], '''K'''etuvim [scritti]) è stato utilizzato per designare l'intera raccolta di ventiquattro libri. [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] La tradizione cristiana, seguendo l'usanza degli antichi ebrei di lingua greca, organizzò questi libri in modo diverso, in due sezioni (non formalmente separate) contenenti rispettivamente la narrazione in prosa e le composizioni poetiche. L'ordine era il seguente: {{Colonne}} *Genesi *Esodo *Levitico *Numeri *Deuteronomio *Giosuè *Giudici *Rut *1 e 2 Samuele {{Colonne spezza}} *1 e 2 Re *1 e 2 Cronache *Esdra *Neemia (libro separato) *Ester *Giobbe *Salmi *Proverbi {{Colonne spezza}} *Ecclesiaste *Cantico dei Cantici *Isaia *Geremia *Lamentazioni *Ezechiele *Daniele *I Dodici {{Colonne fine}} }} === La narrazione biblica === '''Primi sviluppi'''. La Bibbia inizia con la creazione del mondo da parte del Dio d'Israele.<ref>4</ref> Non si tratta di un dio che lotta o collabora con altri dèi, come nei miti di altri popoli; il Dio d'Israele crea il mondo da solo, senza sforzo o difficoltà, semplicemente comandando passo dopo passo che l'ordine cosmico venga ad esistere. In questo mondo il Creatore colloca tutte le specie viventi, inclusa una coppia umana di nome ''Adamo'' ed ''Eva''. Adamo ed Eva avrebbero potuto vivere spensierati sotto la protezione di Dio nel ''Giardino dell’Eden'', ma trasgredirono: c'era un solo albero nel giardino, l'"albero della conoscenza del bene e del male", il cui frutto era stato detto loro di evitare, ma mangiarono quel frutto e di conseguenza furono espulsi nel mondo del duro lavoro, il mondo del sesso, della nascita e della morte. Il solo atto di apprendere la differenza tra il bene e il male portò sofferenza nel mondo. I primi capitoli della Bibbia contengono diverse altre drammatiche rappresentazioni dell'incapacità degli esseri umani di vivere come dovrebbero. Adamo ed Eva ebbero due figli di nome Caino e Abele, e uno uccise l'altro. L'immoralità sessuale e la violenza divennero diffuse. Cinque generazioni dopo Caino, avvenne un altro omicidio. Alla decima generazione, Dio era così scoraggiato che distrusse l'intera creazione con un diluvio; solo un uomo giusto ([[w:Noè|Noè]]) e la sua famiglia furono salvati per dar via a un nuovo inizio. Ma anche Noè purtroppo deluse: uscendo dall'arca con cui aveva superato il diluvio, piantò una vigna, si ubriacò e inflisse umiliazioni sessuali alla sua famiglia.<ref>5</ref> I discendenti di Noè crebbero di nuovo numerosi, ma poi costruirono la famosa [[w:Torre di Babele|Torre di Babele]] in ribellione contro la volontà di Dio. Costretti di conseguenza a parlare lingue diverse, si dispersero per il mondo: l'idillio era andato a male. Il lettore moderno può facilmente comprendere come queste narrazioni cerchino di rispondere a domande fondamentali sulla natura dell'esistenza umana: perché non parliamo tutti la stessa lingua? Perché le persone devono lavorare così duramente per procurarsi il cibo? Perché si muore? Perché l'impulso sessuale è così forte e il parto così doloroso? Perché le donne sono subordinate agli uomini? Tutte le culture antiche hanno narrato storie di questo tipo, e gli studiosi moderni possono confrontare le versioni bibliche con altre che circolavano nel mondo antico, inserendo così Israele più saldamente nel contesto culturale del Vicino Oriente antico. Ma tali paragoni non spiegano perché la Bibbia stessa sia stata preservata o come questa particolare versione di quelle storie sia arrivata a dominare la nostra civiltà. Solo la fase successiva della narrazione lo spiega. '''Dio fa una scelta'''. Dopo venti generazioni di storia umana, Dio improvvisamente incaricò un uomo di nome ''Abram'' ({{lang|he|אַבְרָם}}), proveniente da una famiglia con radici in Mesopotamia, di recarsi nella lontana terra di Canaan e di stabilirvisi. In effetti, il padre di Abram era partito per questa stessa destinazione anni prima, ma non aveva mai raggiunto il suo obiettivo; ora Abram poteva completare il viaggio del padre e compiere una missione divina allo stesso tempo. La Bibbia non spiega mai del tutto la scelta di quest'uomo da parte di Dio; ci viene detto che era giusto, ma non ci viene detto (come fu detto di Noè) che fosse l'unico uomo giusto della sua generazione. Quale che fosse la ragione della scelta di Dio, i risultati furono epocali. Abram si stabilì a Canaan e ricevette la promessa o ''alleanza'' di Dio che i suoi discendenti avrebbero ereditato quella terra e vi sarebbero diventati una grande nazione. Il segno di questo patto sarebbe stato l'antico rito della ''[[w:Brit milà|circoncisione]]'', eseguito sul corpo di ogni neonato maschio nella prima settimana di vita. Come simbolo del suo nuovo status, Abram ricevette un nuovo nome, ''[[w:Abramo|Abraham]]''; come segno della speciale cura di Dio per lui, suo figlio ed erede ''Isacco'' non nacque prima che Abramo avesse 100 anni. Col tempo Isacco divenne il padre di ''Giacobbe'', che fu anche chiamato ''Israele'', e nella generazione successiva le quattro mogli di Giacobbe gli diedero un totale di dodici figli maschi e una femmina. Una carestia costrinse la famiglia di Giacobbe ad abbandonare la patria a loro destinata e si stabilì in Egitto. Uno dei figli di Giacobbe, ''Giuseppe'', dopo molte avventure aveva elaborato un piano per salvare l'Egitto dagli effetti di questa stessa carestia, e aveva quindi acquisito un grande potere nel paese; sotto la protezione del loro famoso fratello, la famiglia si moltiplicò e prosperò nella loro nuova dimora. Alla fine, tuttavia, un nuovo re perse di vista il debito di gratitudine della sua nazione; sospettoso del numero degli Israeliti, li ridusse in schiavitù.<ref>6</ref> Soffrirono molto finché alla fine Dio si ricordò del loro patto ancestrale e mandò un nuovo capo, ''[[w:Mosè|Mosè]]'', per aiutarli a liberarsi dalle loro catene. Dio (e Mosè) compirono molti atti prodigiosi, infliggendo molte "piaghe" agli ostinati Egiziani; infine, dopo la terrificante morte di ogni primogenito in Egitto, al popolo israelita fu permesso di andarsene. Anche ora, tuttavia, il re si pentì di averli lasciati andare e cercò di inseguirli: in un miracolo finale, il popolo attraversò il mare giungendo in terraferma, ma gli inseguitori egiziani invece annegarono nel tentativo di seguirli. Così i discendenti di Giacobbe divennero il popolo libero di Israele, una nazione di dodici tribù che prese il nome dai dodici figli di Giacobbe, popolo di quasi 2 milioni di persone.<ref>7</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL CALENDARIO BIBLICO |contenuto = Le prime testimonianze bibliche riflettono una varietà di sistemi di calendario nell'antico Israele; questi non sono pienamente compatibili, quindi devono riflettere variazioni nelle usanze locali o (più probabilmente) diverse fasi dello sviluppo culturale di Israele. Sfortunatamente, le prove non consentono agli studiosi moderni di ricostruire queste fasi in dettaglio. Un calendario, apparentemente lunare, usava nomi per i mesi, sebbene ne siano sopravvissuti solo quattro: la maggior parte di questi compare nel racconto della costruzione del Tempio da parte di Salomone ({{passo biblico2|1Re|6-8}}). Un anno di dodici mesi lunari dura solo 354 giorni e diverse feste annuali (cfr. descrizione seguente) avevano chiare associazioni stagionali, eppure non ci sono prove che spieghino come le persone che usavano questo calendario impedissero a tali feste di essere fuori stagione. (Nei secoli successivi le autorità aggiunsero occasionalmente un tredicesimo mese in primavera per assicurarsi che la Pesach non cadesse troppo presto.) Per secoli, i mesi lunari furono dichiarati in base all'effettiva osservazione della luna nuova; si dice che il capo rabbinico del IV secolo Hillel II abbia abbandonato questo sistema e abbia istituito formule matematiche per determinare la lunazione. Si veda [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 8|Capitolo 8]], in particolare "''Taqqanot'' e ''Gezerot'' rabbiniche antiche". Un altro calendario numera solo i mesi, a partire dal mese dell'equinozio di primavera, il mese in cui cade la Pesach. Potrebbe trattarsi di un calendario solare simile a quelli conosciuti nell'antico Egitto e altrove, composto da dodici mesi di trenta giorni e un giorno in più ogni trimestre per completare esattamente cinquantadue settimane. L'uso di questo calendario potrebbe spiegare perché {{passo biblico2|Genesi|1:14}} indica che i corpi celesti servono a segnare giorni e anni, ma non dice nulla sui mesi. La settimana di sette giorni è un'unità del tutto artificiale; i tentativi di collegarla alle fasi lunari o alle caratteristiche del calendario babilonese non hanno avuto successo. A parte lo Shabbat, anche i giorni della settimana sono numerati, non nominati: l'ebraico moderno ancora non ha nomi per gli altri giorni della settimana. Fin dall'antichità, gli Israeliti celebravano feste annuali in determinati periodi chiave dell'anno. In seguito, tre di queste feste furono contrassegnate dal pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme e, a quanto pare, furono concepite fin dall'inizio come un ciclo annuale. La più famosa di queste era la festa primaverile della ''Pesach'', collegata alla ''[[w:Pesach|Festa dei Pani Azzimi]]''. Insieme, queste feste servivano a commemorare la fuga degli Israeliti dalla schiavitù egiziana ai tempi di Mosè. In origine, le osservanze potrebbero essere state separate: l'offerta di un agnello il quattordicesimo giorno del primo mese, seguita da un'astensione di una settimana da cibi lievitati o fermentati a partire dal quindicesimo. Fin dall'antichità, tuttavia, queste due feste furono unite in un'unica grande celebrazione. Un resoconto successivo suggerisce che, poco prima della distruzione del Secondo Tempio, oltre un milione di pellegrini si riunivano a Gerusalemme ogni anno per celebrare questa festa (cfr. Flavio Giuseppe , ''[[w:Guerra giudaica (Flavio Giuseppe)|Guerra giudaica]]'', 6.424). Sette settimane dopo, l'inizio della stagione del raccolto fu segnato da una festa più breve; col tempo anche questa osservanza acquisì una dimensione storica come anniversario della rivelazione della [[Torah]] sul Monte Sinai. Infine, la grande festa autunnale del raccolto era segnata dalla costruzione di capanne nei campi dove la gente mangiava e dormiva. Queste capanne avevano probabilmente un'origine utilitaristica: quando ogni ora contava, i contadini non volevano perdere tempo ogni giorno per spostarsi tra i loro villaggi e i loro campi. Col tempo, tuttavia, la ''[[w:Sukkot|Festa delle Capanne]]'' o dei ''Tabernacoli'' divenne un altro simbolo della memoria storica, ricordando i quarant'anni di peregrinazioni di Israele nel deserto prima che gli schiavi liberati raggiungessero la Terra Promessa ({{passo biblico2|Levitico|23:43}}). Un'ulteriore coppia di festività veniva celebrata ogni autunno, sebbene la prova della loro effettiva osservanza provenga solo dal periodo biblico successivo. La luna nuova autunnale segnava l'inizio dell'anno civile, e il decimo giorno successivo divenne un giorno annuale di espiazione caratterizzato da digiuno e cerimonie elaborate. Inizialmente questo giorno sembra essere stato incentrato sul Tempio stesso e serviva una volta all'anno per purificare il santuario da qualsiasi contaminazione accidentale della sua sacralità, ma col tempo l'annuale Giorno dell'Espiazione (''[[w:Yom Kippur|Yom Kippur]]'') divenne il giorno più sacro dell'anno, celebrato dagli ebrei di tutto il mondo. I libri successivi della Bibbia aggiunsero diverse nuove festività al calendario. Il Libro di Ester istituì la festa di ''[[w:Purim|Purim]]'', all'inizio della primavera, per celebrare la fuga degli ebrei persiani dai malvagi disegni di un ministro reale ostile. Il profeta Zaccaria, verso la fine del periodo biblico, accenna a una serie di digiuni durante l'anno che dovevano commemorare eventi disastrosi del passato ({{passo biblico2|Zaccaria|8:19}}). D'altra parte, alcune osservanze sembrano essere cadute in disuso. L'offerta di un covone di grano ogni primavera inaugurava il raccolto di grano del nuovo anno ({{passo biblico2|Levitico|23:9-14}}), ma questo rito scomparve con la distruzione del Tempio, dando solo il suo nome (''Omer'', la parola ebraica per "covone") al periodo di sette settimane dopo la Pesach. Il momento preciso per l'offerta di questo covone divenne oggetto di accese controversie durante il periodo del Secondo Tempio, e sembrano essere sorte anche altre dispute tra i sostenitori di questi diversi calendari; cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 5|Capitolo 5]], "Calendario & Controversie". Gli elenchi più dettagliati delle feste bibliche si trovano in {{passo biblico2|Levitico|23}} e {{passo biblico2|Numeri|28-29}}; si veda anche {{passo biblico2|Deuteronomio|16}} e (più brevemente) {{passo biblico2|Esodo|23:14-19;34:22-26}}. {{passo biblico2|Neemia|8}} riporta che in seguito i Giudei di ritorno dall'esilio babilonese trovarono le regole per queste feste nella Torah e evidentemente non le conoscevano. Si veda il [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 3|Capitolo 3]], "Il Libro di Re Giosia", per una celebrazione della Pesach ebraica ai tempi di re Giosia, poco prima della distruzione del Primo Tempio. }} '''L'Alleanza decisiva'''. Mosè condusse il popolo nel deserto del Sinai. Lì, dalla cima di una montagna, la voce di Dio parlò loro e diede loro le leggi secondo cui avrebbero dovuto vivere. Dio si offrì di rinnovare la Sua alleanza con loro come popolo, e loro accettarono con entusiasmo. Israele divenne la nazione di Dio. Ora vivevano sotto la protezione di Dio e soggetti al Suo governo e al Suo giudizio. Il destino della nazione sarebbe ora dipeso dalla loro lealtà a Dio e all'Alleanza, dalla loro obbedienza ai Suoi comandamenti. Mosè salì sul monte e trascorse quaranta giorni e quaranta notti alla presenza di Dio; al suo ritorno, portò con sé la parola di Dio scritta su tavole di pietra. Le ripose in un contenitore speciale e, per custodire questo sacro scrigno, costruì un santuario mobile dove il popolo potesse incontrare il suo Dio e adorarlo. Tuttavia, quasi subito, si verificò una situazione che sarebbe diventata presto familiare: ripetutamente, il popolo rinunciò alle proprie speranze tradendo i propri obblighi e violando i comandamenti di Dio.<ref>8</ref> Al momento della sua morte, Mosè era completamente disilluso dal suo popolo; nel suo discorso d'addio, li avvertì che la continua disobbedienza avrebbe portato alla catastrofe. '''Il popolo e la loro terra'''. Per fedeltà all'alleanza, Dio guidò il popolo attraverso il deserto per quarant'anni e poi lo condusse nella Terra Promessa. Ancora una volta, tradirono ripetutamente l'alleanza adorando altri dèi. Privi della protezione divina, furono ripetutamente invasi e oppressi da nazioni straniere. Ogni volta, sotto la pressione della sofferenza, si pentirono: Dio li avrebbe salvati dai loro nemici, ma presto sarebbero caduti di nuovo. Dopo alcune generazioni, le tribù unirono le loro forze e costruirono un regno sotto l'eroico ''Davide''. A Davide seguì ''Salomone'', famoso per la sua saggezza, che costruì il Primo Tempio permanente a Dio nella nuova capitale reale, ''Gerusalemme''. Tramite i ''profeti'', Dio assicurò che la famiglia di Davide sarebbe salita per sempre sul trono d'Israele, ma i vecchi schemi di slealtà continuarono a ripresentarsi; dieci tribù su dodici si ribellarono alla famiglia reale, lasciando ai suoi discendenti il ​​governo della sola tribù di Davide, ''Giuda''; in entrambi i regni, i ricchi opprimevano i poveri e il culto di altri dei persisteva. Il regno di Israele, che comprendeva le dieci tribù ribelli, fu distrutto dai conquistatori assiri nel 722 AEV. Poi il regno davidiano di Giuda fu spazzato via, il Tempio di Salomone fu demolito e i capi della nazione furono deportati in esilio a Babilonia (l’''Esilio babilonese'') nel 586 AEV. Sembrava che la santa alleanza fosse crollata. Ma ora il resto del popolo attuò una vera riforma delle proprie abitudini. Finalmente abbandonò l'attrazione per false divinità; finalmente accettò l'autorità dell'unico vero Dio. Un gruppo di esuli tornò nella terra dei loro antenati e ricostruì il Tempio. Sotto la guida di ''Esdra'', ''Neemia'' e dell'ultimo dei profeti, si dedicarono nuovamente all'edificazione di una comunità santa basata sulla devozione alla parola di Dio e agli insegnamenti di Mosè. L'apostasia continuò, naturalmente, ma non dominava più la vita nazionale. Il popolo problematico di Israele era diventato la nazione santa degli ebrei.<ref>9</ref> [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] Vale la pena ripetere che la narrazione precedente non può essere verificata come Storia. La maggior parte dei personaggi della saga biblica non compare negli scritti storici di nessun'altra nazione antica; la maggior parte degli eventi di questa saga non è raccontata in nessun altro documento antico. L'importanza della storia non risiede nella questione se ''gli eventi siano realmente accaduti'', cosa che non può essere determinata, ma nella certezza che ''la storia sia stata raccontata'' più e più volte, nel corso di innumerevoli generazioni: ''questo'' fatto, di fondamentale importanza, è fuori da ogni dubbio. La narrazione epica appena riassunta ha plasmato la coscienza di uomini e donne ebrei fin dagli albori della storia ebraica. La narrazione biblica stabilisce alcune concezioni che sono rimaste centrali per la nascente religione ebraica. La storia identifica il Dio degli ebrei come creatore e unico sovrano dell'universo. Afferma la pretesa di Israele di un rapporto speciale con questo Dio e spiega come questo rapporto sia nato. La storia descrive lo stile di vita ebraico e la patria nazionale ebraica come doni di Dio e porte d'accesso alla santità per coloro che rispettano le richieste e gli insegnamenti di Dio; d'altra parte, contiene anche un severo monito: coloro che si allontanano da quegli insegnamenti o che resistono a quelle richieste porteranno inevitabilmente alla catastrofe per sé stessi e per chi li circonda. Queste idee costituiscono il contesto per comprendere le strutture formali dell'antica religione israelita. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = "I DIECI COMANDAMENTI" – DUE VERSIONI |contenuto = ''Nota: diverse tradizioni religiose suddividono queste istruzioni nei Dieci Comandamenti. Le seguenti traduzioni offrono la tradizionale divisione ebraica.'' <center>'''I'''</center> Io sono YHWH, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avrai altri dèi al mio cospetto. Non ti farai scultura o immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, YHWH, tuo Dio, un Dio geloso, punisco la colpa dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, mentre uso misericordia fino alla millesima generazione, per coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronunciare invano il nome di YHWH, tuo Dio, perché YHWH non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano. Ricordati del giorno di Shabbat per santificarlo. Lavorerai sei giorni e compirai ogni tuo lavoro, ma il settimo giorno è Shabbat in onore del Signore tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te, perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di Shabbat e lo ha santificato. Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che il Signore, il tuo Dio, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non risponderai contro il tuo prossimo come falso testimone. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo. <div align="right">({{passo biblico2|Esodo|20:2-17}})</div> <center>'''II'''</center> Io sono YHWH, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avrai altri dèi al mio cospetto. Non ti farai scultura o immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, YHWH, il tuo Dio, un Dio geloso, punisco la colpa dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, mentre uso misericordia fino alla millesima generazione, per coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronunciare invano il nome di YHWH, tuo Dio, perché YHWH non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano. Osserva il giorno di Shabbat per santificarlo, come YHWH tuo Dio ti ha comandato. Lavorerai sei giorni e farai ogni tuo lavoro, ma il settimo giorno è Shabbat in onore di YHWH tuo Dio: non fare alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bue, né il tuo asino, né alcuna delle tue bestie, né il forestiero che sta entro le tue porte, affinché il tuo servo e la tua serva si riposino come te. E ricordati che sei stato un servo nel paese d'Egitto e che YHWH tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio steso; perciò YHWH tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di Shabbat. Onora tuo padre e tua madre, come YHWH tuo Dio ti ha comandato, perché i tuoi giorni siano prolungati e tu prosperi sulla terra che YHWH, tuo Dio, ti dà. Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, E non risponderai contro il tuo prossimo come un vano testimone, Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo. <div align="right">({{passo biblico2|Deuteronomio|5:6-21}})</div> }} === La religione dell'Antico Israele === Nella loro vita privata, gli antichi abitanti di Israele sembrano essere stati molto simili ai loro vicini. L'economia era prevalentemente rurale, basata sull'agricoltura e sulla pastorizia.<ref>10</ref> La legge biblica presuppone l'esistenza della schiavitù, ma la narrazione scritturale non menziona mai schiavi al di fuori delle famiglie dei più ricchi. Similmente, in teoria, gli uomini potevano prendere più mogli, ma pochissimi lo facevano, fatta eccezione per i più ricchi. La poligamia era costosa e pochi potevano permettersi di mantenere una famiglia numerosa; inoltre, mariti e mogli spesso sviluppavano legami affettivi che non lasciavano spazio a relazioni parallele. La legge biblica dà per scontata l'esistenza della poligamia, ma le Scritture riportano in realtà pochissimi casi di famiglie poligame.<ref>11</ref> Quando le donne si sposavano, entravano a far parte delle famiglie dei loro mariti. Potevano mantenere legami di affetto con le famiglie di nascita, ma la loro identità legale era ora determinata dal matrimonio.<ref>12</ref> Per questo motivo, la legge biblica si preoccupava di provvedere alle vedove: non solo queste donne spesso mancavano di sostegno materiale, ma non avevano nemmeno un'identità legale sicura nella società.<ref>13</ref> La legge biblica proibisce ripetutamente il matrimonio con donne straniere; a volte il riferimento sembra limitato ai popoli nativi non-israeliti della Terra Promessa, ma a volte il divieto sembra assoluto. Ciononostante, la legge riconosce anche che un soldato potrebbe innamorarsi di una donna catturata in guerra ({{passo biblico2|Deuteronomio|21:10-14}}), e le Scritture raccontano diversi casi di uomini israeliti che sposavano donne straniere.<ref>14</ref> Poiché le donne assumevano l'identità legale dei loro mariti al momento del matrimonio, le donne israelite che sposavano uomini stranieri probabilmente scomparivano dalla società israelita. Certo, la Bibbia non fornisce un singolo caso di una donna che lo facesse, ma questo potrebbe semplicemente confermare che tali donne se ne andarono con i loro mariti e scomparvero. Il culto di una divinità nazionale era tipico del Vicino Oriente, ma in altri casi era solitamente combinato con la venerazione per le forze della natura, come la pioggia e la tempesta, o l'amore e la fertilità, che sembravano governare la vita delle persone; analogamente, anche in Israele, l'idea che il culto dovesse essere limitato a una sola divinità incontrò forti resistenze per generazioni. Si veda il [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]] per ulteriori approfondimenti. La narrazione biblica non dice quasi nulla sulla vita religiosa dei privati. In occasioni speciali si offrivano sacrifici a Dio, ma è difficile stabilire se le regole formali bibliche sui sacrifici si applicassero a tali offerte private. Oltre ai grandi altari pubblici, le case private avevano luoghi specifici per le offerte domestiche? Non possiamo dirlo. Non sappiamo se il matrimonio o la nascita di un figlio fossero celebrati da cerimonie religiose diverse dalle consuete offerte di ringraziamento o dalle offerte di purificazione ''post-partum'' specificate in {{passo biblico2|Levitico|12}}. Non possiamo nemmeno dire se le grandi feste fossero caratterizzate da rituali domestici oltre che dalle grandi cerimonie celebrate nei santuari pubblici.<ref>15</ref> In ogni caso, come per tutti i popoli antichi, il culto pubblico degli Israeliti era incentrato sul ''sacrificio'', il dono a Dio (solitamente tramite la distruzione) di un oggetto di valore. La legge biblica fornisce norme dettagliate per la corretta offerta del sacrificio: un oggetto di valore adeguato (di solito un animale, ma a volte anche grano, vino o olio d'oliva), l'occasione giusta (talvolta richiesta dal calendario o da un evento della propria vita come la nascita di un figlio, ma anche eventualmente il risultato di un voto spontaneo), le procedure necessarie, il personale appropriato. Col passare del tempo, il diritto di offrire sacrifici passò ai sacerdoti ereditari (ebr. ''kohanim''); la memoria nazionale fa risalire questo sacerdozio ad Aronne, fratello di Mosè, ma questa discendenza non può essere verificata. In effetti, vari passi biblici suggeriscono che in epoca antica il ruolo sacerdotale potesse essere assegnato su basi diverse; soprattutto, la tradizione suggerisce che prima dell'inizio del sacerdozio ereditario, questo ruolo fosse ricoperto dal figlio primogenito di ogni famiglia. Questa tradizione è chiaramente collegata alla tradizione narrativa secondo cui i primogeniti israeliti furono risparmiati quando i primogeniti d'Egitto furono tutti uccisi nella decima e ultima piaga. Per un certo periodo, esistevano santuari locali e gruppi di sacerdoti locali sparsi in tutto il paese (cfr. immagine in basso), ma al tempo di re ''Giosia'' (fine del VII secolo AEV) tutto il culto sacrificale era centralizzato in un unico luogo (il Tempio) nella capitale Gerusalemme. Questo santuario era stato costruito sotto re Salomone circa 300 anni prima, ma le Scritture menzionano ristrutturazioni e altri cambiamenti nel corso dei secoli. Non possiamo dire con certezza come fossero il Tempio o le sue cerimonie al tempo di Salomone (le descrizioni potrebbero incorporare informazioni successive), ma negli ultimi anni il santuario era diventato un'importante istituzione nazionale, un centro di orgoglio e venerazione. La sua perdita nel 586 AEV fu considerata una punizione divina e una catastrofe nazionale. Fin dai tempi antichi, la religione israelita aveva sviluppato un calendario di feste (cfr. "IL CALENDARIO BIBLICO"). Tra queste, probabilmente la più antica (e la più famosa) è la ''[[w:Pesach|Pesach]]'' (''Pasqua ebraica''), ancora oggi una celebrazione annuale della liberazione di Israele dalla schiavitù egiziana. Questa festività primaverile prevedeva l'offerta annuale di un nuovo agnello (''paschal'') e l'attenta astensione da tutti i prodotti alimentari lievitati per una settimana. Un'attenta lettura dei testi biblici (si veda in particolare {{passo biblico2|Esodo|12-13}}) suggerisce che queste osservanze potessero già essere antiche celebrazioni dell'arrivo della primavera, ma ora a esse veniva attribuito un nuovo livello di significato; oltre ad acclamare il loro Dio come signore della ''natura'', gli Israeliti identificavano gli eventi principali della loro ''storia'' come opera del Suo braccio potente. Questo modello di andare oltre l'eterno e immutabile mondo dei cicli naturali per trovare un significato religioso negli eventi unici della storia fu uno dei grandi contributi di Israele al pensiero occidentale. In modo simile, la festa del raccolto autunnale delle ''Capanne'' o dei ''Tabernacoli'' (in ebraico ''[[w:Sukkot|Sukkot]]'') riceve una spiegazione storica tramite il riferimento ad eventi che in realtà non vengono mai raccontati nella narrazione biblica (cfr. {{passo biblico2|Levitico|23:43}}). Nel corso del tempo, tuttavia, la caratteristica più sorprendente del calendario israelita si rivelò non essere affatto una festa annuale, bensì il giorno del Sabbath (''[[w:Shabbat|Shabbat]]'') settimanale, in cui il lavoro produttivo era proibito. Per quanto ne sappiamo, nessun'altra cultura nell'antico Vicino Oriente aveva una settimana di sette giorni.<ref>16</ref> Le teorie abbondano sulle origini di questa idea, ma possiamo semplicemente notarne l'importanza. Si dice che Dio stesso abbia istituito il Sabbath fin dalla creazione del mondo ({{passo biblico2|Genesi|2:1-3}}). Come segno della sua importanza, la [[Torah]] minaccia la pena di morte per coloro che violano il Sabbath ({{passo biblico2|Esodo|31:14;35:2}}), e l'osservanza del Sabbath è l'unica disposizione cerimoniale nei cosiddetti ''Dieci Comandamenti'' o ''Decalogo'' ({{passo biblico2|Esodo|20:8-11}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|5:12-15}}), un primo elenco di principi religiosi fondamentali. La Bibbia non fornisce molte informazioni dettagliate su questa importante istituzione israelita; non sappiamo quali rituali venissero eseguiti oltre ad alcuni sacrifici speciali ({{passo biblico2|Numeri|28:9-10}}),<ref>17</ref> né sappiamo quali azioni fossero considerate faticose e quindi proibite.<ref>18</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA |contenuto = Come menzionato nel testo, la legge biblica riconosce l'importanza di distinguere la profezia autentica da quella falsa, ma si rende conto che questo può essere difficile da realizzare. La Scrittura offre una regola molto semplice per distinguere: la profezia autentica si avvera, quella falsa no. {{citazione|Se tu dici in cuor tuo: "Come riconosceremo la parola che YHWH non ha detta?" Quando il profeta parlerà in nome di YHWH e la cosa non succede e non si avvera, quella sarà una parola che YHWH non ha detta; il profeta l'ha detta per presunzione; tu non lo temere.|{{passo biblico2|Deuteronomio|18:21-22}}}} I narratori biblici, tuttavia, sembrano anche consapevoli che questa regola non è sempre adeguata. La famosa storia di Giona, anch'essa menzionata nel mio testo, contiene un profondo paradosso. Il profeta predice la caduta della grande città di Ninive, ma il popolo si sforza di cambiare le proprie vie peccaminose e Dio lo perdona ({{passo biblico2|Giona|3}}). Ciò fa infuriare profondamente il profeta: ora la sua profezia è stata falsificata! Il messaggio del libro, tuttavia, è che ''la profezia ha avuto successo perché non si è avverata''. La distruzione della città, non la sua sopravvivenza, sarebbe stata il vero fallimento. Un episodio meno noto, in {{passo biblico2|Geremia|28}}, riguardava uno scontro tra due profeti: lo stesso Geremia e un altro di nome Hanania ben Azur. Geremia aveva ripetutamente invocato la resa ai Babilonesi che assediavano Gerusalemme, ma Hanania non era d'accordo e lo fece in nome di Dio: predisse che entro due anni gli assedianti se ne sarebbero andati. Geremia non sapeva cosa fare; era profondamente convinto che Hanania stesse ingannando il popolo e che la sua stessa difesa della resa fosse la vera parola di Dio, ma come poteva dimostrarlo agli astanti perplessi? Quando due profeti offrono proclamazioni esattamente opposte della parola di Dio, come possono le persone sapere chi seguire? Geremia tornò a casa senza rispondere, solo per ricevere una nuova profezia che confermava la sua convinzione, e poi "il profeta Hanania morì quell'anno, nel settimo mese". Dio stesso, per così dire, giustiziò il rivale di Geremia con l’accusa di falsa profezia, ma è possibile che quando due profeti sono in disaccordo la nazione debba aspettare per vedere chi muore per primo? Un'altra storia ({{passo biblico2|1Re|22:1-37}}) è ancora più sconcertante. I due re israeliti, Giosafat del sud e Acab del nord, si incontrarono per valutare l'idea di muovere guerra al loro nemico comune, gli Aramei. Giosafat, noto per la sua pietà, era pronto ad accettare, ma volle consultare i profeti di Dio prima di decidere. Molti profeti predissero la vittoria, ma alla fine un ultimo profeta (il suo nome era Michea ben Imla, e Acab lo detestava perché le sue profezie erano sempre ostili) offrì una visione sconvolgente: Dio aveva inviato uno spirito in tutti gli altri profeti per indurre Acab alla guerra, ''ma lo scopo di questo messaggio era quello di indurlo alla morte''. Come previsto, Acab andò in guerra e come previsto fu ucciso. Avendo bisogno di una guida profetica, Acab aveva naturalmente seguito l'opinione della maggioranza, e questo gli fu fatale. La storia del profeta Michea solleva la terrificante possibilità che una profezia autentica possa provenire da Dio, ma con uno scopo nascosto e ingannevole, così che coloro che la seguono non ottengano la salvezza, ma siano condotti alla propria distruzione. Una volta consapevole di questo pericolo, chi seguirebbe mai più un profeta? }} Le due versioni dei Dieci Comandamenti offrono spiegazioni piuttosto diverse sul motivo del giorno di riposo settimanale (cfr. "I DIECI COMANDAMENTI – DUE VERSIONI"). Il Libro dell'Esodo descrive il Sabbath come un riconoscimento di Dio quale Creatore del mondo: Dio creò il mondo in sei giorni e poi si riposò il settimo, e coloro che lo adorano dovrebbero fare lo stesso. Nel Deuteronomio, tuttavia, l'attenzione si sposta sulla fuga dalla schiavitù in Egitto: come voi eravate schiavi ma Dio vi ha dato riposo, così anche voi dovete riposarvi e dare riposo a tutti coloro che lavorano per voi. Questo è l'unico paragrafo del Decalogo in cui le due versioni differiscono significativamente, e la loro combinazione presenta ancora una volta una miscela di temi tratti dalla contemplazione della natura e dallo studio della storia della nazione. La presenza diffusa di tali miscele è una caratteristica distintiva della letteratura biblica. Ogni cultura antica aveva i suoi sacerdoti, ma Israele aveva anche un secondo tipo di guida religiosa, molto diverso: i ''profeti''. I profeti ebrei (''nevi’im'') non erano indovini, ma messaggeri, intermediari tra il popolo e il loro Dio; in questo si differenziavano dagli indovini, dagli astrologi e dagli oracoli che si potevano trovare in tutto il mondo antico. Mosè è il prototipo dei profeti (cfr. {{passo biblico2|Deuteronomio|18:15}}), e per tutto il periodo biblico i profeti servirono da veicoli attraverso i quali la parola di Dio giungeva al popolo. È facile comprendere quanto la profezia sia intrinsecamente inquietante: un profeta può presentarsi in qualsiasi momento e annunciare che i precedenti messaggi di Dio sono stati sostituiti da uno nuovo. Naturalmente, i funzionari (sacerdoti, re, ecc.) responsabili del mantenimento della stabilità della nazione spesso si scontravano con i profeti; le Scritture sono piene di storie di profeti che denunciavano i re in nome di Dio, mentre i sacerdoti nei loro santuari sacri, dediti al regolare svolgimento dei loro doveri cerimoniali, a volte cercavano di mettere a tacere i profeti o semplicemente di tenerli lontani.<ref>19</ref> Tale ostilità poteva essere evitata – un profeta che si guadagnava la fiducia del re poteva diventare un importante consigliere reale – ma la tensione tra la dedizione dei sacerdoti all'ordine e alla permanenza e le imprevedibili interruzioni dei profeti è uno dei temi ricorrenti della Bibbia. La profezia sollevava anche un'altra difficoltà: come si poteva distinguere chi fossero i veri profeti? Chiunque poteva presentarsi e affermare di essere portatore di un messaggio da Dio: come si potevano distinguere i falsi profeti – individui maliziosi o illusi – dai veri profeti? La legge biblica offre la soluzione semplice ma inutile: se la profezia non si avvera, il profeta non può essere stato mandato da Dio ({{passo biblico2|Deuteronomio|18:22}}), ma non sempre si poteva aspettare per vedere se una profezia si sarebbe adempiuta. E a volte, come nel famoso caso di Giona, la profezia raggiunse il suo scopo senza avverarsi. Giona predisse la caduta di una grande città, ma il suo popolo si pentì e fu perdonato; questo significava che, a rigor di termini, la profezia non si era avverata, ma chi poteva negare che avesse raggiunto il suo vero scopo? Oltre a questo enigma intellettuale, a volte la profezia richiedeva un'azione; quando profezie contrastanti richiedevano azioni incompatibili, il pubblico dei profeti non riusciva a capire cosa Dio volesse veramente che facessero (cfr. "IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA"). Queste incertezze si combinavano per produrre il peggiore dilemma di tutti: a volte le profezie erano concepite per salvare il pubblico dal disastro, come nel caso di Giona, ma a volte, come con il re Acab, erano destinate a condurre il pubblico alla distruzione. Come potevano le persone capire a quali profezie dare seguito? Cosa dovevano fare quando non potevano saperlo? Cosa sarebbe potuto accadere se non avessero considerato tutte le possibilità? Cosa sarebbe potuto accadere se avessero fatto ipotesi sbagliate? Sotto la pressione di tale incertezza, le generazioni successive iniziarono a perdere fiducia nella profezia come metodo affidabile per conoscere la volontà di Dio. I profeti del passato erano stati uomini e donne santi, e le loro parole venivano ricordate e continuamente rivisitate, ma non ci si aspettava alcun ulteriore messaggio da Dio. Zaccaria, uno degli ultimi profeti biblici, paradossalmente predice la fine della profezia: in futuro, chiunque avesse anche solo affermato di portare un messaggio da Dio sarebbe stato messo a morte come falso profeta, quindi i veri profeti avrebbero dovuto mentire sulla propria identità per proteggere la propria vita.<ref>20</ref> Nei secoli successivi, figure simili a profeti continuarono ad apparire, ma furono accolte con resistenza e scetticismo. La successiva tradizione ebraica affermò che la profezia scomparve intorno al tempo di [[w:Alessandro Magno|Alessandro Magno]] (che regnò dal 336 al 323 AEV), e questo ricordo è probabilmente corretto.<ref>21</ref> I profeti furono il secondo elemento della leadership religiosa israelita a scomparire dalla vita nazionale, dopo che i re erano scomparsi da secoli. Rimasero i sacerdoti. Dopo l'esilio babilonese, la religione israelita fu sempre più dominata dai sacerdoti, e la storia di tale dominazione – l'ascesa e il declino dell'ebraismo sacerdotale – sarà raccontata nei Capitoli successivi. {{Immagine grande|Tel Arad 280321 03 Temple.jpg|1010px|''Altare preesilico a [[:en:w:Tel Arad|Tel Arad]]''. Questo altare fu rinvenuto in una fortezza israelita preesilica ad Arad, vicino al Mar Morto. La sua costruzione – una struttura quadrata in pietra grezza – combina elementi delle istruzioni fornite in {{passo biblico2|Esodo|20;27}}, ma l'altare raffigurato non ha corni, come richiesto in {{passo biblico|Esodo|27:2}} ― è possibile che i corni esistessero ma siano stati spezzati, questo comunque non è più possibile stabilirlo.}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|3 luglio 2025}} [[Categoria:Una storia dell'ebraismo|Capitolo 1]] jbm2kabvvypn3igci102i54ebvgyzwv 478456 478455 2025-07-05T21:05:29Z Monozigote 19063 /* La preistoria dell'ebraismo */ testo 478456 wikitext text/x-wiki {{Una storia dell'ebraismo}} {{Immagine grande|Scribe- Menahem - The Birds' Head Haggadah - Google Art Project.jpg|750px|}} == La preistoria dell'ebraismo == <!--- vari miei testi in inglese da tradurre, adattare e inserire ---> La religione ebraica (Ebraismo) è emersa dagli scritti della Bibbia ebraica ''(Tanakh)'', ma in realtà non si trova in quegli scritti. L'Ebraismo è una religione che adora Dio<ref>In tutto questo wikilibro, la parola Dio sarà scritta con la maiuscola solo quando si riferisce all'Unico Dio della Bibbia, il Dio dell'Ebraismo maturo. Ovviamente, questo esclude tutti i riferimenti alle divinità delle nazioni politeiste; meno ovviamente, esclude anche i riferimenti biblici al dio di Israele in contesti che sembrano riconoscere l'esistenza di altri dèi (forse inferiori). Questa distinzione sarà elaborata più avanti in questo Capitolo e nei Capitoli successivi di questo libro.<br/> Nei primi Capitoli di questo libro, quando si descrivono periodi storici in cui le persone pronunciavano ancora il nome personale di quattro lettere di Dio, tale nome sarà trascritto secondo le sue consonanti ebraiche come YHWH. A causa dell'estrema santità di questo nome e dell'immenso potere che incarnava, in tempi successivi le persone smisero di pronunciarlo nella vita quotidiana e il suo suono effettivo fu dimenticato. Per i periodi successivi, quando questo nome non veniva più pronunciato ma sostituito da una perifrasi come "Signore", verrà qui adottata una pratica simile.</ref> attraverso le ''parole'' – preghiera, sermoni, lettura delle Scritture e simili – in edifici chiamati ''[[w:sinagoga|sinagoghe]]'' sotto la guida di ''[[w:rabbino|rabbini]]'' eruditi. La Bibbia sa qualcosa della preghiera ma nulla del resto: la Bibbia descrive una religione incentrata su un singolo edificio comunemente chiamato ''[[w:Tempio di Gerusalemme|Tempio]]'' e guidata da ''[[w:sacerdote (ebraismo)|sacerdoti]]'' ereditari che adorano attraverso le ''azioni'' – elaborati riti sacrificali e altre cerimonie di purificazione ed espiazione. La transizione da quella religione primitiva a quella che le persone moderne riconoscerebbero è la trama di questo mio libro. Quasi tutte le nostre informazioni sulle prime parti di questa storia provengono dalle pagine della ''[[w:Tanakh|Bibbia]]''<ref>In questo libro, il termine "Bibbia" si riferirà sempre alla Bibbia ebraica, spesso chiamata Antico Testamento nell'uso cristiano. Un elenco completo dei libri della Bibbia ebraica si trova nel riquadro "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"</ref> (cfr. riquadro: "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"). La Bibbia in realtà non è un singolo libro; è un'antologia di materiali scritti nell'arco di molti secoli – forse anche di {{FORMATNUM:1000 anni}} – in due lingue diverse e in almeno due paesi diversi. Non sorprende che i suoi scritti mostrino una varietà di stili e prospettive su molte questioni importanti (cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]]). Questa varietà di contenuti ha permesso ai lettori successivi di trovare molti messaggi diversi nelle sue pagine e di applicarli alla grande varietà di situazioni che si sono trovati ad affrontare. Questa flessibilità è la chiave del successo straordinariamente duraturo della Bibbia nel sostenere individui e comunità di fede per oltre due millenni. Tuttavia, dal punto di vista dello storico, la Bibbia presenta un problema molto difficile. Molte, forse la maggior parte, delle sue narrazioni furono scritte molto tempo dopo gli eventi che descrivono (la storia inizia con la creazione del mondo!), e quasi nulla nella Bibbia può essere confermato da qualsiasi altra fonte antica di informazione. Come sempre con informazioni non corroborate, l'osservatore moderno non è in grado di giudicare l'affidabilità storica della Bibbia, non è in grado di misurare la distanza tra descrizione ed evento, non è in grado di leggere le storie della Bibbia e capire cosa (se qualcosa) sia realmente accaduto.<ref>L'archeologia può confermare che un certo resoconto è ''plausibile'' o ''realistico'', ma senza una qualche forma di corroborazione documentale (e gli archeologi spesso trovano documenti!) non può stabilire se un resoconto sia ''accurato'' o ''vero''.</ref> La Bibbia non può quindi essere letta come un documento storico: bisogna invece comprendere che la narrazione biblica è un distillato della memoria nazionale concepito per trasmettere un messaggio religioso. Il messaggio religioso della Bibbia è forte e chiaro, ma non possiamo sempre sapere come gli eventi descritti sarebbero apparsi senza lo scopo religioso che ora plasma la narrazione, o addirittura come gli autori della Bibbia abbiano appreso di quegli eventi in primo luogo. Allora, noi lettori moderni, possiamo veramente imparare la storia antica dalla Bibbia? Certo che possiamo, ma non nel modo in cui possiamo imparare la storia dagli archivi o da altri documenti ufficiali. La chiave per imparare la storia dalla Bibbia è focalizzare l'attenzione ''non sul contenuto delle storie, ma sulle storie stesse: chi le ha raccontate? Perché? Come le hanno comprese le persone che le hanno raccontate? Quali verità vi hanno trovato? Quali insegnamenti hanno cercato di trasmettere?'' Le persone hanno recitato queste narrazioni per ben oltre {{FORMATNUM:2000}} anni ― questo di per sé è un fatto storico di enorme importanza. Dopo un breve riassunto della narrazione stessa, sarà possibile riflettere su tali domande. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = COSA CONTIENE LA BIBBIA? |contenuto = La tradizione ebraica divideva la Bibbia in tre sezioni, contenenti in totale ventiquattro libri. <center>'''I. La [[Torah]]'''</center> 1. '''Genesi'''. Contesto della nascita del popolo d'Israele, dalla creazione del mondo attraverso le vite dei patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe) e delle matriarche (Sara, Rebecca, Lia, Rachele) fino alla morte di Giuseppe in Egitto. 2. '''Esodo'''. Schiavitù in Egitto, poi liberazione. Alleanza al Sinai, rivelazione dei comandamenti di Dio, costruzione del Tabernacolo per il culto formale. Storia del Vitello d'Oro: la prima caduta di Israele nell'idolatria. 3. '''Levitico'''. Regole per il mantenimento della purezza rituale e la corretta esecuzione dei sacrifici; anche per la creazione di una comunità sacra. Prima descrizione delle leggi alimentari e delle feste dell'anno. 4. '''Numeri'''. Censimento nel deserto prima della marcia verso la Terra Promessa. Incidenti nel corso di quella marcia, ulteriore legislazione. 5. '''Deuteronomio'''. Discorso di addio di Mosè: riassunto della sua carriera, riassunto dei comandamenti di Dio, avvertimento delle conseguenze della disobbedienza. Mosè muore ai confini della Terra Promessa. <center>'''II. I Profeti'''</center> '''a. I Primi Profeti'''. Nonostante il nome tradizionale, questa sezione contiene in realtà pochissime profezie. Piuttosto, prosegue principalmente la narrazione oltre la morte di Mosè. 6. '''Giosuè'''. Conquista e insediamento iniziale della Terra Promessa da parte di Israele. 7. '''Giudici'''. Le generazioni successive. L'infedeltà a Dio porta oppressori stranieri; il pentimento porta la liberazione. 8. '''1 e 2 Samuele'''. L’ultimo dei giudici e il primo dei re d’Israele fino alla morte di Davide. 9. '''1 e 2 Re'''. La storia dei regni fino alla loro distruzione. ''Nota: I libri ora citati come coppie numerate erano originariamente opere singole. Furono divisi dai copisti nel Medioevo a causa delle loro grandi dimensioni. Tale non è il caso dei libri numerati del Nuovo Testamento, che sono documenti separati.'' '''b. I Profeti posteriori '''. Questi sono i grandi oratori e scrittori della Bibbia. 10. '''Isaia'''. L'Isaia storico visse intorno al 700 AEV, ma molti contenuti di questo libro sembrano risalire a un'epoca successiva, durante l'esilio babilonese e forse anche più tardi. 11. '''Geremia'''. Vissuto all'incirca all'epoca dell'Esilio, il libro contiene una significativa narrazione biografica insieme alle orazioni di Geremia. 12. '''Ezechiele'''. Contemporaneo di Geremia, ma visse e profetizzò tra gli esuli a Babilonia. 13. '''I Dodici'''. Dodici libri profetici molto più brevi, attribuiti a scrittori vissuti in un arco di diversi secoli. Solo Giona contiene una narrazione significativa. {{Colonne}} *Osea *Gioele *Amos {{Colonne spezza}} *Abdia *Giona *Michea {{Colonne spezza}} *Naum *Abacuc *Zaccaria {{Colonne spezza}} *Aggeo *Sofonia *Malachia {{Colonne fine}} <center>'''III. Scritti ''(Ketuvim)'''''</center> 14. '''Salmi'''. Una raccolta di 150 poemi religiosi, molti dei quali attribuiti al re Davide. 15. '''Proverbi'''. Raccolta di saggi insegnamenti, in gran parte attribuiti al re Salomone. 16. '''Giobbe'''. Una storia di rettitudine messa alla prova dalla sofferenza. '''Le ''Cinque Meghillot''''', così chiamate perché vengono lette liturgicamente in occasione di festività specifiche (questo raggruppamento riflette una successiva pratica sinagogale e non è una sezione formalmente riconosciuta della Bibbia). 17. '''Cantico dei Cantici'''. Una poesia d'amore attribuita a re Salomone. Viene letta nelle sinagoghe durante la Pesach. 18. '''Rut'''. Un breve racconto di lealtà e amore ambientato ai tempi dei giudici; le origini della dinastia di re Davide. Da leggere nella [[w:Shavuot|Festa delle Settimane]] (''Shavuot''). 19. '''Lamentazioni'''. Poemi sulla distruzione di Gerusalemme, attribuite a Geremia. Da leggere il 9 di Av, anniversario della distruzione del Tempio. 20. '''Ecclesiaste''' o '''Qohelet'''. Riflessioni filosofiche, attribuite a re Salomone. Da leggere durante Festa delle Capanne. 21. '''Ester'''. Intrighi alla corte reale di Persia; gli ebrei sconfiggono a malapena i malvagi piani di un potente nemico. Letto durante ''Purim''. Questo è l'unico libro della Bibbia in cui Dio non viene mai menzionato direttamente nel testo ebraico. 22. '''Daniele'''. Storie di ebrei leali nelle corti reali di Babilonia e Persia; anche visioni della Fine della Storia. 23. '''Ezra-Nehemiah'''. I leader ebrei e le loro conquiste nel periodo successivo all'esilio babilonese. 24. '''1 e 2 Cronache'''. Rivisitazione della storia di Israele dai tempi di re Davide fino al ritorno dall'esilio babilonese. In gran parte una revisione, ma a volte una semplice ripetizione dei Libri di Samuele e dei Re. In tempi recenti l'acronimo ebraico ''Tanakh'' ('''T'''orah, '''N'''evi’im [profeti], '''K'''etuvim [scritti]) è stato utilizzato per designare l'intera raccolta di ventiquattro libri. [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] La tradizione cristiana, seguendo l'usanza degli antichi ebrei di lingua greca, organizzò questi libri in modo diverso, in due sezioni (non formalmente separate) contenenti rispettivamente la narrazione in prosa e le composizioni poetiche. L'ordine era il seguente: {{Colonne}} *Genesi *Esodo *Levitico *Numeri *Deuteronomio *Giosuè *Giudici *Rut *1 e 2 Samuele {{Colonne spezza}} *1 e 2 Re *1 e 2 Cronache *Esdra *Neemia (libro separato) *Ester *Giobbe *Salmi *Proverbi {{Colonne spezza}} *Ecclesiaste *Cantico dei Cantici *Isaia *Geremia *Lamentazioni *Ezechiele *Daniele *I Dodici {{Colonne fine}} }} === La narrazione biblica === '''Primi sviluppi'''. La Bibbia inizia con la creazione del mondo da parte del Dio d'Israele.<ref>I lettori che hanno familiarità con le Scritture noteranno che il seguente riassunto omette molti personaggi e storie famosi. Si concentra su quei temi che sono rimasti importanti nella visione religiosa del mondo per le generazioni successive.</ref> Non si tratta di un dio che lotta o collabora con altri dèi, come nei miti di altri popoli; il Dio d'Israele crea il mondo da solo, senza sforzo o difficoltà, semplicemente comandando passo dopo passo che l'ordine cosmico venga ad esistere. In questo mondo il Creatore colloca tutte le specie viventi, inclusa una coppia umana di nome ''Adamo'' ed ''Eva''. Adamo ed Eva avrebbero potuto vivere spensierati sotto la protezione di Dio nel ''Giardino dell’Eden'', ma trasgredirono: c'era un solo albero nel giardino, l'"albero della conoscenza del bene e del male", il cui frutto era stato detto loro di evitare, ma mangiarono quel frutto e di conseguenza furono espulsi nel mondo del duro lavoro, il mondo del sesso, della nascita e della morte. Il solo atto di apprendere la differenza tra il bene e il male portò sofferenza nel mondo. I primi capitoli della Bibbia contengono diverse altre drammatiche rappresentazioni dell'incapacità degli esseri umani di vivere come dovrebbero. Adamo ed Eva ebbero due figli di nome Caino e Abele, e uno uccise l'altro. L'immoralità sessuale e la violenza divennero diffuse. Cinque generazioni dopo Caino, avvenne un altro omicidio. Alla decima generazione, Dio era così scoraggiato che distrusse l'intera creazione con un diluvio; solo un uomo giusto ([[w:Noè|Noè]]) e la sua famiglia furono salvati per dar via a un nuovo inizio. Ma anche Noè purtroppo deluse: uscendo dall'arca con cui aveva superato il diluvio, piantò una vigna, si ubriacò e inflisse umiliazioni sessuali alla sua famiglia.<ref>La punizione per questo orrore fu concentrata su Cam, uno dei figli di Noè e antenato dei Cananei che Israele avrebbe poi scacciato dalla Terra Promessa. {{passo biblico2|Genesi|10}} identifica anche Cam come antenato degli africani, un fatto che è stato citato in successive teorie razziali a sostegno di opinioni che gli autori biblici avrebbero considerato aliene e fantastiche.</ref> I discendenti di Noè crebbero di nuovo numerosi, ma poi costruirono la famosa [[w:Torre di Babele|Torre di Babele]] in ribellione contro la volontà di Dio. Costretti di conseguenza a parlare lingue diverse, si dispersero per il mondo: l'idillio era andato a male. Il lettore moderno può facilmente comprendere come queste narrazioni cerchino di rispondere a domande fondamentali sulla natura dell'esistenza umana: perché non parliamo tutti la stessa lingua? Perché le persone devono lavorare così duramente per procurarsi il cibo? Perché si muore? Perché l'impulso sessuale è così forte e il parto così doloroso? Perché le donne sono subordinate agli uomini? Tutte le culture antiche hanno narrato storie di questo tipo, e gli studiosi moderni possono confrontare le versioni bibliche con altre che circolavano nel mondo antico, inserendo così Israele più saldamente nel contesto culturale del Vicino Oriente antico. Ma tali paragoni non spiegano perché la Bibbia stessa sia stata preservata o come questa particolare versione di quelle storie sia arrivata a dominare la nostra civiltà. Solo la fase successiva della narrazione lo spiega. '''Dio fa una scelta'''. Dopo venti generazioni di storia umana, Dio improvvisamente incaricò un uomo di nome ''Abram'' ({{lang|he|אַבְרָם}}), proveniente da una famiglia con radici in Mesopotamia, di recarsi nella lontana terra di Canaan e di stabilirvisi. In effetti, il padre di Abram era partito per questa stessa destinazione anni prima, ma non aveva mai raggiunto il suo obiettivo; ora Abram poteva completare il viaggio del padre e compiere una missione divina allo stesso tempo. La Bibbia non spiega mai del tutto la scelta di quest'uomo da parte di Dio; ci viene detto che era giusto, ma non ci viene detto (come fu detto di Noè) che fosse l'unico uomo giusto della sua generazione. Quale che fosse la ragione della scelta di Dio, i risultati furono epocali. Abram si stabilì a Canaan e ricevette la promessa o ''alleanza'' di Dio che i suoi discendenti avrebbero ereditato quella terra e vi sarebbero diventati una grande nazione. Il segno di questo patto sarebbe stato l'antico rito della ''[[w:Brit milà|circoncisione]]'', eseguito sul corpo di ogni neonato maschio nella prima settimana di vita. Come simbolo del suo nuovo status, Abram ricevette un nuovo nome, ''[[w:Abramo|Abraham]]''; come segno della speciale cura di Dio per lui, suo figlio ed erede ''Isacco'' non nacque prima che Abramo avesse 100 anni. Col tempo Isacco divenne il padre di ''Giacobbe'', che fu anche chiamato ''Israele'', e nella generazione successiva le quattro mogli di Giacobbe gli diedero un totale di dodici figli maschi e una femmina. Una carestia costrinse la famiglia di Giacobbe ad abbandonare la patria a loro destinata e si stabilì in Egitto. Uno dei figli di Giacobbe, ''Giuseppe'', dopo molte avventure aveva elaborato un piano per salvare l'Egitto dagli effetti di questa stessa carestia, e aveva quindi acquisito un grande potere nel paese; sotto la protezione del loro famoso fratello, la famiglia si moltiplicò e prosperò nella loro nuova dimora. Alla fine, tuttavia, un nuovo re perse di vista il debito di gratitudine della sua nazione; sospettoso del numero degli Israeliti, li ridusse in schiavitù.<ref>I temi di questa storia prefigurano la successiva esperienza ebraica: la nazione ospite rende un grande servizio al suo ospite, solo per subire i terribili effetti di una combinazione avvelenata: l'ingratitudine dell'ospitante e la vulnerabilità degli ospiti stessi. L'idea che "le storie dei padri prefigurano quelle dei figli" divenne un tema ricorrente nelle successive interpretazioni ebraiche della Bibbia.</ref> Soffrirono molto finché alla fine Dio si ricordò del loro patto ancestrale e mandò un nuovo capo, ''[[w:Mosè|Mosè]]'', per aiutarli a liberarsi dalle loro catene. Dio (e Mosè) compirono molti atti prodigiosi, infliggendo molte "piaghe" agli ostinati Egiziani; infine, dopo la terrificante morte di ogni primogenito in Egitto, al popolo israelita fu permesso di andarsene. Anche ora, tuttavia, il re si pentì di averli lasciati andare e cercò di inseguirli: in un miracolo finale, il popolo attraversò il mare giungendo in terraferma, ma gli inseguitori egiziani invece annegarono nel tentativo di seguirli. Così i discendenti di Giacobbe divennero il popolo libero di Israele, una nazione di dodici tribù che prese il nome dai dodici figli di Giacobbe, popolo di quasi 2 milioni di persone.<ref>In diversi punti ({{passo biblico2|Esodo|12:37}}; {{passo biblico2|Numeri|1:46,26:51}}, ecc.), le Scritture riportano che i figli d'Israele che lasciarono l'Egitto erano oltre {{FORMATNUM:600000}} maschi adulti.</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL CALENDARIO BIBLICO |contenuto = Le prime testimonianze bibliche riflettono una varietà di sistemi di calendario nell'antico Israele; questi non sono pienamente compatibili, quindi devono riflettere variazioni nelle usanze locali o (più probabilmente) diverse fasi dello sviluppo culturale di Israele. Sfortunatamente, le prove non consentono agli studiosi moderni di ricostruire queste fasi in dettaglio. Un calendario, apparentemente lunare, usava nomi per i mesi, sebbene ne siano sopravvissuti solo quattro: la maggior parte di questi compare nel racconto della costruzione del Tempio da parte di Salomone ({{passo biblico2|1Re|6-8}}). Un anno di dodici mesi lunari dura solo 354 giorni e diverse feste annuali (cfr. descrizione seguente) avevano chiare associazioni stagionali, eppure non ci sono prove che spieghino come le persone che usavano questo calendario impedissero a tali feste di essere fuori stagione. (Nei secoli successivi le autorità aggiunsero occasionalmente un tredicesimo mese in primavera per assicurarsi che la Pesach non cadesse troppo presto.) Per secoli, i mesi lunari furono dichiarati in base all'effettiva osservazione della luna nuova; si dice che il capo rabbinico del IV secolo Hillel II abbia abbandonato questo sistema e abbia istituito formule matematiche per determinare la lunazione. Si veda [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 8|Capitolo 8]], in particolare "''Taqqanot'' e ''Gezerot'' rabbiniche antiche". Un altro calendario numera solo i mesi, a partire dal mese dell'equinozio di primavera, il mese in cui cade la Pesach. Potrebbe trattarsi di un calendario solare simile a quelli conosciuti nell'antico Egitto e altrove, composto da dodici mesi di trenta giorni e un giorno in più ogni trimestre per completare esattamente cinquantadue settimane. L'uso di questo calendario potrebbe spiegare perché {{passo biblico2|Genesi|1:14}} indica che i corpi celesti servono a segnare giorni e anni, ma non dice nulla sui mesi. La settimana di sette giorni è un'unità del tutto artificiale; i tentativi di collegarla alle fasi lunari o alle caratteristiche del calendario babilonese non hanno avuto successo. A parte lo Shabbat, anche i giorni della settimana sono numerati, non nominati: l'ebraico moderno ancora non ha nomi per gli altri giorni della settimana. Fin dall'antichità, gli Israeliti celebravano feste annuali in determinati periodi chiave dell'anno. In seguito, tre di queste feste furono contrassegnate dal pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme e, a quanto pare, furono concepite fin dall'inizio come un ciclo annuale. La più famosa di queste era la festa primaverile della ''Pesach'', collegata alla ''[[w:Pesach|Festa dei Pani Azzimi]]''. Insieme, queste feste servivano a commemorare la fuga degli Israeliti dalla schiavitù egiziana ai tempi di Mosè. In origine, le osservanze potrebbero essere state separate: l'offerta di un agnello il quattordicesimo giorno del primo mese, seguita da un'astensione di una settimana da cibi lievitati o fermentati a partire dal quindicesimo. Fin dall'antichità, tuttavia, queste due feste furono unite in un'unica grande celebrazione. Un resoconto successivo suggerisce che, poco prima della distruzione del Secondo Tempio, oltre un milione di pellegrini si riunivano a Gerusalemme ogni anno per celebrare questa festa (cfr. Flavio Giuseppe , ''[[w:Guerra giudaica (Flavio Giuseppe)|Guerra giudaica]]'', 6.424). Sette settimane dopo, l'inizio della stagione del raccolto fu segnato da una festa più breve; col tempo anche questa osservanza acquisì una dimensione storica come anniversario della rivelazione della [[Torah]] sul Monte Sinai. Infine, la grande festa autunnale del raccolto era segnata dalla costruzione di capanne nei campi dove la gente mangiava e dormiva. Queste capanne avevano probabilmente un'origine utilitaristica: quando ogni ora contava, i contadini non volevano perdere tempo ogni giorno per spostarsi tra i loro villaggi e i loro campi. Col tempo, tuttavia, la ''[[w:Sukkot|Festa delle Capanne]]'' o dei ''Tabernacoli'' divenne un altro simbolo della memoria storica, ricordando i quarant'anni di peregrinazioni di Israele nel deserto prima che gli schiavi liberati raggiungessero la Terra Promessa ({{passo biblico2|Levitico|23:43}}). Un'ulteriore coppia di festività veniva celebrata ogni autunno, sebbene la prova della loro effettiva osservanza provenga solo dal periodo biblico successivo. La luna nuova autunnale segnava l'inizio dell'anno civile, e il decimo giorno successivo divenne un giorno annuale di espiazione caratterizzato da digiuno e cerimonie elaborate. Inizialmente questo giorno sembra essere stato incentrato sul Tempio stesso e serviva una volta all'anno per purificare il santuario da qualsiasi contaminazione accidentale della sua sacralità, ma col tempo l'annuale Giorno dell'Espiazione (''[[w:Yom Kippur|Yom Kippur]]'') divenne il giorno più sacro dell'anno, celebrato dagli ebrei di tutto il mondo. I libri successivi della Bibbia aggiunsero diverse nuove festività al calendario. Il Libro di Ester istituì la festa di ''[[w:Purim|Purim]]'', all'inizio della primavera, per celebrare la fuga degli ebrei persiani dai malvagi disegni di un ministro reale ostile. Il profeta Zaccaria, verso la fine del periodo biblico, accenna a una serie di digiuni durante l'anno che dovevano commemorare eventi disastrosi del passato ({{passo biblico2|Zaccaria|8:19}}). D'altra parte, alcune osservanze sembrano essere cadute in disuso. L'offerta di un covone di grano ogni primavera inaugurava il raccolto di grano del nuovo anno ({{passo biblico2|Levitico|23:9-14}}), ma questo rito scomparve con la distruzione del Tempio, dando solo il suo nome (''Omer'', la parola ebraica per "covone") al periodo di sette settimane dopo la Pesach. Il momento preciso per l'offerta di questo covone divenne oggetto di accese controversie durante il periodo del Secondo Tempio, e sembrano essere sorte anche altre dispute tra i sostenitori di questi diversi calendari; cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 5|Capitolo 5]], "Calendario & Controversie". Gli elenchi più dettagliati delle feste bibliche si trovano in {{passo biblico2|Levitico|23}} e {{passo biblico2|Numeri|28-29}}; si veda anche {{passo biblico2|Deuteronomio|16}} e (più brevemente) {{passo biblico2|Esodo|23:14-19;34:22-26}}. {{passo biblico2|Neemia|8}} riporta che in seguito i Giudei di ritorno dall'esilio babilonese trovarono le regole per queste feste nella Torah e evidentemente non le conoscevano. Si veda il [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 3|Capitolo 3]], "Il Libro di Re Giosia", per una celebrazione della Pesach ebraica ai tempi di re Giosia, poco prima della distruzione del Primo Tempio. }} '''L'Alleanza decisiva'''. Mosè condusse il popolo nel deserto del Sinai. Lì, dalla cima di una montagna, la voce di Dio parlò loro e diede loro le leggi secondo cui avrebbero dovuto vivere. Dio si offrì di rinnovare la Sua alleanza con loro come popolo, e loro accettarono con entusiasmo. Israele divenne la nazione di Dio. Ora vivevano sotto la protezione di Dio e soggetti al Suo governo e al Suo giudizio. Il destino della nazione sarebbe ora dipeso dalla loro lealtà a Dio e all'Alleanza, dalla loro obbedienza ai Suoi comandamenti. Mosè salì sul monte e trascorse quaranta giorni e quaranta notti alla presenza di Dio; al suo ritorno, portò con sé la parola di Dio scritta su tavole di pietra. Le ripose in un contenitore speciale e, per custodire questo sacro scrigno, costruì un santuario mobile dove il popolo potesse incontrare il suo Dio e adorarlo. Tuttavia, quasi subito, si verificò una situazione che sarebbe diventata presto familiare: ripetutamente, il popolo rinunciò alle proprie speranze tradendo i propri obblighi e violando i comandamenti di Dio.<ref>Come simbolo dell'incostanza della nazione, l'arca santa conteneva non solo le Tavole della Legge, ma anche i frammenti di una serie precedente; queste prime tavole erano state frantumate da Mosè quando scoprì il popolo che adorava un vitello d'oro ({{passo biblico2|Esodo|32}}). Avevano costruito questo oggetto proibito mentre egli era ancora sul monte a ricevere la parola di Dio, col suono della voce di Dio ancora echeggiante nelle loro orecchie.</ref> Al momento della sua morte, Mosè era completamente disilluso dal suo popolo; nel suo discorso d'addio, li avvertì che la continua disobbedienza avrebbe portato alla catastrofe. '''Il popolo e la loro terra'''. Per fedeltà all'alleanza, Dio guidò il popolo attraverso il deserto per quarant'anni e poi lo condusse nella Terra Promessa. Ancora una volta, tradirono ripetutamente l'alleanza adorando altri dèi. Privi della protezione divina, furono ripetutamente invasi e oppressi da nazioni straniere. Ogni volta, sotto la pressione della sofferenza, si pentirono: Dio li avrebbe salvati dai loro nemici, ma presto sarebbero caduti di nuovo. Dopo alcune generazioni, le tribù unirono le loro forze e costruirono un regno sotto l'eroico ''Davide''. A Davide seguì ''Salomone'', famoso per la sua saggezza, che costruì il Primo Tempio permanente a Dio nella nuova capitale reale, ''Gerusalemme''. Tramite i ''profeti'', Dio assicurò che la famiglia di Davide sarebbe salita per sempre sul trono d'Israele, ma i vecchi schemi di slealtà continuarono a ripresentarsi; dieci tribù su dodici si ribellarono alla famiglia reale, lasciando ai suoi discendenti il ​​governo della sola tribù di Davide, ''Giuda''; in entrambi i regni, i ricchi opprimevano i poveri e il culto di altri dei persisteva. Il regno di Israele, che comprendeva le dieci tribù ribelli, fu distrutto dai conquistatori assiri nel 722 AEV. Poi il regno davidiano di Giuda fu spazzato via, il Tempio di Salomone fu demolito e i capi della nazione furono deportati in esilio a Babilonia (l’''Esilio babilonese'') nel 586 AEV. Sembrava che la santa alleanza fosse crollata. Ma ora il resto del popolo attuò una vera riforma delle proprie abitudini. Finalmente abbandonò l'attrazione per false divinità; finalmente accettò l'autorità dell'unico vero Dio. Un gruppo di esuli tornò nella terra dei loro antenati e ricostruì il Tempio. Sotto la guida di ''Esdra'', ''Neemia'' e dell'ultimo dei profeti, si dedicarono nuovamente all'edificazione di una comunità santa basata sulla devozione alla parola di Dio e agli insegnamenti di Mosè. L'apostasia continuò, naturalmente, ma non dominava più la vita nazionale. Il popolo problematico di Israele era diventato la nazione santa degli ebrei.<ref>Cfr. l'Introduzione per un'ulteriore discussione dei nomi ''Ebrei, Giuda'' e ''Israele''.</ref> [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] Vale la pena ripetere che la narrazione precedente non può essere verificata come Storia. La maggior parte dei personaggi della saga biblica non compare negli scritti storici di nessun'altra nazione antica; la maggior parte degli eventi di questa saga non è raccontata in nessun altro documento antico. L'importanza della storia non risiede nella questione se ''gli eventi siano realmente accaduti'', cosa che non può essere determinata, ma nella certezza che ''la storia sia stata raccontata'' più e più volte, nel corso di innumerevoli generazioni: ''questo'' fatto, di fondamentale importanza, è fuori da ogni dubbio. La narrazione epica appena riassunta ha plasmato la coscienza di uomini e donne ebrei fin dagli albori della storia ebraica. La narrazione biblica stabilisce alcune concezioni che sono rimaste centrali per la nascente religione ebraica. La storia identifica il Dio degli ebrei come creatore e unico sovrano dell'universo. Afferma la pretesa di Israele di un rapporto speciale con questo Dio e spiega come questo rapporto sia nato. La storia descrive lo stile di vita ebraico e la patria nazionale ebraica come doni di Dio e porte d'accesso alla santità per coloro che rispettano le richieste e gli insegnamenti di Dio; d'altra parte, contiene anche un severo monito: coloro che si allontanano da quegli insegnamenti o che resistono a quelle richieste porteranno inevitabilmente alla catastrofe per sé stessi e per chi li circonda. Queste idee costituiscono il contesto per comprendere le strutture formali dell'antica religione israelita. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = "I DIECI COMANDAMENTI" – DUE VERSIONI |contenuto = ''Nota: diverse tradizioni religiose suddividono queste istruzioni nei Dieci Comandamenti. Le seguenti traduzioni offrono la tradizionale divisione ebraica.'' <center>'''I'''</center> Io sono YHWH, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avrai altri dèi al mio cospetto. Non ti farai scultura o immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, YHWH, tuo Dio, un Dio geloso, punisco la colpa dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, mentre uso misericordia fino alla millesima generazione, per coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronunciare invano il nome di YHWH, tuo Dio, perché YHWH non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano. Ricordati del giorno di Shabbat per santificarlo. Lavorerai sei giorni e compirai ogni tuo lavoro, ma il settimo giorno è Shabbat in onore del Signore tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te, perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di Shabbat e lo ha santificato. Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che il Signore, il tuo Dio, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non risponderai contro il tuo prossimo come falso testimone. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo. <div align="right">({{passo biblico2|Esodo|20:2-17}})</div> <center>'''II'''</center> Io sono YHWH, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avrai altri dèi al mio cospetto. Non ti farai scultura o immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, YHWH, il tuo Dio, un Dio geloso, punisco la colpa dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, mentre uso misericordia fino alla millesima generazione, per coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronunciare invano il nome di YHWH, tuo Dio, perché YHWH non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano. Osserva il giorno di Shabbat per santificarlo, come YHWH tuo Dio ti ha comandato. Lavorerai sei giorni e farai ogni tuo lavoro, ma il settimo giorno è Shabbat in onore di YHWH tuo Dio: non fare alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bue, né il tuo asino, né alcuna delle tue bestie, né il forestiero che sta entro le tue porte, affinché il tuo servo e la tua serva si riposino come te. E ricordati che sei stato un servo nel paese d'Egitto e che YHWH tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio steso; perciò YHWH tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di Shabbat. Onora tuo padre e tua madre, come YHWH tuo Dio ti ha comandato, perché i tuoi giorni siano prolungati e tu prosperi sulla terra che YHWH, tuo Dio, ti dà. Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, E non risponderai contro il tuo prossimo come un vano testimone, Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo. <div align="right">({{passo biblico2|Deuteronomio|5:6-21}})</div> }} === La religione dell'Antico Israele === Nella loro vita privata, gli antichi abitanti di Israele sembrano essere stati molto simili ai loro vicini. L'economia era prevalentemente rurale, basata sull'agricoltura e sulla pastorizia.<ref>I codici legislativi della Torah contengono alcune disposizioni per la vita nelle città, per lo più riguardanti la proprietà delle case, ma quasi nessun riferimento alla vita economica delle città: commercio, artigianato, manifattura e simili.</ref> La legge biblica presuppone l'esistenza della schiavitù, ma la narrazione scritturale non menziona mai schiavi al di fuori delle famiglie dei più ricchi. Similmente, in teoria, gli uomini potevano prendere più mogli, ma pochissimi lo facevano, fatta eccezione per i più ricchi. La poligamia era costosa e pochi potevano permettersi di mantenere una famiglia numerosa; inoltre, mariti e mogli spesso sviluppavano legami affettivi che non lasciavano spazio a relazioni parallele. La legge biblica dà per scontata l'esistenza della poligamia, ma le Scritture riportano in realtà pochissimi casi di famiglie poligame.<ref>Due dei tre patriarchi avevano più mogli, così come diversi re d'Israele, in particolare Davide e Salomone. Anche il padre di Samuele aveva due mogli. Sembra che questi uomini fossero tutti ricchi.</ref> Quando le donne si sposavano, entravano a far parte delle famiglie dei loro mariti. Potevano mantenere legami di affetto con le famiglie di nascita, ma la loro identità legale era ora determinata dal matrimonio.<ref>Questa disposizione probabilmente si applicava solo alle mogli complete. Le ''concubine'', o mogli di rango inferiore, potevano vivere in un limbo sociale più ampio.</ref> Per questo motivo, la legge biblica si preoccupava di provvedere alle vedove: non solo queste donne spesso mancavano di sostegno materiale, ma non avevano nemmeno un'identità legale sicura nella società.<ref>Una vedova senza figli o una divorziata poteva tornare a casa del padre: cfr. {{passo biblico2|Genesi|38:11}} (narrativa) o {{passo biblico2|Levitico|22:13}} (legge sacerdotale).</ref> La legge biblica proibisce ripetutamente il matrimonio con donne straniere; a volte il riferimento sembra limitato ai popoli nativi non-israeliti della Terra Promessa, ma a volte il divieto sembra assoluto. Ciononostante, la legge riconosce anche che un soldato potrebbe innamorarsi di una donna catturata in guerra ({{passo biblico2|Deuteronomio|21:10-14}}), e le Scritture raccontano diversi casi di uomini israeliti che sposavano donne straniere.<ref>Il fatto più notevole è che la famiglia reale di Davide discendeva in linea retta dalla moabita Rut, sebbene {{passo biblico2|Deuteronomio|23:9}} sembri proibire il matrimonio con i moabiti. (Questa norma potrebbe essere posteriore; per evitare l'apparenza di illegalità, gli interpreti rabbinici limitarono il divieto al matrimonio tra donne israelite e uomini moabiti). Dopo l'esilio, Esdra e Neemia costrinsero gli uomini di Giuda che avevano sposato donne straniere a mandarle via; cfr. Capitolo 3.</ref> Poiché le donne assumevano l'identità legale dei loro mariti al momento del matrimonio, le donne israelite che sposavano uomini stranieri probabilmente scomparivano dalla società israelita. Certo, la Bibbia non fornisce un singolo caso di una donna che lo facesse, ma questo potrebbe semplicemente confermare che tali donne se ne andarono con i loro mariti e scomparvero. Il culto di una divinità nazionale era tipico del Vicino Oriente, ma in altri casi era solitamente combinato con la venerazione per le forze della natura, come la pioggia e la tempesta, o l'amore e la fertilità, che sembravano governare la vita delle persone; analogamente, anche in Israele, l'idea che il culto dovesse essere limitato a una sola divinità incontrò forti resistenze per generazioni. Si veda il [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]] per ulteriori approfondimenti. La narrazione biblica non dice quasi nulla sulla vita religiosa dei privati. In occasioni speciali si offrivano sacrifici a Dio, ma è difficile stabilire se le regole formali bibliche sui sacrifici si applicassero a tali offerte private. Oltre ai grandi altari pubblici, le case private avevano luoghi specifici per le offerte domestiche? Non possiamo dirlo. Non sappiamo se il matrimonio o la nascita di un figlio fossero celebrati da cerimonie religiose diverse dalle consuete offerte di ringraziamento o dalle offerte di purificazione ''post-partum'' specificate in {{passo biblico2|Levitico|12}}. Non possiamo nemmeno dire se le grandi feste fossero caratterizzate da rituali domestici oltre che dalle grandi cerimonie celebrate nei santuari pubblici.<ref>Un'importante eccezione è il sacrificio annuale domestico dell'agnello pasquale; si veda la discussione ''supra''.</ref> In ogni caso, come per tutti i popoli antichi, il culto pubblico degli Israeliti era incentrato sul ''sacrificio'', il dono a Dio (solitamente tramite la distruzione) di un oggetto di valore. La legge biblica fornisce norme dettagliate per la corretta offerta del sacrificio: un oggetto di valore adeguato (di solito un animale, ma a volte anche grano, vino o olio d'oliva), l'occasione giusta (talvolta richiesta dal calendario o da un evento della propria vita come la nascita di un figlio, ma anche eventualmente il risultato di un voto spontaneo), le procedure necessarie, il personale appropriato. Col passare del tempo, il diritto di offrire sacrifici passò ai sacerdoti ereditari (ebr. ''kohanim''); la memoria nazionale fa risalire questo sacerdozio ad Aronne, fratello di Mosè, ma questa discendenza non può essere verificata. In effetti, vari passi biblici suggeriscono che in epoca antica il ruolo sacerdotale potesse essere assegnato su basi diverse; soprattutto, la tradizione suggerisce che prima dell'inizio del sacerdozio ereditario, questo ruolo fosse ricoperto dal figlio primogenito di ogni famiglia. Questa tradizione è chiaramente collegata alla tradizione narrativa secondo cui i primogeniti israeliti furono risparmiati quando i primogeniti d'Egitto furono tutti uccisi nella decima e ultima piaga. Per un certo periodo, esistevano santuari locali e gruppi di sacerdoti locali sparsi in tutto il paese (cfr. immagine in basso), ma al tempo di re ''Giosia'' (fine del VII secolo AEV) tutto il culto sacrificale era centralizzato in un unico luogo (il Tempio) nella capitale Gerusalemme. Questo santuario era stato costruito sotto re Salomone circa 300 anni prima, ma le Scritture menzionano ristrutturazioni e altri cambiamenti nel corso dei secoli. Non possiamo dire con certezza come fossero il Tempio o le sue cerimonie al tempo di Salomone (le descrizioni potrebbero incorporare informazioni successive), ma negli ultimi anni il santuario era diventato un'importante istituzione nazionale, un centro di orgoglio e venerazione. La sua perdita nel 586 AEV fu considerata una punizione divina e una catastrofe nazionale. Fin dai tempi antichi, la religione israelita aveva sviluppato un calendario di feste (cfr. "IL CALENDARIO BIBLICO"). Tra queste, probabilmente la più antica (e la più famosa) è la ''[[w:Pesach|Pesach]]'' (''Pasqua ebraica''), ancora oggi una celebrazione annuale della liberazione di Israele dalla schiavitù egiziana. Questa festività primaverile prevedeva l'offerta annuale di un nuovo agnello (''paschal'') e l'attenta astensione da tutti i prodotti alimentari lievitati per una settimana. Un'attenta lettura dei testi biblici (si veda in particolare {{passo biblico2|Esodo|12-13}}) suggerisce che queste osservanze potessero già essere antiche celebrazioni dell'arrivo della primavera, ma ora a esse veniva attribuito un nuovo livello di significato; oltre ad acclamare il loro Dio come signore della ''natura'', gli Israeliti identificavano gli eventi principali della loro ''storia'' come opera del Suo braccio potente. Questo modello di andare oltre l'eterno e immutabile mondo dei cicli naturali per trovare un significato religioso negli eventi unici della storia fu uno dei grandi contributi di Israele al pensiero occidentale. In modo simile, la festa del raccolto autunnale delle ''Capanne'' o dei ''Tabernacoli'' (in ebraico ''[[w:Sukkot|Sukkot]]'') riceve una spiegazione storica tramite il riferimento ad eventi che in realtà non vengono mai raccontati nella narrazione biblica (cfr. {{passo biblico2|Levitico|23:43}}). Nel corso del tempo, tuttavia, la caratteristica più sorprendente del calendario israelita si rivelò non essere affatto una festa annuale, bensì il giorno del Sabbath (''[[w:Shabbat|Shabbat]]'') settimanale, in cui il lavoro produttivo era proibito. Per quanto ne sappiamo, nessun'altra cultura nell'antico Vicino Oriente aveva una settimana di sette giorni.<ref>Poco dopo, gli astrologi babilonesi iniziarono a pensare in termini di un ciclo di sette giorni corrispondente ai sette "pianeti" (inclusi il sole e la luna) del loro giorno. Secoli dopo, questa idea si diffuse in tutto il mondo greco e romano.</ref> Le teorie abbondano sulle origini di questa idea, ma possiamo semplicemente notarne l'importanza. Si dice che Dio stesso abbia istituito il Sabbath fin dalla creazione del mondo ({{passo biblico2|Genesi|2:1-3}}). Come segno della sua importanza, la [[Torah]] minaccia la pena di morte per coloro che violano il Sabbath ({{passo biblico2|Esodo|31:14;35:2}}), e l'osservanza del Sabbath è l'unica disposizione cerimoniale nei cosiddetti ''Dieci Comandamenti'' o ''Decalogo'' ({{passo biblico2|Esodo|20:8-11}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|5:12-15}}), un primo elenco di principi religiosi fondamentali. La Bibbia non fornisce molte informazioni dettagliate su questa importante istituzione israelita; non sappiamo quali rituali venissero eseguiti oltre ad alcuni sacrifici speciali ({{passo biblico2|Numeri|28:9-10}}),<ref>Al tempo dei re e anche in seguito, lo Shabbat era evidentemente ritenuto un'occasione adatta per visitare un uomo santo o un santuario; cfr. {{passo biblico2|2Re|4:23}}; {{passo biblico2|Isaia|66:23}}.</ref> né sappiamo quali azioni fossero considerate faticose e quindi proibite.<ref>Testi rabbinici successivi derivano trentanove categorie fondamentali di lavori proibiti dalla costruzione del Tabernacolo nel deserto. Cfr. Appendice 3.</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA |contenuto = Come menzionato nel testo, la legge biblica riconosce l'importanza di distinguere la profezia autentica da quella falsa, ma si rende conto che questo può essere difficile da realizzare. La Scrittura offre una regola molto semplice per distinguere: la profezia autentica si avvera, quella falsa no. {{citazione|Se tu dici in cuor tuo: "Come riconosceremo la parola che YHWH non ha detta?" Quando il profeta parlerà in nome di YHWH e la cosa non succede e non si avvera, quella sarà una parola che YHWH non ha detta; il profeta l'ha detta per presunzione; tu non lo temere.|{{passo biblico2|Deuteronomio|18:21-22}}}} I narratori biblici, tuttavia, sembrano anche consapevoli che questa regola non è sempre adeguata. La famosa storia di Giona, anch'essa menzionata nel mio testo, contiene un profondo paradosso. Il profeta predice la caduta della grande città di Ninive, ma il popolo si sforza di cambiare le proprie vie peccaminose e Dio lo perdona ({{passo biblico2|Giona|3}}). Ciò fa infuriare profondamente il profeta: ora la sua profezia è stata falsificata! Il messaggio del libro, tuttavia, è che ''la profezia ha avuto successo perché non si è avverata''. La distruzione della città, non la sua sopravvivenza, sarebbe stata il vero fallimento. Un episodio meno noto, in {{passo biblico2|Geremia|28}}, riguardava uno scontro tra due profeti: lo stesso Geremia e un altro di nome Hanania ben Azur. Geremia aveva ripetutamente invocato la resa ai Babilonesi che assediavano Gerusalemme, ma Hanania non era d'accordo e lo fece in nome di Dio: predisse che entro due anni gli assedianti se ne sarebbero andati. Geremia non sapeva cosa fare; era profondamente convinto che Hanania stesse ingannando il popolo e che la sua stessa difesa della resa fosse la vera parola di Dio, ma come poteva dimostrarlo agli astanti perplessi? Quando due profeti offrono proclamazioni esattamente opposte della parola di Dio, come possono le persone sapere chi seguire? Geremia tornò a casa senza rispondere, solo per ricevere una nuova profezia che confermava la sua convinzione, e poi "il profeta Hanania morì quell'anno, nel settimo mese". Dio stesso, per così dire, giustiziò il rivale di Geremia con l’accusa di falsa profezia, ma è possibile che quando due profeti sono in disaccordo la nazione debba aspettare per vedere chi muore per primo? Un'altra storia ({{passo biblico2|1Re|22:1-37}}) è ancora più sconcertante. I due re israeliti, Giosafat del sud e Acab del nord, si incontrarono per valutare l'idea di muovere guerra al loro nemico comune, gli Aramei. Giosafat, noto per la sua pietà, era pronto ad accettare, ma volle consultare i profeti di Dio prima di decidere. Molti profeti predissero la vittoria, ma alla fine un ultimo profeta (il suo nome era Michea ben Imla, e Acab lo detestava perché le sue profezie erano sempre ostili) offrì una visione sconvolgente: Dio aveva inviato uno spirito in tutti gli altri profeti per indurre Acab alla guerra, ''ma lo scopo di questo messaggio era quello di indurlo alla morte''. Come previsto, Acab andò in guerra e come previsto fu ucciso. Avendo bisogno di una guida profetica, Acab aveva naturalmente seguito l'opinione della maggioranza, e questo gli fu fatale. La storia del profeta Michea solleva la terrificante possibilità che una profezia autentica possa provenire da Dio, ma con uno scopo nascosto e ingannevole, così che coloro che la seguono non ottengano la salvezza, ma siano condotti alla propria distruzione. Una volta consapevole di questo pericolo, chi seguirebbe mai più un profeta? }} Le due versioni dei Dieci Comandamenti offrono spiegazioni piuttosto diverse sul motivo del giorno di riposo settimanale (cfr. "I DIECI COMANDAMENTI – DUE VERSIONI"). Il Libro dell'Esodo descrive il Sabbath come un riconoscimento di Dio quale Creatore del mondo: Dio creò il mondo in sei giorni e poi si riposò il settimo, e coloro che lo adorano dovrebbero fare lo stesso. Nel Deuteronomio, tuttavia, l'attenzione si sposta sulla fuga dalla schiavitù in Egitto: come voi eravate schiavi ma Dio vi ha dato riposo, così anche voi dovete riposarvi e dare riposo a tutti coloro che lavorano per voi. Questo è l'unico paragrafo del Decalogo in cui le due versioni differiscono significativamente, e la loro combinazione presenta ancora una volta una miscela di temi tratti dalla contemplazione della natura e dallo studio della storia della nazione. La presenza diffusa di tali miscele è una caratteristica distintiva della letteratura biblica. Ogni cultura antica aveva i suoi sacerdoti, ma Israele aveva anche un secondo tipo di guida religiosa, molto diverso: i ''profeti''. I profeti ebrei (''nevi’im'') non erano indovini, ma messaggeri, intermediari tra il popolo e il loro Dio; in questo si differenziavano dagli indovini, dagli astrologi e dagli oracoli che si potevano trovare in tutto il mondo antico. Mosè è il prototipo dei profeti (cfr. {{passo biblico2|Deuteronomio|18:15}}), e per tutto il periodo biblico i profeti servirono da veicoli attraverso i quali la parola di Dio giungeva al popolo. È facile comprendere quanto la profezia sia intrinsecamente inquietante: un profeta può presentarsi in qualsiasi momento e annunciare che i precedenti messaggi di Dio sono stati sostituiti da uno nuovo. Naturalmente, i funzionari (sacerdoti, re, ecc.) responsabili del mantenimento della stabilità della nazione spesso si scontravano con i profeti; le Scritture sono piene di storie di profeti che denunciavano i re in nome di Dio, mentre i sacerdoti nei loro santuari sacri, dediti al regolare svolgimento dei loro doveri cerimoniali, a volte cercavano di mettere a tacere i profeti o semplicemente di tenerli lontani.<ref>Cfr. {{passo biblico2|Amos|7:10-17}}; {{passo biblico2|Geremia|26:8-11}}.</ref> Tale ostilità poteva essere evitata – un profeta che si guadagnava la fiducia del re poteva diventare un importante consigliere reale – ma la tensione tra la dedizione dei sacerdoti all'ordine e alla permanenza e le imprevedibili interruzioni dei profeti è uno dei temi ricorrenti della Bibbia. La profezia sollevava anche un'altra difficoltà: come si poteva distinguere chi fossero i veri profeti? Chiunque poteva presentarsi e affermare di essere portatore di un messaggio da Dio: come si potevano distinguere i falsi profeti – individui maliziosi o illusi – dai veri profeti? La legge biblica offre la soluzione semplice ma inutile: se la profezia non si avvera, il profeta non può essere stato mandato da Dio ({{passo biblico2|Deuteronomio|18:22}}), ma non sempre si poteva aspettare per vedere se una profezia si sarebbe adempiuta. E a volte, come nel famoso caso di Giona, la profezia raggiunse il suo scopo senza avverarsi. Giona predisse la caduta di una grande città, ma il suo popolo si pentì e fu perdonato; questo significava che, a rigor di termini, la profezia non si era avverata, ma chi poteva negare che avesse raggiunto il suo vero scopo? Oltre a questo enigma intellettuale, a volte la profezia richiedeva un'azione; quando profezie contrastanti richiedevano azioni incompatibili, il pubblico dei profeti non riusciva a capire cosa Dio volesse veramente che facessero (cfr. "IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA"). Queste incertezze si combinavano per produrre il peggiore dilemma di tutti: a volte le profezie erano concepite per salvare il pubblico dal disastro, come nel caso di Giona, ma a volte, come con il re Acab, erano destinate a condurre il pubblico alla distruzione. Come potevano le persone capire a quali profezie dare seguito? Cosa dovevano fare quando non potevano saperlo? Cosa sarebbe potuto accadere se non avessero considerato tutte le possibilità? Cosa sarebbe potuto accadere se avessero fatto ipotesi sbagliate? Sotto la pressione di tale incertezza, le generazioni successive iniziarono a perdere fiducia nella profezia come metodo affidabile per conoscere la volontà di Dio. I profeti del passato erano stati uomini e donne santi, e le loro parole venivano ricordate e continuamente rivisitate, ma non ci si aspettava alcun ulteriore messaggio da Dio. Zaccaria, uno degli ultimi profeti biblici, paradossalmente predice la fine della profezia: in futuro, chiunque avesse anche solo affermato di portare un messaggio da Dio sarebbe stato messo a morte come falso profeta, quindi i veri profeti avrebbero dovuto mentire sulla propria identità per proteggere la propria vita.<ref>{{passo biblico2|Zaccaria|14:2-6}}; anche qui ci si potrebbe chiedere se si trattasse di una predizione o di un avvertimento.</ref> Nei secoli successivi, figure simili a profeti continuarono ad apparire, ma furono accolte con resistenza e scetticismo. La successiva tradizione ebraica affermò che la profezia scomparve intorno al tempo di [[w:Alessandro Magno|Alessandro Magno]] (che regnò dal 336 al 323 AEV), e questo ricordo è probabilmente corretto.<ref>Al tempo dei Maccabei, pieni di entusiasmo religioso, si pensava che potesse essere imminente un risveglio della profezia, ma ciò non accadde. Cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 4|Capitolo 4]], con riferimento a {{passo biblico2|1Maccabei|4:46;14:41}}.</ref> I profeti furono il secondo elemento della leadership religiosa israelita a scomparire dalla vita nazionale, dopo che i re erano scomparsi da secoli. Rimasero i sacerdoti. Dopo l'esilio babilonese, la religione israelita fu sempre più dominata dai sacerdoti, e la storia di tale dominazione – l'ascesa e il declino dell'ebraismo sacerdotale – sarà raccontata nei Capitoli successivi. {{Immagine grande|Tel Arad 280321 03 Temple.jpg|1010px|''Altare preesilico a [[:en:w:Tel Arad|Tel Arad]]''. Questo altare fu rinvenuto in una fortezza israelita preesilica ad Arad, vicino al Mar Morto. La sua costruzione – una struttura quadrata in pietra grezza – combina elementi delle istruzioni fornite in {{passo biblico2|Esodo|20;27}}, ma l'altare raffigurato non ha corni, come richiesto in {{passo biblico|Esodo|27:2}} ― è possibile che i corni esistessero ma siano stati spezzati, questo comunque non è più possibile stabilirlo.}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|50%|3 luglio 2025}} [[Categoria:Una storia dell'ebraismo|Capitolo 1]] k1eewmnww1etr0ewgoyy1d0x12gdos0 478457 478456 2025-07-05T21:09:39Z Monozigote 19063 /* Note */ avanz. 478457 wikitext text/x-wiki {{Una storia dell'ebraismo}} {{Immagine grande|Scribe- Menahem - The Birds' Head Haggadah - Google Art Project.jpg|750px|}} == La preistoria dell'ebraismo == <!--- vari miei testi in inglese da tradurre, adattare e inserire ---> La religione ebraica (Ebraismo) è emersa dagli scritti della Bibbia ebraica ''(Tanakh)'', ma in realtà non si trova in quegli scritti. L'Ebraismo è una religione che adora Dio<ref>In tutto questo wikilibro, la parola Dio sarà scritta con la maiuscola solo quando si riferisce all'Unico Dio della Bibbia, il Dio dell'Ebraismo maturo. Ovviamente, questo esclude tutti i riferimenti alle divinità delle nazioni politeiste; meno ovviamente, esclude anche i riferimenti biblici al dio di Israele in contesti che sembrano riconoscere l'esistenza di altri dèi (forse inferiori). Questa distinzione sarà elaborata più avanti in questo Capitolo e nei Capitoli successivi di questo libro.<br/> Nei primi Capitoli di questo libro, quando si descrivono periodi storici in cui le persone pronunciavano ancora il nome personale di quattro lettere di Dio, tale nome sarà trascritto secondo le sue consonanti ebraiche come YHWH. A causa dell'estrema santità di questo nome e dell'immenso potere che incarnava, in tempi successivi le persone smisero di pronunciarlo nella vita quotidiana e il suo suono effettivo fu dimenticato. Per i periodi successivi, quando questo nome non veniva più pronunciato ma sostituito da una perifrasi come "Signore", verrà qui adottata una pratica simile.</ref> attraverso le ''parole'' – preghiera, sermoni, lettura delle Scritture e simili – in edifici chiamati ''[[w:sinagoga|sinagoghe]]'' sotto la guida di ''[[w:rabbino|rabbini]]'' eruditi. La Bibbia sa qualcosa della preghiera ma nulla del resto: la Bibbia descrive una religione incentrata su un singolo edificio comunemente chiamato ''[[w:Tempio di Gerusalemme|Tempio]]'' e guidata da ''[[w:sacerdote (ebraismo)|sacerdoti]]'' ereditari che adorano attraverso le ''azioni'' – elaborati riti sacrificali e altre cerimonie di purificazione ed espiazione. La transizione da quella religione primitiva a quella che le persone moderne riconoscerebbero è la trama di questo mio libro. Quasi tutte le nostre informazioni sulle prime parti di questa storia provengono dalle pagine della ''[[w:Tanakh|Bibbia]]''<ref>In questo libro, il termine "Bibbia" si riferirà sempre alla Bibbia ebraica, spesso chiamata Antico Testamento nell'uso cristiano. Un elenco completo dei libri della Bibbia ebraica si trova nel riquadro "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"</ref> (cfr. riquadro: "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"). La Bibbia in realtà non è un singolo libro; è un'antologia di materiali scritti nell'arco di molti secoli – forse anche di {{FORMATNUM:1000 anni}} – in due lingue diverse e in almeno due paesi diversi. Non sorprende che i suoi scritti mostrino una varietà di stili e prospettive su molte questioni importanti (cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]]). Questa varietà di contenuti ha permesso ai lettori successivi di trovare molti messaggi diversi nelle sue pagine e di applicarli alla grande varietà di situazioni che si sono trovati ad affrontare. Questa flessibilità è la chiave del successo straordinariamente duraturo della Bibbia nel sostenere individui e comunità di fede per oltre due millenni. Tuttavia, dal punto di vista dello storico, la Bibbia presenta un problema molto difficile. Molte, forse la maggior parte, delle sue narrazioni furono scritte molto tempo dopo gli eventi che descrivono (la storia inizia con la creazione del mondo!), e quasi nulla nella Bibbia può essere confermato da qualsiasi altra fonte antica di informazione. Come sempre con informazioni non corroborate, l'osservatore moderno non è in grado di giudicare l'affidabilità storica della Bibbia, non è in grado di misurare la distanza tra descrizione ed evento, non è in grado di leggere le storie della Bibbia e capire cosa (se qualcosa) sia realmente accaduto.<ref>L'archeologia può confermare che un certo resoconto è ''plausibile'' o ''realistico'', ma senza una qualche forma di corroborazione documentale (e gli archeologi spesso trovano documenti!) non può stabilire se un resoconto sia ''accurato'' o ''vero''.</ref> La Bibbia non può quindi essere letta come un documento storico: bisogna invece comprendere che la narrazione biblica è un distillato della memoria nazionale concepito per trasmettere un messaggio religioso. Il messaggio religioso della Bibbia è forte e chiaro, ma non possiamo sempre sapere come gli eventi descritti sarebbero apparsi senza lo scopo religioso che ora plasma la narrazione, o addirittura come gli autori della Bibbia abbiano appreso di quegli eventi in primo luogo. Allora, noi lettori moderni, possiamo veramente imparare la storia antica dalla Bibbia? Certo che possiamo, ma non nel modo in cui possiamo imparare la storia dagli archivi o da altri documenti ufficiali. La chiave per imparare la storia dalla Bibbia è focalizzare l'attenzione ''non sul contenuto delle storie, ma sulle storie stesse: chi le ha raccontate? Perché? Come le hanno comprese le persone che le hanno raccontate? Quali verità vi hanno trovato? Quali insegnamenti hanno cercato di trasmettere?'' Le persone hanno recitato queste narrazioni per ben oltre {{FORMATNUM:2000}} anni ― questo di per sé è un fatto storico di enorme importanza. Dopo un breve riassunto della narrazione stessa, sarà possibile riflettere su tali domande. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = COSA CONTIENE LA BIBBIA? |contenuto = La tradizione ebraica divideva la Bibbia in tre sezioni, contenenti in totale ventiquattro libri. <center>'''I. La [[Torah]]'''</center> 1. '''Genesi'''. Contesto della nascita del popolo d'Israele, dalla creazione del mondo attraverso le vite dei patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe) e delle matriarche (Sara, Rebecca, Lia, Rachele) fino alla morte di Giuseppe in Egitto. 2. '''Esodo'''. Schiavitù in Egitto, poi liberazione. Alleanza al Sinai, rivelazione dei comandamenti di Dio, costruzione del Tabernacolo per il culto formale. Storia del Vitello d'Oro: la prima caduta di Israele nell'idolatria. 3. '''Levitico'''. Regole per il mantenimento della purezza rituale e la corretta esecuzione dei sacrifici; anche per la creazione di una comunità sacra. Prima descrizione delle leggi alimentari e delle feste dell'anno. 4. '''Numeri'''. Censimento nel deserto prima della marcia verso la Terra Promessa. Incidenti nel corso di quella marcia, ulteriore legislazione. 5. '''Deuteronomio'''. Discorso di addio di Mosè: riassunto della sua carriera, riassunto dei comandamenti di Dio, avvertimento delle conseguenze della disobbedienza. Mosè muore ai confini della Terra Promessa. <center>'''II. I Profeti'''</center> '''a. I Primi Profeti'''. Nonostante il nome tradizionale, questa sezione contiene in realtà pochissime profezie. Piuttosto, prosegue principalmente la narrazione oltre la morte di Mosè. 6. '''Giosuè'''. Conquista e insediamento iniziale della Terra Promessa da parte di Israele. 7. '''Giudici'''. Le generazioni successive. L'infedeltà a Dio porta oppressori stranieri; il pentimento porta la liberazione. 8. '''1 e 2 Samuele'''. L’ultimo dei giudici e il primo dei re d’Israele fino alla morte di Davide. 9. '''1 e 2 Re'''. La storia dei regni fino alla loro distruzione. ''Nota: I libri ora citati come coppie numerate erano originariamente opere singole. Furono divisi dai copisti nel Medioevo a causa delle loro grandi dimensioni. Tale non è il caso dei libri numerati del Nuovo Testamento, che sono documenti separati.'' '''b. I Profeti posteriori '''. Questi sono i grandi oratori e scrittori della Bibbia. 10. '''Isaia'''. L'Isaia storico visse intorno al 700 AEV, ma molti contenuti di questo libro sembrano risalire a un'epoca successiva, durante l'esilio babilonese e forse anche più tardi. 11. '''Geremia'''. Vissuto all'incirca all'epoca dell'Esilio, il libro contiene una significativa narrazione biografica insieme alle orazioni di Geremia. 12. '''Ezechiele'''. Contemporaneo di Geremia, ma visse e profetizzò tra gli esuli a Babilonia. 13. '''I Dodici'''. Dodici libri profetici molto più brevi, attribuiti a scrittori vissuti in un arco di diversi secoli. Solo Giona contiene una narrazione significativa. {{Colonne}} *Osea *Gioele *Amos {{Colonne spezza}} *Abdia *Giona *Michea {{Colonne spezza}} *Naum *Abacuc *Zaccaria {{Colonne spezza}} *Aggeo *Sofonia *Malachia {{Colonne fine}} <center>'''III. Scritti ''(Ketuvim)'''''</center> 14. '''Salmi'''. Una raccolta di 150 poemi religiosi, molti dei quali attribuiti al re Davide. 15. '''Proverbi'''. Raccolta di saggi insegnamenti, in gran parte attribuiti al re Salomone. 16. '''Giobbe'''. Una storia di rettitudine messa alla prova dalla sofferenza. '''Le ''Cinque Meghillot''''', così chiamate perché vengono lette liturgicamente in occasione di festività specifiche (questo raggruppamento riflette una successiva pratica sinagogale e non è una sezione formalmente riconosciuta della Bibbia). 17. '''Cantico dei Cantici'''. Una poesia d'amore attribuita a re Salomone. Viene letta nelle sinagoghe durante la Pesach. 18. '''Rut'''. Un breve racconto di lealtà e amore ambientato ai tempi dei giudici; le origini della dinastia di re Davide. Da leggere nella [[w:Shavuot|Festa delle Settimane]] (''Shavuot''). 19. '''Lamentazioni'''. Poemi sulla distruzione di Gerusalemme, attribuite a Geremia. Da leggere il 9 di Av, anniversario della distruzione del Tempio. 20. '''Ecclesiaste''' o '''Qohelet'''. Riflessioni filosofiche, attribuite a re Salomone. Da leggere durante Festa delle Capanne. 21. '''Ester'''. Intrighi alla corte reale di Persia; gli ebrei sconfiggono a malapena i malvagi piani di un potente nemico. Letto durante ''Purim''. Questo è l'unico libro della Bibbia in cui Dio non viene mai menzionato direttamente nel testo ebraico. 22. '''Daniele'''. Storie di ebrei leali nelle corti reali di Babilonia e Persia; anche visioni della Fine della Storia. 23. '''Ezra-Nehemiah'''. I leader ebrei e le loro conquiste nel periodo successivo all'esilio babilonese. 24. '''1 e 2 Cronache'''. Rivisitazione della storia di Israele dai tempi di re Davide fino al ritorno dall'esilio babilonese. In gran parte una revisione, ma a volte una semplice ripetizione dei Libri di Samuele e dei Re. In tempi recenti l'acronimo ebraico ''Tanakh'' ('''T'''orah, '''N'''evi’im [profeti], '''K'''etuvim [scritti]) è stato utilizzato per designare l'intera raccolta di ventiquattro libri. [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] La tradizione cristiana, seguendo l'usanza degli antichi ebrei di lingua greca, organizzò questi libri in modo diverso, in due sezioni (non formalmente separate) contenenti rispettivamente la narrazione in prosa e le composizioni poetiche. L'ordine era il seguente: {{Colonne}} *Genesi *Esodo *Levitico *Numeri *Deuteronomio *Giosuè *Giudici *Rut *1 e 2 Samuele {{Colonne spezza}} *1 e 2 Re *1 e 2 Cronache *Esdra *Neemia (libro separato) *Ester *Giobbe *Salmi *Proverbi {{Colonne spezza}} *Ecclesiaste *Cantico dei Cantici *Isaia *Geremia *Lamentazioni *Ezechiele *Daniele *I Dodici {{Colonne fine}} }} === La narrazione biblica === '''Primi sviluppi'''. La Bibbia inizia con la creazione del mondo da parte del Dio d'Israele.<ref>I lettori che hanno familiarità con le Scritture noteranno che il seguente riassunto omette molti personaggi e storie famosi. Si concentra su quei temi che sono rimasti importanti nella visione religiosa del mondo per le generazioni successive.</ref> Non si tratta di un dio che lotta o collabora con altri dèi, come nei miti di altri popoli; il Dio d'Israele crea il mondo da solo, senza sforzo o difficoltà, semplicemente comandando passo dopo passo che l'ordine cosmico venga ad esistere. In questo mondo il Creatore colloca tutte le specie viventi, inclusa una coppia umana di nome ''Adamo'' ed ''Eva''. Adamo ed Eva avrebbero potuto vivere spensierati sotto la protezione di Dio nel ''Giardino dell’Eden'', ma trasgredirono: c'era un solo albero nel giardino, l'"albero della conoscenza del bene e del male", il cui frutto era stato detto loro di evitare, ma mangiarono quel frutto e di conseguenza furono espulsi nel mondo del duro lavoro, il mondo del sesso, della nascita e della morte. Il solo atto di apprendere la differenza tra il bene e il male portò sofferenza nel mondo. I primi capitoli della Bibbia contengono diverse altre drammatiche rappresentazioni dell'incapacità degli esseri umani di vivere come dovrebbero. Adamo ed Eva ebbero due figli di nome Caino e Abele, e uno uccise l'altro. L'immoralità sessuale e la violenza divennero diffuse. Cinque generazioni dopo Caino, avvenne un altro omicidio. Alla decima generazione, Dio era così scoraggiato che distrusse l'intera creazione con un diluvio; solo un uomo giusto ([[w:Noè|Noè]]) e la sua famiglia furono salvati per dar via a un nuovo inizio. Ma anche Noè purtroppo deluse: uscendo dall'arca con cui aveva superato il diluvio, piantò una vigna, si ubriacò e inflisse umiliazioni sessuali alla sua famiglia.<ref>La punizione per questo orrore fu concentrata su Cam, uno dei figli di Noè e antenato dei Cananei che Israele avrebbe poi scacciato dalla Terra Promessa. {{passo biblico2|Genesi|10}} identifica anche Cam come antenato degli africani, un fatto che è stato citato in successive teorie razziali a sostegno di opinioni che gli autori biblici avrebbero considerato aliene e fantastiche.</ref> I discendenti di Noè crebbero di nuovo numerosi, ma poi costruirono la famosa [[w:Torre di Babele|Torre di Babele]] in ribellione contro la volontà di Dio. Costretti di conseguenza a parlare lingue diverse, si dispersero per il mondo: l'idillio era andato a male. Il lettore moderno può facilmente comprendere come queste narrazioni cerchino di rispondere a domande fondamentali sulla natura dell'esistenza umana: perché non parliamo tutti la stessa lingua? Perché le persone devono lavorare così duramente per procurarsi il cibo? Perché si muore? Perché l'impulso sessuale è così forte e il parto così doloroso? Perché le donne sono subordinate agli uomini? Tutte le culture antiche hanno narrato storie di questo tipo, e gli studiosi moderni possono confrontare le versioni bibliche con altre che circolavano nel mondo antico, inserendo così Israele più saldamente nel contesto culturale del Vicino Oriente antico. Ma tali paragoni non spiegano perché la Bibbia stessa sia stata preservata o come questa particolare versione di quelle storie sia arrivata a dominare la nostra civiltà. Solo la fase successiva della narrazione lo spiega. '''Dio fa una scelta'''. Dopo venti generazioni di storia umana, Dio improvvisamente incaricò un uomo di nome ''Abram'' ({{lang|he|אַבְרָם}}), proveniente da una famiglia con radici in Mesopotamia, di recarsi nella lontana terra di Canaan e di stabilirvisi. In effetti, il padre di Abram era partito per questa stessa destinazione anni prima, ma non aveva mai raggiunto il suo obiettivo; ora Abram poteva completare il viaggio del padre e compiere una missione divina allo stesso tempo. La Bibbia non spiega mai del tutto la scelta di quest'uomo da parte di Dio; ci viene detto che era giusto, ma non ci viene detto (come fu detto di Noè) che fosse l'unico uomo giusto della sua generazione. Quale che fosse la ragione della scelta di Dio, i risultati furono epocali. Abram si stabilì a Canaan e ricevette la promessa o ''alleanza'' di Dio che i suoi discendenti avrebbero ereditato quella terra e vi sarebbero diventati una grande nazione. Il segno di questo patto sarebbe stato l'antico rito della ''[[w:Brit milà|circoncisione]]'', eseguito sul corpo di ogni neonato maschio nella prima settimana di vita. Come simbolo del suo nuovo status, Abram ricevette un nuovo nome, ''[[w:Abramo|Abraham]]''; come segno della speciale cura di Dio per lui, suo figlio ed erede ''Isacco'' non nacque prima che Abramo avesse 100 anni. Col tempo Isacco divenne il padre di ''Giacobbe'', che fu anche chiamato ''Israele'', e nella generazione successiva le quattro mogli di Giacobbe gli diedero un totale di dodici figli maschi e una femmina. Una carestia costrinse la famiglia di Giacobbe ad abbandonare la patria a loro destinata e si stabilì in Egitto. Uno dei figli di Giacobbe, ''Giuseppe'', dopo molte avventure aveva elaborato un piano per salvare l'Egitto dagli effetti di questa stessa carestia, e aveva quindi acquisito un grande potere nel paese; sotto la protezione del loro famoso fratello, la famiglia si moltiplicò e prosperò nella loro nuova dimora. Alla fine, tuttavia, un nuovo re perse di vista il debito di gratitudine della sua nazione; sospettoso del numero degli Israeliti, li ridusse in schiavitù.<ref>I temi di questa storia prefigurano la successiva esperienza ebraica: la nazione ospite rende un grande servizio al suo ospite, solo per subire i terribili effetti di una combinazione avvelenata: l'ingratitudine dell'ospitante e la vulnerabilità degli ospiti stessi. L'idea che "le storie dei padri prefigurano quelle dei figli" divenne un tema ricorrente nelle successive interpretazioni ebraiche della Bibbia.</ref> Soffrirono molto finché alla fine Dio si ricordò del loro patto ancestrale e mandò un nuovo capo, ''[[w:Mosè|Mosè]]'', per aiutarli a liberarsi dalle loro catene. Dio (e Mosè) compirono molti atti prodigiosi, infliggendo molte "piaghe" agli ostinati Egiziani; infine, dopo la terrificante morte di ogni primogenito in Egitto, al popolo israelita fu permesso di andarsene. Anche ora, tuttavia, il re si pentì di averli lasciati andare e cercò di inseguirli: in un miracolo finale, il popolo attraversò il mare giungendo in terraferma, ma gli inseguitori egiziani invece annegarono nel tentativo di seguirli. Così i discendenti di Giacobbe divennero il popolo libero di Israele, una nazione di dodici tribù che prese il nome dai dodici figli di Giacobbe, popolo di quasi 2 milioni di persone.<ref>In diversi punti ({{passo biblico2|Esodo|12:37}}; {{passo biblico2|Numeri|1:46,26:51}}, ecc.), le Scritture riportano che i figli d'Israele che lasciarono l'Egitto erano oltre {{FORMATNUM:600000}} maschi adulti.</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL CALENDARIO BIBLICO |contenuto = Le prime testimonianze bibliche riflettono una varietà di sistemi di calendario nell'antico Israele; questi non sono pienamente compatibili, quindi devono riflettere variazioni nelle usanze locali o (più probabilmente) diverse fasi dello sviluppo culturale di Israele. Sfortunatamente, le prove non consentono agli studiosi moderni di ricostruire queste fasi in dettaglio. Un calendario, apparentemente lunare, usava nomi per i mesi, sebbene ne siano sopravvissuti solo quattro: la maggior parte di questi compare nel racconto della costruzione del Tempio da parte di Salomone ({{passo biblico2|1Re|6-8}}). Un anno di dodici mesi lunari dura solo 354 giorni e diverse feste annuali (cfr. descrizione seguente) avevano chiare associazioni stagionali, eppure non ci sono prove che spieghino come le persone che usavano questo calendario impedissero a tali feste di essere fuori stagione. (Nei secoli successivi le autorità aggiunsero occasionalmente un tredicesimo mese in primavera per assicurarsi che la Pesach non cadesse troppo presto.) Per secoli, i mesi lunari furono dichiarati in base all'effettiva osservazione della luna nuova; si dice che il capo rabbinico del IV secolo Hillel II abbia abbandonato questo sistema e abbia istituito formule matematiche per determinare la lunazione. Si veda [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 8|Capitolo 8]], in particolare "''Taqqanot'' e ''Gezerot'' rabbiniche antiche". Un altro calendario numera solo i mesi, a partire dal mese dell'equinozio di primavera, il mese in cui cade la Pesach. Potrebbe trattarsi di un calendario solare simile a quelli conosciuti nell'antico Egitto e altrove, composto da dodici mesi di trenta giorni e un giorno in più ogni trimestre per completare esattamente cinquantadue settimane. L'uso di questo calendario potrebbe spiegare perché {{passo biblico2|Genesi|1:14}} indica che i corpi celesti servono a segnare giorni e anni, ma non dice nulla sui mesi. La settimana di sette giorni è un'unità del tutto artificiale; i tentativi di collegarla alle fasi lunari o alle caratteristiche del calendario babilonese non hanno avuto successo. A parte lo Shabbat, anche i giorni della settimana sono numerati, non nominati: l'ebraico moderno ancora non ha nomi per gli altri giorni della settimana. Fin dall'antichità, gli Israeliti celebravano feste annuali in determinati periodi chiave dell'anno. In seguito, tre di queste feste furono contrassegnate dal pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme e, a quanto pare, furono concepite fin dall'inizio come un ciclo annuale. La più famosa di queste era la festa primaverile della ''Pesach'', collegata alla ''[[w:Pesach|Festa dei Pani Azzimi]]''. Insieme, queste feste servivano a commemorare la fuga degli Israeliti dalla schiavitù egiziana ai tempi di Mosè. In origine, le osservanze potrebbero essere state separate: l'offerta di un agnello il quattordicesimo giorno del primo mese, seguita da un'astensione di una settimana da cibi lievitati o fermentati a partire dal quindicesimo. Fin dall'antichità, tuttavia, queste due feste furono unite in un'unica grande celebrazione. Un resoconto successivo suggerisce che, poco prima della distruzione del Secondo Tempio, oltre un milione di pellegrini si riunivano a Gerusalemme ogni anno per celebrare questa festa (cfr. Flavio Giuseppe , ''[[w:Guerra giudaica (Flavio Giuseppe)|Guerra giudaica]]'', 6.424). Sette settimane dopo, l'inizio della stagione del raccolto fu segnato da una festa più breve; col tempo anche questa osservanza acquisì una dimensione storica come anniversario della rivelazione della [[Torah]] sul Monte Sinai. Infine, la grande festa autunnale del raccolto era segnata dalla costruzione di capanne nei campi dove la gente mangiava e dormiva. Queste capanne avevano probabilmente un'origine utilitaristica: quando ogni ora contava, i contadini non volevano perdere tempo ogni giorno per spostarsi tra i loro villaggi e i loro campi. Col tempo, tuttavia, la ''[[w:Sukkot|Festa delle Capanne]]'' o dei ''Tabernacoli'' divenne un altro simbolo della memoria storica, ricordando i quarant'anni di peregrinazioni di Israele nel deserto prima che gli schiavi liberati raggiungessero la Terra Promessa ({{passo biblico2|Levitico|23:43}}). Un'ulteriore coppia di festività veniva celebrata ogni autunno, sebbene la prova della loro effettiva osservanza provenga solo dal periodo biblico successivo. La luna nuova autunnale segnava l'inizio dell'anno civile, e il decimo giorno successivo divenne un giorno annuale di espiazione caratterizzato da digiuno e cerimonie elaborate. Inizialmente questo giorno sembra essere stato incentrato sul Tempio stesso e serviva una volta all'anno per purificare il santuario da qualsiasi contaminazione accidentale della sua sacralità, ma col tempo l'annuale Giorno dell'Espiazione (''[[w:Yom Kippur|Yom Kippur]]'') divenne il giorno più sacro dell'anno, celebrato dagli ebrei di tutto il mondo. I libri successivi della Bibbia aggiunsero diverse nuove festività al calendario. Il Libro di Ester istituì la festa di ''[[w:Purim|Purim]]'', all'inizio della primavera, per celebrare la fuga degli ebrei persiani dai malvagi disegni di un ministro reale ostile. Il profeta Zaccaria, verso la fine del periodo biblico, accenna a una serie di digiuni durante l'anno che dovevano commemorare eventi disastrosi del passato ({{passo biblico2|Zaccaria|8:19}}). D'altra parte, alcune osservanze sembrano essere cadute in disuso. L'offerta di un covone di grano ogni primavera inaugurava il raccolto di grano del nuovo anno ({{passo biblico2|Levitico|23:9-14}}), ma questo rito scomparve con la distruzione del Tempio, dando solo il suo nome (''Omer'', la parola ebraica per "covone") al periodo di sette settimane dopo la Pesach. Il momento preciso per l'offerta di questo covone divenne oggetto di accese controversie durante il periodo del Secondo Tempio, e sembrano essere sorte anche altre dispute tra i sostenitori di questi diversi calendari; cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 5|Capitolo 5]], "Calendario & Controversie". Gli elenchi più dettagliati delle feste bibliche si trovano in {{passo biblico2|Levitico|23}} e {{passo biblico2|Numeri|28-29}}; si veda anche {{passo biblico2|Deuteronomio|16}} e (più brevemente) {{passo biblico2|Esodo|23:14-19;34:22-26}}. {{passo biblico2|Neemia|8}} riporta che in seguito i Giudei di ritorno dall'esilio babilonese trovarono le regole per queste feste nella Torah e evidentemente non le conoscevano. Si veda il [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 3|Capitolo 3]], "Il Libro di Re Giosia", per una celebrazione della Pesach ebraica ai tempi di re Giosia, poco prima della distruzione del Primo Tempio. }} '''L'Alleanza decisiva'''. Mosè condusse il popolo nel deserto del Sinai. Lì, dalla cima di una montagna, la voce di Dio parlò loro e diede loro le leggi secondo cui avrebbero dovuto vivere. Dio si offrì di rinnovare la Sua alleanza con loro come popolo, e loro accettarono con entusiasmo. Israele divenne la nazione di Dio. Ora vivevano sotto la protezione di Dio e soggetti al Suo governo e al Suo giudizio. Il destino della nazione sarebbe ora dipeso dalla loro lealtà a Dio e all'Alleanza, dalla loro obbedienza ai Suoi comandamenti. Mosè salì sul monte e trascorse quaranta giorni e quaranta notti alla presenza di Dio; al suo ritorno, portò con sé la parola di Dio scritta su tavole di pietra. Le ripose in un contenitore speciale e, per custodire questo sacro scrigno, costruì un santuario mobile dove il popolo potesse incontrare il suo Dio e adorarlo. Tuttavia, quasi subito, si verificò una situazione che sarebbe diventata presto familiare: ripetutamente, il popolo rinunciò alle proprie speranze tradendo i propri obblighi e violando i comandamenti di Dio.<ref>Come simbolo dell'incostanza della nazione, l'arca santa conteneva non solo le Tavole della Legge, ma anche i frammenti di una serie precedente; queste prime tavole erano state frantumate da Mosè quando scoprì il popolo che adorava un vitello d'oro ({{passo biblico2|Esodo|32}}). Avevano costruito questo oggetto proibito mentre egli era ancora sul monte a ricevere la parola di Dio, col suono della voce di Dio ancora echeggiante nelle loro orecchie.</ref> Al momento della sua morte, Mosè era completamente disilluso dal suo popolo; nel suo discorso d'addio, li avvertì che la continua disobbedienza avrebbe portato alla catastrofe. '''Il popolo e la loro terra'''. Per fedeltà all'alleanza, Dio guidò il popolo attraverso il deserto per quarant'anni e poi lo condusse nella Terra Promessa. Ancora una volta, tradirono ripetutamente l'alleanza adorando altri dèi. Privi della protezione divina, furono ripetutamente invasi e oppressi da nazioni straniere. Ogni volta, sotto la pressione della sofferenza, si pentirono: Dio li avrebbe salvati dai loro nemici, ma presto sarebbero caduti di nuovo. Dopo alcune generazioni, le tribù unirono le loro forze e costruirono un regno sotto l'eroico ''Davide''. A Davide seguì ''Salomone'', famoso per la sua saggezza, che costruì il Primo Tempio permanente a Dio nella nuova capitale reale, ''Gerusalemme''. Tramite i ''profeti'', Dio assicurò che la famiglia di Davide sarebbe salita per sempre sul trono d'Israele, ma i vecchi schemi di slealtà continuarono a ripresentarsi; dieci tribù su dodici si ribellarono alla famiglia reale, lasciando ai suoi discendenti il ​​governo della sola tribù di Davide, ''Giuda''; in entrambi i regni, i ricchi opprimevano i poveri e il culto di altri dei persisteva. Il regno di Israele, che comprendeva le dieci tribù ribelli, fu distrutto dai conquistatori assiri nel 722 AEV. Poi il regno davidiano di Giuda fu spazzato via, il Tempio di Salomone fu demolito e i capi della nazione furono deportati in esilio a Babilonia (l’''Esilio babilonese'') nel 586 AEV. Sembrava che la santa alleanza fosse crollata. Ma ora il resto del popolo attuò una vera riforma delle proprie abitudini. Finalmente abbandonò l'attrazione per false divinità; finalmente accettò l'autorità dell'unico vero Dio. Un gruppo di esuli tornò nella terra dei loro antenati e ricostruì il Tempio. Sotto la guida di ''Esdra'', ''Neemia'' e dell'ultimo dei profeti, si dedicarono nuovamente all'edificazione di una comunità santa basata sulla devozione alla parola di Dio e agli insegnamenti di Mosè. L'apostasia continuò, naturalmente, ma non dominava più la vita nazionale. Il popolo problematico di Israele era diventato la nazione santa degli ebrei.<ref>Cfr. l'Introduzione per un'ulteriore discussione dei nomi ''Ebrei, Giuda'' e ''Israele''.</ref> [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] Vale la pena ripetere che la narrazione precedente non può essere verificata come Storia. La maggior parte dei personaggi della saga biblica non compare negli scritti storici di nessun'altra nazione antica; la maggior parte degli eventi di questa saga non è raccontata in nessun altro documento antico. L'importanza della storia non risiede nella questione se ''gli eventi siano realmente accaduti'', cosa che non può essere determinata, ma nella certezza che ''la storia sia stata raccontata'' più e più volte, nel corso di innumerevoli generazioni: ''questo'' fatto, di fondamentale importanza, è fuori da ogni dubbio. La narrazione epica appena riassunta ha plasmato la coscienza di uomini e donne ebrei fin dagli albori della storia ebraica. La narrazione biblica stabilisce alcune concezioni che sono rimaste centrali per la nascente religione ebraica. La storia identifica il Dio degli ebrei come creatore e unico sovrano dell'universo. Afferma la pretesa di Israele di un rapporto speciale con questo Dio e spiega come questo rapporto sia nato. La storia descrive lo stile di vita ebraico e la patria nazionale ebraica come doni di Dio e porte d'accesso alla santità per coloro che rispettano le richieste e gli insegnamenti di Dio; d'altra parte, contiene anche un severo monito: coloro che si allontanano da quegli insegnamenti o che resistono a quelle richieste porteranno inevitabilmente alla catastrofe per sé stessi e per chi li circonda. Queste idee costituiscono il contesto per comprendere le strutture formali dell'antica religione israelita. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = "I DIECI COMANDAMENTI" – DUE VERSIONI |contenuto = ''Nota: diverse tradizioni religiose suddividono queste istruzioni nei Dieci Comandamenti. Le seguenti traduzioni offrono la tradizionale divisione ebraica.'' <center>'''I'''</center> Io sono YHWH, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avrai altri dèi al mio cospetto. Non ti farai scultura o immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, YHWH, tuo Dio, un Dio geloso, punisco la colpa dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, mentre uso misericordia fino alla millesima generazione, per coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronunciare invano il nome di YHWH, tuo Dio, perché YHWH non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano. Ricordati del giorno di Shabbat per santificarlo. Lavorerai sei giorni e compirai ogni tuo lavoro, ma il settimo giorno è Shabbat in onore del Signore tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te, perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di Shabbat e lo ha santificato. Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che il Signore, il tuo Dio, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non risponderai contro il tuo prossimo come falso testimone. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo. <div align="right">({{passo biblico2|Esodo|20:2-17}})</div> <center>'''II'''</center> Io sono YHWH, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avrai altri dèi al mio cospetto. Non ti farai scultura o immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, YHWH, il tuo Dio, un Dio geloso, punisco la colpa dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, mentre uso misericordia fino alla millesima generazione, per coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronunciare invano il nome di YHWH, tuo Dio, perché YHWH non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano. Osserva il giorno di Shabbat per santificarlo, come YHWH tuo Dio ti ha comandato. Lavorerai sei giorni e farai ogni tuo lavoro, ma il settimo giorno è Shabbat in onore di YHWH tuo Dio: non fare alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bue, né il tuo asino, né alcuna delle tue bestie, né il forestiero che sta entro le tue porte, affinché il tuo servo e la tua serva si riposino come te. E ricordati che sei stato un servo nel paese d'Egitto e che YHWH tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio steso; perciò YHWH tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di Shabbat. Onora tuo padre e tua madre, come YHWH tuo Dio ti ha comandato, perché i tuoi giorni siano prolungati e tu prosperi sulla terra che YHWH, tuo Dio, ti dà. Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, E non risponderai contro il tuo prossimo come un vano testimone, Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo. <div align="right">({{passo biblico2|Deuteronomio|5:6-21}})</div> }} === La religione dell'Antico Israele === Nella loro vita privata, gli antichi abitanti di Israele sembrano essere stati molto simili ai loro vicini. L'economia era prevalentemente rurale, basata sull'agricoltura e sulla pastorizia.<ref>I codici legislativi della Torah contengono alcune disposizioni per la vita nelle città, per lo più riguardanti la proprietà delle case, ma quasi nessun riferimento alla vita economica delle città: commercio, artigianato, manifattura e simili.</ref> La legge biblica presuppone l'esistenza della schiavitù, ma la narrazione scritturale non menziona mai schiavi al di fuori delle famiglie dei più ricchi. Similmente, in teoria, gli uomini potevano prendere più mogli, ma pochissimi lo facevano, fatta eccezione per i più ricchi. La poligamia era costosa e pochi potevano permettersi di mantenere una famiglia numerosa; inoltre, mariti e mogli spesso sviluppavano legami affettivi che non lasciavano spazio a relazioni parallele. La legge biblica dà per scontata l'esistenza della poligamia, ma le Scritture riportano in realtà pochissimi casi di famiglie poligame.<ref>Due dei tre patriarchi avevano più mogli, così come diversi re d'Israele, in particolare Davide e Salomone. Anche il padre di Samuele aveva due mogli. Sembra che questi uomini fossero tutti ricchi.</ref> Quando le donne si sposavano, entravano a far parte delle famiglie dei loro mariti. Potevano mantenere legami di affetto con le famiglie di nascita, ma la loro identità legale era ora determinata dal matrimonio.<ref>Questa disposizione probabilmente si applicava solo alle mogli complete. Le ''concubine'', o mogli di rango inferiore, potevano vivere in un limbo sociale più ampio.</ref> Per questo motivo, la legge biblica si preoccupava di provvedere alle vedove: non solo queste donne spesso mancavano di sostegno materiale, ma non avevano nemmeno un'identità legale sicura nella società.<ref>Una vedova senza figli o una divorziata poteva tornare a casa del padre: cfr. {{passo biblico2|Genesi|38:11}} (narrativa) o {{passo biblico2|Levitico|22:13}} (legge sacerdotale).</ref> La legge biblica proibisce ripetutamente il matrimonio con donne straniere; a volte il riferimento sembra limitato ai popoli nativi non-israeliti della Terra Promessa, ma a volte il divieto sembra assoluto. Ciononostante, la legge riconosce anche che un soldato potrebbe innamorarsi di una donna catturata in guerra ({{passo biblico2|Deuteronomio|21:10-14}}), e le Scritture raccontano diversi casi di uomini israeliti che sposavano donne straniere.<ref>Il fatto più notevole è che la famiglia reale di Davide discendeva in linea retta dalla moabita Rut, sebbene {{passo biblico2|Deuteronomio|23:9}} sembri proibire il matrimonio con i moabiti. (Questa norma potrebbe essere posteriore; per evitare l'apparenza di illegalità, gli interpreti rabbinici limitarono il divieto al matrimonio tra donne israelite e uomini moabiti). Dopo l'esilio, Esdra e Neemia costrinsero gli uomini di Giuda che avevano sposato donne straniere a mandarle via; cfr. Capitolo 3.</ref> Poiché le donne assumevano l'identità legale dei loro mariti al momento del matrimonio, le donne israelite che sposavano uomini stranieri probabilmente scomparivano dalla società israelita. Certo, la Bibbia non fornisce un singolo caso di una donna che lo facesse, ma questo potrebbe semplicemente confermare che tali donne se ne andarono con i loro mariti e scomparvero. Il culto di una divinità nazionale era tipico del Vicino Oriente, ma in altri casi era solitamente combinato con la venerazione per le forze della natura, come la pioggia e la tempesta, o l'amore e la fertilità, che sembravano governare la vita delle persone; analogamente, anche in Israele, l'idea che il culto dovesse essere limitato a una sola divinità incontrò forti resistenze per generazioni. Si veda il [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]] per ulteriori approfondimenti. La narrazione biblica non dice quasi nulla sulla vita religiosa dei privati. In occasioni speciali si offrivano sacrifici a Dio, ma è difficile stabilire se le regole formali bibliche sui sacrifici si applicassero a tali offerte private. Oltre ai grandi altari pubblici, le case private avevano luoghi specifici per le offerte domestiche? Non possiamo dirlo. Non sappiamo se il matrimonio o la nascita di un figlio fossero celebrati da cerimonie religiose diverse dalle consuete offerte di ringraziamento o dalle offerte di purificazione ''post-partum'' specificate in {{passo biblico2|Levitico|12}}. Non possiamo nemmeno dire se le grandi feste fossero caratterizzate da rituali domestici oltre che dalle grandi cerimonie celebrate nei santuari pubblici.<ref>Un'importante eccezione è il sacrificio annuale domestico dell'agnello pasquale; si veda la discussione ''supra''.</ref> In ogni caso, come per tutti i popoli antichi, il culto pubblico degli Israeliti era incentrato sul ''sacrificio'', il dono a Dio (solitamente tramite la distruzione) di un oggetto di valore. La legge biblica fornisce norme dettagliate per la corretta offerta del sacrificio: un oggetto di valore adeguato (di solito un animale, ma a volte anche grano, vino o olio d'oliva), l'occasione giusta (talvolta richiesta dal calendario o da un evento della propria vita come la nascita di un figlio, ma anche eventualmente il risultato di un voto spontaneo), le procedure necessarie, il personale appropriato. Col passare del tempo, il diritto di offrire sacrifici passò ai sacerdoti ereditari (ebr. ''kohanim''); la memoria nazionale fa risalire questo sacerdozio ad Aronne, fratello di Mosè, ma questa discendenza non può essere verificata. In effetti, vari passi biblici suggeriscono che in epoca antica il ruolo sacerdotale potesse essere assegnato su basi diverse; soprattutto, la tradizione suggerisce che prima dell'inizio del sacerdozio ereditario, questo ruolo fosse ricoperto dal figlio primogenito di ogni famiglia. Questa tradizione è chiaramente collegata alla tradizione narrativa secondo cui i primogeniti israeliti furono risparmiati quando i primogeniti d'Egitto furono tutti uccisi nella decima e ultima piaga. Per un certo periodo, esistevano santuari locali e gruppi di sacerdoti locali sparsi in tutto il paese (cfr. immagine in basso), ma al tempo di re ''Giosia'' (fine del VII secolo AEV) tutto il culto sacrificale era centralizzato in un unico luogo (il Tempio) nella capitale Gerusalemme. Questo santuario era stato costruito sotto re Salomone circa 300 anni prima, ma le Scritture menzionano ristrutturazioni e altri cambiamenti nel corso dei secoli. Non possiamo dire con certezza come fossero il Tempio o le sue cerimonie al tempo di Salomone (le descrizioni potrebbero incorporare informazioni successive), ma negli ultimi anni il santuario era diventato un'importante istituzione nazionale, un centro di orgoglio e venerazione. La sua perdita nel 586 AEV fu considerata una punizione divina e una catastrofe nazionale. Fin dai tempi antichi, la religione israelita aveva sviluppato un calendario di feste (cfr. "IL CALENDARIO BIBLICO"). Tra queste, probabilmente la più antica (e la più famosa) è la ''[[w:Pesach|Pesach]]'' (''Pasqua ebraica''), ancora oggi una celebrazione annuale della liberazione di Israele dalla schiavitù egiziana. Questa festività primaverile prevedeva l'offerta annuale di un nuovo agnello (''paschal'') e l'attenta astensione da tutti i prodotti alimentari lievitati per una settimana. Un'attenta lettura dei testi biblici (si veda in particolare {{passo biblico2|Esodo|12-13}}) suggerisce che queste osservanze potessero già essere antiche celebrazioni dell'arrivo della primavera, ma ora a esse veniva attribuito un nuovo livello di significato; oltre ad acclamare il loro Dio come signore della ''natura'', gli Israeliti identificavano gli eventi principali della loro ''storia'' come opera del Suo braccio potente. Questo modello di andare oltre l'eterno e immutabile mondo dei cicli naturali per trovare un significato religioso negli eventi unici della storia fu uno dei grandi contributi di Israele al pensiero occidentale. In modo simile, la festa del raccolto autunnale delle ''Capanne'' o dei ''Tabernacoli'' (in ebraico ''[[w:Sukkot|Sukkot]]'') riceve una spiegazione storica tramite il riferimento ad eventi che in realtà non vengono mai raccontati nella narrazione biblica (cfr. {{passo biblico2|Levitico|23:43}}). Nel corso del tempo, tuttavia, la caratteristica più sorprendente del calendario israelita si rivelò non essere affatto una festa annuale, bensì il giorno del Sabbath (''[[w:Shabbat|Shabbat]]'') settimanale, in cui il lavoro produttivo era proibito. Per quanto ne sappiamo, nessun'altra cultura nell'antico Vicino Oriente aveva una settimana di sette giorni.<ref>Poco dopo, gli astrologi babilonesi iniziarono a pensare in termini di un ciclo di sette giorni corrispondente ai sette "pianeti" (inclusi il sole e la luna) del loro giorno. Secoli dopo, questa idea si diffuse in tutto il mondo greco e romano.</ref> Le teorie abbondano sulle origini di questa idea, ma possiamo semplicemente notarne l'importanza. Si dice che Dio stesso abbia istituito il Sabbath fin dalla creazione del mondo ({{passo biblico2|Genesi|2:1-3}}). Come segno della sua importanza, la [[Torah]] minaccia la pena di morte per coloro che violano il Sabbath ({{passo biblico2|Esodo|31:14;35:2}}), e l'osservanza del Sabbath è l'unica disposizione cerimoniale nei cosiddetti ''Dieci Comandamenti'' o ''Decalogo'' ({{passo biblico2|Esodo|20:8-11}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|5:12-15}}), un primo elenco di principi religiosi fondamentali. La Bibbia non fornisce molte informazioni dettagliate su questa importante istituzione israelita; non sappiamo quali rituali venissero eseguiti oltre ad alcuni sacrifici speciali ({{passo biblico2|Numeri|28:9-10}}),<ref>Al tempo dei re e anche in seguito, lo Shabbat era evidentemente ritenuto un'occasione adatta per visitare un uomo santo o un santuario; cfr. {{passo biblico2|2Re|4:23}}; {{passo biblico2|Isaia|66:23}}.</ref> né sappiamo quali azioni fossero considerate faticose e quindi proibite.<ref>Testi rabbinici successivi derivano trentanove categorie fondamentali di lavori proibiti dalla costruzione del Tabernacolo nel deserto. Cfr. Appendice 3.</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA |contenuto = Come menzionato nel testo, la legge biblica riconosce l'importanza di distinguere la profezia autentica da quella falsa, ma si rende conto che questo può essere difficile da realizzare. La Scrittura offre una regola molto semplice per distinguere: la profezia autentica si avvera, quella falsa no. {{citazione|Se tu dici in cuor tuo: "Come riconosceremo la parola che YHWH non ha detta?" Quando il profeta parlerà in nome di YHWH e la cosa non succede e non si avvera, quella sarà una parola che YHWH non ha detta; il profeta l'ha detta per presunzione; tu non lo temere.|{{passo biblico2|Deuteronomio|18:21-22}}}} I narratori biblici, tuttavia, sembrano anche consapevoli che questa regola non è sempre adeguata. La famosa storia di Giona, anch'essa menzionata nel mio testo, contiene un profondo paradosso. Il profeta predice la caduta della grande città di Ninive, ma il popolo si sforza di cambiare le proprie vie peccaminose e Dio lo perdona ({{passo biblico2|Giona|3}}). Ciò fa infuriare profondamente il profeta: ora la sua profezia è stata falsificata! Il messaggio del libro, tuttavia, è che ''la profezia ha avuto successo perché non si è avverata''. La distruzione della città, non la sua sopravvivenza, sarebbe stata il vero fallimento. Un episodio meno noto, in {{passo biblico2|Geremia|28}}, riguardava uno scontro tra due profeti: lo stesso Geremia e un altro di nome Hanania ben Azur. Geremia aveva ripetutamente invocato la resa ai Babilonesi che assediavano Gerusalemme, ma Hanania non era d'accordo e lo fece in nome di Dio: predisse che entro due anni gli assedianti se ne sarebbero andati. Geremia non sapeva cosa fare; era profondamente convinto che Hanania stesse ingannando il popolo e che la sua stessa difesa della resa fosse la vera parola di Dio, ma come poteva dimostrarlo agli astanti perplessi? Quando due profeti offrono proclamazioni esattamente opposte della parola di Dio, come possono le persone sapere chi seguire? Geremia tornò a casa senza rispondere, solo per ricevere una nuova profezia che confermava la sua convinzione, e poi "il profeta Hanania morì quell'anno, nel settimo mese". Dio stesso, per così dire, giustiziò il rivale di Geremia con l’accusa di falsa profezia, ma è possibile che quando due profeti sono in disaccordo la nazione debba aspettare per vedere chi muore per primo? Un'altra storia ({{passo biblico2|1Re|22:1-37}}) è ancora più sconcertante. I due re israeliti, Giosafat del sud e Acab del nord, si incontrarono per valutare l'idea di muovere guerra al loro nemico comune, gli Aramei. Giosafat, noto per la sua pietà, era pronto ad accettare, ma volle consultare i profeti di Dio prima di decidere. Molti profeti predissero la vittoria, ma alla fine un ultimo profeta (il suo nome era Michea ben Imla, e Acab lo detestava perché le sue profezie erano sempre ostili) offrì una visione sconvolgente: Dio aveva inviato uno spirito in tutti gli altri profeti per indurre Acab alla guerra, ''ma lo scopo di questo messaggio era quello di indurlo alla morte''. Come previsto, Acab andò in guerra e come previsto fu ucciso. Avendo bisogno di una guida profetica, Acab aveva naturalmente seguito l'opinione della maggioranza, e questo gli fu fatale. La storia del profeta Michea solleva la terrificante possibilità che una profezia autentica possa provenire da Dio, ma con uno scopo nascosto e ingannevole, così che coloro che la seguono non ottengano la salvezza, ma siano condotti alla propria distruzione. Una volta consapevole di questo pericolo, chi seguirebbe mai più un profeta? }} Le due versioni dei Dieci Comandamenti offrono spiegazioni piuttosto diverse sul motivo del giorno di riposo settimanale (cfr. "I DIECI COMANDAMENTI – DUE VERSIONI"). Il Libro dell'Esodo descrive il Sabbath come un riconoscimento di Dio quale Creatore del mondo: Dio creò il mondo in sei giorni e poi si riposò il settimo, e coloro che lo adorano dovrebbero fare lo stesso. Nel Deuteronomio, tuttavia, l'attenzione si sposta sulla fuga dalla schiavitù in Egitto: come voi eravate schiavi ma Dio vi ha dato riposo, così anche voi dovete riposarvi e dare riposo a tutti coloro che lavorano per voi. Questo è l'unico paragrafo del Decalogo in cui le due versioni differiscono significativamente, e la loro combinazione presenta ancora una volta una miscela di temi tratti dalla contemplazione della natura e dallo studio della storia della nazione. La presenza diffusa di tali miscele è una caratteristica distintiva della letteratura biblica. Ogni cultura antica aveva i suoi sacerdoti, ma Israele aveva anche un secondo tipo di guida religiosa, molto diverso: i ''profeti''. I profeti ebrei (''nevi’im'') non erano indovini, ma messaggeri, intermediari tra il popolo e il loro Dio; in questo si differenziavano dagli indovini, dagli astrologi e dagli oracoli che si potevano trovare in tutto il mondo antico. Mosè è il prototipo dei profeti (cfr. {{passo biblico2|Deuteronomio|18:15}}), e per tutto il periodo biblico i profeti servirono da veicoli attraverso i quali la parola di Dio giungeva al popolo. È facile comprendere quanto la profezia sia intrinsecamente inquietante: un profeta può presentarsi in qualsiasi momento e annunciare che i precedenti messaggi di Dio sono stati sostituiti da uno nuovo. Naturalmente, i funzionari (sacerdoti, re, ecc.) responsabili del mantenimento della stabilità della nazione spesso si scontravano con i profeti; le Scritture sono piene di storie di profeti che denunciavano i re in nome di Dio, mentre i sacerdoti nei loro santuari sacri, dediti al regolare svolgimento dei loro doveri cerimoniali, a volte cercavano di mettere a tacere i profeti o semplicemente di tenerli lontani.<ref>Cfr. {{passo biblico2|Amos|7:10-17}}; {{passo biblico2|Geremia|26:8-11}}.</ref> Tale ostilità poteva essere evitata – un profeta che si guadagnava la fiducia del re poteva diventare un importante consigliere reale – ma la tensione tra la dedizione dei sacerdoti all'ordine e alla permanenza e le imprevedibili interruzioni dei profeti è uno dei temi ricorrenti della Bibbia. La profezia sollevava anche un'altra difficoltà: come si poteva distinguere chi fossero i veri profeti? Chiunque poteva presentarsi e affermare di essere portatore di un messaggio da Dio: come si potevano distinguere i falsi profeti – individui maliziosi o illusi – dai veri profeti? La legge biblica offre la soluzione semplice ma inutile: se la profezia non si avvera, il profeta non può essere stato mandato da Dio ({{passo biblico2|Deuteronomio|18:22}}), ma non sempre si poteva aspettare per vedere se una profezia si sarebbe adempiuta. E a volte, come nel famoso caso di Giona, la profezia raggiunse il suo scopo senza avverarsi. Giona predisse la caduta di una grande città, ma il suo popolo si pentì e fu perdonato; questo significava che, a rigor di termini, la profezia non si era avverata, ma chi poteva negare che avesse raggiunto il suo vero scopo? Oltre a questo enigma intellettuale, a volte la profezia richiedeva un'azione; quando profezie contrastanti richiedevano azioni incompatibili, il pubblico dei profeti non riusciva a capire cosa Dio volesse veramente che facessero (cfr. "IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA"). Queste incertezze si combinavano per produrre il peggiore dilemma di tutti: a volte le profezie erano concepite per salvare il pubblico dal disastro, come nel caso di Giona, ma a volte, come con il re Acab, erano destinate a condurre il pubblico alla distruzione. Come potevano le persone capire a quali profezie dare seguito? Cosa dovevano fare quando non potevano saperlo? Cosa sarebbe potuto accadere se non avessero considerato tutte le possibilità? Cosa sarebbe potuto accadere se avessero fatto ipotesi sbagliate? Sotto la pressione di tale incertezza, le generazioni successive iniziarono a perdere fiducia nella profezia come metodo affidabile per conoscere la volontà di Dio. I profeti del passato erano stati uomini e donne santi, e le loro parole venivano ricordate e continuamente rivisitate, ma non ci si aspettava alcun ulteriore messaggio da Dio. Zaccaria, uno degli ultimi profeti biblici, paradossalmente predice la fine della profezia: in futuro, chiunque avesse anche solo affermato di portare un messaggio da Dio sarebbe stato messo a morte come falso profeta, quindi i veri profeti avrebbero dovuto mentire sulla propria identità per proteggere la propria vita.<ref>{{passo biblico2|Zaccaria|14:2-6}}; anche qui ci si potrebbe chiedere se si trattasse di una predizione o di un avvertimento.</ref> Nei secoli successivi, figure simili a profeti continuarono ad apparire, ma furono accolte con resistenza e scetticismo. La successiva tradizione ebraica affermò che la profezia scomparve intorno al tempo di [[w:Alessandro Magno|Alessandro Magno]] (che regnò dal 336 al 323 AEV), e questo ricordo è probabilmente corretto.<ref>Al tempo dei Maccabei, pieni di entusiasmo religioso, si pensava che potesse essere imminente un risveglio della profezia, ma ciò non accadde. Cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 4|Capitolo 4]], con riferimento a {{passo biblico2|1Maccabei|4:46;14:41}}.</ref> I profeti furono il secondo elemento della leadership religiosa israelita a scomparire dalla vita nazionale, dopo che i re erano scomparsi da secoli. Rimasero i sacerdoti. Dopo l'esilio babilonese, la religione israelita fu sempre più dominata dai sacerdoti, e la storia di tale dominazione – l'ascesa e il declino dell'ebraismo sacerdotale – sarà raccontata nei Capitoli successivi. {{Immagine grande|Tel Arad 280321 03 Temple.jpg|1010px|''Altare preesilico a [[:en:w:Tel Arad|Tel Arad]]''. Questo altare fu rinvenuto in una fortezza israelita preesilica ad Arad, vicino al Mar Morto. La sua costruzione – una struttura quadrata in pietra grezza – combina elementi delle istruzioni fornite in {{passo biblico2|Esodo|20;27}}, ma l'altare raffigurato non ha corni, come richiesto in {{passo biblico|Esodo|27:2}} ― è possibile che i corni esistessero ma siano stati spezzati, questo comunque non è più possibile stabilirlo.}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|100%|5 luglio 2025}} [[Categoria:Una storia dell'ebraismo|Capitolo 1]] igw9w1tpikp63yl54vs920xhc6uw3b1 478458 478457 2025-07-05T21:15:20Z Monozigote 19063 478458 wikitext text/x-wiki {{Una storia dell'ebraismo}} {{Immagine grande|Scribe- Menahem - The Birds' Head Haggadah - Google Art Project.jpg|750px|}} == La preistoria dell'ebraismo == La religione ebraica (Ebraismo) è emersa dagli scritti della Bibbia ebraica ''(Tanakh)'', ma in realtà non si trova in quegli scritti. L'Ebraismo è una religione che adora Dio<ref>In tutto questo wikilibro, la parola Dio sarà scritta con la maiuscola solo quando si riferisce all'Unico Dio della Bibbia, il Dio dell'Ebraismo maturo. Ovviamente, questo esclude tutti i riferimenti alle divinità delle nazioni politeiste; meno ovviamente, esclude anche i riferimenti biblici al dio di Israele in contesti che sembrano riconoscere l'esistenza di altri dèi (forse inferiori). Questa distinzione sarà elaborata più avanti in questo Capitolo e nei Capitoli successivi di questo libro.<br/> Nei primi Capitoli di questo libro, quando si descrivono periodi storici in cui le persone pronunciavano ancora il nome personale di quattro lettere di Dio, tale nome sarà trascritto secondo le sue consonanti ebraiche come YHWH. A causa dell'estrema santità di questo nome e dell'immenso potere che incarnava, in tempi successivi le persone smisero di pronunciarlo nella vita quotidiana e il suo suono effettivo fu dimenticato. Per i periodi successivi, quando questo nome non veniva più pronunciato ma sostituito da una perifrasi come "Signore", verrà qui adottata una pratica simile.</ref> attraverso le ''parole'' – preghiera, sermoni, lettura delle Scritture e simili – in edifici chiamati ''[[w:sinagoga|sinagoghe]]'' sotto la guida di ''[[w:rabbino|rabbini]]'' eruditi. La Bibbia sa qualcosa della preghiera ma nulla del resto: la Bibbia descrive una religione incentrata su un singolo edificio comunemente chiamato ''[[w:Tempio di Gerusalemme|Tempio]]'' e guidata da ''[[w:sacerdote (ebraismo)|sacerdoti]]'' ereditari che adorano attraverso le ''azioni'' – elaborati riti sacrificali e altre cerimonie di purificazione ed espiazione. La transizione da quella religione primitiva a quella che le persone moderne riconoscerebbero è la trama di questo mio libro. Quasi tutte le nostre informazioni sulle prime parti di questa storia provengono dalle pagine della ''[[w:Tanakh|Bibbia]]''<ref>In questo libro, il termine "Bibbia" si riferirà sempre alla Bibbia ebraica, spesso chiamata Antico Testamento nell'uso cristiano. Un elenco completo dei libri della Bibbia ebraica si trova nel riquadro "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"</ref> (cfr. riquadro: "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"). La Bibbia in realtà non è un singolo libro; è un'antologia di materiali scritti nell'arco di molti secoli – forse anche di {{FORMATNUM:1000 anni}} – in due lingue diverse e in almeno due paesi diversi. Non sorprende che i suoi scritti mostrino una varietà di stili e prospettive su molte questioni importanti (cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]]). Questa varietà di contenuti ha permesso ai lettori successivi di trovare molti messaggi diversi nelle sue pagine e di applicarli alla grande varietà di situazioni che si sono trovati ad affrontare. Questa flessibilità è la chiave del successo straordinariamente duraturo della Bibbia nel sostenere individui e comunità di fede per oltre due millenni. Tuttavia, dal punto di vista dello storico, la Bibbia presenta un problema molto difficile. Molte, forse la maggior parte, delle sue narrazioni furono scritte molto tempo dopo gli eventi che descrivono (la storia inizia con la creazione del mondo!), e quasi nulla nella Bibbia può essere confermato da qualsiasi altra fonte antica di informazione. Come sempre con informazioni non corroborate, l'osservatore moderno non è in grado di giudicare l'affidabilità storica della Bibbia, non è in grado di misurare la distanza tra descrizione ed evento, non è in grado di leggere le storie della Bibbia e capire cosa (se qualcosa) sia realmente accaduto.<ref>L'archeologia può confermare che un certo resoconto è ''plausibile'' o ''realistico'', ma senza una qualche forma di corroborazione documentale (e gli archeologi spesso trovano documenti!) non può stabilire se un resoconto sia ''accurato'' o ''vero''.</ref> La Bibbia non può quindi essere letta come un documento storico: bisogna invece comprendere che la narrazione biblica è un distillato della memoria nazionale concepito per trasmettere un messaggio religioso. Il messaggio religioso della Bibbia è forte e chiaro, ma non possiamo sempre sapere come gli eventi descritti sarebbero apparsi senza lo scopo religioso che ora plasma la narrazione, o addirittura come gli autori della Bibbia abbiano appreso di quegli eventi in primo luogo. Allora, noi lettori moderni, possiamo veramente imparare la storia antica dalla Bibbia? Certo che possiamo, ma non nel modo in cui possiamo imparare la storia dagli archivi o da altri documenti ufficiali. La chiave per imparare la storia dalla Bibbia è focalizzare l'attenzione ''non sul contenuto delle storie, ma sulle storie stesse: chi le ha raccontate? Perché? Come le hanno comprese le persone che le hanno raccontate? Quali verità vi hanno trovato? Quali insegnamenti hanno cercato di trasmettere?'' Le persone hanno recitato queste narrazioni per ben oltre {{FORMATNUM:2000}} anni ― questo di per sé è un fatto storico di enorme importanza. Dopo un breve riassunto della narrazione stessa, sarà possibile riflettere su tali domande. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = COSA CONTIENE LA BIBBIA? |contenuto = La tradizione ebraica divideva la Bibbia in tre sezioni, contenenti in totale ventiquattro libri. <center>'''I. La [[Torah]]'''</center> 1. '''Genesi'''. Contesto della nascita del popolo d'Israele, dalla creazione del mondo attraverso le vite dei patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe) e delle matriarche (Sara, Rebecca, Lia, Rachele) fino alla morte di Giuseppe in Egitto. 2. '''Esodo'''. Schiavitù in Egitto, poi liberazione. Alleanza al Sinai, rivelazione dei comandamenti di Dio, costruzione del Tabernacolo per il culto formale. Storia del Vitello d'Oro: la prima caduta di Israele nell'idolatria. 3. '''Levitico'''. Regole per il mantenimento della purezza rituale e la corretta esecuzione dei sacrifici; anche per la creazione di una comunità sacra. Prima descrizione delle leggi alimentari e delle feste dell'anno. 4. '''Numeri'''. Censimento nel deserto prima della marcia verso la Terra Promessa. Incidenti nel corso di quella marcia, ulteriore legislazione. 5. '''Deuteronomio'''. Discorso di addio di Mosè: riassunto della sua carriera, riassunto dei comandamenti di Dio, avvertimento delle conseguenze della disobbedienza. Mosè muore ai confini della Terra Promessa. <center>'''II. I Profeti'''</center> '''a. I Primi Profeti'''. Nonostante il nome tradizionale, questa sezione contiene in realtà pochissime profezie. Piuttosto, prosegue principalmente la narrazione oltre la morte di Mosè. 6. '''Giosuè'''. Conquista e insediamento iniziale della Terra Promessa da parte di Israele. 7. '''Giudici'''. Le generazioni successive. L'infedeltà a Dio porta oppressori stranieri; il pentimento porta la liberazione. 8. '''1 e 2 Samuele'''. L’ultimo dei giudici e il primo dei re d’Israele fino alla morte di Davide. 9. '''1 e 2 Re'''. La storia dei regni fino alla loro distruzione. ''Nota: I libri ora citati come coppie numerate erano originariamente opere singole. Furono divisi dai copisti nel Medioevo a causa delle loro grandi dimensioni. Tale non è il caso dei libri numerati del Nuovo Testamento, che sono documenti separati.'' '''b. I Profeti posteriori '''. Questi sono i grandi oratori e scrittori della Bibbia. 10. '''Isaia'''. L'Isaia storico visse intorno al 700 AEV, ma molti contenuti di questo libro sembrano risalire a un'epoca successiva, durante l'esilio babilonese e forse anche più tardi. 11. '''Geremia'''. Vissuto all'incirca all'epoca dell'Esilio, il libro contiene una significativa narrazione biografica insieme alle orazioni di Geremia. 12. '''Ezechiele'''. Contemporaneo di Geremia, ma visse e profetizzò tra gli esuli a Babilonia. 13. '''I Dodici'''. Dodici libri profetici molto più brevi, attribuiti a scrittori vissuti in un arco di diversi secoli. Solo Giona contiene una narrazione significativa. {{Colonne}} *Osea *Gioele *Amos {{Colonne spezza}} *Abdia *Giona *Michea {{Colonne spezza}} *Naum *Abacuc *Zaccaria {{Colonne spezza}} *Aggeo *Sofonia *Malachia {{Colonne fine}} <center>'''III. Scritti ''(Ketuvim)'''''</center> 14. '''Salmi'''. Una raccolta di 150 poemi religiosi, molti dei quali attribuiti al re Davide. 15. '''Proverbi'''. Raccolta di saggi insegnamenti, in gran parte attribuiti al re Salomone. 16. '''Giobbe'''. Una storia di rettitudine messa alla prova dalla sofferenza. '''Le ''Cinque Meghillot''''', così chiamate perché vengono lette liturgicamente in occasione di festività specifiche (questo raggruppamento riflette una successiva pratica sinagogale e non è una sezione formalmente riconosciuta della Bibbia). 17. '''Cantico dei Cantici'''. Una poesia d'amore attribuita a re Salomone. Viene letta nelle sinagoghe durante la Pesach. 18. '''Rut'''. Un breve racconto di lealtà e amore ambientato ai tempi dei giudici; le origini della dinastia di re Davide. Da leggere nella [[w:Shavuot|Festa delle Settimane]] (''Shavuot''). 19. '''Lamentazioni'''. Poemi sulla distruzione di Gerusalemme, attribuite a Geremia. Da leggere il 9 di Av, anniversario della distruzione del Tempio. 20. '''Ecclesiaste''' o '''Qohelet'''. Riflessioni filosofiche, attribuite a re Salomone. Da leggere durante Festa delle Capanne. 21. '''Ester'''. Intrighi alla corte reale di Persia; gli ebrei sconfiggono a malapena i malvagi piani di un potente nemico. Letto durante ''Purim''. Questo è l'unico libro della Bibbia in cui Dio non viene mai menzionato direttamente nel testo ebraico. 22. '''Daniele'''. Storie di ebrei leali nelle corti reali di Babilonia e Persia; anche visioni della Fine della Storia. 23. '''Ezra-Nehemiah'''. I leader ebrei e le loro conquiste nel periodo successivo all'esilio babilonese. 24. '''1 e 2 Cronache'''. Rivisitazione della storia di Israele dai tempi di re Davide fino al ritorno dall'esilio babilonese. In gran parte una revisione, ma a volte una semplice ripetizione dei Libri di Samuele e dei Re. In tempi recenti l'acronimo ebraico ''Tanakh'' ('''T'''orah, '''N'''evi’im [profeti], '''K'''etuvim [scritti]) è stato utilizzato per designare l'intera raccolta di ventiquattro libri. [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] La tradizione cristiana, seguendo l'usanza degli antichi ebrei di lingua greca, organizzò questi libri in modo diverso, in due sezioni (non formalmente separate) contenenti rispettivamente la narrazione in prosa e le composizioni poetiche. L'ordine era il seguente: {{Colonne}} *Genesi *Esodo *Levitico *Numeri *Deuteronomio *Giosuè *Giudici *Rut *1 e 2 Samuele {{Colonne spezza}} *1 e 2 Re *1 e 2 Cronache *Esdra *Neemia (libro separato) *Ester *Giobbe *Salmi *Proverbi {{Colonne spezza}} *Ecclesiaste *Cantico dei Cantici *Isaia *Geremia *Lamentazioni *Ezechiele *Daniele *I Dodici {{Colonne fine}} }} === La narrazione biblica === '''Primi sviluppi'''. La Bibbia inizia con la creazione del mondo da parte del Dio d'Israele.<ref>I lettori che hanno familiarità con le Scritture noteranno che il seguente riassunto omette molti personaggi e storie famosi. Si concentra su quei temi che sono rimasti importanti nella visione religiosa del mondo per le generazioni successive.</ref> Non si tratta di un dio che lotta o collabora con altri dèi, come nei miti di altri popoli; il Dio d'Israele crea il mondo da solo, senza sforzo o difficoltà, semplicemente comandando passo dopo passo che l'ordine cosmico venga ad esistere. In questo mondo il Creatore colloca tutte le specie viventi, inclusa una coppia umana di nome ''Adamo'' ed ''Eva''. Adamo ed Eva avrebbero potuto vivere spensierati sotto la protezione di Dio nel ''Giardino dell’Eden'', ma trasgredirono: c'era un solo albero nel giardino, l'"albero della conoscenza del bene e del male", il cui frutto era stato detto loro di evitare, ma mangiarono quel frutto e di conseguenza furono espulsi nel mondo del duro lavoro, il mondo del sesso, della nascita e della morte. Il solo atto di apprendere la differenza tra il bene e il male portò sofferenza nel mondo. I primi capitoli della Bibbia contengono diverse altre drammatiche rappresentazioni dell'incapacità degli esseri umani di vivere come dovrebbero. Adamo ed Eva ebbero due figli di nome Caino e Abele, e uno uccise l'altro. L'immoralità sessuale e la violenza divennero diffuse. Cinque generazioni dopo Caino, avvenne un altro omicidio. Alla decima generazione, Dio era così scoraggiato che distrusse l'intera creazione con un diluvio; solo un uomo giusto ([[w:Noè|Noè]]) e la sua famiglia furono salvati per dar via a un nuovo inizio. Ma anche Noè purtroppo deluse: uscendo dall'arca con cui aveva superato il diluvio, piantò una vigna, si ubriacò e inflisse umiliazioni sessuali alla sua famiglia.<ref>La punizione per questo orrore fu concentrata su Cam, uno dei figli di Noè e antenato dei Cananei che Israele avrebbe poi scacciato dalla Terra Promessa. {{passo biblico2|Genesi|10}} identifica anche Cam come antenato degli africani, un fatto che è stato citato in successive teorie razziali a sostegno di opinioni che gli autori biblici avrebbero considerato aliene e fantastiche.</ref> I discendenti di Noè crebbero di nuovo numerosi, ma poi costruirono la famosa [[w:Torre di Babele|Torre di Babele]] in ribellione contro la volontà di Dio. Costretti di conseguenza a parlare lingue diverse, si dispersero per il mondo: l'idillio era andato a male. Il lettore moderno può facilmente comprendere come queste narrazioni cerchino di rispondere a domande fondamentali sulla natura dell'esistenza umana: perché non parliamo tutti la stessa lingua? Perché le persone devono lavorare così duramente per procurarsi il cibo? Perché si muore? Perché l'impulso sessuale è così forte e il parto così doloroso? Perché le donne sono subordinate agli uomini? Tutte le culture antiche hanno narrato storie di questo tipo, e gli studiosi moderni possono confrontare le versioni bibliche con altre che circolavano nel mondo antico, inserendo così Israele più saldamente nel contesto culturale del Vicino Oriente antico. Ma tali paragoni non spiegano perché la Bibbia stessa sia stata preservata o come questa particolare versione di quelle storie sia arrivata a dominare la nostra civiltà. Solo la fase successiva della narrazione lo spiega. '''Dio fa una scelta'''. Dopo venti generazioni di storia umana, Dio improvvisamente incaricò un uomo di nome ''Abram'' ({{lang|he|אַבְרָם}}), proveniente da una famiglia con radici in Mesopotamia, di recarsi nella lontana terra di Canaan e di stabilirvisi. In effetti, il padre di Abram era partito per questa stessa destinazione anni prima, ma non aveva mai raggiunto il suo obiettivo; ora Abram poteva completare il viaggio del padre e compiere una missione divina allo stesso tempo. La Bibbia non spiega mai del tutto la scelta di quest'uomo da parte di Dio; ci viene detto che era giusto, ma non ci viene detto (come fu detto di Noè) che fosse l'unico uomo giusto della sua generazione. Quale che fosse la ragione della scelta di Dio, i risultati furono epocali. Abram si stabilì a Canaan e ricevette la promessa o ''alleanza'' di Dio che i suoi discendenti avrebbero ereditato quella terra e vi sarebbero diventati una grande nazione. Il segno di questo patto sarebbe stato l'antico rito della ''[[w:Brit milà|circoncisione]]'', eseguito sul corpo di ogni neonato maschio nella prima settimana di vita. Come simbolo del suo nuovo status, Abram ricevette un nuovo nome, ''[[w:Abramo|Abraham]]''; come segno della speciale cura di Dio per lui, suo figlio ed erede ''Isacco'' non nacque prima che Abramo avesse 100 anni. Col tempo Isacco divenne il padre di ''Giacobbe'', che fu anche chiamato ''Israele'', e nella generazione successiva le quattro mogli di Giacobbe gli diedero un totale di dodici figli maschi e una femmina. Una carestia costrinse la famiglia di Giacobbe ad abbandonare la patria a loro destinata e si stabilì in Egitto. Uno dei figli di Giacobbe, ''Giuseppe'', dopo molte avventure aveva elaborato un piano per salvare l'Egitto dagli effetti di questa stessa carestia, e aveva quindi acquisito un grande potere nel paese; sotto la protezione del loro famoso fratello, la famiglia si moltiplicò e prosperò nella loro nuova dimora. Alla fine, tuttavia, un nuovo re perse di vista il debito di gratitudine della sua nazione; sospettoso del numero degli Israeliti, li ridusse in schiavitù.<ref>I temi di questa storia prefigurano la successiva esperienza ebraica: la nazione ospite rende un grande servizio al suo ospite, solo per subire i terribili effetti di una combinazione avvelenata: l'ingratitudine dell'ospitante e la vulnerabilità degli ospiti stessi. L'idea che "le storie dei padri prefigurano quelle dei figli" divenne un tema ricorrente nelle successive interpretazioni ebraiche della Bibbia.</ref> Soffrirono molto finché alla fine Dio si ricordò del loro patto ancestrale e mandò un nuovo capo, ''[[w:Mosè|Mosè]]'', per aiutarli a liberarsi dalle loro catene. Dio (e Mosè) compirono molti atti prodigiosi, infliggendo molte "piaghe" agli ostinati Egiziani; infine, dopo la terrificante morte di ogni primogenito in Egitto, al popolo israelita fu permesso di andarsene. Anche ora, tuttavia, il re si pentì di averli lasciati andare e cercò di inseguirli: in un miracolo finale, il popolo attraversò il mare giungendo in terraferma, ma gli inseguitori egiziani invece annegarono nel tentativo di seguirli. Così i discendenti di Giacobbe divennero il popolo libero di Israele, una nazione di dodici tribù che prese il nome dai dodici figli di Giacobbe, popolo di quasi 2 milioni di persone.<ref>In diversi punti ({{passo biblico2|Esodo|12:37}}; {{passo biblico2|Numeri|1:46,26:51}}, ecc.), le Scritture riportano che i figli d'Israele che lasciarono l'Egitto erano oltre {{FORMATNUM:600000}} maschi adulti.</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL CALENDARIO BIBLICO |contenuto = Le prime testimonianze bibliche riflettono una varietà di sistemi di calendario nell'antico Israele; questi non sono pienamente compatibili, quindi devono riflettere variazioni nelle usanze locali o (più probabilmente) diverse fasi dello sviluppo culturale di Israele. Sfortunatamente, le prove non consentono agli studiosi moderni di ricostruire queste fasi in dettaglio. Un calendario, apparentemente lunare, usava nomi per i mesi, sebbene ne siano sopravvissuti solo quattro: la maggior parte di questi compare nel racconto della costruzione del Tempio da parte di Salomone ({{passo biblico2|1Re|6-8}}). Un anno di dodici mesi lunari dura solo 354 giorni e diverse feste annuali (cfr. descrizione seguente) avevano chiare associazioni stagionali, eppure non ci sono prove che spieghino come le persone che usavano questo calendario impedissero a tali feste di essere fuori stagione. (Nei secoli successivi le autorità aggiunsero occasionalmente un tredicesimo mese in primavera per assicurarsi che la Pesach non cadesse troppo presto.) Per secoli, i mesi lunari furono dichiarati in base all'effettiva osservazione della luna nuova; si dice che il capo rabbinico del IV secolo Hillel II abbia abbandonato questo sistema e abbia istituito formule matematiche per determinare la lunazione. Si veda [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 8|Capitolo 8]], in particolare "''Taqqanot'' e ''Gezerot'' rabbiniche antiche". Un altro calendario numera solo i mesi, a partire dal mese dell'equinozio di primavera, il mese in cui cade la Pesach. Potrebbe trattarsi di un calendario solare simile a quelli conosciuti nell'antico Egitto e altrove, composto da dodici mesi di trenta giorni e un giorno in più ogni trimestre per completare esattamente cinquantadue settimane. L'uso di questo calendario potrebbe spiegare perché {{passo biblico2|Genesi|1:14}} indica che i corpi celesti servono a segnare giorni e anni, ma non dice nulla sui mesi. La settimana di sette giorni è un'unità del tutto artificiale; i tentativi di collegarla alle fasi lunari o alle caratteristiche del calendario babilonese non hanno avuto successo. A parte lo Shabbat, anche i giorni della settimana sono numerati, non nominati: l'ebraico moderno ancora non ha nomi per gli altri giorni della settimana. Fin dall'antichità, gli Israeliti celebravano feste annuali in determinati periodi chiave dell'anno. In seguito, tre di queste feste furono contrassegnate dal pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme e, a quanto pare, furono concepite fin dall'inizio come un ciclo annuale. La più famosa di queste era la festa primaverile della ''Pesach'', collegata alla ''[[w:Pesach|Festa dei Pani Azzimi]]''. Insieme, queste feste servivano a commemorare la fuga degli Israeliti dalla schiavitù egiziana ai tempi di Mosè. In origine, le osservanze potrebbero essere state separate: l'offerta di un agnello il quattordicesimo giorno del primo mese, seguita da un'astensione di una settimana da cibi lievitati o fermentati a partire dal quindicesimo. Fin dall'antichità, tuttavia, queste due feste furono unite in un'unica grande celebrazione. Un resoconto successivo suggerisce che, poco prima della distruzione del Secondo Tempio, oltre un milione di pellegrini si riunivano a Gerusalemme ogni anno per celebrare questa festa (cfr. Flavio Giuseppe , ''[[w:Guerra giudaica (Flavio Giuseppe)|Guerra giudaica]]'', 6.424). Sette settimane dopo, l'inizio della stagione del raccolto fu segnato da una festa più breve; col tempo anche questa osservanza acquisì una dimensione storica come anniversario della rivelazione della [[Torah]] sul Monte Sinai. Infine, la grande festa autunnale del raccolto era segnata dalla costruzione di capanne nei campi dove la gente mangiava e dormiva. Queste capanne avevano probabilmente un'origine utilitaristica: quando ogni ora contava, i contadini non volevano perdere tempo ogni giorno per spostarsi tra i loro villaggi e i loro campi. Col tempo, tuttavia, la ''[[w:Sukkot|Festa delle Capanne]]'' o dei ''Tabernacoli'' divenne un altro simbolo della memoria storica, ricordando i quarant'anni di peregrinazioni di Israele nel deserto prima che gli schiavi liberati raggiungessero la Terra Promessa ({{passo biblico2|Levitico|23:43}}). Un'ulteriore coppia di festività veniva celebrata ogni autunno, sebbene la prova della loro effettiva osservanza provenga solo dal periodo biblico successivo. La luna nuova autunnale segnava l'inizio dell'anno civile, e il decimo giorno successivo divenne un giorno annuale di espiazione caratterizzato da digiuno e cerimonie elaborate. Inizialmente questo giorno sembra essere stato incentrato sul Tempio stesso e serviva una volta all'anno per purificare il santuario da qualsiasi contaminazione accidentale della sua sacralità, ma col tempo l'annuale Giorno dell'Espiazione (''[[w:Yom Kippur|Yom Kippur]]'') divenne il giorno più sacro dell'anno, celebrato dagli ebrei di tutto il mondo. I libri successivi della Bibbia aggiunsero diverse nuove festività al calendario. Il Libro di Ester istituì la festa di ''[[w:Purim|Purim]]'', all'inizio della primavera, per celebrare la fuga degli ebrei persiani dai malvagi disegni di un ministro reale ostile. Il profeta Zaccaria, verso la fine del periodo biblico, accenna a una serie di digiuni durante l'anno che dovevano commemorare eventi disastrosi del passato ({{passo biblico2|Zaccaria|8:19}}). D'altra parte, alcune osservanze sembrano essere cadute in disuso. L'offerta di un covone di grano ogni primavera inaugurava il raccolto di grano del nuovo anno ({{passo biblico2|Levitico|23:9-14}}), ma questo rito scomparve con la distruzione del Tempio, dando solo il suo nome (''Omer'', la parola ebraica per "covone") al periodo di sette settimane dopo la Pesach. Il momento preciso per l'offerta di questo covone divenne oggetto di accese controversie durante il periodo del Secondo Tempio, e sembrano essere sorte anche altre dispute tra i sostenitori di questi diversi calendari; cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 5|Capitolo 5]], "Calendario & Controversie". Gli elenchi più dettagliati delle feste bibliche si trovano in {{passo biblico2|Levitico|23}} e {{passo biblico2|Numeri|28-29}}; si veda anche {{passo biblico2|Deuteronomio|16}} e (più brevemente) {{passo biblico2|Esodo|23:14-19;34:22-26}}. {{passo biblico2|Neemia|8}} riporta che in seguito i Giudei di ritorno dall'esilio babilonese trovarono le regole per queste feste nella Torah e evidentemente non le conoscevano. Si veda il [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 3|Capitolo 3]], "Il Libro di Re Giosia", per una celebrazione della Pesach ebraica ai tempi di re Giosia, poco prima della distruzione del Primo Tempio. }} '''L'Alleanza decisiva'''. Mosè condusse il popolo nel deserto del Sinai. Lì, dalla cima di una montagna, la voce di Dio parlò loro e diede loro le leggi secondo cui avrebbero dovuto vivere. Dio si offrì di rinnovare la Sua alleanza con loro come popolo, e loro accettarono con entusiasmo. Israele divenne la nazione di Dio. Ora vivevano sotto la protezione di Dio e soggetti al Suo governo e al Suo giudizio. Il destino della nazione sarebbe ora dipeso dalla loro lealtà a Dio e all'Alleanza, dalla loro obbedienza ai Suoi comandamenti. Mosè salì sul monte e trascorse quaranta giorni e quaranta notti alla presenza di Dio; al suo ritorno, portò con sé la parola di Dio scritta su tavole di pietra. Le ripose in un contenitore speciale e, per custodire questo sacro scrigno, costruì un santuario mobile dove il popolo potesse incontrare il suo Dio e adorarlo. Tuttavia, quasi subito, si verificò una situazione che sarebbe diventata presto familiare: ripetutamente, il popolo rinunciò alle proprie speranze tradendo i propri obblighi e violando i comandamenti di Dio.<ref>Come simbolo dell'incostanza della nazione, l'arca santa conteneva non solo le Tavole della Legge, ma anche i frammenti di una serie precedente; queste prime tavole erano state frantumate da Mosè quando scoprì il popolo che adorava un vitello d'oro ({{passo biblico2|Esodo|32}}). Avevano costruito questo oggetto proibito mentre egli era ancora sul monte a ricevere la parola di Dio, col suono della voce di Dio ancora echeggiante nelle loro orecchie.</ref> Al momento della sua morte, Mosè era completamente disilluso dal suo popolo; nel suo discorso d'addio, li avvertì che la continua disobbedienza avrebbe portato alla catastrofe. '''Il popolo e la loro terra'''. Per fedeltà all'alleanza, Dio guidò il popolo attraverso il deserto per quarant'anni e poi lo condusse nella Terra Promessa. Ancora una volta, tradirono ripetutamente l'alleanza adorando altri dèi. Privi della protezione divina, furono ripetutamente invasi e oppressi da nazioni straniere. Ogni volta, sotto la pressione della sofferenza, si pentirono: Dio li avrebbe salvati dai loro nemici, ma presto sarebbero caduti di nuovo. Dopo alcune generazioni, le tribù unirono le loro forze e costruirono un regno sotto l'eroico ''Davide''. A Davide seguì ''Salomone'', famoso per la sua saggezza, che costruì il Primo Tempio permanente a Dio nella nuova capitale reale, ''Gerusalemme''. Tramite i ''profeti'', Dio assicurò che la famiglia di Davide sarebbe salita per sempre sul trono d'Israele, ma i vecchi schemi di slealtà continuarono a ripresentarsi; dieci tribù su dodici si ribellarono alla famiglia reale, lasciando ai suoi discendenti il ​​governo della sola tribù di Davide, ''Giuda''; in entrambi i regni, i ricchi opprimevano i poveri e il culto di altri dei persisteva. Il regno di Israele, che comprendeva le dieci tribù ribelli, fu distrutto dai conquistatori assiri nel 722 AEV. Poi il regno davidiano di Giuda fu spazzato via, il Tempio di Salomone fu demolito e i capi della nazione furono deportati in esilio a Babilonia (l’''Esilio babilonese'') nel 586 AEV. Sembrava che la santa alleanza fosse crollata. Ma ora il resto del popolo attuò una vera riforma delle proprie abitudini. Finalmente abbandonò l'attrazione per false divinità; finalmente accettò l'autorità dell'unico vero Dio. Un gruppo di esuli tornò nella terra dei loro antenati e ricostruì il Tempio. Sotto la guida di ''Esdra'', ''Neemia'' e dell'ultimo dei profeti, si dedicarono nuovamente all'edificazione di una comunità santa basata sulla devozione alla parola di Dio e agli insegnamenti di Mosè. L'apostasia continuò, naturalmente, ma non dominava più la vita nazionale. Il popolo problematico di Israele era diventato la nazione santa degli ebrei.<ref>Cfr. l'Introduzione per un'ulteriore discussione dei nomi ''Ebrei, Giuda'' e ''Israele''.</ref> [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] Vale la pena ripetere che la narrazione precedente non può essere verificata come Storia. La maggior parte dei personaggi della saga biblica non compare negli scritti storici di nessun'altra nazione antica; la maggior parte degli eventi di questa saga non è raccontata in nessun altro documento antico. L'importanza della storia non risiede nella questione se ''gli eventi siano realmente accaduti'', cosa che non può essere determinata, ma nella certezza che ''la storia sia stata raccontata'' più e più volte, nel corso di innumerevoli generazioni: ''questo'' fatto, di fondamentale importanza, è fuori da ogni dubbio. La narrazione epica appena riassunta ha plasmato la coscienza di uomini e donne ebrei fin dagli albori della storia ebraica. La narrazione biblica stabilisce alcune concezioni che sono rimaste centrali per la nascente religione ebraica. La storia identifica il Dio degli ebrei come creatore e unico sovrano dell'universo. Afferma la pretesa di Israele di un rapporto speciale con questo Dio e spiega come questo rapporto sia nato. La storia descrive lo stile di vita ebraico e la patria nazionale ebraica come doni di Dio e porte d'accesso alla santità per coloro che rispettano le richieste e gli insegnamenti di Dio; d'altra parte, contiene anche un severo monito: coloro che si allontanano da quegli insegnamenti o che resistono a quelle richieste porteranno inevitabilmente alla catastrofe per sé stessi e per chi li circonda. Queste idee costituiscono il contesto per comprendere le strutture formali dell'antica religione israelita. {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = "I DIECI COMANDAMENTI" – DUE VERSIONI |contenuto = ''Nota: diverse tradizioni religiose suddividono queste istruzioni nei Dieci Comandamenti. Le seguenti traduzioni offrono la tradizionale divisione ebraica.'' <center>'''I'''</center> Io sono YHWH, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avrai altri dèi al mio cospetto. Non ti farai scultura o immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, YHWH, tuo Dio, un Dio geloso, punisco la colpa dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, mentre uso misericordia fino alla millesima generazione, per coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronunciare invano il nome di YHWH, tuo Dio, perché YHWH non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano. Ricordati del giorno di Shabbat per santificarlo. Lavorerai sei giorni e compirai ogni tuo lavoro, ma il settimo giorno è Shabbat in onore del Signore tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te, perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di Shabbat e lo ha santificato. Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che il Signore, il tuo Dio, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non risponderai contro il tuo prossimo come falso testimone. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo. <div align="right">({{passo biblico2|Esodo|20:2-17}})</div> <center>'''II'''</center> Io sono YHWH, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avrai altri dèi al mio cospetto. Non ti farai scultura o immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, YHWH, il tuo Dio, un Dio geloso, punisco la colpa dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, mentre uso misericordia fino alla millesima generazione, per coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronunciare invano il nome di YHWH, tuo Dio, perché YHWH non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano. Osserva il giorno di Shabbat per santificarlo, come YHWH tuo Dio ti ha comandato. Lavorerai sei giorni e farai ogni tuo lavoro, ma il settimo giorno è Shabbat in onore di YHWH tuo Dio: non fare alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bue, né il tuo asino, né alcuna delle tue bestie, né il forestiero che sta entro le tue porte, affinché il tuo servo e la tua serva si riposino come te. E ricordati che sei stato un servo nel paese d'Egitto e che YHWH tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio steso; perciò YHWH tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di Shabbat. Onora tuo padre e tua madre, come YHWH tuo Dio ti ha comandato, perché i tuoi giorni siano prolungati e tu prosperi sulla terra che YHWH, tuo Dio, ti dà. Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, E non risponderai contro il tuo prossimo come un vano testimone, Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo. <div align="right">({{passo biblico2|Deuteronomio|5:6-21}})</div> }} === La religione dell'Antico Israele === Nella loro vita privata, gli antichi abitanti di Israele sembrano essere stati molto simili ai loro vicini. L'economia era prevalentemente rurale, basata sull'agricoltura e sulla pastorizia.<ref>I codici legislativi della Torah contengono alcune disposizioni per la vita nelle città, per lo più riguardanti la proprietà delle case, ma quasi nessun riferimento alla vita economica delle città: commercio, artigianato, manifattura e simili.</ref> La legge biblica presuppone l'esistenza della schiavitù, ma la narrazione scritturale non menziona mai schiavi al di fuori delle famiglie dei più ricchi. Similmente, in teoria, gli uomini potevano prendere più mogli, ma pochissimi lo facevano, fatta eccezione per i più ricchi. La poligamia era costosa e pochi potevano permettersi di mantenere una famiglia numerosa; inoltre, mariti e mogli spesso sviluppavano legami affettivi che non lasciavano spazio a relazioni parallele. La legge biblica dà per scontata l'esistenza della poligamia, ma le Scritture riportano in realtà pochissimi casi di famiglie poligame.<ref>Due dei tre patriarchi avevano più mogli, così come diversi re d'Israele, in particolare Davide e Salomone. Anche il padre di Samuele aveva due mogli. Sembra che questi uomini fossero tutti ricchi.</ref> Quando le donne si sposavano, entravano a far parte delle famiglie dei loro mariti. Potevano mantenere legami di affetto con le famiglie di nascita, ma la loro identità legale era ora determinata dal matrimonio.<ref>Questa disposizione probabilmente si applicava solo alle mogli complete. Le ''concubine'', o mogli di rango inferiore, potevano vivere in un limbo sociale più ampio.</ref> Per questo motivo, la legge biblica si preoccupava di provvedere alle vedove: non solo queste donne spesso mancavano di sostegno materiale, ma non avevano nemmeno un'identità legale sicura nella società.<ref>Una vedova senza figli o una divorziata poteva tornare a casa del padre: cfr. {{passo biblico2|Genesi|38:11}} (narrativa) o {{passo biblico2|Levitico|22:13}} (legge sacerdotale).</ref> La legge biblica proibisce ripetutamente il matrimonio con donne straniere; a volte il riferimento sembra limitato ai popoli nativi non-israeliti della Terra Promessa, ma a volte il divieto sembra assoluto. Ciononostante, la legge riconosce anche che un soldato potrebbe innamorarsi di una donna catturata in guerra ({{passo biblico2|Deuteronomio|21:10-14}}), e le Scritture raccontano diversi casi di uomini israeliti che sposavano donne straniere.<ref>Il fatto più notevole è che la famiglia reale di Davide discendeva in linea retta dalla moabita Rut, sebbene {{passo biblico2|Deuteronomio|23:9}} sembri proibire il matrimonio con i moabiti. (Questa norma potrebbe essere posteriore; per evitare l'apparenza di illegalità, gli interpreti rabbinici limitarono il divieto al matrimonio tra donne israelite e uomini moabiti). Dopo l'esilio, Esdra e Neemia costrinsero gli uomini di Giuda che avevano sposato donne straniere a mandarle via; cfr. Capitolo 3.</ref> Poiché le donne assumevano l'identità legale dei loro mariti al momento del matrimonio, le donne israelite che sposavano uomini stranieri probabilmente scomparivano dalla società israelita. Certo, la Bibbia non fornisce un singolo caso di una donna che lo facesse, ma questo potrebbe semplicemente confermare che tali donne se ne andarono con i loro mariti e scomparvero. Il culto di una divinità nazionale era tipico del Vicino Oriente, ma in altri casi era solitamente combinato con la venerazione per le forze della natura, come la pioggia e la tempesta, o l'amore e la fertilità, che sembravano governare la vita delle persone; analogamente, anche in Israele, l'idea che il culto dovesse essere limitato a una sola divinità incontrò forti resistenze per generazioni. Si veda il [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2|Capitolo 2]] per ulteriori approfondimenti. La narrazione biblica non dice quasi nulla sulla vita religiosa dei privati. In occasioni speciali si offrivano sacrifici a Dio, ma è difficile stabilire se le regole formali bibliche sui sacrifici si applicassero a tali offerte private. Oltre ai grandi altari pubblici, le case private avevano luoghi specifici per le offerte domestiche? Non possiamo dirlo. Non sappiamo se il matrimonio o la nascita di un figlio fossero celebrati da cerimonie religiose diverse dalle consuete offerte di ringraziamento o dalle offerte di purificazione ''post-partum'' specificate in {{passo biblico2|Levitico|12}}. Non possiamo nemmeno dire se le grandi feste fossero caratterizzate da rituali domestici oltre che dalle grandi cerimonie celebrate nei santuari pubblici.<ref>Un'importante eccezione è il sacrificio annuale domestico dell'agnello pasquale; si veda la discussione ''supra''.</ref> In ogni caso, come per tutti i popoli antichi, il culto pubblico degli Israeliti era incentrato sul ''sacrificio'', il dono a Dio (solitamente tramite la distruzione) di un oggetto di valore. La legge biblica fornisce norme dettagliate per la corretta offerta del sacrificio: un oggetto di valore adeguato (di solito un animale, ma a volte anche grano, vino o olio d'oliva), l'occasione giusta (talvolta richiesta dal calendario o da un evento della propria vita come la nascita di un figlio, ma anche eventualmente il risultato di un voto spontaneo), le procedure necessarie, il personale appropriato. Col passare del tempo, il diritto di offrire sacrifici passò ai sacerdoti ereditari (ebr. ''kohanim''); la memoria nazionale fa risalire questo sacerdozio ad Aronne, fratello di Mosè, ma questa discendenza non può essere verificata. In effetti, vari passi biblici suggeriscono che in epoca antica il ruolo sacerdotale potesse essere assegnato su basi diverse; soprattutto, la tradizione suggerisce che prima dell'inizio del sacerdozio ereditario, questo ruolo fosse ricoperto dal figlio primogenito di ogni famiglia. Questa tradizione è chiaramente collegata alla tradizione narrativa secondo cui i primogeniti israeliti furono risparmiati quando i primogeniti d'Egitto furono tutti uccisi nella decima e ultima piaga. Per un certo periodo, esistevano santuari locali e gruppi di sacerdoti locali sparsi in tutto il paese (cfr. immagine in basso), ma al tempo di re ''Giosia'' (fine del VII secolo AEV) tutto il culto sacrificale era centralizzato in un unico luogo (il Tempio) nella capitale Gerusalemme. Questo santuario era stato costruito sotto re Salomone circa 300 anni prima, ma le Scritture menzionano ristrutturazioni e altri cambiamenti nel corso dei secoli. Non possiamo dire con certezza come fossero il Tempio o le sue cerimonie al tempo di Salomone (le descrizioni potrebbero incorporare informazioni successive), ma negli ultimi anni il santuario era diventato un'importante istituzione nazionale, un centro di orgoglio e venerazione. La sua perdita nel 586 AEV fu considerata una punizione divina e una catastrofe nazionale. Fin dai tempi antichi, la religione israelita aveva sviluppato un calendario di feste (cfr. "IL CALENDARIO BIBLICO"). Tra queste, probabilmente la più antica (e la più famosa) è la ''[[w:Pesach|Pesach]]'' (''Pasqua ebraica''), ancora oggi una celebrazione annuale della liberazione di Israele dalla schiavitù egiziana. Questa festività primaverile prevedeva l'offerta annuale di un nuovo agnello (''paschal'') e l'attenta astensione da tutti i prodotti alimentari lievitati per una settimana. Un'attenta lettura dei testi biblici (si veda in particolare {{passo biblico2|Esodo|12-13}}) suggerisce che queste osservanze potessero già essere antiche celebrazioni dell'arrivo della primavera, ma ora a esse veniva attribuito un nuovo livello di significato; oltre ad acclamare il loro Dio come signore della ''natura'', gli Israeliti identificavano gli eventi principali della loro ''storia'' come opera del Suo braccio potente. Questo modello di andare oltre l'eterno e immutabile mondo dei cicli naturali per trovare un significato religioso negli eventi unici della storia fu uno dei grandi contributi di Israele al pensiero occidentale. In modo simile, la festa del raccolto autunnale delle ''Capanne'' o dei ''Tabernacoli'' (in ebraico ''[[w:Sukkot|Sukkot]]'') riceve una spiegazione storica tramite il riferimento ad eventi che in realtà non vengono mai raccontati nella narrazione biblica (cfr. {{passo biblico2|Levitico|23:43}}). Nel corso del tempo, tuttavia, la caratteristica più sorprendente del calendario israelita si rivelò non essere affatto una festa annuale, bensì il giorno del Sabbath (''[[w:Shabbat|Shabbat]]'') settimanale, in cui il lavoro produttivo era proibito. Per quanto ne sappiamo, nessun'altra cultura nell'antico Vicino Oriente aveva una settimana di sette giorni.<ref>Poco dopo, gli astrologi babilonesi iniziarono a pensare in termini di un ciclo di sette giorni corrispondente ai sette "pianeti" (inclusi il sole e la luna) del loro giorno. Secoli dopo, questa idea si diffuse in tutto il mondo greco e romano.</ref> Le teorie abbondano sulle origini di questa idea, ma possiamo semplicemente notarne l'importanza. Si dice che Dio stesso abbia istituito il Sabbath fin dalla creazione del mondo ({{passo biblico2|Genesi|2:1-3}}). Come segno della sua importanza, la [[Torah]] minaccia la pena di morte per coloro che violano il Sabbath ({{passo biblico2|Esodo|31:14;35:2}}), e l'osservanza del Sabbath è l'unica disposizione cerimoniale nei cosiddetti ''Dieci Comandamenti'' o ''Decalogo'' ({{passo biblico2|Esodo|20:8-11}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|5:12-15}}), un primo elenco di principi religiosi fondamentali. La Bibbia non fornisce molte informazioni dettagliate su questa importante istituzione israelita; non sappiamo quali rituali venissero eseguiti oltre ad alcuni sacrifici speciali ({{passo biblico2|Numeri|28:9-10}}),<ref>Al tempo dei re e anche in seguito, lo Shabbat era evidentemente ritenuto un'occasione adatta per visitare un uomo santo o un santuario; cfr. {{passo biblico2|2Re|4:23}}; {{passo biblico2|Isaia|66:23}}.</ref> né sappiamo quali azioni fossero considerate faticose e quindi proibite.<ref>Testi rabbinici successivi derivano trentanove categorie fondamentali di lavori proibiti dalla costruzione del Tabernacolo nel deserto. Cfr. Appendice 3.</ref> {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA |contenuto = Come menzionato nel testo, la legge biblica riconosce l'importanza di distinguere la profezia autentica da quella falsa, ma si rende conto che questo può essere difficile da realizzare. La Scrittura offre una regola molto semplice per distinguere: la profezia autentica si avvera, quella falsa no. {{citazione|Se tu dici in cuor tuo: "Come riconosceremo la parola che YHWH non ha detta?" Quando il profeta parlerà in nome di YHWH e la cosa non succede e non si avvera, quella sarà una parola che YHWH non ha detta; il profeta l'ha detta per presunzione; tu non lo temere.|{{passo biblico2|Deuteronomio|18:21-22}}}} I narratori biblici, tuttavia, sembrano anche consapevoli che questa regola non è sempre adeguata. La famosa storia di Giona, anch'essa menzionata nel mio testo, contiene un profondo paradosso. Il profeta predice la caduta della grande città di Ninive, ma il popolo si sforza di cambiare le proprie vie peccaminose e Dio lo perdona ({{passo biblico2|Giona|3}}). Ciò fa infuriare profondamente il profeta: ora la sua profezia è stata falsificata! Il messaggio del libro, tuttavia, è che ''la profezia ha avuto successo perché non si è avverata''. La distruzione della città, non la sua sopravvivenza, sarebbe stata il vero fallimento. Un episodio meno noto, in {{passo biblico2|Geremia|28}}, riguardava uno scontro tra due profeti: lo stesso Geremia e un altro di nome Hanania ben Azur. Geremia aveva ripetutamente invocato la resa ai Babilonesi che assediavano Gerusalemme, ma Hanania non era d'accordo e lo fece in nome di Dio: predisse che entro due anni gli assedianti se ne sarebbero andati. Geremia non sapeva cosa fare; era profondamente convinto che Hanania stesse ingannando il popolo e che la sua stessa difesa della resa fosse la vera parola di Dio, ma come poteva dimostrarlo agli astanti perplessi? Quando due profeti offrono proclamazioni esattamente opposte della parola di Dio, come possono le persone sapere chi seguire? Geremia tornò a casa senza rispondere, solo per ricevere una nuova profezia che confermava la sua convinzione, e poi "il profeta Hanania morì quell'anno, nel settimo mese". Dio stesso, per così dire, giustiziò il rivale di Geremia con l’accusa di falsa profezia, ma è possibile che quando due profeti sono in disaccordo la nazione debba aspettare per vedere chi muore per primo? Un'altra storia ({{passo biblico2|1Re|22:1-37}}) è ancora più sconcertante. I due re israeliti, Giosafat del sud e Acab del nord, si incontrarono per valutare l'idea di muovere guerra al loro nemico comune, gli Aramei. Giosafat, noto per la sua pietà, era pronto ad accettare, ma volle consultare i profeti di Dio prima di decidere. Molti profeti predissero la vittoria, ma alla fine un ultimo profeta (il suo nome era Michea ben Imla, e Acab lo detestava perché le sue profezie erano sempre ostili) offrì una visione sconvolgente: Dio aveva inviato uno spirito in tutti gli altri profeti per indurre Acab alla guerra, ''ma lo scopo di questo messaggio era quello di indurlo alla morte''. Come previsto, Acab andò in guerra e come previsto fu ucciso. Avendo bisogno di una guida profetica, Acab aveva naturalmente seguito l'opinione della maggioranza, e questo gli fu fatale. La storia del profeta Michea solleva la terrificante possibilità che una profezia autentica possa provenire da Dio, ma con uno scopo nascosto e ingannevole, così che coloro che la seguono non ottengano la salvezza, ma siano condotti alla propria distruzione. Una volta consapevole di questo pericolo, chi seguirebbe mai più un profeta? }} Le due versioni dei Dieci Comandamenti offrono spiegazioni piuttosto diverse sul motivo del giorno di riposo settimanale (cfr. "I DIECI COMANDAMENTI – DUE VERSIONI"). Il Libro dell'Esodo descrive il Sabbath come un riconoscimento di Dio quale Creatore del mondo: Dio creò il mondo in sei giorni e poi si riposò il settimo, e coloro che lo adorano dovrebbero fare lo stesso. Nel Deuteronomio, tuttavia, l'attenzione si sposta sulla fuga dalla schiavitù in Egitto: come voi eravate schiavi ma Dio vi ha dato riposo, così anche voi dovete riposarvi e dare riposo a tutti coloro che lavorano per voi. Questo è l'unico paragrafo del Decalogo in cui le due versioni differiscono significativamente, e la loro combinazione presenta ancora una volta una miscela di temi tratti dalla contemplazione della natura e dallo studio della storia della nazione. La presenza diffusa di tali miscele è una caratteristica distintiva della letteratura biblica. Ogni cultura antica aveva i suoi sacerdoti, ma Israele aveva anche un secondo tipo di guida religiosa, molto diverso: i ''profeti''. I profeti ebrei (''nevi’im'') non erano indovini, ma messaggeri, intermediari tra il popolo e il loro Dio; in questo si differenziavano dagli indovini, dagli astrologi e dagli oracoli che si potevano trovare in tutto il mondo antico. Mosè è il prototipo dei profeti (cfr. {{passo biblico2|Deuteronomio|18:15}}), e per tutto il periodo biblico i profeti servirono da veicoli attraverso i quali la parola di Dio giungeva al popolo. È facile comprendere quanto la profezia sia intrinsecamente inquietante: un profeta può presentarsi in qualsiasi momento e annunciare che i precedenti messaggi di Dio sono stati sostituiti da uno nuovo. Naturalmente, i funzionari (sacerdoti, re, ecc.) responsabili del mantenimento della stabilità della nazione spesso si scontravano con i profeti; le Scritture sono piene di storie di profeti che denunciavano i re in nome di Dio, mentre i sacerdoti nei loro santuari sacri, dediti al regolare svolgimento dei loro doveri cerimoniali, a volte cercavano di mettere a tacere i profeti o semplicemente di tenerli lontani.<ref>Cfr. {{passo biblico2|Amos|7:10-17}}; {{passo biblico2|Geremia|26:8-11}}.</ref> Tale ostilità poteva essere evitata – un profeta che si guadagnava la fiducia del re poteva diventare un importante consigliere reale – ma la tensione tra la dedizione dei sacerdoti all'ordine e alla permanenza e le imprevedibili interruzioni dei profeti è uno dei temi ricorrenti della Bibbia. La profezia sollevava anche un'altra difficoltà: come si poteva distinguere chi fossero i veri profeti? Chiunque poteva presentarsi e affermare di essere portatore di un messaggio da Dio: come si potevano distinguere i falsi profeti – individui maliziosi o illusi – dai veri profeti? La legge biblica offre la soluzione semplice ma inutile: se la profezia non si avvera, il profeta non può essere stato mandato da Dio ({{passo biblico2|Deuteronomio|18:22}}), ma non sempre si poteva aspettare per vedere se una profezia si sarebbe adempiuta. E a volte, come nel famoso caso di Giona, la profezia raggiunse il suo scopo senza avverarsi. Giona predisse la caduta di una grande città, ma il suo popolo si pentì e fu perdonato; questo significava che, a rigor di termini, la profezia non si era avverata, ma chi poteva negare che avesse raggiunto il suo vero scopo? Oltre a questo enigma intellettuale, a volte la profezia richiedeva un'azione; quando profezie contrastanti richiedevano azioni incompatibili, il pubblico dei profeti non riusciva a capire cosa Dio volesse veramente che facessero (cfr. "IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA"). Queste incertezze si combinavano per produrre il peggiore dilemma di tutti: a volte le profezie erano concepite per salvare il pubblico dal disastro, come nel caso di Giona, ma a volte, come con il re Acab, erano destinate a condurre il pubblico alla distruzione. Come potevano le persone capire a quali profezie dare seguito? Cosa dovevano fare quando non potevano saperlo? Cosa sarebbe potuto accadere se non avessero considerato tutte le possibilità? Cosa sarebbe potuto accadere se avessero fatto ipotesi sbagliate? Sotto la pressione di tale incertezza, le generazioni successive iniziarono a perdere fiducia nella profezia come metodo affidabile per conoscere la volontà di Dio. I profeti del passato erano stati uomini e donne santi, e le loro parole venivano ricordate e continuamente rivisitate, ma non ci si aspettava alcun ulteriore messaggio da Dio. Zaccaria, uno degli ultimi profeti biblici, paradossalmente predice la fine della profezia: in futuro, chiunque avesse anche solo affermato di portare un messaggio da Dio sarebbe stato messo a morte come falso profeta, quindi i veri profeti avrebbero dovuto mentire sulla propria identità per proteggere la propria vita.<ref>{{passo biblico2|Zaccaria|14:2-6}}; anche qui ci si potrebbe chiedere se si trattasse di una predizione o di un avvertimento.</ref> Nei secoli successivi, figure simili a profeti continuarono ad apparire, ma furono accolte con resistenza e scetticismo. La successiva tradizione ebraica affermò che la profezia scomparve intorno al tempo di [[w:Alessandro Magno|Alessandro Magno]] (che regnò dal 336 al 323 AEV), e questo ricordo è probabilmente corretto.<ref>Al tempo dei Maccabei, pieni di entusiasmo religioso, si pensava che potesse essere imminente un risveglio della profezia, ma ciò non accadde. Cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 4|Capitolo 4]], con riferimento a {{passo biblico2|1Maccabei|4:46;14:41}}.</ref> I profeti furono il secondo elemento della leadership religiosa israelita a scomparire dalla vita nazionale, dopo che i re erano scomparsi da secoli. Rimasero i sacerdoti. Dopo l'esilio babilonese, la religione israelita fu sempre più dominata dai sacerdoti, e la storia di tale dominazione – l'ascesa e il declino dell'ebraismo sacerdotale – sarà raccontata nei Capitoli successivi. {{Immagine grande|Tel Arad 280321 03 Temple.jpg|1010px|''Altare preesilico a [[:en:w:Tel Arad|Tel Arad]]''. Questo altare fu rinvenuto in una fortezza israelita preesilica ad Arad, vicino al Mar Morto. La sua costruzione – una struttura quadrata in pietra grezza – combina elementi delle istruzioni fornite in {{passo biblico2|Esodo|20;27}}, ma l'altare raffigurato non ha corni, come richiesto in {{passo biblico|Esodo|27:2}} ― è possibile che i corni esistessero ma siano stati spezzati, questo comunque non è più possibile stabilirlo.}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|100%|5 luglio 2025}} [[Categoria:Una storia dell'ebraismo|Capitolo 1]] 7hsxw8bxnf3ir32tjkda6f5i1r8nyp3 Una storia dell'ebraismo/Appendice 2 0 57729 478431 478427 2025-07-05T12:01:56Z Monozigote 19063 /* Biografie rabbiniche */ testo 478431 wikitext text/x-wiki {{Una storia dell'ebraismo}} {{Immagine grande|Leonard Winterowski - Rabbiner in Stary Sambor.jpg|750px|}} == Biografie rabbiniche == I seguenti profili non offrono una biografia nel senso comune del termine, perché non possono essere basati su un'analisi accurata del materiale di origine disponibile. La letteratura rabbinica non può essere facilmente utilizzata come biografia per lo stesso motivo per cui le narrazioni bibliche non possono essere facilmente utilizzate come fonti storiche (cfr. [[Una storia dell'ebraismo/Capitolo 1|Capitolo 1]]). Come le narrazioni bibliche, le storie fornite dalla letteratura rabbinica non ricevono alcuna conferma da nessun altro corpus di materiale. Possono essere lette come distillati della memoria rabbinica, cioè come storie su illustri predecessori che i rabbini successivi hanno preservato e narrato. Ma devono essere appunto lette ''come storie'', non come registrazioni archiviali di eventi storici. Le storie cambiano nel corso della narrazione. Le storie vengono preservate perché i narratori successivi le trovano interessanti, utili o preziose, ma gli interessi e i valori dei narratori successivi influenzano il modo in cui vengono raccontate. Sicuramente ci sono informazioni storiche nascoste in queste narrazioni, ma tali informazioni potrebbero riguardare meno le persone descritte nelle storie rispetto ai narratori successivi che le hanno preservate, e i lettori moderni non saranno sempre in grado di tracciare il percorso che ha portato dalle prime alle seconde. Tutto questo, come abbiamo già detto, si può dire anche delle narrazioni delle Scritture. <ref>1</ref> [...] Si noti che i nomi seguono la grafia dell'originale ebraico/aramaico. [...] === Prima della distruzione di Gerusalemme === '''Simeon b. Shetach''' (ca. 75 AEV). '''Hillel''' (ca. 30 AEV). '''Shammai''' (ca. 30 AEV). '''Gamaliel I''' (ca. 35 EV). '''Simeon b. Gamaliel I''' (ca. 65 EV). [...] === Dinastia dei Patriarchi === '''Gamaliel II''' (ca. 90 EV). '''Simeon b. Gamaliel''' II (ca. 150 EV). '''Judah I''' “the Patriarch” (ca. 180–200 EV). '''Hillel II''' (ca. 360 EV). === Altri ''Tanna’im'' <ref>2</ref> === '''Yohanan b. Zakkai''' (ca. 75 EV). '''Hanina b. Dosa''' (60?–80? EV). '''Eliezer b. Hyrcanus''' (ca. 90 EV). '''Eleazar b. Azariah''' (ca. 90 EV). '''Joshua b. Hananiah''' (ca. 90 EV). '''Elisha b. Abuya''' (ca. 130 EV). '''Ishmael''' (ca. 130 EV). '''Simeon b. Zoma, Simeon b. Azzai''' (ca. 130 EV).<ref>3</ref> '''Tarfon''' (ca. 130 EV).<ref>4</ref> '''Judah b. Ilai''' (ca. 150 EV). '''Akiva b. Joseph''' (morto ca. 135 EV). '''Meir''' (ca. 150 EV). '''Simeon b. Yohai''' (ca. 150 EV). === ''Amora’im'' della Terra di Israele === '''Simeon b. Lakish''' (ca. 280), spesso chiamato ''Resh Lakish''. '''Yohanan''' (ca. 280). '''Abbahu''' (ca. 300). === ''Amora’im'' babilonesi === '''Rav''' (ca. 225). '''Samuel''' (ca. 225). '''Judah b. Ezekiel''' (ca. 275). '''Rabbah, Joseph, Abayye''' (ca. 320–340). '''Rava''' (ca. 340). '''Papa''' (ca. 360). '''Dimi''' (ca. 380). '''Ashi''' (ca. 425). {{clear}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 130px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|25%|5 luglio 2025}} [[Categoria:Una storia dell'ebraismo|Appendice 2]] l44knzqihzoy51hj0cgjq83t4v6m2sr Una storia dell'ebraismo/Appendice 3 0 57731 478432 2025-07-05T13:06:22Z Monozigote 19063 layout+pic 478432 wikitext text/x-wiki {{Una storia dell'ebraismo}} {{Immagine grande|Lilien Ephraim Moses, 1923, Szabat.jpg|750px|}} == Lo Shabbat == {{Vedi anche|w:Shabbat|wikt:Shabbat|:en:w:Shabbat|:en:w:Sabbath|etichetta1=Shabbat|etichetta1=Shabbat|etichetta2=Shabbat (diz.)|etichetta3=Shabbat (en)|etichetta4=Sabbath}} Una delle istituzioni più importanti della vita ebraica nel corso dei secoli, lo Shabbat (o ''[[:en:w:Sabbath|Sabbath]]'')e la settimana di sette giorni, sono apparsi in quasi ogni Capitolo di questo wikilibro. Per offrire un quadro mirato di un aspetto dell'ebraismo antico nel suo sviluppo storico, questa Appendice raccoglie tali discussioni in un unico ritratto. Simili ritratti avrebbero potuto essere offerti per altri aspetti importanti della tradizione – l'uso delle Scritture, ad esempio, o la preghiera, o la vita familiare e la struttura della comunità – ma questo caso servirà da modello anche per gli altri. === Testimonianze bibliche === === Testimonianze successive (pre-rabbiniche) === === Testimonianze rabbiniche === {{clear}} == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 130px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|25%|5 luglio 2025}} [[Categoria:Una storia dell'ebraismo|Appendice 3]] 6nuqrcfayqinu2u8dwb2u3pjp571e5s Discussione:Una storia dell'ebraismo/Appendice 3 1 57732 478433 2025-07-05T13:07:07Z Monozigote 19063 Avviso unicode 478433 wikitext text/x-wiki {{Avviso unicode}} 3qn4onr9fztlhee42jx07xrrjnwxd37 Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2 0 57733 478461 2025-07-05T22:26:44Z Monozigote 19063 layout+pic 478461 wikitext text/x-wiki {{Una storia dell'ebraismo}} {{Immagine grande|YHWH.svg|750px|}} == Gli inizi del Monoteismo == <!--- vari miei testi in inglese da tradurre, adattare e inserire ---> [...] {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = UN DIBATTITO SUL SIGNIFICATO DI DISASTRO |contenuto = ''As noted in the text, this chapter provides Jeremiah’s last recorded prophecy. Delivered in Egypt to an audience of Judahite refugees, the chapter starkly lays out the problem of catastrophe: it is easy enough to say that the people have suffered at the hands of an angry deity, but which deity was it, and what had caused the anger? Any answer to that question had to come as an act of faith, and the stakes were very high.'' {{citazione|1 Questa parola fu rivolta a Geremia per tutti i Giudei che abitavano nel paese d'Egitto, a Migdòl, a Tafni, a Menfi e nella regione di Patròs. 2 «Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Voi avete visto tutte le sventure che ho mandate su Gerusalemme e su tutte le città di Giuda; eccole oggi una desolazione, senza abitanti, 3 a causa delle iniquità che commisero per provocarmi, andando a offrire incenso e a venerare altri dèi, che né loro conoscevano né voi né i vostri padri conoscevate. 4 Eppure, io vi avevo premurosamente inviato tutti i miei servi, i profeti, con l'incarico di dirvi: Non fate questa cosa abominevole che io ho in odio! 5 Ma essi non mi ascoltarono e non prestarono orecchio in modo da abbandonare la loro iniquità cessando dall'offrire incenso ad altri dèi. 6 Perciò la mia ira e il mio furore divamparono come fuoco nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme ed esse divennero un deserto e una desolazione, come sono ancor oggi. <br/> 7 Dice dunque il Signore, Dio degli eserciti, Dio di Israele: Perché voi fate un male così grave contro voi stessi tanto da farvi sterminare di mezzo a Giuda uomini e donne, bambini e lattanti, in modo che non rimanga di voi neppure un resto? 8 Perché mi provocate con l'opera delle vostre mani, offrendo incenso a divinità straniere nel paese d'Egitto dove siete venuti a dimorare, in modo da farvi sterminare e da divenire oggetto di esecrazione e di obbrobrio tra tutte le nazioni della terra? 9 Avete forse dimenticato le iniquità dei vostri padri, le iniquità dei re di Giuda, le iniquità dei vostri capi, le vostre iniquità e quelle delle vostre mogli, compiute nel paese di Giuda e per le strade di Gerusalemme? 10 Fino ad oggi essi non ne hanno sentito rimorso, non hanno provato timore e non hanno agito secondo la legge e i decreti che io ho posto davanti a voi e ai vostri padri». <br/> 11 Perciò dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: «Ecco, io rivolgo la faccia verso di voi a vostra sventura e per distruggere tutto Giuda. 12 Abbatterò il resto di Giuda, che ha deciso di andare a dimorare nel paese d'Egitto; essi periranno tutti nel paese d'Egitto; cadranno di spada e periranno di fame, dal più piccolo al più grande; moriranno di spada e di fame e saranno oggetto di maledizione e di orrore, di esecrazione e di obbrobrio. 13 Punirò coloro che dimorano nel paese d'Egitto come ho punito Gerusalemme con la spada, la fame e la peste. 14 Nessuno scamperà né sfuggirà fra il resto di Giuda che è venuto a dimorare qui nel paese d'Egitto con la speranza di tornare nella terra di Giuda, dove essi desiderano ritornare ad abitare; essi non vi ritorneranno mai, eccettuati pochi fuggiaschi». <br/> 15 Allora tutti gli uomini che sapevano che le loro donne avevano bruciato incenso a divinità straniere, e tutte le donne che erano presenti, una grande folla, e tutto il popolo che dimorava nel paese d'Egitto e in Patros, risposero a Geremia: 16 «Quanto all'ordine che ci hai comunicato in nome del Signore, noi non ti vogliamo dare ascolto; 17 anzi decisamente eseguiremo tutto ciò che abbiamo promesso, cioè bruceremo incenso alla Regina del cielo e le offriremo libazioni come abbiamo già fatto noi, i nostri padri, i nostri re e i nostri capi nelle città di Giuda e per le strade di Gerusalemme. Allora avevamo pane in abbondanza, eravamo felici e non vedemmo alcuna sventura; 18 ma da quando abbiamo cessato di bruciare incenso alla Regina del cielo e di offrirle libazioni, abbiamo sofferto carestia di tutto e siamo stati sterminati dalla spada e dalla fame». 19 E le donne aggiunsero: «Quando noi donne bruciamo incenso alla Regina del cielo e le offriamo libazioni, forse che senza il consenso dei nostri mariti prepariamo per lei focacce con la sua immagine e le offriamo libazioni?».|Geremia 44:1-19}} }} [... ... ...] {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = LA PROVOCAZIONE DEL GENERALE ASSIRO |contenuto = ''Il generale assiro noto come [[w:Rabshakeh|Rabshakeh]] pronunciò queste parole al popolo di Gerusalemme assediata, invitandolo ad arrendersi e a non fare affidamento sulle inattendibili promesse del loro re e del loro dio. Ogni nazione ha un dio, disse, ma nessuno degli altri dèi aveva resistito alla grande potenza di Assur: perché il popolo di Giuda pensava che il proprio dio fosse migliore? Il re implorò il potenziale conquistatore di parlare in aramaico anziché in "giudaita" in modo che il popolo non comprendesse il suo terrificante messaggio, ma, naturalmente, lui ignorò la richiesta: il suo unico intento era spaventarli! Gli ascoltatori israeliti furono così ossessionati da queste parole che la Scrittura le riporta non una ma due volte; il lettore moderno può solo provare a immaginare il terrore che devono aver prodotto nei loro ascoltatori.'' {{citazione|...Non ascoltate Ezechia, poiché dice il re d'Assiria: Fate la pace con me e arrendetevi; allora ognuno potrà mangiare i frutti della sua vigna e dei suoi fichi, ognuno potrà bere l'acqua della sua cisterna, finché io non venga per condurvi in un paese come il vostro, in un paese che produce frumento e mosto, in un paese ricco di pane e di vigne, in un paese di ulivi e di miele; voi vivrete e non morirete. Non ascoltate Ezechia che vi inganna, dicendovi: YHWH ci libererà! Forse gli dèi delle nazioni hanno liberato ognuno il proprio paese dalla mano del re d'Assiria? Dove sono gli dèi di Amat e di Arpad? Dove sono gli dèi di Sefarvàim, di Ena e di Ivva? Hanno essi forse liberato Samaria dalla mia mano? Quali mai, fra tutti gli dèi di quelle nazioni, hanno liberato il loro paese dalla mia mano? Potrà forse YHWH liberare Gerusalemme dalla mia mano?|{{passo biblico2|2Re|18:32-35}}; cfr. anche {{passo biblico2|2Re|19:10-13}}}} }} [... ... ...] {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = MONOTEISMO FUORI DA ISRAELE? |contenuto = In addition to the religious faith of Israel, the ancient world saw the development of several other monotheistic or near-monotheistic conceptions. The classical Greek philosophers came to understand that the forces that people labeled gods were actually manifestations of a single divine power that governs theworld. They expressed this insight in different terms. Aristotle (384–322 BCE) famously defined God as the “unmoved mover,” that is, the only self-sufficient power capable of acting on other beings without itself requiring energy from an outside source. His teacher, Plato (427–347 BCE), conceived of God as “the One,” the ultimate unity that embraces the diversity of earthly phenomena. Earlier still, Xenophanes (565?–470 BCE) caustically noted that different human races depict their gods in their own image, and suggested that if horses had gods they would all have four legs. In fact, he said, the one true god is without shape and invisibly rules the world from a place beyond human ken. [...] }} {{clear}} [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|25%|5 luglio 2025}} [[Categoria:Una storia dell'ebraismo|Capitolo 2]] hf4g4ridi1yuimyqr64pd75cs9oh6re 478462 478461 2025-07-05T22:34:01Z Monozigote 19063 /* Gli inizi del Monoteismo */ testo 478462 wikitext text/x-wiki {{Una storia dell'ebraismo}} {{Immagine grande|YHWH.svg|750px|}} == Gli inizi del Monoteismo == <!--- vari miei testi in inglese da tradurre, adattare e inserire ---> [...] {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = UN DIBATTITO SUL SIGNIFICATO DI DISASTRO |contenuto = ''Come indicato nel testo, questo capitolo contiene l'ultima profezia di Geremia tramandata. Pronunciato in Egitto a un pubblico di profughi giudaiti, il capitolo espone in modo netto il problema della catastrofe: è abbastanza facile dire che il popolo ha sofferto per mano di una divinità adirata, ma di quale divinità si trattava e cosa aveva causato quell'ira? Qualsiasi risposta a questa domanda doveva giungere come un atto di fede, e la posta in gioco era altissima.'' {{citazione|Questa parola fu rivolta a Geremia per tutti i Giudei che abitavano nel paese d'Egitto, a Migdòl, a Tafni, a Menfi e nella regione di Patròs. "Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Voi avete visto tutte le sventure che ho mandate su Gerusalemme e su tutte le città di Giuda; eccole oggi una desolazione, senza abitanti, a causa delle iniquità che commisero per provocarmi, andando a offrire incenso e a venerare altri dèi, che né loro conoscevano né voi né i vostri padri conoscevate. Eppure, io vi avevo premurosamente inviato tutti i miei servi, i profeti, con l'incarico di dirvi: Non fate questa cosa abominevole che io ho in odio! Ma essi non mi ascoltarono e non prestarono orecchio in modo da abbandonare la loro iniquità cessando dall'offrire incenso ad altri dèi. Perciò la mia ira e il mio furore divamparono come fuoco nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme ed esse divennero un deserto e una desolazione, come sono ancor oggi. <br/> Dice dunque il Signore, Dio degli eserciti, Dio di Israele: "Perché voi fate un male così grave contro voi stessi tanto da farvi sterminare di mezzo a Giuda uomini e donne, bambini e lattanti, in modo che non rimanga di voi neppure un resto? Perché mi provocate con l'opera delle vostre mani, offrendo incenso a divinità straniere nel paese d'Egitto dove siete venuti a dimorare, in modo da farvi sterminare e da divenire oggetto di esecrazione e di obbrobrio tra tutte le nazioni della terra? Avete forse dimenticato le iniquità dei vostri padri, le iniquità dei re di Giuda, le iniquità dei vostri capi, le vostre iniquità e quelle delle vostre mogli, compiute nel paese di Giuda e per le strade di Gerusalemme? Fino ad oggi essi non ne hanno sentito rimorso, non hanno provato timore e non hanno agito secondo la legge e i decreti che io ho posto davanti a voi e ai vostri padri". <br/> Perciò dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: "Ecco, io rivolgo la faccia verso di voi a vostra sventura e per distruggere tutto Giuda. Abbatterò il resto di Giuda, che ha deciso di andare a dimorare nel paese d'Egitto; essi periranno tutti nel paese d'Egitto; cadranno di spada e periranno di fame, dal più piccolo al più grande; moriranno di spada e di fame e saranno oggetto di maledizione e di orrore, di esecrazione e di obbrobrio. Punirò coloro che dimorano nel paese d'Egitto come ho punito Gerusalemme con la spada, la fame e la peste. Nessuno scamperà né sfuggirà fra il resto di Giuda che è venuto a dimorare qui nel paese d'Egitto con la speranza di tornare nella terra di Giuda, dove essi desiderano ritornare ad abitare; essi non vi ritorneranno mai, eccettuati pochi fuggiaschi". <br/> Allora tutti gli uomini che sapevano che le loro donne avevano bruciato incenso a divinità straniere, e tutte le donne che erano presenti, una grande folla, e tutto il popolo che dimorava nel paese d'Egitto e in Patros, risposero a Geremia: "Quanto all'ordine che ci hai comunicato in nome del Signore, noi non ti vogliamo dare ascolto; anzi decisamente eseguiremo tutto ciò che abbiamo promesso, cioè bruceremo incenso alla Regina del cielo e le offriremo libazioni come abbiamo già fatto noi, i nostri padri, i nostri re e i nostri capi nelle città di Giuda e per le strade di Gerusalemme. Allora avevamo pane in abbondanza, eravamo felici e non vedemmo alcuna sventura; ma da quando abbiamo cessato di bruciare incenso alla Regina del cielo e di offrirle libazioni, abbiamo sofferto carestia di tutto e siamo stati sterminati dalla spada e dalla fame". E le donne aggiunsero: "Quando noi donne bruciamo incenso alla Regina del cielo e le offriamo libazioni, forse che senza il consenso dei nostri mariti prepariamo per lei focacce con la sua immagine e le offriamo libazioni?".|Geremia 44:1-19}} }} [... ... ...] {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = LA PROVOCAZIONE DEL GENERALE ASSIRO |contenuto = ''Il generale assiro noto come [[w:Rabshakeh|Rabshakeh]] pronunciò queste parole al popolo di Gerusalemme assediata, invitandolo ad arrendersi e a non fare affidamento sulle inattendibili promesse del loro re e del loro dio. Ogni nazione ha un dio, disse, ma nessuno degli altri dèi aveva resistito alla grande potenza di Assur: perché il popolo di Giuda pensava che il proprio dio fosse migliore? Il re implorò il potenziale conquistatore di parlare in aramaico anziché in "giudaita" in modo che il popolo non comprendesse il suo terrificante messaggio, ma, naturalmente, lui ignorò la richiesta: il suo unico intento era spaventarli! Gli ascoltatori israeliti furono così ossessionati da queste parole che la Scrittura le riporta non una ma due volte; il lettore moderno può solo provare a immaginare il terrore che devono aver prodotto nei loro ascoltatori.'' {{citazione|...Non ascoltate Ezechia, poiché dice il re d'Assiria: Fate la pace con me e arrendetevi; allora ognuno potrà mangiare i frutti della sua vigna e dei suoi fichi, ognuno potrà bere l'acqua della sua cisterna, finché io non venga per condurvi in un paese come il vostro, in un paese che produce frumento e mosto, in un paese ricco di pane e di vigne, in un paese di ulivi e di miele; voi vivrete e non morirete. Non ascoltate Ezechia che vi inganna, dicendovi: YHWH ci libererà! Forse gli dèi delle nazioni hanno liberato ognuno il proprio paese dalla mano del re d'Assiria? Dove sono gli dèi di Amat e di Arpad? Dove sono gli dèi di Sefarvàim, di Ena e di Ivva? Hanno essi forse liberato Samaria dalla mia mano? Quali mai, fra tutti gli dèi di quelle nazioni, hanno liberato il loro paese dalla mia mano? Potrà forse YHWH liberare Gerusalemme dalla mia mano?|{{passo biblico2|2Re|18:32-35}}; cfr. anche {{passo biblico2|2Re|19:10-13}}}} }} [... ... ...] {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = MONOTEISMO FUORI DA ISRAELE? |contenuto = In addition to the religious faith of Israel, the ancient world saw the development of several other monotheistic or near-monotheistic conceptions. The classical Greek philosophers came to understand that the forces that people labeled gods were actually manifestations of a single divine power that governs theworld. They expressed this insight in different terms. Aristotle (384–322 BCE) famously defined God as the “unmoved mover,” that is, the only self-sufficient power capable of acting on other beings without itself requiring energy from an outside source. His teacher, Plato (427–347 BCE), conceived of God as “the One,” the ultimate unity that embraces the diversity of earthly phenomena. Earlier still, Xenophanes (565?–470 BCE) caustically noted that different human races depict their gods in their own image, and suggested that if horses had gods they would all have four legs. In fact, he said, the one true god is without shape and invisibly rules the world from a place beyond human ken. 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La Bibbia è una fonte importante di questa concezione, ma le scritture dell'antico Israele offrono in realtà un quadro più complesso. Tale quadro può iniziare con un intrigante scambio diplomatico che si dice abbia avuto luogo intorno al 1100 AEV. Il popolo d'Israele e il vicino popolo di Ammon erano in conflitto per un certo territorio di confine. Questo territorio non era mai appartenuto a nessuno dei due gruppi, ma gli Israeliti avevano sottratto la terra agli originari abitanti amorrei durante la conquista della Terra Promessa. Anche gli Ammoniti (un popolo diverso con un nome purtroppo simile!) volevano quella terra, sostenendo che gli Amorrei gliela avevano precedentemente rubata,<ref>1</ref> ma il capo israelita Iefte respinse questa rivendicazione: {{citazione|...Ora YHWH , Dio d'Israele, ha scacciato gli Amorrei davanti a Israele suo popolo e tu vorresti possedere il loro paese? 24 Non possiedi tu quello che Camos tuo dio ti ha fatto possedere? Così anche noi possiederemo il paese di quelli che YHWH nostro Dio ha scacciati davanti a noi.|{{passo biblico2|Giudici|11:23-24}}}} In questa breve risposta, Iefte esprime un'opinione ampiamente diffusa ai suoi tempi. Secondo questa concezione, ogni nazione ha una propria divinità protettrice che veglia su di essa in una terra che ha ricevuto in eredità. Sotto la protezione del suo dio, ogni nazione vive in una prosperità sicura, a meno che non rinunci alla sua protezione o che un dio più forte non le strappi la terra e la ceda a un altro popolo. Questo, ovviamente, sarebbe stato un atto aggressivo, una violazione della pace tra gli dei. Il dio d'Israele aveva combattuto e sconfitto completamente gli dei d'Egitto, ma Iefte non aveva motivo di credere che il suo dio e quello degli Ammoniti fossero in cattivi rapporti: gli Ammoniti avevano ricevuto un dono dal loro dio, proprio come Israele aveva ricevuto la Terra Promessa da YHWH, e questo avrebbe dovuto essere un accordo stabile sotto la supervisione congiunta degli dei. Questa concezione non è monoteismo. Si tratta di una visione politeistica che prevede che ogni nazione abbia un dio speciale con cui è legata da una sorta di legame speciale.<ref>2</ref> In questa visione, le alleanze o le rivalità nazionali potrebbero essere viste come riflessi delle alleanze o rivalità tra gli dei stessi. La sconfitta di una nazione era una sconfitta per il suo dio; il potere di una nazione rifletteva il potere del suo dio. In tutta la storia della lotta tra Mosè e il Faraone egiziano, la Bibbia sottolinea che la caduta degli egiziani avrebbe dimostrato al mondo che il dio di Israele era più potente di qualsiasi altro. Lo scopo stesso delle famose dieci piaghe era quello di trasmettere questa lezione (cfr. {{passo biblico2|Esodo|10:2}}), e il trionfo di Israele fu ricordato dalle generazioni successive come il trionfo di YHWH sugli dei d'Egitto ({{passo biblico2|Esodo|12:12,15:11}}; {{passo biblico2|Numeri|33:4}}). Quando anche Israele fu infine esiliato, queste stesse nozioni si trasformarono in amarezza. I conquistatori babilonesi chiesero al popolo di Giuda di cantare alcuni canti locali, ma la richiesta stessa sembrò ai prigionieri una presa in giro del loro dio (cfr. {{passo biblico2|Salmi|137:3-4}}). Il concetto biblico centrale di alleanza deve essere inteso in questi termini. Il popolo dell'antico Israele era fermamente convinto che la sua nazione e YHWH fossero intimamente legati; numerosi passi biblici paragonano questo legame a un matrimonio. Ma non era chiaro quali sarebbero stati i termini di tale relazione. YHWH sarebbe stato come uno sposo geloso, riluttante a permettere qualsiasi amicizia tra Israele e gli dèi dei suoi vicini, oppure Israele era obbligato solo a ricordare che dopo aver visitato le divinità di altri popoli avrebbe sempre dovuto tornare a casa, per così dire, alla propria divinità? I profeti erano fermamente convinti che YHWH fosse davvero geloso,<ref>3</ref> e per secoli insistettero sul fatto che la slealtà nazionale nei confronti del Dio nazionale lo avrebbe spinto a ritirare la sua protezione. Altri, tuttavia, pensavano che si trattasse di un'ansia sciocca: perché far adirare tutti gli altri dèi per un eccessivo attaccamento a uno singolo? Poteva un dio essere così geloso da esigere una cosa del genere? Per molti la richiesta dei profeti non aveva alcun senso. Tale questione rimase irrisolta per secoli. I profeti accusavano senza sosta i loro ascoltatori di idolatria sprezzante, ma il popolo era davvero così malvagio o così stupido? Davvero non capivano che il loro Dio esigeva una lealtà assoluta e li avrebbe puniti orribilmente se non avessero prestato tale fedeltà? A conti fatti, sembra più probabile che gli oppositori dei profeti avessero semplicemente un'idea diversa di ciò che l'alleanza richiedeva; a loro avviso, i profeti stessi erano incredibilmente irrealistici nelle loro aspettative e bisognava resistergli. Solo un passo dell'intera Bibbia esprime apertamente questa opinione, ma tale passo rende la questione perfettamente chiara. Quando i Babilonesi distrussero Gerusalemme, portarono in esilio la famiglia reale e molti altri capi, ma nominarono Godolia ben Ahikam, un aristocratico di alto rango, a governare la provincia per loro conto. Tuttavia, nazionalisti radicali assassinarono Godolia e poi fuggirono in Egitto prima che i Babilonesi infuriati potessero vendicarne la morte. Il profeta Geremia, da parte sua, aveva a lungo sostenuto la sottomissione a Babilonia, e i conquistatori erano pronti a portarlo a Babilonia e trattarlo generosamente; Geremia declinò la loro offerta, preferendo rimanere nella sua terra natale, ma gli assassini in fuga costrinsero ora il profeta a viaggiare con loro. Così Geremia si ritrovò in esilio e la sua ultima profezia registrata ({{passo biblico2|Geremia|44}}) fu pronunciata in terra straniera (cfr. "UN DIBATTITO SUL SIGNIFICATO DI DISASTRO"). {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = UN DIBATTITO SUL SIGNIFICATO DI DISASTRO |contenuto = ''Come indicato nel testo, questo capitolo contiene l'ultima profezia di Geremia tramandata. Pronunciato in Egitto a un pubblico di profughi giudaiti, il capitolo espone in modo netto il problema della catastrofe: è abbastanza facile dire che il popolo ha sofferto per mano di una divinità adirata, ma di quale divinità si trattava e cosa aveva causato quell'ira? Qualsiasi risposta a questa domanda doveva giungere come un atto di fede, e la posta in gioco era altissima.'' {{citazione|Questa parola fu rivolta a Geremia per tutti i Giudei che abitavano nel paese d'Egitto, a Migdòl, a Tafni, a Menfi e nella regione di Patròs. "Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Voi avete visto tutte le sventure che ho mandate su Gerusalemme e su tutte le città di Giuda; eccole oggi una desolazione, senza abitanti, a causa delle iniquità che commisero per provocarmi, andando a offrire incenso e a venerare altri dèi, che né loro conoscevano né voi né i vostri padri conoscevate. Eppure, io vi avevo premurosamente inviato tutti i miei servi, i profeti, con l'incarico di dirvi: Non fate questa cosa abominevole che io ho in odio! Ma essi non mi ascoltarono e non prestarono orecchio in modo da abbandonare la loro iniquità cessando dall'offrire incenso ad altri dèi. Perciò la mia ira e il mio furore divamparono come fuoco nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme ed esse divennero un deserto e una desolazione, come sono ancor oggi. <br/> Dice dunque il Signore, Dio degli eserciti, Dio di Israele: "Perché voi fate un male così grave contro voi stessi tanto da farvi sterminare di mezzo a Giuda uomini e donne, bambini e lattanti, in modo che non rimanga di voi neppure un resto? Perché mi provocate con l'opera delle vostre mani, offrendo incenso a divinità straniere nel paese d'Egitto dove siete venuti a dimorare, in modo da farvi sterminare e da divenire oggetto di esecrazione e di obbrobrio tra tutte le nazioni della terra? Avete forse dimenticato le iniquità dei vostri padri, le iniquità dei re di Giuda, le iniquità dei vostri capi, le vostre iniquità e quelle delle vostre mogli, compiute nel paese di Giuda e per le strade di Gerusalemme? Fino ad oggi essi non ne hanno sentito rimorso, non hanno provato timore e non hanno agito secondo la legge e i decreti che io ho posto davanti a voi e ai vostri padri". <br/> Perciò dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: "Ecco, io rivolgo la faccia verso di voi a vostra sventura e per distruggere tutto Giuda. Abbatterò il resto di Giuda, che ha deciso di andare a dimorare nel paese d'Egitto; essi periranno tutti nel paese d'Egitto; cadranno di spada e periranno di fame, dal più piccolo al più grande; moriranno di spada e di fame e saranno oggetto di maledizione e di orrore, di esecrazione e di obbrobrio. Punirò coloro che dimorano nel paese d'Egitto come ho punito Gerusalemme con la spada, la fame e la peste. Nessuno scamperà né sfuggirà fra il resto di Giuda che è venuto a dimorare qui nel paese d'Egitto con la speranza di tornare nella terra di Giuda, dove essi desiderano ritornare ad abitare; essi non vi ritorneranno mai, eccettuati pochi fuggiaschi". <br/> Allora tutti gli uomini che sapevano che le loro donne avevano bruciato incenso a divinità straniere, e tutte le donne che erano presenti, una grande folla, e tutto il popolo che dimorava nel paese d'Egitto e in Patros, risposero a Geremia: "Quanto all'ordine che ci hai comunicato in nome del Signore, noi non ti vogliamo dare ascolto; anzi decisamente eseguiremo tutto ciò che abbiamo promesso, cioè bruceremo incenso alla Regina del cielo e le offriremo libazioni come abbiamo già fatto noi, i nostri padri, i nostri re e i nostri capi nelle città di Giuda e per le strade di Gerusalemme. Allora avevamo pane in abbondanza, eravamo felici e non vedemmo alcuna sventura; ma da quando abbiamo cessato di bruciare incenso alla Regina del cielo e di offrirle libazioni, abbiamo sofferto carestia di tutto e siamo stati sterminati dalla spada e dalla fame". E le donne aggiunsero: "Quando noi donne bruciamo incenso alla Regina del cielo e le offriamo libazioni, forse che senza il consenso dei nostri mariti prepariamo per lei focacce con la sua immagine e le offriamo libazioni?".|Geremia 44:1-19}} }} [... ... ...] {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = LA PROVOCAZIONE DEL GENERALE ASSIRO |contenuto = ''Il generale assiro noto come [[w:Rabshakeh|Rabshakeh]] pronunciò queste parole al popolo di Gerusalemme assediata, invitandolo ad arrendersi e a non fare affidamento sulle inattendibili promesse del loro re e del loro dio. Ogni nazione ha un dio, disse, ma nessuno degli altri dèi aveva resistito alla grande potenza di Assur: perché il popolo di Giuda pensava che il proprio dio fosse migliore? Il re implorò il potenziale conquistatore di parlare in aramaico anziché in "giudaita" in modo che il popolo non comprendesse il suo terrificante messaggio, ma, naturalmente, lui ignorò la richiesta: il suo unico intento era spaventarli! Gli ascoltatori israeliti furono così ossessionati da queste parole che la Scrittura le riporta non una ma due volte; il lettore moderno può solo provare a immaginare il terrore che devono aver prodotto nei loro ascoltatori.'' {{citazione|...Non ascoltate Ezechia, poiché dice il re d'Assiria: Fate la pace con me e arrendetevi; allora ognuno potrà mangiare i frutti della sua vigna e dei suoi fichi, ognuno potrà bere l'acqua della sua cisterna, finché io non venga per condurvi in un paese come il vostro, in un paese che produce frumento e mosto, in un paese ricco di pane e di vigne, in un paese di ulivi e di miele; voi vivrete e non morirete. Non ascoltate Ezechia che vi inganna, dicendovi: YHWH ci libererà! Forse gli dèi delle nazioni hanno liberato ognuno il proprio paese dalla mano del re d'Assiria? Dove sono gli dèi di Amat e di Arpad? Dove sono gli dèi di Sefarvàim, di Ena e di Ivva? Hanno essi forse liberato Samaria dalla mia mano? Quali mai, fra tutti gli dèi di quelle nazioni, hanno liberato il loro paese dalla mia mano? Potrà forse YHWH liberare Gerusalemme dalla mia mano?|{{passo biblico2|2Re|18:32-35}}; cfr. anche {{passo biblico2|2Re|19:10-13}}}} }} [... ... ...] {{Nota |allineamento = centro |larghezza = 95% |titolo = MONOTEISMO FUORI DA ISRAELE? |contenuto = In addition to the religious faith of Israel, the ancient world saw the development of several other monotheistic or near-monotheistic conceptions. The classical Greek philosophers came to understand that the forces that people labeled gods were actually manifestations of a single divine power that governs theworld. They expressed this insight in different terms. Aristotle (384–322 BCE) famously defined God as the “unmoved mover,” that is, the only self-sufficient power capable of acting on other beings without itself requiring energy from an outside source. His teacher, Plato (427–347 BCE), conceived of God as “the One,” the ultimate unity that embraces the diversity of earthly phenomena. Earlier still, Xenophanes (565?–470 BCE) caustically noted that different human races depict their gods in their own image, and suggested that if horses had gods they would all have four legs. In fact, he said, the one true god is without shape and invisibly rules the world from a place beyond human ken. [...] }} {{clear}} [[File:Israeli blue Star of David.svg|25px|center|Maghen David]] == Note == {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie misticismo ebraico|Serie maimonidea|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <div style="height: 180px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4"><references/></div> {{Avanzamento|25%|5 luglio 2025}} [[Categoria:Una storia dell'ebraismo|Capitolo 2]] 3beu4ij5v7nf5m3xpea4mfb6egjwvfs Discussione:Una storia dell'ebraismo/Capitolo 2 1 57734 478463 2025-07-05T22:35:19Z Monozigote 19063 Avviso unicode 478463 wikitext text/x-wiki {{Avviso unicode}} 3qn4onr9fztlhee42jx07xrrjnwxd37